Massima n. 288395
Decisione C.G.F.: Comunicato Ufficiale n. 1/CGF Riunione del 16 luglio 2007 n. 4 con motivazione sul Comunicato Ufficiale n. 80/CGF Riunione del 23 gennaio 2008 n. 4 - www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 388 del 21.6.2007Impugnazione - istanza:Ricorso dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso il proscioglimento del calc. C.M. e l’incongruità della sanzione inflitta al sig. P.G. seguito proprio deferimento per violazione, rispettivamente, degli artt. 2.1 e 2.1.1 norme sportive antidoping del C.O.N.I. in vigore. appello incidentale del calc. C.M.; appello incidentale del dr. P.G.Massima: La responsabilità dell’atleta non può essere esclusa sulla base delle rassicurazioni fornite allo stesso da parte del dottore. La disciplina antidoping, articolo 2.1.1., stabilisce che “ogni atleta deve personalmente assicurasi di non assumere una sostanza vietata”. La norma impone all’atleta un dovere di diligenza particolarmente rigoroso tale, , che gli atleti stessi debbano assicurarsi prima di assumere un medicinale, delle sostanze che lo compongono e che le stesse non siano vietate. A nulla, quindi, può valere, se non nella determinazione della sanzione, il fatto che l’uso del farmaco sia stata favorita dalle rassicurazioni fornite da un terzo in ordine all’impossibilità di assumere sostanze vietate dalla normativa antidoping. (Nel caso di specie il medico sociale, rassicurava l’atleta e lo invitava ad assumere il farmaco Rinoflumicil per curare il proprio stato febbrile).Massima: Il calciatore è responsabile della violazione della normativa antidoping per essere risultato positivo al controllo al termine dell’incontro del Campionato di Calcio di Serie “B” per la presenza nelle urine dell’atleta di Tuaminoeptano. Sulla base della decisione il calciatore è inserito nell’RTP (Registered Testing Pool) del CONI-NADO ed è tenuto ad adempiere a tutti gli specifici obblighi previsti, sino al termine dell’anno solare in cui ha termine l’efficacia del presente provvedimento, ovvero sino a quando non comunichi agli Organi Competenti di ritirarsi da qualsiasi attività sportiva. Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 31/C Riunione del 9 Febbraio 2004 n. 3/4 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 204 del 16.1.2004Impugnazione - istanza: Appello della Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso la sanzione della squalifica di mesi sei dal 17.10.2003, inflitta al calciatore M.B. a seguito di proprio deferimento per violazione della normativa antidoping. Appello del calciatore M.B. avverso la sanzione della squalifica di mesi sei dal 17.10.2003, inflitta a seguito di deferimento della Procura Antidoping del C.O.N.I. per violazione della normativa antidopingMassima: Non emergendo un quadro di assunzione intenzionale di sostanza dopante, ipotesi punibile ai sensi del comma 2 del menzionato art. 13, la fattispecie va fatta rientrare, nell’ambito del doping non intenzionale relativamente al quale, opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo (cfr. anche l’art. 12, comma 4, del Regolamento), quanto meno una rigorosa presunzione di responsabilità colpevole, per l’integrazione della quale è sufficiente l’accertamento della presenza della sostanza proibita e il superamento della soglia prescritta dal C.I.O. Sta all’atleta, in quest’ultimo caso, fornire seri ed obiettivi elementi di discolpa, che possano dimostrare un’assunzione non solo non intenzionale e inconsapevole ma anche incolpevole, potendosi ad esempio configurare la responsabilità del soggetto anche per l’assunzione, avvenuta con leggerezza, di una bevanda di origine ignota o di dubbio contenuto. Tanto premesso, gli scarni elementi a discolpa forniti dal calciatore non si appalesano di certo in grado di giustificare una pronunzia di proscioglimento e quindi di scalfire la rigida presunzione di colpa posta a carico, della normativa vigente, dell’atleta risultato positivo; l’unico dato obiettivo continua dunque ad essere la riscontrata presenza, nel campione delle urine prelevate al calciatore medesimo, dei metaboliti del nandrolone in misura non consentita (nel caso norandrosterone in concentrazione superiore alla soglia consentita di 2 ng/ml). Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 16/C Riunione del 3 Novembre 2003 n. 1 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 61 del 18.9.2003Impugnazione - istanza: - Reclamo del calciatore P.V. avverso la sanzione della sospensione per anni due a seguito di deferimento della Procura AntidopingMassima: La normativa attualmente in vigore non si limita a sanzionare i fatti di doping in senso stretto, ovvero i comportamenti idonei a modificare le condizioni fisiche e psichiche dell’atleta al fine di alterarne le prestazioni agonistiche, in contrasto con i principi di lealtà e correttezza delle competizioni sportive. Difatti, nel diritto positivo con il termine doping si intende il verificarsi di una o più violazioni previste dal Regolamento dell’Attività Antidoping ivi compre, pertanto “il possesso o la detenzione senza giustificato motivo delle sostanze vietate dal presente regolamento” sanzionato dall’art. 13 n. 11 f), nulla rilevando l’uso (personale o di terzi) a cui la sostanza sia destinata e l’eventuale insussistenza della volontà di avvalersi della detta sostanza “in competizione” per migliorare la prestazione agonistica di un atleta. Non ha comunque alcun rilievo, il fatto che il possesso della sostanza cocaina rinvenuta in seguito a perquisizione nell’autovettura del calciatore, possa non integrare il reato di “doping” in assenza di un dolo specifico e cioè anche se risultasse che il calciatore possedeva la sostanza per un uso personale o comunque estraneo all’attività agonistica. Assolutamente autonomi e non necessariamente coincidenti sono infatti le finalità perseguite nella materia in esame dalla legge dello stesso e dalla normativa regolamentare interna alla F.I.G.C. essendo notorio che quest’ultima si propone obiettivi non esclusivamente repressivi ma anche di prevenzione a tutela degli stessi tesserati e della loro salute. Né pare che la normativa emanata dal WADA contenga, alcuna disposizione che escluda dal concetto di doping il possesso al di fuori della competizione sportiva della cocaina e di altre sostanze stimolanti. Infatti l’art. 2.6 del Regolamento WADA stabilisce inequivocabilmente che il mero possesso di sostanze vietate integra una violazione della disciplina antidoping, indipendentemente dalle modalità di tale possesso e delle circostanze in cui esso sia stato accertato. (Il caso di specie: Il calciatore è stato sanzionato per violazione della normtaiva antidoping, in virtù di un procedimento nato da una notizia appresa dall’Ufficio di Procura Antidoping attraverso la lettura degli atti relativi ad una indagine penale trasmessi all’Ufficio di Procura Antidoping da parte della Procura della Repubblica ove emergeva che nell’ambito di una perquisizione operata nell’autovettura del calciatore erano state rinvenute e poste sotto sequestro due monodose di sostanza stupefacente del tipo cocaina).