Massima n. 289742

Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 143/CGF del 27 Gennaio 2010  n. 7 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 171/CGF del 01 Marzo 2010  n. 7 e  su  www.figc.it Impugnazione – istanza:7) Deferimento dell’ufficio Procura Antidoping C.O.N.I. a carico del calciatore S. M. tesserato in favore dell’A.S.D. Morolo Calcio per violazione dell’art. 2.1 del codice WADA Massima: Il calciatore è sanzionato con la squalifica per 4 mesi, decorrenti dalla data della sospensione cautelare, perché, risultato positivo al controllo antidoping a seguito della gara, ha ammesso di aver fatto uso della sostanza vietata. A norma dell’art. 2.1.1 del Codice Wada, “ciascun atleta deve accertarsi personalmente di non assumere alcuna sostanza vietata”. Non c’è intento, colpa, negligenza o utilizzo consapevole di sostanza proibita che la Corte debba dimostrare per comminare una giusta sanzione. Tanto più che, nel caso in cui sussistono elementi certi di colpevolezza dell’interessato, in ordine alla violazione contestata, confermati dalla sua stessa ammissione di responsabilità. La Corte, memore del valore strumentale della pena rispetto al bene tutelato dalla norma, ha il dovere di comminare sanzioni congrue alla violazione commessa, e ispirate al principio di equità. Principio che impone di considerare la vicenda dell’atleta alla luce di quanto disposto in casi analoghi.  Il caso di specie: L’Ufficio di Procura Antidoping deferiva, innanzi alla CGF, l’atleta per avere violato l’art. 2.1. del Codice Wada. Infatti, l’atleta veniva trovato positivo per Metabolita di Tetraidrocannabinolo in occasione del controllo antidoping, disposto dalla Commissione Ministeriale ex lege 376/2000, al termine della gara di Campionato Serie D e veniva sospeso con provvedimento della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C. per la durata di 60 giorni. A mezzo fax, l’atleta comunicava alla Corte i motivi a difesa del suo comportamento ammettendo di aver fatto uso quattro giorni prima della gara di sostanza vietata, ma di averne assunta in quantità non eccessiva e in occasione di una cena con vecchi compagni di scuola. Dichiarava, altresì, di non essere un consumatore abituale e, per tale ragione, di potere adire la comprensione della Corte per la violazione commessa.
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