LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 201 DEL 25 gennaio 2007 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Sig. Clarence SEEDORF – calciatore Soc. Milan: violazione art. 1 comma 1, art. 3 comma 1 e art. 4 comma 3 C.G.S.; Soc. MILAN: violazione art. 2 comma 4 e art. 3 comma 2 C.G.S. per responsabilità oggettiva (gara Milan-Internazionale del 28/10/06).
LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul
COMUNICATO UFFICIALE N. 201 DEL 25 gennaio 2007
DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE
DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE
a carico:
Sig. Clarence SEEDORF – calciatore Soc. Milan: violazione art. 1 comma 1, art. 3 comma
1 e art. 4 comma 3 C.G.S.;
Soc. MILAN: violazione art. 2 comma 4 e art. 3 comma 2 C.G.S. per responsabilità
oggettiva (gara Milan-Internazionale del 28/10/06).
Il procedimento
Con provvedimento del 22/12/2006, il Procuratore Federale ha deferito a questa
Commissione Clarence Seedorf, calciatore tesserato per la Soc. Milan, nonché quest’ultima
per rispondere: a) il primo della violazione dell’art. 3, comma 1 e dell’art. 4 comma 3
C.G.S., per avere espresso, nel corso di dichiarazioni rese ad organi di informazione
televisiva (“Controcampo” del 29/10/2006), poi pubblicate su alcuni quotidiani nazionali
(“Tuttosport”, “Corriere dello Sport – Stadio” e “La Gazzetta dello Sport” del 30/10/2006),
giudizi lesivi della reputazione dell’arbitro della gara Milan-Internazionale del 28/10/2006
(sig. Farina), attribuendo allo stesso un fatto determinato, nonchè dell’art. 1, comma 1
C.G.S., per non aver rispettato i principi di lealtà, correttezza e probità; b) la società per
violazione dell’art. 2, comma 4 e art. 3 comma 2 C.G.S. (responsabilità oggettiva per la
violazione ascritta al proprio tesserato).
Nel corso della riunione odierna, è comparso Clarence Seedorf insieme al difensore dei
deferiti, il quale ha sostenuto che le dichiarazioni rese dal Seedorf avrebbero avuto ad
oggetto un fatto non grave, come confermato dallo stesso direttore di gara all’Ufficio
Indagini e dalla successiva rappacificazione intervenuta fra deferito ed arbitro. Sul piano
probatorio, la difesa dei deferiti afferma che il silenzio dell’addetto agli arbitri Gandini circa
l’episodio contestato non avrebbe alcuna rilevanza, non avendo il Seedorf parlato con il
Gandini nell’immediatezza dei fatti. A ciò si aggiunga la circostanza che il presunto
contatto fra i due protagonisti sarebbe avvenuto in una zona non “coperta” dalle riprese
televisive (trattandosi dello stretto passaggio che conduce dal terreno di giuoco agli
spogliatoi ) ed occupata da un numero considerevole di persone.
Infine, la difesa del Seedorf ha affermato che l’espressione utilizzata dal proprio assistito –
pur riconoscendone l’inopportunità - non solo é priva di qualsivoglia connotazione lesiva
della reputazione dell’arbitro ma risulta generica e, per questo motivo, non necessariamente
confliggente con quanto dichiarato dal medico sociale della squadra all’Ufficio Indagini.
Rispetto alla posizione della Milan, il difensore sostiene non potersi configurare alcuna
responsabilità per le dichiarazioni rese dal proprio tesserato, dovendosi escludere una
automatica ed “inevitabile” applicazione dell’art. 3 comma 2 C.G.S. in quanto dichiarazione
attinente ad un fatto privato avvenuto fra due soggetti, indipendentemente dai rispettivi
ruoli.
Alla riunione odierna è comparso il Procuratore Federale, il quale ha chiesto la
dichiarazione di responsabilità degli incolpati e l’irrogazione, al Seedorf, della sanzione
della squalifica per una giornata effettiva di gara e dell’ammenda di € 10.000,00, e alla Soc.
Milan della sanzione dell’ammenda di € 10.000,00.
I motivi della decisione
La Commissione, letti gli atti e sentite le parti, ritiene che il deferimento sia fondato.
In linea generale va osservato, con riguardo alla violazione dell’art. 3, comma 1 C.G.S., che
il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero non può in alcun modo essere messo in
discussione né tanto meno represso dall’ordinamento sportivo. Tuttavia, tale diritto trova un
limite invalicabile nel corrispondente diritto alla dignità e al rispetto delle persone, con la
conseguenza che non risultano ammissibili né gli attacchi gratuiti e immotivati ai soggetti
appartenenti all’ordinamento federale, né l’attribuzione non veritiera agli stessi di
comportamenti contrari ai doveri generali di lealtà, probità e rettitudine.
Attribuire ad un direttore di gara una condotta antiregolamentare (aver messo le mani
addosso ad un tesserato) ed insinuare una violazione da parte dello stesso del dovere di
correttezza, senza peraltro indicare le origini e le cause di questo atteggiamento dell’arbitro
né tanto meno fornire alcun riscontro probatorio, costituisce senza dubbio violazione del
divieto di esprimere pubblicamente rilievi lesivi della reputazione di organismi operanti in
ambito federale, come sancito dall’art. 3 comma 1 C.G.S.
Quanto dichiarato da Seedorf circa il comportamento del direttore di gara è stato infatti
smentito dalle relazioni dell'Ufficio Indagini, fonti privilegiate di prova. Emergono due
contrapposte versioni in ordine all’episodio avvenuto negli spogliatoi: da una parte il
Seedorf ed il medico sociale del Milan, i quali riferiscono – pur con espressioni diverse - di
un contatto fra il calciatore e l’arbitro. Dall’altra, il vice capo dell'Ufficio Indagini e
l’arbitro stesso, i quali escludono con decisione che il diverbio fra i due sia sfociato in un
contatto fisico.
Nel contrasto tra le due versioni, la Commissione non può che privilegiare quella
dell'Ufficio Indagini, visto che le dichiarazioni del deferito, per essere ritenute prevalenti
rispetto a quelle rese dall'organo federale preposto, avrebbero dovuto essere suffragate da
ulteriori risultanze, che nel caso di specie non sono emerse dagli accertamenti in atti.
Alla stregua di questi criteri di giudizio, la Commissione ritiene che le dichiarazioni rese dal
deferito - come riportate nel capo d’incolpazione e dallo stesso Seedorf mai smentite – sono
idonee a ledere la figura professionale del direttore di gara, pregiudicandone il prestigio
professionale e personale, e sono contrarie, in quanto non dimostrate come vere da elementi
di prova certi, ai generali principi di probità, correttezza e lealtà, di cui all’art.1 comma 1
C.G.S.
Va dunque dichiarata la responsabilità disciplinare del Seedorf, cui consegue quella
oggettiva (art. 2, comma 4 C.G.S.) della società di appartenenza, non potendosi ritenere del
tutto estranea la società stessa dal contenuto delle dichiarazioni, non riferite esclusivamente
ad un fatto personale occorso fra giocatore ed arbitro ma avendo comunque il Seedorf
collegato le lamentele del Milan nei confronti del direttore di gara non all’arbitraggio alla
condotta tenuta dallo stesso nei confronti del deferito.
Sanzioni eque appaiono quelle di cui al dispositivo.
Il dispositivo
Per tali motivi, la Commissione delibera di infliggere a Clarence Seedorf e alla Soc. Milan
la sanzione dell’ammenda di € 10.000,00 ciascuno.
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