F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE – SEZIONE III – 2016/2017 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. n. 65/ CSA del 18 Gennaio 2017 (motivazioni) con riferimento al C.U. n. 064/CSA del 21 Dicembre 2016 (dispositivo) RICORSO POL. D. SAMMICHELE AVVERSO DECISIONI MERITO GARA BARLETTA/POL. D. SAMMICHELE DEL 01.11.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 287 del 02.12.2016)
RICORSO POL. D. SAMMICHELE AVVERSO DECISIONI MERITO GARA BARLETTA/POL. D. SAMMICHELE DEL 01.11.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 287 del 02.12.2016)
Il 9.12.2016 la Pol. D. Sammichele presentava ricorso avverso delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 287 del 02.12.2016 – con il quale chiedeva di riformare la pronuncia del Giudice di prime cure ex art. 36 bis, comma 4, Cgs e omologare il risultato conseguito sul campo e di cui al referto arbitrale, ossia con il punteggio di 1-2 in favore della reclamante. In primo grado, nello specifico, il Barletta Calcio a 5 aveva domandato di accertare la posizione irregolare del calciatore Antonio Gargano, tesserato della Pol. D. Sammichele e, segnatamente, accusava quest’ultima di non aver rispettato l’obbligo di impiegare l’esatto numero di giocatori previsti dalla regola riguardante il limite di partecipazione dei calciatori ad un gara del Campionato Nazionale Serie A2, contenuta nel Com. Uff. n. 1 della Divisione Calcio a Cinque 2016/2017 del 5.7.2016, la quale prevede l’impiego di almeno 6 calciatori, di cui almeno 1 nato successivamente al 31.12.1994, che siano stati tesserati per la FIGC prima del compimento del 18° anno di età. In questa prospettiva il Barletta C5 affermava che nella distinta di gara presentata dalla Pol. D. Sammichele era stato inserito il calciatore Antonio Gargano, nato il 20.9.1991 e tesserato per la FIGC il 27.9.2010 dopo il 18° anno di età e che, in base a tutti i parametri previsti nel regolamento riguardante il limite di partecipazione summenzionato, non aveva pertanto i requisiti per poter prendere parte alla gara in oggetto. Chiedeva così di accertare la posizione irregolare del Gargano e di non omologare il risultato conseguito sul campo, attribuendo al Barletta Calcio a 5 la vittoria c.d. a tavolino (0-6). Il Giudice Sportivo, diversamente, affermava in delibera che «dall’esame della distinta dei calciatori della Pol. Sammichele presentata dall’arbitro, e dagli accertamenti esperiti presso l’ufficio tesseramenti, risulta corretto l’impiego di sei calciatori tesserati presso la F.I.G.C. prima del compimento del 18° anno di età, dei quali uno nato prima del 31.12.1994. Non risulta soddisfatto invece il secondo requisito che prevede l’ulteriore impiego di tre calciatori che siano cittadini italiani, dei quali uno nato prima del 31.12.1994; in quanto carente proprio della presenza di quest’ultimo»; in conseguenza accoglieva il ricorso, comminando alla società Pol. Sammichele la punizione sportiva della perdita della gara con il punteggio di 0-6. A tale pronuncia si è opposta la ricorrente, la quale denuncia la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., in quanto – va ribadito – il Barletta Calcio a 5 aveva posto all’attenzione del Giudicante di prime cure esclusivamente la posizione del calciatore Antonio Gargano, individuata come thema decidendum in ricorso, là dove, invece, il 4 Giudice sportivo aveva rivolto attenzione e svolto ulteriori indagini sulla regolarità del tesseramento di altri calciatori. Tanto premesso, questa Corte ritiene dirimente la questione, sollevata dalla reclamante, inerente al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Gli organi di giustizia sportiva, in applicazione del principio di autonomia dell’ordinamento sportivo – quale declinazione del superiore principio costituzionale di sussidiarietà, enucleato all’art. 118 cost. – sono tenuti ad adottare, in combinato disposto tra loro, le normative interne federali e le disposizioni di diritto comune. Segnatamente, per il ricorso che occupa, le coordinate normative vengono individuate nell’art. 112 c.p.c. – letto alla luce dell’art. 1, comma 2, C.G.S. FIGC e dell’art. 2, commi 2 e 6, C.G.S. CONI –, nell’art. 29, comma 8, C.G.S. FIGC e, infine, negli artt. 3 e 111 cost. L’art. 1, comma 2, C.G.S. FIGC dispone che «per tutto quanto non previsto dal presente Codice, si applicano le disposizioni del Codice della giustizia sportiva emanato dal CONI», il quale a sua volta stabilisce all’art. 2, commi 2 e 6, (C.G.S. CONI), che «Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo», e che (comma 6, C.G.S. CONI) «per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva». Da qui l’applicabilità, anche ai procedimenti sportivi, del disposto di cui all’art. 112 c.p.c.: «Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti». Orbene, come è consolidata opinione in letteratura e giurisprudenza, è compito del giudice interpretare la domanda proposta, rintracciando, mediante la valutazione delle allegazioni presentate e delle affermazioni delle parti, gli elementi costitutivi di quest’ultima e limitandosi ad essi. Se, per un verso, è vero che: - il Giudice non è necessariamente vincolato alle espressioni letterali utilizzate dalle parti, ma deve indagare e considerare il contenuto sostanziale della domanda (Cass., n. 13049/2016; Cass. n. 23669/2014; Cass. n. 27940/2013; Cass. n. 18783/2009), come ricavabile, ad esempio, dalle argomentazioni (in fatto e in diritto) contenute nell’atto introduttivo o negli atti defensionali successivi, dai mezzi istruttori offerti, dalle precisazioni compiute nel corso del giudizio (Cass., Sez. un., n. 27/2000; Cass. n. 16783/2006; Cass. n. 8879/2000); - in considerazione del tradizionale principio iura novit curia (sancito dall’art. 113 c.p.c.), il giudice non è vincolato né alla qualificazione giuridica dei fatti allegati offerta dalle parti (Cass. n. 9590/2013; Cass. n. 6757/2011; Cass. n. 5442/2006; Cass. n. 9570/2005; Cass. n. 17610/2004; Cass. n. 7931/2000), né alle argomentazioni giuridiche da queste sostenute (Cass. n. 6891/2005); per altro verso, è altrettanto vero, e va rimarcato, che l’interpretazione e il potere di indagine del giudice (segnatamente, nel nostro caso, in materia “sportiva”) non può spingersi sino a configurare una domanda difforme, nel petitum o nella causa petendi, da quanto espressamente dedotto ed allegato dalle parti (Cass. n. 8519/2006; Cass. n. 15802/2005; Cass. n. 10922/2005; Cass. n. 6891/2005; Cass. n. 5954/2005; Cass. n. 22987/2004). Ne deriva che è fondata la questione sollevata dalla ricorrente, in quanto i poteri del Giudice Sportivo sono espressamente enucleati dall’art. 29, comma 8, lett. a) C.G.S., il quale afferma che «il procedimento è instaurato, d’ufficio, sulla base delle risultanze dei documenti di gara» ovvero [lett. b)] «sul reclamo» e non, dunque, su ulteriori indagini svolte dal Giudice di prime cure autonomamente. Va inoltre sottolineato che, qualora il potere di indagine del Giudice sportivo fosse esteso a situazioni non dedotte in reclamo, si correrebbe il rischio di generare aperti contrasti con l’art. 3 cost. Più chiaramente, l’azione di indagine del giudice dovrebbe compiersi d’ufficio non soltanto con riguardo al singolo ricorso portato alla sua attenzione, come nel caso di specie, ma dovrebbe estendersi, di volta in volta, sempre, a tutti i sodalizi e per tutti gli incontri, a prescindere dal contenuto del reclamo, posta la frequenza – inevitabile – di fattispecie controverse inerenti a potenziali ipotesi di irregolare posizione di calciatori tesserati. Attività, quella di indagine, che tra l’altro non compete propriamente al giudice sportivo, ma alla procura federale. 5 A parere di questo Collegio, dunque, un’estensione senza limiti (rectius: incontrollata) del potere di indagine del giudice potrebbe determinare una disparità di trattamento in casi analoghi su tutto il territorio nazionale; eventualità che, a prescindere dalla bontà dell’attività svolta dal giudice di primo grado nel caso in esame, non può essere sostenuta o addirittura incentivata. Sotto il profilo strettamente processuale e di legittimità dell’azione del Giudice sportivo, non va poi trascurato il fatto che, pur tenendo conto che il reclamo copra tanto il dedotto quanto il deducibile, perché il Giudicante possa pronunciarsi su una questione non rilevata dalle parti, è essenziale che questa sia introdotta quale argomento di discussione processuale. Diversamente, verrebbe vulnerato tanto il diritto di difesa, quanto il principio del contraddittorio e della parità delle armi tra le parti, condizioni imprescindibili per ogni procedimento che voglia dirsi “giusto” (art. 111 cost.). Da quanto portato all’attenzione di questa Corte non risulta che la reclamante Sammichele abbia potuto controbattere ai nuovi argomenti introdotti in primo grado, dal momento che la posizione irregolare di altro calciatore, oltre quella del Gargano, non è stata sollevata né nel reclamo dal Barletta Calcio a 5, né ha formato oggetto di discussione tra le parti. Per questi motivi la C.S.A., in accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società Pol. D. Sammichele di Sammichele di Bari (Bari), annulla la sanzione inflitta rispristinano il risultato conseguito sul campo di 1-2 in favore della reclamante. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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