F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione II – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 113/CSA del 11 Aprile 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 059/CSA del 22 Dicembre 2016 (dispositivo) – RICORSO U.S. CREMONESE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 4 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL CALC. MORO DAVIDE SEGUITO GARA LUCCHESE/CREMONESE DELL’8.12.201 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico Com. Uff. n. 95/DIV del 9.12.2016)

RICORSO U.S. CREMONESE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 4 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL CALC. MORO DAVIDE SEGUITO GARA LUCCHESE/CREMONESE DELL’8.12.201 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico Com. Uff. n. 95/DIV del 9.12.2016)

In data 15.12.2016, la U.S. Cremonese proponeva reclamo avverso la sanzione della squalifica per 4 giornate effettive di gara inflitta al calciatore Davide Moro «per comportamento offensivo e minaccioso verso l’arbitro» a seguito della gara Luccehese-Cremonese dell’8.12.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico Com. Uff. n. 95/DIV del 9.12.2016). Da quanto emerge dal rapporto dell’arbitroche come noto costituisce prova privilegiata circa il comportamento tenuto dai tesserati durante lo svolgimento delle gare (art.

35.1.1. CGS) il Moro veniva espulso, durante il primo tempo, a seguito della segnatura della rete della squadra avversaria, in quanto, mentre l’arbitro tornava al centro del terreno di gioco, proferiva frasi irriguardose nei suoi confronti. Il tesserato, altresì, al termine della prima frazione, attendeva l’arbitro nel tunnel che portava agli spogliatoi e, incrociato quest’ultimo, proferiva parole del tipo

«ora tu mi devi spiegare perché mi hai cacciato, me lo devi proprio spiegare». Davanti al silenzio del direttore di gare il Moro continuava ad inveire contro di lui usando turpiloquio e minacciando quest’ultimo con frasi del tipo «scrivi, scrivi così poi ti denuncio». Nel frattempo cercava di avvicinarsi a costui, ma veniva fermato da un compagno di squadra e da un dirigente. Lo stesso, al termine della gara, mentre l’arbitro rientrava nello spogliatoio della Società Cremonese e da lontano nuovamente inveiva contro di lui.

Nel rapporto del commissario di campo è altresì segnalata in particolare la reazione, al termine della prima frazione, del Moro, il quale tentava di avvicinarsi al direttore di gara e veniva trattenuto a forza da altri giocatori e dirigenti della Cremonese.

La reclamante, nei motivi del ricorso, afferma che, dopo la segnatura della rete, il MORO non avrebbe fatto altro che portare il pallone a centrocampo per una pronta ripresa; che l’arbitro avrebbe udito, probabilmente, parole pronunciate da altro soggetto; e che i fatti contestati si sono svolti in un contesto unitario, in quanto si sostanzierebbero in richieste di chiarimento in merito all’episodio dell’espulsione. La ricorrente ribadisce, inoltre, che il Moro non avrebbe commesso atti violenti, richiamandosi anche al contegno e alla professionalità del calciatore durante la sua carriera. Allega in merito curriculum sportivo del tesserato ed una serie di articoli di giornali (on line) per suffragare le proprie deduzioni. Chiede in definitiva, sostenendo l’erroneità nella qualificazione dei fatti contestati e l’incongruità della sanzione, di ridurre quest’ultima in ragione di quanto documentato. Ad avviso di questa Corte, il reclamo non ha fondamento, in quanto va confermata la rilevanza disciplinare degli addebiti refertati. Oltre il comportamento irriguardoso tenuto sul terreno di giuoco, l’aver fronteggiato l’arbitro si palesa quale una chiara violazione dell’obbligo di rigoroso rispetto incondizionatamente dovuto al direttore di gara in virtù del ruolo e della missione istituzionale a lui affidati. Parimenti, il tentativo di avvicinarsi in modo aggressivo all’arbitro rappresenta un atteggiamento in chiara distonia rispetto ai valori che governano l’ordinamento sportivo: la puntuale cura dell’obbligo di contenere i propri impulsi emotivi onde evitare che questi ultimi possano degenerare, come nel caso di specie, in scomposte e irriguardose, se non addirittura violenti, reazioni di protesta, costituisce un comportamento assolutamente esigibile da ogni calciatore, tanto più se professionista (Cfr., in questa prospettiva, Corte sportiva d’appello, Sez. un., in Com. Uff. FIGC, 15.4.2016, n. 114/CSA).

Ciò premesso, in ordine alla misura della sanzione inflitta, la Corte ritiene che tutti gli episodi refertati non siano ascrivibili al medesimo contesto spazio-temporale, poiché posti in essere non in sequenza ma a distanza di tempo: durante l’incontro (con riferimento all’espulsione), al termine della prima frazione di giuoco e al termine della gara, ossia in maniera ripetuta e dunque non scusabile. La giurisprudenza sportiva, infatti, considera circostanza aggravante la c.d. reiterazione. Essa ricorre quando la condotta sanzionata è reiterata, anche se in un breve arco di tempo, o quando, soprattutto, gli avvenimenti sanzionati non siano tra loro astretti dal vincolo della continuazione. Qualora in vero sia rilevabile «un apprezzabile iato che scinda inequivocabilmente la eventuale continuità» (cfr. Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 13 luglio 2011, n. 10/CGF; nonché, Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 21 dicembre 2011, n. 130/CGF e Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 13 giugno 2012, n. 292/CGF), non è dunque possibile configurare un unicum fenomenologico, come nel caso di specie, posto il lasso temporale maturato tra un episodio ed un altro.

Per questi motivi, la C.S.A., respinge il ricorso come sopra proposto dalla società U.S. Cremonese di Cremona. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.

 

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