F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione II – 2016/2017 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 113/CSA del 11 Aprile 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 059/CSA del 22 Dicembre 2016 (dispositivo) – RICORSO CALC. MANUEL MARCHETTI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 5 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO GARA CAMPIONATO NAZIONALE “D. BERRETTI” SAMBENEDETTESE/SASSUOLO DEL 19.11.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 40/TB del 23.11.2016)

 

RICORSO CALC. MANUEL MARCHETTI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 5 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO GARA CAMPIONATO NAZIONALE “D. BERRETTI” SAMBENEDETTESE/SASSUOLO DEL 19.11.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 40/TB del 23.11.2016)

Il Sig. Manuel Marchetti, tesserato per la U.S. Sassuolo Calcio S.r.l., Categoria “D. Berretti”, ha proposto reclamo avverso la sanzione a lui inflitta dal Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico Lega Pro (cfr. Com. Uff. n. 40/TB del 23.11.2016), in relazione alla gara Sambenedettese/Sassuolo del 19.11.2016, valida per il Campionato Nazionale “D. Berretti”.

Con l’impugnata decisione, il Giudice Sportivo, ha squalificato il calciatore reclamante per cinque gare effettive, con la seguente motivazione: “per frase di discriminazione razziale nei confronti di un calciatore avversario.”.

Il Sig. Manuel Marchetti, con il ricorso introduttivo, ha chiesto: In via principale: annullare e/o revocare la sanzione della squalifica per n. 5 (cinque) giornate effettive di gara irrogata dal Giudice Sportivo c/o L.I.C.P. di cui al Com. Uff. n. 40/TB del 23.11.2016. In via subordinata: ridurre la squalifica irrogata nella diversa misura ritenuta di giustizia e/o comunque, contenendola nei limiti del presofferto. In via istruttoria: si chiede che venga sentita, anche telefonicamente, la persona offesa Sig. Doua Bi Yamissa Aurelien.”

La parte reclamante sostiene l’insussistenza della violazione contestata per l’erronea percezione e valutazione del fatto da parte del direttore di gara.

Infatti, sempre a detta del ricorrente, il direttore di gara avrebbe ricostruito in maniera distorta i fatti per cui è causa. La stessa parte offesa, il calciatore della Sambenedettese Sig. Doua Bi Yamissa Aurelien, avrebbe confermato all’arbitro che il ricorrente non avrebbe proferito nei suoi confronti l’espressione “nero di m….”. L’episodio sarebbe accaduto al termine della gara alla presenza del Dirigente accompagnatore della Sambenedettese.

Quest’ultima circostanza sarebbe inoltre confermata dalla dichiarazione testimoniale a firma Doua Bi Yamissa Aurelien, del quale il reclamante chiede l’audizione.

Alla seduta del 22 dicembre 2016 è comparso l’Avv. Duca in sostituzione dell’Avv. Grassani ed il ricorrente di persona.

L’Avv. Duca ha depositato ratifica e delega da parte dei genitori del ricorrente ai fini della legittimazione del minore Manuel Marchetti alla proposizione del ricorso insistendo per l’accoglimento del ricorso.

La Corte sul punto rileva che il preannuncio di reclamo risulta sottoscritto anche dal legale rappresentante della società di appartenenza e pertanto ritiene assorbita ogni questione relativa alla legittimazione alla proposizione del reclamo da parte del calciatore minore Manuel Marchetti.

Il reclamante, sentito personalmente, ha dichiarato spontaneamente di non aver pronunciato le parole in contestazione, ma bensì di aver detto “nove di merda” sostenendo inoltre che, al termine della gara, il calciatore avversario, Sig. Doua Bi Yamissa Aurelien, aveva riconosciuto di aver mal compreso la parola, negro anziché nove, e pertanto era andato a scusarsi con lui ed a chiarire l’equivoco con il direttore di gara.

Questa Corte Sportiva d’Appello, esaminati gli atti e valutate le motivazioni addotte, ritiene che il ricorso debba essere respinto per quanto di ragione, in relazione all’entità della sanzione inflitta.

Parte ricorrente contesta la decisione adottata dal Giudice Sportivo perché questa si sarebbe basata su di un’erronea interpretazione dei fatti, poi trasfusa nel Referto Arbitrale in relazione all’espressione offensiva contenente elementi di discriminazione razziale, proferita dal calciatore in occasione della gara, laddove invece, ad avviso del reclamante, una corretta ricostruzione dei fatti avrebbe escluso ogni provvedimento sanzionatorio.

Allo scopo di fondare siffatta prospettazione e di chiarire quanto avvenuto in occasione della gara per cui è causa, parte ricorrente ha dedotto alcune istanze istruttorie e prodotto una dichiarazione testimoniale a firma del Sig. Doua Bi Yamissa Aurelien.

La difesa del calciatore ha quindi richiesto a questa Corte l’ammissione di una prova per testi sui fatti oggetto di causa, indicando a teste il Sig. Doua Bi Yamissa Aurelien.

Questa Corte, sul punto, come già statuito in precedenti decisioni, rileva che le domande istruttorie – ed in particolare le istanze volte ad accertare mediante deposizioni testimoniali i fatti occorsi in occasione della gara – non possono essere accolte, in quanto inammissibili alla luce delle norme attualmente vigenti nel sistema della F.I.G.C..

Se è vero, infatti, che l’art. 34 C.G.S. prevede che gli organi della giustizia sportiva godano dei più ampi poteri di indagine e di accertamento, potendo “incaricare la Procura Federale di effettuare specifici accertamenti ovvero supplementi d’indagine” (comma 4) e “richiedere agli ufficiali di gara supplementi di rapporto e disporre la loro convocazione” (comma 5), deve comunque notarsi che l’art. 34, comma 5, C.G.S. esclude il contraddittorio tra le parti interessate e gli ufficiali di gara e che l’art. 35 comma 1.1. C.G.S. attribuisce ai rapporti dell’arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale ed ai relativi eventuali supplementi l’efficacia di “piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare”, superabile solo – a limitati fini – con riprese filmate ed altri filmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale.

Pertanto ciò premesso, questa Corte non può ammettere alcuna prova testimoniale o documentale che il citato C.G.S. non consenta.

Preme peraltro a questo organo giudicante evidenziare come la regola posta dal C.G.S. sia ben giustificata in quanto volta ad assicurare che la competizione sportiva, le cui relative valutazioni competono strutturalmente e funzionalmente al direttore di gara, si esaurisca al suo termine e che dunque le rilevazioni dell’arbitro non possano essere riviste se non nei particolari casi che l’ordinamento sportivo prevede. Queste esigenze appaiono prevalenti, se viste dal punto di osservazione dell’ordinamento sportivo, rispetto alle esigenze individuali del singolo atleta; diversamente le rilevazioni arbitrali finirebbero sempre per avere carattere provvisorio, superabile dalla prova contraria che l’atleta può offrire, con la diretta conseguenza di inficiare lo svolgimento delle attività sportive agonistiche e la certezza dei loro risultati.

Questo, senza dimenticare che alla classe arbitrale sono attribuite, dal sistema federale, funzioni di garanzia che se potessero essere messe in discussione dalle parti in causa, tali non sarebbero, in modo pieno, efficace ed affidabile.

Queste sono le regole che l’ordinamento sportivo si è dato con metodo democratico; quindi ogni soggettiva considerazione, valutazione/rivendicazione in senso contrario, o diversa interpretazione dei fatti, risulta del tutto ininfluente ai fini dell’applicazione delle regole.

Inoltre, secondo la costante giurisprudenza del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS), già Supremo Organo di Giustizia del CONI, il referto arbitrale gode di efficacia probatoria privilegiata ai sensi dell’art. 35, comma 1.1., C.G.S., in relazione al comportamento tenuto dai tesserati in occasione dello svolgimento delle gare ed, in particolare, tale disposizione attribuisce ai referti arbitrali un valore probatorio simile ed equiparabile a quello riservato dall’art. 2700 c.c. agli atti pubblici (cfr. lodo TNAS Maggioni + 4/FIGC del 15.01.2013; lodo TNAS ASD Palleronese/FIGC del 11.11.2009).

La valutazione riguardo alla natura ed alla gravità dei fatti addebitati al calciatore Manuel Marchetti deve pertanto essere condotta e considerata sulla base di quanto esposto dall’arbitro nel referto in atti.

Il direttore di gara, raggiunto telefonicamente, ha confermato che il ricorrente aveva tenuto la condotta censurata, precisando inoltre che il calciatore Doua Bi Yamissa Aurelien, oggetto di espressioni discriminatorie, al termine della gara, non aveva chiarito alcunché con lui.

Invero, il comportamento del calciatore in questione, così come esposto dall’arbitro e ripreso dal Giudice Sportivo a sostegno della sua decisione, è connotato da particolare gravità, e come tale deve essere sanzionato in maniera esemplare.

La condotta tenuta nella circostanza dal calciatore Manuel Marchetti. deve  essere stigmatizzata con fermezza in quanto costituisce comportamento discriminatorio ex art. 11 C.G.S..

Alla luce di quanto sopra evidenziato questa Corte ritiene di non poter accogliere la domanda di parte reclamante avendo il Giudice Sportivo correttamente determinato la sanzione rispetto alla portata complessiva della condotta tenuta dal calciatore nel caso di specie.

Per questi motivi la C.S.A., sentito l’Arbitro, respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Manuel Marchetti.

Dispone incamerarsi la tassa reclamo.

 

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