Lega nazionale professionisti Serie – C – STAGIONE SPORTIVA – 2003/2004 Comunicato Ufficiale n. 271/C del 12 maggio 2004 – pubbl. su www.lega-calcio-serie-c.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DEI SIGG.RI PULVIRENTI ANTONIO, PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ A.S. ACIREALE S.R.L., LO MONACO PIETRO, AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SOCIETA’ A.S. ACIREALE S.R.L. E DELLA SOCIETA’ A.S. ACIREALE S.R.L.-.

Lega nazionale professionisti Serie – C – STAGIONE SPORTIVA – 2003/2004 Comunicato Ufficiale n. 271/C del 12 maggio 2004 - pubbl. su www.lega-calcio-serie-c.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DEI SIGG.RI PULVIRENTI ANTONIO, PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ A.S. ACIREALE S.R.L., LO MONACO PIETRO, AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SOCIETA’ A.S. ACIREALE S.R.L. E DELLA SOCIETA’ A.S. ACIREALE S.R.L.-. Con provvedimento 9 dicembre 2004 il Procuratore Federale ha deferito a questa Commissione i signori Antonino Pulvirenti, presidente della società sportiva Acireale S.r.l. e Pietro Lo Monaco, amministratore delegato della stessa, per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S.,, in relazione all’art. 27 dello Statuto della F.I.G.C., per avere promosso azione giudiziaria ordinaria in violazione della clausola compromissoria che vincola tutti i soggetti dell’ordinamento federale, nonché la Società Acireale S.r.I., ai sensi dell’art. 2, comma 4 C.G.S., per responsabilità diretta nella violazione ascritta ai propri tesserati. In particolare la società Acireale, in persona come sopra, senza chiedere ed ottenere deroga dal Consiglio Federale, aveva impugnato davanti al Tribunale di Firenze il lodo emesso in data 9/10/2003 dal Collegio Arbitrale presso questa Lega, previsto dalI’art. 9 dell’Accordo Collettivo (stipulato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, dalla Lega Nazionale Professionisti e dalla Lega Professionisti di Serie C, da un lato e dall’Associazione Italiana Direttori Sportivi e Segretari (A.DI.SE.) dall’altro), nella controversia economica vertita tra essa società ed il segretario, sig. Giuseppe lodice. Seguita la formale contestazione da parte di questa Commissione la società faceva pervenire memoria e produceva documenti sostenendo: - che aveva agito in perfetta buona fede non sapendo che la clausola compromissoria si applicasse anche a tal genere di controversie relative a rapporti di lavoro, attesa la collocazione speciale di tal genere dì controversie nell’Ordinamento Statuale; - che l’impugnazione del lodo proposta con ricorso davanti al Tribunale di Firenze, cui aveva fatto seguito la rinuncia alla domanda mediante deposito di apposito atto nella cancelleria del Tribunale, non appena la società aveva appreso l’esito della pronuncia della Corte Federale, non era neppure stata notificata alla controparte e quindi non si era neppure instaurato il contraddittorio per cui anche sotto tale profilo non poteva sussistere la violazione contestata che presuppone una valida proposizione dell’azione davanti al giudice ordinario; - che il convincimento di correttamente operare si era basato sul fatto che le norme in materia di lavoro vengono considerate di matrice pubblicistica e di applicazione necessaria, sia nell’ordinamento dello Stato sia in ambito internazionale; - che al momento della presentazione del ricorso presso il Tribunale di Firenze il sig. lodice non era tesserato per la F.I.G.C. e quindi non obbligato all’osservanza della clausola compromissoria, per cui impedendo alla Società il ricorso alla giurisdizione ordinaria si veniva a determinare una disparità di condizioni tra le parti. All’odierno dibattimento, previo chiarimento che la persona che aveva sottoscritto il ricorso introduttivo del giudizio davanti al Tribunale era stato il solo amministratore delegato della società, sig Pietro Lo Monaco, il rappresentante della Procura Federale ha chiesto che venisse dichiarata la responsabilità di questi per la violazione dell’art. 27, commi 1 e 2 dello Statuto Federale in relazione all’art. 1 comma 1 del C.G.S ed imposto allo stesso la sanzione della inibizione a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società nell’ambito federale, per anni 1, ed alla Società Acireale, per responsabilità diretta, la penalizzazione di tre punti in classifica e la sanzione di €.30.000,00. Ha chiesto per il sig. Antonino Pulvirenti il proscioglimento dalla incolpazione ascrittagli. Il difensore degli incolpati ha richiamato le difese contenute nella memoria insistendo sul fatto che la norma la cui violazione era contestata in relazione al contenuto dell’Accordo stipulato tra l’associazione di categoria e la F.I.G.C. e sue componenti professionistiche, tenuto conto dei principi dell’ ordinamento statuale in materia di lavoro, appariva di difficile interpretazione giuridica, di tale difficoltà da rendere possibile l’errore, tanto che la stessa Procura Federale, investita del caso prima ancora del deferimento, aveva chiesto in proposito l’interpretazione della Corte Federale in materia. La Commissione osserva: La Corte Federale in data 31 marzo 2004, accogliendo la sollecitazione della Procura Federale, ha dato ingresso al procedimento interpretativo “d’ufficio” degli artt. 27 dello Statuto Federale, 10 del Regolamento dell’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi, 9 dell’Accordo Collettivo dei Direttori Sportivi e del Regolamento di funzionamento del Collegio Arbitrale, in ordine alla violazione o meno della clausola compromissoria nel caso specifico di impugnazione di lodo arbitrale dinanzi al Giudice Ordinario senza la preventiva autorizzazione. In esito allo stesso la Corte ha espresso l’avviso che l’impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al Giudice ordinario senza la preventiva autorizzazione integra la violazione dell’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale tenuto altresì presente che vi sono altre possibili impugnative in ambito sportivo. A tale interpretazione la Commissione non può se non aderire in quanto risulta emessa su fattispecie che se pure genericamente enunciata si identifica con quella oggetto del presente giudizio disciplinare. Tale affermazione di principio tuttavia non esime la Commissione di valutare la condotta degli incolpati alla stregua delle risultanze del procedimento. Viene subito in evidenza la posizione del Presidente della Società, sig Antonino Pulvirenti, di cui non risulta responsabilità nè per la sottoscrizione dell’atto giudiziale, né per titolo di concorso. Pertanto, anche in accoglimento delle conclusioni in proposito del rappresentante dell’accusa, lo stesso va prosciolto da ogni incolpazione. La difesa ha eccepito che la violazione non sussisterebbe perché l’azione giudiziale non risulterebbe proposta per mancanza di valida notifica dell’atto introduttivo del giudizio alla controparte per cui non si sarebbe neppure instaurato il contraddittorio. L’assunto non è fondato perché per la realizzazione dell’illecito scaturente dalla inosservanza dell’art. 27,comma 2 dello Statuto Federale,è sufficiente,come nel caso di specie,che il Giudice si sia pronunciato sia pure in fase ordinatoria. A seguito della presentazione del ricorso da parte della società, infatti il Giudice è stato direttamente investito dell’impugnazione del lodo tanto che ha disposto la comparizione delle parti e tanto basta perché si possa ritenere realizzata la violazione. Appare invece degna di rilievo la tesi difensiva in base alla quale si sostiene la sussistenza dell’errore scusabile in cui sarebbe incorso l’amministratore Lo Monaco. E’ noto che nell’ordinamento giuridico statuale, all’illecito amministrativo è applicabile il principio di buona fede, per cui l’ignoranza inevitabile del precetto di una norma che configura un illecito priva la violazione dell’elemento soggettivo della colpa quando si fondi su un elemento positivo idoneo a determinare un errore scusabile, in quanto non avvisabile dall’interessato con l’ordinaria diligenza. Questo è un principio cardine del nostro ordinamento giuridico che può essere richiamato in quello federale laddove lo stesso si dimostra carente di specifica disciplina. Ciò posto appare necessaria l’attenta lettura dell’art. 9, ultimo comma, dell’Accordo Collettivo fra F.I.G.C. e Leghe da un lato e l’Associazione Italiana Direttori Sportivi e Segretari (A.DI.SE.) dall’altro, che devolve la risoluzione di tutte le controversie concernenti l’attuazione del contratto o comunque il rapporto fra società e tesserati all’arbitrato con espresso richiamo all’art. 5 della legge 11 agosto 1973 n° 533. Tale norma consente l’arbitrato irrituale laddove sia espressamente previsto da contratto ed accordi collettivi (come quello in esame) precisando con disposizione di natura inderogabile che tali procedure arbitrali devono avvenire senza pregiudizio delle facoltà delle parti di adire l’autorità giudiziaria. Deve riconoscersi che il riferimento o richiamo dell’art. 5 della citata legge, sia che lo si voglia qualificare quale norme di immediata efficacia ed applicazione nei rapporti regolati dall’ Accordo Collettivo, sia che lo si voglia qualificare quale richiamo recettizio di natura solo patrizia, disconoscendone quindi la natura imperativa di disposizione di legge nella fattispecie, ponga un notevole problema interpretativo se la si confronta con il disposto di cui all’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale che sostanzialmente vi contrasta in modo evidente annullando quella facoltà prevista e prescritta dalla norma di legge. Ciò può chiaramente provocare quella situazione di incertezza interpretativa fra norme contrastanti che non può non escludere l’elemento psicologico del commesso illecito. Nè potrebbe sostenersi che gli incolpati usando l’ordinaria diligenza, (quanto soltanto potrebbe essere loro richiesto), potevano essere in grado di discernere tra le due norme contrastanti quale fosse la prevalente, se tale contrasto o apparente contrasto ha indotto in perplessità persino l’Organo Requirente, prima che si determinasse al deferimento degli incolpati, tanto da rivolgere istanza alla Corte Federale acchè d’ufficio si risolvesse il problema interpretativo. Ritiene pertanto la Commissione che sotto tale profilo risulta sufficientemente privata la assoluta assenza nell’incolpato Lo Monaco dell’elemento soggettivo della colpa e che l’errore deve ritenersi perciò scusabile in quanto non avvisabile con l’ordinaria diligenza. Lo stesso comportamento del Lo Monaco, successivo ai fatti, anche se di per sé non potrebbe escludere la colpa equivalendo a desistenza volontaria, tuttavia si pone a conferma speculare dello stato di buona fede antecedente e contemporaneo alla commissione del contestato illecito, Per questi motivi la Commissione d e l i b e r a Di prosciogliere tutti i deferiti dalle incolpazioni loro ascritte.
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