F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 6/C del 28/7/03 RECLAMO DEL CALCIO COMO AVVERSO: – LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 8.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 5.5.2003; – LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 15.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 16.5.2003, ENTRAMBE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 2, 2 COMMA 4, 4 COMMA 5 E 16 COMMA 3 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 348 del 5.6.2003) RECLAMO DEL SIG. PREZIOSI ENRICO AVVERSO RISPETTIVAMENTE: – LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER GIORNI 10 E L’AMMENDA DI e 8.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 5.5.2003; – LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER MESI UNO E L’AMMENDA DI e 15.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 16.5.2003 ENTRAMBE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 1, 4 COMMA 3 E 16 COMMA 1 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 348 del 5.6.2003) RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DELLA L.N.P. RELATIVA AL DEFERIMENTO DEL 30.5.2003 A CARICO DEL SIG. PREZIOSI ENRICO, PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ CALCIO COMO E DELLA SOCIETÀ CALCIO COMO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 357 del 24.6.2003) RECLAMO DEL CALCIO COMO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 5.000,00 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 2, 2 COMMA 4, 4 COMMA 5 E 47/6 16 COMMA 3 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 30.5.2003 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 357 del 24.6.2003) RECLAMO DEL SIG. PREZIOSI ENRICO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 5.000,00 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 1, 4 COMMA 3 E 16 COMMA 1 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 30.5.2003 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 357 del 24.6.2003)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 6/C del 28/7/03 RECLAMO DEL CALCIO COMO AVVERSO: - LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 8.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 5.5.2003; - LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 15.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 16.5.2003, ENTRAMBE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 2, 2 COMMA 4, 4 COMMA 5 E 16 COMMA 3 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 348 del 5.6.2003) RECLAMO DEL SIG. PREZIOSI ENRICO AVVERSO RISPETTIVAMENTE: - LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER GIORNI 10 E L’AMMENDA DI e 8.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 5.5.2003; - LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER MESI UNO E L’AMMENDA DI e 15.000,00 A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DEL 16.5.2003 ENTRAMBE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 1, 4 COMMA 3 E 16 COMMA 1 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 348 del 5.6.2003) RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DELLA L.N.P. RELATIVA AL DEFERIMENTO DEL 30.5.2003 A CARICO DEL SIG. PREZIOSI ENRICO, PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ CALCIO COMO E DELLA SOCIETÀ CALCIO COMO (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 357 del 24.6.2003) RECLAMO DEL CALCIO COMO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 5.000,00 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 2, 2 COMMA 4, 4 COMMA 5 E 47/6 16 COMMA 3 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 30.5.2003 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 357 del 24.6.2003) RECLAMO DEL SIG. PREZIOSI ENRICO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI e 5.000,00 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 COMMA 1, 4 COMMA 3 E 16 COMMA 1 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 30.5.2003 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 357 del 24.6.2003) A seguito di deferimento della Procura Federale del 5.5.2003, del 16.5.2003 e del 30.5.2003, la Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti infliggeva al Como Calcio e al suo Presidente Enrico Preziosi le seguenti sanzioni, con delibere pubblicate sul Com. Uff. n. 348 del 5 giugno 2003 e sul Com. Uff. n. 357 del 24 giugno 2003: al Como Calcio, le ammende di 8.000 euro, per il deferimento del 5.5.2003 e di 15.000 euro, per il deferimento del 16.5.2003 (in entrambi i casi, per violazione degli artt. 3 comma 2, 2 comma 4, 4 comma 5 e 16 comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva); ad Enrico Preziosi, l’inibizione per dieci giorni e l’ammenda di 8.000 euro, per il deferimento del 5.5.2003 e l’inibizione per un mese e l’ammenda di 15.000 euro, per il deferimento del 16.5.2003 (in entrambi i casi, per violazione degli artt. 3 comma 1, 4 comma 3 e 16 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva); al Como Calcio, l’ammenda di 5.000 euro, per il deferimento del 30.5.2003 (per violazione degli artt. 3 comma 2, 2 comma 4, 4 comma 5 e 16 comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva); ad Enrico Preziosi, l’ammenda di 5.000 euro (per violazione degli artt. 3 comma 1, 4 comma 3 e 16 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva). Avverso queste decisioni, il Como Calcio, Enrico Preziosi e il Procuratore Federale, limitatamente alla decisione presa a seguito del deferimento, in data 30.5.2003, proponevano ricorso alla C.A.F.. Il Procuratore Federale richiedeva l’irrogazione della sanzione dell’inibizione per tre mesi, nei confronti di Enrico Preziosi e dell’ammenda di 100.000 euro, nei confronti del Calcio Como o comunque, l’aggravamento delle sanzioni inflitte “nella misura ritenuta in giustizia”. Enrico Preziosi e il Como Calcio, dopo un’approfondita analisi delle precedenti analoghe vicende, conclusesi con decisioni della C.A.F. che hanno portato, per Enrico Preziosi, ad un totale di dieci mesi e dieci giorni di inibizione e 98.000 euro di ammenda e per il Como Calcio, ad un totale di 98.000 euro di ammenda, richiedevano quanto segue. 1) In via preliminare, la riunione dei due procedimenti; 2) l’inammissibilità del ricorso del Procuratore Federale “per decadenza del termine di impugnazione e per mancanza dei presupposti normativi necessari per la presentazione del ricorso”, relativamente ai due deferimenti decisi dalla Commissione Disciplinare, in data 5.6.2003 e comunque, il suo rigetto, nel merito, stante la sua infondatezza; 3) dopo un accurato esame della natura dei regolamenti sportivi, della funzione del giudice sportivo, della sanzione amministrativa, della sanzione privata, della continuazione e dell’onere della prova e dopo avere analizzato i fatti contestati, l’assoluzione di Enrico Preziosi e del Como Calcio “per difetto di prova della formulazione delle espressioni ritenute lesive, perché il Preziosi ha esercitato il diritto di critica e perché le norme sanzionatorie applicate nella fattispecie sono contrarie al principio di proporzionalità sancito dal nostro ordinamento”; 4) in subordine, la sospensione del procedimento per consentire l’intervento della Corte Federale, ai sensi dell’art. 23 C.G.S.; 5) in ulteriore subordine, la riduzione ad equità (anche ex art. 1384 c.c.) delle sanzioni comminate e comunque, la riduzione ulteriore della continuazione, per il beneficio della continuazione. Seguendo l’ordine del predetto ricorso di Enrico Preziosi e del Como Calcio, il primo punto da esaminare è quello della richiesta di riunione dei procedimenti che deve essere accolto, stante la connessione soggettiva, oggettiva e probatoria degli stessi. Il ricorso del Procuratore Federale, limitatamente ai due deferimenti decisi dalla Commissione Disciplinare, in data 5.6.2003, è inammissibile per tardività dell’impugnazione e, infatti, non è stato oggetto del presente giudizio (l’unico ricorso del Procuratore Federale è quello relativo alla decisione della Commissione Disciplinare pubblicata sul Com. Uff. n. 357 del 24 giugno 2003). Tutte le questioni sollevate dalla difesa e riguardanti la natura degli istituti sopra indicati al punto n. 3 del reclamo (regolamenti sportivi, giudice sportivo, sanzione amministrativa, sanzione privata e continuazione) sono stati ritenuti “ultronei” nella sola decisione della Commissione Disciplinare del 24.6.2003, mentre nella decisione del predetto organo del 5.6.2003, questa sintetica affermazione viene spiegata sostenendo che “questa Commissione ritiene, comunque, opportuno ribadire come la peculiarità dell’ordinamento sportivo consenta allo stesso, secondo l’attuale configurazione, la facoltà di dotarsi, per la realizzazione dei propri fini, di regole specifiche, liberamente accettate da tutti i soggetti dell’ordinamento stesso”. Si tratta di un concetto basilare, sul quale si fonda l’esistenza stessa dell’ordinamento della giustizia sportiva e la C.A.F. non può che pienamente condividere quanto sostenuto dalla Commissione Disciplinare, anche, per quanto concerne gli argomenti esposti dalla difesa davanti alla predetta Commissione, in data 24.6.2003. Passando al merito dei fatti contestati, devono essere esaminate le dichiarazioni di Enrico Preziosi, riportate sui singoli quotidiani. Per quanto concerne la decisione della Commissione Disciplinare del 5.6.2003, le dichiarazioni più significative del primo degli articoli in questione, relativo al deferimento del 5.5.2003 (“la sentenza della C.A.F. su caso Martinelli, che di fatto smentisce e ribalta il verdetto della Disciplinare la dice lunga sul sistema calcistico federale italiano. Quei vecchi parrucconi della C.A.F. devono andarsene a casa, perché stanno alterando il campionato... credo che si sia trattato di una sentenza politica, essendo stato ribaltato il risultato sul campo. È vero che qualcuno ha sbagliato in una gara ufficiale, ma non si può pensare di cambiare a tavolino il verdetto di una partita. Semmai, sarebbe stato più equo sanzionare con una pena pecuniaria il Siena... il calcio italiano è gestito nella maniera peggiore, perché non ci sono regole per tutti che valgono per tutti”) sono apparse su “La Gazzetta dello Sport” del 30.4.2003, a pagina 16 e le dichiarazioni più significative del secondo articolo in questione, relativo al deferimento del 16.5.2003 (“il calcio va riformato. Bergamo e Pairetto prendono lo stipendio solo per fare girare la pallina del sorteggio. Sarebbe meglio che il sorteggio lo facessero due bambini. Anzi no. Poi, con le palline che vengono scaldate si ustionerebbero le mani... non gli ho stretto (a Franco Carraro) perché è un ipocrita. Il calcio è la quarta azienda italiana per prodotto interno lordo. Non può essere in difficoltà. Invece lui lo sta affondando. È presidente di tutto, ma quanti sederi deve avere per sedersi su tutte quelle poltrone? Il Napoli non retrocederà perché lui, tramite Capitalia ha fatto avere a Corbelli 32 milioni di euro. Se va in C come fa a riprenderli?”) sono apparse, anche loro, su “La Gazzetta dello Sport” del 13.5.2003 a pagina 23. Per quanto concerne la decisione della Commissione Disciplinare del 24.6.2003, le dichiarazioni più significative dell’articolo, relativo al deferimento del 30.5.2003 (“Così si falsa il campionato ha gridato in coro il gruppone ancora impegnato nella corsa verso la A... dicono che, se a Trieste facciamo giocare la primavera, falsiamo il campionato? ma se è tutto un campionato falsato... è evidente, è un campionato falsato, dove le regole sono state cambiate in corsa cento e mille volte... è ora che si faccia chiarezza... allora è indispensabile che, almeno, si blocchino le retrocessioni, riscrivendo subito le regole chiare ed eque per tutti”) sono apparse sul “Secolo XIX” del 28.5.2003, a pagina 17. Preliminarmente, va osservato che la difesa, dopo avere affermato che i quotidiani, prodotti dal Procuratore Federale, secondo il giudice di primo grado, “fanno fede, come se fossero la Gazzetta Ufficiale”, contesta che i detti giornali “possano costituire fonte di prova nei confronti di qualsiasi incolpato di fronte alla sua contestazione” di non avere pronunciato le frasi incriminate. La C.A.F., sul punto, non può non riportarsi a quanto sostenuto dalla Commissione Disciplinare circa il fatto che “il diniego dell’addebito, non suffragato da alcun riscontro, obiettivo e in assenza, come ritenuto da un costante orientamento giurisprudenziale di questa Commissione (e della C.A.F.) di una formale smentita, non può costituire un’inversione dell’onere della prova (che deve, comunque, essere fornita dall’accusa) avendo la Procura Federale suffragato l’incolpazione con la produzione di copia delle dichiarazioni pubblicate dalla stampa”. Si verte, infatti, in materia di valutazione di un elemento di prova documentale, lasciata al libero convincimento del giudice e l’assenza di una smentita ufficiale, da parte dell’incolpato, ai sensi della legge sulla stampa (che è una sua facoltà e non un suo dovere, come, correttamente, sostenuto dalla difesa) può contribuire a fare ritenere veritiere quelle dichiarazioni e di conseguenza, ad affermare la responsabilità dell’incolpato. Nel merito dei tre articoli, va ribadita l’affermazione della Commissione Disciplinare circa il fatto che “l’ordinamento sportivo non intende, in alcun modo, impedire ai propri soggetti di manifestare liberamente il loro pensiero; tuttavia esso impone loro di mantenere, nei confronti di altre persone o di altri organismi operanti nell’ambito federale, un contegno conforme ai doveri generali di lealtà, probità e rettitudine, previsti dall’art. 1 del C.G.S., vero e proprio cardine della disciplina sportiva”. La libera manifestazione del proprio pensiero è un’espressione del diritto di cronaca o di critica, appartenente, ovviamente, anche, a tutti i tesserati. Ma raccontare degli episodi o criticare gli stessi episodi o le persone che hanno tenuto determinati comportamenti ha lo scopo, tutelato dall’ordinamento generale e da quello sportivo, di contribuire ad informare l’opinione pubblica in modo da renderla edotta di fatti e circostanze che, altrimenti, rimarrebbero patrimonio conoscitivo di poche persone, nel chiuso delle varie istituzioni. E qui nasce il problema di fondo da chiarire. Informare significa dire cose vere, per quanto concerne sia il diritto di cronaca che il punto di fatto di “partenza” dal quale far discendere il ragionamento relativo all’esercizio del diritto di critica. Entrambi i citati diritti devono, poi, essere esercitati su argomenti di interesse generale e con modalità espressive, anche severe, ma non tali da costituire pretesto per l’aggressione della reputazione di altri soggetti o istituzioni federali. Se non si rispettano questi fondamentali principi ed in particolare il dovere di dire cose vere, il diritto all’informazione si trasforma, inesorabilmente, nel suo opposto e cioè, in disinformazione, con tutte le conseguenze, di varia natura, che, inevitabilmente, ne derivano. Ciò chiarito, in via generale, resta da dire del contenuto dei singoli tre articoli per vedere se, in ognuno di essi, questi principi sono, nel caso concreto, stati, o meno, rispettati. Per quanto concerne l’articolo de “La Gazzetta dello Sport” del 30.4.2003, a prescindere dall’inelegante preliminare riferimento ai componenti della C.A.F. come “vecchi parrucconi”, le affermazioni che i predetti “stanno alterando il campionato”; che le loro decisioni sono “sentenze politiche” e che “il calcio italiano è gestito politicamente nella maniera peggiore, perché non ci sono regole che valgono per tutti” sono, obiettivamente, gravemente offensive della reputazione della C.A.F. e dell’intera organizzazione federale, nelle persone dei suoi massimi dirigenti, accusata di incapacità e di parzialità, che è l’esatto opposto di quello che si deve pretendere da un’organizzazione calcistica, nell’esercizio dei suoi complessi compiti istituzionali. Il contenuto di queste gravi dichiarazioni non è stato in alcun modo provato da Enrico Preziosi e quindi, non è possibile ritenerle corrispondenti a verità. Ne consegue la sussistenza dell’illecito contestato. Nei motivi si insiste (rifacendosi alla giurisprudenza della Cassazione penale) sul fatto che la critica “non è sempre vietata quando sia idonea ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita”. Si tratta di un principio condivisibile, in astratto. Ma nel caso in esame, non è necessario arrivare ad effettuare questo bilanciamento, perché, come detto, il dato di fatto di “partenza”, sul quale si innesta l’esercizio dell’asserito diritto di critica, non è risultato, in alcun modo corrispondente a verità. Solo per completezza, va precisato che una gestione “politica” non significa, necessariamente, alterare lo svolgimento del campionato e avere delle regole che non valgono per tutti. L’identico discorso vale anche per l’articolo de “La Gazzetta dello Sport” del 13.5.2003 (a prescindere dall’inelegante riferimento al fatto che Bergamo e Pairetto “prendono lo stipendio solo per fare girare le palline del sorteggio”) in quanto sostenere che il sorteggio arbitrale sarebbe più efficace se fosse effettuato da due bambini e soprattutto, che il sistema si basa sull’imbroglio e sull’inganno (“le palline che vengono scaldate (per consentire un sorteggio pilotato) ustionerebbero le mani”) è gravemente lesivo della reputazione dell’intera classe arbitrale ed è stato fatto senza il minimo aggancio con la realtà dei fatti (e senza affrontare l’argomento nel ricorso). Gli stessi principi valgono (per lo stesso articolo) anche per le indimostrate accuse al Presidente Federale, definito ipocrita (anche se nel reclamo si arriva a sostenere, apoditticamente, che il riferimento è a Enrico Preziosi, che non ha stretto la mano al Presidente Federale perché, lui, non ha la predetta qualifica) e accusa di parzialità per avere interesse a fare salvare il Napoli dalla retrocessione, solamente per potere rientrare di 32 milioni di euro, da lui fatti avere da Capitalia a Corbelli e anche in questo caso si tratta di accuse lesive della reputazione del dr. Carraro e del tutto infondate (questo aspetto delle dichiarazioni di Enrico Preziosi non viene affrontato nei motivi di appello). Resta da dire dell’articolo de “Il Secolo XIX” del 28.5.2003. Anche in questo caso la situazione è, giuridicamente identica alle precedenti, in quanto, anche in questa occasione, Enrico Preziosi ha accusato l’organizzazione federale di avere falsato il Campionato di Serie B, applicando regole oscure e inique. La difesa riconosce, sostanzialmente, che Enrico Preziosi ha parlato di “campionato falsato” anche se solo “per difendersi dall’accusa di avere lui falsato il campionato, facendo giocare, a Trieste, la Primavera del Genoa”. Non è dato capire dal reclamo chi abbia accusato Preziosi, ma, chiunque sia stato, l’accusa non poteva giustificare, in alcun modo, il predetto comportamento tenuto dal Presidente del Como. Non vi sono elementi per ritenere che il giornalista del quotidiano abbia alterato le dichiarazioni di Enrico Preziosi, come sostenuto nei motivi di appello. Ne consegue che il Preziosi deve rispondere anche di questo addebito. Correttamente, poi, la Commissione Disciplinare ha osservato che l’istituto della continuazione non è previsto dal Codice di Giustizia Sportiva. L’uso dell’espressione “fatti commessi”, a proposito delle sanzioni da infliggere, previste dal C.G.S. non sta significare che questi fatti possano essere avvinti dal vincolo dello stesso disegno antiregolamentare, per quanto concerne l’applicazione del cumulo giuridico invece che quello materiale ma, semplicemente, che la sanzione da applicare può riguardare uno o più fatti. Non si ravvisa la necessità di investire la Corte Federale circa le problematiche poste dalla difesa in merito alla responsabilità oggettiva e diretta delle società; al principio costi- tuzionale, secondo il quale la pena deve essere determinata nel rispetto del principio di ragionevolezza e proporzionalità fra violazione e conseguenza della violazione e all’onere della prova che deve incombere sull’accusa e non sulla difesa, trattandosi di materie che costituiscono punti fermi dell’ordinamento calcistico. Il reclamo, a proposito dell’istituto della responsabilità oggettiva (questione che riguarda il solo Como Calcio) si limita a sostenere la non configurabilità nel nostro ordinamento giuridico, in quanto responsabilità per fatto altrui. La C.A.F. può, quindi, riportarsi a quanto puntualmente affermato, sul punto, dalla Commissione Disciplinare nella sua decisione del 5.6.2003. I ricorsi di Preziosi e del Como sono infondati e non possono, quindi, essere accolti. Merita, invece di essere accolto l’appello del Procuratore Federale (limitatamente, come detto, alla decisione della Commissione Disciplinare del 24.6.2003). Il Procuratore Federale, infatti, ha evidenziato di avere contestato ad Enrico Preziosi, ex art. 16 comma 1 C.G.S., la recidiva per i suoi numerosi precedenti specifici (“violazione per sette volte, nella medesima stagione sportiva, delle stesse norme di comportamento”) e la gravità dell’affermazione circa “il campionato falsato” che “puntano ad una sostanziale delegittimazione dell’intero sistema sportivo, che si nutre, a parere dell’incolpato, di falsità”. Queste affermazioni possono, inoltre, “creare evidenti tensioni nella tifoseria”. Di conseguenza, secondo il Procuratore Federale, la Commissione Disciplinare ha applicato “una decisione poco più che simbolica”, dovuta ad un contrasto logico tra la recidiva inflitta e l’entità della sanzione. La C.A.F. condivide queste affermazioni e di conseguenza, in parziale accoglimento dell’appello, aggiunge alla sanzione pecuniaria già inflitta ad Enrico Preziosi (limitatamente, sempre, alla decisione della Commissione Disciplinare del 24.6.2003) quella dell’inibizione di un mese. Le impugnate decisioni, congruamente e correttamente motivate, vanno confermate nel resto, anche per quanto concerne l’entità delle sanzioni inflitte, tenuto conto della ricordata gravità delle espressioni usate e dei precedenti specifici dell’incolpato. Va disposto l’incameramento delle tasse versate. Per questi motivi la C.A.F. riunisce gli appelli come sopra proposti e respinge quelli del Calcio Como di Como e del Sig. Preziosi Enrico e in parziale accoglimento di quello proposto dalla Procura Federale, aggiunge alla sanzione pecuniaria già inflitta, quella della inibizione per la durata di un mese al Sig. Preziosi Enrico e conferma nel resto. Dispone l’incameramento delle tasse versate.
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