Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 34 del 23/05/2025

Decisione impugnata: Decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale della FIGC n. 0162/CSA/2024-2025, depositata e notificata, completa di motivazioni, il 20 marzo 2025, con la quale, in ordine ai due reclami (riuniti) proposti rispettivamente dalla suddetta ricorrente e dalla consorella A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957 avverso la delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque, pubblicata sul C.U. n. 616 del 13 febbraio 2025 (che aveva statuito, a carico di entrambi i menzionati Sodalizi, la punizione della perdita, con il punteggio di 0-6, della gara A.S.D. Fortitudo Pomezia - A.S.D. Ecocity Futsal Genzano dell’11 febbraio 2025; aveva comminato, a carico della Fortitudo Pomezia, l’ammenda di € 2.500,00 e, a carico della Ecocity Genzano, l’ammenda di € 500,00, oltre ad ulteriori sanzioni disciplinari), è stato integralmente respinto il gravame della odierna istante, mentre è stato parzialmente accolto quello del club pometino, revocando l’irrogato 0-6 ed infliggendo alla compagine medesima la sola penalizzazione di tre punti in classifica.

Impugnazione Istanza: A.S.D. Ecocity Futsal Genzano / A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957 / FIGC

Massima: Accolto il ricorso annullata la decisione della Corte Sportiva che aveva inflitto alla ricorrente, oltre all’ammenda, la perdita della gara ed alla controparte la penalizzazione di 3 punti in classifica e per l’effetto disposta la ripetizione totale della gara non sussistendo la violazione dell’art. 53 NOIF laddove la società avrebbe rinunciato alla prosecuzione della gara a seguito dell’intemperanza dei tifosi avversari e dopo che le numerose forze dell’ordine presenti nell’impianto avevano ristabilito le condizioni per la prosecuzione regolare dell’incontro in sicurezza, perché detta rinuncia è stata indotta da gravi episodi di violenza e situazioni di pericolo tali da integrare gli estremi di fatti eccezionali che ne invalidano l’efficacia per vizio del consenso, per come descritto nel referto e negli atti pervenuti dai commissari dai quali si evince che:

-           sostenitori della società Fortitudo Pomezia per tutta la durata del primo tempo e parte del secondo rivolgevano cori offensivi nei confronti degli arbitri e dei calciatori avversari;

-           al minuto 11:12 del secondo tempo un tifoso della società Fortitudo Pomezia presente in tribuna, nel transitare nel passaggio tra la stessa e il rettangolo di gioco, sferrava un violento pugno al volto del giocatore [omissis] della società Ecocity Genzano seduto in panchina, il quale cadeva a terra dolorante.

-           a seguito di tale episodio si creava una rissa tra giocatori e dirigenti di entrambe le squadre presenti in campo caratterizzata da vicendevoli ingiurie e minacce e qualche spintone, alla quale prendevano parte anche i sostenitori di entrambe le società che dagli spalti facevano indebito ingresso nel rettangolo di gioco.

-           i disordini proseguivano anche nello spazio antistante gli spogliatoi dove riuscivano ad entrare persone riconducibili ad entrambe le tifoserie e si protraevano per circa 25 minuti fino a quando le forze dell’ordine presenti nell’impianto, con la collaborazione dei Commissari di Campo presenti e di alcuni tesserati di entrambe le squadre, riuscivano ad allontanare dal rettangolo di gioco i predetti sostenitori e ripristinavano l’ordine all’interno dell’impianto.

-           tra i tesserati delle società coinvolti nella rissa veniva identificato il giocatore [omissis] della Soc. Fortitudo Pomezia che dopo aver afferrato con le mani un avversario al collo lo spintonava.

-           la gara veniva definitivamente sospesa dal direttore di gara al 11:12 del secondo tempo poiché il dirigente del Ecocity Genzano consegnava all’arbitro una dichiarazione scritta con la quale dichiarava di non voler proseguire la gara, in quanto erano venute meno le condizioni di serenità e tranquillità psicofisica dei propri calciatori.

-           al termine dell’incontro il pullman della Società Ecocity Genzano, parcheggiato nell’area prospiciente l’impianto, presentava dei danni ad un portellone dal lato conducente, che non erano presenti prima dell’inizio della gara.

In buona sostanza, il Giudice Sportivo e con esso la Corte Sportiva d’Appello hanno ritenuto di applicare le sanzioni previste dall’ordinamento in ragione del fatto che l’odierna ricorrente ha manifestato la volontà di non proseguire la gara facendo leva sul referto arbitrale in cui si legge - da parte dell’arbitro - che “il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara”. Orbene, ciò che rileva nella vicenda odierna non è il valore del referto arbitrale e la efficacia del medesimo, cui l’ordinamento sportivo tributa valore di prova regina in assenza di querela di falso e fatte salve circostanze particolari che ne minano la tenuta (cfr. Collegio di Garanzia, decisione n. 23/2021), quanto piuttosto le circostanze che conducono alla redazione di una valutazione piuttosto che un’altra laddove le stesse si presentino come percezione sensoriale dell’arbitro senza alcun approfondimento ulteriore. Invero, sul caso che ci occupa, l’arbitro riferisce della sua constatazione che “Dopo circa 25/30 Minuti ripristinato l’ordine per me c’erano i presupposti per riprendere la partita ma il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara”, cosicché il Giudice Sportivo e la Corte Sportiva d’Appello hanno giudicato la condotta della ricorrente come rinunciataria e quindi ricondotto la fattispecie nell’art. 53 delle NOIF, con tutte le conseguenze del caso. Va ricordato che il sistema giuridico italiano, sia in ambito penale che civile, affronta la questione del nesso causale partendo dai principi generali espressi negli articoli 40 e 41 del Codice Penale (Cass. Civ., n. 22015 del 3 settembre 2019; Cass. Civ., n. 22016 del 3 settembre 2019; Cass. Civ., Sez. Un., n 13246 del 16 maggio 2019; Cass. Civ., n. 14065 del 22 maggio 2023; Cass. Civ., n.         17252 del 27 maggio 2022). Queste norme introducono la teoria della "condicio sine qua non" (o dell'equivalenza causale), secondo la quale ogni evento che ha contribuito, anche in minima parte, alla produzione dell'evento dannoso ne è considerato causa (Cass. Civ., Sez. Un., n. 13246 del 16 maggio 2019; Cass. Civ., n. 14065 del 22 maggio 2023; Cass. Civ., n. 17252 del 27 maggio 2022). Fatta questa premessa e ricordando che il processo sportivo richiama le norme del processo civile (cfr. art. 2, comma 6, CGS CONI), non può non cristallizzarsi un fatto: la rinunzia alla prosecuzione della gara è conseguenza della aggressione avvenuta al giocatore della ricorrente ed ai tumulti accaduti durante la gara medesima, come peraltro certificato e documentato senza alcuna possibilità di smentita e, peraltro, tali fatti non sono contestati.

A questo punto al Collegio spetta la verifica della configurazione dell’atteggiamento scelto dalla ricorrente ovvero quello di rinunziare alla gara. Va ricordato che la rinuncia, nel diritto privato, è un istituto giuridico complesso e poliedrico che si manifesta in diverse forme e contesti. In linea generale, essa può essere definita come l'atto giuridico unilaterale con cui un soggetto dismette una situazione giuridica soggettiva di cui è titolare, senza trasferirla ad altri. La dottrina e la giurisprudenza distinguono principalmente tre tipologie di rinuncia:

1.         Rinuncia Abdicativa (o Pura):

È la forma più genuina di rinuncia. Il titolare del diritto se ne priva limitandosi a dismetterlo senza trasferirlo ad altri. Lo scopo del rinunciante è unicamente la dismissione del proprio diritto. L'eventuale accrescimento del patrimonio di un altro soggetto non è un effetto diretto della manifestazione di volontà, ma una conseguenza ex lege. Trattasi di un negozio giuridico unilaterale non recettizio, con il quale un soggetto (il rinunciante), nell’esercizio di una facoltà, dismette una situazione giuridica di cui è titolare (rectius esclude un diritto dal suo patrimonio), senza che ciò comporti trasferimento del diritto in capo ad altro soggetto né automatica estinzione dello stesso. Gli ulteriori effetti, estintivi o modificativi del rapporto, che possono anche incidere sui terzi, sono, infatti, solo conseguenze riflesse del negozio rinunziativo, non direttamente ricollegabili all’intento negoziale e non correlate al contenuto causale dell’atto. Non è necessario che l'atto di rinuncia abdicativa persegua interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, come invece richiesto per i contratti atipici ex art. 1322, co. 2, c.c..

2.         Rinuncia Traslativa:

Questa figura, in realtà, ha una struttura bilaterale e natura contrattuale. Comporta il trasferimento del diritto a favore di un determinato soggetto scelto dal rinunciante. Non si tratta di una vera e propria rinuncia nel senso abdicativo, ma di un atto dispositivo che realizza un trasferimento.

3.         Rinuncia Liberatoria:

Si verifica quando la rinuncia a un diritto (solitamente reale) ha come effetto principale la liberazione del rinunciante da obblighi o oneri connessi al diritto stesso (obbligazioni propter rem). La disamina, seppur sommaria, fatta dell’istituto giuridico della rinuncia consente di desumere dalle caratteristiche della medesima, a prescindere dalla configurazione di essa come abdicativa, traslativa o liberatoria, che trattasi di un atto (giuridico) nel quale la volontà costituisce elemento imprescindibile e costitutivo.

Orbene, a nessuno sfugge che qualsiasi atto giuridico o contratto, per essere valido, debba essere spontaneamente e consapevolmente assunto, ovvero scevro da condizionamenti esterni che ne rendano viziata la volontà. Nella vicenda oggetto di scrutinio da parte di Questo Collegio appare evidente che la volontà di non proseguire la gara non sia stata assunta come libero principio di autodeterminazione, ma come conseguenza di un clima ostile documentalmente provato e sfociato anche in una aggressione di un calciatore della società ricorrente accompagnato in ospedale a seguito di lesioni fisiche subite; queste circostanze non consentono di ritenere il fatto concludente come consapevolmente posto in essere, di guisa che la volontà di non proseguire la gara è da ritenersi inefficacie per vizio della volontà medesima. Pertanto, in linea generale, essendo la rinunzia un negozio giuridico unilaterale con il quale il titolare dismette un diritto di cui può disporre, essa, come detto, esaurisce i propri effetti nella sfera giuridica del rinunziante e non richiede di essere portata a conoscenza di terzi perché l'effetto estintivo si produca. Tuttavia, come ogni atto negoziale, la rinunzia è suscettibile di essere inficiata dai vizi della volontà, quali l'errore, il dolo e la violenza. La violenza, intesa come vizio del consenso, si configura quando una parte è indotta a compiere un negozio giuridico sotto la pressione di una minaccia. Affinché la violenza possa determinare l'invalidità dell'atto, essa deve consistere nella minaccia attuale di un male futuro dipendente dalla volontà dell'altro contraente o di un terzo. La minaccia deve essere di tale natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. La dottrina e la giurisprudenza distinguono tradizionalmente tra:

1.         Violenza Fisica (o Vis Absoluta): Si verifica quando la volontà del soggetto è completamente assente, poiché la manifestazione esteriore non è che il risultato di una coazione fisica irresistibile. In questi casi, più che di volontà viziata, si potrebbe parlare di assenza totale di volontà, il che potrebbe teoricamente condurre alla nullità dell'atto per mancanza di un elemento essenziale (l'accordo o la volontà, a seconda della natura dell'atto).

2.         Violenza Morale (o Vis Compulsiva): Consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole che induce il soggetto a compiere un atto che altrimenti non avrebbe compiuto. In questo caso, una volontà esiste, sebbene sia coartata dalla minaccia. È questa la fattispecie che il codice primariamente disciplina con l'annullabilità.

In buona sostanza, si distingue tradizionalmente tra violenza fisica e violenza morale, la prima - di rara ricorrenza nella pratica giudiziaria - ricorre quando taluno costringe un altro, materialmente, a compiere un atto, avvalendosi cioè della forza fisica, costringendolo a contrarre contro la sua volontà (ad esempio, inducendo il contraente in stato di ipnosi, o trascinando la sua mano a firmare il contratto, o puntandogli una pistola alla tempia), mentre la violenza morale consiste nell’indurre qualcuno a contrarre avvalendosi di minacce. La violenza, che sia fisica o morale, consiste quindi in un analogo meccanismo di determinazione della volontà del soggetto, indotto a contrarre sulla base di un calcolo di convenienza, che lo porta a ritenere la stipula del contratto un male minore rispetto al subire la violenza. Anche nell’ipotesi della violenza fisica, infatti, la volontà non manca mai del tutto, perché il soggetto può resistere alla pressione ed è in genere indotto a contrarre dalla volontà di sottrarsi al male fisico, più che dalla assoluta impossibilità di determinarsi diversamente; anche in questi casi, pertanto, la volontà non è assente, ma, analogamente a quanto accade per la violenza morale, è viziata. Tali riflessioni hanno condotto alcuni interpreti a ritenere preferibile la distinzione tra violenza assoluta e violenza relativa. La violenza assoluta, secondo parte della dottrina, sarebbe quella che esclude del tutto la volontà, causando la nullità del contratto, ma in effetti i casi in cui è possibile ravvisarla sono veramente pochi, mentre la violenza relativa è quella che si limita a viziare la volontà e dà luogo all’annullabilità del contratto. Nonostante la distinzione teorica, il rimedio generale previsto dal codice per la violenza (compresa quella fisica, che non annienta totalmente la volontà, ma la coarta gravemente) è l'annullabilità. La nullità per vis absoluta rimane un'ipotesi più teorica e residuale, in quanto si argomenta che manchi la dichiarazione stessa come atto umano riferibile al soggetto. In ragione delle considerazioni innanzi esplicitate, non v’è chi non veda come la rinunzia alla gara da parte della ricorrente sia stata indotta dalla paura di quanto già accaduto (e provato) e quanto sarebbe potuto accadere in ragione del clima instauratosi durante la gara, sicché va dichiarata nulla la dichiarazione di volontà per vizio del consenso del dichiarante. Pertanto, va affermato il seguente principio di diritto ovvero che la rinunzia ad una gara o a qualsiasi altra competizione sportiva se indotta da gravi episodi di violenza o da situazioni di pericolo attuale ed imminente, integra gli estremi di fatti eccezionali che ne invalidano l’efficacia per vizio del consenso. Ovviamente, sebbene quanto accaduto postulerebbe sanzioni molto gravi in ambito sportivo come conseguenza dell’esito della gara, Questo Collegio non può non ricordare, in linea con l’orientamento monolitico di Questa Sezione, che ciò che va privilegiato e tutelato è il merito sportivo. Il principio della valorizzazione del merito sportivo, sancito dalla Carta Olimpica, è compreso tra le regole generali dell’ordinamento sportivo e assurge a rango di fonte sovranazionale a cui far riferimento nell’ambito dell’ordinamento. Tale principio, peraltro, può assumere la valenza di criterio di interpretazione delle disposizioni ambigue, lacunose o poco chiare (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 34/2018). È in virtù di tale principio che non possono essere lasciate a condizioni altre le determinazioni delle classifiche in vicende come quelle odierne, ma unicamente al campo di gioco, per la qual cosa va disposto, in accoglimento del terzo motivo del gravame, la ripetizione totale della gara. L’accoglimento del motivo scrutinato assorbe l’esame di tutti gli altri motivi poiché il motivo accolto è sufficiente alla decisione della causa (Cass. Civ., n. 18006 del 6 giugno 2022).

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 30 del 09/05/2025

Decisione impugnata: Decisione dalla Corte Sportiva d’Appello Territoriale del Comitato Regionale Campania presso la Lega Nazionale Dilettanti FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale n. 22/CSAT del 23 gennaio 2025, con la quale era stato rigettato il reclamo proposto dalla medesima ricorrente avverso la decisione resa dal Giudice Sportivo LND presso il Comitato Regionale Campania, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 34/C5 del 12 dicembre 2024 che ha confermato la decisione del Giudice Sportivo Territoriale, che aveva irrogato in confronto della squadra avversaria la sanzione sportiva della perdita della gara con il risultato di: Rione Cicalesi 6 - Victoria Solofra 0.

Impugnazione Istanza: A.S.D. Victoria Solofra / FIGC / A.S.D. Rione Cicalesi

Massima: E’ inammissibile il ricorso avverso la decisione della CSAT che confermando la decisione del GST ha inflitto la sanzione della perdita della gara per rinuncia ai sensi dell’art. 53 NOIF per aver abbandonato il terreno di gioco a seguito di incidenti, pur essendo state ripristinate le condizioni per continuare l'incontro, anche tenuto conto della presenza presso l'impianto delle Forze dell'ordine…Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni. L’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in materia di  competenza,  prevede  che  il  ricorso  al  Collegio  di  Garanzia  dello  Sport  è  ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti. L’associazione ricorrente sostiene che i fatti accaduti - disordini e rissa verificatasi alla fine del primo tempo di un incontro di calcio a cinque - avrebbero dovuto essere valutati come tali da non garantire il proseguimento della gara, atteso che le forze dell’ordine non avrebbero potuto garantire con certezza la loro permanenza per l’intero secondo tempo della partita in questione a causa del possibile sopravvenire di (eventuali) ragioni di servizio, sicché, se la gara fosse continuata,  i  giocatori  della  propria  compagine  sarebbero  stati  esposti  al  rischio  che  si La Corte Sportiva d’Appello, a seguito di istruttoria disposta per l’acquisizione di dichiarazioni specifiche da parte del direttore di gara, ha offerto una ricostruzione completa del fatto, osservando che l’arbitro, per garantire la sua sicurezza, si era allontanato dalla zona interessata dai disordini ed aveva chiamato le forze dell’ordine, che dopo pochi minuti erano intervenute (due carabinieri e tre o quattro appartenenti alla Polizia di Stato). Successivamente, su richiesta della società ospitata, l’arbitro si era portato nello spogliatoio di questa squadra e, dopo aver rilevato che gli atleti avevano già dismesso la tenuta di gara e uno di essi aveva del ghiaccio sintetico su un gomito, aveva ricevuto dal capitano della Victoria Solofra una dichiarazione scritta contenente la rinuncia a proseguire la gara, non sussistendo più le condizioni perché questa potesse continuare regolarmente, anche a seguito dei danni fisici che alcuni calciatori avevano subito in precedenza dopo l’aggressione. I giudici di merito, tuttavia, hanno posto a fondamento della relativa decisione il fatto che la squadra ospitata Victoria Solofra aveva dichiarato di rinunciare alla prosecuzione della gara, deducendo di non essere in grado di proseguirla poiché non vi erano i presupposti mentali per le minacce subite, anche fisiche, in quanto tre calcettisti si sarebbero infortunati durante la rissa. In tal modo, le circostanze dedotte, del tutto sovrapponibili all’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello, costituiscono soltanto una parte del fatto rilevante, poiché il ricorso trascura l’essenziale circostanza secondo la quale vi era stata la rinuncia alla prosecuzione, da sola abilitante alla decisione di provvedere all’applicazione della sanzione della perdita della gara ai sensi dell’art. 53 delle Norme Organizzative Interne della FIGC (NOIF). La disposizione, infatti, prevede che le società hanno l'obbligo di portare a termine le manifestazioni alle quali si iscrivono e di far concludere alle proprie squadre le gare iniziate. Inoltre, la società che rinuncia alla disputa di una gara di campionato o di altra manifestazione o fa rinunciare la propria squadra a proseguire nella disputa della stessa, laddove sia già in svolgimento, subisce la perdita della gara con il punteggio di 0-3, ovvero 0-6 per le gare di calcio a cinque, o con il punteggio al momento più favorevole alla squadra avversaria, nonché la penalizzazione di un punto in classifica, fatta salva l’applicazione di ulteriori e diverse sanzioni per la violazione dell’art. 1, primo comma, CGS. In altri termini, la contraddittorietà lamentata dalla ricorrente non ha ragion d’essere, atteso che il fatto prospettato, perfettamente sovrapponibile dal punto di vista materiale a quanto accertato, è direttamente incidenti sulla validità del provvedimento emesso dal Giudice Sportivo. Tale profilo ricostruttivo toglie ragione anche all’ipotetica supposizione circa l’esistenza di una causa di forza maggiore, qualora si volesse fare applicazione analogica dell’art. 55 delle NOIF in materia di rinuncia collegata alla mancata partecipazione (presentazione) di una squadra ad una gara, posto che la ricorrente non ha dedotto alcuna situazione di forza maggiore, comunque elisa dal volontario abbandono del terreno di gioco. Va, infine, tenuto presente che l’art. 10 del Codice di Giustizia Sportiva contiene la previsione di articolati poteri degli organi di giustizia sportiva in relazione alla verificazione, nel corso di una gara, di fatti che per la loro natura non siano valutabili con criteri esclusivamente tecnici, per l’ipotesi in cui - se e in quale misura - tali fatti abbiano avuto influenza sulla regolarità di svolgimento della gara. Ma tale evenienza presuppone, in ogni caso, l’avvenuto svolgimento di essa e non riguarda i casi di rinuncia o ritiro dalla competizione. In definitiva, non solo non emerge alcun vizio della motivazione dell’impugnata decisione, ma, non ricorrendo alcun travisamento del fatto posto a fondamento della decisione, l’impugnazione va dichiarata inammissibile.

Decisione C.S.A. – Sezione III: DECISIONE N. 0162/CSA del 20 Marzo 2025 (Motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque FIGC, di cui al Com. Uff. n. 616 del 13.02.2025

Impugnazione – istanza: -  A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957/A.S.D. Ecocity Genzano Futsal

Massima: Rigettato il reclamo della A.S.D. Ecocity Genzano Futsal e per l’effetto confermata la decisione del Giudice Sportivo che le ha inflitto la punizione della perdita della gara con il punteggio di 0-6 e l’ammenda di € 500,00. Accolto il reclamo della società A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957 ed in riforma della decisione del Giudice Sportivo che le aveva inflitto la punizione della perdita della gara con punteggio di 0-6, l’obbligo di disputare fino al 31.05.2025 le prossime gare interne a porte chiuse e l’ammenda di € 2.500,00, revocata la sanzione della perdita della gara con il punteggio 0 - 6 ed inflitta la penalizzazione di punti 3 in classifica a carico con conferma nel resto. Ciò per la rinuncia alla prosecuzione della gara ai sensi dell'art.53 delle NOIF a seguito dei seguenti fatti “- al minuto 11:12 del secondo tempo un tifoso della società Fortitudo Pomezia presente in tribuna, nel transitare nel passaggio tra la stessa e il rettangolo di gioco, sferrava un violento pugno al volto del giocatore … della società Ecocity Genzano seduto in panchina, il quale cadeva a terra dolorante. - a seguito di tale episodio si creava una rissa tra giocatori e dirigenti di entrambe le squadre presenti in campo caratterizzata da vicendevoli ingiurie e minacce e qualche spintone, alla quale prendevano parte anche i sostenitori di entrambe le società che dagli spalti facevano indebito ingresso nel rettangolo di gioco. - i disordini proseguivano anche nello spazio antistante gli spogliatoi dove riuscivano ad entrare persone riconducibili ad entrambe le tifoserie e si protraevano per circa 25 minuti fino a quando le forze dell'ordine presenti nell'impianto, con la collaborazione dei Commissari di Campo presenti e di alcuni tesserati di entrambe le squadre, riuscivano ad allontanare dal rettangolo di gioco i predetti sostenitori e ripristinavano l'ordine all'interno dell'impianto. - tra i tesserati delle società coinvolti nella rissa veniva identificato il giocatore … della Soc. Fortitudo Pomezia che dopo aver afferrato con le mani un avversario al collo lo spintonava. - la gara veniva definitivamente sospesa dal direttore di gara al 11:12 del secondo tempo poiché il dirigente del Ecocity Genzano consegnava all'arbitro una dichiarazione scritta con la quale dichiarava di non voler proseguire la gara, in quanto erano venute meno le condizioni di serenità e tranquillità psicofisica dei propri calciatori… Considerato che prima che il dirigente della Società Ecocity Genzano comunicasse all'arbitro la decisione della propria società di non voler proseguire la gara le numerose forze dell'ordine presenti nell'impianto avevano ristabilito le condizioni per la prosecuzione regolare dell'incontro in sicurezza; … che ai sensi dell'art.53 delle NOIF le società hanno in ogni caso l'obbligo di portare a termine le manifestazioni alle quali si sono iscritte e di far concludere alle proprie squadre le gare iniziate; … che un sostenitore della società Fortitudo Pomezia con un atto di violenza immotivato e temerario ha aggredito un calciatore avversario seduto in panchina, causandogli un trauma ed impedendogli di poter prendere parte alla parte residuale dell'incontro, scatenando così la rissa che ha visto coinvolti tesserati di entrambe le società. Ritenuto, infine, che le società rispondono a titolo di responsabilità oggettiva dei comportamenti dei propri sostenitori e dei propri tesserati…Gli atti ufficiali sono estremamente chiari nel descrivere gli episodi verificatisi nel corso della gara in esame, scaturiti dal gravissimo gesto posto in essere da un tifoso del Pomezia ai danni di un calciatore del Genzano, mediante aggressione fisica costituita da un violento pugno alla tempia, che provocava conseguenze fisiche non trascurabili al giocatore colpito, il quale doveva essere trasportato in ambulanza all’Ospedale di Pomezia per le cure del caso. A tale gesto faceva seguito una rissa tra i giocatori delle due squadre, caratterizzata da vicendevoli ingiurie, minacce e qualche spintone, con alcuni tifosi di entrambe le compagini che entravano nel terreno di giuoco, unitamente ai dirigenti delle due società, i quali cercavano di calmare gli animi. Tale mass confrontation, che proseguiva anche nello spazio antistante gli spogliatoi, aveva la durata di circa 25/30 minuti, dopo di che, come attestato dal Direttore di Gara, vi erano i presupposti per riprendere la partita, ma il dirigente ufficiale del Genzano comunicava, anche per iscritto con il deposito di una riserva, che la società ospite non intendeva continuare la gara, così come in effetti è avvenuto. Quanto al reclamo dell’A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957, questa Corte ritiene condivisibili le argomentazioni del Giudice Sportivo in ordine alla condotta ascritta alla stessa società ospitante A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957, la quale è chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva dei propri sostenitori, uno dei quali, con un gravissimo atto di violenza, totalmente privo di giustificazione, ha aggredito il calciatore del Genzano Sig. …, causandogli un trauma tale da impedirgli di proseguire la gara, atto di violenza che ha scatenato una rissa che ha avuto la durata di circa mezz’ora. Tuttavia, la sanzione conseguente alla condotta così come contestata e acclarata non afferisce alla fattispecie delineata dall’art.10, comma 1, del CGS, bensì a quella di cui al comma 2, ai sensi del quale “Non si applica la sanzione della perdita della gara se si verificano fatti o situazioni imputabili ad accompagnatori ammessi nel recinto di gioco o sostenitori della società che abbiano comportato unicamente alterazioni al potenziale atletico di una o di entrambe le società. La società ritenuta responsabile è punita con la sanzione minima della penalizzazione di punti in classifica in misura almeno pari a quelli conquistati al termine della gara.” Detta disposizione, infatti, rappresenta il confine, ad oggi invalicabile per gli organi di giustizia sportiva, di sanzionare con la perdita della gara una compagine, contemplando fattispecie comportamentali di accompagnatori o sostenitori del club dalle cui condotte consegue «unicamente» la menomazione al potenziale atletico della società, come è accaduto nel caso di specie. Il legislatore sportivo, infatti, anche al fine di limitare la discrezionalità degli organi federali nell’individuare i fatti e le situazioni di cui alla prima parte della disposizione – ai quali consegue la sanzione della perdita della gara – ha avvertito l’esigenza di sottrarre una serie di fatti concreti a tale rigidità sanzionatoria (appunto, la perdita della gara) stabilendo che le situazioni imputabili ad accompagnatori ammessi al recinto di gioco, sostenitori al séguito della società o soggetti comunque riconducibili ad un determinato sodalizio, che abbiano comportato esclusivamente alterazioni al potenziale atletico, non determinino l’applicazione della (massima) sanzione della perdita della gara, ma quella della penalizzazione di punti in classifica che, nel minimo, è rapportata ai punti conquistati con il risultato connesso a quello della gara stessa (in tal senso, v. Corte giust. fed., in Com. uff., 17 luglio 2009, n. 301/CGF e CSA CU n.167 s.s. 2018/2019). Non vi è dubbio, peraltro, che nel caso di specie ricorra quell’«oggettiva gravità di un evento che appare radicalmente estraneo al contesto di una gara sportiva necessariamente ispirata da principi di lealtà e correttezza» (Corte giust. fed., in Com. uff. 20 giugno 2013, n. 309/CGF) e che simili condotte debbano essere utilizzate quale parametro di valutazione per sanzionare la società, in ossequio al principio di afflittività previsto dall’ordinamento sportivo. In ordine alla quantificazione della sanzione, la stessa, considerata la gravità dell’accaduto, che ha indubbiamente comportato alterazioni al potenziale atletico della società avversaria, il cui tesserato … è stato costretto a recarsi all’Ospedale di Pomezia per le cure del caso, viene ritenuta congrua in quella della penalizzazione di punti in misura almeno pari a quelli conquistati al termine della gara, ovvero in questo caso i 3 punti conquistati per effetto della conferma della sanzione della perdita della gara a carico della società Genzano, come da motivazione che segue. Meritano invece conferma le sanzioni dell’ammenda e della squalifica del campo, ricorrendo le fattispecie delineate dall’art.26, commi 1, 3 e 4, del CGS, per quanto attiene alla condotta dei propri sostenitori e – seppur in parte – all’art.25, commi 6 e ss, del CGS per quella dei propri dirigenti/tesserati. Quanto al reclamo dell’A.S.D. Ecocity Genzano Futsal, meritano conferma le sanzioni ad essa inflitte dal Giudice Sportivo, atteso che la suddetta Società deve ritenersi rinunciataria alla prosecuzione della gara, e quindi responsabile della sua mancata conclusione. Risulta infatti acclarato che, nonostante la gravità degli episodi accaduti, il Direttore di Gara, in particolare con supplemento di referto, ha dichiarato che “Dopo circa 25/30 Minuti ripristinato l’ordine per me c’erano i presupposti per riprendere la partita, ma il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara.” La determinazione del Primo Ufficiale di Gara, riportata negli atti ufficiali di gara, che – si ribadisce - ai sensi dell’art.61 del CGS deve ritenersi assistita da efficacia probatoria privilegiata, è stata ingiustificatamente disattesa dalla società Genzano, la quale, anche ai sensi dell’art.53 delle NOIF, aveva l’obbligo di riprendere e portare a termine l’incontro, al contrario di quanto accaduto.

Decisione C.F.A. : C. U. n. 95/CFA 11 Aprile 2018 (motivazioni)  - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Campania - Com. Uff. n. 28 del 5.10.2017

Impugnazione – istanza:  RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD ATLETICO CASTELFRANCI 1983 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 5.000,00 INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 2 C.G.S., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 458/646 PFI 16-17 GP/MB/MM DEL 14.7.2017

Massima: La Corte riduce la sanzione inflitta alla società di seconda categoria ad € 1.000,00 di ammenda per aver il proprio calciatore per aver abbandonato il terreno di gioco prima del termine della gara”, con conseguente sospensione dell’incontro per mancanza del numero minimo di calciatori in campo dando luogo all’“effettiva alterazione dello svolgimento della gara”. E’ evidente che il comportamento del calciatore ha alterato lo svolgimento della gara ma la Società reclamante non aveva obiettivamente alcuno strumento per impedire che un proprio tesserato di sua iniziativa abbandonasse il terreno di gioco prima del termine della gara, fermo pertanto il principio della responsabilità oggettiva della Società per il comportamento dei propri tesserati.

Decisione C.S.A.: C. U. n. 24/CSA del 12 Settembre 2017 (motivazioni)  - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 497 del 26.1.2017

Impugnazione – istanza: RICORSO A.S.D. AUGUSTA 1986 AVVERSO DECISIONI MERITO GARA U21 ASSOPORTO MELILLI/AUGUSTA 1986 DEL 22.1.2017

Massima: La CSA conferma la decisione del GS che ha irrogato alla società la sanzione della perdita della gara, la penalizzazione di un punto in classifica e l’ammenda di € 300,00 quale prima rinuncia nonché l’ulteriore ammenda di € 1.500,00 per la grave condotta antisportiva posta in essere dal proprio calciatore che fungendo da capitano si rifiutava di riprendere il gioco ed invitava i propri compagni di squadra ad interrompere la partita facendo rientro negli spogliatoi.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 13/C Riunione del 22 Novembre 2001 n. 4 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Provinciale Autonomo di Trento - Com. Uff. n. 17 del 18.10.2001 Impugnazione - istanza: Appello del F.C. Adige avverso decisioni merito gara Campionato Provinciale Allievi Vattaro/Adige del 16.9.2001 Massima: La società è sanzionata con la perdita della gara, quando i calciatori abbandonano il terreno di giuoco senza che l’arbitro abbia decretato la fine della gara.
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