F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione I – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 094/CSA del 08 Marzo 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 060/CSA del 22 Dicembre 20016 (dispositivo) – RICORSO S.S.D. RES ROMA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 4 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA ALLA CALC. VANESSA NAGNI SEGUITO GARA RES ROMA/COMUNALE TAVAGNACCO DEL 03.12.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Calcio Femminile – Com. Uff. n. 36 del 07.12.2016)
RICORSO S.S.D. RES ROMA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 4 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA ALLA CALC. VANESSA NAGNI SEGUITO GARA RES ROMA/COMUNALE TAVAGNACCO DEL 03.12.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Calcio Femminile – Com. Uff. n. 36 del 07.12.2016)
Con reclamo del la SSD Res Roma impugnava il provvedimento del Giudice Sportivo della LND di cui al Com. Uff. n. 36 del 7.12.2016 con il quale, a seguito della gara svoltasi a Roma in data 3.12.2016 contro la Comunale Tavagnacco - era stata irrogata alla calciatrice Vanessa Nagni la sanzione della squalifica per quattro gare effettive per comportamento gravemente scorretto nei confronti dell’allenatore della squadra avversaria e per aver sputato contro l’allenatore della squadra avversaria colpendola alla maglia.
A sostegno dell’impugnazione la reclamante deduceva una serie di motivi che possono così riassumersi: a) erronea qualificazione dei fatti e conseguente erronea quantificazione della squalifica. In particolare sul punto si sosteneva che nel corso di una gara che dopo il risultato del pareggio aveva visto accendersi i toni con un diffuso nervosismo tra le due squadre, l’atleta Nagni riceveva una spinta al volto da parte dell’allenatore avversario alla quale essa reagiva con analogo colpo. A seguito della conseguente espulsione di entrambi durante la fase di uscita dal campo, perdurando le provocazioni dell’allenatore avversario, l’atleta reagiva con uno sputo. E tuttavia l’errore nella qualificazione dei fatti operata dal giudice risiederebbe, secondo la reclamante, non già nell’aver ricostruito il fatto in sé sulla base del referto arbitrale, quanto piuttosto nell’aver omesso di “contestualizzare” i fatti per valutare il comportamento specie alla luce delle provocazioni subite dall’atleta. Quanto alla sanzione l’errore risiederebbe nella maggiore sanzione inflitta all’atleta rispetto a quella che sanzionava l’allenatore. La sanzione, a dire della reclamante, dovrebbe essere pertanto rideterminata tenendo conto, anche alla luce di precedenti giurisprudenziali in tal senso, degli elementi di contesto; b) In ogni caso sosteneva la reclamante la condotta dell’atleta dovrebbe essere inquadrata nella fattispecie di comportamento antisportivo e non sotto quella di comportamento violento; c) chiedeva altresì che, indipendentemente dalla valutazione fattuale dovrebbe considerarsi il profilo dell’attenuante della provocazione, incidente nella misura della sanzione.
La reclamante chiedeva, pertanto, la rideterminazione della sanzione al minimo edittale. Il reclamo non merita accoglimento.
Invero l’affermazione contenuta nel ricorso secondo cui il comportamento dell’atleta Nagni sarebbe stato in qualche misura frutto di una reazione non trova riscontro alcuno nel referto arbitrale nel quale si legge che l’allenatore del Tavagnacco aveva spinto una giocatrice della Res Roma facendola indietreggiare di due metri ma senza indicazione del nominativo dell’atleta. In altri termini la tesi della difesa della reclamante secondo cui l’atleta oggetto della spinta da parte dell’allenatore sarebbe stata proprio la Nargni la quale poi avrebbe reagito non trova riscontro nel referto di gara e non consente in alcun modo di valutare diversamente la posizione della Nargni. Ma, in ogni caso, anche a voler ammettere che l’allenatore avversario avesse effettivamente spinto la Nargni il comportamento di quest’ultima rimarrebbe sotto ogni profilo censurabile per via dell’inammissibile, successivo, “sputo” nei confronti dell’allenatore, gesto che non può che essere qualificato, come correttamente ha fatto il giudice di prime cure, come integrante gli estremi della condotta violenta per via della volontaria lesione della dignità della persona che essa arreca e che appare non meno grave della lesione alla integrità fisica.
Per questi motivi la C.S.A. respinge il ricorso come sopra proposto dalla società S.S.D. Res Roma di Roma.
Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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