F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE IV – 2016/2017 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 91/CFA del 19 Gennaio 2017 motivi con riferimento al C.U. N. 077/CFA DEL 5 Dicembre 2016 RICORSO SIG. MOUSTINE ADNAN (ALL’EPOCA DEI FATTI ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZ. DI SONDRIO)AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 1 PER VIOLAZIONE DELL’ART 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1191 PF15-16 DEL 28.09.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso C.R. Lombardia – Com. Uff. n. 29 del 4.11.2016)

RICORSO SIG. MOUSTINE ADNAN (ALL’EPOCA DEI FATTI ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZ. DI SONDRIO)AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 1 PER VIOLAZIONE DELL’ART 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1191 PF15-16 DEL 28.09.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso C.R. Lombardia - Com. Uff. n. 29 del 4.11.2016)

Il deferimento della Procura federale

Con provvedimento del 28.9.2016 il Procuratore Federale,

- Visti gli atti del procedimento disciplinare n. 1191 pf. 15-16 avente ad oggetto: Presunto illecito sportivo con riferimento al comportamento tenuto dall'arbitro della gara Valmalenco – Ardenno Buglio del 15.3.2016 - campionato di terza categoria - Sig. AdnanMoustine, della Sez. A.I.A. di Sondrio, dei Presidenti e dei Dirigenti delle due Società i quali avrebbero raggiunto un accordo al fine di modificare, sul rapporto arbitrale, il risultato finale della gara;

- Vista la comunicazione di conclusione indagini ritualmente notificata ai soggetti interessati e la successiva memoria difensiva fatta pervenire dalla società U.S. Ardenno Buglio;

- Ritenuto che dagli atti sopra indicati e dalle risultanze probatorie acquisite è emerso che: al termine della gara Polisportiva Valmalenco/U.S. Ardenno Buglio, disputata in data 15.3.2016, valevole per il campionato di Terza categoria C.R. Lombardia Stagione Sportiva 2015/2016 e conclusasi sul campo con il risultato di parità 1-1, l'arbitro dell'incontro, Sig. AdnanMoustine della sezione A.I.A. di Sondrio, ebbe a convocare nel proprio spogliatoio i rappresentanti di entrambe le anzidette società proponendo loro, sia, di modificare il predetto risultato finale di parità, nel senso di far apparire l'incontro de quo come terminato, contrariamente al vero, con la vittoria della squadra ospite (U.S. Ardenno Buglio) per 1-2, sia, anche di omettere nel proprio rapporto finale ogni segnalazione in merito al comportamento minatorio tenuto in campo nei propri confronti da due calciatori della squadra ospitante (Polisportiva Valmalenco) e alla base della propria decisione di annullare sul finire della gara la rete del vantaggio segnata dalla squadra ospite (U.S. Ardenno Buglio);

ha deferito avanti il Tribunale Federale Territoriale presso C.R. Lombardia il Sig. AdnanMoustine, all’epoca dei fatti Arbitro Effettivo della sezione A.I.A. di Sondrio,per rispondere della violazione:

A) dell’art. 7 comma 1 e 2 C.G.S., per aver quale arbitro dell’incontro Polisportiva Valmalenco/U.S. Ardenno Buglio, disputato in data 16.3.2016 e valevole per il campionato di Terza Categoria C.R. Lombardia Stagione Sportiva 2015/2016, posto in essere atti diretti ad alterare ilrisultato finale di tale incontro senza riuscirvi per il pronto e risoluto rifiuto di entrambe le società interessate, in particolare: per aver al temine dell'incontro in parola, conclusosi sul campo con il risultato di parità 1-1, convocato nel proprio spogliatoio i rappresentanti di entrambe le anzidette Società proponendo agli stessi, sia, di modificare il predetto risultato finale nel senso di far apparire l'incontro de quo come terminato, contrariamente al vero, con la vittoria della squadra ospite (U.S. Ardenno Buglio) per 1-2, sia, anche di omettere nel proprio rapporto finale ogni segnalazione in merito al comportamento minatorio tenuto in campo nei propri confronti da due calciatori della squadra ospitante (Polisportiva Valmalenco), comportamento alla base della propria decisione di annullare sul finire della gara la rete del vantaggio segnata dalla squadra ospite (U.S. Ardenno Buglio);

B) dell'art. 1 bis comma 1 C.G.S., così come integrato dall’art. 40 comma 2 lett. h) del Regolamento A.I.A., ovvero, sia, del dovere fatto a ciascun soggetto dell'Ordinamento federale di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva secondo i principi di lealtà, probità e correttezza, sia, del dovere proprio degli ufficiali di gara di assolvere con la massima fedeltà e puntualità al potere referendario loro conferito, per aver indicato nel proprio rapporto finale steso al termine della ridetta gara, in modo non corrispondente al vero, né, a quanto peraltro esplicitato nel supplemento allegato a quello stesso rapporto, che quest'ultima era terminala con il risultato di 1-2 in favore della squadra ospite (U.S. Ardenno Buglio) e non, invece, con quello di parità 1-1 effettivamente conseguito sul campo, in ragione dell’essere stata la rete segnata dalla società ospite annullata e, quindi, non convalidata.

Il giudizio di primo grado e la decisione del Tribunale Federale Territoriale

Il deferito AdnanMoustinesi è costituito e difeso nel procedimento di primo grado.

Il Tribunale Federale Territoriale, esperiti gli incombenti di rito,

- rilevato che il deferito, AdnanMoustine, all'udienza del 27.10.2016, ha fatto presente di essere stato minacciato di morte ed aggredito nel corso della gara e temendo per la sua incolumità ha cercato di uscire da quella situazione con un espediente, senza assolutamente voler alterare la partita tanto è vero che il rapporto di gara è stato fedele a quanto accaduto; -preso atto che i deferiti, Valter Sterlocchi ed Antonio Giarratana, hanno fatto presente che non hanno dato importanza più di tanto a quanto affermato dall'arbitro in quanto si trovava in stato confusionale ed in ogni caso il rapporto arbitrale era risultato conforme a quanto verificatosi sul campo; -rilevato, infine, che il rappresentante della Procura federale, dopo ampia requisitoria, ha chiesto la condanna di AdnanMoustine a quattro anni di squalifica, la condanna di Valter Sterlocchi ed Antonio Giarratana ad anni uno di inibizione e di U.S. Ardenno Buglio ad € 1.500,00e che i deferiti chiedevano di essere assolti e/o l'applicazione del minimo delle sanzioni;

- ritenuto che dalle risultanze probatorie agli atti del giudizio è emerso che il Sig. AdnanMoustine, al termine del già sopra indicato incontro Valmalenco - Ardenno Buglio del 15.3.2016, valido per il campionato di terza categoria, ha convocato nel proprio spogliatoio i rappresentanti di entrambe le anzidette società proponendo loro di conteggiare il gol del 1-2 annullato ingiustamente durante la gara e di omettere nel proprio rapporto finale ogni segnalazione in merito al comportamento minatorio tenuto in campo nei propri confronti da due calciatori della squadra ospitante (Polisportiva Valmalenco) e alla base della propria decisione di annullare sul finire della gara la rete del vantaggio segnata dalla squadra ospite (U.S. Ardenno Buglio);

- essendo emerso, altresì, che l'arbitro era palesemente alterato, perché minacciato pesantemente proprio in seguito all'annullamento del gol e che i sig.ri Valter Sterlocchi ed Antonio Giarratana non hanno denunciato quanto accaduto alla luce del contesto in cui si sono verificati i fatti (pesanti minacce all'arbitro da parte di tesserati dalla società Valmalenco e conseguente stato di alterazione dello stesso), comunque segnalati al delegato provinciale;

ha ritenuto che l'arbitro, AdnanMaoustine, avesse violato il disposto dell'art. 1 bis comma 1 C.G.S. così come i deferiti Valter Sterlocchi ed Antonio Giarratana, con conseguente responsabilità diretta ed oggettiva della società U.S. Ardenno Buglio.

Nella determinazione delle sanzioni il Tribunale Federale Territoriale ha ritenuto dover tenere in considerazione la particolare situazione venutasi a determinare nei confronti dell'arbitro e causata dalla condotta dei tesserati della società Polisportiva Valmalenco. Per questi motivi, il Tribunale Federale Territoriale, ha dichiarato la responsabilità di AdnanMoustine per violazione dell'art. 1 bis comma 1 C.G.S. e di Valter Sterlocchi e di Antonio Giarratana per la violazione dell'art. 1 bis comma 1 C.G.S., nonché della società U.S. Ardenno Buglio, a titolo di responsabilità diretta e oggettiva, ex art. 4 commi 1 e 2 C.G.S. e per l'effetto ha comminato a AdnanMoustine anni uno di squalifica, a Valter Sterlocchi mesi due dì inibizione, ad Antonio Giarratana mesi due di inibizione ed alla società U.S. Ardenno Buglio e 350,00 di ammenda.

Il ricorso del Sig. AdnanMoustine, della Sez. A.I.A. di Sondrio

Avverso la predetta decisione -con la quale il Tribunale Federale Territoriale del CRL ha ritenuto responsabile il Sig. AdnanMoustine della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. comminandogli la sanzione di anni 1 (uno) di squalifica- e pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 29 del 04.11.2016, ha proposto ricorso il Sig. AdnanMoustine.

- Con un primo motivo d’appello il Sig. AdnanMoustine lamenta l’improcedibilità e/oinammissibilità del deferimento per inosservanza dei termini dicui all’art. 32 ter. comma 4. C.G.S. a norma del quale“qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante attodi deferimento a giudizio ...”.

Nel caso di specie la Procura Federale, come previsto dalla normativa in questione, comunicava al Sig. AdnanMoustine la conclusione delle indagini con raccomandata A.R. del 5.07.2016, ricevuta in data 07.07.2016, nel contempo assegnandogli il termine di giorni 20 per inviare memorie difensive e/o chiedere di essere sentito e successivamente esercitava l’azione disciplinare con nota del 28.09.2016, comunicata al sig. AdnanMoustine ed ai soggetti previsti dalla norma di riferimento, con cui formulava l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio. La doglianza del ricorrente si basa sulla circostanza che l’esercizio dell’azione disciplinare da parte della Procura federale avveniva oltre i trenta giorni dalla scadenza del termine concesso per l’invio della memoria o per richiedere di essere sentito e, dunque, in violazione del termine rassegnato nell’art. 32 ter, comma 4, C.G.S..

La censura dell’appellante muove dall’assunto secondo cui quello ex art. 32 ter, comma 4, C.G.S. sarebbe termine da qualificarsi perentorio con conseguente improcedibilità e/o inammissibilità del deferimento per inosservanza dei termini di cui all’art. 32 ter. comma 4. C.G.S.; più precisamente, afferma nel ricorso il sig. AdnanMoustine “(…) è ormai pacifico nell’indirizzo assunto dal Tribunale Federale che il termine sia perentorio, con conseguente decadenza dall’azionedisciplinare nel caso del suo superamento. Infatti, il termine di trenta giorni in questione previsto per l’esercizio dell’azione disciplinare dalla richiamata norma, che trova rispondenza nell’art. 44, comma 4, C.G.S. CONI, al pari di tutti gli altri termini imposti alle parti del procedimento, previsti dal C.G.S. ha natura perentoria (testualmente, art. 38, comma 6, C.G.S.) e non può essere prorogato (cfr. CG CONI, Prima Sezione, n. 27-2016; TFN CC.UU. nn. 43-19/2016- 17)”.

Non solo, a dire di parte ricorrente “l’inosservanza del termine in questione, pur in mancanza di eccezione di parte, deve ritenersi altresì rilevabile d’ufficio ed in suscettivo di sanatoria non rientrando lo stesso nella disponibilità delle parti siccome posto a presidio dell’interesse superiore alla celere definizione del procedimento disciplinare. Tanto, in linea con le norme ed in principi del processo civile cui gli organi di giustizia devono conformare la propria attività in forza del richiamo operato dall’art. 2, comma 6, C.G.S. CONI (cfìr. TFN C.U. n. 43/2016-17)”. Muovendo da queste premesse, nel ricorso la censura che l’appellante muove al Tribunale Federale Territoriale del CRLinvolge la mancata dichiarazione, pur in assenza di eccezione di parte, della irricevibilità del deferimento stesso. Conclude, pertanto, il sig. AdnanMoustine, in via preliminare ed in accoglimento del motivo d’appello, chiedendo alla Corte Federale d’Appello di dichiarare irricevibile il deferimento nei sui confronti.

- Con un secondo motivo di gravame il ricorrente censura la decisione del Tribunale Federale Territoriale del CRL in ordine all’eccessiva quantificazione della sanzione comminata, ciò in quantoritenendolo responsabile della violazionedell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. e comminandogli la sanzione di anni 1 (uno) di squalifica non avrebbe adeguatamente tenuto conto delle circostanze e delle condizioni nelle quali lo stesso avrebbe posto in essere i fatti contestatigli. Al riguardo il sig. AdnanMoustine ribadisce nel ricorso in appello che tutti i comportamenti dallo stesso tenuti altermine della partita del campionato di Terza Categoria, Girone di Sondrio, Polisportiva Valmalenco - Ardenno Buglio, sono stati posti in essere inuno stato di assoluta confusione derivante esclusivamente dalle pesantissime minacce di morte e dalle aggressioni, non solo verbali, ricevute sul terreno di gioco a seguito della convalida di una rete. A dimostrazione dell’assoluto stato confusionale, poi, e sempre nella prospettazione assunta dall’appellante, sarebbeanche il fatto che pochiminuti dopo la convalida della rete, a seguito delle pesantissime minacce ricevute,lo stesso la annullava. Ribadisce nel ricorso l'appellante che tutti i comportamenti posti in essere, erano finalizzati ad uscire indenne da una situazione che lo terrorizzava e che gli avrebbe seriamente fatto temere per la sua incolumità fisica; lo stato confusionale sarebbe stato tanto e tale da impedirgli di rendersi conto di cosa stesse dicendo e facendo. Sulla scorta di siffatte prospettazioni, il sigAdnanMoustine ritiene che il Tribunale Federale Territoriale, nel comminare la sanzione di anni uno di squalifica, non abbia tenuto conto adeguatamente di queste circostanze e, pertanto, chiede che la Corte Federale d'Appello, in parziale riforma della impugnata decisione, voglia rideterminare la sanzione comminata al minimo.

La decisione della CFA

All’udienza fissata, per il giorno 5.12.2016, innanzi questa Corte federale d’Appello, sono comparsi il rappresentante della Procura federale e il sig. AdnanMoustine personalmente.

L’appellante ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. La Procura federale ha chiesto il rigetto del ricorso e la conferma della decisione impugnata.

Dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti motivi.

La Corte, letto il ricorso in appello, esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso meriti parziale accoglimento nei termini e per le ragioni di seguito precisate.

Giusta quanto anticipato in narrativa, viene fatta oggetto di gravame la decisione del Tribunale Federale Territoriale, pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 29/TFN Lombardia del 4.11.2016 che ha dichiarato la responsabilità dell’arbitro della gara Valmalenco/Ardenno Buglio del 15.3.2016 - Campionato di terza categoria - sig. AdnanMoustine, della Sez. A.I.A. di Sondrio, per violazione dell'art. 1 bis comma 1 C.G.S..

- Con un primo motivo di gravame, parte ricorrente ritiene erronea la decisione del Tribunale di prime cure laddove non ha dichiarato irricevibile il deferimento sulla scorta della asserita natura perentoria del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.. affermando, comunque, che “l’inosservanza del termine in questione, pur in mancanza dieccezione di parte, debba ritenersi rilevabile d’ufficio ed in suscettivo di sanatorianon rientrando lo stesso nella disponibilità delle parti siccome posto a presidiodell’interesse superiore alla celere definizione del procedimento disciplinare. Tanto, inlinea con le norme ed in principi del processo civile cui gli organi di giustizia devonoconformare la propria attività in forza del richiamo operato dall’art. 2, comma 6, C.G.S. CONI (cfr. TFN C.U. n. 43/2016-17)”.

Il motivo non è fondato.

La questione che attiene alla rilevabilità d’ufficio da parte di questa Corte della violazione dei termini ex art. 32 ter, comma 4, C.G.S.. –non essendo stata eccepita la suddetta violazione nel corso del giudizio di primo grado- è da reputarsi superata e assorbita dalla natura non perentoria del termine de quo.

Infatti, questa Corte, riunita a Sezioni Unite, ha di recente risolto la questione di diritto sottesa anche al presente giudizio, con la pronuncia pubblicata sul Com. Uff. n. 065/CFA, con cui ha escluso la perentorietà del suddetto termine. Ne deriva che, nel caso di specie, l’azione disciplinare, pur essendo stata esercitata dalla Procura federale oltre i trenta giorni dalla scadenza del termine concesso al deferito per l’invio della memoria o per richiedere di essere sentito, giammai avrebbe potuto condurre il Tribunale Federale Territoriale del CRL, né ancor più potrebbe condurre questa Corte ad una dichiarazione di improcedibilità e/o inammissibilità del deferimento per inosservanza dei termini di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.; ciò in quanto, appunto, non si tratta di termini perentori per le ragioni di seguito, in sintesi, illustrate.

Ritiene indispensabile questa Corte ripercorrere i tratti salienti essenziali del ragionamento giuridico articolato dai giudici nella pronuncia in rilievo per traslarlo nella fattispecie in esame. L'indagine non può che muovere dal dato positivo: a norma dell’art. 32 ter, comma 4, C.G.S., «quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore Federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria». Prosegue, quindi, la norma: «qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (…)».

Ebbene, abbandonando ogni ipotesi di ricostruzione unitaria dei termini rinvenibili nei codici di giustizia sportiva Figc e Coni, sul presupposto che il legislatore sportivo ha previsto termini di diversa natura, ai quali ha ricollegato (o non), di volta in volta, conseguenze diverse in ordine all’inosservanza degli stessi, «in mancanza di una sanzione specifica e diretta da ricollegare al termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S. allo stesso deve essere negata natura perentoria».

Nella prospettazione assunta dai giudici delle Sezioni Unite -e che qui evidentemente si condivide- «la norma non contiene una esplicita previsione di perentorietà del termine entro cui, scaduto quello assegnato per l’audizione o per la presentazione della memoria difensiva, il Procuratore federale “deve” esercitare l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio. È compito dell’interprete, dunque, qualificare il termine di cui trattasi».

E qui viene, appunto, in rilievo l’art. 38, comma 6, C.G.S. a norma del quale “Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”, pure invocata dal ricorrente a sostegno della natura perentoria del termine entro il quale esercitare l’azione disciplinare. Detta norma, si applicherebbe, questo in sintesi l’assunto dell’odierno appellante, anche al termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4, C.G.S..

Si tratta di un assunto, questo, si ribadisce, che non può essere condiviso.

Ragioni di natura sistematica inducono, allo stato, ad escludere che la perentorietà del termine di cui trattasi possa desumersi dalla generale, quanto generica, indicazione contenuta nello stesso predetto art. 38 C.G.S.. Non fosse altro che, diversamente opinando, osservano i Giudici a Sezioni Unite, «non troverebbero spiegazione tutte quelle disposizioni disseminate nell’arco dell’intero codice di giustizia sportiva, che qualificano, appunto, come perentorio, un dato termine o sanzionano espressamente il mancato compimento di una data attività entro il termine assegnato». Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo e non già esaustivo, all’art. 34 bis (rubricato “Termini di estinzione del giudizio disciplinare e termini di durata degli altri giudizi”); all’art. 23, comma 2, C.G.S., in materia di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti; ed ancora, all’art. 32 sexies C.G.S. (intestato “Applicazione di sanzioni su richiesta e senza incolpazione”).

È di tutta evidenza, quindi, che quando il legislatore federale ha voluto considerare perentorio un dato termine lo ha fatto (in modo specifico) espressamente, o attraverso una formale qualificazione, o per il tramite della previsione di una speciale conseguenza sanzionatoria per il caso di mancato adempimento o compimento dell’attività processuale indicata nel termine assegnato.

Sempre nel qui condiviso ragionamento giuridico dei giudici delle Sezioni Unite di questa Corte federale d’appello, ad escludere la perentorietà del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S., vale anche la collocazione sistematica, essendo lo stesso inserito nel titolo III (“Organi della giustizia sportiva”), laddove l’art. 38 è inserito nel titolo IV (“Norme generali del procedimento). Ciò che sembra confortare il convincimento secondo cui il riferimento, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 38, comma 6, C.G.S., alla perentorietà vale con riferimento ai termini indicati nello stesso art. 38 (primo tra tutti quello per la proposizione dei reclami e connessi adempimenti). Non a caso, del resto, la predetta norma è rubricata, appunto, “Termini dei procedimenti e modalità di comunicazione degli atti”.

Al più, prosegue la pronuncia in esame, «il riferimento alla perentorietà di cui trattasi, anche alla luce della predetta collocazione sistematica, può ritenersi effettuato ai termini indicati per lo svolgimento della fase processuale, ma non anche a quella procedimentale o propedeutica all’instaurazione della fase contenziosa vera e propria. Del resto, è proprio in questa fase che i principi del giusto processo e parità delle parti trovano la loro massima espressione ed attuazione». Pertanto, appare logico ritenere che il legislatore abbia generalmente inteso attribuire natura perentoria (solo) ai termini attraverso cui si snoda il processo e in ordine ai quali il mancato espletamento di una data attività processuale nel termine imposto è suscettibile di ledere ex se i diritti e le garanzie difensive dell’altra parte.

Anche sotto siffatto profilo, dunque, la lettura della natura non perentoria del termine di cui trattasi, affermata dalle Sezioni Unite con la richiamata pronuncia, appare coerente con il sistema senza contrastare con la pronuncia n. 27/2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, (cfr. CG CONI, Prima Sezione, n. 27-2016) pure invocata dall’appellante a conforto della asserita natura perentoria del termine ex art. 32 ter, comma 4, C.G.S. e richiamata da numerose pronunce dello stesso Tribunale federale nazionale a sostegno della perentorietà dei termini di cui si discute (TFN CC.UU. nn. 43-19/2016-17).

Bene spiegano, infatti, i giudici quando osservano: «l’organo di vertice della giustizia sportiva si è espresso proprio sulla perentorietà del termine per la decisione del procedimento disciplinare, termine che, non solo è riferito al processo e non già al procedimento istruttorio, ma è anche stabilito espressamente a pena di estinzione, come già, del resto, anche affermato da alcune recentissime decisioni di questa Corte».

Sotto altro profilo, poi,si evidenzia che il procedimento della Procura Federale si sostanzia in una «sequenza di attività successive legate da un ordine logico e funzionali al raggiungimento di un obiettivo (accertare la sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare di responsabilità)», si tratta quindi di una «fase procedimentale-istruttoria collegata a quella (eventuale) successiva strutturata secondo le regole proprie di ogni processo, a cominciare da quella dell’assoluta parità delle parti e pienezza del contraddittorio. Un avvicinamento, dunque, per gradi al giudizio, attraverso fasi caratterizzate da esigenze diverse e disciplinate da differenti regole». Posta dunque la natura procedimentale del termine di trenta giorni di cui trattasi, deve escludersi, anche sulla scorta di ciò, che lo stesso abbia natura perentoria con effetti decadenziali. Di conseguenza, al suo mancato rispetto non può ricollegarsi l'effetto della improcedibilità della “intempestiva” citazione a giudizio.

In definitiva, in applicazione pratica di tali principi di autorevole elaborazione giurisprudenziale, ai quali questa Corte intende allinearsi, deve concludersi che il termine di cui trattasi possa essere qualificato come acceleratorio. Si tratta, più precisamente, di un «termine volto ad assicurare la speditezza dei corrispondenti itinera procedimentali, ossia un certo ritmo allo svolgimento del procedimento, in funzione di un equo contemperamento delle molteplici esigenze prima richiamate e di una celere definizione dei procedimenti istruttori, volti ad assicurare al giudizio, rapidamente, per quanto possibile, tesserati ritenuti responsabili di violazioni disciplinarmente rilevanti e, nel contempo, a scongiurare un inutile aggravio di attività processuale e di onere di difesa per l’indagato che, all’esito di una adeguata ponderazione del complessivo materiale istruttorio acquisito, risulti non imputabile della violazione in relazione alla quale è stato iscritto nell’apposito registro. Pertanto, all’eventuale infruttuoso decorso del termine di cui trattasi l’ordinamento sportivo non assegna una specifica sanzione di decadenza o una data efficacia preclusiva, non avendo previsto la produzione di un determinato effetto giuridico con ricaduta sulla (inammissibilità della) instaurazione del giudizio».

Degno di nota e condivisione, poi, anche altro percorso logico-sistematico seguito dagli estensori della predetta, qui richiamata, pronuncia, attraverso il quale pure si giunge ad escludere la natura perentoria dei termini ex art. 32 ter, comma 4, C.G.S..

Si è già detto che non contenendo la norma (art. 32, ter, comma 4 C.G.S.) una esplicita previsione di perentorietà del termine entro cui, scaduto quello assegnato per l’audizione o per la presentazione della memoria difensiva, il Procuratore Federale “deve” esercitare l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio, è all’interprete che deve affidarsi la delicata qualificazione del termine di cui trattasi.

Ebbene, esclusa la possibilità di considerare perentorio detto termine in virtù del mero richiamo all’art. 38, comma 6, C.G.S., «occorre riferirsi, per espresso disposto della norma di cui all’art. 1, comma 2, CGS, alle disposizioni del codice di giustizia sportiva del Coni. Così, infatti, recita la predetta norma: “Per tutto quanto non previsto dal presente Codice, si applicano le disposizioni del Codice della giustizia sportiva emanato dal CONI”», che, tuttavia, non reca alcuna norma che qualifichi come perentorio il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare entro i trenta giorni dalla scadenza dei termini a difesa di cui si è detto.

«Non rimane, pertanto, che rifarsi alla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, C.G.S. Coni che prevede espressamente che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”».

E allora, dal combinato disposto degli artt. 1, comma 2, C.G.S. Figc e 2, comma 6, C.G.S. Coni la disposizione di riferimento individuata dai giudici è quella dettata dall’art. 152 c.p.c. (rubricato “Termini legali e termini giudiziari”), che così recita al comma 2: “I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, «(…) con la conseguenza che, non essendo dichiarato espressamente perentorio, tale non può essere considerato il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S..

Riepilogando, dunque, non intendendo questa Corte discostarsi dai principi affermati dalla Corte Federale d’Appello - Sezioni Unite, deve escludersi che il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S., in rilievo nel presente giudizio, abbia natura perentoria. Con la conseguenza, dunque, che l’inosservanza dello stesso, nei termini e nei limiti sopra precisati, non conduce alla dichiarazione di improcedibilità / irricevibilità del deferimento emesso oltre lo stesso. 

- Con un secondo motivo di doglianza l’appellante censura la decisione di prime cure nella parte in cui il Tribunale Federale Territoriale non avrebbe adeguatamente tenuto conto delle circostanze e delle condizioni nelle quali sarebbero stati posti in essere i fatti che gli vengono contestati.

Questo motivo è solo in parte fondato.

Gli atti ufficiali inducono questa Corte a ritenere acclarati i fatti di rilievo ai fini della decisione del presente procedimento e con essi la responsabilità del ricorrente. Né sono emersi sufficienti utili elementi, tantomeno decisivi, per una dichiarazione di proscioglimento.

Per altro verso, tuttavia, non si può non considerare che la condotta del direttore di gara di cui trattasi è stata pesantemente condizionata dalle acclarate minacce ricevute da alcuni calciatori della Polisportiva Valmalenco. Ciò che ha oltremodo turbato la serenità dello stesso, ponendolo in una condizione emotiva di disagio.

Pertanto, pur non potendosi discostare dalla pronuncia di prime cure sotto il profilo della censurabilità della condotta posta in essere dal sig. AdnanMoustine, non si può non tener conto delle peculiari circostanze in cui essa si è inserita. Un contesto di animi surriscaldati e agitati hanno turbato lo stato emotivo dell’arbitro; le offese ricevute e le minacce di aggressione fisica subite nel corso della gara lo hanno indotto a temere per la propria incolumità fisica. Circostanza, questa, peraltro pacifica anche nella pronuncia del TFT Lombardia (Com.Uff. n. 29 del 4.11.2016).

Questo Collegio, poi, ritiene doveroso tener conto anche di altro non secondario elemento nella complessiva valutazione della vicenda, rappresentato dalla giovane età del sig. AdnanMoustine. Si tratta di elemento determinante per comprendere come il comportamento dallo stesso posto in essere sia frutto più di inesperienza nella gestione di una situazione, di certo, delicata e particolare, e del conseguente stato psicologico nel quale è venuto a trovarsi, che della volontà di sottrarsi dolosamente ai propri obblighi federali.

Per tali ragioni, dunque, pur dovendosi stigmatizzare il comportamento, nella circostanza, tenuto dal sig. AdnanMoustine, questa Corte ritiene di poter accogliere la richiesta di riduzione della sanzione comminata, reputando equo rideterminarne la misura come in dispositivo indicata.

Per questi motivi la C.F.A. in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal sig. MoustineAdnan riduce la sanzione della squalifica a mesi 6.

Dispone restituirsi la tassa reclamo.

 

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