Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 40 del 21/06/2022

Decisione impugnata: Decisione n. 202/CSA/2021-2022, resa il 15 marzo  202dalla Corte  Sportiva  dAppello Nazionale della FIGC, Sezione Terza, e pubblicata in pari data (in relazione al procedimento avente R.G. n. 228/CSA/2021-2022), con la quale è stato respinto il ricorso promosso dalla suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo Nazionale presso la Lega Nazionale Dilettanti - Divisione Calcio  a 5, adottata con comunicato n. 95del 7 marz2022,  che, nell'accogliere il reclamo della A.S.D. Leonardo Calcio a 5, aveva rimesso gli atti alla Divisione Calcio a 5 per i provvedimenti di competenza finalizzati all’effettuazione della gara Roma 3Z History - Leonardo.

Impugnazione Istanza: A.S.D. 1983 Roma 3Z History / FIGC / A.S.D. Leonardo

Massima: E’ inammissibile per carenza di interesse ad agire il ricorso presentato dalla società avverso la decisione della Corte Sportiva dAppello Nazionale con la quale è stato respinto il ricorso promosso dalla suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo Nazionale presso la LegNazionalDilettanti - Divisione Calcio a 5, che, nell'accogliere il reclamo della controparte aveva rimesso gli atti alla Divisione Calcio a 5 per l’effettuazione della gara, in quanto la gara poi disputata è stata vinta dalla ricorrente…Va preliminarmente ed in via assorbente chiarito che per poter proporre ricorso o resistere in un giudizio la parte deve avervi interesse; come Questo Collegio ha già avuto modo di affermare (cfr. decisione n. 74/2021), l’interesse ad agire - la cui carenza è rilevabile ex officio in ogni stato e grado del giudizio - è definibile quale condizione dell’azione - e quindi relativa ad ogni tipo di azione o impugnazione - diretta al conseguimento di unutilità o di un vantaggio non ottenibile senza l’imprescindibile intervento di un Giudice, nello specifico mediante rimozione o modifica del provvedimento impugnato, al quale viene rivolta la richiesta di tutela. Sono rinvenibili tre caratteristiche fondamentali di tale requisito: i) la natura personale dell’interesse, nel senso che l’ipotetico  risultato  deve  essere  vantaggioso  per  colui  che  propone  il  ricorso;  ii)  l’attualità dell’interesse, ossia che tale condizione debba preesistere alla proposizione del gravame, o quantomeno essere contestuale allo stesso; iii) la concretezza dello stesso, identificabile mediante una valutazione che faccia riferimento ad un pregiudizio concreto verificatosi ai danni del soggetto che esercita l’azione. Orbene, nella odierna vicenda, nessuno dei principi o, recte, dei parametri oggettivi costituenti l’interesse ad agire è configurabile, atteso che, come peraltro la stessa ricorrente afferma in più occasioni, la pronuncia della quale si chiede l’emissione non ha alcuna ricaduta pratica nella vicenda, in quanto la partita rinviata è stata già recuperata ed anche vinta dalla medesima ricorrente, per la qual cosa un eventuale decisione della Sezione non condurrebbe ad alcun beneficio pratico sul punto e né tampoco servirebbe esprimere un principio che è già stato ribadito in altre decisioni proprio di questa Sezione. Vanno ricordate, al riguardo, le decisioni n. 42/2020 e n. 58/2020, che hanno cristallizzato il principisecondcui, nell'ambito dell'ordinamento Italiano, non è dato rinvenire una definizione di forza maggiore, poiché non esiste alcuna norma che descriva in modo esplicito la fattispecie in esame, trattandosi di un concetto a matrice dottrinale e giurisprudenziale che tende a giustificare un inadempimento e/o un comportamento, in presenza dei fatti straordinari ed imprevedibili, estranei alla sfera d'azione del soggetto. Le due caratteristiche che un evento deve avere per essere considerato causa di forza maggiore e, ci, la straordinarietà ed imprevedibilità, sono state descritte dalla giurisprudenza come quei fatti imponderabili, imprevisti e imprevedibili, che esulano del tutto dalla condotta dell'agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell'evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un'azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente e, in tale generale quadro di riferimento, l'eccezionalied imprevedibilidei fatti narrati ed accaduti nella vicenda oggetto di scrutinio (eccessiva ristrettezza dei tempi necessari per l’organizzazione della trasferta, oggettiva mancanza di biglietti per il volo di ritorno in giornata, eccessiva onerosità economica di soluzioni alternative, eccessivi sacrifici personali) possono configurare caso fortuito o forza maggiore, idonei ad escludere la responsabilità, atteso che costituiscono causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l'evento (cfr., Cass. Civ., sez. III, 24 settembre 2015, n. 18877). Ciò posto, in linea anche con lorientamento più recente del Collegio (Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 107/2021, nonché Collegio di Garanzia, Sez. III, decisione n. 110/2021 e Collegio di Garanzia, Sez. III, decisione n. 113/2021) e della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, è utile ribadire che l’interesse ad agire è determinato dalla concreta o attuale lesione di un diritto ovvero dalla potenziallesione che, ancorché futura ed eventuale, deve però necessariamente  presupporre  la  titolari del  diritto  stesso.  La  Suprema  Corte,  infatti,  ha precisato: “l'interesse ad agire, previsto quale condizione dell'azione dall'art. 100 c.p.c., con disposizione che consente di distinguere fra le azioni di mera iattanza e quelle oggettivamente dirette a conseguire il bene della vita consistente nella rimozione dello stato di giuridica incertezza in ordine alla sussistenza di un determinato diritto, va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da un fatto lesivo, in senso ampio, del diritto e consistente in ciò che senza il processo e l'esercizio della giurisdizione l'attore soffrirebbe un danno(Cass., 23 novembre 2007, n. 24434). La dottrina, sul punto, evidenzia che l’interesse ad agire si concreta nella circostanza di fatto che l’attore, senza la tutela giurisdizionale, soffrirebbe un danno, tanto che il provvedimento del giudice rappresenterebbe l’unico strumento per scongiurare questo danno. La situazione non muta se ci si sposta sul piano della tutela amministrativa. È stato, infatti, chiarito in giurisprudenza che le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, la cosiddetta legittimazione ad agire, e l’interesse a ricorrere. La prima consiste nella titolarità di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall'ordinamento, vale a dire la posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal "quisque de populo", di talché non è possibile adire il giudice amministrativo al solo fine di ristabilire la generica legalidell'azione amministrativa, essendo necessaria, per l'appuntola titolaridi una posizione differenziata. L'interesse a ricorrere sussiste laddove vi sia una lesione della posizione giuridica del soggetto, ovvero sia individuabile una concreta utilidellquale esso fruirebbper effettdellrimozione del provvedimento. La ricorrente, proponendo ricorso, aspira unicamente ad avere una pronuncia affermativa di un principio di diritto (peraltro già affermato in precedenti occasioni e, quindi esistente), senza alcun vantaggio pratico e concreto che può ottenere dall'accoglimento dell'impugnativa, dovendosi postulare che l'atto censurato avrebbe dovuto produrre in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio; la lesione da cui deriva, ex art. 100 c.p.c., l'interesse a ricorrere deve costituire una conseguenza immediata e diretta del provvedimento dell'Amministrazione e dell'assetto di interessi con esso introdotto, deve essere concreta e non meramente potenziale e deve persistere al momento della decisione del ricorso (Cons. Stato, Sez. II, n. 4233 del 20 giugno 2019). Nulla di quanto innanzi è rinvenibile nella vicenda de qua. La giurisprudenza è pacifica, inoltre, nell'affermare chnel giudizio amministrativo, in linea di principio, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l'azione popolare (ad esempio, il giudizio elettorale sull'elezione degli organi politici), non è consentito adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimi dell'azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi propone il ricorso (Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2018, n. 389). Dunque, l’accertamento dell’interesse ad agire comporta, anzitutto, l’accertamento dell’idoneidella pronuncia a spiegare un effetto utile alla parte istante rispetto allo specifico bene della vita dedotto nel petitum. Et de hoc satis. In giurisprudenza, è stato affermato il principio, che questo Collegio ha ritenuto (cfr., Collegio di Garanzia, Sez. III, decisione n. 61/2018; conf., Sez. I, decisione n. 56/2018) e ritiene mutuabile anche nella presente sede, che il giudice, in qualsiasi stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui la legge subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito, né l'eventuale inerzia di una delle parti in causa, nel rilevare una questione rilevabile d'ufficio, lo priva dei relativi poteri-doveri officiosi, atteso che la legge non prevede che la mancata presentazione di parte di un'eccezione processuale degradi la sua rilevabilid'ufficio in irrilevabilità, che equivarrebbe a privarlo dell'autonomo dovere di verifica dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione(Consiglio di Stato, Sez. V, 6 settembre 2017, n. 4215, ma si veda anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303; Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4157; Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 febbraio 2013, n. 1094; Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 settembre 2017, n. 4196). Lart. 100 del codice di procedura civile, pacificamente applicabile al giudizio innanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport in virtù del rinvio esterno di cui all’art. 2, comma 6, CGS (“Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attiviai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalidei procedimenti di giustizia sportiva), è, peraltro, esplicito nello stabilire che per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse(l’art. 100 c.p.c. è richiamato anche da Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione, n. 5/2016).

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 69 del 30/08/2021

Decisione impugnata: Decisione n. 108/CSA/2020-2021 della Corte Sportiva di Appello della FIGC, che ha dichiarato inammissibile il reclamo presentato dalla medesima società avverso la decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A, di cui al C.U. n. 194 del 23 febbraio 2021, con la quale è stata inflitta, a carico del sig. G.P. G., allenatore dell’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., la sanzione della squalifica per una giornata effettiva di gara e l’ammenda pari ad € 15.000,00, in relazione alla gara del Campionato di calcio di Serie A Atalanta - Napoli del 21 febbraio 2021.

Impugnazione Istanza: Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Per carenza di legittimazione attiva, è inammissibile il ricorso proposto dalla società al Collegio di Garanzia avverso la decisione della CSA che aveva dichiarato inammisssible l’impugnazione della società avverso la decisione del Giudice Sportivo che aveva inflitto, in relazione alla gara del Campionato di calcio, la sanzione della squalifica per una giornata effettiva di gara e l’ammenda pari ad € 15.000,00 all’allenatore ritenendo l’ammenda sanzione accessoria rispetto alla sanzione principale quella della squalifica per una gara non impugnabile ai sensi dell’art. 74, comma 8, CGS FIGC….Giovaricordare che il Codice della Giustizia Sportiva del CONI rimanda, in relazione ai principi da applicare al processo sportivo, alle norme del Codice di procedura civile in quanto compatibili (cfr. art. 2, comma 6, CGS CONI) e tale codificazione è stata più volte ribadita all’interno della giurisprudenza di Questo Collegio. Orbene, proprio partendo da tale assunto è chiaro ed evidente che il gravame proposto, al netto dei principi di diritto che Questo Collegio comunque ritiene di dover affermare, è inammissibile e tanto perché in tema di titolarità dell’azione e della legittimazione attiva il ricorso doveva essere promosso non già dall’Atalanta quanto dall’allenatore G.; invero, la sanzione impugnata spiega la sua afflittività nella sfera dei diritti dell’allenatore e non della squadra, trattandosi di una sanzione pecuniaria (l’ammenda) di euro 15.000,00 (quindicimila/00) a carico dell’allenatore e non della società. L'istituto della "legittimazione ad agire" si iscrive nella cornice del diritto all'azione, il diritto di agire in giudizio. L'azione a tutela del diritto costituisce momento essenziale di un ordinamento, perché solo per essa si può parlare di giuridicità dell'ordinamento. Se un diritto non è tutelabile, non è un diritto. Il nostro ordinamento riconosce, e pone a fondamento del suo essere, il diritto all'azione nel Codice civile e nella Costituzione. L'art. 2907 c.c., intitolato "Attivigiurisdizionale", che, all'interno del libro VI, dedicato alla "Tutela dei diritti", apre il Titolo "Della tutela giurisdizionale dei diritti", afferma: "alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria su domanda della parte". L'art. 24 della Costituzione dichiara: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". La legittimazione ad agire serve ad individuare la titolarità del diritto ad agire in giudizio. Ragionando ex art. 81 c.p.c., per il quale, "fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui", essa spetta a chiunque faccia valere nel processo un diritto assumendo di esserne titolare. Secondo una tradizionale e condivisibile definizione, la parte è il soggetto che in proprio nome domanda o il soggetto contro il quale la domanda, sempre in proprio nome, è proposta. Sul punto la giurisprudenza della Cassazione, peraltro a Sezioni Unite, ha avuto modo di affermare come “la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Cosa diversa dalla titolarità del diritto ad agire è la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio. La relativa questione attiene al merito della causa” (Cass. Civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951), chiarendo che la relativa questione può essere rilevata dufficio (come nel caso di specie) anche in assenza della costituzione del convenuto, atteso che “il giudice può rilevare dagli atti la carenza di titolarità del diritto anche d'ufficio. La contumacia del convenuto non vale a rendere non contestati i fatti allegati dall'altra parte, né altera la ripartizione degli oneri probatori e non vale in particolare ad escludere che l'attore debba fornire la prova di tutti i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio.” (Cass. Civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951). Milita, infine, nella direzione prospettata anche il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC e, in particolare, l’art. 49, laddove espressamente si prevede che “sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo stesso. Per i ricorsi o i reclami in ordine allo svolgimento di gare, sono titolari di interesse diretto soltanto le società e i loro tesserati che vi hanno partecipato. Anche la lettura di questa norma, raccordata con i principi innanzi esposti, dimostra come la titolarità del diritto dazione era in capo all’allenatore G.e non già all’Atalanta.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda: Decisione n. 9/2021 del 20 gennaio 2021

Decisione impugnata: Decisione della Corte Sportiva d'Appello Territoriale del CRL del 31 maggio 2019, pubblicata, quanto al dispositivo, sul Comunicato Ufficiale FIGC-LND CRL n. 443 di pari data, e, quanto alle motivazioni, sul Comunicato Ufficiale FIGC-LND CRL n. 478 del 2 luglio 2019, con la quale, in parziale accoglimento del ricorso della Società, è stata ridotta fino al 30 settembre 2021 la squalifica a carico del calciatore M. C., originariamente irrogata dal Giudice Sportivo della Delegazione Provinciale di Roma (con Comunicato Ufficiale n. 169 SGS dell’11 aprile 2019) fino al 31 dicembre 2021, e confermata per il resto l’applicazione delle misure amministrative disposte dalla FIGC con il Comunicato Ufficiale n. 104 del 17 dicembre 2014.

Parti: ASD Polisportiva Tirreno/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti

Massima: Non sussiste la carenza di legittimazione ad agire da parte della società anche nell’interesse del calciatore non più tesserato per la stessa, per l’annullamento della sanzione a questi inflitta, la cui condotta nei confronti dell’arbitro ha comportato anche la sanzione a carico della società stessa. La delibera impugnata, infatti, oltre ad aver ribadito - seppur riducendola - la squalifica al calciatore  M.  C.,  ha  conseguentemente  confermato,  nei  confronti  della  Società, “l’applicazione delle misure amministrative disposte dalla FIGC con il C.U. n. 104 del 17/12/2014”. Tali “misure amministrative” altro non sono che delle sanzioni pecuniarie che vengono inflitte alle società i cui tesserati “incorr(o)no, per condotte violente ai danni degli Ufficiali di Gara (…), nelle sanzioni definitive” riportate nel relativo comunicato, tra le quali anche quella inflitta al calciatore M. C.. Per tale ragione, è evidente che la Società, nel domandare l’annullamento della squalifica del (suo ex) calciatore, ha comunque perseguito anche un proprio interesse, consistente, per l’appunto, nell’annullamento della sanzione pecuniaria inflittale. Nel caso di specie, dunque, la Società può ritenersi “titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale” (cfr. art. 6, comma 2, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI - di seguito, “CGS-CONI”) e, in quanto tale, legittimata ad impugnare la delibera oggetto di causa.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezione Prima: Decisione n. 01 del 08/01/2018 – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale della Sicilia, presso il Comitato Regionale Sicilia, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 419 dell’11 maggio 2017, la quale, a conclusione del procedimento n. 171/A (promosso dalla A.S.D. Polisportiva Castelbuono avverso  la  declaratoria  di  inammissibilità  del  reclamo  proposto innanzi  al  Giudice  Sportivo Territoriale presso il Comitato Regionale Sicilia Lega Nazionale Dilettanti - con riferimento alla gara del campionato di Eccellenza, girone A, Sportclub Marsala 1912 s.r.l. / A.S.D. Polisportiva Castelbuono del 23.4.2017), ha accolto il gravame e, in riforma della decisione impugnata, ha modificato il risultato della gara conseguito sul campo, applicando alla Sportclub Marsala 1912 s.r.l. la sanzione sportiva della perdita della gara con il punteggio di 0-3

Parti: A.S.D. Mussomeli - A.S.D. Sport Club Nissa 1962/Lega Nazionale Dilettanti/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: E’ inammissibile al Collegio di Garanzia, per carenza di legittimazione ad agire, il ricorso proposto dalle società terze portatrici di un interesse in classifica, rispetto a quelle che hanno disputato la gara e finalizzato ad annullare la decisione della Corte Sportiva d’Appello ed a ripristinare il risultato conseguito sul campo. L’art. 54, comma 2, del C.G.S. del CONI prevede la facoltà di proporre ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport soltanto alle parti nei confronti delle quali è stata pronunciata la decisione, nonché alla Procura Generale dello Sport. Nel caso che ci occupa, la decisione impugnata non è stata resa nei confronti delle odierne ricorrenti, bensì, nei soli confronti di altre società e tanto basta per escludere la legittimazione ad agire delle ricorrenti. Tale limite nemmeno può essere superato dal richiamo operato dalle ricorrenti al disposto di cui all'art. 6 del C.G.S. del CONI, all’art.100 c.p.c. ed al principio pacificamente affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo il quale “l’interesse ad agire, essendo una condizione dell’azione, deve essere accertato con riferimento al tempo della decisione”. Infatti, quest’ultima ipotesi presuppone, in ogni caso, un’azione esercitata in un momento in cui l’interesse non era attuale, ma che diventa tale al tempo della decisione. Il sistema processuale sportivo, così come delineato dal C.G.S. del CONI nell’ambito della sua autonomia, riconosciuta dall’art.1 del D.L. n. 220 del 19.8.2003, convertito con legge n. 280 del 17.10.2003, quale “giustizia associativa”, prevede per i soggetti titolari di una situazione giuridicamente protetta la sola possibilità di intervenire nel giudizio dinanzi al Tribunale Federale, mentre,  diversamente  da  quanto  previsto  dall’ordinamento  giuridico  della  Repubblica,  non contempla la possibilità dell’opposizione di terzo come, appunto, previsto dall’art. 404 c.p.c. Pertanto, anche in considerazione dell’interpretazione costituzionalmente orientata del citato articolo 1 del D.L. 220/2003 (Cort. Cost., 11.2.2011, n. 49), il terzo che sia rimasto estraneo al giudizio sportivo, poiché privo della tutela impugnatoria, potrà soltanto agire dinanzi al Giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, per far valere esclusivamente pretese risarcitorie (TAR Lazio, Roma, Sez. III, 11.12.2012, n.10304), sempreché, ovviamente, siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica (Cons. St., Sez. VI, 20.11.2013, n. 5514; 20.6.2013, n. 3368).

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Prima Sezione: Decisione n. 35 del 08/05/2017 – www.coni.it

Decisione impugnata: decisione della Corte Sportiva d’Appello, resa con dispositivo n. 045/CSA dell’ 1 dicembre 2016 e pedissequa sentenza n. 063/CSA del 12 gennaio 2017

Parti: - A.S.D. S.S. Lazio Calcio a 5/Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)/ Lega Nazionale Dilettanti/ Divisione Calcio a 5 FIGC-LND/A.S.D. Pescara

Massima: Per quel che concerne la legittimazione a stare in giudizio della Lega Nazionale Dilettanti, occorre preliminarmente considerare che questa non ha spiegato, sotto il profilo squisitamente processuale, un intervento, bensì ha proposto una memoria di costituzione, ai sensi dell’art. 60, comma 1, CGS, essendo stata evocata in giudizio dalla parte ricorrente. Occorre pure sottolineare che il fatto che la LND – Divisione Calcio a 5 non fosse stata parte dei precedenti gradi di giudizio non è argomento risolutivo circa la sua legittimazione a partecipare al giudizio innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, atteso che il procedimento endofederale si svolge normalmente nel solo contraddittorio tra le contrapposte società ed è, quindi, soltanto innanzi all’Organo di giustizia estraneo alla Federazione che emerge la legittimazione delle Federazioni sportive. Circa la LND, tuttavia, non può non considerarsi che questa non è un’articolazione della FIGC, bensì un organismo di creazione convenzionale cui le società sportive affidano la regolamentazione delle loro  relazioni sportive ed alcuni poteri di rappresentanza anche presso la stessa Federazione, che dunque costituisce entità distinta dalle diverse Leghe a latere costituite. Lo stesso Statuto della FIGC prevede, infatti, all’art. 9, la formazione di una o più associazioni la cui denominazione sociale, in qualunque modo espressa, deve contenere l’indicazione “lega” ovvero “lega nazionale dilettanti”; il medesimo articolo prevede, altresì, la nomina di un Presidente e l’approvazione, da parte della FIGC, dello Statuto regolante il funzionamento della Lega. La FIGC demanda alle Leghe perfino l’organizzazione dell’attività agonistica e attribuisce alla Lega la rappresentanza per la stipula degli accordi di lavoro. Seguono altre prerogative delle Leghe che non lasciano dubbi sulla loro autonomia rispetto alla FIGC. Sempre lo Statuto della FIGC prevede la costituzione della Lega Nazionale Dilettanti (cfr. art. 10), con caratteristiche analoghe a quelle disciplinate più in generale all’art. 9 per le Leghe. Ne consegue che la LND è a sua volta organismo autonomo rispetto alla FIGC, come si rileva anche dalla normativa di controllo cui è assoggettata (cfr. citato art. 9). Tutto ciò spiega perché, anche in giurisprudenza (Cass., SS.UU., 18 marzo 1999, n. 154), spesso si definiscano le Leghe come organi della Federazione ma, sotto il profilo squisitamente giuridico, le stesse sono associazioni privatistiche di cui la Federazione si serve per il raggiungimento delle proprie finalità (cfr., anche per i riferimenti giurisprudenziali, M. Sanino  - F. Verde “ Il Diritto Sportivo”, CEDAM,  Padova, 2015, pag. 175 e ss.). La questione, dunque, della legittimazione a stare in giudizio della LND – Divisione Calcio a 5, in termini generali, va risolta positivamente, salvo, ovviamente, valutare se la materia di cui si discute investa interessi effettivamente riconducibili alla Lega. Nel caso che ci occupa si sarebbe potuta configurare una piena legittimazione se fosse stata oggetto di impugnazione la Circolare n. 017 del 21/09/2016, circolare che, pervero, viene invocata in particolare dalla FIGC, ma che non viene impugnata da parte della società, né in questo grado di giudizio, né nei precedenti; pertanto, nello specifico del giudizio che qui occupa, deve escludersi la sussistenza di un interesse alla contraddizione, secondo il principio di cui all’art. 100 c.p.c., ma non è da escludere la possibilità di un intervento adesivo, atteso che, come già detto, la questione devoluta all’esame del Collegio di Garanzia, pur non comportando una pronuncia di merito in relazione alla Circolare n. 017 del 21/09/2016, implica una valutazione sulla rilevanza di tale atto della Lega Nazionale Dilettanti – Divisione Calcio a 5. Del resto, anche ai soli fini dell’interpretazione di una norma endofederale, non può escludersi in radice un interesse - nell’ambito di materie conseguentemente disciplinate dalle Leghe – al contraddittorio di queste ultime. Si pone, pertanto, la questione se innanzi il Collegio di Garanzia dello Sport, in disparte il caso di legittimazione passiva in senso stretto, come appena descritto, possa riceversi, processualmente parlando, un intervento adesivo, ex art. 105, comma 2, c.p.c. Sotto questo ultimo aspetto non sembra revocabile in dubbio che non vi è nel Codice della Giustizia Sportiva del CONI, alcuna previsione specifica disciplinante l’intervento adesivo, ma è pur vero che sussiste la norma generale di rinvio di cui all’art. 2, comma 6, CGS. Ne consegue che, ad avviso di questo Collegio, la Lega Nazionale Dilettanti – Divisione Calcio a 5, non solo può essere legittimata attiva (cfr. art. 6, CGS CONI) e passiva rispetto al ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, ma, quando tale legittimazione non dovesse configurarsi alla stregua dei principi di cui al codice di rito, nondimeno non sussisterebbero preclusioni per il dispiegamento, da parte sua, per un intervento adesivo, ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.c. Ovviamente, non si sconosce che è in atto una profonda riflessione sulla opportunità di mantenere in vita, con una loro specifica autonomia, taluni organismi formatisi a latere delle Federazioni, ma ciò, oltre a non essere ancora oggetto di apposite disposizioni, non sembra riguardi direttamente le Leghe, quanto piuttosto le articolazioni Regionali, Provinciali, ecc., di una stessa Federazione, articolazioni che, attualmente e legittimamente, promuovono regolamenti in relazione alle competizioni da loro organizzate (e che, in effetti, trovano dignità proprio nella eccezione di cui appresso si dirà, a proposito dell’art. 19, comma 11, punti 1 e 3, CGS FIGC).

 

 

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