F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 147/CFA del 28 Giugno 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 33/CFA del 25 Agosto 2017 (dispositivo) – RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD SAMBIASE LAMEZIA 1923 AVVERSO LA SANZIONE: – PENALIZZAZIONE IN CLASSIFICA DI PUNTI 6 DA SCONTARSI NEL CAMPIONATO 2016-17; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 2 E ART. 7 COMMA 4 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria – Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 2. RICORSO DEL SIG. MAZZEI ANTONIO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELLA SOCIETÀ US PALMESE 1912 ASD)AVVERSO LA SANZIONE: – INIBIZIONE ANNI 4; INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 1 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria – Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 3. RICORSO DEL CALCIATORE PIEMONTESE FRANCESCO (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE DELLA SOCIETÀ US PALMESE 1912 ASD)AVVERSO LA SANZIONE: – SQUALIFICA ANNI 1; INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria – Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 4. RICORSO DEL SIG. SALERNO ROSARIO (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE DELLA SOCIETÀ US PALMESE 1912 ASD) AVVERSO LA SANZIONE: – SQUALIFICA MESI 6; INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria – Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 2 5. RICORSO DELLLA SOCIETA’ US PALMESE 1912 ASD AVVERSO LA SANZIONE: – PENALIZZAZIONE IN CLASSIFICA DI PUNTI 4 DA SCONTARSI NEL CAMPIONATO 2016-17, SE LA SANZIONE RISULTASSE AFFLITTIVA IN ESITO ALLA CLASSIFICA FINALE DEL CAMPIONATO STESSO, O, IN CASO CONTRARIO, NEL CAMPIONATO 2017/18; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 2 E ART. 7 COMMA 7 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria – Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017)

RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD SAMBIASE LAMEZIA 1923 AVVERSO LA SANZIONE: - PENALIZZAZIONE IN CLASSIFICA DI PUNTI 6 DA SCONTARSI NEL CAMPIONATO 2016-17; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 2 E ART. 7 COMMA 4 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria - Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 2. RICORSO DEL SIG. MAZZEI ANTONIO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELLA SOCIETÀ US PALMESE 1912 ASD)AVVERSO LA SANZIONE: - INIBIZIONE ANNI 4; INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 1 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria - Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 3. RICORSO DEL CALCIATORE PIEMONTESE FRANCESCO (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE DELLA SOCIETÀ US PALMESE 1912 ASD)AVVERSO LA SANZIONE: - SQUALIFICA ANNI 1; INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria - Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 4. RICORSO DEL SIG. SALERNO ROSARIO (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE DELLA SOCIETÀ US PALMESE 1912 ASD) AVVERSO LA SANZIONE: - SQUALIFICA MESI 6; INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria - Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017) 2 5. RICORSO DELLLA SOCIETA’ US PALMESE 1912 ASD AVVERSO LA SANZIONE: - PENALIZZAZIONE IN CLASSIFICA DI PUNTI 4 DA SCONTARSI NEL CAMPIONATO 2016-17, SE LA SANZIONE RISULTASSE AFFLITTIVA IN ESITO ALLA CLASSIFICA FINALE DEL CAMPIONATO STESSO, O, IN CASO CONTRARIO, NEL CAMPIONATO 2017/18; INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 2 E ART. 7 COMMA 7 C.G.S. – NOTA N. 1466/859TER PF14-15 SP/GB DELL’1.8.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o C.R. Calabria - Com. Uff. n. 145 del 4.5.2017)

Le società sportive ASD Sambiase Lamezia 1923 e US Plmese 1912 ASD, nonché i signori Mazzei, Piemontese e Salerno, proponevano appello avverso la decisione assunta Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Calabria (Com. Uff. n. 145 del 4.05.2017) che comminava loro diverse sanzioni in esito ad un procedimento che li vedeva deferiti, insieme ad altri, per aver stretto un accordo fraudolento volto ad alterare l’esito di due competizioni sportive. Nel proprio atto di deferimento, la Procura Federale, avvalendosi anche delle risultanze di un’indagine penale svolta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, ipotizzava la sussistenza di un accordo finalizzato ad alterare l’esito di due gare del Campionato di Eccellenza Calabria, stagione 2014-15, entrambe svoltesi il 29.3.2015: Paolana/Palmese (conclusasi 4 a 3) e Scalea/Castrovillari (conclusasi 3 a 0). Ad avviso della Procura, i suddetti accordi fraudolenti si inserivano all’interno di un più vasto piano che vedeva, fra gli altri, particolarmente attivi il signor Ricardo Petrucci, all’epoca dei fatti allenatore del Sambiase (interessato a garantire la permanenza della squadra da lui allenata nel campionato di Eccellenza, anche attraverso l’interferenza sull’esito di gare disputate da altre squadre i cui esiti, però, avrebbero indirettamente favorito il Sambiase) e il signor Pietro Iannazzo, qualificato dalla Procura come esponente di una cosca della ‘ndrangheta. Dalle trascrizioni delle conversazioni telefoniche dei predetti Petrucci e Iannazzo, sia tra di loro sia con altri soggetti a vario titolo coinvolti (i signori Calidonna – all’epoca dei fatti direttore generale della società Sambiase – Mazzei - all’epoca dei fatti direttore sportivo ella società Palmese – Piemontese - all’epoca dei fatti calciatore della società Palmese – e Carbone - all’epoca dei fatti Presidente della società Palmese) emergeva l’accordo per influenzare l’incontro Paolana-Palmese, favorendo un pareggio che avrebbe indirettamente agevolato il Sambiase (secondo la Procura, infatti, tale interessamento del Petrucci sarebbe stato ricompensato con l’aiuto degli altri complici per favorire la vittoria del Sambiase contro la Paolana). Di tale attività fraudolenta era altresì informato anche il signor Salerno (all’epoca dei fatti, allenatore della società Palmese). Nonostante i numerosi colloqui e la connessa attività fraudolente, la partita si concludeva con la vittoria della Palmese. Dalle trascrizioni delle ulteriori conversazioni telefoniche dei citati Petrucci e Iannazzo sia tra di loro sia con altri soggetti a vario titolo coinvolti (i signori Calidonna – all’epoca dei fatti direttore generale della società Sambiase – e Galantucci – all’epoca dei fatti calciatore della società Castrovillari) emergeva, a detta della Procura, la volontà (poi attuata) di influenzare l’esito della gara Castrovillari/Scalea, a vantaggio di quest’ultima, così da peggiorare la posizione in classifica della società Gallico Cantona, futura avversaria del Sambiase. Con decisione in data 24.10.2016, il Tribunale federale Territoriale c/o Comitato Regionale Calabria, accogliendo un’eccezione preliminare dei deferiti, dichiarava improcedibile il deferimento della Procura Federale. La decisione veniva a sua volta annullata dalla Corte Federale d’Appello che rinviava il giudizio al Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Calabria. Quest’ultimo, con l’impugnata decisione, infliggeva diverse sanzioni alle società Sambiase e Palmese, ai signori Petrucci, Calidonna, Mazzei, Carbone, Piemontese e Salerno. Con i propri ricorsi, gli attuali appellanti eccepivano diversi vizi della citata decisione. In particolare, la società Sambiase rilevava l’eccessiva sproporzione della sanzione ad essa inflitta, sia perché dalle trascrizioni non emergeva una responsabilità diretta dei propri organi 3 sociali, sia perché la sanzione non appariva proporzionata, né in senso assoluto né in relazione alle richieste della Procura, a quella inflitta alla Palmese. In ogni caso, rilevava la non piena conformità alla Carta costituzionale dell’istituto della responsabilità oggettiva a carico della società, così come interpretato dalla giurisprudenza sportiva. I signori Mazzei e Piemontese contestavano la sussistenza di prove certe che confermassero l’accusa mossa nei loro confronti e avallata dal giudice di primo grado. Infine, il signor Salerno e la società Palmese si limitavano ad una mera ed immotivata dichiarazione di impugnazione della citata decisione di primo grado. Nel corso della discussione, sia i ricorrenti che il rappresentante della Procura illustravano le proprie tesi. Terminata la discussione, il Collegio riteneva opportuno procedere alla riunione di tutti i ricorsi in ragione della loro connessione oggettiva. Venendo all’esame della vicenda, si osserva quanto segue. In primo luogo, vanno dichiarati inammissibili, ai sensi dell’art. 33, comma 6, C.G.S., i ricorsi proposti dal signor Salerno e dalla società Palmese, in quanto assolutamente immotivati e generici. Per quanto attiene agli altri ricorsi, va preliminarmente rilevato che dall’esame della corposa documentazione probatoria acquisita in atti emerge un’ampia e variegata attività dei diversi soggetti coinvolti, finalizzata a influenzare l’esito di due diverse gare del campionato di Eccellenza. Depongono in tal senso il numero elevato di contatti telefonici intercorsi tra i detti soggetti nonché la quantità e qualità dei medesimi, con riferimento al rispettivo ruolo all’interno delle società di appartenenza (Presidente, direttore generale, direttore sportivo, allenatore e calciatore). Peraltro, lo stesso tenore delle conversazioni – seppur con la cautela e la prudenza che contraddistingue il linguaggio mediato dall’uso del mezzo telefonico – rende evidente l’esistenza di rapporti consolidati e di un’intensa e comune attività, tesa a condizionare i risultati di ben due diverse competizioni sportive. Molte delle suddette conversazioni sono caratterizzate dall’utilizzo di un linguaggio criptico ed allusivo, altre, invece, sono addirittura esplicite nei loro contenuti, quali ad esempio quella tra Iannazzo e Petrucci del 23.3.2015, alle ore 20,40, tra Petrucci e Calidonna del 27.3.2015, alle ore 9,55 e tra Petrucci e Piemontese del 29.3.2015, alle ore 10,45. Il quadro probatorio assume ancor più rilevanza ed evidenza se le conversazioni vengono lette non solo integralmente ma contemporaneamente; in tal modo, attraverso un’interpretazione sistematica di tutto il complesso delle evidenze istruttorie, il significato di ciascuna conversazione si arricchisce di dettagli ermeneutici tratti dalle altre e il disegno fraudolento emerge con ancor più chiarezza. A tal proposito, vale la pena di ricordare che, ai sensi dell’art. 7 C.G.S., per la sussistenza dell’illecito è sufficiente che si compiano atti diretti ad influenzare l’esito di una gara sportiva, essendo invece ininfluente il raggiungimento o meno dello scopo prefisso. Pertanto, l’illecito deve ritenersi sussistente con riferimento ad entrambe le gare interessate, a prescindere dall’esito delle stesse. Venendo all’esame specifico delle posizioni degli attuali appellanti, appare opportuno esaminare per prima quella del Mazzei. A tal proposito, non sussistono dubbi che la posizione del Mazzei assuma rilevanza autonoma rispetto a quella degli altri appellanti, atteso il ruolo attivo assunto dal medesimo nella vicenda (unitamente ad altri soggetti non ricorrenti in appello ma parimenti condannati in primo grado per violazione dell’art. 7, comma 1, C.G.S.). In particolare, non solo altri soggetti coinvolti (il Calidonna) parlano del Mazzei, ma il Mazzei stesso parla due volte con il signor Iannazzo, qualificato dalla Procura come esponente di una cosca della ‘ndrangheta: la prima volta per fare da tramite tra il medesimo e il Petrucci e la seconda volta per discutere della imminente partita Paolana/Palmese. Da tali colloqui emerge sia il rapporto diretto e confidenziale tra Mazzei e Iannazzo ma anche il ruolo attivo che il Mazzei assume nella vicenda (Mazzei riferisce di aver visto altri soggetti – presumibilmente atleti che dovevano disputare la gara Paolana/Palmese – e del comportamento di un certo Manenti che, a detta del Mazzei medesimo, “si è piegato”). 4 Vale la pena di evidenziare che, seppure la Procura non ha individuato chi fosse il tal Manenti cui si riferisce il Mazzei, è indubbio che lo stesso Mazzei, parlando dell’imminente partita Paolana-Palmese, rassicuri il signor Iannazzo di aver visto soggetti collegati alle due squadre e all’imminente gara, di aver appreso che gli stessi erano a conoscenza della volontà dello Iannazzo e che le eventuali resistenze erano state rimosse. Conseguentemente, deve ritenersi provata la sussistenza dell’illecito ascritto. Per quanto attiene alla misura della sanzione, il Collegio ritiene doveroso prendere in considerazione il metus che sui tesserati può provocare un soggetto appartenente (o presunto tale) ad un’organizzazione dalla particolare capacità criminale, qual è l’organizzazione cui la Procura assume appartenere il signor Iannazzo. In ragione di ciò, ritiene sussistere giusti motivi per ridurre la sanzione fino ad anni tre. Parimenti evidente dall’esame degli atti è la responsabilità del Piemontese, così come emerge con chiarezza dalla lettura della telefonata intercorsa tra il medesimo e il Petrucci in data 29.3.2015 alle ore 10.45. Il tenore della conversazione e, in particolare, il tenore delle affermazioni del Petrucci, rende incontestabile la conoscenza da parte del Piemontese dell’intenzione illecita del primo di influenzare la gara Palmese/Paolana. Seppure è vero che il Piemontese partecipa poco alla discussione, limitandosi ad ascoltare e, spesso, anche annuire, è indubbio che lo stesso abbia avuto piena comprensione e consapevolezza dell’intento illecito del Petrucci. Ne consegue, senza dubbio, la responsabilità del Piemontese per violazione dell’art. 7, comma 7 C.G.S.. Anche in questo caso, peraltro, il Collegio ritiene che le condizioni ambientali, con particolare riferimento alla particolare valenza intimidatoria dell’organizzazione coinvolta, giustifichino una riduzione della sanzione a mesi 6. Venendo, infine, all’appello promosso dalla società Sambiase, si osserva quanto segue. L’accertamento della sussistenza di illeciti sportivi posti in essere da propri tesserati implica necessariamente la sussistenza parallela della responsabilità oggettiva in capo alle società di appartenenza. A tal proposito, con riferimento ai dubbi di compatibilità costituzionale di tale istituto avanzati dalla parte appellante, vale la pena di osservare quanto segue. In primo luogo, occorre ricordare che le società o associazioni sportive calcistiche sono enti assoggettati tanto all’ordinamento dello Stato che all’ordinamento sportivo: pertanto agli obblighi che derivano dalle leggi statali si affiancano quelli derivanti dalle regole sportive. In particolare, i sodalizi sportivi calcistici devono essere equiparati alle società ordinarie, con conseguente applicazione dei principi comuni di responsabilità penale e civile, dovendosi tuttavia applicare ai primi anche le forme di responsabilità disciplinare previste nel Codice di Giustizia Sportiva (cd. C.G.S.); in tale ambito sussistono elevati ambiti di autonomia in capo all’ordinamento sportivo. In tale contesto si inserisce l’istituto della responsabilità oggettiva, la cui ratio risiede nella necessità di tutelare al massimo grado il fine primario perseguito dall’organizzazione sportiva, vale a dire la regolarità delle gare, addossando anche sulle società le conseguenze disciplinari delle infrazioni realizzate dai propri tesserati. Dunque, in ragione della mera sussistenza del vincolo di tesseramento, la responsabilità della società calcistica deriva automaticamente e oggettivamente da quella personale dell’autore materiale dell’infrazione e non può in alcun modo essere esclusa, bensì solamente misurata e graduata. Del resto, in tale contesto occorre differenziare la responsabilità oggettiva conseguente al fatto commesso dai sostenitori – per la quale l’ordinamento sportivo prevede diverse ipotesi di esimenti – da quella conseguente a comportamenti illeciti dei dirigenti, tesserati e altri soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5, istituto sotto molti aspetti non dissimile da quello –assolutamente conforme all’ordinamento costituzionale - della culpa in eligendo et vigilando di cui all’art. 2049 c.c.. Una volta riconosciuta la legittimità dall’istituto, appare evidente l’assoluta ininfluenza nel caso de quo dell’estraneità ai fatti dei dirigenti del Sambiase, essendo più che sufficiente la partecipazione all’illecito dell’allenatore Petrucci e del direttore sportivo Calidonna. 5 Ovviamente, non può applicarsi alla sanzione inflitta alla società la riduzione applicata per i convenuti Mazzei e Piemontese, non potendosi ritenere la società, in quanto tale, soggetta al medesimo metus cui soggiacciono i citati due appellanti. Per questi motivi la C.F.A. con riferimento ai ricorsi riuniti, si dispone: - respinge il ricorso come sopra proposto dalla società ASD Sambiase Lamezia 1923 di Sambiase Lamezia Terme (CZ). Dispone addebitarsi la tassa reclamo. - in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal sig. Mazzei Antonio, riduce la sanzione dell’inibizione per anni 3. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal calciatore Piemontese Francesco, riduce la sanzione della squalifica a mesi 6. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - dichiara inammissibile il ricorso come sopra proposto dal sig. Salerno Rosario. Dispone incamerarsi la tassa reclamo. - dichiara inammissibile il ricorso come sopra proposto dalla società US Palmese 1912 ASD di Palmi (RC). Dispone addebitarsi la tassa reclamo. II COLLEGIO Dott. Luigi Caso – Presidente; Dott. Luigi Impeciati, Avv. Franco Matera, Avv. Francesca Mite, Dott. Antonino Tumbiolo – Componenti; con la presenza delle sigg.re Barbara Di Marzio, Rita Indorante e del sig. Davide Labriola in attività di Segreteria.

 

C.O.N.I. - COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT - GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. IN ORDINE AL RINNOVO DELLA VALUTAZIONE DELLA DECISIONE NEI CONFRONTI DEL SIG. RAFFAELE TARTAGLIA, SEGUITO DELIBERA DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE - COM. UFF. N. 112/CFA DEL 17.3.2017 (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Seconda Sezione - Decisione n. 39/2017 del 12.5.2017) Il Collegio di Garanzia dello Sport, presso il CONI, con la decisione n. 39/2017, in accoglimento del ricorso proposto dal sig. Raffaele Tartaglia, ha rinviato gli atti del procedimento a questa Corte Federale affinché proceda ad un nuovo esame di quanto deliberato nella decisione di cui al Com. Uff. n. 112 del 17.3.2017, assunta a seguito del ricorso, proposto dal sig. Raffaele Tartaglia, avverso le sanzioni dell’inibizione per anni 3 e ammenda di €. 20.000,00, inflitte – su deferimento della Procura Federale – dal Tribunale Federale Nazionale (Com. Uff. n. 43/TFN del 21.12.2016). L’organo requirente aveva imputato al Tartaglia, quale consigliere di amministrazione della Carrarese Calcio S.r.l. dal 2.9.2015 al 9.12.2015, ma anche socio di riferimento della stessa in quanto amministratore unico della società Progetto Carrara a r.l. (che della Carrarese calcio deteneva il 70% delle quote), di aver determinato il dissesto economico-patrimoniale della stessa, incrementando i costi di gestione e riducendone i ricavi, omettendo altresì, malgrado la previsione di cui all’art. 2482 ter c.c., di procedere alla sua ricapitalizzazione e, sostanzialmente, determinandone il successivo fallimento. In sede di dibattimento il sig. Tartaglia aveva, invece, ricondotto le cause del dissesto all’inadempimentodegli accordi economici sottoscritti, da parte della società G.V.G. Immobiliare, cedente le quote. Il Tribunale Federale Nazionale, con ampia motivazione, dopo aver premesso una ricostruzione delle vicende societarie, sotto il profilo della gestione di bilancio 2014, approvato al 30.6.2015, che aveva messo in evidenza una situazione deficitaria per oltre € 700.000,00, poi ridotta per utilizzo della riserva straordinaria e ripianata mediante versamento da parte della soc. GVC cedente, ha ripercorso le vicende connesse ai nuovi assetti societari, soprattutto in relazione alla posizione dei componenti del CdA privi di deleghe operative (Bottici e Federico). Lo stesso Tribunale ha poi scrutinato quella del sig. Tartaglia, la cui responsabilità è stata ritenuta quella di un vero e proprio dominus, pur nel periodo settembre-dicembre 2015, nel quale è ricorso a collaborazioni esterne per attivare un piano aziendale, ha convocato assemblee nell’ottobre e 6 novembre dello stesso anno per discutere della situazione finanziaria, scontando in tali riunioni l’opposizione del socio di minoranza alla condivisione di proposte di rifinanziamento del patrimonio sociale che coinvolgevano la società cedente in base a dedotti patti parasociali. In sostanza, i giudici di prime cure hanno ricondotto ad una situazione di conflittualità persistente, in atto per tutto il periodo osservato, tra il Tartaglia e la precedente gestione, la mancata assunzione di iniziative idonee, da assumersi da parte del nuovo socio di controllo, per il riequilibrio economico del sodalizio. Alla carenza di azioni necessarie al risanamento, atte ad assicurare una continuità aziendale, è stata ravvisata la responsabilità del Tartaglia nel fallimento della società, dichiarato dal Tribunale di Massa Carrara con sentenza n. 16/2016 e, per questo, è stato sanzionato con l’inibizione a ricoprire cariche sociali e federali per anni tre e comminandogli anche l’ammenda di €. 20.000,00. Proposto ricorso alla Corte Federale di Appello, nel quale il Tartaglia ha nuovamente ribadito la sua estraneità al fallimento dell’azienda, il Collegio, nella riunione del 17.3.2017, posto il principio che, nella materia, le responsabilità attribuibili agli amministratori debbono essere valutate ponendo in relazione la mala gestio a loro riconducibile e la irreversibile crisi economicopatrimoniale che ne ha determinato il default ha, preliminarmente, espresso il convincimento che il contrasto esistente, tra passata e nuova gestione della società, non avrebbe dovuto pregiudicare l’attività degli organi sociali e la operatività dell’azienda, così da pregiudicare i ricavi e condurre la stessa alla definitiva messa in liquidazione. Contrasto che il Collegio ha valutato ascrivibile al Tartaglia, reo di non aver consentito, in sede assembleare, l’adozione di misure atte a garantire la continuità aziendale, stante la permanente compromissione di ogni iniziativa, sempre daòòo stesso subordinata alla positiva soluzione delle sue rivendicazioni nei confronti della G.V.G. Immobiliare S.r.l.. Non solo, al sig. Tartaglia è stata addebitata, anche, la mancata sottoscrizione di contratti attivi, ad es. sponsorizzazioni o altri, che avrebbero apportato risorse utili nonché la conclusione di contratti passivi, come quello con Centro Universitario Internazionale per la valutazione delle performance dei tesserati e quello col sig. Sandro Federico, malgrado già questi ne avesse uno in corso, con la medesima società, per la stessa mansione di Direttore Generale. In definitiva, con la decisione, qui oggetto di nuova valutazione, pubblicata con Com. Uff. n. 112/CFA del 17.3.2017, la Corte ha solo parzialmente accolto il ricorso dell’interessato e gli ha comminato la sanzione dell’inibizione per anni 1 e mesi 6, oltre ad un’ammenda di €. 10.000,00, stante il riconosciuto ruolo di concausa nel fallimento della soc. Carrarese Calcio, unitamente ai precedenti amministratori. Avverso tale ultima pronuncia è insorto il sig. Tartaglia, che ha proposto rituale ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI lamentando la totale infondatezza dell’addebito in punto di responsabilità nel fallimento della società Carrarese Calcio a r.l. in quanto la stessa, all’atto dell’assunzione della titolarità della maggioranza delle quote era già in uno stato di decozione. Ha rigettato, poi, l’addebito, di cui alla decisione impugnata, di non aver adottato iniziative idonee a riportare il sodalizio in uno stato di equilibrio finanziario. L’Organo di Garanzia, all’esito della riunione del 21.4.2017 (non del 27 Febbraio come erroneamente riportato a pag. 2 della decisione), dopo aver respinto l’eccezione preliminare posta dalla FIGC, ha valutato come affetta da difetto di motivazione e contraddittorietà la decisione impugnata ritenendo, con breve e laconica affermazione, non sufficientemente esternata la convinzione della Corte Federale in punto di rilevanza del contributo causale del Tartaglia – in relazione alla condotta dei predecessori - e di come poteva, detto contributo, reputarsi sufficiente alla causazione del fallimento, manifestando contestualmente perplessità tali da indure quei giudici a ridurre la sanzione irrogata in primo grado. Per l’effetto, in accoglimento del ricorso del tesserato, gli atti sono stati rinviati a questa Corte Federale “perché rinnovi la sua valutazione”. In ottemperanza a quanto disposto è stata convocata l’adunanza odierna nella quale la Procura Federale, rappresentata dal dott. Giuseppe Chiné e dal dott. Luca Scarpa, il sig. Tartaglia, in proprio e mediante l’intervento del suo difensore, avv, Nicola Madia, hanno confermato le rispettive tesi, già ampiamente esposte nei precedenti gradi di giudizio. 7 LA CORTE è chiamata, in ottemperanza a quanto disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, giusta disposizione ex art. 62, comma 2 C.G.S. C.O.N.I., ad effettuare una nuova valutazione delle contestazioni elevate dalla Procura Federale di questa Federazione a carico del sig. Raffaele Tartaglia in relazione alla condotta tenuta da quest’ultimo, quale Presidente de facto del Consiglio di Amministrazione della soc. Carrarese Calcio a r.l., - nel periodo settembre/dicembre 2015, ossia dall’acquisto delle quote sociali ad opera della s.r.l. Progetto Carrara, nella misura del 70% del capitale sociale (di cui il Tartaglia era amministratore unico) e sino al momento della nomina, da parte del Tribunale del capoluogo, di un liquidatore giudiziale, stante i presupposti di cui all’art. 2848 c.c.., - negli eventi che hanno portato al fallimento della società Carrarese Calcio S.r.l.. Si tratta, come già evidenziato in tutti i precedenti giudizi, di una vicenda di progressivo degrado del patrimonio sociale i cui momenti iniziali vanno rinvenuti, perlomeno, al 30.6.2013, data in cui il bilancio faceva risaltare, alla chiusura, una perdita di esercizio di quasi un milione di euro, dato negativo confermato costantemente, ancorché con importi lievemente inferiori, negli anni successivi. La situazione della gestione corrente ha trovato, però e sino al settembre 2015, un proprio equilibrio in virtù dei costanti finanziamenti pervenuti dal socio di maggioranza. La Corte Federale, nella decisione censurata, ha manifestato la propria perplessità per non aver, la Procura Federale, proceduto alla contestazione, anche ai precedenti amministratori, della violazione delle disposizioni di cui all’art. 21 delle NOIF e dell’art. 19 dello Statuto Federale. Al riguardo, pur condividendosi l’osservazione, si può ipotizzare che una simile omissione potrebbe trovare una sua giustificazione proprio nel fatto che, malgrado si sia fatto ricorso ad una procedura inusuale, rappresentata dai continui ripianamenti delle perdite da parte del socio di maggioranza, non si siano concretizzate le condizioni legittimanti una situazione di autentica e irreversibile decozione, insorta solo successivamente per effetto della repentina cessazione degli esborsi che, unita ad evidente situazione deficitaria strutturale nella gestione aziendale, ha condotto repentinamente al fallimento. Ciò detto, ritiene questo Collegio che nella condotta dell’amministratore Tartaglia non si rinvengano sufficienti elementi per ricondurre a lui, secondo il principio dell’id quodplerumqueaccidit, una diretta e univoca responsabilità del fallimento della Carrarese Calcio. Preliminare, però, ad un’affermazione di tal genere è la suddivisione delle due posizioni facenti capo al medesimo soggetto. Da un lato, egli rivestiva la qualità di socio e, come tale, non è assoggettabile, sic et simplicter alla disciplina di cui all’art. 21 NOIF, in relazione a quanto previsto dall’art. 19 dello Statuto FIGC se non in quanto e nei limiti in cui il socio abbia responsabilità e rapporti all’interno dell’attività sportiva organizzata dalla Federazione. Mentre, infatti, l’art. 19 dello Statuto Federale prevede l’istituzione di controlli per la “verifica dell’equilibrio economico e finanziario” e per il rispetto dei principi di una corretta gestione, la prima norma pone a carico dei dirigenti, così come individuati al primo comma, le condotte che tale equilibrio hanno alterato, fino al fallimento, nel biennio precedente tale evento. Ne consegue che il socio, è tenuto, in quanto tale e ai sensi del Libro Quinto, Titolo Quinto del Codice Civile, ad effettuare i conferimenti dovuti e il pagamento delle quote, nonché le prestazioni accessorie, se e in quanto dovute. Diversa è, ovviamente, la posizione dell’amministratore, quale soggetto cui ricondurre, in prima persona, la gestione della società. La Corte, nella decisione a suo tempo impugnata, ha ritenuto, non condivisibilmente, di ravvisare “la personale responsabilità di Raffaele Tartaglia sotto la duplice qualità di rappresentante legale del socio di maggioranza (Progetto Carrara S.r.l., di cui era Amministratore Unico) e Presidente (formale) della Carrarese Calcio S.r.l., fungendo come vero e proprio dominus della Società.”. La commistione operata non convince in quanto, seppur vero che l’art. 21, primo comma, delle NOIF, ravvisa la qualità di dirigente in capo al socio che abbia responsabilità e rapporti in seno all’attività sportiva federale, è innegabile che il Tartaglia questa qualifica la rivestiva per 8 essere, di fatto, il Presidente del Consiglio di Amministrazione e l’Amministratore unico della società Carrarese Calcio S.r.l. e non quale socio. Con la conseguenza che al “socio” Tartaglia non incombevano ulteriori obblighi diversi da quelli previsti dal codice civile, mentre al dirigente Tartaglia dovevano essere ricondotti i comportamenti, attivi od omissivi, che hanno avuto come conseguenza il fallimento della medesima società. Diversamente, si sarebbe dovuta affermare anche la responsabilità dell’altro socio che, presente in consiglio di amministrazione, nulla ha fatto per ricapitalizzare la società consentendo, pro quota di responsabilità, l’irreversibilità dello squilibrio. Squilibrio che, analizzando le poste di bilancio, era ben presente nel biennio precedente e che solo in virtù del conferimento soci (fino al settembre 2015) non ha determinato, nei suoi saldi finali, quella condizione che ha legittimato l’avvio della procedura concorsuale. Ma una tale ipotesi è stata scartata dalla Corte per la quale, diversamente da quanto poi ritenuto per il Tartaglia, il socio non è stato reputato assoggettabile a particolari doveri nell’ambito federale e, nella fattispecie, mandato assolto da ogni responsabilità. Nel caso di specie, ad avviso di questo Collegio, dev’essere scrutinato il comportamento del dott. Tartaglia quale dirigente della Carrarese Calcio S.p.A. e, nello specifico, deve appurarsi se la sua condotta, nei mesi in cui ha ricoperto tale carica, abbia posto in essere (o, viceversa, omesso di adottare) misure perniciose per il bilancio societario o, al contrario, mancato di adottare iniziative che avrebbero potuto evitare il fallimento. Come detto e risultante pacificamente dagli atti, compreso l’atto di deferimento, la società Carrarese Calcio S.r.l. presentava, fin dal 2013, cronici disavanzi determinati da costi della produzione che sistematicamente erano eccedenti il valore della produzione, soprattutto per effetto di una marginale incidenza dei ricavi di vendite e prestazioni. Deficit che trovavano, anche questo è pacifico, il loro ripianamento solo per effetto di continui conferimenti di liquidità da parte del socio di maggioranza, la società G.V.G. Immobiliare. Sino all’ultima immissione di liquidità, avvenuta a seguito della chiusura del bilancio al 30.5.2016, pari ad €. 737.615,00, parzialmente coperta dall’utilizzazione della riserva straordinaria per circa € 230.000,00. Le ispezioni Co.Vi.SOC. hanno rilevato questa particolare situazione patrimoniale, in particolare nelle ispezioni del 21.11.2014, del 25.2.2015 e del 28.5.2015, ove hanno sempre preso atto che la gestione economica evidenziava uno strutturale squilibrio economico-finanziario che richiedeva, per evitare il default, continui apporti di liquidità al fine di assicurare la continuità aziendale. Situazione che, però, non era stata giudicata idonea a muovere contestazioni ai sensi dell’art. 21 NOIF, nella verosimile convinzione che l’equilibrio (ancorché precario) era garantito dagli impegni del socio di maggioranza. Socio, che, per effetto della cessione delle quote e divenuto di minoranza, aveva ritenuto non solo di non apportare più capitali (comprensibilmente) ma anche di non adempiere a patti parasociali rappresentati dall’accordo quadro del 22.7.2015 e al cui mancato rispetto il Tartaglia si è riportato per addebitare il fallimento alla precedente gestione. Non vi è dubbio, come rilevato da questa Corte nella decisione impugnata davanti al Collegio di Garanzia, che la forte contrapposizione tra G.V.G. Immobiliare e il Tartaglia abbia caratterizzato in maniera negativa il periodo in cui quest’ultimo è stato amministratore della società Carrarese, ma ugualmente indubitabile è che l’oggetto del giudizio circa l’addebitabilità del fallimento di una società agli amministratori dev’essere quello di una rigorosa verifica del rapporto causale esistente tra azioni od omissioni degli stessi e stato di decozione. Non si tratta, palesemente, di una responsabilità oggettiva, derivante dal solo fatto di ricoprire una determinata carica sociale ma di appurare, nel concreto, cosa l’amministratore abbia fatto od omesso per determinare, anche in concorso con altri, il fallimento. In questo senso dev’essere letta, in armonia con principi di diritto sostanziale, la norma di cui all’art. 21, comma 3, delle N.O.I.F. allorché prevede la sanzionabilità dei dirigenti di società, in carico nell’ultimo biennio precedente la revoca dall’affiliazione o dalla sentenza dichiarativa di fallimento. 9 Con tali parametri, letti gli atti a disposizione, risulta oggettivamente incerto il legame che unirebbe il comportamento del Tartaglia nel periodo settembre-dicembre 2015 (anche se la difesa opina un termine più breve, ma si ritiene che debba applicarsi la regola ex art. 2385 c.c.) e la situazione patrimoniale della società che ne ha determinato il fallimento. E’ vero che, all’atto di deferimento della Procura Federale è unita una relazione redatta da due consulenti, che hanno ripreso le severe dichiarazioni del Presidente del Collegio Sindacale dott. Boggi, il quale ha accusato l’ing. Tartaglia di aver praticamente bloccato ogni iniziativa imprenditoriale idonea a far uscire la società dalla grave situazione deficitaria, anche ricorrendo alla cessione delle quote di Progetto Carrara s.r.l., ma è altresì evidente che il patto stipulato fra i cedenti e gli acquirenti il 22.7.2015 dava atto dell’esistenza, a quella data, di debiti per circa €. 1.300.000,00 e di crediti (non si conosce se interamente esigibili) pari a circa € 500.000,00, con obbligo dei cedenti di garantire la parte acquirente, previa redazione di una due diligence (probabilmente una financial due diligence), di ogni passività ulteriore a quella in essere, ad eccezione degli scoperti bancari, non ricompresi in quella situazione debitoria. A fronte delle risultanze contabili e di bilancio, denuncianti una difficile realtà patrimoniale, all’ing. Tartaglia è stato addebitato, nella precedente decisione di questa Corte, di aver sottoscritto improvvidamente, due contratti: uno con il Centro Universitario Internazionale, per un corrispettivo di €. 25.000,00 ed uno – di sostanziale duplicazione di incarico – con il dott. Sandro Federico, per €. 68.500,00, oltre alla mancata sottoscrizione di una serie di contratti attivi, che rimangono però sullo sfondo non essendo state concretizzate proposte formali o atti preliminari. L’addebito non convince, sia perché gli importi si presentano marginali rispetto alla situazione finanziaria nella sua preoccupante globalità e sia perché manca ogni prova atta a dimostrare la certa conclusione di quei contratti attivi e la loro dirimente incidenza positiva sui compromessi destini aziendali. Avendo riguardo, sotto altro profilo, alle perdite incidenti sul capitale sociale, tali da richiedere l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 2484 e ssgg. c.c., risulta che sono state convocate assemblee in data 2.10.2015 (poi riconvocate per il 5 ed il 20 ottobre successivi), il 5 e il 9 novembre, il 27 novembre 2011, tutte sostanzialmente non risolutive a causa dei dissidi tra soci. Non si può, pertanto, ad avviso di questo Collegio, imputare all’ing. Tartaglia una condotta totalmente omissiva sul piano dell’adozione di iniziative spettante agli amministratori a norma del codice civile, tale da ritenersi causale o concausale immediatamente risolutiva di una situazione gravemente e strutturalmente deficitaria, come rilevato anche dalle ispezioni CO.VI.SOC., risalente ad anni addietro. Semmai gli si potrebbe addebitare di non aver saputo risolvere i contrasti con il socio di minoranza, cedente le quote possedute da Progetto Carrara s.r.l. ma questo, al pari della volontà del socio di maggioranza di non voler conferire capitali, (volontà sulla quale l’amministratore, nella distinzione delle posizioni, non può avere poteri coercitivi), non può essere considerata condotta causale del dirigente idonea a determinare il dissesto finale, soprattutto in relazione al brevissimo tempo intercorso tra acquisto delle quote e iniziativa del Collegio Sindacale di adire il Tribunale di Massa Carrara (soli tre mesi). Manca, in definitiva, una oggettiva prova documentale che, al di là delle mere indicazioni o suggestioni, indichi come riconducibili in capo all’ing. Tartaglia, dirigente della società Carrarese Calcio S.r.l. iniziative od omissioni che avrebbero, secondo il principio della regolarità causale, provocato o contribuito a provocare, una situazione di irreversibile dissesto; per ciò stesso, integranti le violazioni contestate dalla Procura Federale in conseguenza del fallimento della società Carrarese Calcio S.r.l.. Per questi motivi la C.F.A. all’esito del giudizio di rinvio disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport con decisione n. 39/2017, valutati gli atti, assolve il sig. Raffaele Tartaglia dalle contestazioni ascritte e, per l’effetto, annulla le sanzioni infitte con la decisione di cui al Com. Uff. n. 112/CFA del 17.3.2017. 10 III COLLEGIO Prof. Sergio Santoro – Presidente; Prof. Paolo Cirillo, Avv. Maurizio Greco, Dott. Luigi Caso, Avv. Franco Matera – Componenti; con la presenza delle sigg.re Barbara Di Marzio, Rita Indorante e del sig. Davide Labriola in attività di Segreteria.

 

C.O.N.I. - COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT - GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. IN ORDINE ALLA INTEGRAZIONE E RINNOVAZIONE DELLA MOTIVAZIONE SULLE AGGRAVANTI CONTESTATE TARDIVAMENTE AL SIG. FERNANDO ANTONIO ARBOTTI, SEGUITO DECISIONI DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE - COM. UFF. N. 010/CFA DEL 22.7.2016 (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 62/2016 del 13.12.2016) 1.-Con decisione del 19.4.2017, le cui motivazioni erano pubblicate nel Com.Uff. 010/CFA del 22.7.2017, le Sezioni Unite di questa Corte, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla Procura Federale avverso la decisione resa dal Tribunale Federale nella seduta del 17.03.2016 (motivazioni pubblicate nel Com.Uff. n.65 del successivo 24 marzo), affermava la responsabilità di Arbotti Fernando Antonio ai sensi degli artt. 9, 7, commi 1, 2 e 6 C.G.S., infliggendogli la sanzione dell’inibizione per cinque anni, con la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, nonché l’ammenda di Euro cinquantamila. 2.- Avverso questa decisione l’Arbotti proponeva ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport con atto dell’8.8.2016, affidandolo a quattro motivi. All’udienza del 3.10.2016 il Collegio adito, ritenuto parzialmente fondato il gravame, con decisione n.62 Anno 2017, depositata il successivo 13 dicembre, accoglieva il quarto motivo del gravame e rinviava al questa Corte Federale d’Appello (testualmente) “per l’integrazione e la rinnovazione della motivazione sulle aggravanti contestate tardivamente”. 4.- Fissata l’udienza del 28 giugno 2017 ai fini della discussione del giudizio di rinvio, ex art. 62, comma 2 CGS CONI, nei termini concessi (tre giorni dalla comunicazione dell’8 giugno) l’Arbotti ha depositato note a difesa. 3.- Nella riunione del 28.6.2017, la Procura Federale ha illustrato le sue tesi in ordine alla fondatezza del suo cennato ricorso ed ha concluso per la conferma delle sanzioni comminate da questa Corte, rimotivando la decisione. Il Patrono di Arbotti ha illustrato le argomentazioni esposte nelle richiamate note a difesa del 12 giugno ed ha concluso chiedendo: 1) in via principale, dichiarare estinto il procedimento disciplinare, per decorso dei termini, con conseguente inefficacia dell’intera sanzione comminata; 2) in via subordinata, dichiarato estinto il procedimento disciplinare, rideterminare la sanzione in confronto del suo Assistito; 3) in via ulteriormente subordinata, dichiarare l’inammissibilità della richiesta di applicazione dell’aggravante , con conseguente rideterminazione della sanzione impugnata, con sua congrua riduzione. A conclusione delle repliche questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo. 4.- Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione formulata da Arbotti, secondo cui si sarebbe verificata l’estinzione del giudizio disciplinare promosso nei suoi confronti, ai sensi e per effetto degli artt. 34bis CGS e 38 CGS CONI, risultando violato il termine di sessanta giorni per far luogo alla pronuncia nel giudizio di rinvio. Sul punto necessita fare chiarezza, ricostruendo cronologicamente l’evoluzione della vicenda: a) in data 13.12. 2016 era depositata la decisione n.26/2016, pronunciata il 3.10.2016 dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport; b) in data 26.5.2017, con pec in pari data, il citato Collegio trasmetteva a questa Corte (così testualmente) “il testo delle motivazioni della decisione….” di cui sopra; 11 c) con comunicazione 8 giugno 2017, questa Corte comunicava ad Arbotti che era stata fissata per il 28 giugno successivo la riunione ai fini della discussione del giudizio di rinvio, ex art. 62, comma 2 CGS CONI. Rileva annotare che il CGS CONI dispone che le decisioni del Tribunale Federale (art. 35, punto 7) e della Corte Federale d’Appello (art. 37, punto 10) devono essere “senza indugio” comunicate alle parti e pubblicate. L’art. 34, comma 2 C.G.S., inoltre, prescrive che le decisioni degli Organi della giustizia sportiva devono essere motivate e pubblicate, nella loro integrità, a mezzo di comunicato ufficiale, sul sito internet della Federazione. Tale pubblicità ha luogo attraverso l’utilizzo dei “comunicati ufficiali”della FIGC, i cui contenuti “…si intendono conosciuti, con presunzione assoluta, a far data dalla loro pubblicazione”, come prescritto dall’art. 2, punto 3 CGS. Questa forma di pubblicità notizia è utilizzata anche per l’osservanza dei termini dei reclami (Art. 36bis, punto 2 CGS) e dei ricorsi (Art. 37, punto 1, lettera a) CGS), al fine di cadenzare le varie fasi di un’ordinata e celere giustizia sportiva. Il CGS CONI non contempla, per converso, un analogo strumento di pubblicità notizia per rendere note le decisioni del Collegio di Garanzia dello Sport, sicché a tanto si provvede mediante comunicazione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. 5.- La norma di riferimento per vagliare l’eccepita violazione dei termini è l’art. 38, punto 3, CGS CONI, lì dove si prescrive che (testualmente) “Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso al Collegio di garanzia dello sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dal Collegio di garanzia dello sport”. In tale segno è anche l’art. 34bis, punto 3 CGS, ove si legge che (testualmente) “Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso all’Organo giudicante di 2° grado o al Collegio di Garanzia dello Sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante che deve pronunciarsi nel giudizio di rinvio”. Se è vero, com’è vero ed ammesso anche da Arbotti al punto 1.8 del suo libello, che il testo delle motivazioni della decisione di rinvio è stata trasmessa a questa Corte il 26.5.2017, è questa la data da considerare quale termine iniziale per verificare il rispetto del termine di sessanta giorni per far luogo alla pronuncia nel giudizio di rinvio, apparendo l’individuazione di un’altra data un evidente fuor d’opera. Erra palesemente l’Arbotti allorché sostiene che il dies a quo vada individuato in quello della pubblicazione della decisione di rimessione, sostenendo che (così testualmente) “Appare chiaro, quindi, che una diversa interpretazione della norma che non facesse decorrere il dies a quo per la conclusione del giudizio rinvio dalla pubblicazione della decisione di annullamento, bensì lasciasse alla piena discrezionalità dell’organo rimettente la determinazione del predetto termine di decorrenza, determinerebbe una ^sperimentabilità sine die del procedimento^ come tale incompatibile con i principi di celerità e speditezza a cui è informato il processo sportivo, nonché del principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr Corte Cost. 22.12.1988, n.1128, cit)”. De iure condendo l’osservazione è da condividere pienamente, stante la necessità di assicurare tempi celeri e certi alla conclusione dei procedimenti, ma l’Arbotti omette di considerare che, nel caso che occupa, manca la pubblicazione della decisione, come si è innanzi illustrato, sicché torna impossibile prendere a riferimento un fatto e una data mai venuti ad esistenza (pubblicazione e data dell’adempimento). E’ certo, per converso, che questa Corte ha avuto contezza della decisione in tema il 26 maggio e solo da quel momento, e non già prima, poteva attivare le iniziative di rito per definire il giudizio di rinvio, avvenuto il 28 giugno 2017 con la pubblicazione della decisione nel Com.Uff. 147/CFA e, quindi, con ampio anticipo rispetto al ricordato termine di sessanta giorni fissato dalle norme innanzi richiamate. L’eccezione, quindi, non ha fondamento alcuno e va respinta. 6.- E’ compito di questa Corte, come sancito nella motivazione del Collegio rimettente, 12 integrare e rinnovare la motivazione sulle aggravanti contestate tardivamente. A tal fine appare conducente richiamare all’attenzione che: a) con atto 31.3.2016 la Procura Federale impugnava nanti questa Corte la decisione del Tribunale Federale Nazionale, pubblicata nel Com.Uff. n.65/TFN del 24.03.2016, chiedendo la sua riforma parziale sulla base di due motivi: 1) “Erronea valutazione delle risultanze del processo sportivo ed errata applicazione della norma di cui all’art.7 CGS, in relazione alla riqualificazione giuridica dei fatti ai sensi dell’art. 1, comma 1bis CGS; 2) Erronea valutazione della effettiva gravità della condotta posta in essere dal signor Arbotti Antonio Fernando in seno all’associazione, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell’aggravante di cui al comma 2 dell’art.9 CGS”. In conclusione la Procura chiedeva che,confermata la responsabilità del prefato Arbotti come già accertata dal giudice di primo grado (partecipazione agli illeciti commessi in occasione di cinque gare) e, in parziale riforma della decisione, accertarsi e dichiararsi la responsabilità disciplinare del predetto per violazione dell’art.7, commi 1 e 5 CGS, con l’aggravante di cui al comma 6 e, inoltre, la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 9, comma 2 CGS, quale organizzatore dell’associazione; b) dopo aver analizzato approfonditamente tutti gli elementi versati agli atti e valutate le eccezioni avanzate in tema, questa Corte così concludeva testualmente a pagg. 40/41 della decisione impugnata avanti il Collegio rimettente: “Ciò premesso ed evidenziato questa Corte ritiene, come è già sopra cenno, che il contesto probatorio complessivo acquisito al presente procedimento sia solido e del tutto sufficiente ai fini dell’affermazione delle responsabilità, come di seguito meglio precisate, del sigg.ri Delli Carri, Impellizzeri ed Arbotti. La Procura Federale ha, infatti, supportato la propria costruzione accusatoria con materiale probatorio solido e copioso, consistente nelle risultanze di numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, nell’esito di diverse perquisizioni, nelle risultanze dei tabulati telefonici relative alle utenze dei soggetti coinvolti nella vicenda processuale, nell’esito di specifiche attività di osservazione e nelle dichiarazioni rilasciate nel corso di alcuni interrogatori. Dalla complessiva mole probatoria acquisita al procedimento emerge che il presidente della società Catania Calcio (Pulvirenti) dava mandato di alterare la competizione sportiva in cui sarebbe stata impegnata la squadra etnea nella successiva partita di campionato. In particolare, lo stesso contattava, da un lato, il direttore sportivo Daniele Delli Carri, conferendogli l’incarico di attivarsi in vista dell’obiettivo indicato e, dall’altro, Gianluca Impellizzeri, all’epoca dei fatti titolare di una società di scommesse sportive e sponsor del Calcio Catania spa, il quale aveva il compito di fornire la provvista di denaro necessaria a ^comprare^ i favori dei calciatori delle squadre con cui il Catania avrebbe disputato le successive partite. Da quel momento Impellizzeri veniva messo a conoscenza dell’attività illecita manifestando e confermando, ove necessario, la propria disponibilità economica. Delli Carri, investito dell’affare, contattava tale Piero Di Luzio (già giudicato responsabile nel sopra menzionato giudizio sportivo), amico conosciuto quando era calciatore nel Pescara Calcio, affinché utilizzasse i suoi contatti e si rivolgesse ad un terzo soggetto, Fernando Arbotti, procuratore sportivo Fifa, il quale aveva il compito e le conoscenze necessarie per contattare direttamente e mettersi d’accordo con alcuni calciatori tesserati presso le squadre che sarebbero state avversarie del Catania.Arbotti, in seguito, comunicava a Di Luzio, che a sua volta comunicava a Delli Carri, i numeri dei calciatori interessati alla combine. Quest’ultimo riportava al presidente Pulvirenti l’informazione ricevuta che, a sua volta, la girava ad Impellizzeri, il quale ricevuta conferma, essendo agente di scommesse sportive, scommetteva direttamente e/o dava mandato ad una serie di soggetti a lui sottoposti o collegati, di scommettere sulla vittoria del Catania. Nei giorni successivi alla gara, a risultato e vittoria conseguiti, il gruppo catanese (Pulvirenti-Delli Carri e Impellizzeri) predisponeva un viaggio per consegnare a Di Luzio la somma di denaro pattuita. Quest’ultimo, in collaborazione con altro soggetto (tale M.F.), in cambio di una remunerazione per la mediazione effettuata, consegnava il denaro di cui trattasi ad Arbotti, che, infine, distribuiva la stessa ai giocatori interessati alla combine. Risulta accertato che tutte le gare contestate sono state effettivamente alterate, con l’unica eccezione della partita Catania-Avellino del 29.3.2015 (peraltro, sempre esclusa dal dichiarante Pulvirenti quale gara oggetto di combine), come correttamente ritenuto dal TFN. …Solidi, 13 numerosi e convergenti, invece, gli elementi probatori atti a dimostrare l’effettiva partecipazione alla realizzazione degli illeciti di cui trattasi dei sigg.ri Delli Carri, Impellizzeri, come di Arbotti (diversamente da quanto affermato dal Giudice di primo grado )per le altre gare contestate…. Siffatte in equivoche dichiarazioni, auto ed etero accusatorie, chiudono il quadro probatorio a supporto dell’affermazione delle responsabilità per gli illeciti ex art.7, comma 1, CGS contestati, in relazione alle predetti cinque gare, ai sigg.ri Delli Carri, Impellizzeri e Arbotti. Dichiarazioni, quelle rese da Antonio Pulvirenti, che proiettano una luce chiarificatrice, di natura in equivoca, come detto, sugli illeciti disciplinari posti in essere anche dai deferiti – odierni appellanti e che appaiono idonee a superare ogni eventuale qualsivoglia dubbio in ordine alla responsabilità degli stessi “ 7.- Le argomentazioni qui riportate, che tutte si condividono nella loro interezza, danno piena contezza del granitico impianto accusatorio che recepisce le osservazioni critiche mosse dalla Procura nel suo ricorso, con il primo motivo. Si sostiene in esso che l’Arbotti avrebbe svolto un ruolo attivo e determinante per il compimento dei cennati atti fraudolenti volti allo scopo alterare l’esito delle gare e che il Tribunale sarebbe incorso (così testualmente a pag. 5 del gravame) “…in tre errori di valutazione: considera necessario al perfezionarsi dell’illecito l’identificazione dei calciatori coinvolti; considera uniche condotte dell’Arbotti rilevanti ai fini dell’illecito, quelle di avvicinamento dei giocatori, ignorando tanto l’esito di tale iniziative quanto la riscossione delle somme di denaro; considera, infine, rilevanti ex art. 7 CGS solo quelle condotte che varchino la soglia della materiale idoneità dell’atto ad alterare l’incontro”. E più oltre, a gag. 9 del citato ricorso, si legge: “…la circostanza che non siano stati identificati i calciatori avvicinati dall’Arbotti –già oggetto di precedente considerazione- è del tutto irrilevante agli effetti dell’addebito, a carico del prevenuto, della violazione di cui all’art. 7 CGS posto che, venendo in parola la proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere sul risultato della gara, lo schema mandato a corrompere – contatto – manifestata disponibilità – alterazione del risultato- corrispettivo soddisfa ampiamente l’esigenza di riscontrare la volontà dell’Arbotti di concorrere ad alterare il risultato delle gare contestate”. Nelle sette pagine dedicate all’illustrazione del motivo, la Procura ha sostenuto che la condotta dell’Arbotti integrava, senza tema di smentita, la fattispecie di cui all’art. 7 CGC, avendo fornito un contributo determinante alla consumata frode sportiva, ed ha così concluso: “accertare e dichiarare la responsabilità disciplinare dell’Arbotti, per le cinque gare richiamate, per violazione dell’art.7, commi 1 e 5, del CGS, con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6 del CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato finale delle gare in oggetto e della pluralità degli illeciti posti in essere”. 8.- La difesa dell’Arbotti, con il 4° motivo del suo ricorso al Collegio rimettente, ha eccepito che li ricorso della Procura era privo di motivazioni a sostegno della richiesta di applicazione dell’aggravante ex art. 7, comma 6 CGS. Occorre considerare che le circostanze del reato sono disciplinate, nel vigente codice penale, da norme comuni a tutti i reati, o raggruppate sistematicamente come negli artt. 61 e 62 cp, o inserite nel quadro di più generali principi diversi o, anche, inserite in specifiche figure criminose. Attingendo alla giurisprudenza e alla dottrina specialistica, occorre rammentare che le circostanze sono tipiche situazioni di fatto, di carattere oggettivo e soggettivo e non essenziali per l’esistenza del reato a cui si aggiungono per qualificarlo e per determinare l’entità dell’infrazione. A differenza degli elementi costitutivi di un fatto criminoso, che non possono dissociarsi dal relativo schema tipico senza escluderlo o modificarlo; le circostanze sono in definiva elementi accidentali, accessori del reato cui si riferiscono: la loro effettiva sussistenza consente, fondamentalmente, un più concreto adeguamento della pena al disvalore del reato commesso e una migliore individualizzazione di essa. Come per gli elementi costitutivi, anche per le circostanze vige, nel nostro sistema penale, il principio di legalità (tipicità e classificazione), ai fini di una loro esatta individuazione, principio questo non presente nel vigente CGS che non dedica al tema una specifica disciplina, fatta eccezione per l’art. 13 CGS, ove sono trattate (così il titolo) “Esimente e attenuanti per comportamenti dei propri sostenitori”. 14 L’assenza è bilanciata dalla previsione contenuta nell’art. 16 CGS, punto 1, ove si prevede, in termini generali, che nell’esercizio dei poteri disciplinare (testualmente) “Gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”. Incombe sugli Organi della giustizia sportiva, quindi, qualificare le situazioni di fatto come attenuanti o aggravanti, attingendo di volta in volta ai “principi di giustizia sportiva” del CONI, fuori dai casi in cui sia la stessa norma CGS ad attribuire alla circostanza “aggravante” un ruolo essenziale nella configurazione di una fattispecie. E’ il caso che occupa, lì dove all’art.7, punto 6, è espressamente contemplato un aggravamento della pena in presenza di tre alternative ipotesi: pluralità di illeciti; alterazione del risultato della gara; vantaggio in classifica conseguito. Tenuto conto che il Legislatore sportivo ha sancito testualmente che, ricorrendo una delle tre ipotesi “le sanzioni sono aggravate”, l’Organo di giustizia sportiva è vincolato a detto precetto nella quantificazione della sanzione, non essendo rimesso alla sua valutazione discrezionale il potere di qualificare diversamente le tre dette ipotesi e di non sanzionare più adeguatamente e più incisivamente il disvalore della violazione commessa. 9.- In presenza di un riscontro oggettivo non suscettibile di valutazione, qual è per esempio la “pluralità di illeciti”, torna assai difficile immaginare quale motivazione la Procura avrebbe dovuto specificatamente articolare al riguardo, atteso che nel suo ricorso, con il 1° motivo, aveva ampiamente illustrato le ragioni per cui l’illecito doveva essere inquadrato nella fattispecie dell’art.7 CGS. A ben vedere, infatti, il ricorso poteva riguardare solo il punto 1 dell’art 7 CGS, e non già il successivo punto 6 (per il quale non vi era l’obbligo di motivazione, ex art. 33, punto 6 CGS), atteso che destinatario di questo punto era e poteva essere la sola Corte, cui il Legislatore sportivo imponeva l’adozione di una più afflittiva sanzione, in merito alla quale non vi era spazio, per la difesa dell’Arbotti, di discettare sull’ obbligatorietà di un simile vincolo e conseguire una sua ipotetica disapplicazione. A ciò si aggiunga che, quand’anche la Procura non avesse instato per l’applicazione della citata aggravante, accertata la ricorrenza di uno dei presupposti –quale quello della pluralità degli illeciti- la Corte sarebbe stata obbligata a comminare una sanzione aggravata, stante il ricordato precetto. E a tanto si attenuta questa Corte che, inquadrato il fatto come illecito sportivo ai sensi dell’art. 7, punto 1 CGS e una volta accertata la pluralità degli illeciti, ha applicato il disposto dell’art. 7, punto 6 CGS, ed ha comminato all’Arbotti la sanzione dell’inibizione per anni 5, con la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, più l’ammenda di €50.000,00, sanzione che questa Corte condivide e conferma. Per questi motivi nei termini che precedono, la C.F.A. integra e rinnova la motivazione.

 

 

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