Massima n. 290754
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 002/C Riunione del 22 luglio 2006 - www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 352/C del 24.5.2006 Impugnazione - istanza: 7. APPELLO DEL CALCIATORE S.L.AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA FINO 30.3.2008, INFLITTA A SEGUITO DI DEFERIMENTO DELL’UFFICIO DI PROCURA ANTIDOPING DEL C.O.N.I. PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 3 DEL REGOLAMENTO ANTIDOPING Massima: Il calciatore, risultato positivo per presenza di benzoilecgonina (metabolita della cocaina) in esito alle analisi del campione biologico prelevatogli, in occasione del controllo antidoping disposto per la gara, è sanzionato con la squalifica fino al 30/03/08. Occorre sgombrare fin da subito il campo dal tema dell’applicabilità dell’art. 19.3 del Regolamento allora vigente, atteso che la cocaina non rientra tra le sostanze specifiche di cui all’apposita lista WADA e pertanto, la violazione in argomento non può andare incontro al peculiare regime sanzionatorio per esse previsto. Per il resto, occorre ancora una volta ribadire che l’impianto regolamentare in vigore non lascia più quei margini di apprezzamento discrezionale precedentemente previsti in capo alla Corte giudicante, ed in particolare non consente più di esercitare il potere atipico modificativo (in senso riduttivo) della sanzione di cui all’art. 13, comma 1, lett. b), punto III) del Regolamento Antidoping vigente fino al 31 dicembre 2003. Sulla base del regime applicabile alla fattispecie de qua si è invece specificato, all’articolo 19.5, che l’annullamento o la riduzione della squalifica possono intervenire, infatti, solo per “circostanze realmente eccezionali” ed esclusivamente nei termini di seguito indicati dalle norme e per la sola irrogazione delle sanzioni (non al fine, dunque, di accertare se vi è stata o meno una violazione del Regolamento). Si ha, così, che la sanzione della squalifica non debba applicarsi in caso di “nessuna colpa e negligenza” (art. 19.5.1), ovvero quando l’atleta dimostri che la violazione è avvenuta del tutto senza sua colpa o negligenza, con l’avvertenza però che in caso di presenza di una sostanza vietata o dei relativi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta, l’atleta medesimo, per conseguire l’annullamento della sanzione, deve dimostrare in quale modo la sostanza vietata sia penetrata nel suo organismo. La sanzione edittale può, invece, essere ridotta, ma in ogni caso “non in misura inferiore alla metà del periodo minimo di squalifica teoricamente applicabile” (quando questa è a vita il periodo ridotto non può essere inferiore a otto anni), in caso di assenza di colpa o negligenza “significativa” (art. 19.5.2), con onere probatorio sempre a carico dell’atleta ed anche qui con l’avvertenza che in caso di presenza di una sostanza vietata o dei relativi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta, l’atleta medesimo per conseguire la riduzione della sanzione deve dimostrare in quale modo la sostanza vietata sia penetrata nel suo organismo, nonché in caso di collaborazione fattiva dell’atleta stesso per la scoperta e/o l’accertamento di violazioni del Regolamento da parte del personale di supporto dell’atleta e di altri (art. 19.5.3). Ciò posto, alla stregua della rigorosa, e connotata da tassatività, disciplina soprariportata, l’Organo giudicante, nel caso di specie (prima violazione per incontestato riscontro di metabolita di sostanza vietata nel campione biologico dell’incolpato), ove non ritenga di applicare la sanzione edittale, può solo ridurre ad un anno la sospensione dall’attività ove ricorrano le circostanze previste e sopra menzionate, od altrimenti è chiamato ad escludere del tutto l’applicazione di sanzioni in caso di totale assenza di colpa. Anche gli oneri probatori gravanti sull’atleta sono ben delineati. Gli elementi portati dall’atleta a supporto della propria strategia difensiva non conducono ad affermare l’assenza totale di colpa, atteso che lo svolgimento (pacifico) dei fatti ha comunque dimostrato un significativo grado di leggerezza da parte del calciatore, che non può trovare efficace scusante nella giovane età del detto calciatore o nel suo status. Anzi, lo stile di vita consono ad un atleta, nel caso di specie comunque maggiorenne, impone che il medesimo si tenga lontano da droghe e simili sostanze, perdipiù quando queste vengono assunte per motivi del tutto futili o “per fare nuove esperienze”. E le sanzioni, a volte, non possono abdicare dall’ineludibile aspetto di monito nei confronti di chi, molto giovane di età, si sta appena affacciando al mondo dei professionisti. Né la piena ammissione dei fatti da parte del calciatore può assumere rilevanza decisiva ai fini dell’applicazione della misura sanzionatoria ridotta.