LEGA PROFESSIONISTI SERIE – C – STAGIONE SPORTIVA 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio-serie-c.it e sul Comunicato Ufficiale n.149/C del 14/12/2005 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DI GIOVANNI BLONDET, VICE PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ GENOA, ALESSANDRO ZARBANO, AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SOCIETA’ GENOA, ENRICO PREZIOSI SOCIO DI RIFERIMENTO DELLA SOCIETA’ GENOA E DELLA SOCIETA’ GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A. -.

LEGA PROFESSIONISTI SERIE – C – STAGIONE SPORTIVA 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio-serie-c.it e sul Comunicato Ufficiale n.149/C del 14/12/2005 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DI GIOVANNI BLONDET, VICE PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ GENOA, ALESSANDRO ZARBANO, AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SOCIETA’ GENOA, ENRICO PREZIOSI SOCIO DI RIFERIMENTO DELLA SOCIETA’ GENOA E DELLA SOCIETA’ GENOA CRICKET AND FOOTBALL CLUB S.P.A. -. Il Procuratore Federale, con nota 5/9/2005, deferiva i signori Enrico Preziosi, quale socio di riferimento, Giovanni Blondet e Alessandro Zarbano, rispettivamente vice presidente e amministratore delegato della società Genoa Cricket and Football Club S.p.a., nonché la società, per responsabilità diretta ed oggettiva ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del Codice di Giustizia Sportiva, per rispondere: - i primi tre, della violazione degli artt. 27 dello Statuto Federale e 11 bis del Codice di Giustizia Sportiva, per aver contravvenuto ed eluso gli obblighi di accettare la piena e definitiva efficacia di provvedimenti degli Organi di Giustizia Sportiva e soggetti delegati dalla F.I.G.C., proponendo ricorso, senza averne ottenuto l’autorizzazione e senza essersi avvalsi dei mezzi di Giustizia Sportiva, al Tribunale di Genova, al fine di ottenere la sospensione di ogni decisione in ordine all’inquadramento delle squadre nelle diverse categorie e alla formazione dei calendari per la corrente stagione sportiva; - la società Genoa Cricket and Football Club S.p.a., a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4 del C.G.S., della violazione ascritta ai propri dirigenti ed al sig. Enrico Preziosi. Contestate le violazioni, la società ed i suoi amministratori nonché l’Enrico Preziosi facevano pervenire distinte memorie a difesa. Alla riunione del 21/10/2005, comparivano l’amministratore delegato sig. Zarbano ed il vice presidente sig. Blondet, anche in rappresentanza della società, assistiti dagli avv.ti D’Angelo, Petricca e Gatti nonché, in rappresentanza della Procura Federale, gli avv.ti Bagattini e Taddeucci Sassolini. Non compariva il Preziosi. Si rileva dal verbale d’udienza: - che l’avv. Bagattini, produceva certificato del Registro Imprese C.C.I.A.A. al fine di dimostrare il ruolo di socio di riferimento attribuito al Preziosi e quindi, richiamate le incolpazioni oggetto dell’atto di deferimento, proponeva, in tesi subordinata, ove non fosse stata ritenuta l’applicabilità dell’art. 11 bis C.G.S., che la società fosse sanzionata per violazione dell’art. 1 C.G.S. per essersi rivolta al Giudice ordinario «senza avere utilizzato tutti i mezzi interni messi a disposizione dalla normativa federale» quest’ultima parte già compresa nella lettera di deferimento. Chiedeva infine che venissero irrogate la sanzione della inibizione di 1 anno e 2 mesi alle persone fisiche e di 4 punti di penalizzazione, con l’ammenda di 10.000,00 euro, alla società. - Che le difese degli incolpati, richiamata ogni eccezione ed argomentazione nonché conclusione di cui agli scritti difensivi, sottolineavano ancora che ai sensi della legge n. 220/2003 doveva considerarsi superato il «vincolo di giustizia» in materia di violazione di diritti fondamentali per cui era facoltà dei tesserati e/o degli affiliati della Federazione la scelta del giudice al quale rivolgersi. Per quanto concerne la posizione del Preziosi evidenziavano che lo stesso non poteva essere considerato socio della società incolpata in quanto questa risulta controllata da altra società «Preziosi S.r.l.» a sua volta controllata da un «trust» di diritto estero. Insistevano sulla legittimità del ricorso al Giudice ordinario con azione cautelare a causa dell’urgenza di provvedere a tutela di diritti fondamentali altrimenti non ottenibile col ricorso ad altre istanze federali. Concludevano per la improcedibilità e/o per il pieno proscioglimento di tutti gli incolpati. La Commissione, vista la produzione di documenti nuovi, rinviava il procedimento a «nuovo ruolo». Riconvocate le parti per l’adunanza odierna e presenti i signori Zarbano e Blondet anche in rappresentanza della società, con dichiarazione a verbale i difensori avv.ti D’Angelo, Petricca e Gatto, hanno eccepito in via pregiudiziale che nell’adunanza precedente i rappresentanti della Procura Federale avevano immutato l’incolpazione degli incolpati di avere adito la giurisdizione ordinaria anziché quella amministrativa competente, per cui si veniva a configurare l’illecito come violazione dell’art. 1 C.G.S.-. Quindi hanno chiesto, non risultando tale immutazione del capo di incolpazione nel verbale esteso dalla Segretaria della Commissione Disciplinare, che la Procura Federale, anche mediante dichiarazione orale e su invito della stessa Commissione, provvedesse a formulare la modifica proposta all’udienza del 21 ottobre. Il rappresentante della Procura, all’uopo interpellato, ha confermato l’esattezza delle risultanze a verbale delle sue richieste precedenti, spiegando che a quella udienza non aveva inteso formulare una modifica del capo di incolpazione ma sostenere che, fermo il fatto contestato, ove la Commissione non avesse ritenuto applicabile l’art. 11 bis C.G.S., il fatto doveva pur sempre ritenersi rientrare nelle generali ipotesi di comportamento considerate nell’art. 1 C.G.S.-. Il rappresentante della Procura ha insistito poi preliminarmente nella richiesta di rinvio del procedimento, cui aveva già dato adesione la difesa degli incolpati, al fine di procedere alla eventuale riunione di questo con altro procedimento sorto a causa di ulteriore deferimento della Procura per altra violazione dell’art. 27 dello Statuto, a causa della proposizione da parte della società di nuovo ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. Preso atto dei chiarimenti del rappresentante della Procura, la Commissione ha con ordinanza respinto l’istanza di rinvio avanzata dalle due parti invitandole alla discussione. L’avv. Bagattini per la Procura ha richiamato le conclusioni e le richieste sanzionatorie di cui alla precedente udienza. I difensori degli incolpati, avv.ti D’Angelo e Petricca, hanno pure richiamato le difese contenute nelle memorie depositate e le osservazioni a verbale. Concludendo hanno chiesto il proscioglimento di tutti gli incolpati e, quale riferimento giurisprudenziale, hanno fatto richiamo alla recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sez. 1 Civ., n. 18919/2005, ed affermato sostegno delle proprie tesi. La Commissione osserva: - va preliminarmente confermata l’ordinanza mediante la quale è stata respinta la richiesta di rinvio avanzata in via preliminare dalla Procura, cui ha dato adesione, peraltro con riserve (vedasi dichiarazioni a verbale), la difesa degli incolpati. lnfatti è da tener conto che il deferimento risale al 5 settembre 2005; che il procedimento ha già subito un rinvio a nuovo ruolo ed è completamente istruito, solo in attesa di una decisione del merito, la quale non può essere ritardata oltre; che non vi sono ragioni plausibili per un rinvio né tali dimostrate dalle due parti in causa; che non esiste infine alcun obbligo processuale di concedere un rinvio richiesto unicamente per una riunione ad altro procedimento in istato diverso. Per completezza va ricordato che il provvedimento di riunione dei procedimenti non è previsto come obbligatorio da nessuna norma del C.G.S. ed a causa della sua natura essenzialmente discrezionale il diniego non è neppure censurabile quale vizio del procedimento. - I fatti che hanno dato luogo alla contestazione sono documentalmente provati. Con ricorso 9/8/2005 ex art. 700 c.p.c. il Genoa Cricket and Football Club S.p.a. in persona dei suoi legali rappresentanti ed il sig. Enrico Preziosi, già presidente della società, ma assoggettato ad inibizione per effetto della nota sentenza in materia di illecito sportivo, chiedeva al Tribunale di Genova «l’emanazione di un provvedimento di urgenza che inibisse alla F.I.G.C. e alla Lega Nazionale Professionisti di dare attuazione alle decisioni assunte dalla Commissione Disciplinare della Lega Nazionale di Milano e dalla C.A.F. nei loro confronti, all’esito di un procedimento disciplinare per illecito sportivo. Chiedevano inoltre al Tribunale che, disapplicate tali decisioni che avevano disposto la retrocessione della squadra in Serie C con tre punti di penalizzazione e la squalifica del Presidente per cinque anni, imponesse ai predetti enti di inquadrare il Genoa nella Serie A, categoria alla quale la squadra, essendosi piazzata prima nel Campionato di B, aveva ottenuto la promozione, e di procedere alla sua ammissione e al relativo campionato per la stagione 2005-2006 e autorizzasse il presidente Preziosi a svolgere le sue funzioni. A fondamento della domanda i ricorrenti hanno sostenuto che nell’ambito del procedimento disciplinare che li aveva riguardati erano state utilizzate intercettazioni telefoniche disposte in sede penale, ciò in spregio a quanto stabilito dall’art. 270, comma 1, c.p.p. circa la non utilizzabilità, se non in casi particolarmente gravi (delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza), delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti. A detta dei ricorrenti la norma in questione, in quanto posta a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni, trova fondamento nell’art.15 Cost.; alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 63 del 1994, essa - sempre secondo i ricorrenti - andrebbe inoltre interpretata nel senso che la non utilizzabilità delle intercettazioni da essa prescritta si estende (a maggior ragione) anche ai procedimenti non penali, quali quello disciplinare. Inoltre i ricorrenti hanno lamentato che nell’ambito del procedimento che li aveva riguardati erano stati posti in essere dagli organi federali altri comportamenti che avevano leso il loro diritto di difesa e al giusto processo, in particolare hanno sostenuto che alla camera di consiglio che aveva deliberato le gravi sanzioni loro inflitte avevano partecipato gli organi dell’accusa, in spregio evidente del principio del contraddittorio”. Così si legge (sub.“Svolgimento del processo”) nell’ordinanza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di Genova in data 18/8/2005. L’ordinanza, che aveva chiuso il procedimento con declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice adito, veniva impugnata con reclamo al Collegio, che, con ordinanza 26 agosto 2005, dopo aver identificato con qualche difficoltà, dovuta alla stessa espositiva dei reclamanti, la domanda o meglio l’azione sottesa a quella cautelare, come azione generale di nullità che non poteva portare alla sostituzione della decisione della C.A.F. con una diversa decisione del giudice ordinario che rivedesse il giudizio disciplinare, respingeva il reclamo confermando il difetto di giurisdizione dichiarato dal primo Giudice. In questa sede la difesa dei ricorrenti sostiene: a) che l’entrata in vigore della legge n. 280/2003 avrebbe determinato il venir meno della “ragion d’ essere” del divieto di adire il giudice dello Stato per la decisione delle controversie rilevanti per l’ordinamento generale. In questi casi sarebbe legittimo il ricorso ai giudici dello Stato e quindi non vi sarebbe ragione di sanzionarlo disciplinarmente per cui ogni regola dell’ordinamento sportivo che cionostante sanzionasse un tale comportamento sarebbe illegittima, ossia ogni sua applicazione nell’ambito del predetto ordinamento costituirebbe un illecito nell’ordinamento statuale. b) Che non può trovare applicazione l’art. 27 comma 2 dello Statuto Federale (ove pur si ritenesse tuttora operante) nella fattispecie che consiste nel ricorso al giudice dello Stato diretto a tutelare diritti della persona e, a fortiori, diritti costituzionalmente garantiti. Ciò troverebbe conferma, secondo i ricorrenti nell’art. 22, comma 3, C.G.S. il quale dispone che «la Corte Federale può essere investita da ogni tesserato o affiliato alla F.I.G.C. in ordine a questioni attinenti alla tutela dei diritti fondamentali, personali o associativi, che non trovino altri strumenti di garanzia nell’ordinamento federale». Secondo i ricorrenti tale disposizione esprimerebbe «una direttiva dell’ordinamento sportivo nel senso della trascendenza della materia dei “diritti fondamentali” all’ambito delle attribuzioni dei giudici sportivi», dall’altro prevederebbe «il ricorso alla Corte Federale come meramente facoltativo (“può”)», il che starebbe a significare il riconoscimento da parte dello stesso ordinamento della libertà di accesso alla giustizia del giudice dello Stato in materia di diritti fondamentali. c) Che la comminatoria di una pena privata quale sanzione del ricorso alla giurisdizione dello Stato confliggerebbe con il diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.). d) Che la richiesta di autorizzazione al Consiglio Federale per il ricorso alla giurisdizione statale, la cui mancanza appare contestata nel deferimento, avrebbe senso solo rispetto a controversie tra i soggetti dell’ordinamento e non già tra i soggetti e la stessa Federazione. e) Che la materia cautelare dell’azione e delle specifiche ragioni di urgenza che l’avrebbero imposta, non avrebbero consentito l’ottenimento della preventiva autorizzazione del Consiglio Federale pena la frustrazione delle ragioni cautelari. Analoghi contenuti e pressochè identiche difese sono contenute nella distinta memoria dell’Enrico Preziosi. La contestazione mossa agli incolpati è la violazione dell’art. 27 dello Statuto Federale che contiene la comunemente detta “clausola compromissoria”, talchè è bene sgombrare il campo dalle tesi subordinate del rappresentante della Procura che intenderebbe ravvisare una violazione dell’art. 1 C.G.S. nell’avere omesso gli incolpati di utilizzare i mezzi interni messi a disposizione dalla normativa federale. Infatti è proprio questo mancato utilizzo o mancato ricorso, obbligatorio, a tutte le istanze della giustizia sportiva che forma oggetto della contestata violazione dell’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale, dovendosi subito escludere l’erroneo assunto che per la proposizione del ricorso al giudice dello Stato si dovesse chiedere autorizzazione al Consiglio Federale, adempimento che concerne solo le controversie in cui non è parte la F.I.G.C., come giustamente rilevato dalla difesa degli incolpati. Più precisamente gli incolpati hanno disatteso l’obbligo di osservare le norme dello Statuto Federale, e le norme federali dallo stesso richiamate e, in particolare, l’impegno “di accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti e di tutte le decisioni particolari adottate dalla F.I.G.C., dai suoi organi e soggetti delegati nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico”. Il loro obbligo, anche a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa derivante dalla dedotta lesione di un diritto fondamentale, era quello di adire la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo sport istituita presso il C.O.N.I. e, a seguito di esito negativo del tentativo di conciliazione, avevano l’obbligo di sottoporsi all’arbitrato davanti alla stessa Camera Arbitrale al fine di risolvere la controversia in via definitiva (tal genere di arbitrato è stato definito come “irrituale”: vedasi la recentissima decisione – Cass. n. 18919/05 — segnalata dalla stessa difesa degli incolpati). Il non aver ottemperato a tali obblighi costituisce violazione che determina, come previsto nella seconda parte del comma 2 dell’art. 27, «sanzioni disciplinari sino alla misura della revoca dell’affiliazione per le società e le associazioni, e della radiazione per le persone fisiche». L’art. 11 bis del C.G.S., “Violazioni clausola compromissoria”, commina per tale violazione la penalizzazione di almeno tre punti in classifica per le società e la inibizione non inferiore ad un anno alle persone fisiche responsabili, diverse dai calciatori e allenatori. Non rispondono a corretta interpretazione le tesi sostenute dai difensori degli incolpati che, discostandosi da quella sopra esposta, confliggono con i concordanti indirizzi interpretativi della Cassazione a Sezioni Unite, del Consiglio di Stato e infine anche della stessa Corte Federale della F.I.G.C., che hanno avuto recentemente ad occuparsi degli effetti applicativi della Legge n. 280/2003. Infatti la Corte di Cassazione (S.S.U.U. 23/3/2004 n. 5775) procedendo ad una quadripartizione della tutela derivante dall’art. 3 della Legge n. 280/2003, ha affermato che la norma pone sempre l’obbligo del rispetto delle clausole compromissorie sia nei casi in cui si riconosca la giurisdizione amministrativa, come nei casi in cui si afferma la competenza del Giudice ordinario. Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 9 luglio 2004 n. 5023) in adesione a tale indirizzo interpretativo delle norme surrichiamate ha perspicuamente osservato: - che la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport, istituita ai sensi dell’art. 12 dello Statuto del C.O.N.I., ha competenza per la pronuncia definitiva sulle controversie che contrappongono una Federazione ai soggetti affiliati o tesserati (come nel caso che ci occupa, dal che deriva anche, come già osservato, la non applicabilità della riserva di autorizzazione da parte del Consiglio Federale prevista nella seconda parte dell’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale) a condizione che siano pienamente esauriti i ricorsi interni della Federazione o comunque che si tratti di decisioni non soggette ad impugnazioni nell’ambito della giustizia federale (art. 12, comma 2, Statuto C.O.N.I.). - Che l’art. 27 dello Statuto della F.I.G.C. prevede che è obbligatorio sottoporsi al tentativo di conciliazione presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport costituita presso il C.O.N.I., dopo aver esaurito i gradi interni della giustizia federale (comma 3) e che a seguito di esito negativo del tentativo di conciliazione le parti “accettano di risolvere le controversie in via definitiva mediante arbitrato, promosso su istanza di una delle parti davanti alla predetta Camera Arbitrale (comma 4)”. - Che tali disposizioni implicano che i gradi della giustizia sportiva non si esauriscono con i ricorsi interni federali, ma comprendono anche l’ulteriore ricorso alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport istituita presso il C.O.N.I. sia per il tentativo di conciliazione sia per l’arbitrato. - Che proprio ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 280/2003 risulta rafforzato il ruolo della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport, a cui il citato art. 3 assegna funzioni di carattere nomofilattico all’interno dell’ordinamento sportivo. La Corte Federale con deliberazione pubblicata nel C.U. n.16/CF del 16/4/2004, ha ritenuto coerentemente che i rimedi interni dell’ordinamento sportivo si esauriscano solo dopo il tentativo di conciliazione davanti alla Camera di Conciliazione e dopo l’arbitrato in caso di infruttuoso esperimento del tentativo di conciliazione (punto 2 in cui i due rimedi vengono indicati come obbligatori). Il ricorso alla Camera di Conciliazione del C.O.N.I., da adire in via obbligatoria per l’arbitrato, dopo l’altrettanto obbligatorio esperimento del tentativo di conciliazione davanti alla stessa Camera, prima dell’eventuale ricorso al giudice dello Stato, costituisce l’ultimo grado della giustizia sportiva, per cui l’azione cautelare proposta dal Genoa davanti al Giudice ordinario ha realizzato la violazione di carattere disciplinare contestata, dovendosi anche escludere che la norma violata, come sostenuto infondatamente, possa confliggere col diritto di difesa sancito dalla Costituzione. Infatti la clausola compromissoria, esauriti i gradi del giudizio come sopra identificati, non impedisce la tutela dei diritti fondamentali davanti alla giurisdizione o amministrativa o ordinaria secondo quanto disposto dalla Legge n.280/2003 in quanto l’ultimo grado, e precisamente l’arbitrato, ha natura irrituale come è giurisprudenza pacifica ed in ultimo Cass. n.18919/2005, prima ricordata. La “clausola compromissoria” è oggetto di specifica adesione di natura contrattuale, liberamente accettata, la cui efficacia è riconosciuta esplicitamente dalla legge; come tale andava e va osservata e la sua violazione comporta due conseguenze: la prima, di incorrere in una pronuncia di improponibilità della domanda da parte del giudice dello Stato adito anzitempo, quale inosservanza di clausola di arbitrato irrituale (sempre che la controparte sollevi ritualmente la relativa eccezione); la seconda, ciò che qui interessa, di natura disciplinare implicante l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 11 bis del C.G.S.-. In conclusione va affermata la responsabilità di tutti gli incolpati. Del Preziosi, quale proponente il ricorso al Tribunale di Genova, unitamente ai signori Blondet, vice presidente e legale rappresentante pro - tempore del Genoa, e Alessandro Zarbano, amministratore delegato della stessa società, nonché del Genoa Cricket and Football Club S.p.a. , per responsabilità diretta ex art. 2, comma 4, C.G.S.-. E’ stato eccepito che il Preziosi non sarebbe “socio di riferimento” del Genoa. Tale eccezione non risulta proposta nella sua memoria difensiva, non solo, ma costituisce fatto di estesa notorietà a mezzo della stampa, con notizie ed interviste, la circostanza che il Preziosi detenga partecipazioni o comunque poteri decisionali di fatto nella gestione della società Genoa, tanto che, ad esempio, nel progetto di costituzione di una “fondazione” con trasformazione o come meglio, dell’attuale assetto societario, il di lui consenso appare determinante, per non parlare poi delle frequenti esternazioni riportate con larga diffusione dalla stampa che lo indicano ancora quale vero e proprio “patron” della società. Ai fini della determinazione della sanzione, la Commissione ritiene per equità di contenerla nel minimo edittale di 3 punti di penalizzazione in classifica per la società, cui deve aggiungersi un’ammenda di 10.000,00 euro, e nel minimo edittale anche per le persone fisiche incolpate, tenuto presente che il comportamento delle parti, quale disperato tentativo è stato determinato da uno stato psicologico fortemente emotivo quale può essere quello di coloro, dirigenti e responsabili della società, che vistisi promossi in serie A subiscono addirittura la retrocessione in Serie C. Per questi motivi, la Commissione: d e l i b e r a di infliggere la sanzione di un anno di inibizione a ciascuno dei deferiti, tre punti di penalizzazione in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2005/2006 ed ammenda di 10.000,00 euro alla società Genoa Cricket and Football Club S.p.a.-.
DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it