Lega nazionale professionisti Serie – C – STAGIONE SPORTIVA – 2003/2004 C.U. n. 64/C del 21 ottobre 2003 – pubbl. su www.lega-calcio-serie-c.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C NEL PROCEDIMENTO PER PRESUNTO ILLECITO SPORTIVO A CARICO DI CAMPI CRISTIAN, CALCIATORE DELLA SOCIETA’ SPEZIA CALCIO 1906 S.R.L. E DELLA SOCIETA’ PISA CALCIO S.P.A.-.

Lega nazionale professionisti Serie – C – STAGIONE SPORTIVA – 2003/2004 C.U. n. 64/C del 21 ottobre 2003 - pubbl. su www.lega-calcio-serie-c.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DELLA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C NEL PROCEDIMENTO PER PRESUNTO ILLECITO SPORTIVO A CARICO DI CAMPI CRISTIAN, CALCIATORE DELLA SOCIETA’ SPEZIA CALCIO 1906 S.R.L. E DELLA SOCIETA’ PISA CALCIO S.P.A.-. Procedimento disciplinare instaurato a carico di: 1) Campi Cristian, calciatore della società Spezia Calcio 1906 S.r.l.; 2) società Pisa Calcio S.p.a. il primo per la violazione dell’art. 6, commi 1) e 2) del Codice di Giustizia Sportiva per avere, prima della gara Albinoleffe-Pisa del 15 Giugno 2003, posto in essere atti, come in dettaglio specificati nell’atto di deferimento, diretti ad alterare lo svolgimento della gara sopra indicata, prospettando al calciatore della società Albinoleffe, Bernardi Alberto, la possibilità per alcuni calciatori di tale ultima società di ricevere una ingente somma di denaro per favorire la vittoria della società Pisa; la seconda per la violazione di cui all’art. 9, comma 3) del Codice di Giustizia Sportiva per responsabilità presunta per la condotta posta in essere dal calciatore Campi della società Spezia Calcio 1906 S.p.a.-. Dalle risultanze dell'odierno dibattimento, sovrapponibili all'esame degli atti ufficiali relativi all'indagine svolta, la Commissione valuta sussistente la responsabilità dei soggetti deferiti. Appare complessivamente più credibile la versione dei fatti riscontrabile nelle dichiarazioni del testimone Bernardi, la cui condotta, sia negli episodi in esame che nella versione fornita in sede dibattimentale, viene giudicata lineare e verosimile. La difesa del Campi risulta, invece, del tutto inadeguata nel momento in cui non riesce a spiegare, in modo plausibile e convincente, per quale motivo il Bernardi avrebbe dovuto recepire in modo così difforme dalle intenzioni del Campi stesso, il racconto dell'episodio avvenuto nel ristorante di Santo Stefano. Lo stesso Campi ha ammesso e riconosciuto la vecchia amicizia con Bernardi, le assidue frequentazioni nell'anno di comune militanza nell'Alzano ed i successivi periodici contatti telefonici. La reciproca collaudata conoscenza rende poco credibile l'ipotesi (accreditata dal Campi) di un clamoroso equivoco da parte del Bernardi, che non comprende il tono ironico del suo amico che gli riferisce l'episodio del ristorante al solo scopo di "riderci sopra": una cosa è equivocare il tono di una conversazione (peraltro smentita dal Bernardi, che riferisce di un Campi "timoroso e impacciato" nell'approccio telefonico e comunque "diverso dal solito"), altro è rimanere colpiti al punto tale da denunciare l'accaduto al capitano della propria squadra allo scopo di evitare che altri compagni potessero essere contattati con le stesse modalità e medesime finalità. Nè appare apprezzabile la tesi difensiva secondo la quale un'attività tendente ad influenzare l'esito di un incontro di calcio dovrebbe essere rivolta al condizionamento di calciatori importanti e non di secondo piano come il Bernardi (non titolare nell'Albinoleffe e poco utilizzato). L'argomentazione è facilmente ribaltabile, in quanto proprio la "marginalità" dei protagonisti può creare un terreno più fertile e praticabile alla realizzazione dell'illecito. Ed in effetti nella fase preparatoria dell'illecito ipotizzato, la funzione del Campi si materializza nel sondare la "disponibilità" dell'interlocutore, individuando successivi spazi di manovra. Le considerazioni innanzi esposte creano un quadro indiziario di una certa consistenza che, in mancanza di argomenti difensivi convincenti, porta a ritenere verificata l'esistenza di un tentativo di illecito sportivo, che qualificabile come "reato di pericolo" integra la violazione regolamentare prevista dall'art.6 commi 1) e 2) del Codice di Giustizia Sportiva. Una volta accertata la responsabilità del Campi, è inevitabile coinvolgere nelle stesse conseguenze la società Pisa Calcio. Il terzo comma dell'art.9 del Codice di Giustizia Sportiva dà per accertata la responsabilità delle società per il solo fatto di essere destinatari finali del vantaggio derivante da atti idonei ad integrare un illecito sportivo; invertendo l'onere della prova la norma impone alla stessa società coinvolta di fornire prove o valorizzare circostanze di fatto emergenti dall'indagine, allo scopo di escludere la propria responsabilità, o almeno renderla ragionevolmente dubbia. Tali elementi non vengono riscontrati nella scarna memoria difensiva inoltrata a questa Commissione dalla società Pisa Calcio il giorno antecedente il dibattimento, nè tanto meno nel corso del dibattimento stesso. Del resto, la "ratio" della norma qui applicata tende ad evitare, con la descritta presunzione "iuris tantum", che tentativi di illecito sportivo vengano messi in atto per mezzo di soggetti estranei alla società che trae vantaggio dalla consumazione dell'illecito stesso (alla quale quindi non potrebbe essere contestata la responsabilità nè diretta nè oggettiva), salva la prova contraria che nella fattispecie in esame non è riscontrata. Conseguentemente, se non si vuole completamente privare di significato pratico la norma di cui al terzo comma dell'art.9 del Codice di Giustizia Sportiva, la Commissione ritiene che una volta considerata credibile la versione dei fatti fornita dal testimone Bernardi, non può sostenersi, anche in via di serio e fondato dubbio, che la società Pisa Calcio non abbia partecipato all'illecito o lo abbia ignorato. Tutte le considerazioni che precedono non possono non riflettersi sulla quantificazione delle relative sanzioni. Se per la società Pisa Calcio, riconosciuta "presunta" responsabile, la sanzione minima di cui all'art.13 comma 1) lettera f) appare di equa afflittività , decisamente sproporzionata in eccesso risulta la normativa di cui all'art.6 comma 5) del Codice di Giustizia Sportiva relativamente alla sanzione da infliggere al calciatore Campi. La squalifica per un minimo di tre anni può ritenersi appropriata solo nel caso in cui si riscontrino prove certe della responsabilità del soggetto deferito (anche l'eventuale ammissione di responsabilità, che pure è una prova, beneficia di attenuazione di sanzione a norma dell'art. 14 comma 5) del Codice di Giustizia Sportiva). Dall'esame di precedenti giudicati in tema di illecito sportivo si rileva che, in primo luogo, gli stessi raramente si sono conclusi mediante riscontri con prove certe ma quasi costantemente con la valorizzazione di un sostenibile quadro indiziario, ed in secondo luogo che risulta prassi consolidata l'applicazione di sanzioni inferiori al cosiddetto minimo edittale. In conclusione, la Commissione stima equa e proporzionata all'entità dei fatti contestati la sanzione della squalifica fino al 30 Giugno 2004 per il calciatore Cristian Campi e la penalizzazione di un punto in classifica , da scontarsi nel campionato in corso, per la società Pisa Calcio. Per questi motivi la Commissione i n f l i g g e rispettivamente al primo la squalifica fino a tutto il 30 Giugno 2004 ed alla seconda la penalizzazione di un punto in classifica da scontare nel campionato di Serie C/1 2003-2004.
DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it