F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione IV – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 108/CFA del 21 Febbraio 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 094-98/CFA del 19 Gennaio 2017 (dispositivo) – RICORSO PROCURATORE FEDERALE INTERREGIONALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI IRRICEVIBILITÀ DEL DEFERIMENTO A CARICO: DEL SIG. PLACIDO ALACQUA PRESIDENTE A.S.D. GIOVANILE MILAZZO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. IN RIFERIMENTO ALL’ART. 38 COMMA 1, E ALL’ART. 61 COMMA 1 DELLE N.O.I.F., DELLA SOCIETÀ A.S.D. GIOVANILE MILAZZO PER RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 4 COMMA 1 C.G.S., SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 3789/1014 PF15-16 GP/MB/PP DEL 12.10.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Sicilia- Com. Uff. n. 150/TFT17 del 15.11.2016)

 

RICORSO PROCURATORE FEDERALE INTERREGIONALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI IRRICEVIBILITÀ DEL DEFERIMENTO A CARICO: DEL SIG. PLACIDO ALACQUA PRESIDENTE A.S.D. GIOVANILE  MILAZZO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. IN RIFERIMENTO ALL’ART. 38 COMMA 1, E ALL’ART. 61 COMMA 1 DELLE N.O.I.F., DELLA SOCIETÀ A.S.D. GIOVANILE MILAZZO PER RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 4 COMMA 1 C.G.S.,  SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO - NOTA N. 3789/1014 PF15-16 GP/MB/PP DEL 12.10.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Sicilia- Com. Uff. n. 150/TFT17 del 15.11.2016)

 

Con nota del 12 ottobre 2016,proc. 3789/1014 PF 15-16,il Procuratore Federale ha deferito avanti il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Sicilia:

- il sig. Placido Alacqua (Presidente ASD GIOVANILE MILAZZO) per rispondere della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, in relazione all’art. 38 comma 1, e all’art. 61, comma 1, delle N.O.I.F.

- la società A.S.D. GIOVANILE MILAZZO, nella Stagione Sportiva 2015/2016, per rispondere a titolo diretto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 4, comma 1 del CGS – Figc.

Le parti deferite non hanno fatto pervenire memorie difensive e documenti a discolpa, né sono comparse all’udienza dibattimentale del giorno 15.11.2016 innanzi al Tribunale Federale Territoriale, sebbene ritualmente invitate a comparire.

Il Tribunale Federale Territoriale - Sicilia con la decisione impugnata ha dichiarato irricevibile il deferimento della Procura Federale (NOTA N. 3789/1014 PF 15-16 GP/MB/PP DEL 12.10.2016).

Il Procuratore Federale Interregionale dellaFIGCha proposto ricorso.

Con un primo motivo di gravame, parte ricorrente ritiene erronea la decisione del Tribunale di prime cure laddove ha dichiarato irricevibile il deferimento sulla scorta della asserita natura perentoria del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.

Con un secondo motivo di doglianza l’appellante censura la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato la rilevabilità d’ufficio della tardività del deferimento per inosservanza del termine perentorio di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.

All’udienza fissata, per il giorno 19 gennaio 2017, innanzi a questa Corte federale d’Appello, è comparso, per la Procura Federale l’Avv. Alessandro Avagliano; nessuno è comparso per parte resistente.

Il rappresentante della Procura Federale si è riportato ai propri atti e alle conclusioni ivi rassegnate.

La Corte, letto il ricorso in appello, esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso meriti accoglimento per i seguenti

MOTIVI

Giusta quanto anticipato in narrativa, viene fatta oggetto di gravame la decisione del Tribunale Federale Territoriale - CR Sicilia, pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 150/TFT del 15.11.2016 che ha dichiarato irricevibile il deferimento.

Parte ricorrente ritiene erronea la decisione del Tribunale di prime cure laddove ha dichiarato irricevibile il deferimento sulla scorta della asserita natura perentoria del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.

Il motivo è fondato.

A ben vedere, infatti, la recente pronuncia della Corte Federale d’Appello Sezioni Unite (Com. Uff. n. 065/CFA– riunione del 23.11.2016) esclude la perentorietà del suddetto termine. Ne deriva che, nel caso di specie, pur essendo tardivo l’esercizio dell’azione disciplinare, oltre i 30 giorni dalla scadenza del termine concesso al deferito per l’invio della memoria o per richiedere di essere sentito, non può condurre il Tribunale Federale Territoriale ad una dichiarazione di irricevibilità del deferimento per inosservanza dei termini di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.; ciò in quanto, appunto, non si tratta di termini perentori per le ragioni di seguito illustrate.

Ritiene indispensabile questa Corte ripercorrere i tratti salienti del ragionamento giuridico articolato dai giudici nella pronuncia in rilievo per traslarlo nella fattispecie in esame.

L'indagine non può che muovere dal dato positivo: a norma dell’art. 32 ter, comma 4, C.G.S., «quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore Federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria». Prosegue, quindi, la norma: «qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (…)».

Ebbene, abbandonando ogni ipotesi di ricostruzione unitaria dei termini rinvenibili nei codici di giustizia sportiva Figc e Coni, sul presupposto che il legislatore sportivo ha previsto termini di diversa natura, ai quali ha ricollegato (o non), di volta in volta, conseguenze diverse in ordine all’inosservanza degli stessi, «in mancanza di una sanzione specifica e diretta da ricollegare al termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS allo stesso deve essere negata natura perentoria».

Nella prospettazione assunta dai giudici delle Sezioni Unite -e che qui evidentemente si condivide- «la norma non contiene una esplicita previsione di perentorietà del termine entro cui, scaduto quello assegnato per l’audizione o per la presentazione della memoria difensiva, il Procuratore federale “deve” esercitare l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio. È compito dell’interprete, dunque, qualificare il termine di cui trattasi».

E qui viene in rilievo l’art. 38, comma 6, C.G.S. a norma del quale “Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”. Ragioni di natura sistematica inducono, allo stato, ad escludere che la perentorietà del termine di cui trattasi possa desumersi dalla generale, quanto generica, indicazione contenuta nello stesso predetto art. 38 C.G.S. Non fosse altro che, diversamente opinando, osservano i giudici a Sezioni Unite, «non troverebbero spiegazione tutte quelle disposizioni disseminate nell’arco dell’intero codice di giustizia sportiva, che qualificano, appunto, come perentorio, un dato termine o sanzionano espressamente il mancato compimento di una data attività entro il termine assegnato». Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo e non già esaustivo, all’art. 34 bis (rubricato “Termini di estinzione del giudizio disciplinare e termini di durata degli altri giudizi”); all’art. 23, comma 2, C.G.S., in materia di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti; ed ancora, all’art. 32 sexies C.G.S. (intestato “Applicazione di sanzioni su richiesta e senza incolpazione”).

È di tutta evidenza, quindi, che quando il legislatore federale ha voluto considerare perentorio un dato termine lo ha fatto (in modo specifico) espressamente, o attraverso una formale qualificazione, o per il tramite della previsione di una speciale conseguenza sanzionatoria per il caso di mancato adempimento o compimento dell’attività processuale indicata nel termine assegnato.

Sempre nel qui condiviso ragionamento giuridico dei giudici delle Sezioni Unite, ad escludere la perentorietà del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S., vale anche la collocazione sistematica, essendo lo stesso inserito nel titolo III (“Organi della giustizia sportiva”), laddove l’art. 38 è inserito nel titolo IV (“Norme generali del procedimento). Ciò che sembra confortare il convincimento secondo cui il riferimento, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 38, comma 6, C.G.S., alla perentorietà vale con riferimento ai termini indicati nello stesso art. 38 (primo tra tutti quello per la proposizione dei reclami e connessi adempimenti). Non a caso, del resto, la predetta norma è rubricata, appunto, “Termini dei procedimenti e modalità di comunicazione degli atti”.

Al più, prosegue la pronuncia in esame, «il riferimento alla perentorietà di cui trattasi, anche alla luce della predetta collocazione sistematica, può ritenersi effettuato ai termini indicati per lo svolgimento della fase processuale, ma non anche a quella procedimentale o propedeutica all’instaurazione della fase contenziosa vera e propria. Del resto, è proprio in questa fase che i principi del giusto processo e parità delle parti trovano la loro massima espressione ed attuazione». Pertanto, appare logico ritenere che il legislatore abbia generalmente inteso attribuire natura perentoria (solo) ai termini attraverso cui si snoda il processo e in ordine ai quali il mancato espletamento di una data attività processuale nel termine imposto è suscettibile di ledere ex se i diritti e le garanzie difensive dell’altra parte.

Anche sotto siffatto profilo, dunque, la lettura della natura non perentoria del termine di cui trattasi, affermata dalle Sezioni Unite con la richiamata pronuncia, appare coerente con il sistema senza contrastare con la pronuncia n. 27/2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, (cfr. CG CONI, Prima Sezione, n. 27-2016) richiamata da numerose pronunce dello stesso Tribunale federale nazionale a sostegno della perentorietà dei termini di cui si discute (TFN CC.UU. nn. 43- 19/2016-17).

Bene spiegano, infatti, i giudici quando osservano: «l’organo di vertice della giustizia sportiva si è espresso proprio sulla perentorietà del termine per la decisione del procedimento disciplinare, termine che, non solo è riferito al processo e non già al procedimento istruttorio, ma è anche stabilito espressamente a pena di estinzione, come già, del resto, anche affermato da alcune recentissime decisioni di questa Corte».

Sotto altro profilo, poi, si evidenzia che il procedimento della Procura federale si sostanzia in una «sequenza di attività successive legate da un ordine logico e funzionali al raggiungimento di un obiettivo (accertare la sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare di responsabilità)», si tratta quindi di una «fase procedimentale-istruttoria collegata a quella (eventuale) successiva strutturata secondo le regole proprie di ogni processo, a cominciare da quella dell’assoluta parità delle parti e pienezza del contraddittorio. Un avvicinamento, dunque, per gradi al giudizio, attraverso fasi caratterizzate da esigenze diverse e disciplinate da differenti regole». Posta dunque la natura procedimentale del termine di trenta giorni di cui trattasi, deve escludersi, anche sulla scorta di ciò, che lo stesso abbia natura perentoria con effetti decadenziali. Di conseguenza, al suo mancato rispetto non può ricollegarsi l'effetto della improcedibilità della “intempestiva” citazione a giudizio.

In definitiva, in applicazione pratica di tali principi di autorevole elaborazione giurisprudenziale, ai quali questa Corte intende allinearsi, deve concludersi che il termine di cui trattasi possa essere qualificato come acceleratorio. Si tratta, più precisamente, di un «termine volto ad assicurare la speditezza dei corrispondenti itinera procedimentali, ossia un certo ritmo allo svolgimento del procedimento, in funzione di un equo contemperamento delle molteplici esigenze prima richiamate e di una celere definizione dei procedimenti istruttori, volti ad assicurare al giudizio, rapidamente, per quanto possibile, tesserati ritenuti responsabili di violazioni disciplinarmente rilevanti e, nel contempo, a scongiurare un inutile aggravio di attività processuale e di onere di difesa per l’indagato che, all’esito di una adeguata ponderazione del complessivo materiale istruttorio acquisito, risulti non imputabile della violazione in relazione alla quale è stato iscritto nell’apposito registro. Pertanto, all’eventuale infruttuoso decorso del termine di cui trattasi l’ordinamento sportivo non assegna una specifica sanzione di decadenza o una data efficacia preclusiva, non avendo previsto la produzione di un determinato effetto giuridico con ricaduta sulla (inammissibilità della) instaurazione del giudizio».

Degno di nota e condivisione, poi, anche altro percorso logico-sistematico seguito dai giudici a Sezioni Unite attraverso il quale pure si giunge ad escludere la natura perentoria dei termini ex art. 32 ter, comma 4, CGS.

Si è già detto che non contenendo la norma (art. 32, ter, comma 4 CGS) una esplicita previsione di perentorietà del termine entro cui, scaduto quello assegnato per l’audizione o per la presentazione della memoria difensiva, il Procuratore federale “deve” esercitare l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio, è all’interprete che deve affidarsi la delicata qualificazione del termine di cui trattasi.

Ebbene, esclusa la possibilità di considerare perentorio detto termine in virtù del mero richiamo all’art. 38, comma 6, CGS, «occorre riferirsi, per espresso disposto della norma di cui all’art. 1, comma 2, CGS, alle disposizioni del codice di giustizia sportiva del Coni. Così, infatti, recita la predetta norma: “Per tutto quanto non previsto dal presente Codice, si applicano le disposizioni del Codice della giustizia sportiva emanato dal CONI”», che, tuttavia, non reca alcuna norma che qualifichi come perentorio il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare entro i trenta giorni dalla scadenza dei termini a difesa di cui si è detto.

«Non rimane, pertanto, che rifarsi alla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, CGS Coni che prevede espressamente che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”».

E allora, dal combinato disposto degli artt. 1, comma 2, CGS figce 2, comma 6, CGS Coni la disposizione di riferimento individuata dai giudici è quella dettata dall’art. 152 c.p.c. (rubricato “Termini legali e termini giudiziari”), che così recita al comma 2: “I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, «(…) con la conseguenza che, non essendo dichiarato espressamente perentorio, tale non può essere considerato il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS.

Ed allora, riepilogando, non intendendo questa Corte discostarsi dai principi affermati dalla Corte Federale d’Appello, riunita a Sezioni Unite, deve escludersi che il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, in rilievo nel presente giudizio, abbia natura perentoria. Con la conseguenza, dunque, che l’inosservanza dello stesso, nei termini e nei limiti sopra precisati, non conduce alla dichiarazione di improcedibilità del deferimento emesso oltre lo stesso.

La questione che attiene alla rilevabilità d’ufficio da parte di questa Corte della violazione dei termini ex art. 32 ter, comma 4, CGS è da reputarsi superata e assorbita dalla decisione in punto natura non perentoria del termine de quo.

Esclusa, pertanto, la perentorietà dei termini ex art. 32 ter, comma 4, CGS, ritiene, questo Collegio, che dall’esame degli atti ufficiali emergano elementi sufficienti per annullare la decisione del Giudice di prime cure.

Per questi motivi la C.F.A., accoglie il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale La C.F.A., in accoglimento del ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale Interregionale, vista la disposizione di cui all’art. 37, comma 4, ultimo periodo C.G.S., annulla la decisione impugnata.

Rinvia al Tribunale Federale Territoriale presso Comitato Regionale Sicilia per il relativo esame del merito.

 

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