LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI 2002 – 2003 COMUNICATO UFFICIALE N. 348 DEL 5 giugno 2003 – pubbl. su www.lega-calcio.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Sig. Enrico PREZIOSI – Presidente Soc. Como: violazione art. 3 comma 1, art. 4 comma 3 e art. 16 comma 1 C.G.S.; Soc. COMO: violazione art. 3 comma 2, art. 2 comma 4, art. 4 comma 5 e art. 16 comma 3 C.G.S. (dichiarazioni alla stampa del 30/04/03) Sig. Enrico PREZIOSI – Presidente Soc. Como: violazione art. 3 comma 1, art. 4 comma 3 e art. 16 comma 1 C.G.S.; Soc. COMO: violazione art. 3 comma 2, art. 2 comma 4, art. 4 comma 5 e art. 16 comma 3 C.G.S. (dichiarazioni alla stampa del 16/05/03)
LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI 2002 – 2003
COMUNICATO UFFICIALE N. 348 DEL 5 giugno 2003 – pubbl. su www.lega-calcio.it
DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE
DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico:
Sig. Enrico PREZIOSI – Presidente Soc. Como: violazione art. 3 comma 1, art. 4 comma 3
e art. 16 comma 1 C.G.S.;
Soc. COMO: violazione art. 3 comma 2, art. 2 comma 4, art. 4 comma 5 e art. 16 comma 3
C.G.S. (dichiarazioni alla stampa del 30/04/03)
Sig. Enrico PREZIOSI – Presidente Soc. Como: violazione art. 3 comma 1, art. 4 comma 3
e art. 16 comma 1 C.G.S.;
Soc. COMO: violazione art. 3 comma 2, art. 2 comma 4, art. 4 comma 5 e art. 16 comma 3
C.G.S. (dichiarazioni alla stampa del 16/05/03)
Il procedimento
Con provvedimento del 5/5/2003, il Procuratore Federale ha deferito a questa Commissione
Enrico Preziosi, Presidente della Soc. Como, per violazione dell'art. 3, comma 1, art. 4, comma
3 e art. 16, comma 1 del C.G.S., per avere espresso, nel corso di dichiarazioni rese ad organi di
informazione (“La Gazzetta dello Sport” del 30/4/2003) giudizi lesivi della reputazione di persone
e organismi operanti nell’ambito federale, e messo in dubbio la regolarità del Campionato di
Serie B, nonché la Soc. Como per violazione dell'art. 3, comma 2, art. 2, comma 4, art. 4
comma 5 e art. 16, comma 3 del C.G.S., per responsabilità oggettiva e diretta nella violazione
ascritta al proprio Presidente.
Successivamente, con provvedimento del 16/5/2003, il Procuratore Federale ha nuovamente
deferito a questa Commissione Enrico Preziosi per violazione dell'art. 3, comma 1, art. 4, comma
3 e art. 16, comma 1 del C.G.S., per avere espresso, nel corso di dichiarazioni rese ad organi di
informazione (“La Gazzetta dello Sport” del 13/5/2003), giudizi lesivi della reputazione di
persone e organismi operanti nell’ambito federale, mettendo altresì in dubbio la regolarità delle
gare, l’imparzialità della procedura delle designazioni dei direttori di gara e la correttezza dello
svolgimento dei campionati. Con il medesimo atto, il Procuratore Federale ha altresì deferito la
Soc. Como per violazione dell'art. 3, comma 2, art. 2, comma 4, art. 4, comma 5 e art. 16
comma 3 del C.G.S., per responsabilità diretta ed oggettiva nella violazione ascritta al proprio
Presidente.
Nei termini assegnati nell'atto di contestazione degli addebiti, gli incolpati hanno fatto pervenire
un’unica memoria difensiva relativa ai due deferimenti in oggetto: a) deducendo, in via
preliminare, l’improcedibilità dei deferimenti per violazione del principio del giusto processo e del
diritto alla difesa sancito dalla stessa Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo, stante la mancanza di indicazioni in merito alle richieste sanzionatorie della Procura;
b) chiedendo, in via preliminare e in subordine, il rinvio dell’udienza di discussione al fine di poter
conoscere anticipatamente le richieste della Procura a carico degli stessi; c) deducendo, in
subordine e sempre in via preliminare, l’improcedibilità dei deferimenti per genericità e mancanza
di motivazioni degli stessi; d) deducendo, in ulteriore subordine e ancora in via preliminare,
l’improcedibilità dei deferimenti per contrasto delle norme federali in materia di “responsabilità
oggettiva” a disposizioni di leggi primarie; e) chiedendo, sempre in via preliminare ed in ulteriore
subordine, di respingere le richieste della Procura nei confronti del Como Calcio per
responsabilità oggettiva, essendo state le dichiarazioni contestate rilasciate dal Preziosi durante il
periodo di inibizione e quindi non potendo lo stesso in alcun modo rappresentare la società in
ambito federale, come indicato dall’art. 7 comma 8 e art. 17 comma 13 C.G.S.; f) chiedendo,
ancora in via preliminare, di respingere le richieste della Procura nei confronti del Como Calcio
per responsabilità oggettiva, essendo le dichiarazioni del Preziosi riferite alla sua nuova
condizione di proprietario del Genoa, senza quindi nessun collegamento con il proprio ruolo nel
Como Calcio; g) invocando infine l’applicabilità dell’istituto della continuazione alle violazioni
dell’art. 3, comma 1 C.G.S., dovendo le dichiarazioni contestate essere considerate come
semplice prosecuzione di una sola violazione; h) infine, nel merito chiedendo di prosciogliere il
Preziosi ed il Como Calcio dalle accuse relative ad entrambi i deferimenti in quanto generiche,
infondate e comunque non contrarie alle norme federali, costituendo le (ironiche) dichiarazioni del
Preziosi esercizio del legittimo ed irrinunciabile diritto di critica.
Alla riunione odierna, preliminarmente la Commissione, nulla opponendo le parti, disponeva la
riunione dei due procedimenti, attesa la loro connessione soggettiva.
E’ comparso il Vice Procuratore Federale, il quale ha chiesto la dichiarazione di responsabilità
degli incolpati e - relativamente al primo deferimento del 5/5/2003 - la condanna di Enrico
Preziosi (tenuto conto anche della reiterazione) alla sanzione dell’inibizione a svolgere ogni attività
in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali e a rappresentare la Società in ambito federale
per la durata di giorni 10 (dieci), unitamente alla sanzione dell’ammenda di € 8.000,00 per il
Preziosi e per la Soc. Como, e, riguardo al secondo deferimento del 16/5/2003, la condanna di
Enrico Preziosi (tenuto nuovamente conto della reiterazione) alla sanzione dell’inibizione a
svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la
Società in ambito federale per la durata di 1 mese e la condanna alla sanzione dell’ammenda di €
15.000,00 per il Preziosi e per la Soc. Como.
Sono comparsi altresì il deferito ed il difensore degli incolpati il quale, richiamati i motivi già
esposti in memoria, si riporta alle conclusioni già formulate.
Ad integrazione, sottolinea come debbano essere disapplicate quelle norme del C.G.S. (come
l’art. 2 comma 4, art. 3 comma 2, art. 4 comma 5, art. 9 commi 1 e 3, art. 16 comma 3), che
appaiono contrarie ai principi costituzionali. Nello specifico, la difesa ritiene contrarie ai principi
generali dell’ordinamento giudiziario le norme del C.G.S. riguardanti la “responsabilità oggettiva”.
Per questi motivi, la difesa chiede il proscioglimento del Como Calcio da entrambe le
incolpazioni mosse a titolo di responsabilità oggettiva.
Per quel che riguarda la posizione del Preziosi, la difesa ritiene che le previsioni sanzionatorie del
C.G.S. confliggano con il principio della proporzionalità delle pene (sancito dalla stessa
Costituzione e dal Codice Penale). In secondo luogo, contesta la fedeltà delle dichiarazioni,
attribuite al Preziosi, così come riportate dalla stampa, non avendo la Procura provveduto a
verificarne l’autenticità, in assolvimento dell’onere della prova che, a detta della difesa,
spetterebbe all’accusa. Non è possibile, sempre a detta della difesa, trasformare quella che è – ai
sensi dell’art. 8 cd. “Legge Stampa” – una facoltà di smentita in un dovere di smentita.
Ribadisce infine l’incensurabilità delle dichiarazioni, in quanto espressione del legittimo ed
irrinunciabile diritto di critica.
Per questi motivi, la difesa chiede la dichiarazione di non responsabilità del Preziosi. In via
subordinata, invoca l’applicazione dell’istituto della continuazione con riferimento agli episodi
oggetto dei presenti deferimenti e a quelli precedentemente sanzionati da questa Commissione,
trattandosi di violazioni, pur diverse, commesse in esecuzione di un medesimo “disegno”.
I motivi della decisione
In via preliminare, questa Commissione ritiene prive di fondamento le argomentazioni difensive
relative ad una asserita improcedibilità dei deferimenti per violazione del principio del giusto
processo e del diritto alla difesa, stante la mancanza di indicazioni e motivazioni della Procura in
merito alle proprie richieste sanzionatorie.
Ai fini dell’incolpazione infatti, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto, non l’indicazione
delle norme che si assumono violate. Ove il fatto, quindi, sia precisato in modo puntuale e
dettagliato, la mancata individuazione delle norme di riferimento non determina invalidità, purchè
non insorga equivoco alcuno per l’espletamento di una completa ed integra difesa: nel caso di
specie, si ritiene che i due atti di deferimento contengano una descrizione sufficientemente
specifica e dettagliata dei fatti, tale da rendere inequivoche le rispettive motivazioni e garantire il
pieno esercizio del diritto alla difesa. A maggior ragione, tale diritto non può in alcun modo
ritenersi violato in caso di omessa preventiva quantificazione delle sanzioni richieste.
Formulare le rispettive richieste al termine del contraddittorio dibattimentale risponde infatti alla
logica di ogni ordinamento processuale.
Per questi motivi, la Commissione non può accogliere la richiesta di rinvio formulata nella
memoria difensiva dei deferiti.
Allo stesso modo, non sembra meritevole di accoglimento la tesi difensiva riguardante un
presunto contrasto fra le norme federali in materia di “responsabilità oggettiva” e disposizioni di
leggi primarie (come tali, a detta della difesa, inderogabili). Contrasto in forza del quale i deferiti
chiedono a questa Commissione la disapplicazione delle relative norme del C.G.S..
Al riguardo, va anzitutto osservato come la posizione del Preziosi in seno alla società di
appartenenza comporti una responsabilità “diretta” (e non meramente “oggettiva”) del Como
Calcio ai sensi dell’art. 2 comma 4 C.G.S.
Questa Commissione ritiene comunque opportuno ribadire come la peculiarità dell’ordinamento
sportivo consenta allo stesso – secondo l’attuale configurazione – la facoltà di dotarsi, per la
realizzazione dei propri fini, di regole specifiche, liberamente accettate da tutti i soggetti
dell’ordinamento stesso.
La “responsabilità oggettiva”, pur apparendo problematica la sua compatibilità con la moderna
coscienza etico-giuridica, è istituto tuttora operante negli ordinamenti vigenti (sportivi e non). La
sua sopravvivenza costituisce questione de iure condendo, esulando dai poteri di questa
Commissione ogni intervento di modifica delle norme vigenti. Inoltre, nel caso in esame non
ricorrono i presupposti per investire della questione la Corte Federale F.I.G.C. ai sensi dell’art.
22 C.G.S., non trattandosi di incertezza interpretativa di una norma né di possibile conflitto fra
norme del C.G.S e Statuto Federale.
Altrettanto infondate appaiono essere le argomentazioni difensive tese a dimostrare l’assoluta
estraneità del Como Calcio relativamente alle dichiarazioni rese dal proprio Presidente durante il
periodo di inibizione (e comunque quale proprietario di un’altra società), e quindi in un momento
in cui gli era preclusa la rappresentanza della società di appartenenza.
La sanzione dell’inibizione implica infatti l’impossibilità di rappresentare la propria società “in
ambito federale” ovvero “a livello sportivo”, senza tuttavia far cessare il rapporto di colleganza e
di appartenenza fra inibito e società. In altri termini, il soggetto colpito da inibizione non può
svolgere alcuna attività federale o sportiva a nome della propria società, continuando tuttavia –
come è logico – a farne parte, ad essere alla stessa strettamente collegato e ad esserne il
Presidente. Non si rompe quindi il rapporto di immedesimazione organica fra Presidente-inibito e
società di appartenenza, con la conseguenza che eventuali comportamenti antiregolamentari posti
in essere durante il periodo di inibizione non escludono la responsabilità della società.
Nel merito, relativamente alla duplice violazione dell’art. 3, comma 1 C.G.S., alla Commissione
preme sottolineare ancora una volta come l’inalienabile diritto di critica si concretizzi nella
manifestazione di un giudizio, di una valutazione, di una opinione per definizione non obiettiva. La
valutazione di un fatto da parte di un individuo, infatti, è fondata (e non potrebbe essere
altrimenti) su interpretazioni necessariamente soggettive e, quindi, “parziali”. Il dissenso rispetto
ad un fatto può essere espresso anche attraverso espressioni colorite, ironiche, pure
provocatorie e polemiche. Ma è altrettanto incontestabile come il diritto alla critica trovi un limite
– a sua volta invalicabile - nel diritto alla dignità e al rispetto delle persone. Conseguentemente,
non sono ammissibili gli attacchi gratuiti (non suffragati da alcun elemento di riscontro) che
evidenzino profili della personalità e dell’agire estranei al fatto cui ci si riferisce; tanto meno, è
inammissibile rivolgere ingiurie o insinuazioni generiche tese a screditare i destinatari delle stesse.
Ciò tanto più quando, come nel caso di specie, la diffusione avviene a mezzo della stampa (e non
in una sede istituzionale) con l’attribuzione di fatti determinati, dei quali non si indicano contenuti,
ragioni ed elementi di prova.
L’ordinamento sportivo non intende in alcun modo impedire ai propri soggetti di manifestare
liberamente il loro pensiero; tuttavia, esso impone loro di mantenere nei confronti di “altre
persone o di altri organismi operanti nell’ambito federale”, un contegno conforme ai doveri
generali di lealtà, probità e rettitudine previsti dal comma 1 dell’art.1 del C.G.S., vero e proprio
cardine della disciplina sportiva. Allo stesso modo, l’ordinamento sportivo non ammette che il
dissenso venga manifestato attraverso insinuazioni generiche e infondate, volte a mettere in
dubbio la correttezza dei comportamenti delle persone operanti in ambito federale.
Le prime affermazioni (oggetto del deferimento del 5/5/2003) fatte dall’incolpato (in particolare,
“…quei vecchi parrucconi della CAF devono andarsene a casa, perché stanno alterando il
campionato”; “…credo si sia trattato di una sentenza politica…”; “…non ci sono regole per tutti
che valgono per tutti”) prendono di mira gli organi di giustizia sportiva (in particolare la
Commissione di Appello Federale). Esse, tenuto conto del contenuto letterale e valutate sia nel
loro complesso sia nel contesto di riferimento, non possono essere ritenute estrinsecazione del
legittimo esercizio del diritto di critica, perché adombrano dubbi sulla regolarità e sulla
correttezza dello svolgimento del campionato.
Il deferito non si è infatti limitato a criticare nel merito l’operato della CAF (critica peraltro lecita
ed ammissibile, anche se espresse in maniera colorita ed ironica) e a denunciare, anche
enfaticamente, il conseguente stravolgimento della classifica del Campionato di Serie B, quale
conseguenza di una erronea decisione; bensì ha accusato un organo federale non tanto di
incapacità, quanto di vera e propria malafede, iniquità ed atteggiamenti discriminatori.
Le successive affermazioni di Preziosi, oggetto del deferimento del 16/5/2003, tenuto conto del
loro contenuto letterale e valutate sia nel loro complesso sia nel contesto di riferimento,
travalicano il lecito diritto di critica, perché esprimono gravi giudizi lesivi della credibilità e
reputazione di persone operanti nell’ambito federale, esplicitando dubbi sulla stessa regolarità e
correttezza dello svolgimento del campionato.
L’affermazione “Bergamo e Pairetto prendono lo stipendio solo per fare girare le palline del
sorteggio. Sarebbe meglio che il sorteggio […] lo facessero due bambini. Anzi no. Poi con le
palline che vengono scaldate si ustionerebbero le mani” – oltre ad avere contenuto offensivo e
denigratorio – rappresenta un grave attentato alla credibilità dell’ordinamento sportivo nel suo
complesso. E’ appena il caso di rilevare come di tali trame oscure e pervasive (dirette a pilotare i
sorteggi dei direttori di gara e quindi a pregiudicare il regolare svolgimento delle gare) Preziosi
non si sia preoccupato di fornire adeguati supporti argomentativi o probatori: ciò che conferma il
superamento dei confini della polemica corretta e costruttiva e lo scadimento del discorso a
livello di insinuazione diffamatoria.
L’assunto difensivo (sollevato solo in sede dibattimentale) secondo cui le dichiarazioni in
questione non sarebbero mai state pronunciate dal deferito, non può trovare accoglimento,
concretandosi in un mero diniego dell’addebito, non suffragato da alcun riscontro obiettivo e in
assenza, come ritenuto da un costante orientamento giurisprudenziale di questa Commissione,
della formale smentita. Ciò non può costituire un inversione dell’onere della prova, avendo la
Procura Federale suffragato l’incolpazione con la produzione di copia delle dichiarazioni
pubblicate sulla stampa.
Allo stesso modo, dichiarare che “il Napoli non retrocederà mai perché lui tramite Capitalia ha
fatto avere a Corbelli 32 milioni di Euro. Se va in C come fa a riprenderli?”, costituisce una
gravissima forma di denigrazione, adombrando dubbi sulla regolarità e sulla correttezza dello
svolgimento dei campionati. Preziosi insinua addirittura una premeditazione da parte di soggetti
che operano nell’ambito dell’Organizzazione federale (in particolare, il Presidente Federale), i
quali opererebbero per manovrare l’intero sistema calcistico a fini personali.
Deve pertanto affermarsi la responsabilità del Preziosi e della Società di appartenenza Como
Calcio per entrambe le violazioni contestate.
Relativamente all’invocata continuazione, va precisato che tale istituto è estraneo all’ordinamento
sportivo, né è consentito a questa Commissione di mutuarne l’applicazione dal codice penale
(ove peraltro è configurato come istituto di natura eccezionale, seppure in bonam partem,
nell’ambito dei principi generali che informano il vigente sistema sanzionatorio penale).
Sanzioni eque - tenuto conto della gravità delle dichiarazioni, rese tra l’altro in un momento in cui
Preziosi era già sottoposto a provvedimento di inibizione per analoghi comportamenti
antiregolamentari, della idoneità di tali dichiarazioni a ledere il prestigio, la reputazione e la
credibilità sia di soggetti che operano nell’ambito federale e arbitrale, sia dell’istituzione federale
nel suo complesso, nonché a negare la correttezza dello svolgimento del campionato, tenuto
conto della recidiva - risultano quelle di cui al dispositivo.
Il problema di proporzionalità delle sanzioni disciplinari rispetto a quelle previste dal codice
penale in tema di diffamazione, non sussiste, in considerazione del fatto che queste ultime
prevedono, in alternativa alla pena pecuniaria, la reclusione.
Il dispositivo
Per tali motivi, la Commissione delibera di infliggere a Enrico Preziosi - relativamente al primo
atto di deferimento del 5/5/2003 - la sanzione dell’inibizione a svolgere ogni attività in seno alla
F.I.G.C., a ricoprire cariche federali e a rappresentare la Società in ambito federale per la durata
di giorni 10 (dieci) e la sanzione dell’ammenda di € 8.000,00 per la il Preziosi e per la Soc.
Como Calcio.
La Commissione delibera altresì di infliggere – riguardo al secondo deferimento del 16/5/2003 –
la sanzione dell’inibizione a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali
e a rappresentare la Società in ambito federale per la durata di un mese, e la sanzione
dell’ammenda di € 15.000,00 per il Preziosi e per la Soc. Como Calcio.
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