Massima n. 287633

 Decisione G.U.I. DOPING – C.O.N.I.: Decisione n. 7/05 del 29 settembre 2005 – www.coni.itDecisione impugnata: Delibera dalla C.A.F. (F.I.G.C.) pubblicata sul C.U. 5/C del 01 agosto 2005 - www.figc.itImpugnazione – istanza: Ufficio di Procura Antidoping del CONI contro l’atleta S.S.Massima Il GUI, quando manca la prova certa che l’atleta abbia ricevuto la comunicazione di cui all’art. 15.8 ed essendo, nel caso concreto, materialmente impossibile procedere alla controanalisi (non risulta conservato il campione B), dichiara la nullità del procedimento disciplinare per violazione degli artt. 15.3 e 15.8 del regolamento antidoping (mancanza di prova della ricezione da parte dell’atleta della comunicazione ufficiale prescritta dalle norme richiamate). Nel caso in esame, manca la prova che l’atleta abbia ricevuto la comunicazione con cui l’U.G.G. rende noto all’atleta che è stato rilevato un valore del rapporto T/E superiore a sei. Dall’esame del fascicolo, risulta, infatti, che la comunicazione dell’U.G.G., è stata inviata alla società (nelle more fallita), alla F.I.G.C. (nella persona del segretario pro-tempore) e al calciatore presso detta società. Sul punto, il regolamento prevede che le comunicazioni (dalla cui ricezione decorre per l’atleta il termine per esercitare il diritto alla richiesta delle controanalisi) relative agli esiti degli accertamenti di laboratorio da cui sia risultata una positività o un valore “sospetto” debbono essere comunicate all’atleta, alla società di appartenenza e alla Federazione sportiva nazionale (o D.A. interessata). L’atleta, dunque, viene individuato quale autonomo destinatario della comunicazione. Ciò proprio al fine di assicurare l’esercizio del diritto di difesa (che si sostanzia nella conoscenza degli esiti dell’accertamento, già noto all’atleta; nella facoltà di produrre documentazione medica tesa a provare la fisiologicità del valore sospetto; nel chiedere le controanalisi sul campione appositamente conservato). Tale onere non può ritenersi automaticamente assolto attraverso la comunicazione alla società sportiva di appartenenza. Il regolamento, prevedendo che la Federazione nazionale interessata debba comunque verificare presso l’atleta e la società l’avvenuta ricezione della comunicazione dell’U.G.G. (tanto che, in mancanza, la Federazione vi deve provvedere direttamente), esige che sia data la prova certa che il tesserato abbia ricevuto la comunicazione. Negli atti, poi, non risulta che la Federazione, in ottemperanza al disposto di cui alla prima parte del comma 3 dell’art. 15 (richiamato quanto alla disciplina relativa all’individuazione dei soggetti destinatari della comunicazione di cui si discute) abbia indicato al U.G.G. che l’atleta aveva eletto il domicilio presso la società o fornito altro valido indirizzo ove effettuare la comunicazione. Né può ritenersi che l’invio alla società soddisfi al contempo l’onere di informazione dell’atleta (in conseguenza delle norme federali). Il regolamento antidoping, sul punto, prevede che la stessa Federazione debba indicare con la massima tempestività all’U.G.G. “indirizzo, numero telefonico e fax riguardanti l’atleta e la società di appartenenza”. E’ chiara ed esplicitata, dunque, l’esigenza che sia l’atleta iure proprio a ricevere la comunicazione, in quanto è proprio dalla sua personale conoscenza che possono ritenersi soddisfatti e garantiti i diritti di difesa dell’atleta. Per completezza, va poi osservato, che il calciatore, all’atto del prelievo antidoping, aveva indicato il domicilio di residenza indicando anche il numero di telefono.
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