F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2005-2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 32/C del 26/01/06 APPELLO DEL CALCIATORE DI CANIO PAOLO AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER UNA GIORNATA EFFETTIVA DI GARA E L’AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n.220 del 23.1.2006)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2005-2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 32/C del 26/01/06 APPELLO DEL CALCIATORE DI CANIO PAOLO AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER UNA GIORNATA EFFETTIVA DI GARA E L’AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n.220 del 23.1.2006) In seguito al comportamento tenuto dal calciatore Paolo Di Canio nel corso della gara Livorno/Lazio disputata il giorno 11.12.2005, il Procuratore Federale, giusta il disposto dell’art.28 comma 4 C.G.S, deferiva il medesimo alla Commissione Disciplinare per violazione dell’art. 1 C.G.S. anche in relazione all’art. 10 commi 4 e 6 e la Società Lazio per responsabilità oggettiva ex art. 2 commi 3 e 4, anche in riferimento all’art. 10 comma 4 C.G.S., conseguente al comportamento del proprio calciatore. Il dedotto deferimento veniva corredato sotto il profilo istruttorio da relazione dell’Ufficio Indagini della F.I.G.C., dichiarazioni rese in via diretta dal calciatore e numerosi articoli di stampa nazionale, con relative fotografie. Innanzi alla Commissione Disciplinare svolgevano rituali difese il calciatore Di Canio, che produceva anche propria personale memoria, e la S.S. Lazio. Con procedimento pubblicato nel Comunicato Ufficiale n. 220 della Lega Nazionale Professionisti in data 23 gennaio 2006, la Commissione Disciplinare, in accoglimento del proposto deferimento, comminava al calciatore Paolo Di Canio la squalifica per una giornata effettiva di gara e un’ammenda di € 10.000,00 ed alla Società Sportiva Lazio la minore ammenda di € 2.000,00. Avverso il detto provvedimento proponeva reclamo soltanto il calciatore Paolo Di Canio, deducendo tre separati motivi: a) l’inammissibilità della procedura per violazione del termine di cui all’art. 31 lettera A3 C.G.S. ed in ogni caso, la carenza di motivazione sul punto; b) l’insussistenza dell’illecito contestato; c) l’eccessività della sanzione. Il reclamo è infondato in relazione a tutti i motivi dedotti, ed al riguardo si osserva analiticamente quanto di seguito: A. Non sussiste alcun caso di inammissibilità per violazione del termine di cui all’art. 31 lettera A3 C.G.S.. Detta norma opera “limitatamente ai fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva non vista dall’arbitro, che di conseguenza non ha potuto prendere decisioni al riguardo”. La segnalazione del Procuratore Federale, in detta fattispecie, supplisce semplicemente alla carenza di referto arbitrale, ed il termine perentorio delle ore 12:00 del giorno successivo alla gara, è finalizzato a consentire l’immediata pronuncia del Giudice Sportivo. La fattispecie concreta del presente giudizio, non può essere, di contro, ricompressa in quella astratta dell’art 31 lettera A3 C.G.S., e sul punto la C.A.F. ritiene che non possano sorgere dubbi interpretativi di sorta. Devesi evidenziare infatti che lo stesso Procuratore Federale ha operato il deferimento facendo espressamente riferimento all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva, anche con riferimento art. 10 commi 4 e 6 stesso codice e ciò esclude anche sotto il profilo della semplice interpretazione letterale, che possa aver agito ex art. 31 lettera A3 C.G.S., con l’obbligo quindi della osservanza del termine perentorio ivi previsto. Deve escludersi nella fattispecie che il Procuratore Federale abbia agito in virtù di meri poteri vicariali di natura suppletiva rispetto all’attività arbitrale, limitatamente a fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva non refertati, risultando di contro palese che abbia attivato la procedura di deferimento, onde sollecitare l’erogazione delle sanzioni conseguenti, in generale, alla violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, a cui devono invece conformarsi tutti coloro che sono tenuti all’osservanza delle norme federali, ed in particolare al divieto di tenere pubblicamente comportamenti o rilasciare dichiarazioni, anche con il mezzo televisivo, radiofonico, o nel corso di esternazioni rese agli organi di stampa, direttamente o indirettamente idonei a costituire incitamento alla violenza o costituirne apologia. D’altronde è intuitivo comprendere che la tipologia di deferimento del caso dedotto in giudizio, generalmente, necessita di adeguata istruttoria che mai potrebbe essere ultimata entro il perentorio brevissimo termine di cui all’art. 31 lettera A3 C.G.S. mentre nella fattispecie di cui alla norma da ultimo citata, non vi è necessità di alcuna istruttoria, perché si verte una peculiare situazione di immediata percezione che altri hanno oggettivamente constatato e che è invece sfuggita al semplice sguardo e all’attenzione del direttore di gara. Quanto innanzi dedotto, negli stessi termini è stato congruamente motivato dalla Commissione Disciplinare, per cui non può essere accolta la censura di carenza motiva. B. Nel merito, deve condividersi pienamente la motivazione adotta dal Primo Giudice, con conseguente declaratoria di totale infondatezza del proposto reclamo. Ed invero, non devesi tener conto del significato che soggettivamente si vuole attribuire ad un determinato comportamento, ma va considerato l’aspetto oggettivo che può ricondursi al comportamento medesimo, per come lo stesso può essere generalmente recepito. Nella fattispecie, rilevato che il saluto è avvenuto con il braccio teso, la mano tesa e le dita serrate, non v’è dubbio che lo stesso possa essere oggettivamente definito e qualificato come “saluto romano”, mentre in termini altrettanto oggettivi può affermarsi che detto peculiare saluto, nella comune accezione, oltre che ad una collocazione storica ben determinata, può essere immediatamente ricondotto a ben precisa ed individuata ideologia politica. Questa Commissione non deve fare alcuna valutazione delle idee altrui, sindacarle o vulnerarle, ma ritiene che l’ideologia politica non possa in nessuna maniera interferire con il mondo dello sport. Detta interferenza deve peraltro essere vieppiù censurata, inibita e sanzionata quando la stessa sia idonea a creare contrapposizioni ideologiche, prodromiche anche in via meramente potenziale, di fatti o reazioni violente. Non può altrettanto condividersi che il gesto del calciatore sia distintivo di una particolare appartenenza ad una tifoseria. Il calciatore dimostra la sua appartenenza in termini oggettivi indossando la maglia della propria squadra ed i colori sociali e non ha necessità di ricorrere ad altri segni distintivi, soprattutto, se i detti ulteriori segni distintivi siano evocativi di fatti non riconducibili alla mera attività sportiva. Non può rilevare altresì la circostanza che il gesto in sé non abbia provocato conseguenze concrete ed immediate. L’esternazione politica deve essere vietata come dato oggettivo nell’ambito di un’attività sportiva, a prescindere dai suoi conseguenti effetti, semplicemente perché lo sport e la politica devono restare rigorosamente separati ed a nessuno deve essere consentita la benché minima esternazione politica in ambito sportivo. C. Non si ritiene da ultimo meritevole di accoglimento anche la doglianza relativa all’entità della pena. La stessa, in relazione alla gravità anche semplicemente potenziale del fatto, è stata applicata in maniera assolutamente congrua e condivisibile, per cui deve essere rigettato anche il peculiare motivo di reclamo. Per questi motivi la C.A.F. respinge l’appello come innanzi proposto dal calciatore Di Canio Paolo e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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