F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C.U. n. 36/TFN-SD del 25 Gennaio 2018 (motivazioni) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: SOCIETÀ SS LAZIO SPA – (nota n. 4042/289 pf17-18 GP/GM/sds del 14.11.2017).

 

DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: SOCIETÀ SS LAZIO SPA - (nota n. 4042/289 pf17-18 GP/GM/sds del 14.11.2017).

Il deferimento

Il Procuratore Federale, visti gli atti del procedimento n. 289 – 17/18, effettuate le attività di indagine di propria competenza, deferiva a questo Tribunale Federale Nazionale, con nota prot. 4042/289 del 14.11.2017, la Società SS Lazio Spa per rispondere della violazione dell’art. 11, comma 3 e dell’art. 4, comma 3 del CGS perché in occasione della gara Lazio-Cagliari del 22.10.2017, valevole per il Campionato di Serie A della S.S. 2017/2018, alcuni tifosi della predetta Società, in relazione ai quali sono in corso indagini dell’autorità giudiziaria ordinaria, hanno introdotto ed affisso all’interno della Curva Sud dello Stadio Olimpico di Roma diversi adesivi, riportanti l’effige della nota bambina ebrea Anna Frank, indossante una maglietta dell’AS Roma Spa, dal chiaro intento antisemita, costituente comportamento discriminatorio. La loro affissione nei luoghi appena specificati è stata qualificata dagli Organi di Pubblica Sicurezza come un episodio dal “valore simbolico e chiaramente antisemita dei predetti adesivi, offensivi per il tenore e l’incitazione all’odio razziale, richiamando l’attenzione dei media suscitando vive proteste della comunità ebraica” (comunicazione di notizia di reato ex art. 347 c.p.p. della Digos della Questura di Roma del 24.10.2017.

Le memorie difensive

La Società SS Lazio Spa non presentava alcuna memoria difensiva.

Il dibattimento

All’odierna udienza, la Procura Federale, dopo aver insistito nell’accoglimento del deferimento, ha formulato le seguenti richieste sanzionatorie:

- 2 (due) giornate a porte chiuse dell’impianto sportivo Stadio Olimpico oltre all’ammenda di € 50.000,00 (euro cinquantamila/00) nei confronti della SS Lazio Spa.

La difesa della SS Lazio Spa, in persona dell’Avv. Gian Michele Gentile, nel riportarsi a quanto già argomentato nella difesa presentata a seguito della comunicazione di conclusione indagini, ha chiesto il proscioglimento della Società sostenendo in sintesi:

- che la Società aveva attivato tutte le attività di controllo di propria competenza;

- che il fatto contestato ha riguardato pochissime persone a fronte di un elevato numero di occupanti il settore Curva Nord;

- che per le ridottissime dimensioni degli adesivi introdotti nello stadio, gli stessi erano facilmente occultabili e non visibili agli occhi degli steward addetti ai controlli che, peraltro non avrebbero neanche potuto effettuare perquisizioni;

- che tali adesivi sono stati rinvenuti solo il giorno successivo e, pertanto, alcuna visibilità hanno avuto nel corso della partita;

- ha sostenuto, inoltre, l’applicabilità delle esimenti previste dall’art. 13 del CGS.

I motivi della decisione

Alla luce della documentazione in atti il Collegio ritiene fondato il deferimento nei termini che seguono.

Non vi è dubbio, infatti, che la gravità dei fatti esposti sia tale dal dover essere oggetto di forte e decisa censura da parte di questo Collegio.

L’introduzione nello stadio e, in particolare nel settore notoriamente cuore del tifo della AS Roma, del materiale raffigurante, fra l’altro, una figura simbolo dell’olocausto degli Ebrei con indosso una maglietta giallorossa, per il contesto nel quale sono stati diffusi, per la prevedibile e giustificata eco che tale azione ha avuto, rappresenta un gesto altamente lesivo dei principi e dei valori cui deve necessariamente tendere l’Ordinamento sportivo.

Dagli atti prodotti in giudizio, in particolare dall’informativa di reato allegata al deferimento, emerge chiaramente la presenza di diversi adesivi volti a schernire la tifoseria avversaria, in ragione di un assurdo e oltremodo oltraggioso riferimento alla religione ebraica.

Tali comportamenti, pertanto, evidentemente provocatori ed ictu oculi idonei a provocare sentimenti di sdegno e vergogna nell’opinione pubblica appaiono chiaramente in contrasto anche con i fondamentali principi sanciti dall’art. 2 dello Statuto della FIGC.

Le successive indagini hanno portato ad appurare, secondo quanto prospettato dalla difesa della SS Lazio, che tale attività sarebbe stata posta in essere da 13 tifosi del sodalizio biancazzurro che sono stati oggetto di DASPO (in realtà dalla lettura dei siti internet emergerebbe che i responsabili sono 20), numero esiguo di soggetti in relazione al numero di persone presenti sia all’interno dello stadio, sia all’interno del settore ove si sono verificati i fatti oggetto di deferimento.

Orbene il Collegio ritiene, tuttavia, che ai fini della valutazione della violazione della disposizione di cui all’art. 11, comma 3 del CGS da parte della Società, debba valutarsi in concreto se la Società stessa abbia adottato tutti i mezzi idonei per cercare di evitare l’illecito.

Infatti, come è noto, l’Ordinamento Federale prevede, all’art. 4, comma 3 del CGS FIGC, la responsabilità oggettiva per le Società, per l’operato dei propri sostenitori all’interno del campo di gioco.

A tale generica disposizione si affianca quella di cui all’art. 11, comma 3 del CGS che afferma la responsabilità della Società per l’introduzione di disegni, emblemi e altro recanti espressioni discriminazione.

Orbene, a meno che non si ritenga che la disposizione in questione sia un mero pleonasmo rispetto a quanto già previsto dall’art. 4, comma 3 del CGS FIGC, questo Tribunale sostiene che, nel caso di specie, ricorra, nei confronti delle Società, un’ipotesi di cd. “responsabilità aggravata” sulla falsa riga di quanto previsto per alcune ipotesi tipizzate di responsabilità previste nel codice civile. Com’è noto tale profilo di responsabilità presuppone una presunzione di colpevolezza che ammette, tuttavia, la prova liberatoria qualora si dimostri che il responsabile abbia posto in essere le misure idonee ad evitare il danno; a conforto di tale tesi soccorre l’art. 13 del CGS che ammette espressamente la cd “prova liberatoria” in presenza di almeno tre circostanze ivi indicate. Se è vero che l’art. 13 CGS fa riferimento, ai fini dell’esclusione della responsabilità, esclusivamente alle condotte tenute dai sostenitori delle Società poste in essere in violazione dell’art. 12 CGS (repressione di fatti violenti), il chiaro riferimento ad ipotesi espressamente previste nell’art. 11 CGS - vedasi l’art. 13 comma 1, lett. b) e c) CGS - fa propendere per l’applicazione delle esimenti anche agli illeciti di cui all’art. 11 CGS.

Sotto altro profilo è evidente che le violazioni previste agli artt. 11 CGS e seguenti sono strettamente correlate al positivo obbligo in capo alla Società di adottare tutte le misure idonee per la tutela dell’ordine pubblico, previste dall’art. 62 delle NOIF FIGC, e pertanto, sono riconnesse ad uno specifico obbligo di controllo, la cui correlata sanzione è consequenziale ad una sua specifica violazione, piuttosto che ad una generica responsabilità oggettiva (per la differenza fra responsabilità aggravata - alla quale corrispondono specifici obblighi di responsabilità di vigilanza, controllo e diligenza - e responsabilità oggettiva, vedasi Cass., sez. III, 20 febbraio 2006, n. 3651).

Nel caso di specie, anche sulla scorta della apprezzabili argomentazioni fornite dalla difesa della SS Lazio, il Collegio ritiene non sussistano  i presupposti per ritenere la stessa responsabile della violazione di cui all’art. 11, comma 3, CGS giacché è stato dimostrato che la Società ha posto in essere tutte le misure idonee e previste dalle normative vigenti per garantire efficaci misure di controllo. Vero è, inoltre, che gli adesivi introdotti all’interno dello stadio erano di dimensioni talmente ridotte che, anche usando una particolare diligenza, sarebbero facilmente sfuggite ai controlli degli addetti di sicurezza che, come è stato correttamente osservato, non possono neanche effettuare perquisizioni corporali nei confronti degli spettatori.

In altri termini si ritiene che la Società, come evidenziato dalla difesa, abbia fattivamente posto in essere le condotte di cui all’art. 13, comma 1 lett. a), b) ed e) CGS, in relazione alla gara in questione e che l’introduzione degli stickers di ridotte dimensioni, ad opera fra l’altro di un esiguo – rispetto al numero complessivo di spettatori - gruppo di sostenitori, non potesse essere impedito.

I fattori sopra elencati, tuttavia non possono escludere la responsabilità oggettiva della Società deferita che, ai sensi dell’art. 4, comma 3 risponde, per l’appunto oggettivamente, dell’operato dei propri sostenitori, all’interno del campo di gioco, contrario, ovviamente, ai principi sopra indicati.

La responsabilità oggettiva sopra cennata fa da logico corollario, quale norma di chiusura, al principio secondo il quale, nell’ambito dell’Ordinamento sportivo, le Società, anche in funzione del ruolo propulsivo educativo alle stesse riservato dall’Ordinamento Federale, concorrono, in quanto associate alla FIGC, a realizzare il fine espressamente indicato all’art. 2, comma 5 dello Statuto FIGC secondo il quale “La FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza”.

Responsabilità che sussiste, secondo i parametri tipici della “responsabilità per fatto altrui”, ogni qualvolta venga accertato il nesso  causale fra la condotta contestata e l’evento cagionato posto in essere da altri soggetti – i sostenitori - nei confronti dei quali le Società si accollano il rischio in ragione dell’attività esercitata, senza possibilità di invocare l’assenza di dolo o colpa.

Individuata, pertanto, la norma violata, ritiene il Collegio che la sanzione da affliggere non debba essere vincolata ai rigidi parametri di cui all’art. 11 del CGS, ma può essere parametrata agli ordinari canoni previsti dall’Ordinamento Federale.

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto si ritiene non sussistano i presupposti per infliggere la sanzione della disputa di due giornate a porte chiuse in quanto, in tal modo, verrebbe penalizzata la quasi totalità della tifoseria laziale per il becero comportamento di soli venti persone, subendo un danno economico derivante dalla mancata possibilità di assistere alle gare della propria squadra del cuore, soprattutto per coloro che sono in possesso di abbonamento.

Tale sanzione risulta essere estremamente penalizzante per la parte di tifoseria sana che, di fatto, sarebbe ostaggio dei comportamenti inqualificabili tenuti da pochissimi pseudo tifosi e potrebbe portare al compimento di ulteriori atti emulativi sempre da parte di pochi sprovveduti che potrebbero provare ulteriore soddisfazione nel constatare quanto il loro comportamento sia in grado di condizionare un’intera tifoseria.

Pertanto il Collegio ritiene congrua l’irrogazione della sanzione dell’ammenda pari ad € 50.000,00 (euro cinquantamila/00).

Il dispositivo

Il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare, in parziale accoglimento del deferimento, dispone nei confronti della SS Lazio Spa la sanzione dell’ammenda pari ad € 50.000,00 (euro cinquantamila/00).

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