Massima n. 289740

Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 143/CGF del 27 Gennaio 2010 n. 4 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 171/CGF del 01 Marzo 2010  e  su  www.figc.it Impugnazione – istanza:4) Deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. a carico del calciatore S. M. tesserato in favore dell’A.S.D. BFTM Numana Cameranese, per violazione dell’ art. 2.1 delle norme sportive antidoping. Massima: Il calciatore è sanzionato con la squalifica per 4 mesi, decorrenti dalla data della sospensione cautelare, perché, risultato positivo al controllo antidoping a seguito della gara, ha ammesso di aver fatto uso della sostanza vietata. Pacifica risulta la violazione da parte del calciatore dell’art 2.1. L’art. 2.1. del Codice Wada, dispone che gli atleti sono responsabili qualora siano trovate sostanze vietate, inclusi i relativi metaboliti o marker, nei campioni biologici. L’art. 2, comma 9, Norme Sportove Antidoping contiene un rinvio all’art. 10 del Codice WADA. Il regime sanzionatorio deve dunque essere ricercato all’interno del Codice Mondiale Antidoping. Vengono, qui, in rilievo gli articoli 10.2 e 10.4. Mentre la prima norma stabilisce in via generale la sanzione di due anni di squalifica nel caso di prima violazione dell’art. 2.1, la seconda prevede un regime di maggior favore, dacché la sanzione (per prima violazione) può anche risolversi in un mero richiamo. L’art. 10.4 sotto la rubrica “Elimination or Reduction of the Period of Ineligibility for Specified Substances under Specific Circumstances”, afferma: “Where an Athlete or other Person can establish how a Specified Substance entered his or her body or came into his or her Possession and that such Specified Substance was not intended to enhance the Athlete’s sport performance or mask the Use of a performance-enhancing substance, the period of Ineligibility found in Article 10.2 shall be replaced with the following: First violation: At a minimum, a reprimand and no period of Ineligibility from future Events, and at a maximum, two (2) years of Ineligibility”. La norma prevede un regime sanzionatorio più favorevole al ricorrere di tre condizioni: a) assunzione o possesso di una “Sostanza Specifica”, ovvero di una delle “Sostanze Proibite” individuate nella “Lista delle sostanze proibite e dei metodi vietati”; b) dimostrazione delle modalità di assunzione o di acquisizione del possesso; c) uso della Sostanza Specifica per fini diversi dal miglioramento delle prestazioni sportive. Nel caso di specie, ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 10.4. L’atleta, per la prima volta sottoposto ad un controllo antidoping, ha ammesso di aver assunto il Metabolita di Tetraidrocannabiolo, sostanza rientrante nella categoria delle “Sostanze Proibite”. Per le intrinseche caratteristiche, tale metabolita non viene normalmente assunto a fini dopanti. Esso è stato peraltro assunto fumando uno spinello ad una festa di amici; circostanza che lascia presumere come il calciatore non avesse intenzione di farne uso per accrescere le proprie prestazioni fisiche. Il caso di specie: Il calciatore veniva deferito dall’Ufficio Procura Antidoping (UPA) per violazione dell’art. 2.1 del Codice WADA (Codice Mondiale Antidoping). La decisione dell’UPA muove dal riscontro dell’assunzione di una sostanza dopante da parte dell’atleta. In in occasione del controllo antidoping, disposto dalla Commissione Ministeriale ai sensi della legge 376/2000, al termine della gara, il calciatore veniva trovato positivo al Metabolita di Tetraidrocannabinolo. La concentrazione della sostanza, circa 93,0 ng/ml, era superiore al limite legale, 15 ng/ml. Il calciatore non richiedeva le controanalisi e veniva interrogato dall’UPA alla quale dichiarava: di aver assunto la sostanza dopante ad una festa di amici, fumando uno spinello; di non esser mai stato prima sottoposto ad un controllo antidoping; di non aver fatto uso del metabolita per migliorare le proprie prestazioni fisiche; di non contestare la procedura di controllo antidoping. L’UPA, vista l’ammissione dell’atleta e la verosimiglianza dei fatti ricostruiti, chiedeva la sospensione del calciatore per un periodo di tre mesi, ai sensi dell’art. 10.4 del Codice WADA, decorrenti dalla sospensione cautelare. La Corte di Giustizia Federale, con deliberazione sospendeva in via cautelare il calciatore per un periodo di 60 giorni e successivamente, si riuniva per la decisione.
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