F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 1998/1999 Comunicato ufficiale n. 12/CF del 24 febbraio 1999 – pubbl. su www.figc.it D E F E R I M E N T O operato nei confronti dei Sigg.ri Giulivi Elio, Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, D’Elia Pietro, Arbitro benemerito, già Commissario della C.A.N. D, Ramicone Domenico, già Vice Commissario della C.A.N. D, Belfiori Giuliano, Commissario di campo, Graziani Mario, Collaboratore del Comitato Regionale Lazio L.N.D.; dalla Procura Federale, in data 12 novembre 1998, per rispondere della violazione dall’art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva. AI suddetto procedimento è riunito, a seguito di avocazione, pronunciata, con decisione della Corte del 4 dicembre 1998, al procedimento, intrapreso dalla stessa Procura Federale, in pari data 12 novembre 1998, nei confronti dei Sigg.ri Marrazzo Salvatore, Arbitro effettivo presso la C.A.N. D, e Tedone Aldo, Arbitro benemerito, per rispondere della violazione della medesima norma nell’ambito dello stesso contesto.

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 1998/1999 Comunicato ufficiale n. 12/CF del 24 febbraio 1999 – pubbl. su www.figc.it D E F E R I M E N T O operato nei confronti dei Sigg.ri Giulivi Elio, Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, D'Elia Pietro, Arbitro benemerito, già Commissario della C.A.N. D, Ramicone Domenico, già Vice Commissario della C.A.N. D, Belfiori Giuliano, Commissario di campo, Graziani Mario, Collaboratore del Comitato Regionale Lazio L.N.D.; dalla Procura Federale, in data 12 novembre 1998, per rispondere della violazione dall'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva. AI suddetto procedimento è riunito, a seguito di avocazione, pronunciata, con decisione della Corte del 4 dicembre 1998, al procedimento, intrapreso dalla stessa Procura Federale, in pari data 12 novembre 1998, nei confronti dei Sigg.ri Marrazzo Salvatore, Arbitro effettivo presso la C.A.N. D, e Tedone Aldo, Arbitro benemerito, per rispondere della violazione della medesima norma nell'ambito dello stesso contesto. PREMESSE DI FATTO 1. II 1° giugno 1997, nel corso della gara Rieti/Pomezia, valevole per le fasi finali del Campionato di Eccellenza 1996/97, durante i minuti di recupero, del secondo tempo, l'arbitro della gara, Sig. Salvatore Marrazzo di Salerno, comminava l'espulsione del quinto calciatore nei confronti della squadra del Pomezia, sospendendo contestualmente la partita, in base al disposto della norma numero 3, che regola il giunco del calcio, secondo cui "una gara non può essere iniziata o proseguita nel caso in cui una squadra si trovi a non avere un numero di sette calciatori partecipanti al giuoco". Da tale fatto incontestato sorgeva la vicenda, che ha determinato, a seguito dell'inchiesta condotta dall'Ufficio Indagini della F.I.G.C., l'attuale procedimento. AI riguardo, va considerato: a) che la gara de qua era inserita nella schedina del "Totogol" del 1° giugno 1997, concorso n. 42; b) che il fiduciario del C.O.N.I., Sig. Giovanni Milano, ha ritenuto che la stessa dovesse considerarsi regolarmente conclusa, con il risultato conseguito sul campo al momento della sospensione, e cioè di uno a zero in favore della squadra del Rieti; c) che il detto risultato è stato comunicato al C.O.N.I., il quale ha provveduto a renderlo noto e ad utilizzarlo ai fini del concorso Totogol (vedi l'interrogatorio reso dal Sig. Milano alla Procura della Repubblica di Rieti il 6.10.1997); d) che, il Sig. Milano, al termine della gara, che aveva dato luogo a ben sette espulsioni, aveva omesso - come avrebbe dovuto, secondo le istruzioni impartitegli dal Comitato Olimpico - di verificare con l'arbitro il risultato finale prima di comunicarlo al C.O.N.I.; e) che alla gara erano presenti, con compiti diversi, di controllo, il Commissario di campo, Sig. Belfiori, ed il dirigente della C.A.N. D, Sig. Ramicone, investito del compito specifico di controllare la terna arbitrale ed in particolare il Collaboratore dell'arbitro, Sig. Longa; f) che ognuno di questi ha affermato di non aver compreso che, all'atto dell'ultima espulsione (la quinta comminata ai calciatori del Pomezia e la settima complessiva) l'arbitro aveva sospeso la gara, non ancora conclusa; g) che, al momento dell'ultima espulsione, si era giunti al quarantanovesimo minuto del secondo tempo, onde non erano ancora decorsi i cinque minuti dì recupero decretati dall'arbitro stesso (regola n. 5, punto en; h) che il Sig. Belfiori (segnalando la sua presenza) ed il Sig. Ramicone (intrattenendosi a lungo a parlare con l'arbitro ed i due guardalinee) si erano recati, al termine della partita, negli spogliatoi; i) che il Sig. Marrazzo ed il Sig. Ramicone, parlando rispettivamente al telefono con il Sig. D'Elia ed il Sig. Bernardone, avevano dato notizia ai loro interlocutori di quanto era accaduto come epilogo della gara a Rieti; I) che il D'Elia aveva avuto notizia dal Sig. Marrazzo della sospensione della gara (cfr. pag. 4 delle dichiarazioni spontanee rese dal D'Elia al Procuratore della Repubblica di Salerno il 13.11.1998) e che, avendo il D'Elia cenato insieme con il Bernardone a Rimini la sera del 1° giugno 1998 ed essendosi intrattenuti insieme per l'intera serata di detto giorno e per la giornata successiva, risulta incomprensibile che non avessero parlato dell'epilogo della partita, pur avendo, in ordine ad esso, ricevuto versioni radicalmente contrastanti (vedasi la dichiarazione del Bernardone, pag. 211 dei documenti istruttori). 2. II mattino del giorno successivo a quello della gara (2.06.1997), l'arbitro della partita, il Sig. Salvatore Marrazzo - dopo aver inviato (alle ore 8 e un minuto, rectius alle ore 9 e un minuto, poiché I'orario del fax non era stato aggiornato in base all'ora legale, entrata in vigore la precedente domenica del 30 marzo) alla Lega Dilettanti, sezione regionale del Lazio, il rapporto relativo alla competizione sportiva con il quale dava notizia della sospensione della gara al 49' del secondo tempo, a causa dell'espulsione del calciatore numero 6 del Pomezia (Massimiliano Bianchi) - veniva contattato, alle ore 9 e 8 minuti, mediante il suo telefono cellulare, recante il numero 0330502306, dal Dott. Pietro D'Elia, responsabile degli arbitri della C.A.N. D, il quale gli chiedeva (vedi le dichiarazioni spontanee rese, il 13 novembre 1997, dal D'Elia, alla Procura della Repubblica di Salerno) di redigere, ai soli fini del concorso "Totogol" del C.O.N.I., un secondo verbale con l'indicazione della regolare conclusione della gara, con il risultato acquisito sul campo di uno a zero in favore della squadra del Rieti (nel corso della telefonata, della durata di 1' e 59", il D'Elia riferiva al Marrazzo che questo secondo verbale veniva richiesto, secondo la "prassi" seguita dal C.O.N.I., dal Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Dott. Elio Giulivi). Alle ore 8 e 39 minuti (rectius 9 e 39 minuti), il Sig. Marrazzo spediva dagli uffici dell'A.I.A. di Salerno un nuovo fax, avente come contenuto un secondo verbale del tenore richiesto dal D'Elia. Successivamente, poiché il fax non appariva del tutto leggibile (malgrado che il rapporto di trasmissione considerasse lo stesso come perfettamente pervenuto), il Marrazzo, alle ore 9 e nove minuti (rectius alle ore 10 e nove minuti), inviava al suo studio professìonale un ulteriore fax avente lo stesso tenore di quello sollecitato dal D'Elia (anche il fax dello studio professionale del Marrazzo, non risultava aggiornato in base all'ora legale). Successivamente, il Marrazzo, recandosi all'Ufficìo Postale di Salerno, sito in zona Pastena, presso cui era impiegata la sua ex fidanzata, provvedeva alla spedizione, alla Lega Dilettanti, di due distinti rapporti, un primo, contenente lo svolgimento effettivo dei fatti, ed un secondo, del tenore, richiesto dal Dott. D'Elia, ad uso del C.O.N.I.. 3. La sera dello stesso giorno (2.06.1997), nel corso della trasmissione televisiva Telemontecarlo "II processo di Biscardi", il Direttore del periodico "La schedina" faceva riferimento alla vicenda, sostenendo che la partita Rieti/Pomezia doveva considerarsi sospesa, con la conseguenza che il risultato di essa non poteva entrare a far parte del Totogol. Di tale circostanza il Marrazzo dava comunicazione al D'Elia, il quale lo rassicurava (in atti, risultavano i tabulati telefonici del D'Elia, dai quali si desume: a) che il giorno 3 giugno 1997, alle ore 16.36, il D'Elia ha chiamato il Presidente Giulivi ed è restato con lui in comunicazione per due minuti e quattordici secondi; b) che, alle ore 17,43 dello stesso giorno, il D'Elia ha chiamato il Marrazzo ed è restato con lui in comunicazione per ventiquattro secondi). 4. Successivamente, il 26 ottobre 1997, il Marrazzo veniva contattato dal Sig. Aldo Tedone, Arbitro benemerito, il quale gli chiedeva dì incontrarlo. L'incontro avveniva nella stessa giornata. Nel corso del colloquio - secondo quanto emerge dagli assunti del Marrazzo - il Tedone gli confidava di agire per conto del Presidente Giulivi, interessato alla vicenda. II giorno 10.11.1997, poi, il Marrazzo chiamava al telefono il Tedone, registrandone la conversazione e consegnando la cassetta registrata all'Ufficio Indagini della Federazione. 5. Sulla vicenda iniziavano, quindi, indagini giudiziarie ad opera delle Procure della Repubblica presso il Tribunale di Rieti e presso il Tribunale di Salerno. Inoltre, innanzi al Tribunale Civile di Roma, veniva proposta domanda risarcitoria di danno per l'importo di circa due miliardi di lire, da parte di alcuni scommettitori, concorrenti al concorso Totogol n. 42 del C.O.N.I.. 6. Nel maggio 1998, il Marrazzo ed il D'Elia incontravano il Giulivi; e, successivamente, nel corso di una manifestazione svoltasi in un teatro di Salerno, si incontravano con il Presidente Federale Avv. Nizzola. In tale circostanza - secondo quanto emerge dalle deposizioni del Marrazzo e del Nizzola - il Marrazzo veniva rassicurato in ordine all'esito della vicenda, "non potendosi dimenticare un arbitro in momentanea difficoltà". 7. Soltanto tardivamente, sia rispetto alle polemiche giornalistiche sia rispetto alle stesse iniziative giudiziarie, veniva attivato l'Ufficio Indagini della Federazione Italiana Giuoco Calcio. 8. II 10 novembre 1998, I'Ufficio Indagini trasmetteva, a norma dall'art. 21, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva, i risultati dell'inchiesta, alla Procura Federale. 9. II 12 novembre 1998, la Procura Federale deferiva alla Corte Federale: Giulivi Elio, D'Elia Pietro, Ramicone Domenico, Belfiori Giuliano, Graziani Mario. 10. Con distinto provvedimento, la Procura Federale deferiva agli organismi di disciplina dell'A.I.A. Marrazzo Salvatore, Tedone Aldo, per violazione dall'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva per non "avere mantenuto condotta conforme ai principi sportivi della lealtà, della probità e della rettitudine, nonché della correttezza morale e materiale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e sociale". 11. All'udienza del 4 dicembre 1998, con ordinanza (n. 9), la Corte Federale (competente a norma del 2° comma dall'art. 29 dello Statuto della Federazione, in quanto tra gli incolpati vi erano dirigenti federali) avocava a sé il giudizio relativo al deferimento proposto nei confronti del Marrazzo e del Tedone. 12. All'udienza del 28 dicembre 1998, la Corte Federale disponeva la riunione del procedimento promosso nei confronti del Marrazzo e del Tedone a quello instaurato nei confronti del Giulivi, del D'Elia, del Ramicone, del Belfiori e del Graziani, trattandosi di procedimenti disciplinari connessi, per essere attinenti ad un identico contesto giudiziario. 13. ln sede di discussione, sono intervenuti: Elio Giulivi, difeso dall'Avv. Massimo Biffa, che ha presentato memoria difensiva nell'interesse del suo assistito; Pietro D'Elia, che ha presentato memoria difensiva predisposta da lui stesso, difeso dall'Avv. Antonio Zecca; Salvatore Marrazzo, difeso dall'Avv. Antonio Zecca, che ha presentato memoria difensiva nell'interesse del suo assistito; Domenico Ramicone, che ha presentato memoria difensiva; Giuliano Belfiori, che ha presentato memoria difensiva; Mario Graziani, che ha presentato una sua memoria difensiva, assistito dall'Avv. Livio Proietti; Aldo Tedone, che ha presentato memoria difensiva. La Procura Federale è presente nella persona del Procuratore Federale, Avv. Carlo Porceddu. Sono state ascoltate le parti personalmente; ed i loro difensori hanno svolto interventi a difesa dei patrocinanti. Sono stati prodotti, dalle parti e dalla Procura Federale, documenti, i quali sono stati tutti ammessi dalla Corte. II Procuratore Federale ha svolto la sua requisitoria. Le parti ed i loro difensori hanno proceduto ai loro interventi difensivi. In ordine al decisum, la Corte Federale pone a supporto le seguenti CONSIDERAZIONI DI DIRITTO 1. Vanno, innanzitutto, esaminati alcuni profili di carattere pregiudiziale. a) La pendenza di due distinti procedimenti penali (promossi innanzi alle Procure della Repubblica di Rieti e di Salerno) e di un giudizio civile (risarcitorio) (instaurato davanti al Tribunale di Roma) non comporta, in ordine alla fattispecie processuale in esame, alcun profilo di pregiudizialità, in quanto il principio dell'autonomia dei giudizi, sancito dalla Corte Costituzionale e recepito dalle recenti modifiche degli artt. 3 del Codice di Procedura Penale e 295 del Codice di rito civile, consente di rilevare l'indipendenza della presente procedura da qualsiasi accertamento, condotto da giudici civili e/o penali. Non potendo ricorrere rispetto ad essa alcuna ipotesi di pregiudizialità o di contrasto, stante che la giurisdizione sportiva opera in un settore diverso da quelli propri della giustizia ordinaria (civile e penale). b) Non esplica alcuna rilevanza, ai fini del presente procedimento, la notizia delle dimissioni, che sarebbero rese dal Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Elio Giulivi. Innanzi tutto, le stesse non sono state mai comunicate a questa Corte. D'altro canto, per effetto di esse, non è stata sollevata alcuna eccezione di carenza di potestas decidendi da parte della Corte Federale. Del resto, è interesse dello stesso Giulivi ottenere una pronuncia da parte della Giustizia Sportiva, al fine di evitare che nei suoi confronti possa venire ad operare il dettato dall'art. 36, comma 7, delle Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. (secondo cui non possono essere nuovamente tesserati coloro che abbiano rinunciato ad un precedente tesseramento in pendenza di procedimento disciplinare a loro carico). c) In ordine ai poteri istruttori della Corte Federale, va ricordato, come, secondo il disposto delle norme contenute nello Statuto (art. 29) e nel Codice di Giustizia Sportiva (titoli quinto e sesto), nei giudizi promossi per violazione dall'art. 1, di detto Codice, agli Organi della Giustizia Sportiva possa essere concessa la valutazione degli atti esclusivamente sulla base delle risultanze documentali prodotte in giudizio dalle parti (Procura Federale e difesa degli incolpati). La Corte Federale ha ritenuto, pertanto, di poter decidere senza dare ingresso alle prove testimoniali richieste dalla Procura Federale e dalla difesa di alcuni incolpati. D I R I T T O 1. AI fine di sgombrare il campo di indagine va preliminarmente esaminata la posizione del Sig. Mario Graziani, Collaboratore del Comitato Regionale Lazio della L.N.D.. La Procura Federale ne ha richiesto il deferimento sul presupposto che lo stesso avesse dichiarato il falso in merito alla modalità di ricezione dei fax inviati dal Sig. Marrazzo il giorno 2 giugno 1997. AI riguardo è necessario osservare come le modalità di ricezione delle comunicazioni inviate dal Sig. Marrazzo siano pacifiche ed incontrastate in atti e che in merito a detta ricezione non ha nessun rilievo il comportamento del Sig. Graziani il cui errato ricordo è presumibilmente frutto del lungo lasso di tempo trascorso rispetto al verificarsi degli eventi nel momento in cui lo stesso è stato sentito dall'Ufficio Indagini (6.11.1998). Pertanto, il Sig. Mario Graziani deve essere prosciolto dalla contestazione a lui mossa, dalla Procura Federale, non essendosi reso responsabile del comportamento antisportivo, previsto e punito dell'art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva. 2. Va, quindi, esaminata la posizione del Sig. Belfiori Giuliano, Commissario di campo, nel corso della partita del primo giugno 1997, svoltasi sul campo di Rieti, tra la squadra locale ed il Pomezia. II Belfiori è stato deferito dalla Procura Federale per aver posto in essere un comportamento antisportivo non conforme ai principi di lealtà, probità e rettitudine nonché della correttezza previsti dell'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, in quanto refertava falsamente in merito alle proteste effettuate al termine della gara dal calciatore numero 6 del Pomezia (Bianchi), nei confronti dell'arbitro. Asserisce l'Ufficio Indagini che il Commissario di campo non poteva individuare il numero del calciatore Bianchi in quanto lo stesso, avendo sostituito in parte il portiere del Pomezia (Zapraca) in precedenza espulso, ne aveva indossato la maglia, nascondendo così il suo numero originario. Al riguardo asserisce il Belfiori che il Bianchi nel recarsi negli spogliatoi aveva dimesso la maglia del portiere rendendo così evidente il suo numero originario. Tale circostanza non è stata contestata dalla Procura Federale pertanto non è possibile ritenere mendace ì1 referto reso dal Belfiori. Tuttavia, il comportamento del Belfiori è censurabile sotto altro profilo, in quanto lo stesso, in modo assai poco diligente e corretto, rispetto alle norme comportamentali del suo ruolo, si è disinteressato (per sua stessa ammissione) degli avvenimenti accaduti negli ultimi due minuti della gara. Invero, lo stesso, come avrebbe dovuto, non ha seguito con diligenza le fasi finali della partita, né al termine della stessa si è recato negli spogliatoi a verificare con l'arbitro l'esito di una partita, che aveva avuto uno svolgimento convulso con numerose ammonizioni e ben sette espulsioni. Per tali ragioni il Sig. Giuliano Belfiori deve essere ritenuto responsabile del comportamento non conforme ai doveri contenuti nel primo comma, dall'art. 1, del Codice di Giustizia Sportiva a lui ascritto e pertanto allo stesso va inflitta la sanzione di mesi tre di sospensione. 3. Anche la posizione del Sig. Tedone Aldo, Arbitro benemerito, può essere esaminata separatamente al fine di verificare la sussistenza, o no, dell'incolpazione a lui ascritta. Sostiene la Procura Federale che il Sig. Tedone si sarebbe reso responsabile di un comportamento antisportivo, punibile ai sensi del primo comma, dall'art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva, in quanto il 26 ottobre 1997 si era messo in contatto con il Sig. Marrazzo, affermando di farlo per incarico del Presidente Giulivi, per rassicurarlo circa l'interessamento dello stesso alla vicenda che lo vedeva coinvolto e che, in quel momento, aveva visto l'avvio di una indagine penale ad opera della Procura della Repubblica di Rieti. Dalle risultanze processuali e da quanto emerso dai verbali di interrogatorio ad opera dell'Ufficio Indagini non è dato comprendere se il Tedone abbia agito effettivamente su impulso dello stesso Giulivi o se - come egli stesso ha più volte affermato – abbia operato per mera curiosità e per un non meglio specificato spirito di solidarietà nei confronti del "collega" Marrazzo. Ciò che è certo è che il Tedone abbia, nell'incontro del 26 ottobre 1997, offerto al Marrazzo la sensazione di essere ben edotto di una serie di fatti e circostanze e di vantare numerose amicizie "altolocate". Tale circostanza è avvalorata dal fatto che qualche tempo dopo (intorno al 10 novembre) il Marrazzo abbia telefonato al Tedone registrandone la conversazione. E' evidente che la registrazione della telefonata ad opera del Marrazzo, senza comunicarlo al suo interlocutore, integra comportamento assai riprovevole e certamente non leale, ma è altrettanto chiaro che questo comportamento dimostra come il Marrazzo assegnasse notevole importanza a quella telefonata tanto da volersi, con quella registrazione, costituire una prova da utilizzare nelle vicende processuali pendenti. Da quanto sopra esposto emerge che il comportamento avuto dal Sig. Aldo Tedone, che ha affermato, anche in sede dibattimentale, di aver compiuto attività di millantato credito, non può non integrare una lesione ai doveri di lealtà e probità richiesti dal primo articolo del Codice di Giustizia Sportiva. Pertanto, al Sig. Aldo Tedone va inflitta la pena della sospensione per mesi tre. 4. Sgombrato, così, il campo di indagine delle figure che hanno avuto un ruolo minore nella vicenda è ora necessario esaminare la posizione dei Sigg.ri Marrazzo, D'Elia, Giulivi e Ramicone che sono i protagonisti principali di quanto accaduto a seguito della gara Rieti/Pomezia del primo giugno 1997. 4.A - II Sig. Marrazzo Salvatore, arbitro della C.A.N. D della Sezione di Salerno, designato per arbitrare la partita di Rieti, valida per i play-off del Campionato di Eccellenza, è un giovane arbitro di belle speranze in procinto di essere promosso tra gli arbitri della C.A.N. C. Egli diligentemente svolge il non facile compito assegnatogli, tanto da meritare una valutazione positiva da tutti i dirigenti federali (Belfiori e Ramicone) che avevano assistito alla gara. Nei minuti di recupero (49' del secondo tempo) egli nel comminare la quinta espulsione ad un calciatore del Pomezia (il numero 6 Massimiliano Bianchi, che aveva sostituito in porta il portiere Zapraca, in precedenza espulso) sospende la gara, a norma del dettato della Regola n. 3 del Giuoco del Calcio, ed invia le squadre negli spogliatoi. La circostanza che l'espulsione è stata comminata nel corso del quarto degli otto minuti di recupero, che l'arbitro aveva intenzione di far giocare, può aver creato confusione sia presso gli spettatori, che in alcuni calciatori facendo supporre agli stessi che la partita si fosse regolarmente conclusa. In tale errore, peraltro privo di giustificazione giuridica in considerazione dei loro doveri funzionali, possono essere incorsi sia il Commissario di campo Sig. Bernardone, la cui condotta sarà poi esaminata, sia il fiduciario del C.O.N.I. Sig. Giovanni Milano, il quale, contravvenendo alle istruzioni ricevute dal Comitato Olimpico, non ha verificato con l'arbitro l'esito della gara ed ha comunicato che la gara, valida ai fini del Totogol, concorso numero 42, si era regolarmente conclusa con il risultato di uno a zero in favore del Rieti. In tale errore certamente non poteva essere incorso - come vedremo - il Ramicone che, recatosi negli spogliatoi, aveva a lungo parlato con l'arbitro e con i suoi collaboratori. La stessa sera il Marrazzo, dopo aver accompagnato i due suoi collaboratori all'aeroporto di Fiumicino, contatta il Commissario della C.A.N. D e suo concittadino, Dott. D'Elia, e gli comunica l'esito della gara (vedi dichiarazioni di D'Elia), che è risultata sospesa in seguito alla quinta espulsione patita dai calciatori del Pomezia. Quindi prosegue in automobile per Salerno. Gli organi di stampa e le televisioni resi edotti dal C.O.N.I. cui il fiduciario Milano aveva comunicato il risultato dì 1 a 0, in favore del Rieti, ritengono invece la partita regolarmente conclusa ed inseriscono il risultato nel Totogol, concorso n. 42, sin dalla sera di domenica 1.06.1997. II giorno successivo, di buon mattino, il Marrazzo si reca nei locali dell'A.I.A. di Salerno e di lì alle ore 9 e un minuto (vedi sopra l'esposizione dei fatti) invia il referto della gara con la corretta descrizione della espulsione del Bianchi il quale viene espulso "per aver giocato la palla con le mani fuori dell'area di rigore'. Si rileva, inoltre, che il Bianchi era già stato ammonito al 30' del secondo tempo per giunco falloso. In detto verbale si legge testualmente (cfr. pag. 44 degli atti) "la gara veniva sospesa al 49' del secondo tempo perché il Pomezia non aveva il numero minimo di giocatori per proseguire la gara, avendo subito 5 espulsioni. Si precisa che nell'occasione bisognava ancora disputare 4' di gara". Poco dopo, alle ore nove e otto minuti, il Marrazzo viene raggiunto sul suo cellulare (0330 502306) dal Dott. Pietro D'Elia, il quale parla con lui per un minuto e cinquantanove secondi; successivamente, alle ore 9 e 12 minuti, riceve una seconda telefonata dal D'Elia della durata di un minuto e 10 secondi. E' certo, dai tabulati prodotti dallo stesso D'Elia, che tra le due telefonate fatte al Marrazzo il D'Elia abbia chiamato (ore 9 e 11 minuti) il Presidente Giulivi al suo cellulare (0337 858424). A seguito delle due telefonate il Marrazzo modifica il referto e lo spedisce (ore 10 e nove minuti) dal suo studio professionale alla Lega Dilettanti. In questo secondo verbale (vedi pag. 47 degli atti) si legge il risultato finale di 1 a 0, sul primo inesistente (vedi pag. 41 degli atti) e non viene più ricompresa la notazione della sospensione della partita, e l'espulsione del Bianchi viene "retrodatata" a fine partita e comminata "per proteste" (cfr. pag. 50 degli atti). Tale secondo verbale dirà il Marrazzo gli è stato commissionato dal D'Elia, su conforme indicazione del Presidente Giulivi, ai soli fini di avvalorare il risultato già comunicato dal C.O.N.I. sin dalla sera precedente ed oggetto del concorso numero 42 del Totogol. Egli, dunque, dopo aver modificato il referto ed averlo inviato via fax alla Lega Dilettanti, spedisce, a mezzo posta, entrambi i referti alla stessa Lega dall'Ufficio Postale di Salerno- Pastena, dove lavorava la sua ex fidanzata, affinché resti la prova dell'esistenza di due diversi verbali. Alla luce di ciò è pensabile che il Salvatore Marrazzo, forse troppo semplicisticamente, ritenga di non aver danneggiato alcuno, giacché ai fini della giustizia sportiva crede di aver validamente chiarito nel primo verbale sia le ragioni delle espulsioni, che le circostanze che la partita dovesse considerarsi sospesa. Allo stesso tempo egli considera che il secondo referto, ad uso esclusivo del concorso del C.O.N.I., benché palesemente infedele rispetto alla realtà dei fatti, sia un "atto dovuto" secondo la "prassi" comunicatagli dal suo diretto superiore D'Elia e in obbedienza alle disposizioni da questi impartitegli. Successivamente il Marrazzo si renderà conto di essersi reso responsabile di un falso che non può certamente essere definito innocuo e che lo ha portato innanzi ai magistrati inquirenti di Rieti e Salerno, nonché innanzi ai giudici del Tribunale Civile di Roma. Egli cercherà, a questo punto, di difendersi, allegando la tesi di avere eseguito tassative prescrizioni da altri impartite. Perciò quando il Tedone prende contatto con lui ritiene, registrandone la telefonata, fattagli intorno al 10 novembre 1997, di essere riuscito, sia pure con una registrazione non ortodossa, a superare l'isolamento nel quale si era venuto a trovare. Peraltro, il comportamento del Marrazzo Salvatore, persona alla quale certamente non manca una buona conoscenza giuridico-legale (lavorando in uno studio di commercialisti) va certamente sanzionato, non potendosi accogliere la pur suggestiva tesi di avere agito in obbedienza ad un ordine dato dal suo immediato superiore. La macroscopica evidenza del falso richiesto - due referti radicalmente difformi - lo avrebbe, infatti, dovuto indurre a rifiutarsi di eseguire una istruzione palesemente illegittima. II Marrazzo si è reso pertanto complice, pur non essendone l'ideatore, di un raggiro certamente lontano dai principi che ispirano la lealtà e la probità nel mondo dello sport. Alla luce di quanto sopra, e tenuto conto delle circostanze sopra indicate, al Sig. Marrazzo Salvatore, colpevole di aver violato il dettato dall'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, va inflitta la sanzione della sospensione per mesi sei. 4.B - II Sig. Ramicone Domenico, all'epoca dei fatti Vice Commissario della C.A.N. D, è stato deferito dalla Procura Federale per violazione dall'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, "per avere dichiarato falsamente che recatosi nello spogliatoio degli ufficiali di gara alcuno aveva accennato alla quinta espulsione, né al fatto che la partita era da considerarsi sospesa e che l'espulsione, a suo giudizio, si sarebbe potuta evitare poiché l'ultimo fatto non era così grave o forse non da ultimo uomo". II Ramicone si era recato a Rieti per visionare la terna arbitrale ed in particolare uno dei due guardalinee, il Sig. Carmelo Longo. Egli al termine della gara, dopo circa venti minuti, entrò negli spogliatoi dell'arbitro ed a lungo si trattenne a parlare con lui e con i suoi due assistenti delle vicende della partita, entrando per sua stessa ammissione, più volte reiterata in dibattimento, nel merito di esse. Attesa l'attitudine didascalica e la scarsa sinteticità del Ramicone, desumibile anche dal dibattimento, è impensabile che lo stesso non si sia reso conto che la partita era stata sospesa a seguito della quinta espulsione comminata contro i calciatori del Pomezia. In base a tale presupposto è, dunque, mendace la ricostruzione che lo stesso fa delle fasi successive, compresa la telefonata fatta all'altro Vice Commissario della C.A.N. D il Sig. Bernardone Matteo, che si trovava insieme al Commissario D'Elia a Milano Marittima per la fase finale dei play-off della Primavera (vedi pag. 210 degli atti). Del resto la stessa posizione del Sig. Bernardone Matteo appare poco chiara. Certamente contraddittoria è la sua deposizione del 18 novembre 1998 ( cfr. pagg. 210 e seguenti degli atti di causa). La lunga conversazione telefonica tra il Ramicone ed il Bernardone e la circostanza che quest'ultimo e il D'Elia pur essendo nello stesso luogo ed avendo dati discordanti in merito alla gara Rieti/Pomezia (circostanze queste pacifiche) non si siano mai parlati, né nella serata del primo giugno (nella quale erano stati resi edotti dell'accaduto il D'Elia dall'arbitro Marrazzo e il Bernardone dal collega Ramicone), né nell'intera giornata del due giugno 1997, nella quale sono rientrati insieme a Roma in automobile (cfr. dichiarazioni del Bernardone, pag. 212), non è credibile. Per tali ragioni è presumibile invece che il D'Elia, insieme al Bernardone e con il consiglio del Ramicone, siano stati perfettamente edotti, fin dalla sera della domenica, della gravissima situazione determinatasi con la diffusione da parte del C.O.N.I. di un risultato difforme rispetto alla realtà della gara sospesa. Le dichiarazioni del Ramicone risultano, pertanto, non conformi al vero e pertanto appare evidente la sua responsabilità circa il comportamento ascrittogli: lo stesso va condannato a mesi sei di sospensione. E', inoltre, indispensabile un supplemento di indagine in capo al Sig. Bernardone Matteo ad opera dell'Ufficio Indagini, al quale vengono trasmessi gli atti di causa. 4.C - Circa la posizione del D'Elia, che asserisce avere anche lui agito su istruzioni superiori, quelle del Presidente della Lega Nazionale Dilettanti Giulivi, va rilevato che il primo contatto, desumibile in atti, tra il Giulivi ed il D'Elia, è costituito da una telefonata fatta da quest'ultimo al primo all'utenza n. 0337 858424, alle ore 9,11 del giorno 2.06.1997. Invero, non risulta provata la circostanza che il D'Elia sia stato chiamato dal Dott. Mauro Grimaldi, all'epoca Segretario della Lega Dilettanti, per far sì che lo stesso si mettesse in contatto con il Giulivi. Sono stati infatti acquisiti agli atti del giudizio i verbali delle telefonate del Grimaldi, dai quali non emerge nessuna telefonata in partenza per l'utenza telefonica del Dott. D'Elia. Del resto, la successione delle telefonate della mattina del 2.06.1997, D'Elia-Marrazzo/D'Elia-Giulivi/D'Elia-Marrazzo, non è di per sé idonea ad avallare la tesi dell'input superiore. In ogni caso quel che si è detto in punto di logica giuridica, per la posizione del giovane arbitro Marrazzo, vale molto di più per la posizione del D'Elia, prestigioso arbitro internazionale, conoscitore del diritto, con esperienze politiche elettorali di primaria importanza. La macroscopica evidenza di falso nei referti che il D'Elia ha richiesto all'arbitro Marrazzo è tale che, anche se fosse stato provato l'ordine superiore, questo sarebbe stato palesemente illegittimo e, quindi, di impossibile esecuzione. Osservazione corroborata dal fatto che il D'Elia era stato a conoscenza fin dalla sera della domenica del problema insorto e aveva perciò avuto tutto il tempo per valutare la serietà e le possibili soluzioni. Per tali ragioni, al Dott. Pietro D'Elia, del quale è dimostrata la responsabilità e la lesione dei comportamenti di correttezza e rettitudine, con l'aggravante di avere indotto in errore un suo subordinato rispetto al quale si trovava in posizione gerarchica chiave, va inflitta la sanzione di anni 1 di sospensione. 4.D - Venendo, infine, alla posizione del Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Elio Giulivi, la ricostruzione dei fatti, sin qui svolta, ci consente di rilevare come lo stesso abbia sicuramente autorizzato il raggiro con il plausibile movente di non sminuire il prestigio della sua carica e quello suo personale, nei confronti del massimo organo dello sport italiano. In questo, probabilmente "confortato" dalla erronea considerazione che il raggiro non avrebbe comunque alterato il risultato sportivo (la vittoria della squadra del Rieti), ma senza riflettere sul grave nocumento alla regolarità del gioco di sorte collegato alla effettiva conduzione a termine della partita. Invero, non appare credibile la difesa del Giulivi, che contesta, senza provarlo, di aver ricevuto la telefonata delle ore 9,11 da parte del D'Elia. Dall'analisi.dei tabulati forniti dallo stesso D'Elia e dalla ricerca dei numeri telefonici di cellulari forniti dalla Federazione appare incontestabile che la telefonata delle ore 9,11 è effettuata dal D'Elia nei confronti dell'utenza del Giulivi. Del resto, il Giulivi non ha prodotto, come avrebbe potuto, alcun tipo di tabulato, che consenta, in concreto, di smentire detta circostanza. Né è pensabile che un raggiro di tale gravità, reso evidente oltretutto dall'esistenza in seno alla Federazione del primo, e fedele, referto, valido ai fini della giustizia sportiva, sia stato posto in essere senza il preventivo consenso del Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, quale che sia stato il tenore delle telefonate intercorse tra il Giulivi e il D'Elia. In conclusione, il Giulivi ha pienamente consentito allo escamotage del doppio referto ponendo, così, in essere un comportamento lesivo dei doveri previsti dell'art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva. Per le suesposte ragioni, tenuto conto delle circostanze sopra descritte, al Dott. Elio Giulivi va comminata la sanzione dell'inibizione per anni 1. PER QUESTI MOTIVI la Corte Federale, pronunciando sul deferimento del Procuratore Federale, come in epigrafe individuato e descritto, dichiara i deferiti responsabili delle violazioni loro ascritte ed infligge al Dott. Elio Giulivi la sanzione della inibizione per un anno; al Dott. Pietro D'Elia la sanzione della sospensione per un anno; al Sig. Domenico Ramicone la sanzione della sospensione per mesi sei; al Sig. Salvatore Marrazzo la sanzione della sospensione per mesi sei; al Sig. Aldo Tedone la sanzione della sospensione per mesi tre; al Sig. Giuliano BELFIORI la sanzione della inibizione per mesi tre. Proscioglie da qualsiasi incolpazione il Sig. Mario Graziani.
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