F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2003/2004 Comunicato ufficiale n. 17/Cf riunione del 26 aprile 2004 – pubbl. su www.figc.it RICHIESTA DEL PRESIDENTE FEDERALE DI INTERPRETAZIONE DELL’ART. 16, COMMA 6, DELLE N.O.I.F.
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2003/2004
Comunicato ufficiale n. 17/Cf riunione del 26 aprile 2004 – pubbl. su www.figc.it
RICHIESTA DEL PRESIDENTE FEDERALE DI INTERPRETAZIONE DELL’ART. 16, COMMA 6, DELLE N.O.I.F.
Con nota del 7 aprile 2004 il Presidente Federale ha chiesto a questa Corte, ai sensi dell’art. 22 del Codice di giustizia sportiva, di interpretare l’art. 16, comma 6, N.O.I.F., e di rendere in particolare il proprio parere circa l’applicabilità di tale norma – che prevede che il Presidente Federale deliberi la revoca dell’affiliazione della società in caso di dichiarazione di fallimento – anche all’ipotesi di assoggettamento di una società alla procedura di amministrazione straordinaria, in special modo prevista dal decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito in legge 18 febbraio
2004, n. 39.
Ciò premesso, la Corte osserva che la risposta al quesito non può che prendere le mosse dalla lettura delle norme di diritto comune regolanti la materia dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, oggetto di successivi interventi legislativi (decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in legge 3 aprile 1979, n. 95; decreto legislativo 8 luglio 1999, n.
270; oltre al citato provvedimento dello scorso anno).
La natura e le finalità della amministrazione straordinaria sono comuni a tutte le tipologie di interventi legislativi citati – il cui ambito di applicazione differisce solo quanto alle dimensioni ed ai dei requisiti relativi alle imprese – ed hanno, quindi , assunto un carattere costante e suscettibile di chiara individuazione. In particolare, l’art. 1 del decreto legislativo 270/1999 definisce l’amministrazione straordinaria come la “procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali “.
E’, quindi, indubbio, da un canto, che l’istituto in parola partecipi alla categoria delle procedure concorsuali – sia pure promuovib ili nei confronti di imprese commerciali di dimensioni particolarmente estese – e, d’altro canto, che lo scopo fondamentale che esso mira a realizzare è quello della conservazione del patrimonio produttivo, la cui concreta attuazione è espressamente affidata alla prosecuzione (nelle varie forme della riattivazione e riconversione) delle attività imprenditoriali).
Mezzi e fine dell’assoggettamento della grande impresa alla procedura in questione ruotano evidentemente attorno all’idea che essa continui a vivere ed a operare, piuttosto che venire a cessare, sicchè il sistema di misure legislative in esame sarebbe inconcepibile se non nella cornice del presupposto del perdurante, effettivo esercizio dell’impresa. Nessuna prospettiva liquidatoria è, pertanto, ravvisabile nello scopo primario e caratterizzante di queste disposizioni: piuttosto, tale prospettiva è soltanto residuale ed eventuale, nel senso che la liquidazione conseguirebbe esclusivamente alla verifica certa della irrealizzabilità del risanamento aziendale, che – giova
ripetere - dal legislatore è in via di principio ritenuto possibile solo attraverso l’esercizio dell’attività di impresa.
Proprio in questa pluralità di aspetti strumentali e finalistici connessi all’intrinseca natura dell’amministrazione straordinaria si colloca senza incertezze la linea di confine tra il relativo procedimento e quello fallimentare. In senso pienamente corrispondente si è, del resto, espressa in forma consolidata ed inequivoca la giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha recisamente escluso l’assimilabilità della procedura di amministrazione straordinaria in discorso, “connotata da prevalenti finalità conservative e di ripristino della piena funzionalità economica dell’impresa”, alla procedura fallimentare “connotata da esclusive finalità liquidatorie” (cfr., in termini, Cass. 7 marzo
1998, n. 2577): la stessa giurisprudenza, nel ribadire la centralità della fase conservativa dell’amministrazione straordinaria, contrapponendola alle finalità recuperatorie proprie della procedura fallimentare e delle azioni revocatorie in seno ad essa esperibili, ha chiarito come sia soltanto eventuale nella prima la fase liquidatoria, destinata al conseguimento delle ragioni dei creditori e subordinata alla irrealizzabilità del fine di risanamento della grande impresa ed alla relativa riorganizzazione delle strutture produttive (così Cass. 5 settembre 2003, n. 12936).
Logica conferma della eterogeneità dei regimi, dei presupposti e delle finalità delle due procedure concorsuali a raffronto (amministrazione straordinaria e fallimento) è data dalla possibilità di reciproca conversione dell’una nell’altra, laddove maturino le relative condizioni, e di conseguente applicazione dello statuto normativo pertinente alla nuova figura (cfr. Cass. 29 maggio
1997, n. 4748), previsione, questa, spiegabile solo con l’originaria eterogeneità delle due figure.
Del tutto coerente col descritto quadro normativo e con la illustrata ricostruzione sistematica si rivela la norma federale della cui interpretazione si tratta. Ed infatti, essa ragionevolmente limita alla sola ipotesi del fallimento di una società la deliberazione presidenziale di revoca della relativa affiliazione. La scelta è chiara e logica, ed altrettanto chiara e logica è l’eccezione alla regola della revoca dell’affiliazione (o, più esattamente, della parziale ultraattività dell’affiliazione) per il caso in cui il tribunale disponga la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa della società fallita.
L’ordinamento federale si muove, infatti, nel solco della solidissima linea interpretativa che individua nel fallimento una procedura concorsuale naturalmente e fondamentalmente vocata a scopi liquidatori, come tali normalmente impeditivi dell’attività sportiva. Proprio questa tendenziale impossibilità a conseguire lo scopo sociale da parte di una società sportiva dichiarata fallita giustifica la revoca dell’affiliazione, mentre del tutto occasionale è la temporanea protrazione
dell’efficacia dell’affiliazione, legata al provvedimento autorizzativo della continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, in ogni caso non eccedente la conclusione della stagione sportiva nel corso della quale viene dichiarato il fallimento.
In altre parole, l’ordinamento federale costruisce il sistema di rapporti tra affiliazione e fallimento in termini di reciproca incompatibilità, in quanto il secondo tende all’estinzione del soggetto giuridico affiliato (sintomatico è che il comma successivo dello stesso art. 16 N.O.I.F. prevede la revoca dell’affiliazione anche nel caso della liquidazione della società ai sensi del codice civile), piuttosto che alla sua conservazione come nel caso dell’amministrazione straordinaria.
Quest’ultima, quindi, non solo non è assimilabile sotto l’aspetto strutturale e teleologico al fallimento, ma costituisce, nello specifico versante dell’attività sportiva, garanzia certa ed incontestabile della sua effettiva prosecuzione. Ciò rende evidentemente inapplicabile alla stessa amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi (fino a quando non sia eventualmente accertata l’impossibilità di risanamento con conseguente pronuncia del decreto di fallimento di cui all’articolo 30 d.lgs. 270/1999) la disposizione di cui all’art. 16, comma 6, N.O.I.F., disposizione, peraltro, che, in quanto ablativa di fondamentali posizioni soggettive in ambito federale, è insuscettibile di interpretazione estensiva e, tanto meno, di applicazione analogica.
P.Q.M.
La Corte federale, sulla richiesta come in epigrafe formulata dal Presidente Federale, esprime il parere che l’assoggettamento di una società alla procedura dell’amministrazione straordinaria prevista per le grandi imprese in crisi non comporti la revoca dell’affiliazione ai sensi dell’art. 16, comma 6, delle N.O.I.F.