F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2003/2004 Comunicato ufficiale n. 16/Cf riunione del 16 aprile 2004 – pubbl. su www.figc.it RICORSO DEL CALCIO CATANIA S.P.A. AVVERSO LA DELIBERA DI ESCLUSIO- NE DALLA FRUIZIONE DEI CONTRIBUTI DI MUTUALITA’, ADOTTATA DALL’AS- SEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIO- NISTI DEL 16.10.2003

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2003/2004 Comunicato ufficiale n. 16/Cf riunione del 16 aprile 2004 – pubbl. su www.figc.it RICORSO DEL CALCIO CATANIA S.P.A. AVVERSO LA DELIBERA DI ESCLUSIO- NE DALLA FRUIZIONE DEI CONTRIBUTI DI MUTUALITA’, ADOTTATA DALL’AS- SEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DELLA LEGA NAZIONALE PROFESSIO- NISTI DEL 16.10.2003 SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO Con ricorso del 21 ottobre 2003, il Calcio Catania s.p.a. chiedeva che questa Corte dichiarasse “nulla, inefficace ed invalida” la deliberazione adottata il precedente 16 ottobre dall’Assemblea Generale Straordinaria della Lega Nazionale Professionisti nella parte in cui, sostanzialmente revocando la propria deliberazione del 15 settembre 2003, approvava l’indirizzo di attribuire la mutualità alla Serie B in venti quote – anziché ventuno, in esse inclusa la ricorrente, come originariamente deliberato-, demandando al Consiglio di Lega la determinazione di provvista e spettanze per le società Catania, Fiorentina, Genoa e Salernitana. Nel ricorso si poneva in rilievo che: 1) la sostanziale revoca della prima deliberazione era avvenuta in assenza di nuove circostanze; 2) la deliberazione impugnata era stata adottata in violazione dei principi di correttezza e buona fede, non avendo, tra l’altro, tenuto conto che, per effetto ed in esecuzione della prima deliberazio-ne, era stato erogato alla ricorrente un anticipo netto di oltre 787 mila euro, che aveva fatto sorgere in essa il legittimo affidamento circa il successivo integrale versamento del contributo; 3) la delibe-razione impugnata era stata adottata in assenza del quorum deliberativo in quanto non aveva riportato la maggioranza dei voti delle società presenti. Nel corso del procedimento venivano disposte da questa Corte acquisizioni documentali e la ricorrente depositava ulteriori difese scritte. Prima dell’udienza di discussione – cui partecipava il difensore della ricorrente- la Salerni-tana Sport S.p.a. produceva copia di atti inviati ai Presidenti del C.O.N.I., della F.I.G.C. e della Lega Nazionale Professionisti relativi ai criteri di ripartizione della cosiddetta mutualità tra le società di Serie B. MOTIVI DELLA DECISIONE La Corte osserva che il ricorso è fondato nel merito (ciò che assorbe gli altri motivi) e pertanto va accolto, con annullamento “in parte qua” della deliberazione impugnata e reviviscenza di quella del 15 settembre 2003; va altresì disposta la restituzione della tassa versata. A questa conclusione la Corte perviene esaminando le fasi, tra loro contraddittorie, che han-no gradualmente portato al sostanziale ribaltamento degli effetti dell’originaria deliberazione dell’Assemblea Straordinaria della L.N.P. in ordine alla ripartizione della mutualità tra le squadre di Serie B. Al riguardo è necessario premettere che la struttura quantitativa della c.d. mutualità – quale si ricava dai noti accordi del 1999 – si forma attraverso un complesso meccanismo di indivi-duazione delle singole componenti e che, in relazione a talune di esse, - come già chiarito da questa Corte con il proprio parere del 22 dicembre 2003 – si configurano a favore delle società destinatarie veri e propri diritti individuali, come tali oggetto di tutela in caso di loro mancato conseguimento. Ciò premesso, è da rilevare che l’Assemblea Generale del 15 settembre 2003 deliberò, senza alcuna opposizione nel merito (solo il rappresentante del Cagliari chiese che il problema della mutualità venisse discusso e deliberato in sede di Consiglio di Lega: non risulta, tuttavia, il suo voto contrario sulla deliberazione di merito), di approvare “l’indirizzo di massima di considerare la mutualità della Serie B per ventuno quote, equiparando il Catania alle altre venti società”. E’ da rilevare, altresì, che dal verbale dell’Assemblea si desume che, nell’esprimere la proposta, che sarebbe stata poi accolta, di “allargare la mutualità a ventuno squadre”, il Presidente della Lega riferì della specifica posizione del Catania (riammessa in Serie B, secondo la stessa prospettazione della ricorrente, “ope iudicis” e non “ope legis”) rispetto a quella delle altre tre squadre riammesse nell’agosto precedente e sottolineò la improcrastinabilità della deliberazione di massima, suscettibile peraltro della necessaria integrazione da parte del Consiglio di Lega circa i criteri da adottare. Questa duplice dichiarazione, da cui trasse origine il voto unanime dell’Assemblea, costituisce il fondamento su cui poggiava la deliberazione originaria. E’ il caso di aggiungere che è provato dalla relativa fattura che l’indomani della Assemblea del 15 settembre 2003 fu dalla Lega Nazionale Professionisti corrisposto il “primo acconto proventi Lega stagione sportiva 2003/2004” per un totale di 944.857,14 euro ( di cui 157.476,19 euro per IVA) alla ricorrente, in manifesta esecuzione della deliberazione appena illustrata. Il successivo 25 settembre, nel corso dell’Assemblea Straordinaria di Categoria della Serie B,ed effettivamente al di fuori dei punti fissati dall’ordine del giorno, a seguito di distinti richieste rispettivamente formulate da diciannove società di quel campionato e dalla Fiorentina, fu deliberato all’unanimità di: “a) riportare all’Assemblea generale straordinaria prossima la revoca della decisione assunta in merito alla mutualità della Serie B in Assemblea generale straordinaria del. 15.9.2003; b) dare mandato ai propri consiglieri di portare in sede di Consiglio di Lega, ai sensi dell’art. 46 del Regolamento di Lega, le proposte di ripartizione secondo le linee di indirizzo di competenza esclusiva dell’Assemblea di Serie B”. Anteriormente all’Assemblea straordinaria della L.N.P. del 16 ottobre 2003, la Società ricorrente inviava motivata diffida volta a precludere la revoca della deliberazione del 15 settembre precedente, posizione ribadita nel corso dell’Assemblea stessa. Nel corso di questa furono esposte, da parte di alcune società di Serie B, posizioni contrarie al mantenimento in vita della deliberazione originaria: le stesse furono accolte nella duplice votazione con cui si deliberò rispettivamente il dissenso rispetto a quanto stabilito il 15 settembre 2003 e la volontà di accedere alla soluzione prevedente “quote piene per le venti Società aventi titolo sportivo già ammesse al campionato di Serie B e quattro posizioni differenziate (Catania, Fiorentina, Genoa e Salernitana)”. Così ripercorso il laborioso itinerario di formazione della volontà finale dell’Assemblea, ed accertato che essa si diresse verso effetti diversi ed incompatibili rispetto a quella espressa durante la riunione del 15 settembre 2003, la Corte ritiene che la deliberazione adottata in quest’ultima data sia stata illegittimamente rimossa. La Corte ritiene, in particolare, che la deliberazione impugnata sia stata adottata in violazione del generale principio di buona fede che deve animare i rapporti interindividuali e, per quanto in questa sede soprattutto rileva, la fase della loro esecuzione. La violazione ha preso corpo sotto un duplice profilo. Da un canto, appare evidente dalla lettura del verbale dell’assemblea del 16 ottobre 2003 che in nessuno degli interventi svolti allo scopo di prestare supporto alla revoca della precedente deliberazione (ed in particolare degli interventi dei rappresentanti del Venezia, del Cagliari e della Fiorentina) sono state addotte ragioni nuove o sopravvenute rispetto alla precedente occasione, di cui non si fosse, quindi, potuto allora tener conto, le quali potessero configurarsi come giusta causa di revoca di un valido ed efficace atto negoziale. La deliberazione oggi impugnata fu in pratica votata sulla base di un mero ripensamento della precedente in termini non di interesse generale dell’Associazione ma di pentimento per le ricadute patrimoniali negative che sulle venti Società sin dall’inizio ammesse al campionato di Serie B avrebbe prodotto l’aggregazione della ricorrente al medesimo fondo mutualistico da ripartire in frazioni eguali. Fu, quindi, l’interesse particolare che dichiaratamente prevalse ed orientò illegittimamente la volontà assembleare verso una soluzione altrettanto evidentemente penalizzante per la ricorrente, precedente destinataria della unanime deliberazione. Ora, è già di per sé causa di invalidità della revoca di precedenti atti negoziali l’insussistenza di giusta causa nel senso prima chiarito, e ciò per l’esigenza di stabilità dei rapporti giuridici. altrimenti compromessa dalla revocabilità ”ad nutum” e per di più non assistita – come nel caso di specie – dalla volontà unanime delle parti che avevano concorso a formare l’atto originario. Ancor più marcatamente censurabile appare la deliberazione in esame se si tiene conto delle seguenti, concorrenti circostanze: 1) del fine particolaristico perseguito dalle Società votanti per la sostanziale revoca, che dalla stessa avrebbero tratto beneficio diretto ed immediato; 2) della totale trascuratezza verso la doverosa tutela dell’affidamento circa la completa esecuzione della deliberazione originaria legittimamente coltivato dalla ricorrente per effetto del descritto spontaneo inizio di adempimento da parte della Lega, affidamento meritevole di peculiare protezione in quanto tradottosi in coerente appostazione nel bilancio sociale dell’importo ricevuto. Nessuna di queste circostanze fu tenuta in considerazione in sede di nuova deliberazione né impedì la revoca della precedente, malgrado in alcuni degli interventi si fosse apertamente segnalato il rischio della incongruenza di una nuova manifestazione di volontà rispetto alla precedente (sintomatico è l’intervento del rappresentante del Genoa che ”si chiede come sia possibile che, a distanza di poche settimane, l’Assemblea possa decidere di invalidare una propria decisione che incide sul conto economico delle società”). Di queste preoccupazioni la deliberazione impugnata mostrò di disinteressarsi, così radicando l’assoluta inosservanza del precetto di buona fede posto dagli artt 1175 e 1375 del c.c., la cui violazione determina secondo “ius receptum” causa di annullamento ai sensi degli artt.2373 e 2377 c.c., delle deliberazioni assembleari (cui va assimilata”quoad effecta” quella di cui si tratta). Del resto, va anche escluso che a legittimare la deliberazione di revoca possa valere il punto 3) della deliberazione adottata il 20 agosto 2003 dal Consiglio Federale, e trasfusa letteralmente in quella votata l’indomani dalla Giunta nazionale del Coni, tenuto conto che entrambi i testi preesistevano – e si presumevano legalmente noti nei confronti degli associati in virtù della rituale pubblicazione – al momento della prima deliberazione e che di essi si tenne allora esplicitamente conto, come si evince dalla relazione iniziale del Presidente della Lega il quale propose poi la deliberazione successivamente revocata. In conclusione, va dichiarata l’invalidità “in parte qua” della deliberazione impugnata con l’effetto del mantenimento, sempre quanto al medesimo oggetto, di quella del 15 settembre 2003. Va, invece, dichiarato inammissibile l’atto di atipico intervento della Salernitana Sport Spa, sia perché avente oggetto non coincidente col “petitum” del ricorso principale, sia perché posto in essere al di fuori dei termini di possibile impugnazione della deliberazione del 16 ottobre 2003. P.Q.M. La Corte federale, decidendo sul ricorso come in epigrafe proposto dal Calcio Catania s.p.a., lo accoglie, disponendo, altresì, la restituzione della tassa versata..
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