F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 20/C del 24/11/03 RECLAMO DEL PISA CALCIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI N. 1 PUNTO IN CLASSIFICA NEL CAMPIONATO IN CORSO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 9 COMMA 3 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER ILLECITO SPORTIVO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003) RECLAMO DEL CALCIATORE CAMPI CRISTIAN AVVERSO LA SANZIONE DI SQUALIFICA FINO AL 30.6.2004 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER ILLECITO SPORTIVO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003) RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE DELLA SQUALIFICA INFLITTA AL CALCIATORE CAMPI CRISTIAN FINO AL 30.6.2004 A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 1 E 2 C.G.S. PER ILLECITO SPORTIVO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 20/C del 24/11/03 RECLAMO DEL PISA CALCIO AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI N. 1 PUNTO IN CLASSIFICA NEL CAMPIONATO IN CORSO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 9 COMMA 3 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER ILLECITO SPORTIVO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003) RECLAMO DEL CALCIATORE CAMPI CRISTIAN AVVERSO LA SANZIONE DI SQUALIFICA FINO AL 30.6.2004 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER ILLECITO SPORTIVO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003) RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE DELLA SQUALIFICA INFLITTA AL CALCIATORE CAMPI CRISTIAN FINO AL 30.6.2004 A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 1 E 2 C.G.S. PER ILLECITO SPORTIVO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003) Il Procuratore Federale, con provvedimento del 10 luglio 2003, deferiva alla Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C Campi Cristian, calciatore della Soc. Spezia Calcio 1906 Srl, e la Società Pisa Calcio Spa, il primo per la violazione dell’art. 6, commi 1) e 2) C.G.S. per avere, prima della gara Albinoleffe/Pisa del 15 giugno 2003, posto in essere atti, dettagliatamente specificati nell’atto di deferimento, diretti ad alterare lo svolgimento della gara sopraindicata, prospettando al calciatore della società Albinoleffe, Bernardi Alberto, la possibilità per alcuni calciatori di tale ultima società di ricevere una ingente somma di denaro per favorire la vittoria della Società Pisa; la seconda per la violazione di cui all’art. 9 comma 3) del Codice di Giustizia Sportiva per responsabilità presunta per la condotta posta in essere dal calciatore Campi della Soc. Spezia Calcio 1906 Spa. All’esito del procedimento, la Commissione Disciplinare, con delibera pubblicata sul C.U. n. 64/C del 21 ottobre 2003, infliggeva a Campi Cristian la sanzione della squalifica fino a tutto il 30.6.2004 ed alla Soc. Pisa Calcio Spa la penalizzazione di un punto in classifica da scontare nel campionato in corso. Contro la delibera hanno proposto ricorso alla C.A.F. il Campi, la Soc. Pisa ed il Procuratore Federale. Campi Cristian nel proprio gravame deduce: 1) la mancata ed errata valutazione da parte della Commissione Disciplinare di alcune circostanze istruttorie; 2) l’inesistenza o errata valutazione del quadro indiziario; 3) l’omessa o contraddittoria valutazione su punti decisivi della controversia prospettati dall’incolpato. Secondo il ricorrente, l’affermazione di responsabilità da parte della Commissione Disciplinare si fonderebbe essenzialmente su “impressioni” o “sensazioni” percepite dal Bernardi a distanza nel corso di una conversazione telefonica, su stati d’animo di una persona, il Campi, della quale il Bernardi neppure aveva la conoscenza visiva, ma una semplice percezione vocale. Gli indizi, ovvero i fatti certi dai quali si risale ad uno incerto, non sarebbero connotati nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, dai caratteri di gravità, precisione e concordanza. Le dichiarazioni del teste Bernardi non sarebbero infatti riscontrabili con altre acquisite nell’iter istruttorio, per cui la denuncia iniziale, valutabile come indizio sfornito del requisito della concordanza, sarebbe stata erroneamente posta a base della decisione della Commissione Disciplinare. In conclusione, il Campi chiede l’annullamento della decisione impugnata, con revoca di tutte le sanzioni irrogate; in subordine chiede la sensibile riduzione del termine della squalifica irrogata. La Soc. Pisa deduce anch’essa, con il primo motivo di gravame, l’insussistenza del tentativo di illecito addebitato al Campi e comunque l’inconsistenza del quadro probatorio assunto dalla Commissione Disciplinare a fondamento della decisione, non essendo desumibile dal racconto del Bernardi alcun indizio grave, preciso e concordante, idoneo a costituire prova del tentativo di illecito. Con il secondo motivo, l’appellante afferma che la Commissione Disciplinare avrebbe ignorato la concreta esistenza, negli atti istruttori acquisiti nel fascicolo del procedimento, di prove liberatorie delle responsabilità della Soc. Pisa, e comunque la sussistenza del fondato e serio dubbio in ordine alla partecipazione all’illecito e conoscenza dello stesso da parte della Soc. Pisa. In particolare, i primi giudici avrebbero dovuto desumere dalle deposizioni testimoniali che l’individuo avvicinatosi al Campi in occasione della “famosa” cena non fosse un dirigente del Pisa, atteso che le caratteristiche fisiche di tale persona, riferite dal Campi all’Ufficio Indagini, confermano che non poteva trattarsi di un dirigente o del direttore del Pisa Calcio; che non è stato dimostrato (teste Andreoletti) alcun contatto, collegamento o conoscenza tra il Presidente dell’Albinoleffe e qualsivoglia personaggio del Pisa Calcio; che i dirigenti del Pisa (testi Meluso, Corni) non conoscono il Campi né altri tesserati dello Spezia Calcio e non si sono mai recati alle Cinque Terre, luogo in cui sarebbe avvenuto l’incontro al ristorante, riferito dal Campi nella telefonata indirizzata al Bernardi. L’appellante conclude per l’annullamento della decisione della Commissione Disciplinare con revoca di tutte le sanzioni irrogate. Il Procuratore Federale propone invece ricorso in appello per ottenere l’annullamento della delibera impugnata limitatamente alla sanzione inflitta al calciatore Campi Cristian, rilevando che l’impugnata decisione contrasterebbe, sotto tale profilo, con l’art. 6 C.G.S., che prescrive in maniera non equivoca che la sanzione non può essere inferiore ad un periodo minimo di 3 anni. Chiede pertanto che la C.A.F., in riforma della delibera della Commissione Disciplinare, voglia irrogare al calciatore Cristian Campi sanzione non inferiore a 3 anni di squalifica, come richiesto dal Vice Procuratore Federale nel giudizio di primo grado. La C.A.F., previa riunione dei tre gravami proposti contro la medesima delibera della Commissione Disciplinare, rileva che tutti i ricorsi debbono essere respinti con integrale conferma della decisione impugnata. La prima e pregiudiziale valutazione riguarda ovviamente l’accertamento della responsabilità del Campi in ordine al tentativo di illecito addebitatogli. La Commissione Disciplinare è pervenuta a tale accertamento attraverso un giudizio comparativo tra la versione dei fatti desumibile dalle dichiarazioni del teste Bernardi e la narrazione difensiva del Campi, ritenendo complessivamente più credibile la versione del primo, giudicata lineare e verosimile, mentre quella del Campi viene considerata poco plausibile e convincente, non essendo l’incolpato riuscito a spiegare per quale motivo il Bernardi avrebbe dovuto recepire, in modo così difforme dalle intenzioni del Campi stesso, il racconto dell’episodio avvenuto nel ristorante di Santo Stefano. Rileva questa Commissione come le conclusioni cui è pervenuta la Commissione Disciplinare in merito alla responsabilità del Campi siano corrette e vadano confermate; tuttavia la motivazione dei primi giudici richiede di essere integrata con ulteriori argomentazioni. Va infatti rilevato che, ferma restando l’indubbia linearità e verosimiglianza della versione dei fatti fornita dal Bernardi, debbono essere considerati e posti in rilievo i riscontri obiettivi, che pure esistono ed assurgono ad indizi gravi, precisi e concordanti, acquisiti nel corso del procedimento a conferma dell’accusa. Tali riscontri si desumono proprio dalle ammissioni del Campi, non solo in ordine all’effettuazione della telefonata (peraltro incontestabile perché avvenuta per mezzo di telefono cellulare) ma anche sul contenuto della conversazione. Il Campi ha confermato di aver portato il discorso sulla gara Albinoleffe/Pisa di imminente disputa e non ha negato di aver chiesto al Bernardi l’entità del premio offerto dall’Albinoleffe per la promozione e di avergli poi riferito che “quelli del Pisa avrebbero percepito il doppio”, precisando anche l’importo in lire e giustificando la propria conoscenza dell’entità del premio offerto dal Pisa (vedi verbale di dibattimento avanti alla Commissione Disciplinare) con informazioni ricevute da calciatori di quella società prima della disputa della gara Spezia/Pisa ed in occasione della stessa. Inoltre il Campi ha confermato (vedi dichiarazioni rese all’Ufficio Indagini) che ad un certo punto della telefonata il Bernardi si era dimostrato seccato per quanto gli veniva detto. Il contenuto della conversazione telefonica, quale riferito dal Bernardi, viene quindi confermato punto per punto dal Campi, salvo per quanto riguarda la circostanza a lui sfavorevole della proposta di illecito, in un contesto tuttavia perfettamente compatibile con tale proposta, tenuto conto anche del momento (due giorni prima della disputa della gara) in cui avvenne la conversazione tra i due, nonché dell’assenza di un diverso e plausibile motivo, apparendo inconsistente e puerile la giustificazione del Campi di aver chiamato il Bernardi per convenienza, solo al fine di informarsi sulle condizioni di salute dell’amico e dei suoi familiari. Tutti gli indizi, precisi e concordanti, desumibili dagli atti, confermano quindi la veridicità della denuncia del Bernardi, mentre non sussistono elementi che possano avvalorare l’ipotesi di un’accusa costruita ad arte dal denunciante. Non risulta infatti che questi, per la sua posizione marginale nell’ambito della Soc. Albinoleffe, potesse essere spinto a “costruire” un caso di illecito da interessi personali e societari: né pare che il Bernardi avesse motivo alcuno di animosità nei confronti del Campi, dati i rapporti di amicizia esistenti tra loro sin dall’epoca in cui militavano insieme nell’Alzano. Non può stupire, per contro, che il Campi, nella propria posizione di incolpato, abbia negato, a fini chiaramente difensivi, di aver formulato proposte illecite di “accomodamento” del risultato della gara ed abbia strumentalmente rettificato, per favorire la propria linea difensiva, quanto riferito al Bernardi a proposito dei contatti avuti con un dirigente del Pisa in un ristorante di Santo Stefano Magra, affermando di essere stato avvicinato da un avventore ubriaco qualificatosi come Direttore del Pisa. Si tratta, a tutta evidenza, di espedienti difensivi posti in essere dall’incolpato con finalità meramente strumentali, che non intaccano la credibilità della denuncia del Bernardi, caratterizzata da tempestività, serietà e disinteresse ed avvalorata dai riscontri obiettivi di cui si è detto sopra. Acclarata la sussistenza dell’illecito, questa Commissione deve valutare se la Società Pisa, beneficiaria dei vantaggi derivanti dalla condotta posta in essere da un terzo estraneo, debba risponderne per responsabilità presunta ai sensi del terzo comma dell’art. 9 C.G.S.. La Commissione Disciplinare ha affermato correttamente che la norma in questione dà per accertata la responsabilità delle Società per il solo fatto di essere destinatarie finali del vantaggio derivante da atti idonei ad integrare un illecito sportivo, che risultino commessi da persone ad esse estranee. Ha soggiunto che, invertendo l’onere della prova, la norma impone alla stessa Società coinvolta di fornire prove o valorizzare circostanze di fatto emergenti dall’indagine, allo scopo di escludere la propria responsabilità, o almeno di renderla ragionevolmente dubbia. Poiché nella memoria difensiva inviata alla Commissione dall’incolpata e nel corso del dibattimento non è stata fornita alcuna prova che escluda, anche in via di serio e fondato dubbio, la partecipazione all’illecito della Soc. Pisa, la Commissione Disciplinare ha ritenuto di riconoscere tale società presunta responsabile. La difesa del Pisa obietta che la norma dell’art. 9 comma 3 non limita l’azione difensiva diretta al superamento della presunzione juris tantum, all’esistenza di prove fornite dalla Società incolpata, ma le estende alla ricerca di dette prove, o del fondato e serio dubbio, in tutti gli atti istruttori acquisiti nel corso del procedimento o rilevati in dibattimento. In sostanza, secondo l’appellante, la norma impone all’organo giudicante un onere di ricerca di tali prove, pur in assenza di una efficace attività difensiva (nel senso di deduzione di prove idonee) da parte della Società incolpata. Nel caso di specie, l’esame approfondito delle risultanze istruttorie avrebbe dovuto indurre l’organo giudicante a ritenere accertato, almeno in via di fondato e serio dubbio, che la Soc. Pisa non ha partecipato all’illecito o, comunque, lo ha ignorato. Va riconosciuto che la lettura dell’art. 9 comma 3 proposta dall’appellante ha il pregio di conservare alla norma un margine di concreta applicabilità, attenuando la “diabolicità” della prova che la Società interessata è tenuta a fornire per vincere la presunzione juris tantum di responsabilità. Tuttavia, la censura mossa all’organo giudicante di primo grado appare, nel caso in esame, priva di fondamento. Infatti, le circostanze di fatto indicate dalla difesa dell’appellante non sono idonee a provare, anche in via di fondato e serio dubbio, che la Società Pisa non ha partecipato all’illecito e lo ha ignorato, ma possono unicamente escludere, nell’interpretazione più favorevole all’incolpata, la ben diversa ipotesi di diretta partecipazione all’illecito dei singoli dirigenti del Pisa Calcio interrogati dall’Ufficio Indagini. Deve conseguentemente essere confermato anche il capo della delibera impugnata relativa alla penalizzazione a carico della Soc. Pisa per responsabilità presunta. Resta da esaminare il ricorso del Procuratore Federale, relativo all’entità della sanzione infitta al calciatore Cristian Campi. L’appellante addebita alla Commissione Disciplinare di aver impropriamente richiamato, a fondamento della propria determinazione di attenuare la sanzione da applicare al Campi, l’art. 14 comma 5 C.G.S.. La C.A.F. rileva che la Commissione Disciplinare non ha concesso al Campi l’attenuante dell’art. 14 comma 5, effettivamente inapplicabile perché estraneo alla fattispecie, ma ha richiamato tale norma a puro titolo esemplificativo, al fine di evidenziare come, nei casi di illecito sportivo, anche l’ammissione di responsabilità possa beneficiare, ricorrendo determinate circostanze, di attenuazione della sanzione. Poiché l’appellante non ha mosso invece alcuna censura alle ragioni, di natura essenzialmente equitativa, addotte alla Commissione Disciplinare per motivare l’entità della sanzione inflitta al Campi, la delibera impugnata deve essere confermata anche sul punto in esame. Per questi motivi la C.A.F., riuniti gli appelli come sopra proposti dal Pisa Calcio di Pisa, dal calciatore Campi Cristian e dal Procuratore Federale, li respinge. Ordina incamerarsi le tasse versate.
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