F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 0006/CFA del 15.10.2019 – n. 47/2019-2020 Registro Reclami (Presidente Federale) N. 0047/2019 REGISTRO RECLAMI N. 006/2019 REGISTRO DECISIONI

N. 0047/2019 REGISTRO RECLAMI

N. 006/2019 REGISTRO DECISIONI

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

 

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul reclamo numero di registro 47 del 2009, proposto da

da F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, via Gregorio Allegri n. 14 (C.F. 05114040586, P.I. 01357871001), in persona del Presidente pro - tempore, dott. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa, giusta mandato in calce al presente atto, dall'Avv. Giancarlo Viglione (C.F. VGLGCR67B11C773A) ed elettivamente domiciliata presso Lungotevere dei Mellini n. 17, Roma (PEC: legale@pec.studiolegaleviglione.it);

contro

Torino Calcio SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Eduardo Chiacchio (PEC: eduardochiacchio@legalmail.it)

per l’annullamento, previa sospensiva,

del dispositivo n. 27/CSA 2019-2020 del 4.10.2019 adottato dalla Corte Sportiva di Appello Nazionale, I Sezione;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti i successivi motivi aggiunti depositati l’11 ottobre 1019; Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 15 ottobre 2019 il prof. Francesco Cardarelli e uditi l’avv. Giancarlo Viglione e l’avv. Eduardo Chiacchio;

Vista la comunicazione del Presidente alle parti secondo cui il collegio si è riservata la facoltà di decidere il merito del reclamo;

Visto il consenso di entrambe le parti su tale comunicazione,

RITENUTO IN FATTO

La FIGC ha richiesto la revocazione ex art. 63 del Codice di giustizia sportiva della FIGC del dispositivo n. 27/CSA 2019-2020 del 4.10.2019 adottato dalla Corte Sportiva di Appello Nazionale, I Sezione.

Ha successivamente integrato l’impugnazione con la proposizione di motivi aggiunti avverso la decisione n. 0013/2019 adottata dalla medesima sezione della Corte Sportiva di Appello Nazionale, la cui pubblicazione per extenso è avvenuta nelle more.

Ha richiesto la sospensione cautelare degli effetti della decisione, adducendo che il provvedimento impugnato esponga la Federazione a sanzioni da parte della FIFA per il mancato rispetto del Disciplinary Code 2019 della federazione internazionale.

Le ragioni dell’impugnazione risiedono nella qualificazione come errore di fatto della decisione oggetto della richiesta revocazione, consistente nella mancata percezione dell'esistenza di una norma sopravvenuta al Codice di giustizia sportiva della Federazione (il Disciplinary Code della FIFA).

In particolare deduce la FIGC che il Sig. Mazzarri, allenatore del Torino, espulso corso dell'incontro Parma-Torino, come disposto dal Giudice Sportivo Nazionale, avrebbe dovuto essere automaticamente sospeso per la partita successiva in ragione di quanto prescritto dall'art. 62.3 del Disciplinary Code della FIFA (entrato in vigore il 15 luglio 2019, e dunque successivamente alla adozione e all'entrata in vigore del Codice di giustizia sportiva della F.I.G.C.). In base all’art. 62, par.3 del Codice Disciplinare FIFA “A sending-off automatically incurs suspension from the subsequent match (…)”: la disposizione trova applicazione sia nei confronti del “player” che nei confronti dell’”official”; inoltre ai sensi dell’art. 71, par. 2, ultimo periodo del medesimo Disciplinary Code, detta disposizione “is considered mandatory in domestic competitions”. Di conseguenza la decisione oggetto di revocazione, che effettivamente oblitera l’esistenza del Disciplinary Code della FIFA, e di conseguenza l’applicazione dell’automatismo sanzionatorio ivi previsto in caso di espulsione anche del tesserato, fondandosi esclusivamente sull’assunto che “l’art. 9, comma 7, del C.G.S. non è applicabile alla fattispecie in quanto il sanzionato è un tesserato espulso dal campo ma non calciatore”, sarebbe revocabile perché affetta da un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa, commesso dall’organo giudicante nel precedente procedimento.

Si è costituita la Società Torino F.C. s.p.a. eccependo in via preliminare e pregiudiziale l’inammissibilità della richiesta revocatoria per carenza di legittimazione attiva in capo alla Federazione ricorrente, in quanto la medesima non era parte nel giudizio dinanzi alla Corte Sportiva di appello nazionale. Sempre in via preliminare è stata dedotta la inammissibilità del gravame straordinario per difetto del presupposto di cui all’art. 63 CGS lett. e) (errore di fatto commesso dall’organo giudicante). Nel merito è stata dedotta l’inapplicabilità nell’ordinamento sportivo nazionale delle disposizioni FIFA, sia in quanto non dotate del carattere di novità (essendo asseritamente già contemplate nella versione del Disciplinary Code 2017), ed in ogni caso non trattandosi di norma autoapplicativa perché bisognosa di un atto di recepimento interno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

In via preliminare occorre scrutinare l’eccezione proposta dalla società Torino F.C. s.p.a. sul difetto di legittimazione attiva della Federazione reclamante. Essa si fonda sulla inconfigurabilità in capo alla federazione della qualità di parte nel processo di appello, e quindi nella inammissibilità della richiesta revocazione; per altro verso l’unica forma di legittimazione straordinaria contemplata dal CGS risiederebbe nell’art.102 CGS nel quale i reclami proponibili dal Presidente federale (e non dalla Federazione) si limiterebbero alle decisioni di vari organi di giustizia sportiva ad eccezione della Corte sportiva di appello a livello nazionale.

L’eccezione non è fondata.

Il CGS contempla una forma di legittimazione straordinaria e speciale in capo al Presidente federale (anche su segnalazione dei Presidenti delle leghe, del Presidente dell’AIA e del Presidente delegato per l’attività giovanile e scolastica) alla proposizione di “ricorso o reclamo”, ai sensi dell’art. 49, comma 3. Per un verso una simile legittimazione non è correlata, a differenza delle ipotesi ordinarie di azione dinanzi agli organi di giustizia sportiva (v. art. 47 e art. 49 co. 1 CGS), alla titolarità di una posizione giuridica soggettiva e alla sua lesione, ma soltanto alla natura dell’organo, che agisce nella qualità di Presidente federale, a tutela quindi di un interesse generale della Federazione (o delle sue articolazioni organizzative cui spetta un potere di segnalazione). Per altro verso tale legittimazione si estende a qualsivoglia ricorso o reclamo contemplato dal CGS, ivi compreso, in assenza di una disposizione di segno diverso, il rimedio revocatorio di cui all’art. 63 che riguarda “tutte le decisioni adottate dagli organi di giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili”. Diverso è l’ambito di applicazione dell’art. 102 CGS, non solo sotto il profilo soggettivo (non è contemplata l’impugnabilità delle decisioni dei giudici di appello nazionali, sia sportivo che federale), ma anche oggettivo (è ammessa una impugnazione straordinaria davanti alla Corte di Appello federale per inadeguatezza o illegittimità delle decisioni di altri giudici sportivi). Ne deriva che la legittimazione straordinaria attribuita al Presidente Federale è limitata solo nel caso dell’art. 102 CGS avverso talune decisioni di giudici sportivi per ragioni di inadeguatezza ed illegittimità, ma si riespande nei casi di revocazione avverso decisioni inappellabili o divenute irrevocabili (tra cui quelle della Corte sportiva di appello a livello nazionale) per le sole ragioni espressamente contemplate dal comma 1 dell’art. 63 CGS. Né appare dirimente in tale prospettiva la circostanza che il ricorso/reclamo sia stato proposto nell’interesse della Federazione: sebbene la legittimazione straordinaria sia stata attribuita dalle norme del CGS al Presidente Federale, costui non è portatore di un interesse proprio, diverso da quello dell’ordinato svolgimento delle attività federali (nel caso di specie minacciate da una possibile asimmetria rispetto agli obblighi internazionali assunti per effetto dell’affiliazione alla FIFA); ed in ogni caso l’azione è stata proposta dal Presidente federale (come evincibile dalla procura alle liti in cui si legge che il ricorso per revocazione è proposto dal dott. Gravina in qualità di Presidente federale, “e” di legale rappresentante della FIGC).

La seconda eccezione sollevata dalla difesa della Società Torino F.C. s.p.a. è fondata, e di conseguenza la revocazione è inammissibile per le ragioni di cui appresso: ragioni la cui articolazione consente peraltro a questo collegio di pronunciarsi sulla questione di diritto controversa al fine di assolvere al principio declinato nell’art. 2 comma 2 dei Principi di Giustizia sportiva CONI (del. 1616 del 26 ottobre 2018), nonché dell’art.2 comma 1 del CGS CONI, richiamato dall’art. 3 comma 1 CGS, e cioè quello di garantire l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo.

Costituisce principio ricorrente nella giurisdizione statale in materia di revocazione (cui il collegio ritiene di doversi uniformare) che l’errore di fatto attenga solo l'erronea presupposizione dell'esistenza o dell'inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integri in realtà gli estremi dell'errore di diritto, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all'ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all'ipotesi della violazione.

Nel caso di specie appare evidente al collegio che l’errore in cui è incorso il giudice di appello della cui decisione si chiede la revocazione, consista nella obliterazione della sopravvenuta entrata in vigore del Disciplinary Code della Federazione internazionale, e nella applicazione dell’art. 9 comma 7 del Codice di Giustizia sportiva nella sua versione letterale che limita al solo giocatore l’automatismo sanzionatorio di una giornata di squalifica a seguito dell’espulsione dal campo, oggi imposto dalla FIFA a carico di ogni tesserato.

E ciò riguarda sia la mancata considerazione del plesso normativo applicabile sotto il profilo della sua stessa venuta ad esistenza (quindi nel caso in cui il sopravvenuto Disciplinary Code FIFA non sia stato oggetto di alcuna considerazione dal giudice sportivo di appello perché se ne disconosceva il vigore); sia la mancata considerazione della norma sopravvenuta in relazione alla sua natura asseritamente recessiva rispetto alle norme della federazione nazionale, che quella fattispecie non contemplano in modo espresso.

Sotto tale profilo l’adeguamento delle norme tecniche e disciplinari della Federazione nazionale alle determinazioni che in materia sono promanate dalla FIFA è assicurata sia dalla disposizione dell’art.3, comma 4 del Codice di Giustizia sportiva (a mente del quale “in assenza di specifiche disposizioni del Codice e di norme federali, gli organi di giustizia sportiva adottano le proprie decisioni in conformità ai principi generali di diritto applicabili nell'ordinamento sportivo nazionale e internazionale nonché a quelli di equità e correttezza sportiva”), sia, in modo più pregnante, dall’art. 1, comma 5, dello Statuto federale, il quale impone alla FIGC, Leghe, società, atleti, tecnici, ufficiali di gara, dirigenti e “ogni altro soggetto dell’ordinamento federale” (nel cui novero non possono non ricomprendersi gli organi di giustizia sportiva) di “…c) rispettare in ogni momento gli Statuti, i regolamenti, le direttive e le decisioni della Fifa e dell’UEFA”. Simili disposizioni sono infatti destinate ad assicurare il costante adeguamento, e quindi la immediata applicazione (si guardi la locuzione “in ogni momento”), delle regole tecniche e disciplinari promanate dalle organizzazioni internazionali, nel rispetto degli obblighi derivanti dall’affiliazione, senza che si renda necessaria alcuna disposizione di recepimento interno.

Nel caso di specie la disposizione del Disciplinary Code della FIFA (cioè di un regolamento dell’organizzazione internazionale) è direttamente applicabile nell’ordinamento sportivo nazionale, in quanto la sua osservanza è “mandatory in domestic competition” ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 71, par.1, del Disciplinary Code (si tratta quindi di una disciplina di uniforme applicazione, il cui grado di dettaglio e di vincolatività non lascia alcuno spazio discrezionale ai soggetti dell’ordinamento sportivo nazionale), a differenza di tutte le altre disposizioni ivi contemplate che costituiscono principi generali cui le federazioni nazionali sono tenute ad adeguarsi (“The associations are obliged to adapt their own disciplinary provisions to the general principles of this Code for the purpose of harmonising disciplinary measures”, art. 71, par. 1 primo periodo del Disciplinary Code FIFA: si tratta quindi di una disciplina di armonizzazione, i cui diretti destinatari non sono i soggetti dell’ordinamento sportivo, ma solo le federazioni nazionali). Né varrebbe a contrario sostenere che una simile disposizione, diretta ad imporre l’automatismo della sospensione dell’”official” a seguito della sua espulsione nel corso della competizione, fosse già contemplata nel Disciplinary Code della FIFA del 2017 (e quindi già vagliata – nel senso della sua portata non obbligatoria e comunque non autoapplicativa – dal CGS del 2019): ciò in quanto, ai sensi dell’art. 146 di quella versione del codice disciplinare internazionale, le disposizioni afferenti alla espulsione (artt. 17 e 18) non erano contemplate tra quelle di obbligatoria applicazione, ma solo fra quelle oggetto di armonizzazione (“The associations shall also incorporate the following provisions of this code to achieve the objective of harmonising disciplinary measures but, in doing so, they are at liberty to choose the means and wording of the provisions: art. 1-34..”).

Ne deriva che in ogni caso la mancata considerazione della natura autoapplicativa della disposizione internazionale, ed eterointegrativa delle disposizioni nazionali, sia che derivi dalla erronea percezione della sua (in-)esistenza, sia che derivi dalla altrettanto erronea percezione della sua (in-)applicazione in assenza di un formale recepimento (non essendo date altre ipotesi sulla consistenza dell’errore della revocanda decisione), si risolve in un errore di diritto, non emendabile attraverso il rimedio revocatorio.

Restando, quindi, esclusa dall'area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perchè siffatto tipo di errore costituisce un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., 14/04/2017, n. 9673), per effetto della inesatta considerazione degli effetti di una specifica riforma normativa (Cass., 03/06/2002, n. 8023), o dell'inapplicabilità dello jus superveniens (Cass., Sez.U., 23/01/2009, n. 1666), o ancora dell'applicazione di una normativa piuttosto che di un'altra (Cass., 29/03/2006, n. 7127), il reclamo proposto dalla Federazione deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La  Corte  federale  d’appello  (Sezione  Prima),  definitivamente  pronunciando, dichiara inammissibile il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti tramite i loro difensori con posta elettronica certificata.

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