F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 7/C del 8/9/03 RECLAMO DEL CALCIATORE CATALANO GARIBALDI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER N. 4 GARE EFFETTIVE (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Nazionale per l’Attività Interregionale – Com. Uff. n. 195 del 26.6.2003)
F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 7/C del 8/9/03
RECLAMO DEL CALCIATORE CATALANO GARIBALDI AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA PER N. 4 GARE EFFETTIVE (Delibera della Commissione Disciplinare
presso il Comitato Nazionale per l’Attività Interregionale - Com. Uff. n. 195
del 26.6.2003)
Il competente Giudice Sportivo, in seguito a fatti incresciosi avvenuti al termine della
gara Castrovillari/Delianuova dell’1.6.2003 infliggeva al calciatore Catalano Garibaldi la
squalifica per quattro giornate effettive di gara, “per atto di violenza schiaffi e pugni verso
avversari al termine della gara, al rientro negli spogliatoi”.
La decisione traeva spunto dal rapporto del Commissario di campo, il quale aveva
formalmente dato atto che alla fine della gara, al rientro negli spogliatoi i calciatori ospiti
n. 8 e n. 18 si scagliavano sull’allenatore locale colpendolo con schiaffi alla testa e successivamente
su altri calciatori sferrando ripetutamente calci e pugni, a tale episodio dalla
tribuna volavano bottiglie in campo che non colpivano.
La Commissione Disciplinare, investita della questione dall’attuale reclamante rigettava
il ricorso, ritenendo corrette l’interpretazione e l’applicazione delle norme federali da
parte del primo Giudice, con particolare riguardo all’utilizzabilità dei mezzi probatori, e
giudicando comunque proporzionata la sanzione inflitta rispetto alle circostanze di fatto
per come riportate.
Con l’attuale gravame il tesserato è tornato ad insistere, con particolare vigore, sull’asserita
intervenuta violazione delle N.O.I.F. (art. 68) e del Codice di Giustizia Sportiva
(art. 31), precipuamente in ordine alle funzioni e competenze del Commissario di campo,
lamentando altresì la disparità di trattamento con casi rapportabili e comunque la sproporzione
della sanzione rispetto ad analoghe ben note fattispecie, vagliate di recente dagli
Organi di giustizia sportiva.
Il reclamo è fondato.
L’art. 68 delle N.O.I.F. dispone, al primo comma, che possono essere conferite ad appositi
incaricati delle Leghe e dei Comitati le funzioni di Commissario di campo, di modo
che questi “riferiscano sull’andamento delle gare in relazione alla loro organizzazione, alle
misure di ordine pubblico, al comportamento del pubblico e dei dirigenti delle due squadre.
È esclusa dal rapporto dei Commissari di campo qualsiasi valutazione tecnica sull’operato
dell’arbitro”.
Prosegue la menzionata disposizione affermando che i Commissari di campo, qualora
lo ritengano opportuno, possono entrare nel recinto del campo di gioco, ed in caso di necessità
debbono concorrere ad assistere e tutelare gli ufficiali di gara, intervenendo presso i
dirigenti delle società perché garantiscano il mantenimento dell’ordine pubblico. Salvi i casi
in cui rilevino l’esigenza di un loro intervento diretto, essi possono astenersi dal qualificarsi.
Le attribuzioni dei suddetti organi risultano, quindi, ben definite e limitate dalle norme
federali e trovano peraltro riscontro nella stessa modulistica utilizzata per i rapporti di loro
competenza, che fa inequivocabilmente riferimento alle “misure d’ordine prese dalla società”,
al “comportamento dei dirigenti” e da ultimo al “comportamento del pubblico ed agli
eventuali incidenti avvenuti”.
Non si intende, per la verità, disconoscere l’ampia sfera di manovra dei predetti Commissari,
ma la validità ed efficacia dei loro rapporti, come eventuale presupposto diretto
per l’irrogazione di sanzioni da parte degli organi di giustizia sportiva in relazione a violazioni
disciplinari di tesserati, restano confinate ai sopraccennati “spazi dedicati”.
In altri termini, il presente Collegio vuole in questa sede affermare che, almeno stante
il vigente regime ordinamentale, i rapporti dei Commissari di campo possono essere
presi in considerazione come mezzi diretti di prova, aventi fede privilegiata, relativamente
a fatti e comportamenti disciplinarmente rilevanti, solo in ordine alle sfere di loro stretta
competenza, le quali peraltro appaiono tutt’altro che irrilevanti, spaziando i Commissari,
anche localmente, in diversi ambiti e settori.
Per il resto dei casi, come nella fattispecie in argomento (caratterizzata da fatti violenti
intercorsi tra giocatori nel sottopassaggio dell’impianto, al rientro delle squadre negli
spogliatoi e quindi a gara terminata), i resoconti ufficiali dei Commissari possono, al più,
innescare azioni dispettanza della Procura Federale in vista dell’eventuale adozione di atti
di deferimento, esulando dalle dirette attribuzioni dei detti Organi commissariali il comportamento
degli atleti, tanto più al di fuori del recinto del campo di gioco.
Le suddette considerazioni sono tutt’altro che infirmate dalla lettura dell’art. 31, lett.
a), del Codice di Giustizia Sportiva, atteso che i fatti di condotta violenta a cui si fa cenno
in tale sede riguardano comunque lo svolgimento della gara e devono essersi verificati all’interno
del recinto di gioco, che a norma della Regola 1 Decisioni F.I.G.C. (“Disposizioni
di carattere generale sui campi di gioco”) non comprende (a differenza del “campo di gioco”)
gli spogliatoi e la relativa area di accesso ai medesimi.
In accoglimento del reclamo, in definitiva, deve essere conseguentemente annullata
l’impugnata decisione della Commissione Disciplinare, corredata peraltro da una motivazione
estremamente stringata, e devono essere trasmessi gli atti alla Procura Federale
per gli eventuali provvedimenti di competenza.
La tassa reclamo va restituita.
Per questi motivi la C.A.F. accoglie l’appello del Sig. Catalano Garibaldi, annullando
l’impugnata delibera e disponendo la trasmissione degli atti alla Procura Federale. Si ordina
restituire la tassa versata.
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