F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 20/CFA del 01 Agosto 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 138/CFA del 07 Giugno 2017 (dispositivo) – RICORSO DEL SIG. REPACE LUIGI (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE UMBRIA F.I.G.C. – L.N.D.) AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI MESI 18; – AMMENDA € 3.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. – NOTA N. 6005/307 PF16-17 GP/GT/VG DEL 3.12.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 80 del 3.5.2017)

RICORSO DEL SIG. REPACE LUIGI (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE UMBRIA F.I.G.C. - L.N.D.) AVVERSO LE SANZIONI:

-     INIBIZIONE DI MESI 18;

-     AMMENDA 3.000,00;

INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE  PER  VIOLAZIONE  DELL’ART.  1  BIS,  COMMA  1  C.G.S.   NOTA  N.

6005/307 PF16-17 GP/GT/VG DEL 3.12.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 80 del 3.5.2017)

    • Con ricorso in data 18.5.2017, il dott. Luigi Repace ha impugnato la decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare (di seguito “TFN”) pubblicata con Com. Uff.
  1. 80/TFN del 3.5.2017, con la quale, in parziale accoglimento del deferimento del Procuratore Federale prot. 6005/307pf16-17/GP/GT/vg del 3 dicembre 2016, gli sono state irrogate le sanzioni di mesi 18 di inibizione e di € 3.000,00 di ammenda, nonché l’ordinanza emessa all’udienza del 28.4.2017 di reiezione delle richieste probatorie articolate dal ricorrente.

1.1. Il dott. Repace chiede a questa Corte:

    1. in rito: i) dichiararsi la nullità della decisione impugnata con conseguente retrocessione del giudizio per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa; illegittima compressione del termine di comparizione innanzi al TFN di cui all’art. 30, comma 11, CGS; denegato esercizio del diritto di prova dichiarativa; ii) annullarsi e/o riformarsi la decisione medesima per avere riguardato la condanna con essa disposta una condotta diversa da quella contestata, con conseguente retrocessione del giudizio;
    2. nel merito: i) in via principale, il proscioglimento per infondatezza in fatto e in diritto dell’addebito disciplinare; ii) in via subordinata, la congrua riduzione della sanzione irrogata.
    • Nella riunione del 7.6.2017, i legali del dott. Repace, da una parte, e la Procura federale, dall’altra, nel corso della discussione hanno illustrato le rispettive difese, concludendo, il ricorrente, come da atto introduttivo e, la Procura, per la conferma della decisione impugnata.
    • Le domande in rito del ricorrente non sono fondate e vanno pertanto tutte rigettate.
      • Lamenta il dott. Repaci, innanzi tutto, che la decisione impugnata avrebbe con motivazione solo apparente, fondata sull’erronea equipollenza tra memoria scritta ed interrogatorio dell’incolpato ai sensi dell’art. 32-ter, comma 4, CGS, rigettato l’eccezione di violazione del diritto di difesa conseguente al mancato espletamento dell’interrogatorio chiesto alla Procura Federale.

Al riguardo, si osserva in primo luogo che la Procura Federale, nella Comunicazione di conclusione delle indagini in data 26.11.2016, aveva correttamente indicato, tra le facoltà dell’incolpando,  quella  di  chiedere  di  essere  sentito   a  tal  fine  fissando  per  lo  svolgimento dell’audizione la data del 30.11.2016 – e, per il caso di impedimento della parte o del suo difensore per tale data, assegnando il termine di due giorni, decorrente da quello della fissata audizione, per il deposito di una memoria sostitutiva, il tutto ai sensi dell’art. 32-ter, comma 4, CGS..

L’operato della Procura Federale, nella fattispecie, è stato dunque del tutto conforme al dettato della citata disposizione, che prevede effettivamente l’esercizio da parte dell’incolpando del diritto, alternativamente, di essere ascoltato in audizione o di presentare una memoria scritta sostitutiva e prescrivendo a chiare lettere che a tale secondo adempimento soltanto la parte abbia facoltà di ricorrere nel caso di indisponibilità (personale o del proprio difensore) per la (unica) data fissata per l’audizione.

In altri termini, è l’art. 32-ter, comma 4, CGS, ad escludere, in ragione della celerità che connota il procedimento relativo all’esercizio dell’azione disciplinare da parte del Procuratore Federale, che la parte abbia diritto ad un differimento della data fissata per l’eventuale audizione nel casoqui verificatosidi indisponibilità dell’incolpando, così che, non sussistendo nell’ordinamento federale il diritto invocato dal ricorrente, questi erroneamente si duole della sua presunta violazione nel caso di specie.

In ogni caso, va escluso ogni paventato vulnus al diritto di difesa dell’odierno ricorrente, tenuto conto dell’avvenuto deposito da parte del medesimo della memoria in data 2 dicembre 2016, contenente deduzioni difensive a supporto delle ragioni della richiesta di archiviazione formulata alla Procura Federale, memoria che, in base al chiaro disposto dell’art. 32-ter, comma 4, CGS, costituisce (il solo) adempimento difensivo espressamente previsto come alternativo rispetto a quello dell’illustrazione orale in audizione delle medesime ragioni.

      • Ugualmente, non merita condivisione l’eccezione relativa all’illegittima compressione del termine di comparizione innanzi al TFN previsto dall’art. 30, comma 11, CGS, di cui il ricorrente si duole. Riconosce quest’ultimo, infatti, che l’Avviso di comparizione del 7.12.2016 reca specifica indicazione dell’abbreviazione del termine disposta dal Presidente del TFN ai sensi della citata disposizione, avendo Egli ravvisato, nella fattispecie, la ricorrenza dei giusti motivi che, sempre ai sensi della citata disposizione, consentono di disporre detta abbreviazione. Per cui la doglianza in esame si risolve, a ben vedere, nella pretesa di sindacare le ragioni – individuate ed indicate nella particolare complessità della questione involgente presunte responsabilità di un dirigente federale – per le quali il Presidente del TFN ha ritenuto ricorrenti nel caso di specie i giusti motivi per disporre l’abbreviazione dei termini di comparizione. Siffatta eccezione è dunque inammissibile, prima che infondata, atteso che non è dato al ricorrente in alcun modo sindacare una valutazione che l’art. 30, comma 11, CGS, riserva e demanda all’esclusiva e discrezionale competenza del Presidente del TFN.
      • Quanto all’eccezione relativa alla violazione del diritto di difesa conseguente al rigetto da parte del TFN della richiesta di assunzione della prova dichiarativa articolata dal dott. Repace, anche di essa si impone la reiezione alla luce dell’art. 35, punto n. 4.1, CGS, che prevede che i procedimenti in ordine alle infrazioni oggetto di denuncia o deferimento da parte della Procura federale si svolgono sulla base degli elementi contenuti nel deferimento e nelle deduzioni difensive, ossia sulla base delle evidenze documentali e delle prove precostituite, rispetto alle quali la prova testimoniale costituisce, nel procedimento disciplinare come in genere in quello sportivo, eccezione alla quale, con decisione sul punto non censurabile, il TFN ha ritenuto evidentemente di non dare ingresso nel caso di specie.
      • Da ultimo, occorre esaminare la doglianza – che fonda la domanda di nullità/annullamento della decisione del TFN e di retrocessione a quest’ultimo per il nuovo esame del merito ai sensi dell’art. 37 CGS – relativa al vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. e di violazione del contraddittorio, per aver la decisione impugnata pronunciato su un oggetto non contestato, doglianza mossa con riferimento al tema del pagamento di “somme in contanti” sul quale, a dire del ricorrente, il TFN ha incentrato la valutazione di gravità della condotta ascritta al dott. Repace, nonostante la circostanza dei pagamenti in contanti non fosse non solo oggetto di contestazione ma neppure incidentalmente menzionata nell’atto di deferimento.

Al riguardo, questa Corte ritiene di poter condividere la considerazione svolta in sede di discussione dalla Procura federale, secondo la quale la presunta diversità, oggetto di contestazione, tra fatti oggetto di deferimento e fatti posti dal TFN a fondamento della impugnata decisione, in realtà non sussiste. In vero, l’oggetto sostanziale degli addebiti mossi al dott. Repace con il deferimento è la non corretta gestione della contabilità del Comitato Regionale Umbria (di seguito “CRU”), di cui costituiscono indici sintomatici talune circostanze e determinati elementi illustrati nel deferimento e rilevabili dal corredo probatorio a quest’ultimo allegato, tra i quali si rinviene, nella valutazione di essi operata dal TFN, anche quello dell’uso del denaro contante.

Il vizio dedotto dunque non sussiste, viepiù ove si consideri che, ai sensi dell’art. 37, comma 4, CGS, a questa Corte è consentito, qualora valuti diversamente, in fatto o in diritto, le risultanze del procedimento di prima istanza, di riformare in tutto o in parte la decisione impugnata, decidendo nuovamente nel merito, anche con possibilità di aggravare le sanzioni a carico del reclamante.

    • Può ora passarsi ad esaminare il merito della controversia.
      • La Corte rileva, in primo luogo, come il TFN, al punto 2 della decisione impugnata, abbia espressamente affermato di ritenere solo parzialmente fondato il deferimento nei confronti del dott. Repace e, più in particolare, unicamente con riferimento alle contestazioni di cui alla lettera a) del deferimento medesimo, ossia per avere l’odierno ricorrente omesso, nella qualità di Presidente del CRU – e dunque di soggetto avente, almeno nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità della corretta gestione economica, contabile e amministrativa dello stesso CRU – di assumere ogni e più opportuna iniziativa e controllo finalizzati ad assicurare e garantire che la “Cassa” del CRU venisse effettivamente gestita dal Responsabile Amministrativo  dello  stesso CRU, sig. Pietro Pagnottini, o da altro soggetto a ciò funzionalmente delegato, ossia il Segretario sig. Valerio Branda, come previsto dal vigente Regolamento Amministrativo Contabile della L.N.D. (di seguito “RAC”), e non invece dalla sig.ra Lena Schepers, dipendente non del CRU ma della Calcio Umbria s.r.l., con conseguente grave demansionamento dello stesso Responsabile Amministrativo.

Il tutto in violazione dell’art. 1-bis, comma 1, CGS e, quindi, del dovere di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, probità e correttezza.

      • Un tanto, occorre precisare, per individuare correttamente, in primo luogo, l’ambito di cognizione da parte di questa Corte del procedimento di prima istanza, ambito che, come noto, ai sensi dell’art. 37, comma 3, CGS, è limitato ai punti della decisione specificamente impugnati dal ricorrente, sull’ovvio presupposto della soccombenza rispetto ad essi. Difettando dunque il presupposto della soccombenza del dott. Repace con riferimento agli addebiti mossi dalla Procura Fedarale nelle lettere b), c) e d) dell’atto di deferimento, in quanto espressamente rigettati dal TFN nella decisione qui impugnata, le doglianze formulate al punto 8 e ss. di pag. 18 del ricorso non sono ammissibili.
      • Dal corretto inquadramento dell’ambito di cognizione della materia del contendere che spetta a questa Corte, discende anche la piana conclusione della sostanziale correttezza della decisione impugnata. Le doglianze del ricorrente, infatti, appuntandosi particolarmente su circostanze specifiche della vicenda in contestazione, quali l’effettuazione (o meno) e la ricezione (o meno) di pagamenti per contanti, l’ammontare di detti pagamenti, le somme costituenti episodiche (e non già ricorrenti) giacenze di cassa, l’assenza di qualsivoglia ammanco di cassa, la natura “ricorrente e ripetitiva” delle spese, trascurano di considerare il fulcro sostanziale dell’addebito mosso dalla Procura federale al dott. Repace quale formulato alla sopra ricordata lettera a) del deferimento, ossia il fatto che, nella qualità di Presidente del CRU e dunque di soggetto avente, almeno nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità della corretta gestione economica, contabile ed amministrativa dello stesso CRU, lo stesso dott. Repace abbia, per un verso, omesso di garantire che la cassa del CRU venisse effettivamente gestita dai soli soggetti a ciò competenti ed in base alle puntuali disposizioni del vigente RAC e, per altro verso, consentito il sistematico coinvolgimento nella stessa gestione della cassa di un soggetto estraneo al CRU, quale è la sig.ra Lena Schepers.

Tale ultima circostanza è invero pacifica, in quanto ammessa dallo stesso ricorrente, oltre che dal sig. Valerio Branda, anche se il ricorrente tenta poi di sminuirne il rilievo, sotto il profilo del fatto, affermando che si sarebbe trattato di collaborazione saltuaria ed occasionale, nonché, sotto il profilo del diritto, invocando la giurisprudenza giuslavoristica in materia di gruppi di imprese, in base ai cui principi il CRU sarebbe stato legittimato ad avvalersi occasionalmente dell’attività lavorativa della sig.ra Schepers, formalmente dipendente della Calcio Umbria s.r.l., considerato il rapporto di controllo ex art. 2359 c.c. sussistente tra il CRU e la Calcio Umbria s.r.l. e tale da configurare un’impresa unitaria.

Pur trattandosi di pregevole tesi difesa, essa non merita condivisione alla luce delle chiare e vincolanti disposizioni di cui agli artt. 50, 53 e 54 del RAC che prevedono rigorose e formali modalità di espletamento degli adempimenti relativi all’istituzione del servizio di cassa, al conferimento dell’incarico di cassiere, all’alimentazione della cassa mediante prelievi diretti dal c/c bancario, all’ammontare delle giacenze di cassa, disposizioni tutte ispirate alla logica di garantire un controllo puntuale e costante di spese ed incassi, mediante l’individuazione di specifiche ed esclusive competenze nella “gestione” della cassa e di conseguenti precise responsabilità personali.

L’aver il dott. Repace consentito, quando anche solo limitatamente al fine di offrire un supporto al conteggio del denaro, che alla cassa del CRU accedesse, per un lasso di tempo significativamente duraturo, non il Responsabile amministrativo e neppure il suo delegato, ma un terzo soggetto non titolato e per di più neppure dipendente del CRU, costituisce condotta che, di per sé, integra appieno la responsabilità disciplinare ascritta dalla Procura Federale al ricorrente con gli addebiti di cui alla lettera a) del deferimento, come correttamente affermato dalla decisione impugnata.

Né giova al ricorrente contestare – contro peraltro l’evidenza dei verbali del Collegio dei Revisori – la qualifica di Responsabile amministrativo del CRU in capo al sig. Pagnottini o la mancata istituzione di un servizio di cassa interno così come previsto dall’art. 54 del RAC, poiché, lungi dal costituire un esimente, in una tale evenienza, in realtà, la condotta in contestazione configurerebbe in capo al dott. Repace, nella sua qualità di Presidente del CRU, una più grave responsabilità per mala gestio anzichè per omesso controllo, oggetto dell’addebito formulato dalla Procura Federale, la cui sussistenza nel caso di specie è stata ravvisata dal TFN.

Laddove, poi, effettivamente il sig. Pagnottini svolgesse la sua attività per il CRU solo la mattina e ciò, come sembra affermare il ricorrente, possa aver influito negativamente sulle esigenze di funzionalità del Comitato proprio sotto il profilo della gestione della cassa, appare evidente come la soluzione per far fronte ad un simile eventuale problema non avrebbe potuto e dovuto di sicuro essere individuata, come nella fattispecie è invece accaduto, nel sistematico ricorso alla collaborazione di un terzo estraneo al CRU, quale era la sig.ra Schepers, né nella generalizzata ed incontrollata delega di gestione al sig. Branda, ciò integrando la contestata violazione dell’art. 1-bis, comma 1, CGS, per essere venuto meno l’odierno ricorrente, nell’ambito della sfera di responsabilità allo stesso facente capo nella qualità di Presidente del CRU, al dovere di esercitare un adeguato controllo sulla correttezza e conformità alle disposizioni del RAC della gestione economica, contabile e amministrativa dello stesso CRU.

Nei sensi di cui alla motivazione che precede la decisione impugnata va dunque confermata, con opportuna mitigazione della sanzione comminata alla più congrua misura di mesi 15 di inibizione, ferma l’ammenda irrogata.

Per questi motivi la C.F.A. in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal sig.

Repace Luigi, riduce la sanzione dell’inibizione a mesi 15. Conferma nel resto.

Dispone restituirsi la tassa reclamo.

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