LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2004/2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 10 DEL 27 luglio 2005 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Sig. Enrico PREZIOSI – Presidente Genoa Cricket and Football Club violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Matteo PREZIOSI – Collaboratore Genoa Cricket and Football Club violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Stefano CAPOZUCCA – Direttore Generale Genoa Cricket and Football Club violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Francesco DAL CIN – Amministratore Delegato A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Michele DAL CIN – Direttore Generale A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Giuseppe PAGLIARA – General Manager A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Martin LEJSAL – Calciatore A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Massimo BORGOBELLO – Calciatore A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Con l’aggravante di cui all’art. 6 comma 6 C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara. Soc. GENOA violazione art. 6 commi 3, 4 e 6 e art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità diretta e oggettiva per gli addebiti mossi al suo Presidente e ai suoi dirigenti e tesserati; Soc. VENEZIA, in persona del curatore fallimentare, violazione art. 6 commi 3, 4 e 6 e art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità diretta e oggettiva per gli addebiti mossi al suo Amministratore Delegato e ai suoi dirigenti e tesserati; Sig. Massimiliano ESPOSITO – Calciatore A.C. Venezia 1907 violazione art. 1 comma 1 C.G.S.; Soc. VENEZIA, in persona del curatore fallimentare, violazione art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva per gli addebiti mossi al suo calciatore; Sig. Roberto CRAVERO – Direttore Sportivo violazione art. 1 comma 1 C.G.S.

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2004/2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 10 DEL 27 luglio 2005 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Sig. Enrico PREZIOSI – Presidente Genoa Cricket and Football Club violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Matteo PREZIOSI – Collaboratore Genoa Cricket and Football Club violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Stefano CAPOZUCCA – Direttore Generale Genoa Cricket and Football Club violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Francesco DAL CIN – Amministratore Delegato A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Michele DAL CIN – Direttore Generale A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Giuseppe PAGLIARA – General Manager A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Martin LEJSAL – Calciatore A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Sig. Massimo BORGOBELLO – Calciatore A.C. Venezia 1907 violazione art. 6 commi 1 e 5 C.G.S.; Con l’aggravante di cui all’art. 6 comma 6 C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara. Soc. GENOA violazione art. 6 commi 3, 4 e 6 e art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità diretta e oggettiva per gli addebiti mossi al suo Presidente e ai suoi dirigenti e tesserati; Soc. VENEZIA, in persona del curatore fallimentare, violazione art. 6 commi 3, 4 e 6 e art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità diretta e oggettiva per gli addebiti mossi al suo Amministratore Delegato e ai suoi dirigenti e tesserati; Sig. Massimiliano ESPOSITO – Calciatore A.C. Venezia 1907 violazione art. 1 comma 1 C.G.S.; Soc. VENEZIA, in persona del curatore fallimentare, violazione art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva per gli addebiti mossi al suo calciatore; Sig. Roberto CRAVERO – Direttore Sportivo violazione art. 1 comma 1 C.G.S. 1) Il deferimento Con provvedimento del 16 luglio 2004, il Procuratore Federale ha deferito a questa Commissione: 1. Enrico PREZIOSI, Presidente della società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A.; 2. Matteo PREZIOSI, collaboratore della società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A.; 3. Stefano CAPOZUCCA, direttore generale della società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A.; 4. Società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A.; 5. Francesco DAL CIN, amministratore delegato della società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., abitualmente indicato come Franco DAL CIN; 6. Michele DAL CIN, direttore generale della società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.; 7. Giuseppe PAGLIARA, general manager della società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.; 8. Massimo BORGOBELLO, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.; 9. Martin LEJSAL, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.; 10. Massimiliano ESPOSITO, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.; 11. ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., in persona del Curatore fallimentare dott. Nerio DE BORTOLI; Roberto CRAVERO, direttore sportivo; per rispondere: A) Enrico PREZIOSI, Matteo PREZIOSI, Stefano CAPOZUCCA, Francesco DAL CIN, Michele DAL CIN, Giuseppe PAGLIARA, Massimo BORGOBELLO e Martin LEJSAL della violazione dell’art. 6, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva per avere, prima della gara GENOA – VENEZIA dell’11/6/2005, in concorso fra loro e con altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, e, in particolare: tutti i tesserati sopra indicati prendendo contatti ed accordi diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara predetta, come specificato nella parte motiva del presente provvedimento e nella relazione dell’Ufficio Indagini; chiedendo il LEJSAL, su richiesta dei dirigenti del VENEZIA Michele DAL CIN e Giuseppe PAGLIARA, la sostituzione al termine del primo tempo, adducendo un infortunio inesistente; consegnando Enrico PREZIOSI a Giuseppe PAGLIARA la somma di euro 250.000 in contanti senza alcun lecito fondamento causale. Con l’aggravante di cui all’art. 6, comma 6, C.G.S. della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara; B) la società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A. di responsabilità diretta ed oggettiva, ai sensi dell’ art. 6, commi 3, 4 e 6, e dell’art. 2, commi 3 e 4, C.G.S, per gli addebiti mossi al suo Presidente e ai suoi dirigenti e tesserati sopra indicati; C) la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., in persona del Curatore fallimentare, di responsabilità diretta ed oggettiva, ai sensi dell’ art. 6, commi 3, 4 e 6, e dell’art. 2, commi 3 e 4, C.G.S, per gli addebiti mossi al suo Amministratore delegato e ai suoi dirigenti e tesserati sopra indicati; D) il calciatore Massimiliano ESPOSITO, tesserato per la Società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., della violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere tenuto una condotta contraria all’art. 1 C.G.S. ovvero per avere reso agli Organi Inquirenti federali dichiarazioni reticenti e non veritiere; E) la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., in persona del Curatore fallimentare, di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, C.G.S, per gli addebiti mossi al suo calciatore sopra indicato; F) il direttore sportivo Roberto CRAVERO della violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere tenuto una condotta contraria all’art. 1 C.G.S. ovvero per avere reso agli Organi Inquirenti federali dichiarazioni reticenti e non veritiere. A fondamento di tale deferimento la Procura Federale ha posto le risultanze dell’attività svolta dall’Ufficio Indagini (riportate nella relazione in data 12 luglio 2005, n. 358, con i relativi allegati), a seguito della acquisizione, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 401/1989, della documentazione (intercettazioni telefoniche e ambientali ed altro) trasmessa dalla Procura della Repubblica di Genova nell’ambito del procedimento penale n. 11613/04/21 r.g. In estrema sintesi, in tale relazione viene evidenziato, tra l’altro, che: - tra i dirigenti ed i collaboratori del GENOA era insorta una notevole preoccupazione in vista della decisiva gara contro il VENEZIA, a causa del notevole calo di rendimento manifestato dalla squadra e delle tensioni sorte la Società e l’allenatore, - le preoccupazioni erano ulteriormente aumentate dopo la gara disputata contro il PIACENZA, nel corso della quale i dirigenti e i calciatori del GENOA avevano avuto il sospetto di un inusitato accanimento agonistico degli avversari e, soprattutto, dopo una telefonata fatta da CRAVERO, che fino a pochi mesi prima aveva operato per il TORINO, a CAPOZUCCA riguardante voci su una ipotizzata offerta da parte del TORINO di un premio a vincere in favore del VENEZIA, successiva avversaria del GENOA, per stimolarne un maggiore impegno agonistico; - nei giorni successivi si susseguirono numerose telefonate e vari appuntamenti tra tesserati e collaboratori di GENOA, TORINO e VENEZIA; - il Presidente Enrico PREZIOSI diede disposizioni agli organi amministrativi della propria Società di prelevare denaro contante per euro 200.000 e dispose di lasciare a disposizione, in contanti, altri euro 50.000 provenienti dall’incasso della gara contro il VENEZIA; - nei giorni precedenti la gara vi furono colloqui e incontri tra calciatori e dirigenti del VENEZIA che evidenziarono, con specifico riferimento ad accordi intercorsi fra le due Società, il disinteresse di molti di essi a prendere parte alla gara stessa, in previsione di una sconfitta già prestabilita; - in particolare, il calciatore LEJSAL, che non aveva alcuna intenzione di partecipare alla gara, venne indotto a giocare sia da PAGLIARA sia da Michele DAL CIN, allo scopo di non provocare l’intervento dell’Ufficio Indagini, tra l’altro garantendogli che ad un suo cenno convenzionale sarebbe stato immediatamente sostituito; - vi furono poi altre telefonate fra i protagonisti della vicenda, sia durante la gara, sia immediatamente dopo la sua conclusione; - nei giorni successivi si verificarono ulteriori telefonate fra PAGLIARA, da una parte, e Matteo PREZIOSI e CAPOZUCCA, dall’altra, aventi ad oggetto la pretesa del primo di incontrare il Presidente Enrico PREZIOSI, come effettivamente avvenne in seguito; - il giorno 14/6/2005, a seguito di un controllo effettuato dai Carabinieri sull’autovettura di PAGLIARA, dopo che questi si era recato presso l’azienda di Enrico PREZIOSI, venne sequestrata la somma di euro 250.000, unitamente ad altra documentazione, fra cui un accordo relativo alla cessione del calciatore Maldonado e la quietanza di ricevuta di un assegno di euro 450.000 rilasciato a garanzia dell’accordo; - ulteriori conversazioni intercettate nei giorni seguenti ebbero ad oggetto, da una parte, le giustificazioni del possesso del denaro in capo a PAGLIARA e il tentativo di non coinvolgere i tesserati del GENOA e, dall’altra, le possibili versioni da rendere per difendersi da eventuali incolpazioni. Dalle suddette risultanze, nonché da altri elementi probatori, la Procura Federale ha dedotto che le condotte poste in essere dai soggetti coinvolti erano finalizzate all’alterazione dello svolgimento e del risultato della gara Genoa–Venezia dell’11/6/2005 per motivi di classifica, cioè per consentire al GENOA l’ottenimento della promozione in serie A senza dover partecipare ai play off. 2) Le memorie difensive Nei termini assegnati nell'atto di convocazione, gli incolpati hanno fatto pervenire memorie difensive. In sintesi: - Enrico PREZIOSI, CAPOZUCCA e il GENOA hanno eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e ambientali, la nullità del deferimento per parzialità, manchevolezza e discrezionalità “del capo di incolpazione e delle indagini”, nonché l’insussistenza delle condotte illecite in capo ai deferiti; hanno negato ogni addebito, chiedendo il proscioglimento; in via istruttoria hanno proposto istanza di prova testimoniale; - Francesco DAL CIN, pur rilevando di non essere più tesserato a seguito della revoca della affiliazione del VENEZIA, ha dichiarato di voler sottostare al procedimento disciplinare, negando ogni addebito e chiedendo il proscioglimento; in via istruttoria, ha proposto istanza di prova testimoniale; - Michele DAL CIN, pur rilevando di non essere più tesserato a seguito della revoca della affiliazione del VENEZIA, ha dichiarato di voler sottostare al procedimento disciplinare, negando ogni addebito e chiedendo il proscioglimento; - PAGLIARA ha dichiarato di non essere tesserato ed ha eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e ambientali, chiedendo il proscioglimento; - BORGOBELLO ha eccepito l’inutilizzabilità dei dati personali tratti dalle intercettazioni telefoniche e ambientali e l’illegittimità del loro trattamento, l’omessa comunicazione della conclusione delle indagini, la genericità dell’incolpazione, la contraddittorietà e il travisamento dei fatti, chiedendo il proscioglimento; in via istruttoria, ha proposto istanza di prova testimoniale; - LEJSAL ha eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e ambientali e, in via istruttoria, ha proposto istanza di acquisizione del supporto integrale della intercettazione ambientale a lui riferita e istanza di prova testimoniale; - ESPOSITO ha rilevato la contraddittorietà degli elementi probatori posti alla base del deferimento ed eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche con riferimento all’ipotesi di violazione dell’art. 1 del C.G.S., negando ogni addebito e chiedendo il proscioglimento; - CRAVERO ha negato ogni addebito, chiedendo il proscioglimento; in via istruttoria, ha proposto istanza di prova testimoniale; - il VENEZIA ha chiesto la dichiarazione del difetto di giurisdizione a seguito della revoca della affiliazione adottata dalla F.I.G.C. con provvedimento del Presidente Federale del 14/7/2005, C.U. n. 6/A. Nessuna memoria è pervenuta nell’interesse di Matteo PREZIOSI. 3) Il dibattimento Al dibattimento, svoltosi nei giorni 23 e 24 luglio 2005, sono comparsi: - il Vice Procuratore Federale Stefano Palazzi e il Sostituto Procuratore Alessandro Avagliano; - i deferiti Enrico PREZIOSI, CAPOZUCCA e LEJSAL, assistiti dai propri difensori, nonché il GENOA, rappresentato dal Presidente, assistito dal proprio difensore. - i difensori di Matteo PREZIOSI, PAGLIARA, BORGOBELLO, ESPOSITO e CRAVERO; - Francesco DAL CIN e Michele DAL CIN, senza l’assistenza di difensori. Il VENEZIA non è comparso, né è stato assistito. È comparso altresì il difensore della società terza interessata TREVISO. Preliminarmente, la Commissione ha esaminato le questioni concernenti la comunicazione dell’atto di convocazione dei deferiti Matteo PREZIOSI, Michele DAL CIN, PAGLIARA e BORGOBELLO, sulle quali ha provveduto con l’ordinanza n. 1, di seguito integralmente riprodotta: “In ordine alle questioni concernenti la nullità delle notificazioni dell’atto di convocazione sollevate dai difensori dei deferiti Matteo PREZIOSI, Massimo BORGOBELLO, Giuseppe PAGLIARA e Michele DAL CIN, la Commissione premesso - che la Commissione ritiene di attenersi al principio secondo cui l’atto che ha raggiunto il proprio scopo non può ritenersi invalido anche se posto in essere in violazione di norme procedimentali (C.A.F. 7.8.9./9/2004, C.U. 7/C), rilevato - che i deferiti Massimo BORGOBELLO, Giuseppe PAGLIARA e Michele DAL CIN hanno esercitato il proprio diritto di difesa mediante l’invio, nei termini previsti, di memoria difensiva, attività che assorbe in sé ogni questione attinente alla ritualità della convocazione, tanto più che in tale memoria (la quale implica, a tutta evidenza, la effettiva conoscenza del procedimento) non è stata sollevata nessuna eccezione sul punto; - che per contro quanto a Matteo PREZIOSI, l’atto di convocazione - a cui non è seguita nessuna attività difensionale - è stato inviato a mezzo del servizio postale al domicilio eletto in Meda, ma è stato ricevuto oltre il termine previsto dall’art. 37, comma 2, C.G.S., né potendo assumere rilevanza il fatto che altra copia sia stata inviata, a mezzo fax in data 17.7.2005, presso la sede della Società GENOA, luogo che, nel caso di specie, non soddisfa i requisiti di rito; né, per le medesime ragioni, può riconoscersi efficacia alla “consegna” effettuata nella medesima data, presso gli uffici della L.N.P., a persona “incaricata”; P.Q.M. 1) rigetta le eccezioni sollevate dai deferiti Massimo BORGOBELLO, Giuseppe PAGLIARA e Michele DAL CIN; 2) dichiara la nullità della notifica dell’atto di convocazione nei confronti di Matteo PREZIOSI e dispone la separazione della relativa posizione.” In seguito, la Commissione ha esaminato le richieste pregiudiziali e preliminari, sollevate nelle memorie e in sede di dibattimento. Dopo ampia discussione, al termine della quale la Procura Federale ha chiesto il rigetto delle richieste e delle eccezioni proposte dai deferiti, la Commissione ha provveduto con l’ordinanza n. 2, di seguito integralmente riprodotta: “In ordine alle richieste, alle eccezioni ed alle questioni pregiudiziali e preliminari sollevate dai deferiti la Commissione osserva quanto segue: a) quanto alla richiesta di revoca della Ordinanza n. 1, nella parte concernente la separazione della posizione processuale di Matteo PREZIOSI, nessuna violazione sussiste rispetto alla tutela delle esigenze difensive ed alla integrità del contraddittorio, in quanto la posizione concorsuale ascritta allo stesso non implica la necessaria contestualità della relativa fase dibattimentale, ferma restando la facoltà delle parti di chiederne l’audizione, ove ritenuta rilevante e pertinente; b) con provvedimento del Presidente Federale del 14/7/2005, C.U. n. 6/A, adottato ai sensi dell’art. 16, comma 6, delle N.O.I.F. è stata disposta la revoca della affiliazione della ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L. Ne deriva che tale Società non essendo più soggetto dell’ordinamento federale non può essere chiamata a rispondere dei propri comportamenti dinnanzi agli Organi della giustizia sportiva; c) la Società TREVISO risulta portatrice di interessi indiretti per ragioni di classifica, ai sensi dell’art. 37, comma 7, del C.G.S. Ne deriva che la sua partecipazione al dibattimento è ammissibile; d) la legge n. 280/2003 stabilisce espressamente che i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale sono regolati secondo il principio di autonomia, “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive, connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1, comma 2). In relazione a tale principio viene riservata all’ordinamento sportivo la disciplina di particolari questioni, quali quelle relative alla disciplina dell’attività sportiva ed agonistica e i comportamenti disciplinari e le relative sanzioni (art. 2). Tale autonomia degli Organi della giustizia sportiva consente di escludere ogni ipotesi di formale pregiudizialità tra il procedimento instaurato dinnanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria e quello promosso in sede sportiva. Infatti, l’art. 1 della legge n. 401/1989 prevede espressamente che, in ipotesi di frode sportiva, la medesima condotta possa essere valutata parallelamente, in quanto “l’esercizio dell’azione penale e la sentenza che definisce il relativo giudizio non influiscono in alcun modo sull’omologazione delle gare né su ogni altro provvedimento di competenza degli organi sportivi” (comma 1) e “l’inizio del procedimento non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo” (comma 2). Ne deriva che non si ravvisano i presupposti per la sospensione del procedimento disciplinare, quale che ne sia la dedotta finalità; e) nel caso di specie, non si riscontra alcuna violazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 196/2003, sicchè non sussite la necessità di sospensione del procedimento in attesa delle decisioni del Garante per la protezione dei dati personali e della Corte Federale; f) per quanto attiene alla eccepita inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite nell’ambito del procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Genova si rileva innanzitutto che il procedimento per illecito sportivo (artt. 36 e segg. C.G.S.) è connotato da una accentuata specialità nell’ambito del più ampio genus disciplinare, correlata alla natura – parimenti speciale – dettata dalla legge n. 401/1989: sia sufficiente richiamare, sotto questo profilo, l’esclusione di ogni pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare sportivo (art. 2) e – per quanto più direttamente rileva in questa sede – la stessa possibilità di attingere dal primo atti ritenuti rilevanti ai fini del secondo (art. 2, comma 3). In quest’ottica, secondo l’orientamento degli Organi della giustizia sportiva (da ultimo C.A.F. 7.8.9/9/2004, C.U. 7/C), ai fini dell’acquisizione e dell’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali è sufficiente la provenienza delle stesse dalla Autorità Giudiziaria, dovendosi presupporre da tale derivazione la legittimità della loro assunzione in conformità dell’art. 268 c.p.p. Ed invero, nessuna limitazione all’utilizzo di un simile materiale processuale può derivare dal disposto dell’art. 270 c.p.p. richiamato dalle difese dei deferiti, in quanto siffatta limitazione opera soltanto nell’ambito del processo penale ai sensi del relativo codice di rito, non essendo invece preclusa la utilizzazione di trascrizioni, legittimamente acquisite, in procedimenti diversi da quello penale stesso, come è appunto quello disciplinare. Questa interpretazione (già da tempo condivisa anche dal Garante per la protezione dei dati personali, come da provvedimento del 27/6/2001, in Bollettino n. 21/2001, p. 18) non viene smentita dal precedente giurisprudenziale richiamato dalla difesa del GENOA (Cass., Sez. Un. Civ., n. 5895/1998), in quanto nella presente fattispecie opera il combinato disposto degli articoli 2, comma 3, della legge n. 401/1989 e 27 (ed eventualmente anche 21) del d.lgs. n. 196/2003. Tale articolato normativo, infatti, realizza una evidente disciplina di settore relativa alle frodi nelle competizioni sportive, configurando cioè una regola di carattere speciale che – per quanto qui rileva – legittima gli organi della disciplina sportiva a richiedere (e, conseguentemente, ad utilizzare) copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’art. 116 c.p.p. Ne consegue che la previsione limitativa derivante, con effetti endoprocessuali in ambito penale, dall’art. 270 c.p.p. trova deroga ampliativa proprio in forza del principio – contenuto in fonte legislativa di pari rango - secondo cui “ il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di soggetti pubblici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge”, quale appunto quella del citato art. 2, comma 3, della legge n. 401/1989. Si deve comunque rilevare che gli atti così acquisiti riguardano specificamente condotte e situazioni di cui al deferimento, non essendo state trasmesse trascrizioni di contenuto diverso o estraneo al presente procedimento. Si osserva infine - per quanto può eventualmente rilevare in questa sede - che non dà luogo a inutilizzabilità dei risultati di intercettazioni eseguite in altri procedimenti, ai sensi dell’art. 270 c.p.p., il mancato deposito dei verbali e delle registrazioni, come pure dei decreti di intercettazione, atteso che tali inosservanze non rientrano tra quelle indicate – con carattere di tassatività – dall’art. 271 c.p.p. (così Cass., Sez. I pen., 15.11.2002 n. 9245); g) quanto alla richiesta di inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali formulata dalla difesa di Massimiliano ESPOSITO, l’assunto è infondato, posto che l’incolpazione, pur a diverso titolo rispetto alle altre posizioni processuali, rileva nell’ambito di un unico procedimento per illecito sportivo; h) quanto alle richieste di acquisizione delle copie autentiche degli atti del processo penale, ivi comprese le registrazioni, valgono le considerazioni espresse in precedenza, anche con riguardo alla loro genuinità; i) quanto a Francesco DAL CIN (al quale risulta che, in data 5.5.2005, sono stati conferiti, in qualità di amministratore delegato, i poteri di gestione dell’attività sportiva per la stagione 2004/05 e la rappresentanza della Società presso gli organi federali sino al 30/6/2005) e a Michele DAL CIN (che è stato dirigente sino alla data del fallimento della Società), i quali hanno comunque dichiarato di non volersi sottrarre al giudizio della Commissione, va ribadito il principio, costantemente affermato dalla C.A.F. (tra le altre, 16/1/1997, C.U. 16/C), secondo cui la giurisdizione degli Organi della giustizia sportiva non viene meno nei confronti di un soggetto non più tesserato della F.I.G.C., rilevando lo status di tesserato al momento del fatto contestato; j) quanto a Giuseppe PAGLIARA, secondo l’orientamento della C.A.F. (da ultimo, 7.8.9/9/2004, C.U. 7/C), i collaboratori delle società sono tenuti, in base all’art. 22, comma 1, e all’art. 27, comma 1, all’osservanza delle norme federali, con la conseguenza che essi sono assoggettati alla giurisdizione degli Organi della giustizia sportiva; k) quanto alla richiesta di sospensione per incompletezza delle indagini, ogni decisione viene rinviata all’esito del dibattimento; l) quanto alla richiesta di assistenza da parte di un interprete formulata dalla difesa di Martin LEJSAL, non risulta accoglibile, tenuto conto che nessuna particolare difficoltà di comprensione e di eloquio è emersa in sede di dichiarazioni rese innanzi all’Ufficio Indagini; m) quanto alla eccepita genericità del capo di incolpazione formulata dalla difesa di Martin LEJSAL, la condotta ascritta allo stesso risulta dettagliatamente enucleata nei suoi elementi costitutivi; P.Q.M. 1) dichiara il difetto di giurisdizione nei confronti della ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.; 2) dichiara ammissibile ai sensi dell’art. 37, comma 7, la partecipazione al dibattimento della Società TREVISO; 3) dichiara la propria giurisdizione nei confronti di Francesco DAL CIN, Michele DAL CIN e Giuseppe PAGLIARA; 4) riserva ogni decisione in ordine alla richiesta di sospensione per incompletezza delle indagini; 5) respinge tutte le altre richieste, eccezioni e questioni pregiudiziali e preliminari proposte dai deferiti”. La Commissione ha quindi esaminato le istanze istruttorie proposte dai deferiti, sulle quali ha provveduto con l’ordinanza n. 3, di seguito integralmente riprodotta: “In ordine alle richieste istruttorie avanzate dai deferiti la Commissione dispone quanto segue: 1) ammette tutta la produzione documentale, ad eccezione della lettera dell’avv. Marta Valentini in data 12/7/2005 prodotta dalla difesa di Massimo BORGOBELLO, in quanto inconferente; 2) ammette la seguenti prove testimoniali: - quanto ai deferiti Enrico PREZIOSI, Stefano CAPOZUCCA e Società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A.: capitoli da 8 a 12, teste Alessandro Moggi; - quanto al deferito Massimo BORGOBELLO: capitoli A e B, teste Leonardo Grosso; 3) dichiara inammissibili i capitoli K, L, M proposti dal deferito Massimo BORGOBELLO; 4) rinvia ogni decisione sulle altre istanze istruttorie all’esito del dibattimento.” A questo punto, i deferiti Enrico PREZIOSI, CAPOZUCCA, BORGOBELLO e GENOA hanno dichiarato di rinunciare alla audizione dei testi ammessi. Sono stati poi ascoltati i deferiti LEJSAL, Enrico PREZIOSI, CAPOZUCCA e Francesco DAL CIN. Al termine dell’audizione dei deferiti, la Commissione, sciogliendo la riserva di cui alla ordinanza n. 3, ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale e invitato le parti a concludere. 4) Le richieste della Procura Federale e dei deferiti Al termine della discussione, la Procura Federale ha chiesto la dichiarazione di responsabilità dei deferiti e l’irrogazione delle seguenti sanzioni: - per Enrico PREZIOSI: inibizione per 4 anni; - per Stefano CAPOZUCCA: inibizione per 3 anni e 1 mese; - per la Società GENOA: in caso di responsabilità diretta, in via principale, retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di serie B e, in subordine, esclusione dal campionato di serie A con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore; in caso di responsabilità oggettiva, penalizzazione di punti in classifica ovvero retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di serie B ovvero esclusione dal campionato di serie A con assegnazione da Parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore; - per Francesco DAL CIN: inibizione per 4 anni; - per Michele DAL CIN: inibizione per 3 anni e 1 mese; - per Giuseppe PAGLIARA: inibizione per 3 anni e 1 mese; - per Massimo BORGOBELLO: squalifica per 3 anni e 1 mese; - per Martin LEJSAL: squalifica per 1 anno; - per Massimiliano ESPOSITO: squalifica per 6 mesi; - per Roberto CRAVERO: inibizione per 6 mesi. Il difensore del TREVISO si è rimesso alle decisioni della Commissione. Le difese dei deferiti hanno chiesto il proscioglimento dagli addebiti contestati, ribadendo la richiesta di un supplemento di istruttoria. PAGLIARA ha reso spontanee dichiarazioni, affermando la propria innocenza. Al termine, la Commissione si è riunita in camera di consiglio per deliberare. 5) I motivi della decisione La Commissione, esaminati gli atti, rileva quanto segue. 5.1. L’elemento paradossale emerso in questo procedimento - esplicitato con franchezza da Enrico PREZIOSI non meno che da Francesco DAL CIN e che ha costituito il crinale lungo il quale si è sviluppata in particolare la linea difensiva dei deferiti facenti capo al GENOA - è rappresentato dalla circostanza che si è dato, e si dà, per scontato e per accettato il fatto che una squadra, giunta a fine campionato senza particolari stimoli di classifica o di necessità di risultato, debba - ove impegnata in una gara con un avversario che invece sia spinto da tali stimoli o necessità - mantenere un comportamento di giuoco ed un atteggiamento “allineati” alle aspettative dell’avversario stesso. In quest’ottica - palesemente incompatibile con i principi di lealtà, correttezza e probità ai quali l’ordinamento sportivo non può abdicare, pena la sua irrimediabile caduta di credibilità e financo la sua stessa sopravvivenza - viene dunque considerata essere condotta del tutto normale e adeguata al caso (una sorta di “legittima difesa” preventiva) quella con cui, di fronte al timore che il proprio antagonista in classifica (nel caso di specie il TORINO) possa essersi attivato promettendo un premio a vincere al proprio avversario nella gara successiva (nel caso di specie il VENEZIA), si “reagisce” ponendo concretamente in essere atti diretti ad assicurarsi il placido e non bellicoso atteggiamento di quest’ultimo, cioè a ripristinarne il suo fisiologico e “doveroso” distacco agonistico. È una logica, questa, che - anche a voler tacere ogni considerazione correlata alla purtroppo desueta attenzione regolamentare che impone a tutti i tesserati di provvedere alla leale e tempestiva denuncia di ogni illecito sportivo (reale o presunto che sia) di cui egli viene a conoscenza (art. 6, comma 7, C.G.S.) - svuota di significato l’essenza stessa della competizione sportiva, in quanto di fronte all’inattesa motivazione agonistica dell’avversario (motivazione che in realtà non dovrebbe mai essere “inattesa”) l’unica autentica reazione (altro che legittima difesa …) deve essere semplicemente quella di dare il massimo e sconfiggere sul campo l’avversario, a prescindere dalle “sospette” motivazioni da cui quest’ultimo possa essere animato per impegnarsi al meglio nella gara. È evidente, dunque, che nessuna legittimazione può essere data nell’ambito dell’ordinamento sportivo - tanto meno nella valutazione di un illecito disciplinare - al concetto secondo cui un tesserato (e, per di più, un dirigente al massimo livello societario) possa fornire ad un altro tesserato la “garanzia” che il comportamento della propria squadra nella gara tra le rispettive formazioni sarà “normale”, intendendosi la normalità (nella migliore delle ipotesi) in quella accezione di “non particolare intensità agonistica” che - come rilevato - è assolutamente incompatibile con i già richiamati principi di lealtà, correttezza e probità. L’unica e legittima forma di garanzia (sembra paradossale doverlo sottolineare) è rappresentata dal pieno rispetto dalle norme comportamentali a cui debbono attenersi tutti i tesserati, a cominciare proprio dai dirigenti: dovendosi cioè stigmatizzare - al di là della spontaneità e della vivacità con cui alcuni dei deferiti hanno espresso il proprio pensiero - l’assunto secondo cui “se la squadra senza troppe motivazioni gioca con eccessivo impeto contro quella che deve solo vincere quello è illecito sportivo” (cfr. dichiarazioni di Francesco DAL CIN nel dibattimento), assunto che inaccettabilmente presuppone la “normalità” di un ridotto impegno ed implica la conseguente patologia rappresentata dalla necessità di “vigilare” perché tale normalità sia rispettata e l’amico dirigente della squadra avversaria sia “garantito” e “tranquillizzato”. Ad avviso della Commissione, le predette considerazioni preliminari valgono a evidenziare l’intrinseca gravità dei fatti e le aberranti conseguenze a cui conduce quel modo di concepire la competizione sportiva ed i rapporti tra le società partecipanti ai campionati e tra tesserati, al di là di ogni valutazione in ordine alla intensità dell’elemento psicologico che ha connotato l’agire dei singoli deferiti, alla condotta preesistente, simultanea e successiva all’illecito, ed alle motivazioni che lo hanno ispirato. Nel contempo - sempre in termini anticipativi di quelle che saranno le valutazioni in ordine al trattamento sanzionatorio della vicenda in esame – va sottolineato il fatto che anche in questa vicenda è emerso il clima “omertoso” che troppo spesso permea i rapporti tra i tesserati e tra i tesserati medesimi ed il “sottobosco” dei vari pseudoappassionati, come è dimostrato, da un lato, dalla parziale ritrattazione in cui il calciatore LEJSAL si è spinto in sede dibattimentale dopo le leali dichiarazioni rese ai collaboratori dell’Ufficio Indagini (dichiarazioni alla cui verbalizzazione - giova precisarlo - erano presenti due difensori, i quali hanno sottoscritto l’atto senza sollevare alcuna riserva); dall’altro, dall’oscuro atteggiamento processuale tenuto da PAGLIARA, presentatosi in udienza - quando già era in corso la discussione - per rilasciare brevi “dichiarazioni spontanee”, peraltro di attendibilità pari a zero, e per poi rifiutarsi, allontanandosi, di rispondere alle domande di chiarimento che la Commissione avrebbe voluto rivolgergli. Ciò premesso, va ricordato che l’illecito sportivo delineato dall’art. 6, comma 1, C.G.S. si connota quale fattispecie disciplinare “a consumazione anticipata” ed “a condotta libera”, nel senso che esso si consuma in base al mero compimento, con qualsiasi mezzo, di “atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”: alterazione e raggiungimento di un vantaggio che sono già insiti nel fatto che Enrico PREZIOSI e Francesco DAL CIN si siano accordati ed attivati al fine di “normalizzare” le prestazioni sportive della squadra del VENEZIA, onde assicurarsi che l’esito della gara (e, conseguentemente, le sorti del Campionato di serie B) fosse quello “che doveva essere”: vittoria del GENOA, sconfitta del VENEZIA. Su questa situazione - che già di per sé viene a configurare il fatto di illecito sportivo - si innesta, in termini che aggravano e connotano di particolare ulteriore illiceità le condotte in esame, la vicenda relativa alla dazione di denaro da parte di Enrico PREZIOSI e dei suoi collaboratori a PAGLIARA, nuovo general manager del VENEZIA, vicenda che i deferiti hanno (peraltro vanamente) cercato di dissimulare quale autonomo momento esecutivo della sottostante pattuizione per la cessione al GENOA del calciatore Maldonado. Infatti, a prescindere dal rilievo che tale cessione si appalesa - come si evidenzierà - come un mero artifizio volto a mascherare l’intrinseca illiceità degli accordi intercorsi tra GENOA e VENEZIA (quali che siano stati i soggetti che hanno agito per quest’ultima), si deve ritenere, in linea generale, che una pur eventualmente lecita (trattativa di) cessione si traduce necessariamente in illecito sportivo ove essa venga assunta - nell’intendimento dei contraenti - quale componente sinallagmatica da inserirsi nel più ampio contesto di “normalizzazione” della gara e del suo risultato. 5.2. Alla luce delle risultanze dibattimentali, la tesi difensiva si risolve sostanzialmente nella lecita causale della dazione della somma di euro 250.000, avvenuta nelle circostanze di tempo e di luogo sopra evidenziate. Ad avviso della Commissione, tale tesi deve ritenersi del tutto inattendibile per un coacervo di contraddizioni e illogicità che la inficiano. Infatti, è del tutto incongruente: - che la consegna del denaro, disposta da Enrico PREZIOSI asseritamene in considerazione delle gravi difficoltà economiche in cui versava il VENEZIA quale anticipazione del pagamento di quanto dovuto per l’acquisto del calciatore Maldonado, sia stata preceduta da una serie di telefonate di PAGLIARA ad Enrico PREZIOSI, a Matteo PREZIOSI e a CAPOZUCCA, dai toni pressanti ed esplicitamente rivelatorie del comune illecito perpetrato (“se no li faccio tornare in B direttamente”); - che soltanto l’euforia per la vittoria abbia potuto giustificare un così radicale mutamento di quell’atteggiamento di chiusura manifestato un paio di giorni prima da Enrico PREZIOSI nei confronti dei richiedenti, soprattutto se si considera che Francesco DAL CIN lo aveva consigliato di non assecondarli (“non fare nulla prima di parlare con lui”); - che la dazione della somma di euro 250.000 non sia stata accompagnata dal rilascio di alcuna idonea ricevuta; - che la dazione di tale ingente somma a titolo di anticipo non sia stata accompagnata dalla concreta e dimostrata restituzione dell’assegno di euro 450.000 rilasciato a garanzia o, quantomeno, dal rilascio di un assegno di importo corrispondente al conguaglio da onorare; - che tale dazione di denaro in contanti, non corredata da adeguato riscontro documentale, abbia avuto per beneficiari persone (PAGLIARA e Gallo) nei confronti delle quali Enrico PREZIOSI nutriva profonda disistima tanto da affermare al dibattimento che con quei due non avrebbe mai fatto un affare, perché li riteneva inaffidabili per un fatto di sensibilità “a pelle”; - che di tale assegno non sia stata rinvenuta alcuna traccia (come risulta dalla relazione dell’Ufficio Indagini); - che sia Enrico PREZIOSI, sia CAPOZUCCA si siano totalmente disinteressati della sorte dell’assegno; - che PAGLIARA, il quale materialmente aveva acquisito l’assegno, non sia stato in grado di (o non abbia voluto) dire che fine abbia fatto, tentando maldestramente, in sede di dichiarazioni rese nel corso del dibattimento, di “collocarlo nelle casse” del VENEZIA, rifiutandosi di fornire ulteriori chiarimenti e interrompendosi in modo brusco; - che al momento del sequestro PAGLIARA non abbia dichiarato che la somma sequestrata non costituiva altro che un legittimo corrispettivo della compravendita di un calciatore - censurabile per profili rilevanti soltanto in sede sportiva e non certo rilevanti per gli Organi di polizia giudiziaria - mentre affermava che era denaro proprio e lo ribadiva anche nel corso di una telefonata con Matteo PREZIOSI; - che, anche tralasciando le palesi contraddizioni riscontrabili tra le versioni rese da Enrico PREZIOSI e dai suoi collaboratori Bignone, Nicora e Scapini circa le modalità di raccolta della somma in questione (così come ben evidenziato e ricostruito nella relazione dell’Ufficio Indagini), nella conversazione telefonica intercorsa, nell’immediatezza del sequestro, tra Francesco DAL CIN e PAGLIARA il prezzo pattuito per la cessione di Maldonado venga indicato nel maggiore ammontare di euro 700.000 rispetto a quello di euro 450.000 indicato nel contratto preliminare di cessione e più volte ribadito (ammontare “stranamente” corrispondente alla somma di euro 250.000 di cui al contante sequestrato con euro 450.000 di cui al contratto preliminare e portato nell’assegno); - che, nel periodo immediatamente successivo al sequestro, Matteo PREZIOSI, Francesco DAL CIN e PAGLIARA abbiano dissertato con smaccata finalità di inquinamento probatorio sulle diverse possibili versioni da fornire agli inquirenti circa l’origine della somma sequestrata, quando l’asserita finalità della consegna del denaro avrebbe dovuto costituire la più naturale giustificazione; - che nel corso delle numerose conversazioni telefoniche intercorse tra i protagonisti della vicenda nei giorni antecedenti il sequestro del denaro non è mai stato fatto riferimento al calciatore Maldonado quale oggetto di una trattativa in corso, mentre nel periodo successivo al sequestro si fa sistematicamente riferimento all’accordo di cessione di tale calciatore (e pare inverosimile che l’interessato e il suo procuratore non ne fossero neppure a conoscenza, come confermato da Vagheggi, procuratore del calciatore). Per le considerazioni suddette la Commissione ritiene che la dazione di denaro di cui trattasi non possa essere imputabile al parziale pagamento del prezzo pattuito per l’acquisto del calciatore Maldonado, su cui - come rilevato - si fonda nella sostanza ogni argomentazione difensiva. Al contrario, l’effettiva causale della dazione di cui trattasi non può che evincersi da una serie di circostanze pacificamente riscontrate: - nei giorni antecedenti la gara, nella dirigenza del GENOA era maturato il sospetto che il TORINO, diretta concorrente per l’immediata promozione in serie A, stesse ponendo in essere sollecitazioni dirette ad incentivare il VENEZIA; in estrema sintesi, questo convincimento si fondava su tre diversi elementi: il precedente comportamento agonistico del Piacenza, quanto riferito dal CRAVERO al CAPOZUCCA (“la macchina del TORINO diretta in laguna”) e quanto specificato da una fonte non individuata (premio a vincere di euro 150.000 offerto al VENEZIA tramite Padovano e Borrello, oggetto del colloquio intercorso tra il Presidente del TORINO Romero ed Enrico PREZIOSI, come riferito dal primo all’Ufficio Indagini e dal secondo in sede dibattimentale); - tale clima di sospetto aveva indotto Enrico PREZIOSI ad attivare CAPOZUCCA per verificare la fondatezza delle “voci ricorrenti” e, anche e soprattutto, ad attivarsi personalmente onde determinare la dirigenza del TORINO a desistere da ogni eventuale iniziativa antiregolamentare e quella del VENEZIA a fornire “idonee garanzie” per attenersi ad un comportamento “normale”; - se il contatto con la dirigenza del TORINO si era esaurito nel colloquio con il Presidente Romero, ben più ampia incisività ed insistenza assunsero gli interventi nei confronti della dirigenza del VENEZIA, in virtù degli stretti rapporti, anche di amicizia e di fiducia, con Francesco DAL CIN, al quale di fatto Enrico PREZIOSI attribuiva la concreta capacità e possibilità - al di là della sua veste formale mutata a seguito della acquisizione della Società da parte di Gallo - di incidere sul comportamento della squadra e dei singoli calciatori; - il ruolo e l’atteggiamento assunto da Francesco DAL CIN nei confronti di Enrico PREZIOSI è stato quello del “garante”, come esplicitamente richiesto dal secondo ed accettato (oltre che effettivamente esercitato e rivendicato) dal primo, anche tramite l’attività del figlio Michele DAL CIN; - dalle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, di contenuto grave, preciso e concordante, e dalle dichiarazioni degli stessi protagonisti emerge la concretezza e l’effettività del ruolo svolto da Francesco DAL CIN. Tale ruolo si è estrinsecato, tra l’altro, nel tenere costantemente monitorata la situazione; nell’intervenire direttamente ove necessario per neutralizzare qualsiasi eventuale turbativa; nell’essere l’interlocutore unico nei confronti dei calciatori del VENEZIA sui quali la nuova dirigenza (soprattutto Gallo e PAGLIARA) esercitava minore influenza; nel suggerire a Enrico PREZIOSI l’atteggiamento e la strategia da adottare in concreto nei rapporti con PAGLIARA e Gallo (“non pagare finchè ci sono io”); nell’assicurare un controllo diretto sul comportamento dei calciatori del VENEZIA anche attraverso il figlio Michele DAL CIN persino durante la gara; nell’intervenire in tempo reale durante lo svolgimento della gara, alla quale assisteva davanti alla televisione, chiamando Paglioni, procuratore del calciatore Vicente, per il sorprendente ed inatteso rendimento di quest’ultimo, concretizzatosi “addirittura” nella realizzazione di un goal, evento incompatibile con la “normalità” garantita; nel suggerire le strategie difensive successivamente al sequestro, indicando come più praticabile “quella di Maldonado”; nel rappresentare la ben diversa valenza di manipolazione difensiva che avrebbe avuto l’utilizzare come schermo di copertura il riferimento ad un contratto relativo ad un calciatore di valore di mercato notevolmente inferiore a quello di Maldonado; - dal colloquio tra i calciatori LEJSAL e BORGOBELLO (nel corso del quale i due affermano che “si sono messi d’accordo tra le due società”, “anche Michele lo ha detto”, “ci sono soldi in ballo, ma non si sa chi li prende”, “li prende la Società”, “Lulù ha detto che devono perdere 3-0”, “c’è un vecchio accordo”) emerge la chiara consapevolezza che era stata raggiunta una intesa, che la partita si doveva perdere e che, proprio per questo, nessuno voleva scendere in campo; - l’esito dell’incontro a Milano tra Enrico PREZIOSI, PAGLIARA e i nuovi dirigenti del VENEZIA, già di per se stesso anomalo perché svoltosi quarantotto ore prima della gara, per quanto riferito in termini criptici e gergali dai protagonisti, aveva consentito a Enrico PREZIOSI di affermare che “è tutto a posto”, manifestando in tal modo l’attenuarsi di uno stato di ansia e di preoccupazione, ribadito dalle rassicuranti parole di Francesco DAL CIN (“stai tranquillo è tutto OK; meglio di così non potevamo fare”); non a caso, del resto, identico stato d’animo Enrico PREZIOSI ha comunicato alla propria consorte (“anche se è tutto tranquillo, sono in apprensione per la partita”); - la contestualità tra la conclusione della gara (terminata con il risultato prefigurato) e le rassicurazioni fornite da Enrico PREZIOSI (cfr. dichiarazioni nel dibattimento) al PAGLIARA della consegna del denaro entro brevissimo tempo è sintomatica della correlazione tra risultato della gara e disponibilità all’adempimento, puntualmente verificatosi il martedì successivo. Sulla base di tali circostanze, singolarmente considerate nella loro specifica significanza, nonché unitariamente valutate nel loro complessivo intersecarsi, la Commissione ritiene che la dazione di denaro configuri una concreta captatio benevolentiae nei confronti dei dirigenti del VENEZIA, non soltanto affinché costoro rifiutassero qualsiasi premio a vincere contro il GENOA, ma anche perché garantissero il tanto atteso risultato a favore del GENOA. In tale ottica ogni approfondimento circa l’effettività (ovvero la simulazione) di una contestuale trattativa avente ad oggetto il trasferimento del calciatore Maldonado è del tutto irrilevante. Parimenti del tutto irrilevante ai fini della presente decisione risulta ogni eventuale e ulteriore approfondimento in ordine ai rapporti effettivamente intercorsi tra TORINO e VENEZIA, stante l’assoluta ininfluenza che tali rapporti presentano rispetto alla valutazione della responsabilità degli odierni deferiti. 5.3. Dalla accertata sussistenza degli estremi dell’illecito sportivo deriva la responsabilità dei singoli deferiti che va puntualizzata nei seguenti termini. Per quanto attiene a Enrico PREZIOSI, CAPOZUCCA, Francesco DAL CIN e PAGLIARA è di solare evidenza il loro rispettivo apporto causale alla realizzazione dell’illecito: essi, seppur in termini e con modalità differenti, correlati al loro diverso ruolo, vi hanno inequivocabilmente preso parte, in modo diretto, operativo e concorsuale, sia nella fase ideativa, sia in quella esecutiva, sia in quella successiva come emerge dalla ricostruzione dei fatti precedentemente esposti. Se, infatti, di Enrico PREZIOSI e di Francesco DAL CIN si è diffusamente descritto il reciproco interagire, frutto di concorde intento illecito innestatosi su pregresso e radicato rapporto di amicizia, non di meno di CAPOZUCCA e di PAGLIARA deve essere sottolineato l’apporto coessenziale alle loro funzioni dirigenziali ed alla loro partecipazione operativa in quasi tutti i segmenti dell’azione illecita. Infatti, Enrico PREZIOSI ha promosso l’accordo finalizzato a “normalizzare” il risultato della gara; Francesco DAL CIN, senza alcuna esitazione, ha fornito la propria disponibilità per il conseguimento di tale finalità; CAPOZUCCA e PAGLIARA sono intervenuti sin dal primo momento nell’evolversi dei contatti e nello sviluppo della vicenda, partecipando personalmente alla conclusiva dazione della somma di euro 250.000. Si aggiunga che è stato CAPOZUCCA a “muoversi” per accertarsi della condizione dei calciatori del VENEZIA e della loro disponibilità ad allinearsi alla logica di “normalizzazione” del risultato, così come PAGLIARA ha riscosso materialmente il denaro in contante. Anche Michele DAL CIN, pur non rivestendo una posizione apicale, ha avuto un ruolo determinante nella commissione dell’illecito, in quanto alter ego del padre Francesco DAL CIN (“è come se fossi io”), sia intrattenendo i rapporti con i calciatori del VENEZIA finalizzati a “normalizzare” la gara (come evidenziato nelle dichiarazioni di LEJSAL), sia presenziando alla stessa quale garante del suo svolgimento nei termini concordati. Per quanto riguarda LEJSAL la Commissione ritiene sussistente la responsabilità in considerazione delle ammissioni rese dinnanzi alla Autorità giudiziaria e all’Ufficio Indagini (la cui valenza probatoria non è stata inficiata dalla successiva condotta dibattimentale), ammissioni che - giova sottolineare - hanno offerto alla ricostruzione dei fatti e allo sviluppo delle indagini un contributo di rilievo in un clima - come già osservato - di evidente omertà. Infatti, LEJSAL ha consentito di rendere note condotte ed iniziative di altri tesserati altrimenti non agevolmente rilevabili, fornendo altresì una chiave di lettura degli elementi probatori acquisiti (intercettazioni telefoniche e ambientali). In particolare, egli ha riferito tre specifiche e significative circostanze: l’invito a giocare rivoltogli da PAGLIARA e da Michele DAL CIN non tanto per assicurare alla squadra la copertura di un ruolo decisivo, ma per non offrire all’Ufficio Indagini motivi di sospetto; le pressioni da parte del GENOA riferitegli dal PAGLIARA affinché non giocasse; l’intesa per essere sostituito ad un “segnale convenzionale” che ha determinato l’effettivo abbandono del terreno di giuoco, il che concretizza il suo apporto causale alla realizzazione del risultato della gara. La Commissione deve comunque rilevare che tale atteggiamento di lealtà e di collaborazione è stato parzialmente affievolito in sede di dibattimento: ciò nonostante, il contributo di LEJSAL va valutato nel suo complesso e in relazione al contributo probatorio, per cui ricorrono i presupposti per l’applicazione della attenuante prevista dall’art. 14, n. 5. In relazione alla posizione di BORGOBELLO, infine, la Commissione non ritiene che sussistano elementi probatori sufficienti ad affermarne la responsabilità a titolo di concorso nella commissione dell’illecito sportivo. Tuttavia, il comportamento del deferito integra palesemente l’ipotesi prevista dall’art. 6, comma 7, in termini di omessa denuncia. Se, per un verso, nessun riscontro è emerso circa la sua volontà di condividere il disegno illecito volto all’accomodamento del risultato (o, ancor peggio, al suo mercimonio), per l’altro, le intercettazioni telefoniche e ambientali (in particolare, quella con LEJSAL) rivelano come egli fosse perfettamente consapevole che, con riferimento alla gara Genoa-Venezia, vi fossero stati già da tempo tentativi di illecito e, addirittura, che quest’ultimo fosse già stato concordato a livello delle rispettive dirigenze. 5.4. Quanto alle altre posizioni di cui al deferimento, la Commissione osserva quanto segue. Per quanto attiene al comportamento di CRAVERO, esso è censurabile non sotto il profilo della violazione dell’art. 1, quanto sotto quello della violazione dell’art. 6, comma 7, del C.G.S. Infatti, secondo quanto risulta dagli atti, il CRAVERO ha riferito al CAPOZUCCA di essere venuto a conoscenza di un comportamento sospetto riconducibile al TORINO finalizzato a condizionare le prestazioni agonistiche del VENEZIA nella gara che si doveva disputare a Genova. Secondo la normativa regolamentare, laddove un tesserato venga a sapere che stia per essere compiuto un illecito sportivo, ha l’obbligo di informare senza indugio gli Organi federali: obbligo che il deferito non ha rispettato. Per quanto riguarda, infine, ESPOSITO, la Commissione rileva che le dichiarazioni rilasciate in sede di audizione dinnanzi all’Ufficio Indagini non risultano nella sostanza in contrasto con quelle rilasciate dal Gallo e dal Migliarina, salvo che per aspetti marginali, mancando del resto qualsiasi riscontro alla veridicità dell’una o dell’altra versione dei fatti. 6) La determinazione delle sanzioni Per quanto riguarda le sanzioni a carico delle società, a norma dell’art. 6, comma 3, del C.G.S., in caso di illecito sportivo, se viene accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell'art. 2, comma 4, il fatto è punito con le sanzioni di cui all'art. 13, comma 1, lettere g) o h), salva la maggiore sanzione in caso di pratica inefficacia di tale pena. In particolare, la lettera g) dell’art. 13 prevede la sanzione della “retrocessione all'ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria”, mentre la lettera h) prevede la sanzione della “esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore”. La scelta tra la prima e la seconda sanzione è lasciata alla valutazione degli Organi della giustizia sportiva in relazione “alla natura e alla gravità dei fatti commessi” (art. 13, comma 1, primo capoverso), tenendo conto che l’art. 13 elenca le sanzioni in ordine di gravità, cioè secondo un criterio incrementale, partendo dalla lettera a), per la sanzione più lieve, sino a giungere alla lettera l), per la sanzione più pesante. Va precisato che, con riferimento alla sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, lettera g), per “campionato di competenza” deve intendersi quello di appartenenza al momento della realizzazione dell’illecito (nel caso specifico il campionato di serie B). Diversamente, si giungerebbe alla aberrante conclusione che la società che ha conseguito un risultato positivo (nel caso specifico: la promozione in serie A) mediante la consumazione di un illecito sportivo, verrebbe sanzionata esclusivamente con la privazione di quel vantaggio (la promozione, appunto), senza ulteriori conseguenze di natura affittiva. Infatti, l’esigenza che la sanzione inflitta determini un concreto effetto affittivo, desumibile quale principio di carattere generale dal disposto di cui all’art. 13, lett. f), C.G.S., comporta che la collocazione all’ultimo posto del campionato di competenza acquisti il concreto portato sanzionatorio solo in quanto tradotta nella sua naturale consequenzialità, ovvero nella retrocessione nella categoria inferiore rispetto a quella “di competenza”. Ad abundantiam, la Commissione osserva che del resto non avrebbe alcun senso collocare una società all’ultimo posto della classifica di un campionato che deve ancora iniziare e nella quale, all’inizio della stagione sportiva, tutte le squadre sono evidentemente poste alla pari. Per quanto riguarda, invece, le sanzioni a carico dei tesserati, l’art. 6, comma 5, dispone che “i dirigenti, i soci di associazione ed i tesserati riconosciuti responsabili di illecito sportivo sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di tre anni” (ma, comunque, per effetto di quanto previsto dall’art. 14, comma 2, non superiore a 5 anni). Si aggiunga che “se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato, oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate” (art. 6, comma 6). In tal caso, con riferimento ai dirigenti, ove l’infrazione venga ritenuta di “particolare gravità”, tanto da determinare l’applicazione della sanzione prevista dalla lettera e) dell’art. 14 nella misura massima prevista, l’Organo di giustizia sportiva può anche formulare proposta al Presidente Federale perché venga dichiarata la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. (art. 14, comma 2). Per quanto riguarda la determinazione delle sanzioni, la Commissione rileva, in via generale, che, nel caso in questione, deve necessariamente tenersi conto della aggravante prevista dall’art. 6, comma 6, in quanto lo svolgimento e il risultato della gara sono stati alterati e, comunque, il vantaggio in classifica è stato conseguito. Pertanto, le sanzioni previste dall’art. 13 vanno aggravate. Ai fini della concreta quantificazione di esse, poi, la Commissione deve evidenziare come le modalità stesse dell’illecito - sia nella componente correlata alla inaccettabile violazione delle regole di lealtà, correttezza e probità insita nella logica di “normalizzazione” delle gare (che offende anche gli interessi statuali in materia di gestione dei concorsi a premi), sia ovviamente in quella che trova espressione nella mercificazione corruttiva della attività sportiva - suscitino un rilevante allarme sociale, tanto più a fronte delle implicazioni che il campionato di calcio comporta sul piano sociale, economico e dell’ordine pubblico. In particolare, in relazione alle singole posizioni la Commissione ritiene che assumano particolare rilievo: - quanto a Enrico PREZIOSI, la carica di Presidente e il livello di responsabilità ad essa connesso, la partecipazione attiva alla commissione dell’illecito nel ruolo di promotore e l’interesse primario alla sua realizzazione; - quanto a Francesco DAL CIN, la partecipazione attiva alla commissione dell’illecito e il ruolo in concreto esercitato nella vicenda, indipendentemente dalla veste formale ricoperta in ambito societario; - quanto a CAPOZUCCA e a PAGLIARA, la qualifica di dirigente e il ruolo nella vicenda; - quanto a Michele DAL CIN, la partecipazione di carattere essenzialmente esecutivo rispetto alle indicazioni ricevute da Francesco DAL CIN; - quanto a LEJSAL, la limitata partecipazione alla vicenda e l’atteggiamento di lealtà di fronte all’Ufficio Indagini; - quanto a BORGOBELLO e CRAVERO, l’antidoverosità della condotta e il comportamento processuale; - quanto alla Società GENOA, il coinvolgimento del Presidente e dei vertici dirigenziali. Sanzioni eque, tenuto conto di quanto sopra, nonché degli orientamenti degli Organi della giustizia sportiva in casi analoghi, appaiono quelle di cui al dispositivo. 7) Il dispositivo Per tali motivi, la Commissione dichiara: - Enrico PREZIOSI responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S.; - Stefano CAPOZUCCA responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S.; - Società GENOA responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S.; - Giuseppe PAGLIARA responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S.; - Massimo BORGOBELLO responsabile della violazione dell’art. 6, comma 7, del C.G.S.; - Francesco DAL CIN responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S.; - Michele DAL CIN responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S.; - Martin LEJSAL responsabile della violazione dell’art. 6, comma 1, del C.G.S., con l’attenuante di cui all’art. 14, comma 5; - Roberto CRAVERO responsabile della violazione dell’art. 6, comma 7, del C.G.S.; e, di conseguenza, delibera di infliggere: - a Enrico PREZIOSI, Presidente della società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A., la sanzione dell’inibizione per cinque anni (art. 6, comma 5 e 6, e art. 14, comma 2) con proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. (art. 14, comma 2); - a Stefano CAPOZUCCA, direttore generale della società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A., la sanzione dell’inibizione per cinque anni (art. 6, comma 5 e 6, e art. 14, comma 2); - a Francesco DAL CIN, amministratore delegato della società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., la sanzione dell’inibizione per cinque anni (art. 6, comma 5 e 6, e art. 14, comma 2) con proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. (art. 14, comma 2); - a Michele DAL CIN, direttore generale della società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., la sanzione dell’inibizione per tre anni e un mese (art. 6, comma 5 e 6); - a Giuseppe PAGLIARA, general manager della società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., la sanzione dell’inibizione per cinque anni (art. 6, comma 5 e 6, e art. 14, comma 2); - a Massimo BORGOBELLO, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., la sanzione della squalifica per cinque mesi (art. 6, comma 7, e art. 14, comma 1, lett. g); - a Roberto CRAVERO, direttore sportivo, la sanzione dell’inibizione per quattro mesi (art. 6, comma 7, e art. 14, comma 1, lett. e); - a Martin LEJSAL, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L., la sanzione della squalifica per sei mesi (art. 6, comma 5 e 6, e art. 14, comma 1, lett. g), e comma 5). - alla Società GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A. la sanzione della retrocessione all’ultimo posto del campionato di Serie B per la stagione agonistica 2004/2005 (art. 13, lett. g) e quella della penalizzazione di tre punti in classifica da scontare nella stagione agonistica 2005/2006 (art. 6, comma 6, e art. 13, lett. f). La Commissione proscioglie dall’addebito contestato Massimiliano ESPOSITO, calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L. La Commissione dichiara il difetto di giurisdizione nei confronti della ASSOCIAZIONE CALCIO VENEZIA 1907 S.R.L.
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