• Stagione sportiva: 2004/2005
F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2004-2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 7/C del 7-8-9-/9/04
RECLAMO F.C. MODENA AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI
N. 5 PUNTI, DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2004-2005, PER VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 6 COMMI 2 E 4 E 2 COMMI 3 E 4 C.G.S., PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
MARASCO ANTONIO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2 C.G.S. PER ILLECITO
SPORTIVO, IN RELAZIONE ALLA GARA MODENA/SAMPDORIA DEL
25.4.2004, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n.
30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE MARASCO ANTONIO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI ANNI 3 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2
C.G.S., PER ILLECITO SPORTIVO, IN RELAZIONE ALLA GARA MODENA/SAMPDORIA
DEL 25.4.2004, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
– Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA A.C. SIENA AVVERSO LE SANZIONI DELLE AMMENDE RISPETTIVAMENTE
INFLITTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S.,
PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, DI: e 7.000,00 IN ORDINE ALLE SANZIONI
INFLITTE AI CALCIATORI D’AVERSA ROBERTO E ROSSI GENEROSO, PER VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S.; e 30.000,00 IN ORDINE ALLE
SANZIONI INFLITTE AI SIGG. PAPADOPULO GIUSEPPE, OSTI STEFANO, RICCI
NELSO, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S.; A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso
la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. RICCI NELSO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
DI MESI 7 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare
presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE D’AVERSA ROBERTO AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S. A
SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE ROSSI GENEROSO AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI ANNI 1 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. PAPADOPULO GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO
DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. OSTI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare
presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA U.C. SAMPDORIA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA
DI e 15.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
BETTARINI STEFANO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S., A
SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE BETTARINI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S.,
A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL PESCARA CALCIO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI
e 5.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE CACCAVALE
MAURIZIO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S. A SEGUITO
DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE CACCAVALE MAURIZIO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIO COMO S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA
DI e 3.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMA 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
FEMIANO ALFREDO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE FEMIANO ALFREDO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO:
– I PROSCIOGLIMENTI DELL’A.C. CHIEVO VERONA, DEL SIG. SARTORI GIOVANNI,
DEL SIG. DEL NERI LUIGI, DELL’A.C. SIENA, DEL SIG. RICCI NELSO;
– AVVERSO LE RISPETTIVE SANZIONI INFLITTE AL CALCIATORE BETTARINI
STEFANO, SQUALIFICA PER MESI 5, E ALL’U.C. SAMPDORIA, AMMENDA DI e
15.000,00, A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO;
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELL’ U.S. AVELLINO AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DEL F.C. MODENA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
– Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA A.C. PERUGIA AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DELL’ A.C. SIENA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
– Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA F.C. EMPOLI AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DELLE SOCIETÀ A.C. CHIEVO VERONA, A.C. SIENA, F.C. MODENA E
U.C. SAMPDORIA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE AMBROSINO SALVATORE AVVERSO LA DECLARATORIA
D’INCOMPETENZA EX ARTT. 23 E 37 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ALLO
STESSO ASCRITTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti –
Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA SOCIETÀ F.C. SPORTING BENEVENTO AVVERSO LA DECLARATORIA
D’INCOMPETENZA EX ARTT. 23 E 37 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ALLA
STESSA ASCRITTA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti –
Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LE DECLARATORIE:
– DI NULLITÀ DELLA NOTIFICA DEL DEFERIMENTO DEL SIG. LONDROSI MASSIMO;
– DI DIFETTO DI GIURISDIZIONE IN ORDINE AL DEFERIMENTO DEI SIGG. ZANCHI
ENRICO E LONDROSI MASSIMO A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO;
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2004-2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 7/C del 7-8-9-/9/04
RECLAMO F.C. MODENA AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI
N. 5 PUNTI, DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2004-2005, PER VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 6 COMMI 2 E 4 E 2 COMMI 3 E 4 C.G.S., PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
MARASCO ANTONIO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2 C.G.S. PER ILLECITO
SPORTIVO, IN RELAZIONE ALLA GARA MODENA/SAMPDORIA DEL
25.4.2004, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n.
30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE MARASCO ANTONIO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI ANNI 3 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2
C.G.S., PER ILLECITO SPORTIVO, IN RELAZIONE ALLA GARA MODENA/SAMPDORIA
DEL 25.4.2004, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
- Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA A.C. SIENA AVVERSO LE SANZIONI DELLE AMMENDE RISPETTIVAMENTE
INFLITTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S.,
PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, DI: e 7.000,00 IN ORDINE ALLE SANZIONI
INFLITTE AI CALCIATORI D’AVERSA ROBERTO E ROSSI GENEROSO, PER VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S.; e 30.000,00 IN ORDINE ALLE
SANZIONI INFLITTE AI SIGG. PAPADOPULO GIUSEPPE, OSTI STEFANO, RICCI
NELSO, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S.; A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso
la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. RICCI NELSO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
DI MESI 7 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare
presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE D’AVERSA ROBERTO AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S. A
SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE ROSSI GENEROSO AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI ANNI 1 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. PAPADOPULO GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO
DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. OSTI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare
presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA U.C. SAMPDORIA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA
DI e 15.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
BETTARINI STEFANO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S., A
SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE BETTARINI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S.,
A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL PESCARA CALCIO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI
e 5.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE CACCAVALE
MAURIZIO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S. A SEGUITO
DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE CACCAVALE MAURIZIO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIO COMO S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA
DI e 3.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMA 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
FEMIANO ALFREDO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE FEMIANO ALFREDO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO:
- I PROSCIOGLIMENTI DELL’A.C. CHIEVO VERONA, DEL SIG. SARTORI GIOVANNI,
DEL SIG. DEL NERI LUIGI, DELL’A.C. SIENA, DEL SIG. RICCI NELSO;
- AVVERSO LE RISPETTIVE SANZIONI INFLITTE AL CALCIATORE BETTARINI
STEFANO, SQUALIFICA PER MESI 5, E ALL’U.C. SAMPDORIA, AMMENDA DI e
15.000,00, A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO;
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELL’ U.S. AVELLINO AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DEL F.C. MODENA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
- Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA A.C. PERUGIA AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DELL’ A.C. SIENA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
- Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA F.C. EMPOLI AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DELLE SOCIETÀ A.C. CHIEVO VERONA, A.C. SIENA, F.C. MODENA E
U.C. SAMPDORIA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE AMBROSINO SALVATORE AVVERSO LA DECLARATORIA
D’INCOMPETENZA EX ARTT. 23 E 37 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ALLO
STESSO ASCRITTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti -
Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA SOCIETÀ F.C. SPORTING BENEVENTO AVVERSO LA DECLARATORIA
D’INCOMPETENZA EX ARTT. 23 E 37 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ALLA
STESSA ASCRITTA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti -
Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LE DECLARATORIE:
- DI NULLITÀ DELLA NOTIFICA DEL DEFERIMENTO DEL SIG. LONDROSI MASSIMO;
- DI DIFETTO DI GIURISDIZIONE IN ORDINE AL DEFERIMENTO DEI SIGG. ZANCHI
ENRICO E LONDROSI MASSIMO A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO;
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
L’Ufficio Indagini, al termine di una articolata istruttoria (anche a seguito della documentazione
acquisita ai sensi dello art.1 comma 3, della Legge n. 401 del 1989, nell’ambito
dei procedimenti penali n. 43915/02/R pendente presso la Procura della Repubblica -
D.D.A. - di Napoli e n. 3142/04 pendente presso la Procura della Repubblica del Tribunale di
Ancona) trasmetteva al Procuratore Federale gli atti relativi ad una vicenda di scommettitori
su partite di calcio dei massimi campionati italiani in cui risultavano implicati calciatori professionisti,
anche in ipotesi di illeciti sportivi.
Il Procuratore Federale, con provvedimento del 9.8.2004, deferiva alla Commissione
disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti i soggetti sottoelencati per rispondere:
- Giuseppe ALESSI, calciatore della società SPEZIA CALCIO 1906 S.r.l., della violazione di
cui agli artt. 1 e 5, del C.G.S. (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e del divieto
di effettuare scommesse), nonché la società SPEZIA CALCIO 1906 S.r.l., per responsabilità
oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S. per gli addebiti contestati al
proprio tesserato;
- Romano AMADEI, presidente della società F.C. MODENA S.p.A., della violazione di cui all’art.
6, commi 1 e 2, del C.G.S. per avere posto in essere atti diretti ad alterare il risultato
della gara CHIEVO - MODENA del 2/04/2004, nonché la società F.C. MODENA S.p.A. per
responsabilità diretta ai sensi degli artt. 6, commi 2 e 3, e 2, commi 3 e 4 del C.G.S., per gli
addebiti contestati al proprio presidente; nonché la società A.C. CHIEVO VERONA S.r.l. per
responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9, comma 3, del C.G.S. per l’illecito sportivo commesso
a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero l’AMADEI, il TOSI ed il
MARASCO, in occasione della gara CHIEVO - MODENA del 2/05/2004;
- Salvatore AMBROSINO, calciatore all’epoca dei fatti tesserato in favore della società U.S.
GROSSETO F.C. Srl, della violazione di cui all’ art. 1, comma 1, (violazione dei principi di
lealtà, correttezza e probità), art.5 (divieto di effettuare scommesse), art. 6, commi 1, 2 e 6,
del C.G.S., per aver posto in essere atti diretti ad alterare il risultato delle gare CHIETI -
CATANZARO del 16/5/2004 e PALMESE - MELFI del 18/04/2004, e art. 6, comma 7, del
C.G.S., per avere omesso di denunciare i fatti riguardanti le gare SCALEA 1912 - VALLATA
BAGALADI S.L. del 18/4/2004, CHIETI - BENEVENTO del 4/4/2004 e FERMANA - CHIETI
del 9/5/04; nonché la società U.S. GROSSETO F.C. S.r.l. per responsabilità oggettiva ai
sensi degli artt. 2, commi 3 e 4, e 6, commi 2 e 4, del C.G.S.; nonché la società A.S. MELFI
S.p.A. per responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9, comma 3, del C.G.S. per l’illecito sportivo
commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero l’AMBROSINO e
il DE SANZO, in occasione della gara PALMESE -MELFI del 18/4/04;
- Stefano BETTARINI, calciatore tesserato in favore U.C. SAMPDORIA S.p.A., della violazione
di cui all’art. 6, commi 1 e 2 del C.G.S., per avere, prima della gara MODENA-SAMPDORIA
del 25/4/2004, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara
suddetta, prendendo contatti ed accordi finalizzati a concordare il risultato della gara predetta;
nonché la società U.C. SAMPDORIA S.p.A. per responsabilità oggettiva ai sensi degli artt. 6,
commi 2 e 4, e 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine agli addebiti ascritti al proprio tesserato;
- Vincenzo BEVO, calciatore tesserato della società F.C. IGEA VIRTUS BARCELLONA
S.r.l., per violazione dell’ art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità)
e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società F.C. IGEA
VIRTUS BARCELLONA S.r.l., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art.2, commi 3 e 4,
del C.G.S. in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Maurizio CACCAVALE, calciatore tesserato della società PESCARA CALCIO S.p.A., della
violazione dell’art. 1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e dell’art.
5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società PESCARA CALCIO
S.p.A. per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S. in ordine agli
addebiti contestati al proprio tesserato;
- Gianni CALIFANO, tesserato all’epoca dei fatti con la società CALCIO CHIETI S.p.A. della
violazione di cui all’ art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e
dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) e dell’art .6, commi 1 e 2, per aver posto in essere
atti diretti ad alterare il risultato delle gare CHIETI - CATANZARO del 16/5/2004 e
FERMANA - CHIETI del 9/05/2004, e art. 6, comma 7, del C.G.S., per avere omesso di denunciare
i fatti riguardanti la gara CHIETI - BENEVENTO del 4/4/2004; nonché la società
CALCIO CHIETI S.p.A. per responsabilità oggettiva ai sensi degli artt. 2, commi 3 e 4, e 6,
commi 2 e 4, del C.G.S. per gli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Roberto D’AVERSA, calciatore tesserato all’epoca dei fatti con la società A.C. SIENA
S.p.A., della violazione dell’ art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e
probità) e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S., nonché la società A.C.
SIENA S.p.A. per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine
agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Fabio Carmine Luca DE SANZO, calciatore tesserato per la società A.S. PALMESE CALCIO
S.r.l., della violazione dell’art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S. per avere posto inessere atti
diretti ad alterare il risultato della gara PALMESE - MELFI del 18/04/2004; nonché la socie-
tà A.S. PALMESE CALCIO S.r.l. per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, commi 3 e
4, e art. 2, commi 2 e 4, del C.G.S. per gli addebiti contestati al proprio tesserato; nonché la
società MELFI di responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9, comma 3, del C.G.S. per l’illecito
sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero l’AMBROSINO
e il DE SANZO, in occasione della gara PALMESE -MELFI del 18/4/04;
- Luigi DEL NERI, allenatore tesserato all’epoca dei fatti per la società A.C. CHIEVO VERONA
S.r.l., per violazione dell’art. 6, comma 7, del C.G.S. per aver violato il dovere di informare
senza indugio gli organi federali competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la
gara CHIEVO VERONA - SIENA del 21/03/2004; nonché la società A.C. CHIEVO VERONA
S.r.l. per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S. per gli addebiti
contestati al proprio tesserato;
- Firmino ELIA, calciatore tesserato all’epoca dei fatti per la società A.C. REGGIANA S.p.A.,
della violazione dell’ art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità)
e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonchè la società A.C. REGGIANA
S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4 del C.G.S. per gli
addebiti contestati al proprio tesserato;
- Italo FARINELLA, tesserato della società U.S. SCALEA 1912, della violazione dell’art. 6,
comma 7, del C.G.S. per aver violato il dovere di informare senza indugio gli organi federali
competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara SCALEA - VALLATA BAGALADI
del 18/04/2004; nonché la società U.S. SCALEA 1912, per responsabilità oggettiva ai
sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., per gli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Alfredo FEMIANO, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società COMO CALCIO
S.p.A., della violazione dell’art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e
probità) e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società COMO
CALCIO S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S.,
per gli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Fabrizio FERRIGNO, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A., della violazione
dell’ art. 1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e dell’art.
5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società U.S. CATANZARO
S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., per gli addebiti
mossi al proprio tesserato;
- Giovanni GALEONE, all’epoca dei fatti allenatore della società ANCONA CALCIO S.p.A.,
della violazione di cui all’art. 6, comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare
senza indugio gli organi federali competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la
gara ANCONA - CHIEVO del 25/4/2004 e la gara ANCONA -EMPOLI del 9/5/04; nonchè la
società ANCONA CALCIO S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3
e 4, del C.G.S., per gli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Luca GENTILI, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A., della violazione
di cui all’ art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e dell’art.
5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società U.S. CATANZARO
S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 4 e dell’art. 2, commi 3 e
4 del C.G.S. per le contestazioni riguardanti il proprio tesserato;
- Luis LANDINI, calciatore tesserato della società U.S. SASSUOLO CALCIO S.r.l., della violazione
di cui all’ art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e
dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società U.S. SASSUOLO
CALCIO S.r.l., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in
ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Pasquale LOGIUDICE, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A., della
violazione di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S. per avere compiuto atti diretti ad alterare
lo svolgimento della gara CHIETI - CATANZARO del 16/05/2004, nonché la società U.S.
CATANZARO CALCIO S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 4,
e dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Massimo LONDROSI, direttore sportivo e collaboratore dell’ANCONA CALCIO S.p.A., della
violazione di cui all’art. 6, comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare
senza indugio gli organi federali competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti le
gare ANCONA - CHIEVO del 25/04/2004 e ANCONA - EMPOLI del 9/05/2004; nonché la
società ANCONA CALCIO S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3
e 4, del C.G.S.;
- Antonio MARASCO, all’epoca dei fatti calciatore della società F.C. MODENA S.p.A., delle
violazioni di cui all’art. 6, commi 1 e 2, del C.G.S. per avere: prima della gara MODENA -
SAMPDORIA del 25/4/2004, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato
della gara suddetta, prendendo contatti ed accordi finalizzati a concordare il risultato
della gara predetta e per avere compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara
CHIEVO - MODENA del 2/05/2004; nonché la società F.C. MODENA S.p.A., di responsabilità
oggettiva ai sensi degli artt. 6, commi 2 e 4, e 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine agli
addebiti contestati al proprio tesserato; nonché la società A.C. CHIEVO VERONA S.r.l. di
responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9, comma 3, del C.G.S. per l’illecito sportivo commesso
a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero l’AMADEI, il TOSI ed il
MARASCO, in occasione della gara CHIEVO - MODENA del 2/05/2004;
- Alberto NOCERINO, calciatore tesserato della società F.C. SPORTING BENEVENTO
S.r.l., della violazione di cui all’art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza
e probità) e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S., e art. 6, commi 1 e 2,
del C.G.S., per avere compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara CHIETI -
SPORTING BENEVENTO del 4/04/2004; nonchè la società F.C. SPORTING BENEVENTO
S.r.l. per responsabilità oggettiva della violazione di cui agli artt. 6, commi 2 e 4, e 2, commi
3 e 4, del C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Stefano OSTI, dirigente della società A.C. SIENA S.p.A., della violazione di cui all’art. 6,
comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza indugio gli organi federali
competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara LECCE - SIENA del
7/03/2004; nonché la società A.C. SIENA SpA per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art.
2, commi 3 e 4 del C.G.S., per gli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Giuseppe PAPADOPULO, all’epoca dei fatti allenatore dell’A.C.SIENA S.p.A., per violazione
di cui all’art. 6, comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza
indugio gli organi federali competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara
LECCE - SIENA del 7/03/04; nonché la società A.C. SIENA S.p.A. per responsabilità oggettiva
ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., per gli addebiti contestati al proprio
tesserato;
- Antonio PASSALACQUA, dirigente della società U.S. SCALEA 1912, delle violazioni dell’art.
1, comma 1, e dell’art. 6, commi 1,2 e 6, per violazione dei principi di lealtà, correttezza
e probità e per aver compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara SCALEA -
VALLATA BAGALADI del 18/04/2004; nonché la società U.S. SCALEA 1912, per responsabilità
oggettiva, ai sensi degli artt. 6, commi 2, 4 e 6, e 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine
agli addebiti contestati al proprio tesserato; nonché la società VALLATA BAGALADI S.L. di
responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9, comma 3, del C.G.S. per avere PASSALACQUA
Antonio, D.S. dello SCALEA 1912, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il
risultato della gara SCALEA 1912 - VALLATA BAGALADI S.L. del 18 aprile 2004;
- Ivano PASTORE, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A., della violazione
dell’art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità) e dell’art. 5
(divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società U.S. CATANZARO S.p.A.,
per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’ art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., per gli addebiti
contestati al proprio tesserato;
- Ermanno PIERONI, presidente della società ANCONA CALCIO S.p.A., della violazione di
cui all’art. 6, comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza indugio gli
organi federali competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara ANCONA -
CHIEVO del 25/04/2004 e ANCONA - EMPOLI del 9/05/2004; nonché la società ANCONA
CALCIO S.p.A. per responsabilità diretta ai sensi dell’art. 2, comma 4, del C.G.S., per gli
addebiti contestati al proprio tesserato;
- Nelso RICCI, all’epoca dei fatti direttore sportivo della società A.C. SIENA S.p.A., della
violazione di cui agli artt. 6, commi 1 e 2 del C.G.S. per avere compiuto atti diretti ad alterare
lo svolgimento della gara CHIEVO - SIENA del 21/03/2004, e dell’art. 6, comma 7, del
C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza indugio gli organi federali competenti,
omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara LECCE - SIENA del 7/03/2004; nonché la
società A.C. SIENA S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art.6, commi 2 e 4, e
dell’art. 2 commi 3 e 4 del C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Generoso ROSSI, calciatore all’epoca dei fatti tesserato della società A.C. SIENA S.p.A.,
della violazione dell’art. art.1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità)
e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società A.C. SIENA
S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine
agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Giovanni SARTORI, dirigente della società CHIEVO VERONA, della violazione dell’art. 6,
commi 1 e 2, del C.G.S., per avere compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della gara
CHIEVO - SIENA del 21/03/2004; nonché la società CHIEVO VERONA, per responsabilità
oggettiva, ai sensi degli artt. 6, commi 2 e 4, e 2, commi 3 e 4, del C.G.S., in ordine agli addebiti
contestati al proprio tesserato;
- Walter SCAPIGLIATI, Direttore Generale dell’A.C.SIENA S.p.A., per violazione di cui all’art.
6, comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza indugio gli organi
federali competenti, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara LECCE - SIENA del
7/03/04; nonché la società A.C. SIENA S.p.A. per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art.
2, commi 3 e 4, del C.G.S., per gli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Doriano TOSI, direttore sportivo della F.C. MODENA S.p.A., della violazione di cui agli artt.
6, commi 1 e 2, del C.G.S., per avere compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della
gara CHIEVO - MODENA del 2/05/2004; nonché la società F.C. MODENA S.p.A., per responsabilità
oggettiva ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 4, e dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S.,
in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato; nonché la società A.C. CHIEVO VERONA
S.r.l. di responsabilità presunta ai sensi dell’art. 9, comma 3, del C.G.S. per l’illecito
sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, ovvero l’AMADEI, il
TOSI ed il MARASCO, in occasione della gara CHIEVO - MODENA del 2/05/2004;
- Maurizio TROMBETTA, allenatore della società ANCONA CALCIO S.p.A., della violazione
dell’art. 6, comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza indugio gli organi
federali competenti, in merito ai fatti inerenti la gara ANCONA - CHIEVO del
25/04/2004; nonché la società ANCONA CALCIO S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi
dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S. in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato;
- Nicola VENTOLA, calciatore all’epoca dei fatti tesserato della società A.C. SIENA S.p.A.,
della violazione dell’ art. 1, comma 1, (violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità)
e dell’art. 5 (divieto di effettuare scommesse) del C.G.S.; nonché la società A.C. SIENA
S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S. in ordine agli
addebiti contestati al proprio tesserato;
- Enrico ZANCHI, dirigente della società A.C. SIENA S.p.A., della violazione dell’art. 6,
comma 7, del C.G.S., per aver violato il dovere di informare senza indugio gli organi federali
competenti, in merito ai fatti inerenti la gara LECCE - SIENA del 7/03/2004; nonché la società
A.C. SIENA S.p.A., per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del
C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato.
La Commissione disciplinare, a fronte dei numerosi reclami e delle varie eccezioni proposte
dalle difese degli incolpati e della Procura Federale, emetteva le seguenti ordinanze:
In ordine alle questioni pregiudiziali e preliminari sollevata dai deferiti la Commissione
osserva quanto segue:
Sulle questioni di nullità della notifica dell’atto di contestazione degli addebiti si rileva
che, a norma dell’art. 37, comma 4, C.G.S., ai tesserati che non rivestono la qualifica di dirigenti
le notificazioni devono essere effettuate presso il “domicilio risultante dagli atti sociali
o, in mancanza, nel domicilio reale od eletto”. Pertanto:
- il deferito Londrosi, che non risulta rivestire funzioni dirigenziali né essere inserito negli atti
sociali della Soc. Ancona, avrebbe dovuto ricevere la notifica al domicilio reale in Belgioioso,
via Olivelli 4, dichiarato in sede di audizione davanti all’Ufficio Indagini in data 9/6/04, e
non presso la sede della Società;
- nei confronti del deferito Pieroni, in qualità di Presidente della Soc. Ancona, è stata ritualmente
seguita la notifica presso la sede della Società ai sensi della norma citata, a nulla rilevando
la mancata effettiva conoscenza dell’atto. D’altra parte, la notoria situazione di custodia
cautelare in cui versa il deferito, in assenza di una espressa rinuncia a presenziare al
presente procedimento, costituisce un legittimo impedimento che impone la separazione di
tale posizione processuale;
- con riferimento alle posizioni dei deferiti Logiudice e Landini si rinvia a quanto stabilito sub 3.
È fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione della Commissione in ordine ai deferiti
Zanchi e Londrosi, in quanto costoro, benchè legali da rapporti di collaborazione professionale
rispettivamente con la Soc. Siena e la Soc. Ancona, non sono tesserati federali e, quindi,
non possono essere chiamati a rispondere dei propri comportamenti dinnanzi agli Organi
della Giustizia Sportiva. Il richiamo all’art.22 delle N.O.I.F. è irrilevante, posto che in tanto il
“collaboratore-consulente” può essere ritenuto soggetto alla normativa federale in quanto effettivamente
tesserato (art. 27, comma 2, dello Statuto e artt. 36 e 37 delle N.O.I.F.).
In ordine alla questione di incompetenza di questa Commissione proposta da tesserati
e Società che, nella stagione agonistica 2003/04, non appartenevano alla Lega nazionale
professionisti (Soc. VALLATA BAGALADI, PRO PATRIA, GROSSETO, CATANZARO, SASSUOLO,
nonché i tesserati LANDINI, CALIFANO, DE SANZO, GENTILI, PASTORE, FERRIGNO),
si rileva che la Procura Federale, con il provvedimento in data 9 agosto 2004, ha
disposto il contestuale deferimento a questo Organo di Giustizia, per rispondere di illecito
sportivo e di altre violazioni delle Norme Federali, di Società e di tesserati appartenenti sia
alla Lega Nazionale Professionisti sia alla Lega Professionisti Serie C, sia alla Lega Nazionale
Dilettanti, in quanto, così leggesi nell’atto di incolpazione (cfr. pagine 18 e 19), “nella
specie deve trovare applicazione la norma di cui all’art. 37 comma 1 C.G.S., che prevede la
prevalenza della competenza della Commissione disciplinare della Lega superiore su quella
delle Leghe inferiori, nel caso di una pluralità di incolpati” per la “connessione sostanziale
e probatoria fra tutti i casi del presente deferimento”.
Tale assunto non può essere condiviso.
La disposizione di cui all’art.37 comma 1, C.G.S., norma di riferimento in tema di competenza
in materia di illecito sportivo, derogante dai principi generali dettati dall’art. 23
C.G.S., nel sancire la “vis actractiva” della Commissione disciplinare della Lega superiore
“nel caso di più incolpati”, disciplina, nel suo significato letterale e per la ratio sottesa, l’ipotesi
in cui una pluralità di soggetti, non appartenenti alla stessa Lega, siano chiamati a rispondere
del medesimo illecito.
Una diversa interpretazione, invero, priverebbe, tra l’altro, di ogni significato l’ulteriore
inciso “nel caso di più incolpati, appartenenti a Comitati diversi, la competenza territoriale è
determinata dal luogo ove è stato commesso l’illecito”.
Non è quindi espressamente disciplinata dal C.G.S. come fattispecie di deroga alla
competenza funzionale della Commissione disciplinare l’ipotesi della “connessione” di illeciti
commessi da una pluralità di incolpati.
Facendo comunque applicazione dei principi generali dell’ordinamento in materia di
deroga alla competenza per ragioni di connessione, si osserva che:
- in nessuna delle ipotesi di illecito così come contestate, viene configurato un concorso tra
soggetti (Società e/o tesserati) appartenenti a Leghe diverse (Nazionale Professionisti, Pro-
fessionisti di Serie C, Dilettanti). Ciò esclude ogni possibile connessione soggettiva, la cui
sussistenza implicherebbe l’affermazione della competenza di questa Commissione ex art.
37 C.G.S.;
- sussiste un’indubbia connessione probatoria tra le varie ipotesi di illecito sportivo e delle
altre violazioni contestate, in quanto da dichiarazioni di alcuni tesserati e da molteplici telefonate
intercettate per ordine dell’A.G. sulle utenze in uso agli indagati (tesserati e non) è
ravvisabile un contestuale riferimento ad una pluralità di gare dei campionati di A, B, C1,
C2 e Dilettanti.
Tale connessione, che ha correttamente ed opportunamente indotto l’Ufficio Indagini
ad esperire i consequenziali e complessi accertamenti in unico contesto investigativo, non
determina però, ex art. 37 n.1 C.G.S. la competenza di questa Commissione anche in relazione
alle ipotesi di illecito sportivo addebitate a Società e Tesserati di categoria “inferiore”.
La connessione probatoria, infatti, ricorrente allorchè la prova di più reati deriva anche
in parte dalla stessa fonte, deve essere esclusa dal novero delle cause di deroga della
competenza in applicazione analogica dei principi generali dell’ordinamento.
Pertanto, non sussistendo alcuna connessione soggettiva, ed essendo irrilevante ai
sensi dell’art.37 n.1 C.G.S. la connessione probatoria intercorrente tra le ipotesi di illecito
sportivo contestate, questa Commissione deve dichiarare la propria incompetenza nei confronti
delle Società e dei Tesserati di Serie C1, C2 e Dilettanti disponendo la trasmissione
dei relativi atti alla Procura Federale per le consequenziali determinazioni, con riserva di
valutare nel prosieguo del dibattimento la necessità di procedere all’audizione, qualora ritenuta
utile all’accertamento della verità, di ogni Tesserato anche se deferito ad altro Organo
di Giustizia.
Sono fondate le istanze di ammissione delle Società terze interessata a partecipare al
procedimento ai sensi dell’art.37, comma 7, C.G.S. (Soc. PERUGIA, EMPOLI, AVELLINO),
perché portatrici di interessi indiretti e segnatamente dell’”interesse in classifica”, ad esclusione
della Soc. ACIREALE in quanto la stessa ha prospettato il proprio interesse ad intervenire
esclusivamente in relazione al procedimento per illecito a carico del Catanzaro.
La dichiarazione di incompetenza di questa Commissione preclude alla stessa di pronunciarsi
ex art. 15 C.G.S. sulla richiesta del Procuratore Federale di sospensione cautelare
degli incolpati la cui posizione dovesse essere separata per motivi attinenti alla competenza
oggero alla nullità della notifica. In ogni caso, la Commissione ritiene che non possa
costituire titolo per disporre in via cautelare la sospensione da ogni attività sportiva, non richiesta
in precedenza, la mera applicazione di norme procedurale, anche se ciò possa
comportare una dilatazione dei tempi di definizione del procedimento, aspetto che comunque
potrà essere valutato nella sede competenze.
P.Q.M.
dichiara la nullità della notifica dell’atto di contestazione degli addebiti nei confronti di LONDROSI
e dispone la separazione della relativa posizione.
Dispone la separazione della posizione di PIERONI per legittimo impedimento a comparire;
dichiara il difetto di giurisdizione in ordine ai deferiti ZANCHI e LONDROSI;
dichiara la propria incompetenza ex artt.23 e 37 C.G.S. in relazione alle violazioni ascritte a:
- ALESSI Giuseppe, calciatore tesserato dalla società SPEZIA CALCIO 1906 S.r.l.;
- AMBROSINO Salvatore, calciatore all’epoca dei fatti tesserato società U.S. GROSSETO
F.C. S.r.l.;
- BEVO Vincenzo, calciatore tesserato della società F.G. IGEA VIRTUS BARCELLONA
S.r.l.;
- CALIFANO Gianni, tesserato all’epoca dei fatti con la società CALCIO CHIETI S.p.A.;
- DE SANZO Fabio Carmine Luca, calciatore tesserato per la società A.S. PALMESE CALCIO
S.r.l.;
- ELIA Firmino, calciatore tesserato all’epoca dei fatti per la società A.C. REGGIANA S.p.A.;
- FARINELLA Italo, calciatore tesserato all’epoca dei fatti con la società U.S. SCALEA
1912;
- FERRIGNO Fabrizio, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A.;
- GENTILI LUCA, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A.;
- LANDINI Luis, calciatore tesserato della società U.S. SASSUOLO CALCIO S.r.l.;
- LOGIUDICE Pasquale, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A.;
- NOCERIONO Alberto, calciatore tesserato della società F.C. SPORTING BENEVENTO
S.r.l.;
- PASSALAQUA Antonio, dirigente della società U.S. SCALEA 1912;
- PASTORE Ivano, calciatore tesserato della società U.S. CATANZARO S.p.A.;
- Soc. CALCIO CHIETI S.p.A.;
- Soc. F.C. IGEA VIRTUS BARCELLONA S.r.l.;
- Soc. U.S. CATANZARO S.p.A.;
- Soc. U.C. GROSSETO F.C. S.r.l.;
- Soc. A.S. MELFI S.p.A.;
- Soc. A.S. PALMESE CALCIO S.r.l.;
- Soc. A.C. REGGIANA S.p.A.;
- Soc. U.S. SASSUOLO CALCIO S.r.l.;
- Soc. SPEZIA CALCIO 1906 S.r.l.;
- Soc. F.C. SPORTING BENEVENTO S.r.l.;
- Soc. U.S. SCALEA 1912;
- Soc. S.S. VALLATABAGALADI S. LORENZO.
Dispone la trasmissione dei relativi atti alla Procura Federale per le proprie consequenziali
determinazioni;
dichiara ammissibile la partecipazione al dibattimento ai sensi dell’art. 37, comma 7, CGS
delle Soc. AVELLINO, EMPOLI e PERUGIA.
Rigetta l’istanza della Soc. ACIREALE per carenza di interesse;
rigetta le istanze di sospensione cautelare proposte dalla Procura Federale”.
La Procura Federale proponeva quindi istanza di interruzione del procedimento, motivandola
con la necessità di dover provvedere alla redazione dell’appello contro l’ordinanza
e, comunque, con l’opportunità di sospendere il procedimento in corso in attesa delle decisioni
degli Organi di Giustizia Sportiva competenti relativamente al punto 3 dell’ordinanza
stessa.
Con altra ordinanza, la Commissione, considerato che l’esito del preannunciato gravame
non avrebbe potuto in ogni caso pregiudicare la prosecuzione e la definizione del procedimento
e rilevata l’esigenza di garantire la celerità e la speditezza dello stesso, rigettava
l’istanza.
La Commissione disciplinare, al termine della discussione, con delibera pubblicata sul
C.U. n.30 del 25.8.04 dichiarava:
- Maurizio Caccavale, Alfredo Femiano, Roberto D’Aversa e Generoso Rossi responsabili
della violazione dell’art.5 (divieto di scommesse) e dell’art.1 comma 1 (violazione dei principi
di lealtà, correttezza e probità) del C.G.S.;
- la società Pescara Calcio S.p.A., la società Como Calcio e la società A.C. Siena S.p.A.,
responsabili in ordine agli addebiti contestati ai propri tesserati ai sensi dell’art.2, commi 3 e
4 (responsabilità oggettiva) del C.G.S.;
- Antonio Marasco responsabile della violazione di cui all’art.6 commi 1 e 2 del C.G.S. (illecito
sportivo) contestatagli in relazione alla gara Modena - Sampdoria del 25.4.2004;
- Stefano Bettarini responsabile della violazione dell’art.6 c.7 del C.G.S. (obbligo di denuncia);
- la società F.C. Modena S.p.A. responsabile in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato
ai sensi degli artt.6, commi 2 e 4, e 2, commi 3 e 4 (responsabilità oggettiva) del
C.G.S.;
- la società U.C. Sampdoria S.p.A. responsabile in ordine agli addebiti contestati al proprio
tesserato ai sensi dell’art.2, commi 3 e 4 (responsabilità oggettiva) del C.G.S.;
- Giuseppe Papadopulo, Nelso Ricci, Stefano Osti responsabili della violazione dell’art.6 c.7
del C.G.S. (obbligo di denuncia);
- la società A.C. Siena S.p.A. responsabile in ordine agli addebiti contestati ai propri tesserati
ai sensi dell’art.2, commi 3 e 4 (responsabilità oggettiva) del C.G.S.;
e delibera di infliggere le seguenti sanzioni:
- Maurizio Caccavale, squalifica per mesi 6;
- Alfredo Femiano squalifica per mesi 5;
- Roberto D’Aversa squalifica per mesi 6;
- Generoso Rossi squalifica per 1 anno;
- Pescara Calcio S.p.A. ammenda di euro 5.000;
- Como Calcio S.p.A. ammenda di euro 3.000;
- A.C. Siena S.p.A. ammenda di euro 7.000;
- Antonio Marasco squalifica per 3 anni;
- Stefano Bettarini squalifica per mesi 5;
- F.C. Modena S.p.A. 5 punti di penalizzazione da scontarsi nella stagione sportiva
2004/2005;
U.S. Sampdoria S.p.A. ammenda di euro 15.000;
- Giuseppe Papadopulo squalifica per mesi 5;
- Stefano Osti inibizione per mesi 6;
- Nelso Ricci inibizione per mesi 7;
- A.C. Siena S.p.A. ammenda di euro 30.000;
La Commissione disponeva poi la separazione della posizione dei tesserati Romano
Amadei, Doriano Tosi e Antonio Marasco e delle società F.C. Modena S.p.A. e A.C. Chievo
Verona S.r.l. con contestuale trasmissione dei relativi atti alla Procura Federale per le proprie
consequenziali determinazioni, relativamente ai fatti avvenuti in occasione della gara
Chievo - Modena del 2.5.2004.
La Commissione disponeva infine il proscioglimento da ogni addebito di Giovanni Galeone,
Maurizio Trombetta e della soc. Ancona Calcio S.p.A.;Walter Scapigliati, Nicola Ventola e,
relativamente alle violazioni di cui al par. 5d) gara Chievo - Siena del 21/3/2004, Nelso Ricci e
la soc. A.C. Siena S.p.A., Giovanni Sartori, Luigi Del Neri e la soci. A.C. Chievo Verona S.r.l.
Con vari ed articolati motivi proponevano appello tutti i sanzionati, le cui doglianze saranno
trattate singolarmente ai fini di un miglior approfondimento dei singoli elementi e di
una più profonda comprensione.
Questioni preliminari
In via preliminare deve disporsi la riunione di tutti gli appelli in quanto impugnano una
stessa decisione.
La C.A.F. deve poi prendere atto delle rinunce agli appelli operate dallo Sporting Benevento
(appello n. 65) e dal calciatore Salvatore Ambrosino (appello n. 66).
Sempre in via preliminare, va rilevato che la C.A.F. non deve pronunciarsi sulla eccezione
pregiudiziale, formulata dal Procuratore Federale nel giudizio di primo grado e respinta
dai primi giudici, diretta ad infirmare la decisione della Commissione disciplinare per non
avere proceduto a giudicare in un unico procedimento, a norma dell’art. 37, comma 1, del
C.G.S., anche i tesserati e le società appartenenti a Leghe diverse dalla Lega Nazionale
Professionisti.
Il Procuratore Federale, nell’atto di appello depositato il 21.8.2004, pur censurando la
decisione della Commissione disciplinare nel profilo in cui si è dichiarata incompetente a
giudicare i tesserati e le società appartenenti ad altre leghe, ha poi formalmente rinunciato,
nello stesso atto, a coltivare l’eccezione in appello.
Il Procuratore Federale ha fondato la rinuncia sulla considerazione della sopravvenuta
impossibilità, atteso lo stato dei procedimenti conseguenti allo stralcio delle posizioni dei
tesserati appartenenti a leghe diverse dalla Lega Nazionale Professionisti, di realizzare
quel simultaneus processus che, secondo la tesi da lui formulata in primo grado, anche ragioni
di economia processuale, oltre che motivi più propriamente di carattere giuridico,
avrebbero dovuto suggerire.
Analoga eccezione sollevata dal calciatore Ambrosino, la cui posizione è stata stralciata
dal giudizio svoltosi presso la Commissione disciplinare della Lega Nazionale Professionisti,
in quanto calciatore della Lega Professionisti di Serie C, è caduta, giacchè il calciatore,
che comunque aveva proposto appello avverso la decisione qui in contestazione, ha rinunciato,
come si è già rilevato, all’impugnativa di detta decisione.
La questione, d’altronde, non ha alcuna incidenza sugli appelli in esame relativi ad un
procedimento che, concernendo tesserati e società della Lega Nazionale Professionisti, si
è svolto in prime cure davanti all’organo disciplinare per esso competente.
Nell’esame delle altre questioni preliminari devono trattarsi con precedenza quelle coinvolgenti
l’intero procedimento.
È da respingere, innanzitutto, il rilievo di incostituzionalità del presente giudizio sollevata
in sede di dibattimento dalla difesa assumendosi che il relativo procedimento non assicurerebbe
agli incolpati adeguate garanzie di difesa.
A parte la incongruità del rilievo, giacché sollevato in sede non idonea, si deve comunque
osservare che il procedimento che ne occupa rispetta tutti i canoni che reggono la legalità,
anche sotto il profilo del rispetto di principi di livello costituzionale, di analoghi procedimenti
disciplinari (contestazione degli addebiti, termini a difesa degli incolpati, principio
del contraddittorio, regime probatorio, terzietà dell’organo giudicante).
Riguardo all’obiezione secondo cui il procedimento di che trattasi sarebbe in contrasto
con i principi stabiliti dal C.O.N.I., in quanto non è conformato ai canoni e alle norme del codice
processuale penale, si rileva che i principi di carattere generale formulati dal predetto
ente acquistano valore cogente solo con la loro traduzione in norme positive degli ordinamenti
federali. Si deve far presente, peraltro, che il procedimento disciplinare che ne occupa,
anche nella sua attuale configurazione, e compatibilmente con la sua natura di procedimento
amministrativo, già rispecchia nei suoi profili fondamentali, cioè nei profili di legalità
costituzionale ai quali si è già fatto riferimento, i principi che costituiscono i capisaldi del
processo penale.
Sono da respingere anche le eccezioni relative alla ammissibilità e alla validità probatoria
delle intercettazioni telefoniche già respinte in primo grado e riproposte dai tesserati
appellanti, che vanno anch’esse trattate preventivamente e in modo unitario, trattandosi di
eccezioni astrattamente idonee ad incidere con carattere di pregiudizialità sull’intero giudizio,
atteso anche che, come è stato già evidenziato dai primi giudici, l’intero impianto accusatorio
risulta fondato sulle conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche.
La C.A.F., infatti, in ordine a tutti i rilievi inerenti a tale eccezione non può che confermare
le conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione disciplinare, che fa propri i principi
affermati in materia dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione nella interpretazione
dell’art. 268 c.p.p. che si occupa della materia, secondo cui gli elementi desumibili dalle
intercettazioni telefoniche, qualora siano gravi, precisi e concordanti assumono valore probatorio
ex se senza la necessità di ulteriori riscontri esterni.
Ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella
valutazione del loro contenuto della conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano
di avere delle situazioni sulle quali s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono
a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale,
in cui le conversazioni sono avvenute, tenuto conto dell’ambiente del quale fanno parte
gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni intercettate
senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni.
In tali limiti, che assicurano validità probatoria alle intercettazioni telefoniche nel processo
penale, dette intercettazioni costituiscono piena prova anche nel presente procedimento.
Quanto alla assenza dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche, va
osservato che il deposito di tali atti ha rilievo esclusivamente nel processo penale, mentre,
ai fini della acquisizione delle trascrizioni delle intercettazioni al presente procedimento con
valore di prova, è da ritenere sufficiente la provenienza delle trascrizioni stesse dall’autorità
giudiziaria dovendosi necessariamente presupporre da tale derivazione la legittimità in conformità
al citato art. 268 c.p.p.,della loro assunzione.
È da considerare irrilevante, infine, la circostanza che vi sarebbero altre intercettazioni
non ancora trascritte dalle quali, in ipotesi, potrebbe anche desumersi la incongruità degli
addebiti mossi agli attuali incolpati.
Gli elementi tratti dalle intercettazioni telefoniche già trascritte sono stati ritenuti sufficienti
a dar vita al deferimento degli attuali incolpati.
Il giudizio, di conseguenza, non può che svolgersi in relazione a tale deferimento e agli
accertamenti che ne costituiscono il fondamento.
Tutte le eccezioni formulate in ordine alla ammissibilità e alla validità probatoria delle
conversazioni telefoniche come acquisite al presente procedimento, in conclusione, devono
essere respinte.
Appello n. 21 del Procuratore Federale in ordine alla ordinanza n. 1
della Commissione disciplinare contenente la dichiarazione di nullità dell’atto
di contestazione degli addebiti al Sig. Massimo Londrosi e la dichiarazione
di incompetenza nei confronti dello stesso Sig. Londrosi e del Sig. Enrico Zanchi
Con l’ordinanza n. 1 del 18 agosto 2004, la Commissione disciplinare ha dichiarato la
nullità dell’atto di contestazione degli addebiti per quanto concerne il Sig. Massimo Londrosi,
direttore sportivo e collaboratore della Società Ancona Calcio, sul rilievo che a questi,
che non riveste funzioni dirigenziali e non risulta dagli atti sociali della predetta società, la
notificazione doveva essere effettuata presso il domicilio reale in Belgioso, via Olivelli 4, dichiarato
in sede di audizione davanti all’Ufficio Indagini, a norma dell’art. 37, comma 4, del
C.G.S. per il quale “ai tesserati che non rivestono la qualifica di dirigenti, le notificazioni devono
essere effettuate presso il domicilio risultante dagli atti sociali o, in mancanza, nel domicilio
reale od eletto”.
Con la medesima ordinanza, la Commissione disciplinare ha poi declinato la propria
competenza a giudicare lo stesso Sig. Londrosi e il Sig. Enrico Zanchi, collaboratore dell’A.
C. Siena, in quanto pur essendo gli stessi legati da rapporti di collaborazione con le rispettive
società, non sono tesserati federali e, quindi, non possono essere chiamati a rispondere
dei loro comportamenti davanti agli organi della Giustizia Sportiva.
Il richiamo all’art. 22 delle N.O.I.F. non sarebbe pertinente, atteso che “in tanto il collaboratore-
consulente potrebbe essere ritenuto soggetto alla normativa federale in quanto effettivamente
tesserato (artt. 27, comma 2, dello Statuto, e artt. 36 e 37 delle N.O.I.F.).
L’ ordinanza è stata appellata dal Procuratore Federale.
L’appello è fondato e quindi deve essere accolto.
Preliminarmente, peraltro, deve affermarsi l’ammissibilità dell’appello del Procuratore
Federale. L’ordinanza appellata, infatti, con la quale è stata pronunciata l’estromissione dal
giudizio di due dei soggetti deferiti, definendosi in tal modo il giudizio nei loro confronti, ha
natura decisoria, ed è quindi autonomamente impugnabile.
Sempre in via preliminare, devono esaminarsi le eccezioni in rito sollevate dalle difese
degli appellati.
Con una prima eccezione, viene eccepito che l’appello del Procuratore Federale è stato
proposto in data 21 luglio 2004, prima della pubblicazione sul Comunicato Ufficiale del-
l’ordinanza impugnata, avvenuta solo in data 25 luglio 2004, contravvenendosi in tal modo
al disposto dell’art. 33 del C.G.S. che, con disposizione valida anche per la Procura Federale,
stabilisce che il reclamo avverso le decisioni della Commissione disciplinare (o di altro
organo appellabili davanti alla C.A.F.) “deve essere inviato entro il settimo giorno successivo
alla data di pubblicazione del Comunicato Ufficiale con il quale è stata resa nota la decisione
che si intende impugnare”.
L’eccezione è evidentemente infondata.
L’art. 33 citato pone una presunzione legale di conoscenza dell’atto, quando questo
non debba essere comunicato singolarmente ad un tesserato o ad una società, individuandolo
nella data della sua pubblicazione sul comunicato ufficiale dell’organo che lo ha emesso,
e fa decorrere il termine perentorio per la sua impugnazione da tale data.
Deve ritenersi in facoltà di chi vi abbia interesse, peraltro, l’impugnativa dell’atto anche
prima della sua pubblicazione, se la conoscenza dell’atto è anteriore. Nella specie, l’ordinanza
era stata distribuita a tutte le parti il 18 luglio 2004.
Parimenti è infondata la seconda eccezione, che reitera il rilievo relativo alla nullità dell’atto
di contestazione degli addebiti per la erronea notificazione di questo.
La nullità dell’atto di contestazione, come si è già ricordato, è stata posta dal giudice di
primo grado a fondamento della ordinanza impugnata.
Come correttamente ha ribattuto il Procuratore Federale nella parte dell’appello diretto
a confutare tale profilo della ordinanza, viene in rilievo e va applicato nella fattispecie il principio
secondo cui l’atto che ha raggiunto il suo scopo non può ritenersi invalido anche se
posto in essere in violazione di norme procedimentali.
Nella specie, è indubitabile che l’atto di contestazione degli addebiti abbia raggiunto il
suo scopo, atteso che l’incolpato ha partecipato al procedimento, difendendosi, con dovizia
di argomentazioni, anche nel merito dalle contestazioni.
L’appello del Procuratore Federale, può aggiungersi, risulta regolarmente indirizzato al
domicilio eletto dal Sig. Londrosi in sede di audizione presso l’Ufficio Indagini.
Va anche osservato, infine, a confutazione di altro rilievo collegato con la eccezione
ora esaminata, che l’affiliazione della Società Ancona Calcio è stata revocata solo in data 8
agosto 2004 (Com. Uff. n. 91/A del 26.8.2004) e che, pertanto, l’appello relativo alla posizione
del Sig. Londrosi, legato come si è rilevato alla predetta società da un rapporto di collaborazione,
correttamente è stata rivolto all’indirizzo della stessa società.
La pronuncia della Commissione disciplinare si rivela poi priva di fondamento nel
profilo in cui ha affermato la non assoggettabilità dei Sigg. Londrosi e Zanchi alla giustizia
federale, rilevando che la disposizione di cui all’art. 22 delle N.O.I.F. non sarebbe pertinente
dovendosi armonizzare con gli artt. 27, comma 2, dello Statuto, 36 e 37 delle
stesse N.O.I.F.
Ed invero, gli artt. gli artt. 27, comma 2, dello Statuto e 36 e 37 delle N.O.I.F. non depongono
affatto per la tesi enunciata dalla Commissione disciplinare, in quanto tali disposizioni
si limitano ad indicare le categorie dei soggetti che assumono lo status di tesserati
e alcuni adempimenti a carico delle società per il tesseramento dei dirigenti e dei collaboratori.
Questa C.A.F. ha già affermato in casi del tutto simili a quello che ne occupa l’assoggettabilità
dei collaboratori delle società agli organi di Giustizia Sportiva per il fatto che gli
stessi sono tenuti, in base all’art. 22 citato all’osservanza delle norme federali. (e in base al
più generale disposto di cui all’art. 27, comma 1, dello stesso testo normativo).
Anche nei confronti di tali soggetti, infatti, sono operative le sanzioni che il C.G.S. commina
per i tesserati tra le quali anche quella della preclusione alla permanenza in qualsiasi
rango o categoria della F.I.G.C.
L’ordinanza impugnata, in conclusione, deve essere annullata.
La Commissione disciplinare pertanto dovrà procedere a giudicare anche i Sigg. Londrosi
e Zanchi in relazione ai deferimenti per essi operati dal Procuratore Federale.
Reclami calciatori D’Aversa Roberto e Rossi Generoso e dell A. C. Siena;
del calciatore Caccavale Maurizio e del Pescara Calcio e del calciatore
Femiano Alfredo e del Calcio Como
La Commissione disciplinare ha rilevato l’esistenza “di un gruppo organizzato di tesserati
scommettitori, più o meno incalliti, in grado di attingere notizie ed informazioni in ordine
ai risultati di gare riguardanti vari campionati, talvolta in collegamento con soggetti estranei
all’organizzazione calcistica e certamente, interessati alla certezza di un risultatati “predefinito”
da cui, ovviamente, far derivare il lucroso vantaggio di una scommessa non aleatoria” e in
questo contesto ha affermato la responsabilità dei calciatori D’Aversa Roberto, Rossi Generoso
dell’A.C. Siena; del calciatore Caccavale Maurizio del Pescara Calcio e del calciatore
Femiano Alfredo del Calcio Como e delle rispettive società per responsabilità oggettiva.
Avverso queste decisioni hanno proposto appello alla CAF, sia i tesserati che le società,
con vari motivi in fatto e in diritto.
Tutti i predetti appelli sono infondati e non possono essere accolti.
La motivazione dell’impugnata sentenza, su questi punti, è infatti, condivisibile e deve
intendersi, qui, integralmente riportata.
I motivi di appello non inficiano questa conclusione.
Per quanto concerne l’appello del D’Aversa va osservato quanto segue.
La difesa sostiene, preliminarmente, “l’erronea e/ o falsa applicazione dell’art.5 del
C.G.S.”, in quanto “viziata da un’erronea applicazione del precetto contenuto nel C.G.S.” basato
sulla indispensabile “individuazione della scommessa avente ad oggetto incontri ufficiali
svoltisi sotto l’egida della F.I.G.C.”.
Sul punto va osservato che non può discutersi che l’individuazione di una o più di una
specifica scommessa, da parte di un tesserato, rende più nitida e chiara la sua affermazione
di responsabilità; ma quando non è possibile raggiungere questo risultato, a causa della
difficoltà dell’indagine, dovuta, anche, all’attenzione, come in questo caso, dei tesserati che
parlano al telefono a non fare scoprire il vero significato delle loro parole, il bene giuridico
protetto dalla norma risulta ugualmente leso, purchè si sia accertata, ovviamente, l’effettività
della scommessa effettuata, anche se non specificatamente individuata.
Paragonando la problematica al diritto penale, la situazione è identica a quando ci si
trova davanti all’impossibilità di accertare con precisione quale specifico reato di furto sia il
presupposto di una ricettazione.
L’indeterminatezza del reato presupposto non impedisce l’affermazione di responsabilità
per il furto.
Non è condivisibile, quindi, l’argomento difensivo che sostiene “l’erronea assimilazione,
da parte della Commissione disciplinare, dell’asserito compimento di atti astrattamente idonei
alla effettuazione di eventuali scommesse alle scommesse stesse, mai individuate, oltre
che, assolutamente, mai provate”.
L’art. 5 del C.G.S. non prevede, infatti, come sostenuto nei motivi, “la necessità espressa
di specifica individuazione della scommessa oggetto dell’infrazione” e quindi, “a fortiori”,
della città e della ricevitoria, dove si è svolta la stessa e dell’importo della scommessa”.
Del legame con altri tesserati si dirà in seguito.
Altro e diverso discorso è quello dell’applicabilità dell’ipotesi tentata, che, comunque,
esula dalla “regiudicanda” in esame.
Si può convenire, in via generale, con la difesa, che più è specificata l’incolpazione (nel
nostro caso la scommessa) più è agevole e completo è l’esercizio del diritto di difesa.
Ma passando al caso in esame, la questione acquista un diverso significato concernente
la problematica della valutazione della prova.
La difesa erra nel sostenere che “la decisione impugnata omette la benché minimo
motivazione sul punto”, sostenendo che “bastano pochi stralci di intercettazione per ritenere
“sufficiente la prova della responsabilità del D’Aversa, nonostante, prescindendo per un
attimo, dalla mancata individuazione della scommessa, ben possono ritenersi sussistenti
vere e proprie lacune, nella superficiale e sommaria ricostruzione accusatoria”.
La Commissione disciplinare ha, infatti, evidenziato che il Rossi (anche lui calciatore
del Siena) nel corso di una telefonata con il D’Aversa (in data 16.4.2004) ha detto: “chiama
qualcuno... Verona e Ascoli, quello di mezzo” e che il D’Aversa, nel corso della stessa telefonata,
ha chiesto: “ma tu riesci a fare qualcosa per le partite?”, frase inquietante, ma che è
ancora prodromica alla commissione dell’illecito disciplinare.
L’elemento di prova decisivo della vicenda è costituito, invece, dalla frase intercettata,
durante una telefonata del 21.3.2004, tra il Rossi e l’Ambrosino: “gli abbiamo messo 2.000
euro, io e D’Aversa”.
Il riferimento a danaro speso dai due per delle scommesse, va desunto da una normale
regola di esperienza, basata, su tutto il contesto dell’indagine e tra l’altro, su quanto si è
fin qui detto, anche, circa il predetto interesse del D‘Aversa ad avere notizie sul futuro svolgimento
di partite.
Del resto, non può condividersi l’assunto difensivo relativo al fatto che in quest’ultima
telefonata “altri interlocutori intervengano senza parlare di scommesse e non registrano alcun
seguito, nonostante le conversazioni non contengano alcuna conclusiva definizione di
accordo”.
Il mancato riferimento alla telefonata citata in precedenza, in motivi così precisi e puntuali
come quelli che ci occupano, non può, certo, essere frutto di una semplice dimenticanza.
La predetta frase “gli abbiamo messo 2.000 euro, io e D’Aversa” detta, al telefono dal
Rossi all’Ambrosino, interpretata letteralmente e nel contesto di tutta la complessa indagine,
non può, quindi, come detto, avere un significato diverso da quello accusatorio.
Infatti, in sostanza il Rossi confessa una o più pregresse scommesse, effettuate con il
D’Aversa.
Per completezza, va valutata l’ipotesi che il Rossi, parlando con l’Ambrosino abbia detto,
per le più svariate causali, il falso.
Ma il D’Aversa non fa cenno a motivi di rancore tra lui e il Rossi e quest’ultimo non ha
mai dichiarato di avere voluto dire il falso all’Ambrosino, soprattutto, per quanto riguarda la
posizione del D’Aversa.
Il Rossi ha, anzi, sostenuto di avere voluto, comunque, compiacere l’Ambrosino, nel
fargli credere che, all’interno della sua squadra, anche altri tesserati condividevano la passione
per la scommessa (v. pagina 20 appello).
Anche l’Ambrosino, si è, apoditticamente, limitato a dire che voleva scherzare, senza
spiegarne la ragione.
La tesi del D’Aversa è quella di “avere formulato dei pronostici, senza procedere ad alcuna
scommessa” evitando, però, di dare un senso al riferimento ai 2.000 euro, a lui collegati,
sia pure da altri, telefonicamente.
Queste spiegazione dei fatti sono inattendibili, sulla base delle più comuni e consolidate
regole di esperienza.
Il mancato rinvenimento di “ricevute di scommesse” nel corso di una perquisizione di
p.g., verificatasi a distanza di giorni, anche del computer del D’Aversa e le mancate accuse
da parte di terzi, vanno considerate circostanze neutre.
La difesa sostiene “l’erronea interpretazione del concorso di violazioni contestate ai
sensi degli art. 1 comma 1 e 5 del C.G.S” e il conseguente “obbligo di contestazione alternativa”.
Sul punto, la Commissione disciplinare ha, condivisibilmente, ritenuto, tra l’altro, (v. pagina
95 dell’impugnata decisione) che sotto un profilo tecnico giuridico, “la specificità della
previsione sanzionatoria di cui all’art.5 C.G.S., ben possa concorrere con la violazione di
cui all’art.1, allorché (come nel caso in esame, con la citata richiesta di interessamento al
D’Aversa, sulle partite del Verona e dell’Ascoli la condotta del tesserato non si esaurisca
nell’effettuare la scommessa, ma si estrinsechi anche in un’attività che, diretta ad acquisire
ogni utile informazione su eventi agonistici, presenti connotati confliggenti con i doveri di
comportamento di cui all’art.1 C.G.S.”.
In questo modo le due norme in esame non sono tra loro sovrapponibili, come si sostiene
nei motivi, in quanto la loro violazione comporta la lesione dei due predetti diversi
beni giuridici.
Ovviamente, l’ipotesi fatta dalla Commissione disciplinare non esclude la possibilità
che una semplice attività di scommessa integri il solo art. 5 C.G.S. e che un’attività non culminata
in una scommessa integri la violazione del solo art.1 C.G.S.
Resta da dire della quantificazione della pena.
La Commissione disciplinare ha, condivisibilmente, graduato la pena, in sei mesi di
squalifica, tenendo conto di tutti gli elementi significativi in atti.
La mancanza di prova di scommesse su partite della società dell’incolpato e il suo ruolo
non centrale nella vicenda sono stati valutati nell’individuare la quantificazione della pena inflitta.
Appella anche il calciatore Generoso Rossi, calciatore, già tesserato dell’ A.C. Siena.
Anche nei suoi confronti, le incolpazioni sono quelle ex artt. 1 e 5 C.G.S.
Si daranno, quindi, per scontati, tutti gli argomenti, già affrontati a proposito della posizione
del D’Aversa (e ciò riguarderà, in seguito,ovviamente, anche le posizioni degli altri
appellanti).
La C.A.F. condivide il giudizio di piena valenza probatoria data, dalla Commissione disciplinare,
al contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica .
Della telefonata tra il Rossi e l’Ambrosino (“abbiamo messo 2.000 euro io e D’Aversa
su due squadre”) si è detto.
La Commissione disciplinare dà correttamente atto che il Rossi ha sostenuto “di avere
inteso soltanto schernire l’Ambrosino“ e anche della non attendibilità di questa tesi difensiva
si è parlato.
Nei motivi, si prova a sostenere che la giocata di 2.000 euro (non è dato, del resto, sapere
se singolarmente o congiuntamente) non avrebbe mai potuto comportare una vincita
di 30.000 e 40.000 euro, data la “facilità di previsione“ delle due gare.
È opportuno, sul punto, ribadire che non è dato sapere nè a quanto ammonti l’effettiva
entità della puntata complessiva e né quale ne sia stato il tipo e quindi, non è possibile effettuare,
con esattezza questi calcoli.
L’uso del viva voce, da parte del Rossi non può che essere considerata una circostanza
neutra, come può darsi, tranquillamente, per scontato che l’incolpato abbia un carattere
esuberante, allegro e pronto alla battuta e allo scherzo, senza, per questo, dovere ritenere
che abbia scherzato anche in questo caso.
Continuando a seguire l’iter dell’appello, va precisato che una telefonata può essere
considerata prova insufficiente a provare la commissione di un illecito sportivo e al contrario,
può provare un comportamento integrante, come nel caso in esame, per la partita Chievo
- Siena, l’art. 1 comma 1 C.G.S.
Per quanto concerne la sussistenza dell’art. 1 comma 1 C.G.S. è sufficiente, anche, riportarsi
a quanto detto a proposito della posizione del D’Aversa, per quanto concerne le informazioni sulle gare del Verona e dell’Ascoli. Nei motivi “in diritto” si sostiene l’inadeguatezza delle risultanze delle intercettazioni telefoniche, non valutando che le stesse sono puntualmente confermate dalla predetta ammissione di avere “giocato” 2.000 euro con il D’Aversa su due partite. Per tutto il discorso fatto, sempre, nei motivi sulla natura delle intercettazioni (prova diretta o indiretta) è sufficientemente osservare che le regole probatorie del giudizio penale sono diverse da quelle del giudizio sportivo. Anche in questo caso la quantificazione della sanzione inflitta dalla Commissione disciplinare, in un anno di squalifica, è corretta, dato il significativo ruolo dell’incolpato nella vicenda. Il punto non è oggetto, del resto, di puntuali doglianze. Appella anche Caccavale Maurizio, calciatore, tesserato per il Pescara Calcio s.p.a. Le incolpazioni sono quelle, già, affrontate in precedenza. La Commissione disciplinare le ha ritenute sussistenti, relativamente alle gare Ancona - Chievo, Chievo - Modena, ed altre imprecisate partite, disputatesi il 25.4.2004. Il Caccavale sostiene che “manca assolutamente la prova che egli abbia realmente scommesso su uno degli incontri di calcio, di cui alla contestazione”. Il rilievo, come già detto, non può essere condiviso. Per quanto concerne la problematica, posta nei motivi e relativa all’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche…..in dispregio dei principi sanciti a pena di inutilizzabilità assoluta dall’art. 271 c.p.p.”, è sufficiente osservare che il C.G.S. non prevede il rispetto delle norme del codice di procedura penale, ma, esclusivamente, di quelle in esso contenute. Per mero scrupolo di completezza espositiva, va, poi, osservato che l’assenza, negli atti di questa Commissione (e non nel procedimento penale napoletano, tesi non sostenuta, neanche, dal Caccavale) dei decreti autorizzativi delle intercettazioni non comporterebbe, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione (v. tra le altre, Cassazione, 6 sezione penale, 7.6.2001,x, n. 34400) nullità, neppure, in un procedimento penale. Non si tratta, come fa il Caccavale (sempre a proposito della mancanza dei predetti decreti) di parlare, apoditticamente, “di presunzione legittimità degli atti promananti dall’autorità giudiziaria” in quanto, oltre ogni altra considerazione, è lo stesso appellante a riconoscere che “l’autorità giudiziaria partenopea si è limitata ad inviare i “brogliacci”, relativi alle trascrizioni di conversazioni telefoniche, omettendo di allegare i relativi decreti autorizzativi di dette intercettazioni”, ritenuti, quindi, esistenti e comunque, a non chiedere alla Commissione di assumere iniziative al riguardo. Quanto fin qui detto, tiene, ovviamente conto della legge n. 401 del 1989, alla quale si fa riferimento nei motivi di appello. Sempre per obbligo di completezza espositiva, va osservato che una futura ( ed ipotetica) dichiarazione di inutilizzabilità delle intercettazioni, nel corso del futuro ed eventuale, processo penale a Napoli, adombrata nei motivi, a livello di mera ipotesi, rientra tra le possibilità astratte e non comporta, allo stato, come conseguenza, “un danno irreparabile” al Caccavale. È una possibilità che si può verificare e si verifica anche nel processo penale, dove l’indagato può subire anche la carcerazione preventiva, prima di essere assolto nel merito. Non può essere condivisa, neppure, l’argomentazione dell’appellante circa il fatto che “l’assenza di qualsivoglia elemento esterno di riscontro alle (interpretazioni delle) telefonate di cui alla contestazione imporrebbe, in ogni caso, il richiesto proscioglimento”, in quanto le risultanze delle predette intercettazioni sono, autonomamente, sufficienti a suffragare il giudizio di responsabilità (anche in questo caso, il paragone con le regole vigenti in materia di valutazione della prova nel processo penale è inconferente). Il Caccavale non confuta le puntuali (e sintetiche) osservazioni della Commissione disciplinare, sul punto, con riferimento ai giorni delle sue telefonate con l’Ambrosino, relativamente alle quote delle varie gare e dimentica di ricordare la sua frase, detta, al telefono (il 25.4.2004) al Califfo: ”perché mi sono giocato con il Califfo certe squadre, che mi ha dato lui, mi ha fatto perdere (le risultanze di queste telefonate sono confermate, anche, nel corso di colloqui telefonici tra il predetto Ambrosino e il Califano: “con Maurizio (Caccavale) ho perso un sacco di soldi”. In questo contesto probatorio, non si può dare credito alla difesa, quando sostiene che “non si evince in maniera certa e indiscussa che siano state realmente effettuate scommesse su partite di calcio organizzate dalla F.I.G.C.”. Le risultanze obiettive delle predette telefonate non sono intaccate dal comportamento processuale dell’ Ambrosino, del Califano e del Ferrigno, che non parlano del Caccavale come di uno scommettitore e dalle risultanze negative della perquisizione, effettuata dal p.m. di Napoli, in data 12.7.2004. Della non necessità dell’individuazione delle specifiche partite, oggetto delle scommesse e della sussistenza, anche della violazione dell’art. 1 C.G.S. si è detto, affrontando la problematica posta dalla difesa del D’Aversa. Non risponde al vero (si tratta di una mera congettura del Caccavale) che la Commissione disciplinare abbia fatto “discendere” la quantificazione della sanzione (sei mesi di squalifica) “alla scelta difensiva di contestare gli addebiti”. I criteri applicati, sul punto, dalla Commissione disciplinare e condivisi da questa Commissione sono indicati a pagina 20 della sua decisione. Appella anche Femiano Alfredo, calciatore tesserato per il Como calcio. Le incolpazioni sono le stesse delle quali si è parlato a proposito dei predetti tesserati di altre società. La Commissione disciplinare le ha ritenute sussistenti relativamente a gare non meglio determinate, disputatesi il 25.4.2004 ed in altre date. Nei motivi di appello si sostiene che “i numerosi colloqui telefonici con l’Ambrosino che (secondo la Commissione disciplinare) connotano la responsabilità anche del calciatore Femiano” sono “frutto di un rapporto di amicizia nato già nel 1997, ai tempi della comune militanza nel Savoia calcio... e che la maggior parte delle telefonate era di contenuto personale e comunque, totalmente estraneo ai fatti oggetto di procedimento disciplinare”. L’argomento non può essere valutato a favore del Femiano in quanto il riferimento non concerne la totalità delle telefonate e dunque non confuta quanto sostenuto dalla Commissione disciplinare. Ne consegue che va considerata di carattere neutro la successiva osservazione difensiva circa il fatto che “alcun contatto telefonico è stato accertato tra lo scrivente e soggetti diversi ed anche estranei all’ambiente calcistico, pur coinvolti nell’inchiesta che ci occupa”. Del resto questa circostanza non è stata oggetto della decisione della Commissione disciplinare. La difesa sostiene, poi, che “le vicende calcistiche (oggetto di parte delle telefonate) rappresentano delle mere parentesi e non certo il fulcro del discorso.. e che le indicazioni fornite dallo scrivente all’Ambrosino erano di carattere tecnico e non finalizzate ad un confronto con l’interlocutore allo scopo di decidere su quali eventi scommettere”. Sul punto è sufficiente osservare che gli specifici riferimenti alle scommesse (“quaranta... trenta... è scesa”) presenti nella decisione della Commissione disciplinare, non vengono inficiati dalle osservazioni difensive in quanto è, logicamente, impossibile sostenere che queste parole abbiano il “carattere tecnico” o “calcistico - professionale” del quale parla il Femiano. Nella decisione della Commissione disciplinare non viene fatto cenno al fatto che il Femiano “fosse a conoscenza di “combines” o di qualsivoglia accordo tra dirigenti o calciatori di squadre quali il Napoli, Siena, Sellaia e Gualdo, così da fornirle al suo diretto interlocutore, rimanendo, poi, all’oscuro di accordi illeciti che coinvolgevano la propria squadra” e quindi, questa puntualizzazione difensiva non concerne doglianze all’impugnata decisione della Commissione disciplinare, né consente di superarne le argomentazioni. Sull’applicabilità della giurisprudenza della Cassazione sulle intercettazioni telefoniche al caso in esame si è avuta occasione di dire. L’esito negativo delle perquisizioni, disposte dal p.m. di Napoli, è un’altra circostanza di carattere neutro, data la difficoltà di reperire elementi di prova relativi alle incolpazioni che ci occupano. La difesa non sembra cogliere, poi, l’oggetto delle predette incolpazioni, quando fa riferimento alla “insussistenza dell’accordo illecito” assolutamente non necessario ai fini della loro consumazione, in quanto i beni protetti dalle stesse sono quelli dei quali si è detto in precedenza, parlando della posizione di altri tesserati. I “brogliacci” delle intercettazioni telefoniche, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, sono elementi di prova utilizzabili ai fini della presente decisione (come, del resto, nel caso del giudizio abbreviato ordinario). Per completezza espositiva, va aggiunto che, anche in questo caso, diversamente da quello che sostiene la difesa, è possibile e frequente scommettere su due risultati di una stessa partita. Per quanto concerne, infine, l’entità della sanzione, la difesa si limita ad osservare che la stessa “pare eccessiva, tenuto conto della condotta assolutamente marginale posta in essere dallo scrivente”. In realtà,invece, la quantificazione della sanzione operata dalla Commissione disciplinare è condivisibile in quanto adeguata all’effettiva entità della lesione del bene protetto dalle norme. Della possibilità del concorso delle due norme contestate al Femiano si è detto in precedenza. Dalla responsabilità dei quattro predetti tesserati discende anche la responsabilità oggettiva delle tre società di appartenenza (Siena, Como e Pescara). Il Siena e il Como confutano anche la quantificazione della pena operata dalla Commissione disciplinare. Anche questa doglianza non può essere condivisa. La Commissione disciplinare ha, infatti, quantificato, correttamente le sanzioni inflitte alle due società, adeguandole all’effettiva entità delle lesioni degli interessi protetti dalle norme operate dai loro tesserati. Le richieste di riduzione, del resto, sono, sostanzialmente, immotivate (il Como fa riferimento solo “all’insignificante traffico di telefonate” e il Siena “alla sproporzione della sanzione rispetto ai fatti in contestazione”). Appelli Papadopulo - Osti - Ricci - Siena (gara Lecce - Siena del 7.3.04) Per la gara in epigrafe sono stati deferiti Papadopulo, Ricci, Osti e Scapigliati, rispettivamente allenatore, direttore sportivo, segretario e direttore generale della società Siena, per omessa denuncia di illecito sportivo, nonché la società stessa per responsabilità oggettiva (nei confronti di Enrico Zanchi la Commissione ha invece dichiarato il proprio difetto di giurisdizione trattandosi di soggetto non tesserato: v. ordinanza n.1 del 18.8.2004). L’accusa di omessa denuncia si fonda essenzialmente sul contenuto della telefonata intercorsa in data 6.4.2004 alle ore 18.16 tra Ricci e Osti (intercettazione sull’utenza cellulare del primo, finale 447) nella parte concernente i sospetti palesati dall’allenatore del Siena Papadopulo in ordine alla lealtà sportiva dei calciatori Rossi e Cirillo, in generale e con specifico riguardo alla partita con il Lecce del 7/3/2004 allorchè l’allenatore decise di schierare come portiere Fortin in sostituzione di Rossi. La Commissione disciplinare pur sottolineando che presupposto per l’operatività dell’obbligo di denuncia ex art.6, c.7 C.G.S. non è la semplice percezione di un sospetto vago ed indeterminato sulla lealtà sportiva di un tesserato, occorrendo quanto meno il fumus di un comportamento (“atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”) riconducibile alla fattispecie di illecito sportivo (già consumato od ancora in itinere: “siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti”), evidenziava come fosse e anche incontestabile che la ratio e la lettera della norma sono chiare nell’escludere che colui che sia venuto a conoscenza di un sospetto concreto e determinato possa delibarne preventivamente la verosimiglianza ed apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali. Nel caso di specie, pur ammettendo che il sospetto di illecito palesato ai dirigenti del Siena da Papadopulo - febbraio/marzo 2004 - difettasse di requisiti minimi di concretezza e determinatezza con riguardo alla paventata irregolarità del comportamento di Rossi e Cirillo nella gara Lecce-Siena (all’epoca ancora da disputare), altrettanto non poteva dirsi con riferimento a quanto dichiarato (secondo le risultanze della citata intercettazione) dall’allenatore medesimo circa il sospetto che Rossi avesse potuto “vendersi le partite” già all’epoca in cui militava nel Lecce. Non trattandosi quindi di presentimento, timore, o vaghi rumori ma di un comportamento specifico e determinato tenuto dal calciatore Rossi in epoca precedente alla sua cessione al Siena, escludeva qualsiasi margine di apprezzamento discrezionale sia per Papadopulo sia per i dirigenti del Siena, ai fini della necessità di segnalazioni alla L.N.P. o all’Ufficio Indagini. Conseguentemente aveva dichiarato la responsabilità del Papadopulo, dell’Osti, del Ricci, e quindi del Siena, quale responsabile oggettivo. Si appellavano i tesserati e la società Siena sostenendo tutti, pur con varie motivazioni ed articolazioni, che quelli esternati da Papadopulo (descritto come tecnico estremamente rigoroso ed esigente, ma anche ossessionato da sospetti di trame o scorrettezze ai suoi danni) altro non fossero che vaghi ed indeterminati “timori e presentimenti”, non ancorati ad alcun dato reale e concreto (se non quello, di opinabile rilevanza, ricollegabile alla pregressa militanza di Rossi e Cirillo nel Lecce), e come tali da loro ritenuti non meritevoli di essere presi in seria considerazione, né idonei (quindi) a giustificare una denuncia di sospetto illecito sportivo a norma dell’art.6 c.7 C.G.S.. A sua volta Papadopulo sostiene di non aver mai intrattenuto con Ricci e Osti colloqui con gli specifici contenuti che sembrerebbero emergere dall’intercettazione sopra riportata, ammettendo soltanto di aver potuto esternare al primo una sua preoccupazione di carattere generale circa la delicatezza di certe partite in cui il Siena si sarebbe trovato ad affrontare squadre sue dirette concorrenti nella lotta per la salvezza, in cui militavano calciatori poi ceduti alla società toscana; esclude di aver mai affermato che Rossi e Cirillo fossero soliti vendersi le partite allorquando giocavano nel Lecce; affermava di aver sempre nutrito scarsa stima professionale per Rossi (siccome insofferente alla disciplina di squadra e causa di turbative all’interno del gruppo), di averlo per tali ragioni escluso dalla rosa della squadra fin dalla gara disputata dal Siena a Roma in data 22/2/2004 aggiungendo che se avesse avuto dubbi sulla lealtà sportiva dei propri calciatori, ed in particolare di Rossi, non avrebbe avuto alcuna remora a comunicarli al proprio presidente ed all’Ufficio Indagini. Gli appelli sono fondati e vanno accolti, non sussistendo le violazioni contestate. Le esternazioni del Sig. Papadopulo altro non erano che vaghi ed indeterminati timori e presentimenti da non essere ritenuti meritevoli di essere presi in seria considerazione. D’altronde che le esternazioni del Sig. Papadopulo fossero inidonee a giustificare una sua denuncia agli Organi competenti lo si ricava in maniera evidente dalla stessa decisione impugnata, che ha escluso di assegnare rilevanza alle esternazioni che eventualmente avrebbe fatto il Sig. Papadopulo in merito alla partita Lecce - Siena del 7 Marzo 2004. Infatti, come si legge nella decisione impugnata (30/106), per la vicenda Lecce - Siena, gli stessi Giudici riconoscono che i sospetti che avrebbe evidenziato il Sig. Papadopulo “difettano dei requisiti minimi di concretezza e determinatezza con riguardo alla paventata irregolarità del comportamento di Rossi e Cirillo nella gara Lecce - Siena”. A maggior ragione le stesse considerazioni si sarebbero dovute sviluppare per il sospetto che Rossi avesse potuto vendersi le partite in epoca in cui militava nel Lecce. La Commissione disciplinare ritiene che in relazione a questa affermazione non si possa parlare di presentimento o di timore, né di vaghi rumori, bensì di un comportamento specifico e determinato tenuto dal calciatore Rossi in epoca precedente alla sua cessione al Siena. È qui evidente l’errore di valutazione in cui è incorsa la Commissione disciplinare secondo la quale il riferimento fatto dal Sig. Papadopulo sul sospetto che Rossi avesse potuto vendersi le partite all’epoca in cui militava nel Lecce comporterebbe un comportamento specifico che obbligava i tesserati a presentare denuncia. In realtà, a ben vedere, questo episodio, che secondo la Commissione ha giustificato la condanna, risulta molto più sfumato del primo relativo alla paventata irregolarità del comportamento di Rossi e Cirillo per la gara Lecce - Siena, ove si tenga presente che l’episodio risaliva ad anni prima e che nessuna verifica o alcun riscontro poteva essere effettuato dai tesserati, in quanto il fatto contestato si riferiva poi ad episodi estranei all’A.C. Siena che, secondo il Papadopulo, si sarebbero verificati a Lecce. Non si vede quindi come si sarebbe potuto attribuire serietà all’affermazione sul fatto che Rossi avesse potuto vendere le partite all’epoca in cui militava nel Lecce, quando la stessa Commissione sostiene essere, a proposito delle esternazioni fatte da Papadopulo su Lecce - Siena di semplici sospetti. Sia per le affermazioni relative alla gara Lecce - Siena, che per le affermazioni relative ai comportamenti tenuti da Rossi all’epoca in cui militava nel Lecce, pertanto, le dichiarazioni del Sig. Papadopulo andavano interpretate come timori e presentimenti estremamente vaghi ed indeterminati e tali da non giustificare la presentazione di una denuncia. D’altronde, anche sotto il profilo giuridico non è configurabile la violazione di cui all’art. 6 comma 7 perché l’omessa denuncia presuppone che un illecito sia stato consumato o sia in corso: cioè un illecito determinato o determinabile. Nella specie non può parlarsi di illecito determinato o determinabile in relazione all’affermazione che il Rossi avesse potuto vendersi le partite quando giocava nel Lecce. Se l’affermazione c’è stata essa, è evidentemente il frutto della conflittualità del rapporto Papadopulo e Rossi, che portava il primo ad ingigantire le responsabilità del secondo ed a vedere fantasmi laddove non c’erano. Pertanto nessun addebito può essere mosso ai tesserati e gli stessi vanno prosciolti dalla accusa loro rivolta. Conseguentemente nessuna responsabilità, ex art. 2 comma 3 e 4, si rinviene a carico della società A.C. Siena spa. GARA CHIEVO VERONA - SIENA del 21/3/2004 (1-1) Nelso Ricci - A. C. Siena S.p.A. - Giovanni Sartori - A. C. Chievo Verona S.r.l. - Luigi Del Neri Ricorsi del Procuratore Federale, dell’A. C. Perugia e dell’F. C. Empoli. Deferimento e procedimento di primo grado. Con riferimento alla gara Chievo - Siena del 21/3/2004, terminata con il risultato di 1-1, il Procuratore Federale ha deferito il signor Nelso Ricci, all’epoca dei fatti direttore sportivo della società A. C. Siena SpA ed il sig. Giovanni Sartori, dirigente della società Chievo Verona, per illecito sportivo (art. 6, commi 1 e 2 del C.G.S.); le società A.C. Siena SpA e A.C. Chievo Verona Srl per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 4, in ordine all’addebito contestato ai rispettivi tesserati; il sig. Luigi Del Neri, allenatore tesserato all’epoca dei fatti per la società Chievo Verona per omessa denuncia e la società di appartenenza per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del C.G.S., per l’addebito contestato al proprio tesserato. Il deferimento trovava giustificazione principalmente nel contenuto delle intercettazioni di due telefonate, tra Generoso Rossi e Salvatore Ambrosino, intercorse il 21/3/2004, giorno della gara, rispettivamente alle 9,49 ed alle 12,25; nell’incontro, avvenuto nei pressi del casello autostradale di Modena il 17/3/2004, tra i direttori sportivi delle due società Ricci e Sartori; nell’interesse, comune alle due società, al conseguimento di un risultato di parità, attesa la loro posizione in classifica al momento della disputa della gara. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’incontro effettivamente avvenuto tra i direttori sportivi delle due società, ammesso dagli interessati in sede di audizione presso l’Ufficio Indagini, costituiva puntuale riscontrodelle notizie riferite da Rossi ad Ambrosino. Nella prima conversazione telefonica Rossi alludeva a contatti intervenuti tra le due società al fine di concordare il risultato della gara sul pareggio (“che... addirittura le società sono andate sono andate a parlare”), alla opposizione dell’allenatore del Chievo (“...ma ha detto Del Neri che vuole giocare”) ed alla possibilità che l’accordo potesse comunque nascere “in mezzo al campo”, mentre nella seconda faceva di nuovo riferimento al “direttore” (“il direttore ha parlato con coso... con Pastorelli...tutti d’accordo, tranne l’allenatore è d’accordo”). Ad avviso del Procuratore Federale, non potendosi dare credito alla versione degli incolpati, che giustificavano l’incontro avvenuto il mercoledì precedente la gara con la necessità di provvedere alla consegna di alcuni biglietti omaggio, si doveva concludere che l’incontro in questione era effettivamente finalizzato alla conclusione di accordi illeciti per “accomodare “ il risultato della gara di imminente disputa tra le due squadre. Nei termini assegnati alle parti nell’atto di contestazione degli addebiti, la soc. Chiedo ed il Ricci depositavano richiesta di ammissione di testi a discarico. Le società Empoli e Perugia, quali terzi portatori di interessi indiretti, depositavano istanze di partecipazione al dibattimento ex artt. 37 c. 7 e 29 c. 3 C.G.S., che la Commissione disciplinare, con apposita ordinanza, riteneva ammissibili. Nel corso del dibattimento venivano sentiti alcuni testimoni ed in particolare la signora Marchi, la quale confermava di essere stata presente all’incontro avvenuto tra Ricci e Sartori presso il casello autostradale di Modena, concordato la sera prima al solo fine di consentire la consegna di alcuni biglietti omaggio da parte del Sartori al Ricci, e di aver interamente seguito la conversazione intervenuta tra i due direttori sportivi, che aveva riguardato unicamente un torneo giovanile. La decisione impugnata. La Commissione disciplinare, nel valutare il contenuto dei colloqui telefonici tra Rossi e Ambrosino ai fini del raggiungimento della prova dell’illecito, ha espressamente inteso applicare i criteri generali enunciati, nelle premesse della stessa decisione impugnata, in tema di valenza probatoria delle intercettazioni telefoniche. Tali criteri prevedono: la necessità di distinguere tra circostanze riferite per cognizione diretta e circostanze riferite de relato; la rilevanzadella collocazione dell’interlocutore telefonico nella catena conoscitiva organizzata per l’acquisizione e l’utilizzo di notizie per scopi illeciti, dovendosi attribuire diversa valenza probatoria a quanto proviene da soggetti estranei al mondo del calcio e tesserati, dirigenti ovvero calciatori, direttamente partecipi all’evento agonistico; infine la necessità di una lettura delle conversazioni telefoniche intercettate non avulsa dal contesto logico e temporale di riferimento. Alla luce di tali criteri, la Commissione disciplinare ha posto in rilievo che, dal tenore del colloquio tra Rossi e Ambrosino, si ricava la sensazione che l’aspirazione dei due fosse quella di effettuare scommesse “sicure” sul risultato della gara, ma che al riguardo non vi fossero certezze acquisite. Significativo in proposito è lo scambio di battute tra Ambrosino che vuole scommettere “qualche cosarella” e Rossi che lo asseconda cautamente (“ci può stare qualche cosa secondo me”) non nascondendo tuttavia la perdurante incertezza circa la realizzazione del progetto, restando aperta esclusivamente la possibilità di un accordosul campo. Ha soggiunto la Commissione disciplinare che i riferimenti di Rossi a presunti contatti tra dirigenti delle due società (“società e società sono andate a parlare”; “il direttore ha parlato con... Pastorelli”) sono rimasti indeterminati e privi di riferimenti concreti, non essendo stati identificati né il Pastorelli né i dirigenti delle due società che si sarebbero incontrati per combinare il risultato delle gare. Quanto all’incontro tra Ricci e Sartori del 17/3/2004, la Commissione disciplinare ha disatteso l’ipotesi accusatoria, rilevando che la versione fornita dagli incolpati sui motivi dell’incontro non solo appariva plausibile, ma era stata pienamente confermata dalle deposizioni assunte in sede dibattimentale. D’altra parte, secondo la Commissione disciplinare, nessun altro elemento di prova sarebbe desumibile dagli atti in ordine all’ipotesi accusatoria che l’incontro del 17/3/2004 ed i contatti telefonici del 19/3/2004 tra Ricci e Sartori fossero finalizzati al perfezionamento di accordi illeciti riguardanti la gara Chievo - Siena del 21/3/2004, essendo rimasti a livello meramente ipotetico gli argomenti suggestivamente avanzati dal Procuratore Federale e dalla difesa del terzo interessato Empoli al fine di attribuire contenuto illecito ai contatti, diretti e telefonici, intercorsi tra i due incolpati nei giorni precedenti la gara. In ordine alla convergenza di interessi tra le due società per il conseguimento di un pareggio, la Commissione disciplinare ha ritenuto l’argomento del tutto opinabile, non essendovi alcuna certezza che tale risultato potesse essere utile ad entrambe le squadre, poiché, al momento della disputa della gara, mancavano ancora 9 giornate al termine del campionato e neppure il Chievo godeva di una posizione di tranquillità in classifica, tale da far ritenere consigliabile l’accordo per un pareggio contro una squadra diretta antagonista nella lotta per non retrocedere. In conclusione, i primi giudici hanno affermato che le intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra Rossi e Ambrosino non fornivano elementi sufficienti a ritenere raggiunta la prova dell’illecito sportivo contestato con riferimento alla gara Chievo - Siena ed hanno prosciolto dagli addebiti Nelso Ricci, la Soc. A.C. Siena SpA, Giovanni Sartori, Luigi Del Neri e la Soc. Chievo Verona Srl, affermando invece la responsabilità di Generoso Rossi per la violazione dell’art. 1 comma 1 in relazione all’art. 5 del C.G.S.. Contro la decisione della Commissione disciplinare hanno proposto ricorso il Procuratore Federale e le società Perugia ed Empoli, in qualità di terzi portatori di interessi indiretti, ammessi al dibattimento di primo grado. Il Procuratore Federale censura la delibera impugnata sostenendo che il Giudicante, non attribuendo alle conversazioni telefoniche intercettate valore di piena prova in ordine all’illecito sportivo contestato, ha fatto un’applicazione non corretta dei criteri ermeneutica enunciati nelle premesse della propria decisione. Rileva l’appellante che le conversazioni telefoniche intercettate, lungi dall’essere connotate da genericità ed ambiguità, presentano i caratteri di gravità, precisione e concordanza necessari e sufficienti per assurgere al rango di prova piena in ordine ai fatti riferiti da Rossi ed Ambrosino e quindi del tentativo di illecito. La Commissione disciplinare avrebbe, in particolare, omesso di attribuire la dovuta valenza probatoria alle seguenti circostanze: a) le dichiarazioni desumibili dalle intercettazioni telefoniche provengono da un calciatore tesserato per una delle due squadre che si sarebbero incontrate di lì a pochissimo tempo e rappresentano quindi una fonte di informazione privilegiata ed assolutamente attendibile, una volta escluso l’intento di scherzo e di millanteria da parte del Rossi, come espressamente precisato dall’Ambrosino in sede di audizione innanzi all’Ufficio Indagini; b) la puntuale descrizione effettuata dal Rossi di un accordo sostanzialmente concluso con l’intervento delle due società, non perfezionatosi solo a causa dell’opposizione dell’allenatore del Chievo Del Neri; c) la speranza, manifestata dal Rossi poco prima dell’inizio della gara, che l’intoppo costituito dall’opposizione di Del Neri potesse essere superato attraverso un accordo da concludere “sul campo”; d) l’affidamento suscitato nell’Ambrosino dalle informazioni fornite dal Rossi, comprovato dalla sua spasmodica attesa fino ad un’ora prima dell’inizio della gara, negli spogliatoi della propria squadra. Ulteriori elementi a conferma della veridicità ed attendibilità delle conversazioni telefoniche si sarebbero dovuti rinvenire, secondo il ricorrente, nelle dichiarazioni rilasciate dal segretario del Siena Stefano Osti in sede di sommarie informazioni, relative ai dubbi dallo stesso nutriti sulla condotta dei calciatori del Siena e di altre squadre, circa la possibilità che questi concordassero i risultati di gare, e soprattutto nell’incontro avvenuto tra il Ricci e il Sartori il 17/3/2004. Tale incontro costituirebbe da un lato il riscontro decisivo delle parole di Generoso Rossi (società e società sono andate a parlare) e, dall’altro, la prova delle trattative illecite intercorse tra le due società in prossimità della gara in esame. Con riferimento a tale incontro, l’appellante censura la decisione impugnata per aver considerato verosimile e veritiera la giustificazione addotta dagli incolpati, mettendo in rilievo una serie di argomentazioni che porterebbero ad escludere la veridicità delle circostanze addotte dai due deferiti e l’attendibilità del teste esaminato sul punto in primo grado. Innanzitutto osserva l’appellante che sia il Ricci che il Sartori hanno riferito il loro incontro, specificando che lo stesso era finalizzato allo scambio di biglietti omaggio, soltanto l’1/6/04, in sede di audizione innanzi all’Ufficio Indagini, mentre in precedenza il Sartori, sentito innanzi alla P.G. delegata il 13/5/04, aveva riferito “con assoluta certezza” di non aver assistito all’incontro Chievo - Siena del 21/3/2004 “e di non aver avuto alcun contatto con dirigenti o giocatori del Siena”. Quanto alla giustificazione addotta, osserva che, relativamente alla gara Chievo - Siena, la società ospitante aveva evaso la richiesta di biglietti omaggio del Siena, inviando a quest’ultima 100 tagliandi omaggio, recapitati presso la sede del Siena a mezzo corriere in data 12/3/2004, il che rende inverosimile e inattendibile quando addotto dai deferiti. Si sofferma poi a considerare l’attendibilità della testimone, osservando che la mancata originaria indicazione della stessa quale persona presente all’incontro ed il legame personale della stessa con il Ricci avrebbero dovuto indurre l’Organo giudicante ad una più rigorosa ed attenta valutazione delle dichiarazioni rese dalla sig.ra Monti in dibattimento. Infine, lamenta che non sia stato attribuito adeguato rilievo alle telefonate intercorse tra il Ricci ed il Sartori il 19/3/2004, per un totale di circa 14 minuti, risultanti dai grafici trasmessi dalla Procura della Repubblica di Napoli. In conclusione, il Procuratore Federale chiede che venga affermata la responsabilità dei tesserati in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento, con conseguente irrogazione a Ricci e Sartori della sanzione di tre anni di inibizione ed alle società Chievo Verona e Siena della sanzione della penalizzazione di punti 6. Con memoria aggiuntiva, il Procuratore Federale ha prodotto la trascrizione di intercettazioni telefoniche provenienti dalla Procura della Repubblica di Napoli, mai acquisite agli atti in precedenza, concernenti conversazioni avvenute tra Ricci e Sartori. I difensori degli incolpati si sono opposti all’acquisizione di tali nuove produzioni, eccependone l’irricevibilità. La C.A.F. si è riservata di pronunciarsi sull’ammissibilità delle nuove produzioni con la decisione sul merito. Il ricorso dell’Empoli svolge considerazioni analoghe, dolendosi che la Commissione disciplinare non si sia soffermata a sufficienza sul contenuto delle affermazioni del Rossi, dalle quali si sarebbe dovuto ricavare che, essendo stato raggiunto un accordo sul risultato di parità al quale tutti aderivano ad eccezione dell’allenatore del Chievo Del Neri, l’illecito sportivo era già stato realizzato. Dalle telefonate tra Rossi e Ambrosino emergeva in ogni caso il serio tentativo del primo di commettere qualcosa di illecito, ben potendosi nutrire la speranza (sempre secondo le parole del Rossi) che un accordo si potesse concludere sul campo, aggirando l’ostacolo costituito dall’opposizione di Del Neri. Ulteriore riscontro dell’attendibilità delle notizie fornite dal Rossi all’Ambrosino si sarebbe dovuto desumere dal fatto che contatti qualificati tra le due Società si erano verificati in un momento sospetto (incontro tra Ricci e Sartori il 17/3/2004 a Modena). In ordine alle giustificazioni addotte dai due incolpati circa alla motivazione del loro incontro, l’appellante rileva come le prove a difesa sulla circostanza della consegna di biglietti omaggio siano state avanzate solo al dibattimento e siano comunque affette da contraddizioni. In particolare il Sartori riferisce di essersi recato a San Marino per assistere ad un quadrangolare, mentre il giorno 17/3/2004 a San Marino non si disputava un quadrangolare ma una singola gara, essendo il quadrangolare iniziato a Rimini (e non a San Marino) il giorno antecedente 16/3, per concludersi il giorno successivo 18/3. Secondo l’appellante, al Ricci ed al Sartori sarebbe stato fatto credito di una spontaneità nel riferire l’incontro tra gli stessi avvenuto a Modena che non trova riscontro negli atti del procedimento. Avanti al P.M. di Napoli, si rileva, il Sartori aveva negato qualsiasi contatto con dirigenti e calciatori della squadra avversaria. Nessuna spiegazione, per contro, è mai stata fornita dagli incolpati sul contenuto di una conversazione telefonica durata ben 14 minuti, tra loro intercorsa il giorno 19/3/2004, risultante dai tabulati forniti dalla Procura della Repubblica di Napoli. In conclusione, l’appellante chiede che venga adottata per entrambe le Società una sanzione sufficientemente affittiva, individuata nella retrocessione all’ultimo posto in classifica, come previsto dall’art. 13 comma I lettera g) del C.G.S.. L’appello del Perugia muove dalla constatazione che la Commissione disciplinare ha optato per la soluzione assolutoria nei confronti della società Siena essenzialmente sulla base di due elementi: - la credibilità delle giustificazione addotte dai direttori Ricci e Sartori per il loro incontro del 17 marzo 2004 e per i loro contatti telefonici, intercorsi prima e dopo l’incontro medesimo; della dimensione di indeterminatezza ed ambiguità in cui sarebbe costretta la notizia riferita dal Rossi all’Ambrosino di essere a conoscenza del fatto che le due società si erano parlate prima della gara al fine di attuare un illecito. La Commissione disciplinare avrebbe però applicato erroneamente i ben noti criteri relativi alla valenza probatoria delle intercettazioni telefoniche in relazione alle seguenti circostanze: - Rossi è attendibile in quanto appartiene alla categoria dei tesserati direttamente partecipi all’evento agonistico; - il colloquio telefonico tra Rossi e Ambrosino del 21 marzo 2004 costituisce fonte di prova diretta e la dichiarazione del Rossi di essere a conoscenza dell’avvenuto incontro tra le società è qualificabile come circostanza a conoscenza diretta e non de relato; - poiché dell’incontro Ricci/Sartori del 17 marzo 2004 erano a conoscenza soltanto gli interessati ed i loro rispettivi segretari, il Rossi può aver avuto conoscenza della circostanza solo ed esclusivamente da una di queste persone, ognuna delle quali è riconducibile alle società; - la dichiarazione intercettata del Rossi ha i caratteri della gravità, della precisione e della concordanza. Poiché tali circostanze integrano la prova dell’illecito sportivo, l’unico dubbio potrebbe riferirsi, secondo l’appellante, alla legittimità dell’incontro Ricci/Sartori ed alla non riconducibilità del medesimo alla commissione dell’illecito. L’appellante osserva poi come sia incredibile e banale la giustificazione dell’incontro del 17/3/2004 addotta dagli incolpati, sottolineando l’assurdità e l’antieconomicità di un lungo viaggio di due direttori sportivi, finalizzato esclusivamente al ritiro di alcuni biglietti omaggio. Rileva ancora che la giustificazione dell’incontro in relazione ai biglietti sarebbe emersa soltanto al dibattimento e che, in ogni caso, il Ricci e il Sartori non hanno parlato spontaneamente del loro incontro all’Ufficio Indagini ed alla P.G., ma lo hanno fatto soltanto a seguito di una specifica domanda in merito. In conclusione, l’A.C. Perugia chiede che venga affermata la responsabilità ascritta alla società Siena per i fatti realizzati dai propri tesserati e che venga applicata alla predetta società la sanzione di cui all’art. 13 lettera f del CGS ovvero la penalizzazione di 6 punti prevista dall’art. 13 lettera f, da scontarsi nel campionato di competenza 2003/2004. La C.A.F., esaminando preliminarmente la questione di ammissibilità della produzione di documenti effettuate dal Procuratore Federale in grado di appello, osserva che i nuovi documenti sono stati comunicati dal Procuratore Federale alle controparti con memoria aggiuntiva e non unitamente ai motivi di reclamo, come previsto per i procedimenti innanzi alla C.A.F. dall’art. 33 n. 4 del C.G.S. La produzione, pertanto, è tardiva e deve essere dichiarata inammissibile. Passando all’esame dei motivi di impugnazione, deve essere innanzi tutto risolta la questione della rilevanza probatoria delle conversazioni telefoniche intercettate tra Rossi e Ambrosino. Tutti i ricorrenti sostengono, con argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili, che l’affermazione riferita da Rossi ad Ambrosino, di essere a conoscenza dell’accordo intervenuto tra tutti gli interessati (salvo Del Neri) per l’accomodamento del risultato e del fatto che le società erano “andate a parlare”, non soltanto è attendibile perché proveniente da un tesserato partecipante all’evento agonistico, ma ha anche i caratteri di gravità, precisione e concordanza necessari per assurgere al rango di prova piena dei fatti riferiti, ovvero della consumazione dell’illecito, realizzatasi con il compimento di atti comunque diretti a favorire l’alterazione del risultato della gara, a nulla rilevando la mancata realizzazione dell’evento causata, sempre stando alle notizie fornite da Rossi ad Ambrosino, dall’opposizione dell’allenatore Del Neri. Anche le successive affermazioni del Rossi in ordine alla possibilità che l’accordo per un risultato di parità potesse essere conseguito anche sul campo proverebbero, secondo quanto dedotto in particolare dalla difesa dell’Empoli, la serietà del tentativo del Rossi di commettere un illecito. Il tenore delle conversazioni intercettate rivela tuttavia, come puntualmente osservato dalla Commissione disciplinare, che il Rossi è interessato esclusivamente a raccogliere notizie su eventuali accordi per poterle riferire ad Ambrosino, assecondandone l’aspirazione all’effettuazione di scommesse “sicure” sul risultato della gara Chievo - Siena. Coerentemente con la suddetta intenzione il Rossi, dopo aver informato Ambrosino della mancata realizzazione dell’accordo raggiunto tra società e società per l’opposizione di Del Neri, lo invita a tenere il cellulare acceso fino all’ultimo momento (anche negli spogliatoi della sua squadra, con la quale si apprestava a scendere in campo di lì a poco) nella speranza di potergli ancora riferire in merito ad un accordo da conseguire “in mezzo al campo” (speranza poi risultata vana, poiché la partita venne “giocata fino in fondo”, come riferito da Rossi ad Ambrosino nella telefonata intercettata del 23 marzo) consentendogli in tal modo di scommettere almeno “quale coserella”. Esclusa quindi qualsiasi partecipazione diretta del Rossi al tentativo di illecito (è il caso di sottolineare che proprio in tal senso è stato impostato l’atto di deferimento, che ha addebitato al Rossi non l’illecito sportivo ma la violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. finalizzata alla realizzazione di scommesse), non si può non concordare con i primi giudici nel definire indeterminati ed ambigui i riferimenti fatti da Rossi a contatti, finalizzati alla conclusione dell’accordo, intervenuti tra le due società interessate. Le espressioni usate dal Rossi (“società e società sono andate a parlare”; “il direttore ha parlato con coso … con Pastorelli”) non contengono alcun riferimento utile ad identificare le persone che avrebbero commesso l’illecito; anzi, l’unico nominativo indicato, quello del Pastorelli, non corrisponde (per quanto risulta dagli accertamenti esperiti in proposito dall’Ufficio Indagini), ad alcun dirigente o tesserato delle Società Chievo e Siena. Se ne deve concludere che le affermazioni del Rossi, desumibili dalla conversazioni telefoniche intercettate, sono di per sé inidonee ad integrare la prova diretta dell’illecito ed a costituire il fondamento dell’accertamento di responsabilità al riguardo. In base a tali elementi, infatti, l’ipotesi di illecito sportivo rimarrebbe acefala, non essendo possibile identificarne gli autori attraverso le parole del Rossi. Secondo gli appellanti, tuttavia, rimarrebbe la possibilità di individuare nell’incontro del 17/3/04 tra Ricci e Sartori il contatto tra società e società, finalizzato alla conclusione dell’accordo illecito, cui fa riferimento Generoso Rossi. Tale incontro costituirebbe, da un lato, conferma e riscontro dell’attendibilità delle dichiarazioni del Rossi e, dall’altro lato, integrerebbe il materiale probatorio, altrimenti carente, consentendo l’identificazione dei responsabili dell’illecito nella persona dei deferiti Ricci e Sartori.Al riguardo, questa Commissione ritiene di dover condividere le conclusioni alle quali sono pervenuti i primi giudici, sulla base degli elementi probatori acquisiti nella fase degli accertamenti compiuti dall’Ufficio Indagini e nella fase dibattimentale. Le motivazioni fornite dagli incolpati sull’incontro avvenuto tra loro il 17/3/2004 è stato sottoposto ad un vaglio accurato ed attento. A ben vedere, infatti, la testimonianza della sig.ra Monti (che, provenendo da persona non tesserata e legata da vincoli personali con uno degli incolpati, avrebbe potuto lasciare dubbi di attendibilità, ove non suffragata da altri riscontri probatori) non è l’unico elemento preso in considerazione dai primi giudici. Sono state infatti valutate, a riprova della finalità dell’incontro, le deposizioni di tesserati (Osti del Siena e Di Taranto del Chievo Verona) che hanno confermato, da un lato, come il Ricci si fosse recato a Modena, nella circostanza, per verificare preventivamente l’idoneità dell’albergo scelto per la futura trasferta contro la squadra del Modena e per controllare il campo di allenamento e, dall’altro, come il Sartori si fosse fatto consegnare, in coincidenza di uno spostamento a San Marino, dieci biglietti omaggio per la gara Chievo - Siena del 19 marzo 2004. Si deve quindi convenire che le deposizioni testimoniali hanno confermato pienamente la versione fornita dagli incolpati, mentre le pretese incongruenze e contraddizioni, vertendo su circostanze marginali e comunque non determinanti, non valgono ad inficiarne l’attendibilità. Ad esempio, l’imprecisione in cui sarebbe incorso il Sartori riferendosi ad un quadrangolare disputato a San Marino anziché a Rimini non pare significativa, dal momento che il giorno 17/3/2004 a San Marino si disputava in ogni caso una singola gara, il che rende plausibile l’incongruenza, fermo restando che il viaggio del Sartori a San Marino era giustificato dall’intenzione di assistere ad una gara del settore giovanile. Non si rinvengono agli atti, pertanto, circostanze che possano insinuare il dubbio di inattendibilità delle dichiarazioni rese dagli incolpati e dai testimoni. All’accertamento della veridicità della versione fornita dagli incolpati non si contrappone, infatti, alcuna prova concreta che l’incontro in questione avesse una diversa ed illecita finalità. Appare quindi inconferente e superflua ogni considerazione circa la verosimiglianza dei fatti così come riferiti da Ricci e Sartori. In ogni caso, il fatto che i due incolpati siano legati da uno stretto rapporto di conoscenza professionale rende del tutto plausibile l’incontro del 17 marzo ed i ripetuti contatti telefonici tra i due, compreso quello avvenuto il 19/3/2004, sul cui contenuto illecito non è stata fornita alcuna prova (a parte la durata, che di per sé non è certo indice di illiceità). Non è pertanto indicativa e non porta argomenti decisivi a favore dell’accusa la constatazione che tra Ricci e Sartori vi siano stati i cennati contatti telefonici. In proposito vanno condivise le argomentazioni addotte dalla Commissione disciplinare, con riferimento alla documentata esistenza di ripetuti contatti telefonici tra gli incolpati anche in mesi precedenti ai fatti ed alla possibilità che gli stessi avessero occasione di contatti, sia professionali sia personali, in relazione ai ruoli ricoperti nelle rispettive Società. La motivazione della decisione impugnata ha tratto altresì argomento a favore della veridicità della versione fornita dagli incolpati dal fatto che gli stessi abbiano riferito spontaneamente all’Ufficio Indagini del loro incontro a Modena del giorno 17/3/2004. Tale affermazione viene vibratamente contestata dagli appellanti, i quali negano la spontaneità di cui sono stati accreditati Ricci e Sartori; la difesa dell’Empoli, in particolare, rileva che il Sartori, lungi dal riferire spontaneamente le circostanze dell’incontro, avanti al P.M. di Napoli aveva negato qualsivoglia contatto con dirigenti o giocatori del Siena. A tale riguardo, va osservato che le circostanze dell’incontro di Modena sono state riferite da Ricci e Sartori all’Ufficio Indagini non in seguito a specifica contestazione, bensì rispondendo ad una semplice domanda. Le loro dichiarazioni, pertanto, possono essere definite spontanee in quanto non forzate. Infatti, in mancanza di contestazione circostanziata, i due incolpati, se avessero voluto tenere nascosto il loro incontro, avrebbero potuto farlo senza timore di conseguenze. Non pare sussistere contraddizione tra le dichiarazioni rese dal Sartori in sede di assunzione di informazioni e davanti all’Ufficio Indagini. Risulta infatti che nel primo caso (vedi verbale del 13 maggio 2004) il Sartori, asserendo di non aver avuto “alcun tipo di contatto con dirigenti o giocatori del Siena” si riferiva in modo specifico al giorno della gara. L’affermazione, infatti, è preceduta dalla premessa: “posso riferire con assoluta certezza di non essere stato presente allo stadio”. In conclusione, la delibera impugnata è immune da censura e deve essere confermata.
GARA MODENA - SAMPDORIA DEL 25 APRILE 2004 (1-0) - ANTONIO MARASCO, F.C. MODENA S.P.A., STEFANO BETTARINI, U.C. SAMPDORIA S.P.A. Reclami del Procuratore Federale, A. Marasco, Modena, Avellino, S. Bettarini, Sampdoria, Empoli a) il procedimento di primo grado. In relazione alla gara di cui in epigrafe, sono stati deferiti dal Procuratore Federale, per illecito sportivo, i sigg.ri Antonio Marasco e Stefano Bettarini, calciatori tesserati, rispettivamente, per Modena e Sampdoria, nonché le società di appartenenza per responsabilità oggettiva correlata alla violazione ascritta ai rispettivi tesserati. La Commissione disciplinare ha invece stralciato, con ordinanza n. 1 del 18/8/2004, le posizioni dei calciatori Ambrosino e Califano, nonché delle società di appartenenza (Grosseto e Chieti). L’accusa per illecito sportivo si è fondata essenzialmente su due elementi: 1) intercettazioni aventi ad oggetto conversazioni telefoniche intercorse tra Marasco, Ambrosino, Califano e Saracino; 2) contatti sms tra Marasco e Bettarini nei giorni immediatamente precedenti la gara in questione. Ad avviso dell’Organo requirente federale, le risultanze delle intercettazioni (sia antecedenti che successive al 25 aprile 2004) dimostravano il fattivo interessamento del Marasco nei confronti del Bettarini per l’alterazione del risultato della gara in argomento: egli infatti riferiva, con dovizia di particolari, a soggetti estranei alle società Modena e Sampdoria (in particolare l’Ambrosino) ed interessati all’effettuazione di scommesse “sicure” sulla gara, lo sviluppo delle trattative con il suo “avversario” (già compagno di squadra nel Venezia) finalizzate all’accordo illecito. D’altro canto, il coinvolgimento del Bettarini sarebbe dimostrato dal fatto che allorquando i soggetti intercettati facevano riferimento a contatti che Marasco avrebbe dovuto prendere con il calciatore doriano, i contatti medesimi risultavano puntualmente confermati da comunicazioni (perlopiù via sms) intercorse tra i due deferiti nello stesso contesto temporale. Inoltre, altamente sintomatica dell’esistenza di trattative illecite risultava l’anomala intensificazione del traffico sms tra Marasco e Bettarini registrato nell’approssimarsi della gara. La difesa del Bettarini dinanzi all’Organo di prime cure si articolava nei seguenti termini: a) nella quasi totalità dei colloqui intercettati gli scommettitori interessati al risultato della gara Modena - Sampdoria non sembrerebbero affatto in possesso di notizie diverse da quelle che circolano normalmente tra gli appassionati di calcio; b) nella trascrizione della telefonata del 19/4/2004, ore 19.23, tra Marasco e Ambrosino (ritenuta fondamentale dall’accusa) vi sarebbe un errore - aggiunta della congiunzione “che” - tale da alterare in modo rilevante il significato delle parole pronunciate da Marasco: una volta eliminato l’errore risulterebbe smentito l’assunto accusatorio secondo cui l’intercettazione de qua dimostrerebbe il già avvenuto contatto, a quella data, tra Bettarini e Marasco; c) neppure dalla conversazione 23/4/2004, ore 21.26, tra Ambrosino e Saracino sarebbe ricavabile la prova di un approccio di Marasco nei confronti di Bettarini volto a condizionare l’esito della gara: si tratterebbe infatti di un brano ambiguo ed indecifrabile da cui non risulterebbe affatto quale fosse la fonte da cui Saracino avrebbe appreso la notizia della reazione di Bettarini all’approccio di Marasco; d) in tutte le conversazioni intercettate Marasco mostrerebbe di essere perfettamente consapevole dell’inutilità di qualsivoglia tentativo di coinvolgimento di Bettarini nel piano diretto all’illecito condizionamento del risultato della gara. Marasco, anzi, paleserebbe ripetutamente un atteggiamento di “chiusura totale” rispetto all’auspicato accordo illecito, posto che entrambe le società non avrebbero potuto avere interesse che alla vittoria della rispettiva squadra (la Sampdoria perché ancora in corsa per la Coppa Uefa, il Modena perché coinvolto nella lotta per non retrocedere in Serie B); e) Marasco sarebbe comunque una fonte del tutto inattendibile, come dimostrato dalle plurime lamentele degli scommettitori intercettati circa l’inaffidabilità dei pronostici da costui suggeriti; f) la conversazione Ambrosino- Saracino 25/4/2004, ore 19.17 (“il parente ha vinto e noi non abbiamo preso niente”) dimostrerebbe per tabulas come i due interlocutori, sulla base delle informazioni ricevute da Marasco, sapessero perfettamente che la Sampdoria avrebbe giocato regolarmente (e questo perché Marasco non aveva mai nemmeno tentato di proporre un accordo); g) non vi sarebbe nulla di anomalo nell’intensità del traffico sms intercorso da Marasco e Bettarini, tenuto conto del loro rapporto di amicizia e della vera e propria mania di Bettarini per la comunicazione interpersonale tramite sms (v. consulenza tecnica Frallicciardi di analisi del traffico telefonico sull’utenza mobile di Bettarini). La difesa della società Sampdoria assumeva che la squadra blucerchiata non avrebbe avuto alcun interesse a concordare un risultato di pareggio o di sconfitta nella gara con il Modena, trattandosi di incontro decisivo per la qualificazione in Coppa Uefa: la mancata partecipazione a tale competizione avrebbe infatti comportato per la società doriana un danno economico di rilevante entità (v. consulenza tecnica Deloitte 12/8/2004). Le difese di Marasco e del Modena ritenevano che l’accusa di illecito sportivo si basasse su elementi del tutto congetturali ed ipotetici: si tratterebbe infatti di un “teorema inquisitorio” fondato esclusivamente sull’amicizia tra Bettarini e Marasco e sui presunti riferimenti a questi ultimi da parte di soggetti intercettati con espressioni dal significato scarsamente intelligibile e suscettibile di interpretazioni contrastanti. b) la decisione impugnata. La Commissione disciplinare ha ritenuto fondata l’accusa di illecito sportivo, ma limitatamente alla posizione del Marasco e quindi, per responsabilità oggettiva, del Modena. Anzitutto sono state richiamate le considerazioni di ordine generale svolte circa il contesto complessivo in cui si inseriscono le vicende oggetto del presente procedimento, sottolineandosi come le indagini che hanno portato al deferimento abbiano preso le mosse dalla trasmissione (all’Ufficio Indagini F.I.G.C.) degli atti di un procedimento penale pendente dinanzi alla Procura di Napoli (originato dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia coinvolgenti vari soggetti legati alla criminalità organizzata), le cui risultanze investigative hanno, allo stato, evidenziato “la non occasionalità di accordi volti a condizionare incontri di calcio; la diffusione del meccanismo a molteplici compagini societarie; la strumentalità del condizionamento delle partite di calcio rispetto al conseguimento di indebiti arricchimenti; il coinvolgimento accanto a tesserati della F.I.G.C., di persone esterne talvolta collegate ad ambienti camorristici o malavitosi” (v. decreto di perquisizione D.D.A. Procura Napoli 6/5/2004). Nella specie sono risultati coinvolti nella pratica illecita i tesserati Ambrosino (della società Grosseto), per sua stessa ammissione incallito scommettitore, Marasco e Bettarini, questi ultimi legati da amicizia per aver entrambi militato nelle file del Venezia nelle stagioni 2000/2001 e 2001/2002, ed il non tesserato Saracino (“Gigino”), titolare di un’agenzia di scommesse in Torre Annunziata e risultato in stretto contatto con l’Ambrosino. A sua volta quest’ultimo è legato da rapporti di frequentazione e amicizia con il Marasco, risalenti all’epoca della loro comune militanza nella squadra del Savoia. Tutte le conversazioni telefoniche intercettate pertinenti alla gara in esame sono risultate caratterizzate dal ricorso degli interlocutori ad un linguaggio convenzionale intessuto di termini criptici (“centro” per pareggio, “periferia” per vittoria esterna, “primo” per vittoria della squadra di casa, “purgarsi” per vendersi la partita), di espressioni gergali (“movimento” per tentativo di combine), di denominazioni di “copertura” per indicare persone (“il bello”, “il parente”, “l’uomo nero”) o località (“Romeo” per Verona): dato questo che è apparso sintomatico del contenuto illecito dei colloqui, dei consolidati rapporti esistenti tra gli interlocutori e del loro interesse ad acquisire notizie sul risultato sicuro della gara de qua. È risultato, altresì, elemento significativo che dell’uso di tale linguaggio convenzionale nessuna spiegazione plausibile, alternativa a quella accusatoria, sia stato in grado di fornire il Marasco, e questo nonostante le ripetute contestazioni rivoltegli sul punto dalla Commissione disciplinare nel corso della sua audizione dibattimentale. Che i personaggi indicati come “il bello” e “il parente” nelle intercettazioni del cui esame l’Organo di prime cure ha dato conto siano rispettivamente Bettarini e Marasco è stato ricavato: a) dalle dichiarazioni di Ambrosino (interrogatorio dinanzi alla Procura di Napoli in data 20/5/2004 con specifico riferimento alle conversazioni de quibus); b) dalle parziali ammissioni dibattimentali di Marasco (“nella telefonata del 19/4/2004 ore 19.23 con il termine “il bello” ritengo che Ambrosino in quella circostanza si riferisse a Bettarini”); c) dalla correlazione dei riferimenti contenuti nelle conversazioni ad altre circostanze che consentono di ritenere sicura la identificazione (ad es. nella telefonata del 10/4/2004 ore 19.18 Ambrosino e Saracino dicono che “il parente” in una prossima partita avrebbe dovuto incontrare la Sampdoria; nella telefonata del 17/4/2004 ore 23.16 si dice che “il bello” ha sempre la speranza della Coppa Uefa, competizione per l’accesso alla quale era appunto in lizza, in quella fase del campionato, la Sampdoria); d) dalla telefonata del 24/4/2004, ore 12.42, in cui Ambrosino si rivolge a Marasco chiamandolo “parente”. Il fatto che nell’ambiente calcistico Bettarini e Marasco non siano conosciuti con gli appellativi in discorso non ha assunto particolare importanza, rilevando soltanto che tali appellativi fossero utilizzati nel contesto di rapporti illeciti sotteso alle conversazioni in oggetto. La Commissione disciplinare ha quindi analizzato nel dettaglio le seguenti telefonate (rinviando per più estesi richiami testuali alla relazione dell’Ufficio Indagini): telefonata Ambrosino e Saracino 10/4/2004 ore 19.18 (all. 116); dalla telefonata Ambrosino-Saracino 17/4/2004 ore 23.16 (all. 64); telefonata Ambrosino-Saracino 18/4/2004 ore 21.08; telefonata Marasco-Ambrosino 19/4/2004 ore 19.23; telefonata Saracino-Ambrosino 23/4/2004 ore 21.26 (all. 120); telefonate Ambrosino-Marasco del 24/4/2004 ore 12.42 e ore 12.43 (all.ti 121bis 122); telefonata Saracino-Ambrosino 24/4/2004 ore 22.57 (all. 124). Contestualmente alla fitta trama telefonica Ambrosino-Saracino-Marasco si è tenuto conto dell’imponente traffico via sms tra le utenze mobili di Marasco e Bettarini, essendo intercorsi nei soli giorni 21, 22, 23, 24 e 25 dell’aprile 2004 tra i cellulari dei due calciatori ben 60 “messaggini”, oltre ad una telefonata di 508 secondi (22/4/2004 ore 12.00). Ovviamente, non essendo allo stato possibile conoscere il contenuto di tali sms, non si è potuto desumere dalla sola intensificazione del traffico la conduzione di trattative (attività già di per sé punibile) finalizzate al perfezionamento dell’accordo illecito. Tuttavia, anche a voler tener conto dell’amicizia esistente da tempo tra i due calciatori e della notoria consuetudine esistente tra i calciatori che hanno militato nelle stesse squadre a rinnovare ed intensificare la loro frequentazione nell’imminenza di gare che vedono contrapposte le società di rispettiva appartenenza, il volume di traffico sms registrato sulle utenze mobili dei due deferiti è apparso ictu oculi sproporzionato rispetto ai contenuti comunicativi necessari per la reciproca informazione sulle vicende personali e professionali citate dagli stessi nei rispettivi interrogatori (possibile trasferimento di Bettarini al Valencia, imminente scadenza del contratto di Marasco con il Modena, scherzi e prese in giro), né comunque corredato di giustificazioni plausibili da parte dei due deferiti. Valutando questo dato alla stregua dell’univoco contenuto delle intercettazioni esaminate, la Commissione di primo grado ha ritenuto di poter concludere che, attraverso le comunicazioni sms avvenute nei giorni immediatamente precedenti e in concomitanza alla gara del 25/4/2004, Marasco, in adempimento del “mandato” ricevuto da Ambrosino e Saracino, abbia effettivamente sondato la disponibilità di Bettarini ad attivarsi (anche solo “per amicizia”) per aggiustare il risultato della stessa, nel senso voluto dal gruppo degli scommettitori. La condotta di Marasco è stata reputata dunque integrante perfettamente la fattispecie di illecito sportivo prevista dall’art. 6, comma 1, C.G.S. avendo egli posto in essere “atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara”. Non è però risultata prova alcuna che Bettarini abbia assecondato in qualche modo la sollecitazione dell’amico, attivandosi a sua volta per l’attuazione del progetto di combine, e questo valorizzando, in particolare, i seguenti elementi: a) dal tenore complessivo delle intercettazioni telefoniche, specie quelle in cui risulta interlocutore Marasco, non risulta in alcun modo che costui abbia percepito una disponibilità di Bettarini a mettere in moto il meccanismo di combine; b) non sussisteva alcun interesse del calciatore ad attivarsi in tal senso, dovendosi ragionevolmente escludere che egli potesse ritenere l’amicizia con Marasco così importante da indurlo non solo ad accettare il gravissimo rischio delle conseguenze sanzionatorie della commissione di un illecito sportivo, e del correlativo irreparabile danno in termini di pregiudizio alla sua immagine pubblica ed al suo prestigio professionale, ma anche a rinunciare ai rilevanti vantaggi economici che gli sarebbero derivati dalla qualificazione della Sampdoria alla Coppa Uefa (qualificazione questa che sarebbe stata forse irrimediabilmente compromessa da una combine finalizzata alla vittoria del Modena); c) alcune delle intercettazioni sembrano escludere chiaramente che possa essere stato raggiunto un accordo illecito, proprio per l’impossibilità della Sampdoria di accettare un risultato pregiudizievole per le proprie ambizioni di classifica; d) non appare affatto univoca la lettura in senso accusatorio della telefonata Saracino-Ambrosino 2/5/2004 ore 20.00. In conclusione, la Commissione di prime cure ha dichiarato Marasco responsabile dell’addebito di illecito sportivo, punito con la sanzione minima edittale, ritenuta sufficientemente affittiva, con conseguente responsabilità oggettiva, ex art. 6, comma 4, C.G.S., della società Modena, a cui è stata applicata la sanzione della penalizzazione di punti 5 da scontarsi nella stagione sportiva 2004/2005. Non risultando provato, alla luce di quanto argomentato, che Bettarini abbia compiuto atti rilevanti ai fini e per gli effetti dell’art. 6, comma 1, C.G.S., il medesimo è stato comunque punito per omessa denuncia (squalifica per mesi 5), ai sensi dell’art. 6, comma 7, C.G.S., sancendo tale norma l’operatività dell’obbligo di denuncia non appena il tesserato venga a sapere che sta per essere compiuto uno degli atti di cui al comma 1, con conseguente, altresì, responsabilità oggettiva della società di appartenenza (Sampdoria), ex art. 2, comma 4, C.G.S. (ammenda di e 15.000,00). c) decisione degli appelli: c1) la posizione del sig. Marasco Antonio Come esposto in narrativa, al calciatore Marasco Antonio, tesserato per la società Modena F.C. s.p.a., è stata inflitta la sanzione minima edittale prevista dall’art. 6, comma 5, C.G.S. per il tesserato riconosciuto responsabile di illecito sportivo, ovvero la squalifica per tre anni. Il calciatore ha proposto reclamo avverso la detta pronunzia punitiva deducendo profili di rito e di merito, nonché comunque di vizio logico relativamente al contenuto della decisione impugnata. A tal riguardo, muovendo dalle questioni rituali, si è dato già ampiamente conto delle questione della valenza probatoria delle intercettazioni. In proposito va però aggiunto, con riferimento alla questione di legittimità costituzionale della legge 13 dicembre 1989, n. 401, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., che la presente Commissione d’Appello, in qualità di Organo della Giustizia Sportiva, non è, come è noto, organo giurisdizionale abilitato a sindacare la non manifesta infondatezza e quindi a sollevare questioni di legittimità costituzionale inerenti norme dell’ordinamento generale. Nessun particolare rilievo, o valenza probatoria, possono essere, altresì, direttamente attribuiti ai provvedimenti di revoca dei decreti di sequestro, emessi dai competenti Pubblici Ministeri presso l’Autorità giudiziaria ordinaria nell’esercizio dei loro normali poteri. Il processo sportivo, contrassegnato dai suoi peculiari principi (come quello di celerità), non soffre l’influenza diretta degli sviluppi del procedimento penale e questo è ribadito allo stesso legislatore statuale (art. 2 l. 401/89). Non vi è, pertanto, alcun motivo per sospendere il processo sportivo in attesa della definizione delle indagini svolte sotto la direzione della magistratura ordinaria (per il cui esaurirsi non è possibile stilare previsioni attendibili), in quanto, al di là della carenza di una previsione normativa di riferimento, il materiale probatorio ed indiziario emerso ben può fondare, allo stato, l’assunzione di decisioni da parte degli Organi della giustizia sportiva a cui la questione è stata deferita dall’Organo federale requirente. In ordine alla presunta violazione del contraddittorio giusta l’impossibilità di esaminare (anche a fini di tutela degli altri incolpati) in questo procedimento la posizione del calciatore Salvatore Ambrosino (vero soggetto chiave della vicenda), visto lo stralcio disposto in prime cure, la Commissione di Appello prende atto, anzitutto, che il calciatore da ultimo menzionato ha rinunziato in sede di dibattimento al gravame proposto proprio avverso lo stralcio disposto dalla Commissione disciplinare. La posizione difensiva del Marasco non subisce comunque, nei limiti del suo interesse ad agire, un vulnus diretto da tale stralcio, trovando comunque ampia ed esaustiva definizione in base agli atti di causa incamerati. Esauriti i cenni sugli aspetti di rito, va rilevato che nel merito il tenore delle conversazioni intercettate (anche, dunque, senza voler dare spazio alla prospettazione del quadro complessivo delineato dall’indagine penale), seppur intessute da un linguaggio cripticoconvenzionale, è tale, in effetti, da non lasciare adito a dubbi, dovendosi ribadire, al riguardo, che l’illecito punito ai sensi dell’art. 6 C.G.S., come più volte - anche di recente – affermato da questa C.A.F., costituisce un’ipotesi di illecito di pura condotta o, detto altrimenti, a consumazione anticipata (quindi trattasi di illecito c.d. formale per il cui perfezionarsi non è necessario un conseguente evento in senso naturalistico), che si consuma anche con il semplice tentativo di corruzione, bastando la mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica (cfr. anche app. Cephaledium Com.Uff. n. 2/C - 20 luglio 2000; app. Andrioli 31/C - 10 maggio 2001; app. Cavese n.4/C - 2 agosto 2002). Orbene che “il parente”, identificabile, almeno limitatamente alle vicende di cui alle incolpazioni in argomento, nel Marasco per le circostanze evidenziate e le argomentazioni riportate dalla Commissione disciplinare (basti pensare, a tacer d’altro, all’appellativo diretto utilizzato dall’Ambrosino nella chiamata del 24.4.2004, ore 12.42), terminale degli scommettitori, abbia contattato un possibile referente nella Sampdoria per addomesticare la gara di cui si discute non può essere messo in discussione alla luce del materiale acquisito in sede di indagine federale, né in effetti l’incolpato è stato in grado di delineare un plausibile quadro alternativo rispetto a quello prospettato dall’accusa. Il contenuto delle conversazioni intercettate, che in alcuni casi (tre) vedono partecipe lo stesso calciatore incolpato, unitamente all’incalzante numero di messaggi scambiati col Bettarini, non consentono, infatti, di dipingere il suo ruolo come quello di un semplice millantatore o di un semplice amico a conoscenza dell’andazzo (comunque pernicioso) delle scommesse, e a tale riguardo non assume portata decisiva la circostanza che il Marasco non si ricordi, di primo acchitto, del Califano (“uomo nero di Pagani, il nanetto”), altro importante attore della vicenda. Conversazioni come quelle scrutinate dagli inquirenti e dall’Organo giudicante di primo grado (ad esempio la telefonata Ambrosino-Califano 24/4/2004 ore 23.49 - A.:” speriamo bene … mi ha chiamato Antonio” - C.: “cosa ti ha detto?” - A.: “ha detto che devono giocare per forza” -; la telefonata Ambrosino-Femiamo 24/4/2004 ore 17.00 - A.: “non gli regalano niente da quella parte”; la telefonata Ambrosino-Saracino 25/4/2004 ore 19.17 - S.: “il parente ha vinto e noi abbiamo preso niente e lo abbiamo preso dietro”), oltre ad affermazioni ex post del Saracino circa l’avvenuto tentativo (punibile) di illecito (“ma tu hai capito che quello fece il movimento con la Sampdoria solo lui se lo è visto ha vinto il Modena si è messo il Presidente in mezzo ci ha rotto il cazzo”) non possono che confermare come il Marasco si sia effettivamente e concretamente impegnato (“fece il movimento”) per combinare il risultato della gara. Il reclamo del calciatore Marasco deve essere pertanto rigettato. c2) la responsabilità oggettiva del Modena F.C. Con la decisione impugnata, la società appellante è stata riconosciuta responsabile in via oggettiva in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Antonio Marasco e pertanto ha subito la penalizzazione di punti 5, da scontarsi nel campionato di Serie B, stagione sportiva 2004-2005. Il reclamo della società modenese prende le mosse dalla questione, già ampiamente trattata, della valenza probatoria delle intercettazioni telefoniche. Dopo di che entra nel merito della decisione gravata, tacciata di erroneità e di contraddittorietà, a partire dall’illegittima disparità di trattamento che la contraddistinguerebbe una volta che si raffrontino le posizioni di Marasco e Bettarini, considerata in particolare l’identità delle condotte asseritamente riferite ai medesimi. In realtà le dette posizioni, sulla base di quanto sopra esposto e di quanto si esporrà in relazione alla posizione del Bettarini, non risultano, almeno allo stato degli atti, affatto connotate da omogeneità. Né può darsi alcun rilievo, vista la peculiarità dei casi specifici, alla presunta discrasia che avrebbe contraddistinto l’argomentare dell’Organo di prime cure, e le conclusioni dal medesimo tratte, per quanto concerne le due partite Chievo-Siena e Modena-Sampdoria. Per il resto sulla posizione del Marasco, affrontata anche nel reclamo della società modenese, si è già, seppur sinteticamente, discettato. Passando al più specifico aspetto della responsabilità (oggettiva) del Modena F.C., costata alla società l’applicazione, in primo grado, della detta penalizzazione , “non sussistendo prova di un coinvolgimento diretto di altri tesserati (calciatori e dirigenti)”, occorre escludere che la posizione della società modenese possa aggravarsi ascrivendo a suo carico una fattispecie di responsabilità diretta per il coinvolgimento del rispettivo Presidente sig. Romano Amadei, come pretenderebbe tra l’altro la società (terza interessata) Avellino, reclamante in proprio. Il Modena ha eccepito, sul punto, l’assoluta novità del motivo e quindi l’inammissibilità del profilo di doglianza e pertanto, in parte qua, anche del reclamo della società avellinese (ai sensi dell’art. 33, comma 4, C.G.S.). In realtà, occorre osservare che l’eventuale responsabilità diretta della società Modena F.C. s.p.a., ai sensi degli artt. 6, commi 2 e 3, e 2, comma 4, C.G.S., in relazione agli addebiti contestati al proprio presidente, ha fatto parte del giudizio di primo grado, costituendo essa oggetto specifico dell’atto di deferimento del Procuratore Federale, anche se non ha dato luogo a specifica pronunzia della Commissione Disciplinare. Tuttavia non emerge alcun fondato elemento per ritenere che all’illecito commesso dal Marasco abbia partecipato anche la massima dirigenza della società emiliana. Dalle conversazioni intercettate si evidenziano anzi, con sufficiente grado di attendibilità, le lagnanze dei soggetti coinvolti nella vicenda, a vario titolo, circa l’inerzia della dirigenza societaria modenese (Saracino ad Ambrosino, 19 aprile 2004, ore 15.38: “ora se non si muove il grande capo…lui non può fare niente… io più di parlare non posso fare niente pare che quelli non si vogliono muovere come se volessero retrocedere”; Marasco ad Ambrosino, 19 aprile 2004, ore 19.23: “ma se la società si muovesse ce la potremmo pure fare …qua si muoiono di sonno…è una cosa vergognosa vogliono retrocedere così proprio…io non li capisco proprio…questi sono proprio tutti scemi”). E tale considerazione non muta anche quando gli interlocutori sembrano fare ancor più diretto riferimento al Presidente Amadei, sempre però come soggetto tutt’altro che partecipe (Ambrosino a Califano, 24 aprile 2004, ore 13.19: “non si vogliono purgare... proprio niente... (Califano: “chi è?”)... l’ex Presidente tuo; Saracino ad Ambrosino, 2 maggio 2004, ore 20.00: “ma tu hai capito che quello fece il movimento con la Sampdoria solo lui se lo è visto ha vinto il Modena si è messo il Presidente in mezzo ci ha rotto il cazzo”). Non vi è dunque alcuna prova che anche solo il tentativo di alterare la regolarità della gara (cosa che comunque non risulta avvenuta) abbia visto la partecipazione del Presidente del Modena. La responsabilità diretta della società va pertanto recisamente esclusa. Ciò posto, quanto alla responsabilità oggettiva, preliminarmente, prima dunque di procedere alla disamina degli aspetti inerenti più direttamente alla congruità della sanzione inflitta, occorre ribadire che la formulazione dell’art. 2, comma 3, C.G.S. (“Le società possono essere ritenute responsabili anche a titolo di responsabilità oggettiva o di responsabilità presunta, nei casi previsti dal presente Codice”) non dà - per il tramite del verbo “possono” - la stura ad una possibile applicazione meramente facoltativa di siffatta ipotesi di responsabilità, trattandosi di disposizione che opera una mera ricognizione della possibile operatività di fattispecie particolari di responsabilità (la responsabilità oggettiva e quella presunta, appunto), operatività che peraltro deve essere sostenuta da una previsione tassativa del Codice di Giustizia. Va, inoltre, parimenti ribadito che nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata in primoluogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti. L’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Nell’ordinamento calcistico, come è noto, le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, si è osservato dalla parte dei più, come del resto già accennato, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (decisione sul caso del calciatore Luciano, Com.Uff. n. 12/C del 4 novembre 2002). Non potendosi mettere in discussione la piena vigenza, nel sistema attuale, della responsabilità oggettiva della società, che consegue in modo automatico a quella personale del tesserato che ha posto in essere la condotta giuridica (reclamo Nordauto Virtus, Com. Uff. n. 9/C 5 ottobre 2001; il tutto senza poter attribuire rilievo, per definizione, alla sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito (reclamo A.S. Marigliano, Com. Uff. n 5/C 21 luglio 2003), le considerazioni da ultimo formulate non consentono di ridurre la sanzione inflitta alla società nel senso auspicato dalla medesima reclamante (che, in sede di conclusioni dibattimentali, al proscioglimento ha affiancato la richiesta di applicare, in via del tutto subordinata, la sanzione della penalizzazione di punti due per il campionato in corso), atteso che, pur confermando la mancanza dei presupposti per applicare la responsabilità diretta, il Modena F.C. non può considerarsi soggetto del tutto estraneo all’esplicarsi dell’azione e, in ogni caso, al riverberarsi dei suoi effetti, il tutto a fronte di un illecito sportivo che è risultato consumato e non meramente tentato, come invece asserisce la difesa della società (per le considerazioni già esposte circa la natura stessa della grave fattispecie di illecito di cui si discute). Ne consegue che la sanzione della penalizzazione può essere sì ridotta (considerando anche quali erano le richieste conclusive formulate da parte della Procura Federale dinanzi all’Organo di prime cure), ma in misura lieve, attesa l’intrinseca gravità della fattispecie di illecito, di portata scardinante per tutto il regolare assetto del “sistema calcio”, oltre alla non completa estraneità della dimensione societaria rispetto alle vicende, risultando, in definitiva, alla Commissione di Appello congruo, in parziale accoglimento del reclamo della società emiliana, infliggere alla medesima la penalizzazione di punti 4 (quattro) da scontarsi nel campionato 2004-2005. Contestualmente l’appello della società Avellino, particolarmente insistente sul profilo dell’eventuale responsabilità diretta della società Modena, deve essere respinto e stessa sorte spetta, in parte qua, all’appello dell’Empoli. c3) la posizione del sig. Stefano Bettarini e della U.C. Sampdoria S.p.a. Come riportato in narrativa, la Commissione disciplinare, non risultando provato che il calciatore Stefano Bettarini abbia compiuto atti rilevanti ai fini e per gli effetti dell’art. 6, comma 1, C.G.S., ha ritenuto comunque di punire il medesimo per omessa denuncia (squalifica per mesi 5), ai sensi dell’art. 6, comma 7, C.G.S., sancendo tale norma l’operatività dell’obbligo di denuncia non appena il tesserato venga a sapere che sta per essere compiuto uno degli atti integranti l’illecito sportivo (per la cui consumazione, come già più volte ripetuto, è sufficiente, a sua volta, il tentativo), con conseguente, altresì, riconoscimento della responsabilità oggettiva in capo alla società di appartenenza (Sampdoria), ex art. 2, comma 4, C.G.S., e quindi l’irrogazione ai danni della stessa dell’ammenda di e 15.000,00. Ad appellare dunque, con distinti atti di gravame, sono, nell’ordine: a) il Procuratore Federale, che, in riforma dell’impugnata decisione, torna a chiedere che sia affermata la responsabilità del calciatore Bettarini a titolo di illecito sportivo, per la condotta tenuta con riferimento alla gara in esame, e che sia dichiarata la conseguente responsabilità oggettiva della società Sampdoria, irrogando, per l’effetto, la sanzione di anni tre di squalifica nei confronti del calciatore e la sanzione della penalizzazione di punti sei nei confronti della società, o le differenti sanzioni che questa Commissione dovesse ritenere di giustizia. La Procura chiede altresì, in via del tutto subordinata, nell’ipotesi di non accoglimento del sopra riportato capo di impugnazione, che venga aggravata la sanzione di mesi cinque di squalifica del Bettarini per omessa denunzia; b) il Bettarini e la società Sampdoria, che chiedono il proscioglimento da ogni addebito; c) l’Empoli F.C. s.p.a., quale società terza interessata, che ha chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza, che venga dichiarata la responsabilità di Modena e Sampdoria, in relazione all’illecito posto in essere dai calciatori Marasco e Bettarini, infliggendo alle stesse la punizione della retrocessione all’ultimo posto in classifica. Tutte le parti coinvolte hanno, con i propri scritti, ampiamente dedotto e reciprocamente controdedotto, presentando altresì memorie e documenti. Occorre, preliminarmente, dare conto della richiesta formulata dalla difesa della Sampdoria e del Bettarini di ammettere a testimoniare il sig. Federico Cavalli, commensale abituale del Bettarini e presente al momento dell’invio di alcuni messaggini da parte del Marasco, il quale era disposto a deporre sui rapporti tra Bettarini e Marasco in quel lasso di tempo e sul contenuto scherzoso, appunto, di alcuni dei messaggi inviati a Marasco. Orbene, la Commissione, in disparte ogni profilo circa l’ammissibilità in questa sede della prova de qua, ritiene irrilevante ai fini del decidere l’eventuale ulteriore apporto di carattere testimoniale richiesto dalla menzionata difesa, ritenendo di poter fornire, scrutinate le censure di parte, un responso fondato su un quadro logico-probatorio ben delineato, ed in tal senso ha già reso noto il proprio orientamento (circa l’ammissione della testimonianza del Cavalli) nell’ambito del pubblico dibattimento. Passando al merito, ritiene la Commissione d’Appello Federale che, sul punto, la decisione di prime cure debba essere integralmente confermata, non emergendo effettivamente elementi che consentono di affermare la partecipazione del Bettarini all’illecito sportivo di cui si discute, né al contempo, in verità, di scagionare il medesimo completamente, anche in relazione al profilo dell’omessa denunzia. Muovendo, infatti, da quest’ultimo aspetto, troppi sono gli elementi che depongono nel senso dell’avvenuto sondaggio del calciatore sampdoriano, peraltro mai intervenuto personalmente nei colloqui telefonici, circa la possibilità di orientare non fisiologicamente il risultato della gara (nel senso voluto dal gruppo degli scommettitori), anche se, almeno allo stato, non vi è prova alcuna di un atteggiamento accondiscendente e disponibile da parte del Bettarini stesso. Anzitutto deve farsi riferimento al contenuto di alcune conversazioni telefoniche intercettate, a partire da quella del 23 aprile 2004, ore 21.26, nella quale si sente il Saracino dire ad Ambrosino: “quando è stasera ti vengo a dire le novità perché noi abbiamo mandato un messaggio al parente e il parente ha mandato un messaggio al bello... e ha detto che bisogna mettere mano alla tasca... se vogliono fare qualcosa... adesso va domani il parente a portare l’imbasciata”. Orbene, seppur a fronte di alcuni passi della conversazione ambigui, trova sostanziale conferma il quadro che vede il Marasco operare come canale di collegamento tra l’ambiente degli scommettitori e le società Modena e Sampdoria, nella quale ultima è stato individuato il Bettarini (certamente identificabile come “il bello” almeno nei colloqui più rilevanti presi in considerazione, come del resto ammesso dalla stessa difesa del calciatore) come possibile collaboratore nel progetto di combine. Depone in tal senso anche la telefonata Ambrosino-Saracino del 17 aprile 2004, ore 23.16 (con il primo che chiede al secondo di “dire al parente che domani deve chiamare il bello” e via di seguito il contenuto riportato). Ma, è ragionevole e condivisibile al riguardo l’affermazione della Commissione disciplinare, nulla risultando, però, circa l’atteggiamento assunto dall’incolpato a fronte delle sollecitazioni dell’amico Marasco (a meno che non si voglia accettare la seguente insostenibile equazione: intensificarsi delle comunicazioni tra Bettarini e Marasco ovvero accordo dei due interlocutori sulla pratica illecita da portare a termine). In secondo luogo, può darsi rilievo all’appena menzionato anomalo intensificarsi delle comunicazioni tra Marasco e Bettarini in prossimità dell’incontro, tradottosi in particolare in un fittissimo scambio di sms, e che non perde rilevanza - viste le modalità di intensificazione del traffico - anche “certificando” il maniacale uso di siffatta tipologia di comunicazione da parte del calciatore sampdoriano. Se questo elemento, in mancanza di altri precisi e concordanti riscontri probatori (non si può ritenere con certezza che sia stato il Bettarini a dire che “bisogna mettere mano alla tasca”, come non è di certo sicuro che quando Marasco dice ad Ambrosino, il 24.4.04, che “dobbiamo andare solo per amicizia” faccia riferimento al suo rapporto amicale con il Bettarini; tolta, infine, l’interpolazione involontariamente aggiunta nella telefonata Ambrosino - Marasco del 19 aprile 2004, ore 19.23, non si ricava più che sia stato il “bello” a dire a Marasco che per domenica è un “casino” ma che è stato quest’ultimo stesso a commentare in tale modo la situazione), non può essere considerato decisivo al fine di ritenere che il Bettarini abbia assecondato le sollecitazioni dell’amico, di certo costituisce un ulteriore forte supporto indiziario per affermare che il Bettarini stesso sia stato “sondato” e quindi contattato. Né elementi del tutto generici ed ipotetici, come il presunto interesse del citato calciatore sampdoriano a conseguire, con la squadra di appartenenza, un piazzamento UEFA ed i relativi premi (mere aspirazioni tutt’altro che di facile realizzazione), possono giustificare una pronuncia solutoria del Bettarini da ogni addebito, compresa dunque l’omessa denunzia; pronunzia reclamata ma che non può trarre decisivo fondamento nemmeno dal contenuto della telefonata Ambrosino - Saracino del 24 aprile 2004, su cui insiste particolarmente la difesa del Bettarini come vera e propria chiave di lettura di quanto accaduto soprattutto in quanto successiva all’intenso traffico di sms avutosi fino al giorno prima tra il Marasco ed il Bettarini, visto che non è affatto in grado di escludere l’avvenuto “interpello” del Bettarini. La decisione impugnata si appalesa, dunque, per niente contraddittoria quando ha ritenuto il detto tesserato responsabile della fattispecie di omessa denunzia, per la cui punibilità è bastevole, va ricordato, essere comunque a conoscenza che persone o società “stiano per porre in essere” (oltre che “abbiano posto”) atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara e quindi passibili di pena per illecito sportivo. Per tutto quanto sopra precede, tutti gli elencati appelli riferiti alla posizione del Bettarini e della Sampdoria debbono essere respinti, considerando anche che la responsabilità oggettiva della società doriana appare congruamente quantificata in relazione alla fattispecie di omessa denunzia sanzionata. Per il complesso dei sopraindicati motivi, la CAF, riuniti gli appelli in epigrafe: dà atto della rinunzia all’appello n. 65 dello Sporting Benevento dà atto della rinunzia all’appello n. 66 del calciatore Ambrosino Salvatore accoglie l’appello n. 64 del Procuratore Federale, annulla per quanto di ragione la decisione della Commissione disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti e per l’effetto rinvia gli atti alla stessa per il giudizio di competenza sui signori Massimo Londrosi ed Enrico Zanchi; rigetta l’appello n. 57 del calciatore Rossi Generoso; rigetta l’appello n. 62 del calciatore D’Aversa Roberto; rigetta l’appello n. 54 della società A.C. Siena relativamente all’ammenda di e 7.000,00; rigetta l’appello n. 60 del calciatore Caccavale Maurizio; rigetta l’appello n. 51 della società Pescara Calcio; rigetta l’appello n. 47 del calciatore Femiano Alfredo; rigetta l’appello n. 45 della società Calcio Como; accoglie l’appello n. 55 del signor Nelso Ricci e per l’effetto annulla la sanzione inflitta dalla Commissione disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti; accoglie l’appello n. 56 del signor Osti Stefano e per l’effetto annulla la sanzione inflitta dalla Commissione disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti; accoglie l’appello n. 46 del signor Papadopulo Giuseppe e per l’effetto annulla la sanzione inflitta dalla Commissione disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti; accoglie l’appello n. 54 della società A.C. Siena relativamente all’ammenda di e 30.000,00 e per l’effetto annulla la sanzione inflitta dalla Commissione disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti; rigetta l’appello n. 52 del Procuratore Federale; rigetta l’appello n. 50 della società A.C. Perugia; rigetta l’appello n. 61 della società F.C. Empoli; rigetta l’appello n. 59 della società U.S. Avellino; rigetta l’appello n. 53 del calciatore Marasco Antonio; accoglie parzialmente l’appello n. 58 della società F.C. Modena e riduce la sanzione a 4 punti di penalizzazione; rigetta l’appello n. 48 del calciatore Bettarini Stefano; rigetta l’appello n. 49 della società U.C. Sampdoria; dispone che vengano incamerate le tasse relative agli appelli totalmente respinti ed ordina la restituzione delle altre.
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RECLAMO F.C. MODENA AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI
N. 5 PUNTI, DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2004-2005, PER VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 6 COMMI 2 E 4 E 2 COMMI 3 E 4 C.G.S., PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
MARASCO ANTONIO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2 C.G.S. PER ILLECITO
SPORTIVO, IN RELAZIONE ALLA GARA MODENA/SAMPDORIA DEL
25.4.2004, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n.
30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE MARASCO ANTONIO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI ANNI 3 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMI 1 E 2
C.G.S., PER ILLECITO SPORTIVO, IN RELAZIONE ALLA GARA MODENA/SAMPDORIA
DEL 25.4.2004, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
– Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA A.C. SIENA AVVERSO LE SANZIONI DELLE AMMENDE RISPETTIVAMENTE
INFLITTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S.,
PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, DI: e 7.000,00 IN ORDINE ALLE SANZIONI
INFLITTE AI CALCIATORI D’AVERSA ROBERTO E ROSSI GENEROSO, PER VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S.; e 30.000,00 IN ORDINE ALLE
SANZIONI INFLITTE AI SIGG. PAPADOPULO GIUSEPPE, OSTI STEFANO, RICCI
NELSO, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S.; A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso
la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. RICCI NELSO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
DI MESI 7 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare
presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE D’AVERSA ROBERTO AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S. A
SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE ROSSI GENEROSO AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI ANNI 1 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. PAPADOPULO GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELLA
SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO
DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL SIG. OSTI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE
DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO
DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare
presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA U.C. SAMPDORIA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA
DI e 15.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
BETTARINI STEFANO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S., A
SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE BETTARINI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 6 COMMA 7 C.G.S.,
A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL PESCARA CALCIO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI
e 5.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMI 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE CACCAVALE
MAURIZIO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1 C.G.S. A SEGUITO
DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera Commissione
Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE CACCAVALE MAURIZIO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIO COMO S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA
DI e 3.000,00, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 2 COMMA 3 E 4 C.G.S. PER RESPONSABILITÀ
OGGETTIVA, IN ORDINE ALLA SANZIONE INFLITTA AL CALCIATORE
FEMIANO ALFREDO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE FEMIANO ALFREDO AVVERSO LA SANZIONE
DELLA SQUALIFICA DI MESI 5 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 5 E 1 COMMA 1
C.G.S. A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE (Delibera
Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 30 del
25.8.2004)
RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO:
– I PROSCIOGLIMENTI DELL’A.C. CHIEVO VERONA, DEL SIG. SARTORI GIOVANNI,
DEL SIG. DEL NERI LUIGI, DELL’A.C. SIENA, DEL SIG. RICCI NELSO;
– AVVERSO LE RISPETTIVE SANZIONI INFLITTE AL CALCIATORE BETTARINI
STEFANO, SQUALIFICA PER MESI 5, E ALL’U.C. SAMPDORIA, AMMENDA DI e
15.000,00, A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO;
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELL’ U.S. AVELLINO AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DEL F.C. MODENA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
– Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA A.C. PERUGIA AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DELL’ A.C. SIENA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE
FEDERALE (Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti
– Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA F.C. EMPOLI AVVERSO LE DECISIONI ADOTTATE NEI CONFRONTI
DELLE SOCIETÀ A.C. CHIEVO VERONA, A.C. SIENA, F.C. MODENA E
U.C. SAMPDORIA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL CALCIATORE AMBROSINO SALVATORE AVVERSO LA DECLARATORIA
D’INCOMPETENZA EX ARTT. 23 E 37 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ALLO
STESSO ASCRITTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti –
Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DELLA SOCIETÀ F.C. SPORTING BENEVENTO AVVERSO LA DECLARATORIA
D’INCOMPETENZA EX ARTT. 23 E 37 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ALLA
STESSA ASCRITTA, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti –
Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004)
RECLAMO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LE DECLARATORIE:
– DI NULLITÀ DELLA NOTIFICA DEL DEFERIMENTO DEL SIG. LONDROSI MASSIMO;
– DI DIFETTO DI GIURISDIZIONE IN ORDINE AL DEFERIMENTO DEI SIGG. ZANCHI
ENRICO E LONDROSI MASSIMO A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO;
(Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com.
Uff. n. 30 del 25.8.2004)"