Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0059/CFA del 04 Gennaio 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare n. 0091/TFNSD 2022-2023 del 06.12.2022

Impugnazione – istanza:  – Sig. G.P./Associazione Italiana Arbitri - F.I.G.C.

Massima: Confermata la decisione del Tribunale federale nazionale che ha respinto il ricorso volto a ottenere l’annullamento della delibera del Presidente dell’AIA, con la quale è stata respinta l’istanza di riammissione all'Associazione italiana arbitri presentata il 14 giugno 2021…Sul piano del procedimento seguito, va detto che esso si fonda su quanto disposto dall’art. 8, comma 6, lett. o), del regolamento dell’AIA; tale disposizione prevede che il Presidente dell’AIA “su richiesta scritta e motivata dell’interessato, acquisito il preventivo parere favorevole motivato in forma  scritta  del  Presidente  della  Sezione  di  ultima  appartenenza  del  richiedente, provvede  alla riammissione nell’AIA di ex associati dimissionari o che abbiano perso la qualifica per ipotesi diverse dal non rinnovo tessera e dal ritiro tessera disciplinare; in caso di parere sfavorevole del Presidente della Sezione alla richiesta di riammissione, ogni decisione, valutate le oggettive motivazioni del detto parere,  spetta  al  Presidente  nazionale,  che  delibera con  provvedimento  motivato;  il  nuovo inquadramento,  con  ricongiungimento  della  precedente  anzianità  associativa,  è subordinato  alla partecipazione,  da  parte  degli  interessati,  ad  un  corso  di  aggiornamento  organizzato  dal  Settore Tecnico dell’AIA”. La norma prevede, quindi, che il Presidente dell’AIA intervenga con una valutazione di merito solo nel caso in cui il parere del Presidente della sezione locale sia negativo, mentre nel caso in cui il detto parere sia favorevole, il suo intervento è di mero recepimento e si esprime mediante la riammissione dell’associato. La scelta normativa è, invero, peculiare – e meriterebbe di essere rivista de jure condendo - nella misura in cui la salvaguardia dei valori associativi, pur invocata nel caso di specie, richiederebbe che la valutazione nel merito della richiesta di riammissione fosse operata a livello nazionale anche nel caso di parere favorevole del Presidente di sezione. Ad ogni modo, qualora il parere sia negativo, la menzionata disposizione consente ampi margini di valutazione al Presidente dell’AIA a cui – pur dopo aver valutato le oggettive motivazioni alla base del parere sezionale - è riservata “ogni decisione”. Il relativo potere si esprime mediante un “provvedimento motivato” che, per quanto condizionato dal parere reso su base locale, può ben essere basato su ragioni autonome tanto al fine di disattendere il parere medesimo quanto al fine di confermarne l’esito negativo, com’è avvenuto nel caso in discussione. Sotto il profilo procedimentale è, quindi, legittimo l’operato del Presidente dell’AIA che ha motivato il provvedimento negativo con ragioni ulteriori rispetto a quelle recate nel menzionato parere del Presidente della sezione arbitrale di Termoli. Al fine di decidere il merito della controversia, occorre, appunto, esaminare la motivazione del provvedimento di reiezione che si articola intorno a quattro nuclei argomentativi, secondo lo schema di un provvedimento cd. plurimotivato. Il primo elemento della motivazione riguarda il lungo tempo trascorso tra le dimissioni, avvenute il 22 gennaio 2013, e la domanda di reintegro; il secondo consiste nel richiamo al parere del Presidente di Sezione che menziona delle ‘voci’ per cui il ricorrente avrebbe tentato di alterare la visionatura in peius di un collega; il terzo afferisce alla condotta, contraria ai principi associativi, consistita nella pubblicazione sul profilo Facebook del ricorrente di un commento negativo circa l’operato del team arbitrale della finale mondiale del 2018 di cui faceva parte, come V.A.R., l’arbitro italiano Irratti; l’ultimo elemento della motivazione riguarda una pregresso arresto procedimentale relativo a un’analoga istanza, parimenti negativo e non contestato dalla parte ricorrente. Prima di passare all’esame dei descritti elementi della motivazione, va operata un duplice premessa. In primo luogo, va ribadito che il sindacato di questa Corte rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato non può che appuntarsi su profili di manifesta irragionevolezza o di travisamento, secondo quanto correttamente affermato dal Tribunale federale nazionale. Il descritto potere del Presidente dell’AIA, infatti, non è correlato ad alcuna codificazione dei suoi presupposti e si presenta, quindi, come ampiamente discrezionale. In simili casi, agli organi di giustizia sportiva è consentito un sindacato fatalmente limitato agli indicati aspetti di palese irragionevolezza o di travisamento in quanto, diversamente, si verificherebbe un’ingerenza nelle valutazioni operative riservate agli organi associativi. E ciò analogamente – e in modo speculare - a quanto questa Corte federale ha ritenuto in caso di provvedimento di dismissione (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 45/2022-2023). In secondo luogo, occorre rammentare che – secondo un orientamento senz’altro applicabile al caso in discussione - in presenza di un provvedimento plurimotivato, la coerenza e la legittimità di una delle ragioni su cui si fonda la motivazione del provvedimento è da sola idonea a sorreggerlo, con conseguente perdita di rilevanza delle censure che si appuntano sulle altre autonome ragioni poste alla base del provvedimento medesimo (ex plurimis, Consiglio di Stato sez. IV, 27/10/2022, n.9161; Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2021, n.4873; T.A.R. Campania, sez. VIII, 2/1/2023, n. 21). Ebbene, venendo all’esame delle ragioni poste alla base della reiezione dell’istanza di riammissione, va detto che non appaiono né irragionevoli né illogiche né frutto di travisamento le considerazioni relative al distacco dai valori associativi manifestato dal lungo tempo trascorso e da una condotta di aperta critica all’operato del team arbitrale impegnato nella finale del campionato del mondo del 2018 di cui faceva parte anche un arbitro italiano (e con specifico riferimento all’operato, quale V.A.R., di quest’ultimo). Quanto al tempo trascorso, la circostanza che sia venuto meno un limite temporale espresso non implica che il tempo trascorso tra le dimissioni e la richiesta di riammissione sia irrilevante. Nel caso di specie, il periodo di lontananza dall’associazione si presenta particolarmente lungo (oltre otto anni) ed è certamente suscettibile di essere valorizzato nel senso di respingere l’istanza di riammissione. Quanto alla critica all’operato del team arbitrale della finale della Coppa del Mondo 2018, va detto che essa è stata svolta con modalità diffusiva sul proprio profilo Facebook, con toni aspri (v. l’hashtag “scandaloso”) e con particolare riferimento all’operato del componente italiano del medesimo team (I. al V.A.R.). La circostanza, poi, che la critica provenga da un ex arbitro federale rispetto a un arbitro italiano impegnato in un (elevatissimo) contesto internazionale non può che aggravare la portata della condotta quale manifestazione di allontanamento dai valori associativi. Com’è noto, difatti, agli arbitri, ancor più che ai comuni tesserati, si richiede il rispetto dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e terzietà nei rapporti con i colleghi e con i terzi. E sotto tale profilo non può non risultare contraddittorio – come bene osserva la difesa dell’AIA – che il reclamante invochi lo status, all’epoca, di semplice spettatore libero di poter criticare l’operato degli ex colleghi e, contestualmente, chieda di essere reintegrato nell’AIA. Conseguentemente, è del tutto ragionevole e logica la motivazione del provvedimento che adduce, a sostegno della reiezione dell’istanza, oltre all’elemento temporale, tale episodio.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n.91/TFN - SD del 6 Dicembre 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Ricorso del sig. G.P. nei confronti di AIA e FIGC - Reg. Prot. 77/TFN-SD

Massima: Rigettato il ricorso proposto, ai sensi dell’art. 30 CGS - CONI dall’arbitro dismesso dai ruoli contro l’Associazione Italiana Arbitri e la Federazione Italiana Giuoco Calcio con il quale è stato chiesto l’annullamento della delibera del Presidente dell’AIA, con la quale è stata respinta l’istanza di riammissione all'Associazione….Secondo l’art. 8, comma 6, lett. o), del Regolamento dell’AIA, ratione temporis vigente (sub all.to n. 2 alla memoria difensiva della convenuta), “Il Presidente nazionale […] su richiesta scritta e motivata dell’interessato, acquisito il preventivo parere favorevole motivato in forma scritta del Presidente della Sezione di ultima appartenenza del richiedente, provvede alla riammissione nell’AIA di ex associati dimissionari o che abbiano perso la qualifica per ipotesi diverse dal non rinnovo tessera e dal ritiro tessera disciplinare; in caso di parere sfavorevole del Presidente della Sezione alla richiesta di riammissione, ogni decisione, valutate le oggettive motivazioni del detto parere, spetta al Presidente nazionale, che delibera con provvedimento motivato”. Il disposto conferisce, con ogni evidenza, all’Associazione Italiana Arbitri un potere ampiamente discrezionale, che trova limite nell’obbligo di una congrua motivazione a fondamento delle assunte determinazioni. La riammissione, siccome successiva a dimissioni volontariamente rassegnate dall’ex associato e alternativa all’ordinario iter di ingresso nella compagine associativa, si atteggia, del resto, a istituto eccezionale, il cui ambito applicativo non può che essere particolarmente circoscritto. Ciò non elide, come è pure evidente, l’obbligo di rispettare il procedimento tipizzato dalla norma regolamentare (che prevede l’acquisizione del previo parere del Presidente della Sezione di ultima appartenenza del già associato) e di motivare il deliberato in ipotesi sfavorevole. Nondimeno, il carattere altamente discrezionale del provvedimento de quo non può che sagomare il diametro del sindacato di questo Tribunale; sindacato che deve arrestarsi dinanzi a provvedimenti motivati in forza di un percorso logico non manifestamente irragionevole. È chiaro, del resto, il testuale tenore dell’art. 8, comma 6, lett. o), di cui si è fatta menzione, che univocamente distingue l’ipotesi in cui il parere del Presidente della Sezione di ultima appartenenza risulti favorevole da quella in cui l’avviso si appalesi contrario. Mentre, rispetto al caso del “parere favorevole motivato in forma scritta”, l’Associazione Italiana Arbitri “provvede alla riammissione”, diversamente deve dirsi al cospetto di un “parere sfavorevole del Presidente della Sezione alla richiesta di ammissione”. Univoco appare, in merito, il dettato regolamentare, che rimette “ogni decisione” al Presidente nazionale, ferma la necessità di adottare un “provvedimento motivato”. Né può dirsi che la disposizione si discosti dall’atteggiarsi dell’istituto della riammissione in servizio nell’ordinamento statale, da rimodulare – in ogni caso – alla luce della spiccata autonomia che caratterizza l’ordinamento sportivo (per come, peraltro, riconosciuta da C. cost., 3 luglio 2019, n. 160 e da C. cost., 16 febbraio 2011, n. 49). Secondo un indirizzo granitico della giurisprudenza amministrativa, pur originato – lo si ripete – in un contesto ben diverso da quello che ne occupa, la riammissione in servizio è espressione di un potere ampiamente discrezionale nel cui esercizio è preminente, se non esclusiva, la considerazione dell’interesse proprio della parte datoriale (considerazione esclusivamente rimessa alla sfera valutativa di quest’ultima). Come ha, ad esempio, evidenziato il Consiglio di Stato, “L’istanza a tal fine avanzata dall’interessato viene a trovarsi rimessa, dunque, ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione in relazione alla situazione di organico e ad ogni altra esigenza organizzativa e di servizio, con particolare riguardo alla effettiva sussistenza di un interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione del richiedente, “alla quale non si contrappone alcun diritto soggettivo del dimissionario” (Cons. Stato, Sez. III, 28 agosto 2012, n. 4626). Proprio perché il provvedimento di riammissione è disposto non solo nell’interesse dell’ex dipendente, ma soprattutto nell’interesse dell’Amministrazione, la domanda dell’interessato ben può essere respinta sulla base di una valutazione di non utilità della riammissione stessa; dimostrandosi, a tal fine, sufficiente che l’Amministrazione evidenzi circostanze ostative, purché non siano illogiche o discriminatrici o palesemente abnormi. L’unico obbligo in capo a quest'ultima riconoscibile è quello di motivare adeguatamente la propria decisione eventualmente negativa, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale viene a trovarsi ristretto entro i confini della verifica di eventuali emersioni inficianti, rilevanti, quali indici di eccesso di potere, sotto il profilo del travisamento di fatti, ovvero della illogicità manifesta” (Cons. St., 19 luglio 2021, n. 5436). Consonante con tale indirizzo appare la giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, che negano l’immanenza di un diritto soggettivo alla riammissione, ben potendo e dovendo l’AIA autonomamente delibare le condizioni di accesso a una istanza di reintegro (Tribunale federale nazionale – Sez. disciplinare, 28 giugno 2022, n. 170). Nel caso di specie, all’istanza di riammissione dell’interessato è seguito lo sfavorevole parere del Presidente della Sezione cui lo stesso apparteneva; “ogni decisione” sarebbe dunque spettata al Presidente nazionale. Quest’ultimo ha adottato una determinazione sfavorevole alla parte alla luce di un corredo motivazionale che non appare manifestamente irragionevole (fondato, quale è, sul parere negativo del Presidente della Sezione AIA di Termoli del 31 agosto 2021; sull’assai significativo lasso di tempo – sintomatico di un distacco dal contesto associativo – decorso dalla data delle dimissioni; sulla condotta, antecedente le dimissioni, ritenuta contraria ai valori associativi; sul contegno, successivo alle dimissioni, pure giudicato contrario “alle norme ed ai principi associativi”; in particolare, sull’avvenuta esternazione, da parte del ricorrente, sul proprio profilo facebook, di commenti negativi sull’operato del team arbitrale). Movendo dall’avviso del Presidente di Sezione, il provvedimento fa leva su circostanze oggettive che, valutate in chiave sinottica, integrano una base tale da sufficientemente giustificare un diniego. Non appare, infatti, manifestamente irragionevole che la condotta dell’ex associato, antecedente e successiva alle dimissioni, possa, insieme all’entità dello spatium temporis intercorso tra le dimissioni e l’istanza di riammissione, orientare il convincimento del Presidente nazionale, specie a fronte della eccezionalità dell’istituto della riammissione nel contesto di costituzionale autonomia dell’ordinamento sportivo.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0046/CFA del 22 Novembre 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0063/TFN-SD del 21/10/2022

Impugnazione – istanza: Sig. I.R.

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha rigettato il ricorso proposto dall’arbitro contro la delibera n. 1 del 1° luglio 2022 del Comitato nazionale dell'Associazione Italiana Arbitri - recante la formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la stagione sportiva 2022/2023 - di dismissione dai ruoli della CAN ai sensi dell'articolo 22, comma 3, N.O.F.T, per “motivate valutazioni tecniche”, per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0063/TFN-SD del 21/10/2022…Come detto in narrativa, l’attuale reclamante ha impugnato la delibera del 1° luglio 2022 il Comitato nazionale dell’AIA, a seguito della quale è stato dismesso dai ruoli arbitrali. Viene in questione l'art. 22 delle Norme di funzionamento degli organi tecnici dell’AIA-NFOT (“rubricato: “Avvicendamenti degli A.E. della C.A.N.”) il quale, nei suoi primi tre commi, dispone: “1. Al termine di ogni stagione sportiva la C.A.N. propone la dismissione degli arbitri inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale ai sensi dell’art. 16. La C.A.N. propone, in via prioritaria, l’avvicendamento degli arbitri per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: a. dimissioni dall’Associazione o dall’Organo Tecnico di appartenenza intervenute nel corso della stagione; b. inidoneità fisica ed atletica conseguente al mancato rilascio, in assenza di regolare congedo, del prescritto certificato di idoneità ovvero alla mancata partecipazione ai test atletici o al mancato superamento dei limiti minimi per essi previsti; b. mancato svolgimento, per causa imputabile all’arbitro, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1; c. adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all’art. 2, comma 4; e. superamento dei limiti di età di cui al precedente art. 15 senza aver conseguito la deroga di cui al successivo art. 29. Qualora, in forza dei criteri indicati nel comma precedente, non venga raggiunto il numero di avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale, la C.A.N. propone la dismissione di arbitri inquadrati nel proprio organico per motivata valutazione tecnica. Gli arbitri da proporre per l’avvicendamento sono individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16. Non possono, peraltro, essere proposti per la dismissione, nonostante la loro posizione nella graduatoria finale di merito, gli arbitri:  a. in congedo per maternità che non abbiano superato i limiti di età previsti; b. in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile, tale da impedire lo svolgimento dell’attività minima prevista dall’art. 6, comma 1, e che, in ogni caso, non abbiano superato i limiti di età previsti; c. al primo anno di appartenenza alla C.A.N., fatto salvo quanto disposto alla lettera a) del successivo comma.” Rileva correttamente il primo giudice che la fattispecie del comma 2 e quella del comma 3 sono nettamente distinte. Nell’una, là dove - per quanto qui interessa - considera il mancato svolgimento, per causa imputabile all’arbitro, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1, la dismissione è risultato di un accertamento obiettivo. Nell’altra (motivata ragione tecnica), la dismissione dipende da una valutazione per definizione tecnica. L’avvicendamento del signor R. dai ruoli della CAN è stato disposto ai sensi del comma 3, avendo egli ricevuto dagli organi competenti - come appare dalla proposta di dismissione e dalla comunicazione del 27 luglio ex art. 6, comma 18, NFOT - rispetto alle prestazioni svolte, valutazioni modeste e comunque tali da non consentirgli una collocazione utile in quella graduatoria finale di merito che il secondo periodo del comma 3 prevede. Il reclamante non può dunque invocare l’autorità del parere della Sezione consultiva di questa Corte n. 1/2021-2022, che rispondeva al quesito con cui il Presidente della FIGC chiedeva se dovesse ritenersi causa imputabile all’arbitro - ai sensi dell’art. 22, comma 2, lett. c), NOFT - la circostanza che l’arbitro medesimo non avesse potuto svolgere le relative funzioni per la durata di nove mesi per l’adozione di una sanzione disciplinare a seguito del relativo procedimento. Nel dare risposta negativa al quesito, la Sezione ha concluso segnalando l’indubbia valenza generale del principio enunciato, ma solo “in quanto lo stesso sia il problema, ossia se vada calcolato il periodo di sospensione quando sia prevista la decadenza o altra misura interdittiva in caso di assenza da un numero predeterminato di sedute”. Diversa la ragione della dismissione, il parere si rivela inconferente e di esso non si può tenere conto ai fini della decisione, che va circoscritta nell’area di applicazione del comma 3. Orbene, il provvedimento di dismissione impugnato va ricondotto a una spiccata discrezionalità tecnica, gli atti espressione della quale sono insindacabili (Collegio di garanzia dello sport, Sez. un., decisione n. 25 del 2 aprile 2019; Corte fed. app., Sez. un., decisione pubblicata sul comunicato ufficiale n. 71/2018-2019 del 1° febbraio 2019) o, tutt’al più, sono sindacabili - secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale - nei soli casi di violazione di legge o nelle ipotesi-limite di errore sui presupposti, manifesta infondatezza, palese illogicità (Corte fed. app., Sez. un., decisione n. 96/2021-2022), che nella presente vicenda non sussistono e comunque non vengono dedotti dal reclamante. Il corretto esercizio di tale discrezionalità tecnica neppure richiede la predeterminazione e la comunicazione dei criteri di giudizio (Collegio di garanzia dello sport, Sez. un., decisione n. 25/2019, cit.). Peraltro, il provvedimento impugnato trova ampia motivazione per relationem nella scheda personale e nella scheda tecnica del reclamante nonché, soprattutto, nella proposta di dismissione, tutte in atti. Al reclamante neanche giova il richiamo all’art. 6, comma 1, NFOT, a detta del quale gli arbitri e gli assistenti arbitrali a disposizione degli organi tecnici devono essere impiegati con turni regolari e, di norma, in almeno quindici gare per ogni intera stagione sportiva. La disposizione, infatti, pone una regola solo tendenziale, il cui effettivo rispetto va considerato in relazione alle circostanze concrete. E nel caso presente è evidente che, essendosi esaurita la sospensione disciplinare il 9 marzo 2022, il reclamante ha avuto a disposizione solo lo scorcio conclusivo della stagione sportiva, nella quale peraltro ha ricevuto un numero di designazioni (tre su sette giornate di gara rimanenti prima della conclusione del campionato) conforme alla puntuale applicazione dello stesso comma 1, che prevede l’impiego degli arbitri “con turni regolari”. Sostiene inoltre l’AIA, con affermazione non contestata dal reclamante, che questi sarebbe stato designato come arbitro in una ulteriore occasione, per la quale avrebbe chiesto e ottenuto un congedo per motivi di salute, mentre in altri tre incontri sarebbe stato impiegato come quarto ufficiale di gara nella serie A. Il signor R. non può dunque dolersi di una asserita violazione del principio della parità delle armi, dovendo imputare solo a sé stesso l’essere stato valutato sulla base di un numero di prestazioni inferiore a quello degli altri colleghi. Ben diversa, è la controversia decisa dalla I Sezione del Collegio di garanzia dello sport con la decisione n. 14 dell’8 aprile 2022 che - in caso di cui ha sottolineato “l’estrema complessità ed eccezionalità, che si pone quasi come un unicum nell’ambito di riferimento” - ha giudicato non imputabile all’interessato, dismesso dai ruoli per motivate ragioni tecniche con delibera del 1° luglio 2021, la mancata partecipazione al numero minimo di gare in dipendenza di un provvedimento di sospensione dichiaratamente illegittimo, benché a suo tempo non  impugnato, per essere stato adottato da un organo tecnico e non disciplinare. Anche tale precedente è dunque irrilevante ai fini del presente giudizio. Infine, fermo restando che il provvedimento impugnato va ricondotto all’art. 22, comma 3, NFOT, alla vicenda non è applicabile - diversamente da quanto sostiene il reclamante - la lett. b) dell’ultimo periodo del citato comma 3, che esclude dalla dismissione, nonostante la posizione raggiunta nella graduatoria finale di merito, gli arbitri “in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile, tale da impedire lo svolgimento dell’attività minima prevista dall’art. 6, comma 1, e che, in ogni caso, non abbiano superato i limiti di età previsti”. Alla luce del significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, la disposizione deve interpretarsi nel senso di considerare i soli casi di impedimento dovuti a congedo e non può estendersi a quelli di sospensione, trattandosi di istituti strutturalmente differenti e diversamente disciplinati (v. ad es. art. 2, comma 3, NFOT). D’altronde, se così non fosse, gli arbitri colpiti da sospensione verrebbero a godere di una sorta di franchigia, perché sarebbero sottratti alla valutazione tecnica ai fini dell’avvicendamento se, proprio per effetto della sospensione, non avessero potuto svolgere l’attività minima prescritta. In quanto si tratterebbe di una conclusione evidentemente paradossale e - questa sì - lesiva del principio di parità di trattamento, che non può essere consentita, va ribadita l’infondatezza dell’argomentazione svolta dal signor R..

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0045/CFA del 22 Novembre 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 0064/TFN-SD del 21/10/2022

Impugnazione – istanza: Sig. M.R.

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha rigettato il ricorso proposto dall’arbitro contro la delibera del Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri, di cui al C.U. n. 1 - 2022/2023, recante la “Formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la stagione sportiva 2022/2023”, con la quale veniva dismesso dai ruoli della C.A.N. ai sensi dell'articolo 28, comma 3, N.O.F.T….Viene in questione l'art. 28 delle Norme di funzionamento degli organi tecnici dell’AIA-NFOT (“rubricato: “Avvicendamenti degli A.A. della C.A.N.”) il quale, nei suoi primi tre commi, dispone: “1. Al termine di ogni stagione sportiva la C.A.N. propone la dismissione degli assistenti arbitrali inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale ai sensi dell’art. 16. La C.A.N. propone, in via prioritaria, l’avvicendamento degli assistenti arbitrali per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: a. dimissioni dall’Associazione o dall’Organo Tecnico di appartenenza intervenute nel corso della stagione; b. inidoneità fisica ed atletica conseguente al mancato rilascio, in assenza di regolare congedo, del prescritto certificato di idoneità ovvero alla mancata partecipazione ai test atletici o al mancato superamento dei limiti minimi per essi previsti; c. mancato svolgimento, per causa imputabile all’assistente arbitrale, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1; d. adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all’art. 2, comma 4; e. superamento dei limiti di età di cui al precedente art. 15 senza aver conseguito la deroga di cui al successivo art. 29. Qualora, in forza dei criteri indicati nel comma precedente, non venga raggiunto il numero di avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale, la C.A.N. propone la dismissione di assistenti arbitrali inquadrati nel proprio organico per motivata valutazione tecnica. Gli assistenti arbitrali da proporre per l’avvicendamento sono individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16. Non possono, peraltro, essere proposti per la dismissione, nonostante la loro posizione nella graduatoria finale di merito, gli assistenti arbitrali: a. in congedo per maternità che non abbiano superato i limiti di età previsti; b. in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile, tale da impedire lo svolgimento dell’attività minima prevista dall’art. 6, comma 1, e che, in ogni caso, non abbiano superato i limiti di età previsti; c. al primo anno di appartenenza alla C.A.N., fatto salvo quanto disposto alla lettera a) del successivo comma”. Rileva correttamente il primo giudice che la fattispecie del comma 2 e quella del comma 3 sono nettamente distinte. Nell’una, là dove - per quanto qui interessa - considera il mancato svolgimento, per causa imputabile all’assistente arbitrale, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1, la dismissione è risultato di un accertamento obiettivo. Nell’altra (motivata ragione tecnica), la dismissione dipende da una valutazione per definizione tecnica. L’avvicendamento del signor R. dai ruoli della CAN è stato disposto ai sensi del comma 3, avendo egli ricevuto dagli organi competenti - come appare dalla proposta di dismissione e dalla comunicazione del 27 luglio 2022 ex art. 6, comma 18, NFOT rispetto alle prestazioni svolte, valutazioni modeste e comunque tali da non consentirgli una collocazione utile in quella graduatoria finale di merito che il secondo periodo del comma 3 prevede. Il reclamante non può dunque invocare l’autorità del parere della Sezione consultiva di questa Corte n. 1/2021-2022, che rispondeva al quesito con cui il Presidente della FIGC chiedeva se dovesse ritenersi causa imputabile all’arbitro - ai sensi dell’art. 22, comma 2, lett. c), NOFT - la circostanza che l’arbitro medesimo non avesse potuto svolgere le relative funzioni per la durata di nove mesi per l’adozione di una sanzione disciplinare a seguito del relativo procedimento. Nel dare risposta negativa al quesito, la Sezione ha concluso segnalando l’indubbia valenza generale del principio enunciato, ma solo “in quanto lo stesso sia il problema, ossia se vada calcolato il periodo di sospensione quando sia previsa la decadenza o altra misura interdittiva in caso di assenza da un numero predeterminato di sedute”. Diversa la ragione della dismissione, il parere si rivela inconferente e di esso non si può tenere conto ai fini della decisione, che va circoscritta nell’area di applicazione del comma. Orbene, il provvedimento di dismissione impugnato va ricondotto a una spiccata discrezionalità tecnica, gli atti espressione della quale sono insindacabili (Collegio di garanzia dello sport, Sez. un., decisione n. 25 del 2 aprile 2019; Corte fed. app., Sez. un., decisione pubblicata sul comunicato ufficiale n. 71/2018-2019 del 1° febbraio 2019) o, tutt’al più, sono sindacabili - secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale - nei soli casi di violazione di legge o nelle ipotesi-limite di errore sui presupposti, manifesta infondatezza, palese illogicità (Corte fed. app., Sez. un., decisione n. 96/2021-2022), che nella presente vicenda non sussistono e comunque non vengono dedotti dal reclamante. Il corretto esercizio di tale discrezionalità tecnica neppure richiede la predeterminazione e la comunicazione dei criteri di giudizio (Collegio di garanzia dello sport, Sez. un., decisione n. 25/2019, cit.). Peraltro, il provvedimento impugnato trova ampia motivazione per relationem nella scheda personale e nella scheda tecnica del reclamante nonché, soprattutto, nella proposta di dismissione, tutte in atti. Al reclamante neanche giova il richiamo all’art. 6, comma 1, NFOT, a detta del quale gli arbitri e gli assistenti arbitrali a disposizione degli organi tecnici devono essere impiegati con turni regolari e, di norma, in almeno quindici gare per ogni intera stagione sportiva. La disposizione, infatti, pone una regola solo tendenziale, il cui effettivo rispetto va considerato in relazione alle circostanze concrete. E nel caso presente è evidente che, essendosi esaurita la sospensione disciplinare il 9 marzo 2022, il reclamante ha avuto a disposizione solo lo scorcio conclusivo della stagione sportiva, nella quale peraltro ha ricevuto un numero di designazioni (sei su sette giornate di gara rimanenti prima della conclusione del campionato) addirittura superiore a quanto sarebbe risultato dalla puntuale applicazione dello stesso comma 1, che prevede l’impiego degli arbitri “con turni regolari”. Il signor R. non può dunque dolersi di una asserita violazione del principio della parità delle armi, dovendo imputare solo a sé stesso l’essere stato valutato sulla base di un numero di prestazioni inferiore a quello degli altri colleghi. Ben diversa, è la controversia decisa dalla I Sezione del Collegio di garanzia dello sport con la decisione n. 14 dell’8 aprile 2022 che - in caso di cui ha sottolineato “l’estrema complessità ed eccezionalità, che si pone quasi come un unicum nell’ambito di riferimento” - ha giudicato non imputabile all’interessato, dismesso dai ruoli per motivate ragioni tecniche con delibera del 1° luglio 2021, la mancata partecipazione al numero minimo di gare in dipendenza di un provvedimento di sospensione dichiaratamente illegittimo, benché a suo tempo non  impugnato, per essere stato adottato da un organo tecnico e non disciplinare. Anche tale precedente è dunque irrilevante ai fini del presente giudizio. Infine, fermo restando che il provvedimento impugnato va ricondotto all’art. 28 , comma 3, NFOT, alla vicenda non è applicabile - diversamente da quanto sostiene il reclamante - la lett. b) dell’ultimo periodo del citato comma 3, che esclude dalla dismissione, nonostante la posizione raggiunta nella graduatoria finale di merito, gli assistenti arbitrali “in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile, tale da impedire lo svolgimento dell’attività minima prevista dall’art. 6, comma 1, e che, in ogni caso, non abbiano superato i limiti di età previsti”. Alla luce del significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, la disposizione deve interpretarsi nel senso di considerare i soli casi di impedimento dovuti a congedo e non può estendersi a quelli di sospensione, trattandosi di istituti strutturalmente differenti e diversamente disciplinati (v. ad es. art. 2, comma 3, NFOT). D’altronde, se così non fosse, gli assistenti arbitrali colpiti da sospensione verrebbero a godere di una sorta di franchigia, perché sarebbero sottratti alla valutazione tecnica ai fini dell’avvicendamento se, proprio per effetto della sospensione, non avessero potuto svolgere l’attività minima prescritta. In quanto si tratterebbe di una conclusione evidentemente paradossale e - questa sì - lesiva del principio di parità di trattamento, che non può essere consentita, va ribadita l’infondatezza dell’argomentazione svolta dal signor R.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 63/TFN - SD del 21 Ottobre 2022  (motivazioni)

Impugnazione –   Ricorso del sig. I.R. conto AIA, nonché nei confronti di FIGC + altri - Reg. Prot. 20/TFN-SD

Massima: Rigettato il ricorso ex artt. 25, comma 1, 27, comma 1 - lett. b), e 30 C.G.S. C.O.N.I., in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 87 C.G.S. F.I.G.C., proposto dall’Arbitro Effettivo contro A.I.A., F.I.G.C. e terzo controinteressato, con il quale è stato chiesto l’annullamento e/o riforma della delibera del Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri, assunta nella riunione del 1° luglio 2022, pubblicata, in pari data, sul C.U. n. 1 s.s. 2022/2023, recante la “Formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la stagione sportiva 2022/2023”, a mente dell’art. 6, comma 18, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici dell’A.I.A. (N.F.O.T.), il 27 luglio 2022, con la quale il predetto ricorrente veniva dismesso dai ruoli della C.A.N. – Commissione Arbitri Nazionale, ai sensi dell’art. 22, comma 3, delle N.F.O.T., per “motivate valutazioni tecniche”….In via preliminare, è opportuno richiamare la normativa applicabile al caso di specie compendiata nell’art. 22 commi 1, 2 e 3 delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici dell’A.I.A. secondo cui: “1. Al termine di ogni stagione sportiva la C.A.N. propone la dismissione degli arbitri inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale ai sensi dell’art. 16. 2. La C.A.N. propone, in via prioritaria, l’avvicendamento degli arbitri per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: a. dimissioni dall’Associazione o dall’Organo Tecnico di appartenenza intervenute nel corso della stagione; b. inidoneità fisica ed atletica conseguente al mancato rilascio, in assenza di regolare congedo, del prescritto certificato di idoneità ovvero alla mancata partecipazione ai test atletici o al mancato superamento dei limiti minimi per essi previsti;  c. mancato svolgimento, per causa imputabile all’arbitro, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1; d. adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all’art. 2, comma 4; e. superamento dei limiti di età di cui al precedente art. 15 senza aver conseguito la deroga di cui al successivo art. 29. 3. Qualora, in forza dei criteri indicati nel comma precedente, non venga raggiunto il numero di avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale, la C.A.N. propone la dismissione di arbitri inquadrati nel proprio organico per motivata valutazione tecnica. Gli arbitri da proporre per l’avvicendamento sono individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16. Non possono, peraltro, essere proposti per la dismissione, nonostante la loro posizione nella graduatoria finale di merito, gli arbitri: a. in congedo per maternità che non abbiano superato i limiti di età previsti; b. in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile, tale da impedire lo svolgimento dell’attività minima prevista dall’art. 6, comma 1, e che, in ogni caso, non abbiano superato i limiti di età previsti; c. al primo anno di appartenenza alla C.A.N., fatto salvo quanto disposto alla lettera a) del successivo comma”. L’art. 22, quindi, individua due procedute/criteri per l’avvicendamento/dismissione degli arbitri: 1. una procedura di avvicendamento da esperire in via prioritaria ed effettuata sulla base delle fattispecie di cui al comma 2, tra cui figurano, per quanto di interesse ai fini della presente disamina, il: “mancato svolgimento, per causa imputabile all’arbitro, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1” e: “l’ adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all’art. 2, comma 4” (ossia in particolare “provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione e sospensione disciplinare, complessivamente superiori a un anno, adottati negli ultimi 10 anni dagli organi di giustizia dell’A.I.A., della F.I.G.C., del C.O.N.I. e dagli organismi sportivi internazionali riconosciuti”) (comma 2); 2. la dismissione in via subordinata, ossia qualora non venga raggiunto in forza dei criteri di cui al comma 2 il numero di avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale (come nel caso che ci occupa), per motivata valutazione tecnica sulla scorta di una graduatoria di merito da cui, tuttavia, non possono essere pregiudicati, ossia non possono essere attinti per la dismissione gli arbitri “b. in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile, tale da impedire lo svolgimento dell’attività minima prevista dall’art. 6, comma 1, e che, in ogni caso, non abbiano superato i limiti di età previsti” (comma 3). Il Collegio ritiene che le due fasi e relativi presupposti/criteri applicativi siano distinti e insuscettibili di essere interpretati in modo connesso attraverso una compenetrazione interpretativa che uniformerebbe sostanzialmente ed indebitamente i criteri di una procedura che si dipana invece in due subprocedimenti operanti secondo condizioni diversi e in funzione di ratio diverse. Tanto precisato, venendo alla disamina specifica degli istituti di interesse per la definizione della controversia, si evidenzia che l’avvicendamento di cui all’art. 22, comma 2 lett. c), per mancato svolgimento, per causa imputabile all’arbitro, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1, costituisce una fattispecie tipica a sé stante che prescinde dalla valutazione di merito dell’operato dell’associato. Tale fattispecie è ben diversa dalla dismissione per motivate ragioni tecniche - di cui all’art. 22, comma 3 – la quale è adottata sulla scorta di una graduatoria di merito. Infatti, la collocazione nella graduatoria costituisce l’esplicitazione della capacità tecnica dell’associato il quale ben può e deve dimostrare la bontà del proprio operato arbitrale nell’ambito delle gare che conduce durante il periodo in cui è (o dovrebbe essere) disponibile a svolgere l’attività, periodo che può essere più o meno lungo – e conseguentemente consentire la conduzione rispettivamente di un maggiore o minore numero di gare (anche eventualmente inferiore all’attività minima di norma da svolgere) - per cause imputabili o meno al comportamento dell’associato. In tal senso, mentre il congedo per malattia o infortunio costituiscono cause non imputabili all’operato dell’associato essendo fattori esterni non controllabili, l’essere destinatario di una sanzione disciplinare di sospensione rappresenta una causa imputabile e certamente riconducibile all’operato dell’arbitro. Ne consegue che l’associato può essere giudicato nel merito e collocato nella relativa graduatoria per le gare che ha potuto dirigere nel periodo in cui è stato (o tornato) a disposizione del designatore anche se inferiore all’attività minima, non essendo rilevante in senso ostativo ai sensi del comma 3 lett. b) il periodo di sospensione disciplinare in quanto costituente certamente una causa discendente dal comportamento dell’associato. Viceversa, l’associato non può essere giudicato laddove non possa essere a disposizione del designatore per ragioni di malattia o infortunio o altre cause non dipendenti dal proprio operato. In definitiva, un arbitro può essere dismesso ai sensi dell’art. 22, comma 3, per motivate ragioni tecniche laddove nelle gare condotte (anche se inferiori a 15, ratione temporis) abbia ottenuto un punteggio tale da essere collocato in posizione non utile alla permanenza nel ruolo. Non osta a tale interpretazione il parere n. 0001/CFA/2021-2022 emesso dalla Sezione Consultiva della Corte Federale d’Appello il quale risponde al quesito: “se possa ritenersi “causa imputabile all’arbitro”, ai sensi dell’art. 22, comma 2, lett. c, la condotta che l’arbitro medesimo ha assunto, laddove, essendo stato sospeso dalle funzioni per motivi disciplinari per la durata di 9 mesi e conclusosi con l’adozione di una sanzione disciplinare a seguito del relativo procedimento, non ha potuto svolgere le funzioni arbitrali”. Il parere, pertanto, e in disparte ogni valutazione sulla sua condivisibilità, ha ad oggetto la fattispecie di cui al comma 2 lett. c) che, come detto, è ben distinta rispetto a quella di cui al comma 3. D’altra parte, nell’ipotesi di cui al comma 3 la dismissione non è un effetto ulteriore della sanzione disciplinare (e quindi neppure teoricamente ed astrattamente è rinvenibile un’afflittività sanzionatoria ulteriore), ma è una conseguenza del rendimento dell’arbitro dimostrato nelle gare condotte, anche se in numero inferiore all’attività minima conseguente ai comportamenti imputabili all’associato. Traslando al caso di specie le suddette coordinate ermeneutiche, emerge che la dismissione del sig. … per motivate ragioni tecniche ai sensi dell’art. 22, comma 3, è pienamente legittima anche se lo stesso ha condotto poche gare, in numero cioè inferiore all’attività minima, essendo il tempo in cui è stato a disposizione del designatore dipeso da una causa imputabile all’associato, ravvisabile nella violazione disciplinare sanzionata dal competente organo di giustizia arbitrale. Diversamente opinando gli Arbitri Effettivi e gli Assistenti Arbitrali, non impiegabili regolarmente nel corso della stagione sportiva in conseguenza dell'espiazione di una sanzione disciplinare, godrebbero, in caso di mancato raggiungimento del quorum di 15 gare, di un trattamento paradossalmente più favorevole rispetto ai loro colleghi, che, non sanzionati disciplinarmente, hanno raggiunto tale quorum restando soggetti pienamente alla valutazione tecnica con rischio delle dimissioni dal ruolo in caso di cattivo posizionamento in graduatoria. Ne consegue che non risultano integrate le violazioni censurate nel ricorso, non essendo tra l’altro neppure rilevante nei sensi prospettati dal ricorrente la precedente decisione del Collegio di Garanzia dello Sport n. 14/2022. Infatti, in quel contenzioso, il Collegio di Garanzia si è limitato ad affermare, con riguardo alla peculiarità del caso, che il provvedimento di sospensione cautelativa adottato dal designatore (provvedimento e ritenuto giustizialmente illegittimo) nei confronti del sig. …. non potesse giustificare la violazione dell’attività minima garantita di cui all’art. 6. Pertanto, il Collegio di Garanzia non ha affermato il principio che l’attività minima debba essere sempre garantita ai fini della validità della graduatoria, avallando anzi quella decisione, per le ragioni ivi addotte, l’interpretazione di questo Collegio sopra esposta della normativa di riferimento, poiché una sospensione cautelativa illegittima come quella assunta nel precedente contenzioso effettivamente costituisce una causa non imputabile all’associato ex art. 22, comma 3 seconda parte lett. b), tale da non consentirgli di essere dismesso per motivate ragioni tecniche.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 45/TFN - SD del 23 Settembre 2022  (motivazioni)

Impugnazione -  Ricorso del sig. T.G. nei confronti della Associazione Italiana Arbitri - Reg. Prot. 16/TFN-SD

Massima: Infondato è il ricorso proposto dall’arbitro contro l’AIA avverso la delibera del Comitato Nazionale del 1° luglio 2022, con la quale è stata decisa la “formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2022/2023” ed in particolare la graduatoria con la quale sono stati promossi gli arbitri dalla CAN 5 alla CAN 5 Elite, nella parte in cui il ricorrente, seppure quarto in graduatoria, non è stato proposto/promosso in CAN 5 Elite….Quanto all’età dei venticinque arbitri promossi, il ricorrente si limita a prospettare un dubbio, richiedendo inammissibilmente al Tribunale di colmare con propri accertamenti la carenza probatoria a supporto del ricorso (peraltro di facilissimo accertamento trattandosi di età anagrafica). Quanto alle visionature, il ricorrente si affida ad una affermazione apodittica e non supportata neppure da un principio di prova (pur essa facilmente acquisibile, magari attraverso un accesso agli atti). Ancora più infondata, al limite della temerarietà, è la pretesa di veder modificati o integrati i requisiti richiesti dal ridetto art. 38 bis, secondo le convenienze del ricorrente.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0027/CFA del 21 Settembre 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del  Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 0020/TFNSD del 10 agosto 2022

Impugnazione – istanza: Sig. F. P./Associazione Italiana Arbitri- Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha rigattato il reclamo dell’arbitro diretto all’annullamento della delibera dell'AIA, con la quale, nel deliberare la formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2022/2023, veniva, in particolare, disposta la dismissione dello stesso con la dicitura: "Dismesso per adozione di provvedimento disciplinare - Art. 22, comma 2, lett. d), NFOT ……."…In primo luogo, occorre ricordare che il reclamante risulta iscritto, su base del tutto volontaria, all’AIA, ente di natura associativa. La libera adesione a detta associazione (adesione che implica l’impegno dell’associato a rispettare la relativa normativa interna, compresa quella della cui ragionevolezza oggi si discute) ha costituito il presupposto logico-giuridico per il conseguente sorgere in capo al reclamante – ricorrendone i necessari presupposti - di un diverso rapporto di collaborazione con la FIGC teso a disciplinare i reciproci obblighi e diritti connessi alle prestazioni rese e alla conseguente cessione del diritto all’immagine. La qualificazione in termini lavoristici di tale ulteriore rapporto non solo non può trovare fondamento nella pur invocata disciplina del lavoro sportivo introdotta con il d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36 (la cui entrata in vigore, al di là di qualsiasi altra valutazione, risulta differita al 1° gennaio 2023) ma non appare in ogni caso determinante ai fini del presente giudizio. Infatti, la mera qualificazione in termini lavoristici del rapporto sussistente tra il reclamante e l’AIA, da una parte, e la FIGC, dall’altra, non ne implica ex se la stabilità. Com’è, infatti, noto, non solo la presenza di un rapporto di lavoro (sia di natura privatistica che pubblicistica) non impedisce, ricorrendone i presupposti, al datore di lavoro di porne in essere la risoluzione ma, questa, analogamente a quanto avvenuto nella presente fattispecie, può conseguire all’accertamento di determinati comportamenti in violazione degli obblighi contrattuali valutati di particolare gravità (cd. licenziamento disciplinare). Ne consegue che la qualificazione in senso lavoristico o meno del rapporto sussistente tra il reclamante e l’AIA e la FIGC non implica ex se alcuna conseguenza rilevante in ordine alla prospettata irragionevolezza del quadro regolamentare. Venendo, infine, all’esame delle norme poste a fondamento dell’impugnato provvedimento, appare opportuno ricordare che i principi di ragionevolezza e proporzionalità costituiscono distinti principi immanenti del nostro ordinamento, riferendosi il primo alla “qualità” del potere utilizzato, inteso come rapporto tra mezzo utilizzato e fine cui si tende ed il secondo alla “quantità” del medesimo potere, nel rapporto con quella utilizzata in situazioni analoghe; in tal senso, sussiste il vizio di ragionevolezza laddove "la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio" (Corte costituzionale n. 43/1997). Ciò posto, non vi è dubbio che rientri nella fisiologia di qualsiasi rapporto – e, pertanto, debba ritenersi razionale - che a fronte di determinate violazioni delle regole deontologiche corrisponda una sospensione del rapporto stesso così come non è dubbio che, in presenza di violazioni di particolare gravità, a tale sospensione si aggiungano altre e più gravi conseguenze. Il presupposto delle disposizioni interne all’AIA di cui si discute è l’emanazione nei confronti dell’arbitro di provvedimenti disciplinari sportivi definitivi che ne comportino l’inibizione e la sospensione disciplinare, per un periodo complessivo di oltre un anno. Posta la particolare delicatezza della funzione arbitrale all’interno della dinamica sportiva, funzione che impone a chi la svolge non solo una particolare preparazione atletica ma anche il rispetto di un rigoroso codice etico, non può ritenersi irrazionale che l’ordinamento - laddove si sia in presenza di violazioni particolarmente gravi delle norme deontologiche - preveda, oltre alla sospensione, un’ulteriore conseguenza in capo al trasgressore. Peraltro, la previsione ordinamentale de qua non si riflette sul rapporto associativo ma si limita a prevedere il mero avvicendamento del soggetto sanzionato disciplinarmente al fine di evitare di attribuire al medesimo la direzione delle competizioni di maggior rilievo. Una simile previsione, volta a favorire l’arbitraggio delle gare di maggior rilievo agli arbitri privi di gravissimi precedenti disciplinari, così da mantenere elevato la standard deontologico dei soggetti chiamati a dirigere tali gare, appare pienamente razionale, in quanto utilizza un mezzo (l’avvicendamento) del tutto proporzionato al fine (la tutela degli standard deontologici intrinseci all’attività sportiva) che si intende raggiungere. Del resto, l’individuazione del valore ultrannuale del periodo di sospensione quale parametro di gravità idonea a far conseguire l’obbligo di avvicendamento appare del tutto logico, tenuto conto della particolare ampiezza del periodo di sospensione e della particolare gravità delle condotte che possono comportare una così elevata sanzione.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 20/TFN - SD del 10 Agosto 2022  (motivazioni)

Impugnazione - Ricorso del sig. F.P. nei confronti di AIA e FIGC - Reg. Prot. 15/TFN-SD

Massima: Rigettato il ricorso ex art. 30 CGS-CONI proposto nei confronti dell’Associazione Italiana Arbitri e della Federazione Italiana Giuoco Calcio, dall’arbitro della Sezione AIA di Tivoli, con il quale ha  chiesto l’annullamento “della delibera, adottata dall'AIA, pubblicata, Comunicato Ufficiale n. 1 del 01/07/2022 Formazione ruoli arbitrali nazionali per la stagione sportiva 2022.2023 2021/2022, (ali. n. 1) con il quale veniva disposta la sua dismissione con la dicitura: "Dismessi per adozione di provvedimento disciplinare - Art. 22, c. 2, lett. d) NFOT …." …Senonché, non rientra certamente nella competenza del Tribunale Federale l’“elisione” delle norme di funzionamento AIA né l’accertamento della natura dell’asserito rapporto di lavoro più volte soggettivamente e suggestivamente prospettato dal ricorrente come rapporto di lavoro sportivo. Laddove, la fattispecie in esame appare ben delineata nella sua duplice articolazione: la sussistenza di un rapporto associativo, con riflessi specifici sulla “carriera arbitrale” dell’associato, espressamente qualificato (per atto formale) di natura dilettantistica; la sussistenza di un (duplice) rapporto contrattuale con la FIGC riguardante la corresponsione di gettone per ogni designazione e la cessione del diritto d’immagine da parte dell’arbitro. Queste considerazioni già da sole potrebbero essere sufficienti per il rigetto del ricorso, che non contesta la delibera impugnata assunta dall’AIA me le fonti di essa presupposte in quanto asseritamente contrastanti e incompatibili con lo status di lavoratore (non si comprende se dipendente o professionale) dell’A.E. della CAN AB. Laddove, a tutto concedere (come non si può), il rapporto di lavoro sussisterebbe con la FIGC ma giammai con l’AIA.  Nel merito, in ogni caso, il ricorso va rigettato nei termini di seguito specificati. È inequivoco il dettato dell’art. 2 NFOT dell’AIA, il cui comma 4 testualmente prevede che “Gli A.E., A.A., e O.A., fatta salva l’adozione di ogni diverso provvedimento sulla base delle vigenti norme regolamentari e disciplinari, non possono essere impiegati, confermati ovvero proposti nei ruoli a disposizione degli Organi Tecnici Nazionali e Regionali se colpiti da: a. provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione e sospensione disciplinare, complessivamente superiori a un anno, adottati negli ultimi 10 anni dagli organi di giustizia dell’AIA, della FIGC, del CONI e dagli organismi sportivi internazionali riconosciuti” Ai sensi dell'art. 22 delle NFOT “La C.A.N. propone, in via prioritaria, l'avvicendamento degli arbitri per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: …. d) adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all'art. 2, comma 4”. Tenuto conto delle suindicate disposizioni, pertanto, il sig. …, che, come detto, ha subito una sanzione disciplinare di mesi quattordici, è stato dismesso…..In primo luogo, si richiama l'insegnamento della Corte Costituzionale (reso con riferimento alla legislazione primaria dello Stato) secondo cui il legislatore, nell'esercizio di una non irragionevole discrezionalità, ha la facoltà di identificare ipotesi circoscritte nelle quali l'adozione di provvedimenti sanzionatori sia automatica, a condizione che tale previsione corrisponda a canoni di ragionevolezza. La previsione regolamentare contestata dal ricorrente risponde invece a questi canoni di ragionevolezza, in quanto la condanna ad una sanzione disciplinare di oltre dodici mesi (peraltro per fatti astrattamente costituente reato), infatti, fa venir, inevitabilmente, meno la credibilità dell’arbitro che deve essere espressione di correttezza, imparzialità, alto senso sportivo e morale. In questo senso è stato affermato che "perché sia dunque possibile operare uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte sanzionatorie operate dal legislatore, è pertanto necessario che l'opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura per così dire sintomatica di "eccesso di potere" e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa." (Corte cost. n. 313/1995; nei medesimi termini vedi anche Corte cost. sent. nn. 81/2014, 248/14, 223/2015, 229/2015). Allo stesso tempo, sono stati progressivamente definiti dalla stessa giurisprudenza costituzionale i connotati propri del canone di ragionevolezza, attraverso figure consolidate che, in qualche misura, appaiono come sintomatiche del vizio di legittimità costituzionale o dell'assenza del vizio medesimo. In particolare, sotto il profilo della coerenza della scelta normativa, che può essere riferita anche ai principi generali del sistema ed al quadro normativo, è stato affermato che difetta la ragionevolezza laddove "la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio" (sent. n. 43/1997). La ragionevolezza si manifesta anche come non arbitrarietà, quando la scelta legislativa sia sostenuta da una ragione giustificatrice sufficiente, ovvero non si presenti come costituzionalmente intollerabile (sent. n. 206/1999). Il sindacato di ragionevolezza può consistere, poi, in una valutazione circa la proporzionalità, la congruità e l'adeguatezza del mezzo rispetto al fine perseguito. In questi casi il criterio del giudizio di ragionevolezza non si risolve nei termini di una valutazione di conformità, quanto piuttosto in termini di non difformità/accettabilità /plausibilità di una certa scelta legislativa. Premesso quanto sopra, nella fattispecie de qua non si ravvisa nella scelta del Legislatore regolamentare di individuare una soglia punitiva al di sopra della quale sia prevista la dismissione dell’arbitro della CAN AB alcun tradimento della ratio normativa, risultando, proprio in considerazione della delicatezza del ruolo dell’arbitro ("Gli arbitri, in ragione della peculiarità del loro ruolo, sono obbligati ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva e nei rapporti con colleghi e terzi, rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale" - Regolamento A.I.A.), ragione giustificatrice sufficiente ad imporre la misura adottata l’aver subito provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione e sospensione disciplinare, complessivamente superiori a un anno, adottati negli ultimi 10 anni dagli organi di giustizia dell'AIA, della FIGC, del CONI e dagli organismi sportivi internazionali riconosciuti. La suindicata quantificazione, oltre a non apparire irragionevole, non crea alcuna disparità o diseguaglianza in relazione ai soggetti, sanzionati per i medesimi fatti, ma con pene (anche se di poco) inferiori ai dodici mesi, considerato che anche il legislatore statale ha più volte previsto un limite in relazione al quale sono state fissate preclusioni per le parti (si veda, a mero titolo esemplificativo, l’art. 444 cpp che limita l'applicabilità del cd patteggiamento quando una pena detentiva - tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo - superi i cinque anni).

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 17/TFN - SD del 8 Agosto 2022  (motivazioni)

Impugnazione - Ricorso del sig. P.G. nei confronti della Associazione Italiana Arbitri e della Federazione Italiana Giuoco Calcio - Reg. Prot. 13/TFN-SD

Massima: Rigettato il ricorso dell’arbitro  avverso la delibera dell’AIA che aveva dichiarato le sue dismisssioni - sulla base del precedente disciplinare a suo carico di sospensione per mesi 14 – e proposto all’esito della decisione del Collegio di Garanzia che aveva annullato tali decisioni con rinvio alla Commisssione di disciplina dell’AIA….Secondo la prospettazione attorea, la delibera del Comitato Nazionale dell’AIA di dismissione del Sig. G. sarebbe illegittima per essere stata caducata – in forza della pronuncia Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, 19 luglio 2022, n. 54 – la delibera della Commissione di Disciplina d’Appello dell’AIA 4 maggio 2022, n. 37 (di riforma della delibera Commissione di Disciplina Nazionale, 1° marzo 2022, n. 58), con cui era stata irrogata la sanzione disciplinare di tredici mesi di sospensione (in luogo di quella di quattordici mesi originariamente inflitta dalla Commissione di Disciplina Nazionale). Va, tuttavia, rilevato che la delibera impugnata, adottata il 1° luglio 2022, era stata emessa in presenza dei presupposti delineati dalle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici dell’AIA: l’esistenza di provvedimenti di sospensione disciplinare complessivamente superiori a un anno, adottati negli ultimi dieci anni dagli organi di giustizia dell’AIA (più segnatamente, la detta delibera della Commissione di Disciplina d’Appello dell’AIA 4 maggio 2022, n. 37, di sospensione per mesi tredici, dal giorno 8.2.2022 al giorno 7.3.2023, e la precedente delibera della Commissione di Disciplina Nazionale, 6 settembre 2021, n. 24 di applicazione della medesima sanzione disciplinare dal 22.7.2021 al 7.9.2021). È invero inequivoco il dettato dell’art. 2 N.F.O.T. dell’AIA, il cui comma 4 testualmente prevede che “Gli A.E., A.A., e O.A., fatta salva l’adozione di ogni diverso provvedimento sulla base delle vigenti norme regolamentari e disciplinari, non possono essere impiegati, confermati ovvero proposti nei ruoli a disposizione degli Organi Tecnici Nazionali e Regionali se colpiti da: a. provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione e sospensione disciplinare, complessivamente superiori a un anno, adottati negli ultimi 10 anni dagli organi di giustizia dell’AIA, della FIGC, del CONI e dagli organismi sportivi internazionali riconosciuti”; come risulta incontestabilmente agli atti che, alla data del 1° luglio, constassero provvedimenti disciplinari, nei confronti del Giacomelli, rientranti nel genere di cui all’art. 2 N.F.O.T.. La categoria, implicitamente invocata dal ricorrente, dell’illegittimità sopravvenuta non può avere cittadinanza in sede di vaglio della validità di un provvedimento.  È invero noto che la legittimità di un atto debba essere delibata sulla base dei fattuali e giuridici presupposti esistenti al momento in cui lo stesso provvedimento è stato adottato. Il principio per cui tempus regit actum – unito al canone di certezza giuridica – osta alla declaratoria di illegittimità dell’atto per elementi sopravvenuti rispetto alla piattaforma esistente al momento della sua emanazione. Come ha reiteratamente evidenziato il Consiglio di Stato, “[…] la legittimità del provvedimento amministrativo va accertata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi, i quali in nessun caso possono legittimare o delegittimare ex post precedenti atti amministrativi (cfr. Cons. St., sez. III, 5 febbraio 2013 n. 686, nonché, tra le più recenti, sez. V, 23 giugno 2014 n. 3149, sez. IV, 3 marzo 2014 n. 993 e sez. IV, 6 dicembre 2013 n. 5822)” (ex multis, Cons. St., Sez. III, 1 settembre 2015, n. 4059). Peraltro, nel caso che ne occupa, di sopravvenuta illegittimità della delibera impugnata non potrebbe comunque discutersi. Il novum da cui tale illegittimità sarebbe scaturita risulterebbe, invero, una pronuncia – la decisione Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, 19 luglio 2022, n. 54, cit. – che, anziché annullare in toto il provvedimento impugnato, ha disposto un rinvio alla Commissione di Disciplina d’Appello dell’AIA per la rinnovazione della propria valutazione sull’elemento soggettivo e la conseguente rideterminazione, secondo ragionevolezza e proporzionalità, del quantum della sanzione disciplinare (“Ferma restando la sussistenza della responsabilità in capo all’odierno ricorrente”, come si legge a pag. 14 della pronuncia). Il procedimento di rinvio è il conclusivo sbocco dell’iter disciplinare, di cui rappresenta un continuum: deve attendersi l’esito del primo per stabilire le definitive sorti del secondo; come devono, parimenti, attendersi le determinazioni del Comitato Nazionale dell’AIA conseguenti all’emananda decisione della Commissione di Disciplina d’Appello (ferma rimanendo, per come si è detto, la legittimità della delibera del Comitato, oggi gravata, nel momento in cui è stata adottata). Le domande di parte non possono, dunque, trovare accoglimento.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 170/TFN - SD del 28 Giugno 2022  (motivazioni)

Impugnazione: Ricorso del sig. G.P. contro AIA e FIGC - Reg. Prot. 163/TFN-SD

Massima: Accolto il ricorso ex art. 30 CGS-CONI proposto dall’arbitro nei confronti dell’Associazione Italiana Arbitri e della Federazione Italiana Giuoco Calcio, con il quale, assumendo  di essersi dimesso per motivi di lavoro, ha richiesto di essere reintegrato con il ricongiungimento della precedente anzianità associativa”. Si premette il disposto dell’art.8, comma 6, lettera o) del Regolamento dell’AIA che disciplina la materia, secondo cui il Presidente nazionale dell’AIA, “su richiesta scritta e motivata dell’interessato, acquisito il preventivo parere favorevole motivato in forma scritta del Presidente della Sezione di ultima appartenenza del richiedente, provvede alla riammissione nell’AIA di ex associati dimissionari o che abbiano perso la qualifica per ipotesi diverse dal non rinnovo tessera e dal ritiro tessera disciplinare; in caso di parere sfavorevole del Presidente della Sezione alla richiesta di riammissione, ogni decisione, valutate le oggettive motivazioni del detto parere, spetta al Presidente nazionale, che delibera con provvedimento motivato; il nuovo inquadramento, con ricongiungimento della precedente anzianità associativa, è subordinato alla partecipazione, da parte degli interessati, ad un corso di aggiornamento organizzato dal Settore Tecnico dell’AIA”. Nel caso di provvedimento sfavorevole per l’interessato, la norma richiamata prevede espressamente l’obbligo di motivazione sicché, “in caso di parere sfavorevole del Presidente della Sezione alla richiesta di riammissione, ogni decisione, valutate le oggettive motivazioni del detto parere, spetta al Presidente nazionale, che delibera con provvedimento motivato”. Nel caso in esame il provvedimento si limita ad un mero richiamo del parere sfavorevole (valutate le oggettive motivazioni espresse dal Presidente della Sezione di Termoli a supporto del parere sfavorevole espresso), senza specificare quali siano né come siano state valutate le “oggettive motivazioni” ed il perché del diniego, di talché può ragionevolmente ritenersi che la motivazione, se non del tutto assente sotto l’aspetto grafico e materiale, sia quanto meno apparente, per tale motivo inidonea a comprendere il percorso logico argomentativo che ha condotto all’adozione del provvedimento in esame e tale da condurre, invece, all’annullamento dell’atto. Né, maggiore supporto, va rilevato, perviene dalla disamina del parere sfavorevole del Presidente di Sezione (v. sopra 1.1), chiaramente fondato su “voci” e “sentito dire” circolanti in sezione (“La motivazione per cui anch’io non sono d’accordo ad un suo reintegro si riassume nella ‘voce’ che in Sezione da allora circola”), ed invece privo delle “oggettive motivazioni” che ne avrebbero potuto finanche consentire la condivisione da parte del Presidente Nazionale. Lo stesso dicasi quanto alle presunte ragioni postume addotte in questa sede, anche a non volerne considerare la tardività, perché basate su fatti estranei all’oggetto del ricorso e perché normativamente non preclusa, la riproposizione dell’istanza di reintegro, da un precedente rigetto. Fermo, dunque, il diritto dell’AIA di valutare l’esistenza delle condizioni e dei presupposti per accedere ad un’istanza di reintegro, non può revocarsi in dubbio che tanto debba avvenire nel rispetto del principio della trasparenza degli atti, non disgiunto dai principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall’art. 4, comma 1, CGS cui devono attenersi tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, CGSFIGC. In ragione delle considerazioni che precedono, il provvedimento gravato va dunque annullato, con assorbimento degli ulteriori profili di censura dedotti.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0027/CFA del 22 Ottobre 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 26/TFN dell’8 settembre 2021

Impugnazione – istanza: Sig. I.R.-A.I.A.-Sig. M.I. F.I.G.C.

Massima: Rigettato il reclamo e confermata la decisione del TFN che aveva rigattato il ricorso proposto ex artt. 25 e 30, C.G.S. – C.O.N.I., dall’arbitro effettivo, inquadrato, nella stagione sportiva 2019/2020, nell’organico della Commissione Arbitri Nazionale per la serie B, e, nella stagione 2020/2021, nell’organico della unificata Commissione Arbitri Nazionale (CAN) con il quale chiedeva l’annullamento o la riforma “della delibera del Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri, assunta nella riunione del 1° luglio 2021, pubblicata in pari data, nel corpo del C.U. n. 1 s.s. 2021/2022”, comunicatagli il 13 luglio 2021, che ne aveva disposto la dismissione dai ruoli “per (ritenute) motivate valutazioni tecniche”…In primo luogo, il collegio ritiene di condividere il percorso motivazionale e le conclusioni cui è giunto il Tribunale federale Sezione disciplinare, con riferimento sia alla natura provvedimentale della comunicazione di sospensione cautelare di cui alla email del 5 maggio 2021 sia ai vizi di cui è affetta. Infatti, al di là della forma irrituale con la quale è stata adottata, deve ritenersene provata la natura provvedimentale nonché il conseguente effetto di aver sospeso per il futuro l’impiego dell’arbitro reclamante. Allo stesso tempo, non ricorrendo alcuna delle circostanze che denotano l’inesistenza dell’atto (impossibilità di qualificare il soggetto che ha emanato l’atto come “organo” dell’A.I.A.; incompetenza territoriale del medesimo; assenza di finalità pubblica; indeterminatezza dei contenuti o dell’oggetto ovvero sua impossibilità o illiceità), correttamente il Tribunale federale -Sezione disciplinare ha escluso l’inesistenza dell’atto. Peraltro, trattandosi di atto adottato dall’Organo tecnico dell’A.I.A. in un ambito riservato alla competenza degli Organi di Disciplina, ha riscontrato un vizio nell’esercizio del potere (incompetenza ed eccesso di potere) che avrebbe dovuto essere denunciato con apposito ricorso entro i termini di legge. In ogni caso, in disparte la valutazione circa la natura provvedimentale e i vizi della citata comunicazione, non può dubitarsi del fatto che essa non si inserisca in alcun modo nel percorso procedimentale che ha portato all’emanazione dell’impugnato provvedimento. Del resto, il medesimo reclamante le attribuisce un mero rilievo di fatto, in quanto presupposto del suo mancato utilizzo per le gare successive, con conseguenti ripercussioni sulla sua media. Seppur vero, quest’assunto non appare sufficiente a provare che tale sospensione possa essere considerata causa efficiente del provvedimento impugnato. In tal senso militano argomenti sia di diritto che di fatto. In primo luogo, dalla lettura dell’art. 6, comma 1, delle N.F.O.T., non emerge un obbligo di utilizzo minimo degli arbitri per almeno 15 gare né, dunque, un corrispondente diritto dei medesimi ad essere convocati per altrettante gare; infatti, l’espressione “di norma” chiarisce che tale parametro va inteso come mero criterio di massima, la cui violazione può essere sanzionata solo laddove sia indice di manifesta irragionevolezza o disparità di trattamento (circostanza che può essere pacificamente esclusa nel caso di specie, atteso che il reclamante ha arbitrato ben 14 gare e, quindi, un numero di gare pressocché coincidente con tale parametro di massima).  Peraltro, come chiarito dalla reclamata A.I.A., l’eventuale convocazione del resistente non gli avrebbe comunque fatto conseguire la possibilità di ottenere una media sufficiente ad essere utilmente collocato in graduatoria neanche se avesse conseguito il punteggio massimo possibile. Non può, peraltro, non sottolinearsi come una simile eventualità (il conseguimento del punteggio massimo), seppure astrattamente possibile, non ha un grado di probabilità elevatissimo, atteso che – come ancora evidenziato dalla reclamata – il reclamante al termine della precedente stagione sportiva 2019/2020 si era classificato ultimo e non era stato avvicendato solo perché aveva beneficiato della deroga, prevista dalle N.F.O.T. allora vigenti, per gli arbitri al primo anno di permanenza nell’organico. Non valgono a contraddire tale tesi le argomentazioni portate dal reclamante nel presente giudizio di secondo grado. Come è noto, per chance si intende la perdita attuale della possibilità di ottenere un futuro risultato utile, a patto che essa si presenti come effettiva e concreta occasione favorevole di conseguire un determinato vantaggio economico, qualificabile e quantificabile, non si risolva, invece, in una semplice aspettativa, ma costituisca una vera e propria probabilità statistica di conseguire un arricchimento, configurandosi la stessa come un'entità giuridicamente indipendente e, se provata, sicuramente liquidabile. In tal senso, la circostanza prospettata dal reclamante secondo la quale – in assenza del provvedimento di sospensione – egli avrebbe potuto essere chiamato a dirigere non una ma ben due gare deve essere qualificata come mera aspettativa, certamente possibile ma priva di qualsiasi probabilità statistica, anche alla luce del ricordato risultato della precedente stagione sportiva. Parimenti da disattendere è la prospettazione secondo la quale, in caso di un ulteriore arbitraggio con valutazione massima (circostanza che – come sopra ricordato – appare priva di elevata probabilità statistica), lo stesso avrebbe potuto essere utilmente collocato in graduatoria a seguito dell’estromissione di ben due arbitri effettivi per i raggiunti limiti di età ed in assenza di qualunque deroga espressa. In disparte qualsiasi altra valutazione, appare evidente che in assenza di espresso ricorso, la prospetta estromissione dei due arbitri appare come una eventualità priva di qualsivoglia elemento di reale e concreta possibilità. Conseguentemente, il collegio ritiene la giuridica esistenza del provvedimento di sospensione cautelare adottato con la citata comunicazione del 5 maggio 2021, annullabile, in presenza di tempestivo ricorso, per i cui vizi di incompetenza ed eccesso di potere; d’altro canto, il collegio ritiene non provata la sussistenza di un nesso causale tra tale provvedimento e la lamentata perdita della chance del ricorrente di essere confermato nei ruoli della C.A.N., atteso che, anche in ipotesi di un’ulteriore designazione con assegnazione del massimo punteggio, il medesimo non avrebbe potuto essere utilmente collocato in graduatoria.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0023/CFA del 21 Ottobre 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 28/TFN – SD (2021-2022) del 9 settembre 2021

Impugnazione – istanza: Associazione Italiana Arbitri/Sig. M.G.M.

Massima: Rigettato il reclamo dell’AIA avverso la decisione del TFN che accogliendo il ricorso dell’assistente arbitrale aveva annullava la delibera AIA nella parte in cui aveva disposto l’avvicendamento del ricorrente nell’organico degli assistenti arbitrali a disposizione della Commissione Arbitri Nazionale (CAN)…osservando che tra i criteri predeterminati di avvicendamento c’è il raggiungimento del limite di età il quale, nella stagione sportiva 2020/21, è di 45 anni; quindi, i quattro controinteressati avrebbero dovuto essere avvicendati con la conseguenza che - dovendosi considerare il numero di 6 avvicendamenti fissato per tale stagione lo scorrimento della graduatoria per motivate ragioni tecniche non avrebbe raggiunto la posizione del M…..La disciplina degli avvicendamenti degli assistenti arbitrali è prevista dall’art. 28 delle NFOT secondo il quale al termine di ogni stagione sportiva la C.A.N. propone la dismissione degli assistenti arbitrali inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale ai sensi dell’art. 16. In via prioritaria vengono avvicendati gli assistenti arbitrali che si trovano in una delle condizioni indicate dal comma 2 dell’art. 28, tra cui il superamento del limite di età (lett. e). Qualora, in forza dei criteri indicati nel secondo comma, non venga raggiunto il numero di avvicendamenti fissati dal C.A.N. gli assistenti arbitrali da avvicendare sono individuati in base a motivate ragioni tecniche mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16. Nel presente giudizio non è in discussione né la posizione in graduatoria del M. per motivate ragioni tecniche né il fatto che i controinteressati abbiano compiuto 45 anni di età nella stagione sportiva 2020/21. Ciò di cui si discute è la legittima applicazione dei criteri di avvicendamento fissati dall’art. 28 delle NOFT…Pertanto - poiché nella stagione sportiva a cui si riferisce la delibera impugnata (2020-21) il limite di età è di 45 anni - i quattro assistenti arbitrali controinteressati (tutti ultraquarantacinquenni alla data del 30.6.2021) avrebbero dovuto essere avvicendati prima del M. con la conseguenza che, a fronte di un numero complessivo di sei avvicendamenti, lo scorrimento della graduatoria per motivate ragioni tecniche non avrebbe raggiunto la posizione del ricorrente.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 28/TFN - SD del 9 Settembre 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Ricorso del sig. G.M.M.  contro Associazione Italiana Arbitri, FIGC, nonché nei confronti del sig. A.G. + altri - Reg. Prot. 11/TFN-SD

Massima: Accolto il ricorso ex artt. 25 e 30, CGS-CONI e 83 ss. CGS-FIGC proposto dall’ assistente arbitrale e, per l’effetto, annullata la delibera dell’Associazione Italiana Arbitri pubblicata nel C.U. n. 1 in data 1 luglio 2021, nella sola parte in cui ha disposto l’avvicendamento del ricorrente dall’organico degli assistenti arbitrali a disposizione della C.A.N….Nell’ambito del Regolamento dell’AIA, compete al Comitato Nazionale provvedere “all’inquadramento annuale degli arbitri e degli assistenti [………….] a disposizione degli Organi tecnici nazionali e alle relative promozioni e dismissioni” (art. 11, Reg. AIA) sulla base della “graduatoria di merito di fine stagione” predisposta dagli Organi tecnici di riferimento (art. 25, Reg. cit.), all’esito delle valutazioni delle prestazioni effettuate dagli osservatori arbitrali e dai componenti delle competenti commissioni tecniche. Le dismissioni, nel rispetto del principio di trasparenza (art. 33, Statuto CONI), devono avvenire sulla base di criteri predeterminati e ben noti alla generalità degli associati sin dall’inizio della stagione sportiva (Collegio di garanzia, Sezioni Unite, dec. n. 25/2019). Nella vicenda in scrutinio, i criteri ben noti alla generalità degli assistenti arbitrali sono quelli di cui all’art. 28 delle NOFT vigente all’inizio della stagione sportiva in esame, per quanto rileva così declinati: “1. Al termine di ogni stagione sportiva la C.A.N. propone la dismissione degli assistenti arbitrali inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale ai sensi dell’art. 16. La C.A.N. propone, in via prioritaria, l’avvicendamento degli assistenti arbitrali per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: a. dimissioni dall’Associazione o dall’Organo Tecnico di appartenenza intervenute nel corso della stagione; b. inidoneità fisica ed atletica conseguente al mancato rilascio, in assenza di regolare congedo, del prescritto certificato di idoneità ovvero alla mancata partecipazione ai test atletici o al mancato superamento dei limiti minimi per essi previsti; c. mancato svolgimento, per causa imputabile all’assistente arbitrale, dell’attività minima prescritta dall’art. 6, comma 1; d. adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all’art. 2, comma 4; e. superamento dei limiti di età di cui al precedente art. 15 senza aver conseguito la deroga di cui al successivo art. 29. Qualora, in forza dei criteri indicati nel comma precedente, non venga raggiunto il numero di avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale, la C.A.N. propone la dismissione di assistenti arbitrali inquadrati nel proprio organico per motivata valutazione tecnica. Gli assistenti arbitrali da proporre per l’avvicendamento sono individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16. Non possono, peraltro, essere proposti per la dismissione, nonostante la loro posizione nella graduatoria finale di merito, gli assistenti arbitrali: a. [......…………….] b. [………………….] c. al primo anno di appartenenza alla C.A.N., fatto salvo quanto disposto alla lettera a) del successivo comma (ovvero gravi limiti tecnici per la categoria tali da renderli non idonei alla conferma nell’organico, comprovati da una media globale altamente negativa in rapporto a quella degli altri assistenti arbitrali).” Le proposte di avvicendamento sono formulate dall’Organo Tecnico e valutate dal C.N. che, verificata la sussistenza dei requisiti regolamentari, delibera la dismissione degli assistenti (co. 5, art, cit.). Il limite di età per la permanenza nell’organico è quello di 45 anni compiuti al 30 giugno della stagione di riferimento, come previsto dall’art. 15, co. 2, NFOT, fatta salva la possibilità di deroga prevista dal successivo art. 29, co.1, NFOT. Questi i criteri predeterminati e ben noti, una volta fissato il numero degli avvicendamenti da disporre, come deliberato dal C.N. ex art. 16 NFOT e, ove non lo si raggiunga in forza degli stessi, “gli assistenti arbitrali da proporre per l’avvicendamento sono individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16”. All’evidenza, lo scorrimento della graduatoria interviene solo successivamente all’adozione dei predeterminati, nonché preliminari, anzidetti criteri. Per la stagione 2020/2021, il numero degli assistenti da avvicendare era stato inizialmente fissato in 10 (dieci), come da delibera di cui al C.U. n. 104 del 27.3.2021, poi ridotto a 6 (sei) con la delibera di cui al C.U. n.119 del 25.6.2021. Con la delibera di cui al C.U. n.1 del 1° luglio 2021 qui impugnata, l’AIA procedeva dunque all’avvicendamento di n. 6 assistenti arbitrali, cinque dei quali, tra cui come detto l’odierno ricorrente, per “motivate ragioni tecniche”, ed un dimissionario. Le risultanze della graduatoria di merito non sono oggetto di contestazione. Essa vede collocato alla 78^ posizione su 81 il ricorrente M.. Continuano a fare parte dell’organico gli odierni controinteressati, alla data del 30 giugno 2021 tutti ultra quarantacinquenni, circostanza anche questa non contestata e pacifica. Dalle risultanze documentali non risulta che gli stessi siano stati confermati perché beneficiari di una qualche deroga espressa, così come previsto dall’art. 29, co.1, NFOT. A nulla rileva, invero, che sia stato ridotto da 10 a 6 il numero degli assistenti da avvicendare. Ove l’AIA avesse voluto consentire la permanenza in organico dei sigg.ri A. G., A. C., M. P.e M. V. nel rispetto dei criteri predeterminati e delle legittime aspettative degli altri soggetti interessati, avrebbe dovuto previamente concedere l’espressa deroga di cui sopra. Tanto, esclusa l’assistente F. D. M. perché al primo anno di permanenza e posizionatasi al terzultimo posto, avrebbe consentito di scorrere “la graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 16” e, in definitiva, di disporre il legittimo avvicendamento del ricorrente, come detto 78^ su 81. Così non è stato. Ed ancora a nulla rileva sostenere, come pure sostenuto dall’AIA, che ove applicate le Norme previgenti il ricorrente sarebbe stato comunque dismesso, proprio perché ridotto da dieci a sei il numero degli assistenti da avvicendare e dunque posta nel nulla, sul punto, la precedente delibera, non potendosi assumere quale presupposto idoneo a legittimare la violazione dei criteri “predeterminati e ben noti alla generalità” degli assistenti, la ratifica alle Norme intervenuta ad opera del Consiglio federale in data 23.6.2021. Va alfine evidenziato, a tutto voler concedere, che l’art. 2 delle Norme transitorie e finali ha previsto a far tempo dalla stagione sportiva 2021/2022 l’entrata in vigore del limite di età da 45 a 50 anni previsto dal modificato art. 47, comma 1, del Reg. AIA; che, fermo il limite di età di 45 anni, la permanenza sino a 50 anni è consentita “solo per coloro che abbiano conseguito una posizione tra la prima e la ventottesima nella graduatoria finale di merito”, anche in questo caso, però, a far tempo dalla stagione 2021/2022 (punto 13 Norme transitorie NOFT); che ai fini della composizione degli organici per la stagione sportiva 2021/2022 (punto 2 Norme transitorie), l’innalzamento di un anno dei limiti di età previsti dall’art. 15, comma 1, lett. a e lett. b, e dagli artt. 20 e 26 delle NFOT riguarda, nell’ordine, gli arbitri effettivi a disposizione  della C.A.N., della C.A.N. C, gli arbitri e gli assistenti della C.A.N. C.  Anche sotto tale profilo, pertanto, il ricorso è fondato. Attesa la natura dei rilievi che precedono, restano assorbiti gli ulteriori motivi di doglianza riferiti al mancato riscontro dell’AIA alla richiesta di accesso agli atti, tenuto conto delle compiute e puntuali difese del ricorrente; alla eccepita inapplicabilità in via di analogia della previsione di cui al punto 2 delle Norme transitorie NFOT e, comunque, alla irretroattività della stessa.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 26/TFN - SD del 8 Settembre 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Ricorso del sig. I.R. contro Associazione Italiana Arbitri, FIGC, nonché dei confronti del sig. M.I. - Reg. Prot. 12/TFN-SD

Massima: Rigettato il ricorso ex artt. 25 e 30, C.G.S. – C.O.N.I., proposto dall’arbitro effettivo inquadrato nell’organico della Commissione Arbitri Nazionale per la serie B e nella stagione 2020/2021 nell’organico della unificata Commissione Arbitri Nazionale (CAN), con il quale ha chiesto: a) l’annullamento e/o la riforma “della delibera del Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri, assunta nella riunione del 1° luglio 2021, pubblicata in pari data, nel corpo del C.U. n. 1 s.s. 2021/2022”, comunicatagli il 13 luglio 2021, che ne aveva disposto la dismissione dai ruoli “per (presunte) motivate valutazioni tecniche” (così letteralmente nelle conclusioni: nds); b) l’annullamento e o la riforma di “qualsiasi atto prodromico, pregresso, presupposto, preliminare e/o successivo (qualora esistente) alla delibera medesima, ivi compresa la menzionata comunicazione del 13 luglio 2021, effettuata attraverso la piattaforma Sinfonia4you”….….L’oggetto del presente procedimento è dato dalla verifica del rispetto delle previsioni del Regolamento dell’A.I.A. e delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici (N.F.O.T.), nell’assunzione della delibera del Comitato Nazionale dell’A.I.A. che ha disposto l’avvicendamento per motivi tecnici dell’a.e. ….Pur tenuto conto dell’autonomia dell’Ordinamento sportivo, tuttavia, l’anzidetta verifica non può prescindere dalla valenza parapubblicistica delle procedure di progressione e dismissione degli arbitri, soggetti chiamati a garantire il corretto svolgimento delle competizioni, anche professionistiche, che si svolgono sotto l’egida della FIGC, a sua volta affiliata al C.O.N.I. (cfr. C.U. N. 49/TFN – Sezione Disciplinare - 2018/2019; C.U. N. 17/TFN – Sezione Disciplinare - 2017/2018). Come sopra delimitato l’ambito del presente procedimento, il ricorso è infondato e va respinto. Non può invero non osservarsi, come evidenziato anche dalla difesa dell’A.I.A., che il ricorrente non ha dedotto alcun vizio particolare della delibera che ne ha disposto l’avvicendamento; non ha contestato le risultanze numeriche delle valutazioni degli osservatori arbitrali e dei componenti l’Organo tecnico; non ha contestato le graduatorie finali. In sintesi, in disparte la mancata ostensione della documentazione richiesta, in ordine alla quale non ha specificato se ed in quale misura ne sia stato limitato il diritto di difesa, ciò che lamenta è un vizio del procedimento che ha portato all’emissione della delibera impugnata, perché a suo dire viziata dal precedente “provvedimento” di sospensione che ne avrebbe compromesso le chance di permanenza nell’organico, provvedimento a suo dire inesistente e che, in ragione di tale inesistenza, non era tenuto ad impugnare autonomamente. La tesi non può essere condivisa. Per consolidata giurisprudenza amministrativa, in tanto confortata dalla Dottrina maggioritaria, per quanto possa occorrere, l’atto è da considerarsi inesistente: - quando l’agente che ha emanato l’atto amministrativo non è qualificabile come “organo della P.A.”, ossia privo di qualsiasi competenza amministrativa;- quando, l’atto amministrativo sia stato emanato da un organo astrattamente competente, ma fuori della sua sfera giuridica di competenza territoriale; - quando manchi di finalità (ovvero non è preordinato al perseguimento di un interesse pubblico); - quando il contenuto dell’atto è indeterminato o indeterminabile; - quando il contenuto dell’atto amministrativo è impossibile; - quando il contenuto dell’atto amministrativo è illecito (ossia quando si impone un comportamento costituente illecito); - quando l’oggetto dell’atto amministrativo è indeterminato o indeterminabile. Indiscussa, all’interno dell’A.I.A., la ripartizione delle competenze tra Organi tecnici, cui compete la gestione tecnica degli Arbitri, Assistenti ed Osservatori Arbitrali, e Organi di giustizia, cui compete la potestà disciplinare nei confronti degli associati tutti, non v’è dubbio che, il potere di sospensione per motivi esclusivamente disciplinare rientri nella competenza degli Organi di Disciplina, secondo quanto previsto dalle Norme di Disciplina. È invece riservato, agli Organi tecnici, il potere di sospensione per inadempienze tecniche, atletiche o comportamentali che non investano l’aspetto disciplinare (art. 25, comma 3, reg. A.I.A.). Nel caso di specie il provvedimento di sospensione, perché di tanto trattasi, è stato adottato dal responsabile della CAN perché appresa, dal Presidente dell’AIA, l’esistenza di un’indagine che vedeva coinvolto l’arbitro per irregolarità nella compilazione delle note spese e nella richiesta dei conseguenti rimborsi. È di tutta evidenza come il provvedimento esuli dalla sfera di competenza del responsabile Rizzoli e che, al massimo, lo stesso sia viziato da incompetenza ovvero da eccesso di potere. Ad ogni buon conto, in linea di principio, nelle anzidette ipotesi, è l’esercizio del potere ad essere viziato, ma non si pone in questione l’esistenza del provvedimento che, pertanto, al pari della ipotesi di incompetenza relativa, sarà annullabile, non già nullo (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 27.01.2012, n. 372). Dall’annullabilità del provvedimento discende in ogni caso, per il suo destinatario, ove ritenuto lesivo di una “ posizione giuridica autonomamente tutelabile”, l’onere di procedere alla sua impugnazione. 4. In disparte quanto precede e, a tutto voler concedere, vi è che l’atto in parola non possa nemmeno qualificarsi quale presupposto della delibera di avvicendamento. Ed invero, il procedimento che ha condotto all’avvicendamento del ricorrente prescinde, comunque la si voglia qualificare, dalla situazione disciplinare di questi. Essa è stata adottata all’esito delle valutazioni delle sue prestazioni e non trae la sua legittimità dal precedente “provvedimento”, nemmeno nel caso, ma così non è, lo si volesse considerare assolutamente inesistente nei termini prospettati dal ricorrente. La sua eventuale caducazione, ove fosse stata autonomamente impugnata ed annullata, ovvero l’asserita assoluta inesistenza che ne escluderebbe, secondo la tesi prospettata, la necessità della sua previa impugnazione, non avrebbe comunque comportato l’automatica invalidità ed inefficacia della delibera di avvicendamento. Mette conto qui evidenziare, sul punto, l’arresto del C.d.S., Sezione VI, 29 settembre 2015, n. 4404, richiamato dalla difesa dell’A.I.A.: “ll ricorso allo schema concettuale della caducazione emerge in giurisprudenza allorquando si tratta di considerare la sorte di provvedimenti che, legati strettamente agli atti precedenti della medesima serie procedimentale, ritraggono la loro legittimità unicamente da questi per cui, annullati i primi, i secondi perdono parimenti i connotati di validità ed efficacia in modo tanto diretto ed automatico da non richiedere la loro diretta impugnazione. Si tratta cioè di una sanzione adottata contro atti ulteriori interni allo stesso procedimento, sanzione che non richiede la previa impugnazione dell’atto, strumento tipico del diritto amministrativo, ma rientra in uno schema lineare di propagazione delle nullità, più vicino alle dinamiche processualcivilistiche di cui all’art. 159 c.p.c.. L’eccezionalità di questo tipo di intervento invalidante, la cui disciplina rende concettualmente inapplicabile il modulo ordinario di impugnazione per singoli atti, fondante il diritto amministrativo e il modo dell’equiparazione, giustifica la particolare rigidità con cui l’elaborazione pratica ha individuato i casi di caducazione. La giurisprudenza del tutto pacifica, dopo aver rimarcato la differenza tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, connota la prima forma di vizio, di natura più dirompente, sulla base di due elementi precisi: il primo dato dall’appartenenza, sia dell’atto annullato direttamente come di quello caducato per conseguenza, alla medesima serie procedimentale; il secondo individuato nel rapporto di necessaria derivazione del secondo dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi (ex plurimis, indicando le decisioni più recenti, C.d.S., sez. V, 26 maggio 2015, n. 2611; id., sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2116; id., sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1782; id., sez. VI, 30 marzo 2015, n. 1652; id. sez. V, 20 gennaio 2015, n. 163; id., sez. III, 19 dicembre 2014, n. 6174).Pertanto, qualora almeno uno dei due detti presupposti fosse inesistente, sarebbe inapplicabile lo schema concettuale della caducazione e dovrebbero ritenersi utilizzabili unicamente le usuali impugnative tipiche del diritto amministrativo. Ebbene, non v’è chi non veda come, nel caso in esame, la comunicazione di sospensione dell’O.T. del 5.5.2021 prescinda da considerazioni di natura tecnica, considerazioni che, tradotte in numeri, costituiscono, invece, la parte motivazionale della delibera di avvicendamento, il che esclude l’esistenza di una singola serie procedimentale e, dunque, il rapporto di inevitabile ed ineluttabile consequenzialità, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi tra gli anzidetti due atti. Escluso il nesso di presupposizione tra gli atti sopra richiamati, vi è da dire che il ricorrente, impiegato in quattordici gare, quand’anche ne avesse dirette quindici, e nella quindicesima avesse ottenuto da parte del responsabile della C.A.N. la valutazione massima di 8.70, non avrebbe per ciò solo mutato la posizione in graduatoria ed evitato l’avvicendamento. Alla data del 30.3.2021, invero, il ricorrente aveva una media di 8,452 data dalla media dei voti conseguiti dagli oo.aa. (8,464) ponderata con quella dei voti ottenuti dall’O.T. all’esito di quattro valutazioni (8,425) ed era quartultimo, posizionato al 45^ posto su 48 della graduatoria. Quand’anche avesse riportato nella ipotetica 15^ gara la votazione di 8.70, la media O.T. sarebbe stata di 8.48 che, a sua volta mediata con quella degli oo.aa., non ne avrebbe mutato la posizione nella graduatoria generale in termini utili per la permanenza. Si sarebbe infatti collocato al 45^ posto con una media finale di 8.472 e, quindi a distanza di due millesimi da chi lo precedeva in graduatoria, collocato al 44^ posto utile a permanere in organico. Per completezza espositiva, per quanto possa ancora occorrere, deve dirsi che il ricorrente non ha specificato in che termini la mancata ostensione da parte dell’A.I.A. della documentazione richiesta ne abbia limitato il diritto di difesa. Il ricorso evidenzia, invero, come il ricorrente abbia compiutamente preso posizione sulle questioni dedotte e, all’esito della costituzione dell’A.I.A., non ne ha contestato la produzione documentale, né chiesto un eventuale termine per ulteriormente dedurre in ordine alla stessa.

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  – Sezione Prima: Decisione n. 39 del 23/05/2021www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione n. 74-2020/2021 del 18 gennaio 2021 della Corte d'Appello Federale, Sezioni Unite, della FIGC, con la quale è stato rigettato il reclamo del suddetto ricorrente avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale della FIGC, pubblicata con C.U. n. 35/TFN del 6 novembre 2020, che aveva confermato il provvedimento di dismissione dell'A.A. L. M. per sopraggiunti limiti di età, disposto dall’AIA con C.U. n. 35 del 31 agosto 2020, stagione sportiva 2019/2020, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici.

Parti: L. M./Associazione Italiana Arbitri

Massima: Accolto il ricorso proposto dall’associato AIA e per l’effetto annullata la decisione con rinvio alla CFA che aveva dichiarato inammissibile il ricorso e dunque confermato il provvedimento di dismissioni  per sopraggiunti limiti di età e per l’effetto rimessa la decisione alla stessa in diversa composizione per il nuovo esame del merito…Il Collegio non può esimersi dal rilevare come la sentenza della Corte Federale  dAppello risulti incoerente e contraddittoria su più punti. In principio va, infatti, ricordato come il fine principale dell’ordinamento sportivo sia quello di privilegiare il merito sportivo; compito degli Organi della giustizia sportiva è di tutelare tale principio, andando a censurare valutazioni che non rispecchino una ratio di stampo meritocratico. Lasserita insindacabilità, da parte della Corte Federale dAppello, della mancata concessione della deroga al sig. M., in quanto frutto di una decisione di natura tecnica da parte  dell’AIA, ritenuta come tale insindacabilenon risponde alla logica appena enucleata: dalle risultanze del caso di specie emerge, infatti, come i parametri oggettivi di cui disponeva l’AIA per valutare anche il merito sportivo, ai fini della concessione della deroga ex art. 29 del Regolamento, non giustificassero una sua emanazione in favore del controinteressato sig. P.; la stessa Corte Federale dAppello, per giunta, non è mancata nel constatare come il procedimento seguito dall’AIA per addivenire alla concessione della deroga al sig. P.non apparisse perspicuo. Essa avrebbe, pertanto, dovuto indagare con maggior cura la genesi della decisione adottata. Emerge, altresì, nella motivazione della Corte Federale dAppello una contraddizione con riguardo alla valutazione del requisito anagrafico, dapprima qualificato nei termini di requisito essenziale, per poi ammettere una sua contemperazione, da parte del legislatore federale, con altri criteri più o meno stringenti maggiormente afferenti al contesto sportivo di riferimento. Sempre dalla lettura della sentenza della Corte Federale dAppello, il requisito di carattere anagrafico è ritenuto funzionale rispetto alla valutazione degli standard psico-fisici del soggetto in questione, così da conseguirne un riconoscimento del suo valore prettamente presuntivo. Nella situazione del sig. M., emerge in tutta evidenza come il rendimento da lui fornito in qualidi arbitro non fosse inficiato in maniera apprezzabile dall’età, così come testimoniato dalla sua recente nomina internazionale. Più in particolare, non può non notarsi come la Corte Federale abbia ritenuto inammissibile il gravame proposto dal M. sostenendo una mutatio libelli in secondo grado in relazione alla dimissione come patita, laddove tale doglianza viene correlata al provvedimento di deroga concesso ad altro arbitro, chiedendo di poterne beneficiare lui al posto del prescelto. Non è chiaro, però, il discorso argomentativo seguito dalla pur pregevole ed accurata decisione di merito, atteso che, nella stessa decisione più volte si ribadisce che il bene perseguito dal M. è quello della revindica e non si comprende, perciò, la ragione per la quale possa ritenersi inammissibile la domanda più mirata, che forma oggetto della ritenuta mutatio libelli. Si consideri a tale proposito, che il giudice, nell’esame della domanda, non è vincolato alle espressioni letterali utilizzate dalle parti, ma deve indagare e considerare il contenuto sostanziale della domanda (Cass., 21 maggio 2019, n. 13602; Cass., 13 dicembre 2013, n. 27940; Cass., 28 agosto 2009, n. 18783; Cass., 17 settembre 2007, n. 19331) come ricavabile, ad esempio, dalle argomentazioni (in fatto e in diritto), contenute nell’atto introduttivo o negli atti defensionali successivi, dai mezzi istruttori offerti, dalle precisazioni compiute nel corso del giudizio, dallo stesso scopo cui mira la parte (Cass., 21 luglio 2006, n. 16783; Cass. SS.UU., 27 febbraio 2000, n. 27) e, più in generale, dal comportamento processuale della parte (Cass., 21 luglio 2006, n. 16783; Cass., 20 gennaio 2004, n. 822; Cass., 24 luglio 1981, n. 4779; Cass., 01 giugno 1983, n. 3748; Cass., SS.UU., 24 luglio 1981, n. 4779). La Suprema Corte ha affermato, ancora, che “nellesercizio del potere dinterpretazione e qualificazione della domanda, il giudice del merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto, piuttosto, del contenuto sostanziale della pretesa, desumibile dalla situazione dedotta in causa e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del giudizio, nonché del provvedimento richiesto in concreto, senza altri limiti che quello di rispettare  il principio  della  corrispondenza  della pronuncia alla richiesta e di non sostituire dufficio una diversa azione a quella formalmente proposta” (ex multis, Cass., 18 marzo 2014, n. 6226; Cass., 20 giugno 2011, n. 13459; Cass., 27 febbraio 2001, n. 2908). Fermi i ricordati principi, occorre porre mente alla più recente pronuncia a Sezioni Unite (Cass. SS.UU., n. 12310/2015), secondo cui “La vera differenza tra le domande "nuove" implicitamente vietate - in relazione alla eccezionale ammissione di alcune di esse - e le domande "modificate" espressamente ammesse non sta dunque nel fatto che in queste ultime le "modifiche" non possono incidere sugli elementi identificativi, bennel fatto che le domande modificate non possono  essere  considerate  "nuove"  nel  senso  di  "ulteriori"  o  "aggiuntive",  trattandosi  pur sempre delle  stesse  domande  iniziali  modificate  -  eventualmente anche  in  alcuni  elementi fondamentali -, o, se si vuole, di domande diverse che penon si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività.” Quanto, poi, al fatto che la Corte Federale abbia ritenuto di rigettare anche nel merito il proposto gravame, non ci si può esimere dal considerare che tale rigetto non faccia venir meno la rilevanza del vizio motivazionale di cui innanzi si è detto, atteso che è nota la regola per la quale la pronuncia di inammissibilità elide qualsivoglia potestas iudicandi in relazione al merito (cfr., Cass., SS.UU., n. 3840/2007). Vi è, poi, la questione che è, altresì, oscuro, sul piano logico, il collegamento tra due parti della decisione impugnata, e ciquella secondo cui il potere di deroga sarebbe riservato ad una facoltà meramente discrezionale, esercitabile da parte dell’AIA, e quella in base alla quale, di poi, si fa salva la disposizione di cui all’art. 15, comma 2, NOFT, in quanto norma positiva fondata sul mero dato anagrafico che si ritiene giustamente prevalente su qualsivoglia altra valutazione che possa incidere sul mero dato anagrafico.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I:  DECISIONE N. 076 CFA del 22 Gennaio 2021

Decisione Impugnata: Decisioni n. 53/TFN sezione disciplinare (2020/2021) e n. 54/TFN sezione disciplinare (2020/2021);

Impugnazione – istanza: Sig. M.D.-Sig. B.N.-AIA-FIGC-Sig. A.E.

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha dichiarato i ricorsi in parte inammissibili, per tardività, con riguardo alle contestazioni sollevate nei confronti delle deroghe concesse agli A.E. … e …., e infondati per la restante parte relativa all’impugnazione della deliberazione dell’ A.I.A. di cui al C.U. n. 35 del 31.8.2020 sotto tre distinti profili: in primo luogo, per la asserita carenza di motivazione del provvedimento di dismissione adottato nei loro confronti, in secondo luogo per la pretesa violazione dell’art. 22 delle NOFT (Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici), in terzo luogo, per eccesso di potere (per erroneità dei presupposti – difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, arbitrarietà, illogicità), violazione del giusto procedimento e dei principi in materia di trasparenza e imparzialità. I ricorrenti hanno in particolare dedotto, sotto tale ultimo profilo: a) l’omessa informativa agli interessati delle risultanze tecniche su cui l’A.I.A. avrebbe fondato la propria decisione; b) l’assenza, quanto meno in termini di esplicitazione, degli eventuali criteri che  avrebbero condotto alla loro dismissione;  c) la disparità di trattamento che sarebbe derivata dal diverso numero di gare (in astratto idonee ad incidere sulla media finale delle valutazioni) alle quali furono designati; d) la mancata preventiva comunicazione, “ove esistente”, dei criteri di attribuzione dei voti riferiti alle prestazioni visionate, cui sarebbero stati attribuiti “voti illogici, frutto di mero arbitrio” che nulla avrebbero “a che vedere con la (tanto) declamata esistenza di una discrezionalità tecnico valutativa”; e) la mancanza di indipendenza degli Organi Tecnici (OO.TT.), poiché le relative modalità di nomina li renderebbe asserviti all’“Organo Politico”.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 074 CFA del 18 Gennaio 2021

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale n. 35/TFN-SD del 6.11.2020 di  reiezione del ricorso tendente ad ottenere l'annullamento del provvedimento di dismissione per sopraggiunti limiti di età disposto dall’A.I.A. con Com. Uff. n. 35 del 31.08.2020

Impugnazione – istanza: M.L.-AIA-FIGC-Sig. P.G.

Massima: Confermata la decisione del TFN di reiezione del ricorso tendente ad ottenere l'annullamento del provvedimento di dismissione per sopraggiunti limiti di età disposto dall’A.I.A.……..A ben vedere, il sopra sintetizzato motivo di reclamo si traduce (e, ad ogni buon conto, si risolve) in una censura nei confronti della scelta, effettuata dai competenti organi dell’AIA, di concedere la prevista deroga regolamentare al sig. P.anziché al reclamante medesimo, attesa la sua età anagrafica superiore al limite regolamentare. Ora, la scelta degli organi tecnici AIA censurata dal reclamante, sembra integrare un atto di natura tecnica ed a valenza discrezionale rientrante nelle prerogative di indirizzo proprie dell’AIA. Sotto tale profilo, questa Corte ritiene di riaffermare il pacifico principio della insindacabilità, in via generale, delle decisioni dell’AIA di natura tecnica, peraltro, chiaramente posto dalla disposizione di cui all’art. 40, comma 3, lett. f), del Regolamento AIA. Conviene al riguardo ribadire in questa sede quanto da tempo affermato dal giudice amministrativo secondo cui con il concetto di discrezionalità tecnica s’intende fare riferimento al tipo di valutazione che viene posta in essere quando l’esame di fatti o situazioni deve essere effettuato mediante ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico. In questi casi la verifica giustiziale deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali dell’organo che ha emanato l’atto, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza anche e soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo, senza, cioè, poter far luogo a sostituzione di valutazioni in presenza di interessi la cui cura è dalla norma espressamente affidata ad un dato organo, sicché ammettere che il giudice sportivo possa auto-attribuirseli rappresenterebbe quanto meno una violazione dell’ordine delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri. Resta inteso, quindi, che (anche) il sindacato del giudice sportivo, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è limitato al riscontro del vizio di legittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà ovvero palese e manifesto travisamento dei fatti. E tali vizi non sussistono nel caso in esame in quanto il sig. P.si è classificato al quinto posto (su 40) della graduatoria di merito.

……Ad avviso di questa Corte la soluzione della controversia va ricercata sotto il profilo della ragionevolezza o meno (e della proporzionalità della stessa rispetto al fine da perseguire ed allo specifico contesto di riferimento) della regola del limite di 45 anni di età e del suo eventuale contrasto con i principi sopra detti. Recita l’art. 15, comma 2, NFOT:«A.A.: l’attività è consentita in base all’efficienza fisica ed alla validità di rendimento dell’interessato purché questi non abbia ancora compiuto al termine della stagione sportiva in corso (30 giugno): il 45° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. A; il 42° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. B; il 35° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. C; il 32° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N. D». Orbene, la sopra menzionata disposizione delle NFOT non è in contrasto né con i principi fondamentali o costituzionali dell’ordinamento giuridico generale, né con il combinato disposto delle norme di cui all’art. 1, comma 2, dello stesso Regolamento AIA (secondo cui la predetta medesima Associazione provvede «direttamente al reclutamento, alla formazione, all’inquadramento ed all’impiego degli arbitri, assicurando condizioni di parità nell’accesso all’attività arbitrale») e dell’art. 2, comma 5, dello Statuto federale («La FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza»), inserito nell’articolo significativamente rubricato “Principi fondamentali”. Del resto,  occorre  considerare che  l’orientamento prevalente della giurisprudenza costituzionale e della giustizia amministrativa è nel senso di considerare l’apposizione di limiti, quali quelli che qui ci occupano (per l’accesso ad una carriera o in ordine alla cessazione della stessa), una prerogativa del legislatore, soprattutto, appunto, laddove il contrasto della disposizione con i principi dell’ordinamento considerato non sia palese ed evidente. Nel caso di specie, si tratta di un limite anagrafico posto da una norma di carattere generale la cui valutazione in termini di “attualità” e coerenza con il vigente contesto normativo e giurisprudenziale – anche comunitario – di rilievo, non può che essere demandata al legislatore federale o a quello sportivo, che ben potrà, nell’ambito della sfera di discrezionalità normativa allo stesso riservata, eventualmente considerare la possibilità di  una complessiva rivisitazione della disciplina in materia, idonea ad impedire eventuali singoli provvedimenti o decisioni che rischierebbero di creare un vulnus per la operatività ed efficienza del sistema. Unicuique suum. Per quanto concerne la presente sede giustiziale, ciò che viene essenzialmente in rilievo è che la previsione di un limite di età per gli arbitri non appare oggettivamente e ragionevolmente ingiustificata. L'individuazione del requisito anagrafico di cui trattasi non può essere ritenuta arbitraria o posta in violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, né in contrasto con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, in quanto il contestato requisito del limite di età può essere giustificato dalla specifica attività psico-fisica richiesta alla categoria arbitrale, che non può non postulare il possesso di specifici requisiti d'idoneità e di perfetta efficienza fisica, ivi compresa una ragionevole età anagrafica. Del resto, l’imposizione di un limite di età non appare in contrasto neppure con la direttiva n. 78/2000/Ue – che ha, come è noto, lo scopo di impedire discriminazioni in tema di accesso al lavoro – atteso che la stessa, all’art. 6, consente ampie deroghe in ragione dell'età, affidandole al prudente apprezzamento del legislatore nazionale. Né può dirsi in contrasto con l'art. 3, comma 4-bis e 4-ter del decreto legislativo n. 216/2003, di recepimento della richiamata direttiva, che fa salve le vigenti disposizioni di legge che prevedono trattamenti differenziati in ragione dell'età per peculiari categorie di lavoratori. In altri termini, questa Corte ritiene che, considerato che la natura delle funzioni assegnate dall’ordinamento federale all’arbitro presuppone un'attitudine psico-fisica particolare, non costituisce discriminazione la previsione di un limite di età per la cessazione (i.e. “dismissione”) dal ruolo, atteso, appunto, che, per la particolare natura dell’attività richiesta agli arbitri e in considerazione del contesto in cui la stessa viene espletata, la connotazione anagrafica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento della predetta medesima attività. Quanto precede anche alla luce della legittimità della finalità e della sua proporzionalità con il requisito, dovendosi presumere che il possesso di determinate capacità fisiche sia (quantomeno, anche) una caratteristica legata all'età. Il principio della eliminazione, in via generale, del limite d'età per l’espletamento di una data funzione non può, dunque, valere anche per lo svolgimento di quelle attività dove la prestanza fisica diviene elemento (i.e. prerequisito) fondamentale. In definitiva, è legittima la disciplina di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in quanto il limite anagrafico per lo svolgimento di una data attività risulta necessario e, comunque, funzionale ad assicurare l’efficienza del servizio arbitrale e non appare irragionevolmente discriminatorio, fondando la sua ratio nella peculiare posizione funzionale di tale categoria di associati alla Federcalcio alla luce del necessario possesso di specifici requisiti psico-fisici. In conclusione, dunque, la Corte federale d’appello ritiene che della denunciata disposizione di cui all’art. 15, comma 2, NFOT, in forza della quale l’AIA ha deliberato la dismissione del sig. …, non possa essere affermata la natura discriminatoria nella parte in cui prevede un limite massimo di età. Resta ferma, evidentemente, la possibilità per il legislatore federale di contemperare siffatto criterio anagrafico con altri criteri e requisiti meno restrittivi e più idonei al contesto sportivo di riferimento, quali, ad esempio, quello della sussistenza della effettiva idoneità psico-fisica dell’associato.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 54/TFN del 04.12.2020

Impugnazione - Istanza: Ricorso dell'A. E. M.D. contro AIA, FIGC e l'A. E. A.E. - Reg. Prot. n. 21/TFN-SD)

Massima: Infondato è il ricorso ex artt. 25 e 30, CGS CONI e 43-bis CGS proposto dell’A. E. avverso la FIGC e l’AIA e nei confronti del sig. E. A., giunto all’ottavo anno di permanenza nel ruolo, l’arbitro effettivo (d’ora in poi “a.e.”) … della Sezione AIA di Varese, nella stagione sportiva 2019/2020 inquadrato nell’organico della CAN B, ha chiesto l’annullamento <<della delibera, adottata dall’AIA, pubblicata sul C.U. (Comunicato Ufficiale) n. 35 del 31.08.2020, stagione sportiva 2019/2020, con il quale: “visti gli artt. 11, comma 6, lett. a) e 18, comma 1, lett. g) del vigente Regolamento A.I.A.; visto il C.U. n. 31 del 10 agosto 2020 e le disposizioni ivi previste per le promozioni ed avvicendamenti inerenti la C.A.N. C per la stagione sportiva 2019/2020; viste le proposte formulate dagli Organi Tecnici Nazionali, in merito alla formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2020/2021 delibera la formazione dei ruoli arbitrali nazionali C.A.N. A, C.A.N. B e C.A.N. C per la Stagione Sportiva 2020/2021, di cui al documento allegato che forma parte integrante del presente atto”, veniva disposta la dismissione dell’A.E. Minelli Daniele, della Sezione di Varese, facente parte dell’organico della CAN B, con la laconica dicitura, “Per Motivate Valutazioni Tecniche”, con in calce il solo nominativo del dismesso e la sezione di appartenenza e comunque di tutti gli atti prodromici, presupposti, preliminari e successivi, compresa la eventuale proposta dell’Organo Tecnico della C.A.N. B, e la (eventuale)  delibera del Comitato Nazionale nonché dei criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi dei dismessi, trasmessi al Comitato Nazionale, della eventuale delibera che ha  stabilito la definizione dell’Organico della CAN B, per la stagione 2019/2020, della formazione della graduatoria di merito e relativa comunicazione del 9 settembre 2020 e di quelle antecedenti sulla posizione in graduatoria e relativa media, in quanto tutti assunti nel mancato rispetto degli atti e delle norme regolamentari e di funzionamento in ordine alla formazione dell’organico oltre che in violazione dei criteri di trasparenza ed imparzialità e comunque di ogni altra norma giuridica, anche con specifico riferimento alle norme dell’associazione chiamata in giudizio.>>….L’esame dei motivi di ricorso non può prescindere dal richiamo dei principi affermati in subiecta materia dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI n. 25 dell’11 marzo 2019, pubblicata il 2 aprile 2019, che in sintesi ha ribadito, ove occorresse, il principio di autonomia dell’Ordinamento sportivo, con conseguente inapplicabilità automatica dei principi propri degli atti amministrativi. Ed invero, secondo il Collegio e come del resto ormai ben noto, “gli artt. 1 e 2, lett. a), della L. 280/2003 sanciscono l’autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statale, riservando al primo le questioni aventi ad oggetto “l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive”. Tanto delimita il perimetro cui l’indagine di questo Collegio deve essere contenuta, dovendosi qui verificare, alla luce delle previsioni del Regolamento dell’AIA e delle vigenti Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici (NOFT), se la dismissione del ricorrente sia stata assunta nel rispetto delle norme di tale ordinamento e, in particolare, oltre che correttamente, siano state applicate con imparzialità e trasparenza.

Sulla mancata indicazione delle “motivate valutazioni tecniche” che hanno condotto alla sua dismissione… il C.U. qui impugnato, lungi dal riportare unicamente i nominativi dei due arbitri dismessi dalla CAN B, uno dei quali per l’appunto il ricorrente, nelle sue premesse richiama tra gli altri, l’art. 11, comma 6, lett. a, in forza del quale “il Comitato nazionale delibera in ordine: a) all’inquadramento annuale degli arbitri, degli assistenti e degli osservatori a disposizione degli Organi tecnici nazionali e alle relative promozioni e dismissioni, su proposta dei responsabili degli Organi tecnici nazionali”, nonché le proposte formulate dagli Organi Tecnici Nazionali in merito alla formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2020/2021. Le premesse del provvedimento, dunque, oltre a legittimare l’organo deliberante in ragione della indicazione della fonte dei poteri al medesimo conferiti, indicano, altresì, con il richiamo alle proposte formulate dagli Organi Tecnici Nazionali, le ragioni dell’assunzione dei provvedimenti adottati, cui inevitabilmente fanno rinvio, sì da formarne parte integrale ed inscindibile. A tale proposito, le proposte del responsabile della CAN B illustrate nella relazione di fine anno devono ritenersi integrate con quelle rassegnate in sede di riunione del Comitato Nazionale del 31.8.2020, come risultanti dal relativo verbale allegato alla documentazione versata in atti dall’AIA ed interamente riportate nella memoria difensiva. È quivi dato leggere, fissato dal Comitato Nazionale in due il numero degli avvicendamenti, che venivano avanzate due proposte di conferma nel ruolo in deroga (riguardanti gli aa.ee. .. e .., l’uno all’ottavo anno di permanenza nel ruolo e terzo nella graduatoria di merito, l’altro venticinquesimo ed ultimo, al primo anno di permanenza nel ruolo), e due proposte di dismissione in ragione della posizione in graduatoria per il Minelli, 24° su 25, e il Baroni, 23° su 25, in ragione della media globale finale, proposte tutte supportate, in sede di riunione del Comitato Nazionale, dalle considerazioni ivi ampiamente svolte dall’Organo Tecnico proponente.

Sulla violazione dell’art. 22 delle NOFT, la cui corretta applicazione avrebbe dovuto condurre alla dismissione dell’a.e….Prevede, la norma di cui si assume la violazione (art. 22 NOFT), che al termine di ogni stagione sportiva, ciascun Organo Tecnico nazionale propone la dismissione dalla Commissione di appartenenza degli arbitri inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato nazionale ai sensi dell’art. 16 (comma 1). Per la stagione 2019/2020 sono stati previsti due avvicendamenti (delibera 31 agosto 2020, pubblicata con C.U. n. 44 del 3.9.2020). In disparte ogni altra considerazione, essendo stato inizialmente previsto in 3 il numero degli avvicendamenti, salvo successive modifiche, come da delibera pubblicata con il C.U. n. 65 del 24.4.2020, la relazione già prevedeva la proposta di conferma in deroga dell’a.e. R. e quella di dismissione del ricorrente Baroni, 23° su 25, e dell’a.e. M., 24° su 25. Ciò nondimeno, in quanto ridotto a due il numero degli avvicendamenti, giusta delibera del 31 agosto 2020 (C.U. n. 44 del 3.9.2020), l’Organo Tecnico, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 29, proponeva per la conferma, ai sensi dell’art. 22, comma 2, lett. f), l’a.e. E. A., motivandola, oltre che con la posizione in graduatoria, 3° su 25, con l’ottimo rendimento delle pregresse stagioni di permanenza nel ruolo (come da graduatorie degli ultimi tre anni versate in atti) e con le garanzie di affidabilità tecnica, in contrapposizione ai limiti tecnici evidenziati dal 23° e dal 24° in graduatoria. Tanto avveniva, va subito detto, in conformità alle previsioni di cui all’art. 22, co. 2, NOFT secondo cui “ciascun Organo Tecnico propone, in via prioritaria, l’avvicendamento, degli arbitri per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: [………]; f) decorso del limite massimo di stagioni sportive di appartenenza a ciascun Organo tecnico senza aver ottenuto la deroga di cui al successivo art. 29 ovvero conseguito, nella graduatoria finale di merito,, una posizione utile per la promozione all’Organo tecnico superiore, limite così fissato: […..] 4) in otto stagioni sportive per gli arbitri inquadrati nell’organico C.A.N. B.”. Solo ove in forza degli anzidetti criteri non si raggiunga il numero degli arbitri da avvicendare fissato dal CN ai sensi dell’art. 16, il comma 4 dell’art. 22 NOFT prevede che gli arbitri da proporre per l’avvicendamento siano individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere detto numero. Logica e significato semantico dell’espressine usata, impongono, contrariamente all’assunto del ricorrente, che “in via prioritaria” voglia dire che si proceda prima alla verifica della consistenza dell’organico tenuto conto dei criteri indicati e, successivamente, allo scorrimento della graduatoria. Diversamente opinando, invero, le eventuali deroghe concesse, come nel caso di specie, imporrebbero, pur in assenza di previsione in tal senso, la permanenza nei ruoli dei destinatari delle stesse in sovrannumero rispetto all’organico previsto per la stagione sportiva di riferimento.

Sulla presunta inesistenza dei presupposti per le concesse deroghe agli aa.ee…L’asserita mancanza dei presupposti per accedere alle deroghe da parte dei ridetti arbitri, pertanto, andava per tale motivo eccepita già in sede di ricorso ovvero andavano ritualmente formulati specifici motivi aggiunti al già depositato ricorso. In parte qua, pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, atteso che, per consolidata giurisprudenza, “..il generico richiamo, nell’epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi o conseguenti, o la mera citazione di un atto nel corpo del ricorso stesso non sono sufficienti a radicarne l’impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell’oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2020, n.3365).

Sulla mancata comunicazione delle risultanze tecniche.. Onerata della prova dell’avvenuta comunicazione delle risultanze delle prestazioni, l’AIA ha prodotto la cronologia degli inserimenti dei voti assegnati all’a.e. … sulla piattaforma informatica “Sinfonia4You”, nonché la cronologia degli accessi di quest’ultimo a detta piattaforma e, come detto, anche le relazioni, in versione cartacea e telematica, riportanti i voti assegnati al ricorrente, evidenziandone la corrispondenza con quelli inseriti in piattaforma. Risulta, dunque, dalle prodotte cronologie, che i voti attribuiti all’esito delle visionature sono stati tutti inseriti sulla piattaforma informatica e che il ricorrente ne abbia avuto sicura contezza in forza dei ben 105 accessi eseguiti. La prova dell’inserimento dei voti in piattaforma non è inficiata dalla documentazione successivamente depositata dal ricorrente. Questi, invero, non ha contestato l’inserimento dei voti ed il numero degli accessi eseguiti e, anche a volere tenere conto della scheda voti, di cui non è comunque certa la modalità di estrazione e la sua finalità, i voti risultano comunque riportati sulla scheda gare; è stata inoltre fornita la prova dell’invio della media dei voti in data 10.12.2019 e 31.3.2020 (doc. 8) e delle relazioni (docc. da n. 17 a n. 37 produzione AIA) come prescritto dall’art. 6, comma 18, NOFT; nel mentre nell’immediatezza della conclusione delle gare la prestazione è stata oggetto del colloquio con l’osservatore e, quando presente, con il componente l’Organo Tecnico (art. 6, comma 6, NOFT), oltre che oggetto di valutazione e disamina nei raduni quindicinali (art. 6, comma 16, NOFT).

Sulla mancata comunicazione, ove esistente, dei criteri di attribuzione dei voti, cui conseguirebbero voti illogici e arbitrari…

Fermo “il pacifico principio della insindacabilità delle decisioni AIA di natura tecnica”, già ricordato in un caso analogo al presente dalle Sezioni Unite della Corte Federale d’appello e ribadito dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI (cfr. Corte Federale D’appello - Sezioni Unite – C.U. N. 071/Cfa - 2018/2019; Collegio di Garanzia - Sezioni Unite, dec. n. 25, 11.3.2019), assunte all’esito del procedimento delineato dal Regolamento e dalle NOFT, in forza di criteri ivi previsti e ben noti agli associati, il ricorrente si dilunga in una serie di considerazioni personali, ma senza evidenziare presunti gravi vizi o principi di irragionevolezza da cui rilevare l’incongruenza tra la valutazione delle prestazioni ed i voti attribuiti alle stesse.

Sulla mancanza di indipendenza degli Organi Tecnici e la presunta loro sottomissione all’organo da cui è nominato, altrimenti definito “Organo Politico”….vi è che nella specie sono rappresentate considerazioni di natura extra giuridica estranee al sindacato di questo collegio, al più meritevoli di approfondimento in altri contesti e sedi.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 53/TFN del 04.12.2020

Impugnazione - Istanza: Ricorso dell’A. E. B.N. contro AIA, FIGC e l'A. E. A.E. - Reg. Prot. n. 20/TFN-SD)

Massima: Infondato è il ricorso ex artt. 25 e 30, CGS CONI e 43-bis CGS FIGC proposto dell’A. E. avverso la FIGC e l’AIA e nei confronti del sig. …., giunto all’ottavo anno di permanenza nel ruolo, l’arbitro effettivo (d’ora in poi “a.e.”) …. della Sezione AIA di Firenze, nella stagione sportiva 2019/2020 inquadrato nell’organico della CAN B, ha chiesto l’annullamento <<della delibera, adottata dall’AIA, pubblicata sul C.U. (Comunicato Ufficiale) n. 35 del 31.08.2020, stagione sportiva 2019/2020, con il quale: “visti gli artt. 11, comma 6, lett. a) e 18, comma 1, lett. g) del vigente Regolamento A.I.A.; visto il C.U. n. 31 del 10 agosto 2020 e le disposizioni ivi previste per le promozioni ed avvicendamenti inerenti la C.A.N. C per la stagione sportiva 2019/2020; viste le proposte formulate dagli Organi Tecnici Nazionali, in merito alla formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2020/2021 delibera la formazione dei ruoli arbitrali nazionali C.A.N. A, C.A.N. B e C.A.N. C per la Stagione Sportiva 2020/2021, di cui al documento allegato che forma parte integrante del presente atto”, veniva disposta la dismissione dell’…., della Sezione di Firenze, facente parte dell’organico della CAN B, con la laconica dicitura, “Per Motivate Valutazioni Tecniche”, con in calce il solo nominativo del dismesso e la sezione di appartenenza e comunque di tutti gli atti prodromici, presupposti, preliminari e successivi, compresa la eventuale proposta dell’Organo Tecnico della C.A.N. B, e la (eventuale) delibera del Comitato Nazionale nonché dei criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi dei dismessi, trasmessi al Comitato Nazionale, della eventuale delibera che ha stabilito la definizione dell’Organico della CAN B, per la stagione 2019/2020, della formazione della graduatoria di merito e relativa comunicazione del 9 settembre 2020 e di quelle antecedenti sulla posizione in graduatoria e relativa media, in quanto tutti assunti nel mancato rispetto degli atti e delle norme regolamentari e di funzionamento in ordine alla formazione dell’organico oltre che in violazione dei criteri di trasparenza ed imparzialità e comunque di ogni altra norma giuridica, anche con specifico riferimento alle norme dell’associazione chiamata in giudizio.>> ….L’esame dei motivi di ricorso non può prescindere dal richiamo dei principi affermati in subiecta materia dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI n. 25 dell’11 marzo 2019, pubblicata il 2 aprile 2019, che in sintesi ha ribadito, ove occorresse, il principio di autonomia dell’Ordinamento sportivo, con conseguente inapplicabilità automatica dei principi propri degli atti amministrativi. Ed invero, secondo il Collegio e come del resto ormai ben noto, “gli artt. 1 e 2, lett. a), della L. 280/2003 sanciscono l’autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statale, riservando al primo le questioni aventi ad oggetto “l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive”. Tanto delimita il perimetro cui l’indagine di questo Collegio deve essere contenuta, dovendosi qui verificare, alla luce delle previsioni del Regolamento dell’AIA e delle vigenti Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici (NOFT), se la dismissione del ricorrente sia stata assunta nel rispetto delle norme di tale ordinamento e, in particolare, oltre che correttamente, siano state applicate con imparzialità e trasparenza.

Sulla mancata indicazione delle “motivate valutazioni tecniche” che hanno condotto alla sua dismissione…il C.U. qui impugnato, lungi dal riportare unicamente i nominativi dei due arbitri dismessi dalla CAN B, uno dei quali per l’appunto il ricorrente, nelle sue premesse richiama tra gli altri, l’art. 11, comma 6, lett. a, in forza del quale “il Comitato nazionale delibera in ordine: a) all’inquadramento annuale degli arbitri, degli assistenti e degli osservatori a disposizione degli Organi tecnici nazionali e alle relative promozioni e dismissioni, su proposta dei responsabili degli Organi tecnici nazionali”, nonché le proposte formulate dagli Organi Tecnici Nazionali in merito alla formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2020/2021. Le premesse del provvedimento, dunque, oltre a legittimare l’organo deliberante in ragione della indicazione della fonte dei poteri al medesimo conferiti, indicano, altresì, con il richiamo alle proposte formulate dagli Organi Tecnici Nazionali, le ragioni dell’assunzione dei provvedimenti adottati, cui inevitabilmente fanno rinvio, sì da formarne parte integrale ed inscindibile. A tale proposito, le proposte del responsabile della CAN B illustrate nella relazione di fine anno devono ritenersi integrate con quelle rassegnate in sede di riunione del Comitato Nazionale del 31.8.2020, come risultanti dal relativo verbale allegato alla documentazione versata in atti dall’AIA ed interamente riportate nella memoria difensiva. È quivi dato leggere, fissato dal Comitato Nazionale in due il numero degli avvicendamenti, che venivano avanzate due proposte di conferma nel ruolo in deroga (riguardanti gli aa.ee. A. e R., l’uno all’ottavo anno di permanenza nel ruolo e terzo nella graduatoria di merito, l’altro venticinquesimo ed ultimo, al primo anno di permanenza nel ruolo), e due proposte di dismissione in ragione della posizione in graduatoria per il Baroni, 23° su 25, e il Minelli, 24° su 25, in ragione della media globale finale, proposte tutte supportate, in sede di riunione del Comitato Nazionale, dalle considerazioni ivi ampiamente svolte dall’Organo Tecnico proponente.

Sulla violazione dell’art. 22 delle NOFT, la cui corretta applicazione avrebbe dovuto condurre alla dismissione dell’a.e….Prevede, la norma di cui si assume la violazione (art. 22 NOFT), che al termine di ogni stagione sportiva, ciascun Organo Tecnico nazionale propone la dismissione dalla Commissione di appartenenza degli arbitri inquadrati nel proprio organico per un numero pari agli avvicendamenti fissati dal Comitato nazionale ai sensi dell’art. 16 (comma 1). Per la stagione 2019/2020 sono stati previsti due avvicendamenti (delibera 31 agosto 2020, pubblicata con C.U. n. 44 del 3.9.2020). In disparte ogni altra considerazione, essendo stato inizialmente previsto in 3 il numero degli avvicendamenti, salvo successive modifiche, come da delibera pubblicata con il C.U. n. 65 del 24.4.2020, la relazione già prevedeva la proposta di conferma in deroga dell’a.e. R. e quella di dismissione del ricorrente Baroni, 23° su 25, e dell’a.e. M., 24° su 25. Ciò nondimeno, in quanto ridotto a due il numero degli avvicendamenti, giusta delibera del 31 agosto 2020 (C.U. n. 44 del 3.9.2020), l’Organo Tecnico, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 29, proponeva per la conferma, ai sensi dell’art. 22, comma 2, lett. f), l’a.e. E. A., motivandola, oltre che con la posizione in graduatoria, 3° su 25, con l’ottimo rendimento delle pregresse stagioni di permanenza nel ruolo (come da graduatorie degli ultimi tre anni versate in atti) e con le garanzie di affidabilità tecnica, in contrapposizione ai limiti tecnici evidenziati dal 23° e dal 24° in graduatoria. Tanto avveniva, va subito detto, in conformità alle previsioni di cui all’art. 22, co. 2, NOFT secondo cui “ciascun Organo Tecnico propone, in via prioritaria, l’avvicendamento, degli arbitri per i quali ricorra una delle seguenti condizioni: [………]; f) decorso del limite massimo di stagioni sportive di appartenenza a ciascun Organo tecnico senza aver ottenuto la deroga di cui al successivo art. 29 ovvero conseguito, nella graduatoria finale di merito,, una posizione utile per la promozione all’Organo tecnico superiore, limite così fissato: […..] 4) in otto stagioni sportive per gli arbitri inquadrati nell’organico C.A.N. B.”. Solo ove in forza degli anzidetti criteri non si raggiunga il numero degli arbitri da avvicendare fissato dal CN ai sensi dell’art. 16, il comma 4 dell’art. 22 NOFT prevede che gli arbitri da proporre per l’avvicendamento siano individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere detto numero. Logica e significato semantico dell’espressine usata, impongono, contrariamente all’assunto del ricorrente, che “in via prioritaria” voglia dire che si proceda prima alla verifica della consistenza dell’organico tenuto conto dei criteri indicati e, successivamente, allo scorrimento della graduatoria. Diversamente opinando, invero, le eventuali deroghe concesse, come nel caso di specie, imporrebbero, pur in assenza di previsione in tal senso, la permanenza nei ruoli dei destinatari delle stesse in sovrannumero rispetto all’organico previsto per la stagione sportiva di riferimento.

Sulla presunta inesistenza dei presupposti per le concesse deroghe agli aa.ee…L’asserita mancanza dei presupposti per accedere alle deroghe da parte dei ridetti arbitri, pertanto, andava per tale motivo eccepita già in sede di ricorso ovvero andavano ritualmente formulati specifici motivi aggiunti al già depositato ricorso. In parte qua, pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, atteso che, per consolidata giurisprudenza, “..il generico richiamo, nell’epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi o conseguenti, o la mera citazione di un atto nel corpo del ricorso stesso non sono sufficienti a radicarne l’impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell’oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2020, n.3365).

Sulla mancata comunicazione delle risultanze tecniche.. Onerata della prova dell’avvenuta comunicazione delle risultanze delle prestazioni, l’AIA ha prodotto la cronologia degli inserimenti dei voti assegnati all’a.e. … sulla piattaforma informatica “Sinfonia4You”, nonché la cronologia degli accessi di quest’ultimo a detta piattaforma e, come detto, anche le relazioni, in versione cartacea e telematica, riportanti i voti assegnati al ricorrente, evidenziandone la corrispondenza con quelli inseriti in piattaforma. Risulta, dunque, dalle prodotte cronologie, che i voti attribuiti all’esito delle visionature sono stati tutti inseriti sulla piattaforma informatica e che il ricorrente ne abbia avuto sicura contezza in forza dei ben 105 accessi eseguiti. La prova dell’inserimento dei voti in piattaforma non è inficiata dalla documentazione successivamente depositata dal ricorrente. Questi, invero, non ha contestato l’inserimento dei voti ed il numero degli accessi eseguiti e, anche a volere tenere conto della scheda voti, di cui non è comunque certa la modalità di estrazione e la sua finalità, i voti risultano comunque riportati sulla scheda gare; è stata inoltre fornita la prova dell’invio della media dei voti in data 10.12.2019 e 31.3.2020 (doc. 8) e delle relazioni (docc. da n. 17 a n. 37 produzione AIA) come prescritto dall’art. 6, comma 18, NOFT; nel mentre nell’immediatezza della conclusione delle gare la prestazione è stata oggetto del colloquio con l’osservatore e, quando presente, con il componente l’Organo Tecnico (art. 6, comma 6, NOFT), oltre che oggetto di valutazione e disamina nei raduni quindicinali (art. 6, comma 16, NOFT).

Sulla mancata comunicazione, ove esistente, dei criteri di attribuzione dei voti, cui conseguirebbero voti illogici e arbitrari…

Fermo “il pacifico principio della insindacabilità delle decisioni AIA di natura tecnica”, già ricordato in un caso analogo al presente dalle Sezioni Unite della Corte Federale d’appello e ribadito dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI (cfr. Corte Federale D’appello - Sezioni Unite – C.U. N. 071/Cfa - 2018/2019; Collegio di Garanzia - Sezioni Unite, dec. n. 25, 11.3.2019), assunte all’esito del procedimento delineato dal Regolamento e dalle NOFT, in forza di criteri ivi previsti e ben noti agli associati, il ricorrente si dilunga in una serie di considerazioni personali, ma senza evidenziare presunti gravi vizi o principi di irragionevolezza da cui rilevare l’incongruenza tra la valutazione delle prestazioni ed i voti attribuiti alle stesse.

Sulla mancanza di indipendenza degli Organi Tecnici e la presunta loro sottomissione all’organo da cui è nominato, altrimenti definito “Organo Politico”….vi è che nella specie sono rappresentate considerazioni di natura extra giuridica estranee al sindacato di questo collegio, al più meritevoli di approfondimento in altri contesti e sedi.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 35/TFN del 06.11.2020

Impugnazione - Istanza: Ricorso dell'A. E. Lorenzo Manganelli contro AIA, FIGC e l'A. E. P.G.- Reg. Prot. n. 23/TFN-SD)

Massima: Rigettato il ricorso ex artt. 25 e 30 del CGS - CONI ed ex art. 43 bis del CGS – FIGC proposto dell’A. E. per l’annullamento della delibera adottata dall’AIA, pubblicata sul Com. Uff. n. 35 del 31.8.2020 con il quale […] veniva disposta la dismissione dell’A.A. …, della Sezione di Valdarno, facente parte dell’organico della C.A.N. A, con la dicitura ai sensi dell’articolo 15, comma 2, delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici, avendo raggiunto il limite massimo di età consentito” e comunque di tutti gli atti prodromici, presupposti, preliminari e successivi, compresa la norma richiamata nella motivazione ed ogni eventuale proposta dell’Organo Tecnico della C.A.N. A, e la (eventuale) delibera del Comitato Nazionale, nonché dei criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi dei dismessi e della composizione dell’Organico stagione 2020/2021, come trasmessi al Comitato Nazionale e dallo stesso inseriti nel C.U., n. 44 della eventuale delibera che ha stabilito la definizione dell’Organico della C.A.N. A, per la stagione 2019/2020, della comunicazione del 9 settembre 2020 e di quelle antecedenti sulla posizione in graduatoria e relativa media, in quanto tutti assunti nel mancato rispetto degli atti e delle norme regolamentari e di funzionamento in ordine alla formazione dell’organico oltre che in violazione dei criteri di trasparenza ed imparzialità e comune di ogni altra norma giuridica, anche con specifico riferimento alle norme dell’associazione chiamata in giudizio”….Nel merito il ricorso appare, tuttavia infondato, in quanto l’art. 15, comma 2 delle NOFT, rubricato Limiti d’età (“A.A.: l’attività è consentita in base all’efficienza fisica ed alla validità di rendimento dell’interessato purché questi non abbia ancora compiuto al termine della stagione sportiva in corso (30 giugno): - il 45° anno per coloro che operano a disposizione della C.A.N.;”) non assume un carattere discriminatorio. La previsione di un limite di età al superamento della quale non è consentito proseguire l’attività nel caso di specie, infatti, appare oggettivamente e ragionevolmente giustificata da una finalità legittima: garantire il continuo ricambio generazionale e la necessaria formazione delle nuove leve. Del resto, la legittimità della previsione di un limite d’età appare confermata anche dall’analisi comparata proposta dallo stesso ricorrente. In primis, le Federazioni sovranazionali non impongono alle Federazioni nazionali di eliminare limiti d’età. La circolare FIFA n. 1497/2015 riguarda esclusivamente gli arbitri internazionali. In secondo luogo, come confermato in udienza anche dalle difese del ricorrente anche altre federazioni europee prevedono limiti d’età (ad esempio, in Germania l’obbligo di dismissione è prevista al superamento del quarantottesimo anno). Inconferente appare poi il richiamo effettuato alla sentenza della Corte di Appello di Milano, in quanto la fattispecie era evidentemente diversa: la previsione di un limite massimo d’età previsto nell’ambito di un concorso per l’accesso al pubblico impiego. Quanto all’asserita irragionevolezza della fissazione a quarantacinque anni del limite d’età il ricorrente ha omesso di indicare le ragioni per le quali una siffatta soglia sarebbe irragionevole. Inoltre, non si può fare a meno di evidenziare che il dato appare conforme alla media internazionale alla luce delle statistiche rilevate dall’A.I.A. e non contestate dal ricorrente (solo due arbitri internazionali su quasi trecento attualmente in ruolo hanno più di quarantacinque anni). Infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso dal momento che alcuna discriminazione è configurabile in relazione alla deroga ai limiti d’età prevista dall’art. 15, comma 1 delle NOFT, in favore degli arbitri effettivi inquadrati nella categoria Elite – Uefa. Per quanto concerne gli assistenti arbitrali infatti la Uefa non prevede la categoria Elite. Appare evidente, dunque, che poiché le due situazioni sono palesemente differenti alla luce delle previsioni dell’Uefa non è possibile rinvenire alcuna discriminazione. Stante il rigetto dei primi due motivi di ricorso, la terza censura con la quale si contesta l’adozione dell’organico successivamente alla dismissione del ricorrente e la concessione della deroga in favore al sig. … è inammissibile, poiché dall’eventuale accoglimento il sig. … non potrebbe comunque ottenere il bene della vita al quale anela, id est: la reintegrazione nell’organico della CAN.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite: Decisione n. 25/2019 del 2 aprile 2019

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC, Sez. Unite, di cui al C.U. n. 071/CFA (2018/2019) del 1 febbraio 2019, con cui la predetta Corte, in accoglimento del ricorso proposto dal sig. G., ha annullato, in parte qua, il C.U. n. 1 del 30 giugno 2018 AIA, nella sola parte in cui ha comunicato la dismissione del sig. G. dalla Commissione Arbitri Nazionale per il campionato di Serie A (CAN A) deliberata in pari data dal Comitato Nazionale e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento con cui l’AIA ha disposto la predetta dismissione.

Parti: C. G./Associazione Italiana Arbitri/Federazione Italiana Giuoco Calcio e altri

Massima: Annullata, su ricorso AIA, la decisione della CFA che in accoglimento del ricorso proposto dall’associato ha annullato, in parte qua, il C.U. n. 1 del 30 giugno 2018 AIA, nella sola parte in cui ha comunicato la dismissione dell’associato dalla Commissione Arbitri Nazionale per il campionato di Serie A (CAN A) deliberata in pari data dal Comitato Nazionale e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento con cui l’AIA ha disposto la predetta dismissione e per l’effetto rigettata l’impugnazione incidentale proposta dall’associato…Si osserva che la Corte Federale d'Appello, nel rigettare gran parte dei motivi di impugnazione proposti dal sig. G., ha dapprima affermato i principi dell’insindacabilità delle decisioni di natura tecnica dell’AIA e della natura privatistica della stessa, con conseguente inapplicabilità delle norme e delle procedure di natura amministrativa. Poi, in evidente contraddizione con tali principi, nell’accogliere il terzo motivo di impugnazione relativo alla pretesa nullità della delibera impugnata per “mancata predeterminazione dei criteri di valutazione” degli arbitri e per la conseguente “violazione del principio di imparzialità e non discriminazione”, la Corte è inopinatamente giunta all’affermazione secondo cui “la decisione di dismissione del Sig. G. difetti di uno dei tradizionali presupposti di legittimità dell’atto amministrativo”, in quanto adottata “in difetto di predeterminazione e comunicazione dei relativi criteri di giudizio”. Il passaggio dall’affermata autonomia dell’ordinamento sportivo all’applicazione dei principi propri degli atti amministrativi rende palese l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione. La decisione risulta, altresì, viziata dall’omessa valutazione delle norme dell’ordinamento sportivo sui criteri di valutazione e selezione degli arbitri, nonchè dalla violazione di precise norme regolamentari. Si rammenta che gli artt. 1 e 2, lett. a), della L. 280/2003 sanciscono l’autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statale, riservando al primo le questioni aventi ad oggetto “l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive”. La delibera di dismissione del sig. Gavillucci per “motivate valutazioni tecniche” rientra senz’altro tra le questioni riservate all’ordinamento sportivo ed essendo stata assunta in applicazione delle norme di tale ordinamento che disciplinano l’inquadramento e la selezione degli arbitri, ogni controversia sulla correttezza, imparzialità, trasparenza o meno della suddetta delibera va effettuata con riferimento a tali norme e non - come ha fatto la Corte Federale - in base a principi, istituti e procedure con valenza pubblicistica. Ad avviso di questo Collegio, la delibera dell’AIA è stata adottata nel pieno rispetto delle norme dell’ordinamento sportivo. La dismissione è adeguatamente motivata laddove fa “riferimento alle valutazioni tecniche adottate nel corso della stagione sportiva ed alla relativa graduatoria finale”; graduatoria finale del tutto conforme alle procedure e ai criteri predeterminati dalle norme regolamentari (Regolamento AIA e NFOT) ben noti alla generalità degli arbitri, nonché assunta nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e - come correttamente affermato dalla Corte Federale - “insindacabilità delle decisioni AIA di natura tecnica”. Proprio in relazione ai criteri stabiliti dalle richiamate norme regolamentari, la tesi sostenuta dalla Corte Federale di Appello, che ravvisa una mancata predeterminazione dei criteri di giudizio, risulta infondata e non condivisibile. Non può condurre a una soluzione di segno opposto quanto previsto dall’art. 6, comma 10, NFOT richiamato dal sig. G. nelle sue memorie - a mente del quale “la posizione nella graduatoria finale non determina automaticamente le proposte di promozione ed avvicendamento, ma la stessa ha valore indicativo per un elenco che ogni O.T. dovrà predisporre nella compilazione della relazione di fine stagione, indicando eventuali altri criteri con apposita relazione per le definitive valutazioni del Comitato Nazionale.” È ben vero che, secondo detta disposizione, l’ultima posizione  in  graduatoria  non  determina  automaticamente  la  dismissione,  ma  ha  un  valore meramente indicativo, potendo poi essere previsti altri criteri ai fini della valutazione. Tuttavia, la stessa disposizione si riferisce a detti ‘altri criteri’ come meramente ‘eventuali’, e non necessari. Orbene, nel caso di specie, altri criteri non risultano essere stati indicati né adottati, pertanto la dismissione del sig. G. si è basata unicamente sul criterio meritocratico, correttamente articolato secondo le disposizioni regolamentari (Regolamento AIA e NFOT). Del resto, atteso che per la stagione sportiva 2017/2018 erano stati programmati quattro avvicendamenti e preso atto delle già intervenute dimissioni dell’arbitro R., per individuare gli altri tre il Comitato AIA non poteva far altro che ricorrere ai criteri predeterminati dall’art. 21 NOFT. Pertanto, sono stati dismessi i due arbitri (sigg. T. e D.) che avevano superato i limiti di età previsti dal precedente art. 14, lett. b), ed è stato individuato l’ultimo arbitro da avvicendare nel sig. G., collocatosi all’ultimo posto della graduatoria finale di merito. Da parte dell’AIA, dunque, non vi è stata alcuna applicazione di ulteriori criteri non predeterminati nè comunicati, come erroneamente sostenuto, invece, dalla Corte Federale d'Appello; né può trarsi un argomento in senso contrario dalla circostanza che il sig. G. non sia stato dismesso nella stagione 2016/2017, pur essendosi collocato nella medesima posizione. Invero, nella suddetta stagione erano state fissate solo due dismissioni, le quali hanno interessato degli arbitri (sigg. C.e R.), giunti, ex art. 21 NOFT, ai limiti di permanenza nel ruolo: il che ha tenuto indenne dall’avvicendamento il sig. G.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 53/FTN del 29 Marzo 2019

Decisione impugnata: Delibera 30.06.2018 del Comitato Nazionale AIA, pubblicata sul CU n. 11 di pari data, che disponeva la dismissione per motivate valutazioni tecniche dell’arbitro effettivo D.D.R..

Impugnazione - Istanza: RICORSO EX ARTT. 30 E 43BIS CGS FIGC NONCHÉ ART. 30 CGS CONI DEL SIG. DE      R.D. (ARBITRO EFFETTIVO A.I.A.).

Massima: A seguito del giudizio di rinvio disposto dalla Corte Federale di Appello che  annullava la decisione del TFN a motivo del difetto di notifica del ricorso introduttivo ad almeno uno dei contro interessati e, per l’effetto, rimetteva gli atti a questo Tribunale per il nuovo esame di merito, previa integrazione del contraddittorio è improcedibile il ricorso ex art. 30 e 43bis CGSFIGC ed art. 30 CGS CONI proposto dall’arbitro effettivo con il quale ha impugnato la delibera del Comitato Nazionale AIA del 30.06.2018, pubblicata sul CU n. 11 di pari data, che disponeva la dismissione dello stesso per motivate valutazioni tecniche per l’irritualità dell’integrazione del contraddittorio, così come effettuata del ricorrente…Nell’ampio ordine temporale nel corso del quale si è sviluppato il dibattimento, il ricorrente avrebbe dovuto ottemperare all’integrazione del contraddittorio con la notifica ai contro interessati del ricorso introduttivo. Egli si è invece limitato ad inviare a costoro una lettera, che, per quanto riassuntiva dei termini del ricorso, non ha la valenza del ricorso stesso.Detta modalità di comunicazione ai contro interessati del procedimento in essere, anche a voler prescindere dai consolidati principi giurisprudenziali sulla natura e sulle finalità del controricorso, non ottempera all’ordinanza di questo Tribunale del 07.02.2019, a mezzo della quale si era ordinato al ricorrente “(…) ai fini dell’integrazione del contraddittorio, di notificare il ricorso ai contro interessati (…)”; la finalità dell’ordinanza era con tutta evidenza di consentire ai destinatari della notifica di partecipare compiutamente al procedimento e di non esservi coinvolti solo formalmente. Non sembra, pertanto, condivisibile, la tesi del ricorrente, che – di fronte alla eccezione dell’AIA – ha dedotto che alla lettera inviata ai contro interessati avrebbe dovuto riconoscersi una mera ma sufficiente finalità notiziale, atta ad escludere la necessità della notifica dell’intero ricorso, posto che la notifica del ricorso (a differenza della lettera effettivamente  inviata) avrebbe consentito ai contro interessati di conoscere, in concreto, gli effettivi termini del contenzioso ed, in particolare, le censure proposte dalla parte ricorrente, al fine di consentire ai contro interessati di valutare se intervenire in giudizio e di controdedurre al riguardo. Il ricorrente – come si è visto - ha ritenuto, invece, di ottemperare all’integrazione del contraddittorio attraverso la predisposizione di un atto (la lettera) dal contenuto estremamente generico, con il quale egli si è limitato a contattare alcuni dei contro interessati, richiamando il CU n. 42 - 28.01.2019 di questo Tribunale ed indirettamente il CU n. 59 - 07.12.2019 della Corte Federale d’Appello. La lettera utilizzata dal ricorrente per l’integrazione del contraddittorio non è una copia del ricorso introduttivo e neppure un atto che riproduca il contenuto di tale ricorso e che dia anche conto degli sviluppi procedurali successivi all’introduzione del procedimento. Pur volendo prescindere da tali considerazioni in diritto, non può non osservarsi che la lettera confezionata dal ricorrente è inidonea allo scopo. Essa, infatti, a causa del suo contenuto, non ha consentito ai contro interessati di valutare il da farsi, imponendo loro di impiegare una diligenza particolare (che l’ordinamento non richiede), onerandoli del compito di andare a verificare presso gli uffici competenti il tenore delle tesi sostenute nel ricorso introduttivo del giudizio, trovandosi così costretti a ricostruire autonomamente i vari passaggi procedurali ed il contenuto sostanziale del contenzioso. La genericità dell’atto finalizzato alla integrazione del contraddittorio è tale che non è neppure ipotizzabile, in via astratta, l’applicazione del “principio di conservazione degli atti” invocato da ultimo dallo stesso ricorrente. Se, per un verso, il detto principio protegge meritevolmente lo scopo e l’utilità di un atto, per altro verso, la sua applicazione non può essere arbitraria ed indiscriminata a tal punto da porsi a discapito della sfera giuridica del destinatario dell’atto stesso, come è avvenuto nel caso qui in esame. Peraltro, nessuno dei contro interessati si è costituito in giudizio (nemmeno il C.ha ritenuto di farlo) e, quindi, non è ipotizzabile alcuna sanatoria del vizio della mancata notificazione del ricorso, che la costituzione di uno o più dei contro interessati avrebbe potuto consentire.

DECISIONE C.F.A. –  SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 71CFA DEL  01/02/2019 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. 067 SEZ. UNITE DEL 23.01.2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 37/TFN del 29.11.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. G.C. (ASSOCIATO AIA - SEZIONE LATINA) AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ E INFONDATEZZA DEL RICORSO EX ARTT. 25, 30 CGS CONI E 43BIS CGS FIGC RELATIVO ALLA PROPRIA DISMISSIONE DALL’ORGANICO CAN A PROPOSTO NEI CONFRONTI

DELL’AIA E DELLA FIGC

Massima: Accolto il ricorso ex artt. 25, 30 CGS CONI e 43bis CGS FIGC promosso dall’associato AIA e per l’effetto  annullato, in parte qua, il Com. Uff. n. 1 del 30.6.2018 AIA, nella sola parte in cui “comunica” la dismissione dalla CAN A deliberata in pari data dal Comitato Nazionale, e, per l’effetto ancora, annullato il provvedimento con il quale l’AIA ha disposto la predetta dismissione perché i criteri che disciplinano la scelta delle dismissioni devono essere predeterminati ad inizio stagione …Osserva, in punto di fatto, questa Corte, come dalla complessiva documentazione acquisita al presente procedimento emerga che, inquadrato l’arbitro G., con delibera 1.7.2015, nel ruolo CAN A, lo stesso ha riportato: i) nella prima Stagione Sportiva 2015/2016, una media globale definitiva di 8,4885, collocandosi alla penultima posizione (n. 21 su 22) della graduatoria finale di merito; ii) nella successiva Stagione Sportiva 2016/2017, una media globale di 8,4798, collocandosi all’ultima posizione della graduatoria (n. 22 su 22); iii) nella terza Stagione Sportiva 2017/2018, una media globale di 8,4611, collocandosi all’ultimo posto della graduatoria (n. 22 su 22). Questo il dato di fatto, di base, dal quale occorre muovere per la disamina che segue. In via preliminare, ritiene, questa Corte, utile ed opportuno riaffermare il pacifico principio della insindacabilità delle decisioni AIA di natura tecnica, peraltro chiaramente posto dalla disposizione di cui all’art. 40, comma 3, lett. f), del Regolamento AIA. Si tratta di un perimetro, di un’area che né la giustizia sportiva, né (ad avviso di questa Corte) quella ordinaria possono travalicare, anche in forza della riconosciuta autonomia degli ordinamenti settoriali e, segnatamente, di quello sportivo. Sotto tale profilo, ferma la natura privatistica dell’AIA e la conseguente inconferenza, su un piano generale, dei generici richiami alla applicazione delle norme e delle procedure di natura amministrativa in senso stretto considerato, questa Corte non nutre dubbio alcuno in ordine al fatto che le valutazioni di natura tecnico-discrezionale relative alle prestazioni degli arbitri non possano essere sottoposte a giudizio, laddove effettuate in presenza dei relativi presupposti normativi e connessi principi di legittimità. Del resto, in fattispecie sostanzialmente, sul punto, sovrapponibili a quello oggetto del presente giudizio, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la correttezza dei giudizi espressi dalla commissione esaminatrice  è una questione di puro merito, che potrebbe essere oggetto di giudizio solo laddove si ritengano oltrepassati gli stretti e condivisi confini che limitano il sindacato giurisdizionale sugli atti di esercizio di una discrezionalità tecnica particolarmente qualificata, come, ad esempio, la violazione delle regole procedurali ed il vizio di eccesso di potere in particolari e definite ipotesi riscontrabili dall'esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti, quali l'errore sui presupposti, il travisamento dei fatti, la manifesta illogicità o irragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117)….È, invece, parzialmente fondato, come detto, il terzo motivo di ricorso. Lamenta, il ricorrente, «erronea ed illegittima valutazione del motivo di ricorso attinente al denunciato vizio di mancata osservanza dell’obbligo di informativo di cui, principalmente, all’art. 25 del Regolamento AIA e della violazione del principio di imparzialità e non discriminazione, in osservanza del principio della predeterminazione dei criteri che disciplinano la scelta delle dismissioni»….Sotto tale profilo, ritiene, questo Collegio, che la decisione di dismissione del Sig. G. difetti di uno dei tradizionali presupposti di legittimità dell’atto amministrativo, che non possono non connotare anche i provvedimenti adottati dagli organi federali idonei ad incidere (in modo lesivo) nella sfera giuridica degli associati. Specie alla luce della recentissima sentenza 9 gennaio 2019, n. 328, della Corte di Cassazione, sezioni unite civili, secondo cui l’arbitro (associato AIA, componente della FIGC – associazione con personalità giuridica di diritto privato -, a sua volta federata al CONI – ente pubblico non economico), pur non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, «è investito di fatto di un’attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, nell’apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego di risorse pubbliche». La “storica” sentenza appena ricordata sembra, implicitamente, confermare che, anche considerato che i direttori di gara delle serie professionistiche (essenzialmente CAN A e CAN B) partecipano nel perseguimento delle finalità pubblicistiche assegnate  a  questo  ambito dell’ordinamento sportivo e sono sostanzialmente compensati per la loro attività con fondi riferibili, in qualche modo – seppur indirettamente - alla sfera delle risorse pubbliche, i metodi e le procedure di selezione degli stessi non possono essere del tutto esenti da forme di controllo e, prima ancora, non possono non essere destinatarie degli ordinari principi di legittimità, chiarezza e trasparenza, onde garantire una partecipazione consapevole ed un metodo selettivo imparziale. La fattispecie, in altri termini, è quella della partecipazione ad una forma, seppur atipica e particolare, di “selezione”, nell’ambito della quale i concorrenti, per le esigenze di trasparenza, imparzialità e par condicio tra gli stessi partecipanti (arbitri), devono conoscere, in anticipo rispetto alla “gara”, quali saranno i criteri che gli organi tecnici deputati prenderanno in considerazione ai fini di valutarne le singole prestazioni tecnico-sportive, onde fornire all’AIA gli elementi necessari alla redazione della graduatoria conclusiva, in esito alla quale saranno, poi, dalla predetta Associazione, adottate le decisioni di dismissione, conferma, promozione ed altro di competenza della medesima. Si tratta di un’attività che attiene ad una sfera caratterizzata, di certo – e, giustamente – da ampia discrezionalità, di natura tecnico-valutativa, che, in difetto di predeterminazione e comunicazione dei relativi criteri di giudizio (riservata alla competenza degli organi tecnico-associativi AIA) rischia di sfociare in una sorta di possibile (illegittimo) arbitrio. Quelle esigenze già più sopra ricordate, alla luce del principio di ragionevolezza, impongono, in definitiva, che prima dell’inizio della stagione sportiva e/o, comunque, dei campionati, ogni (arbitro) interessato abbia diritto di conoscere (in anticipo, appunto) quali criteri di valutazione dell’attività professionale-sportiva dello stesso saranno adottati. In tale contesto complessivo di riferimento non può non trovare applicazione, nella fattispecie, il noto insegnamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove nell'ambito di un concorso - in assenza di una contraria specifica disposizione - esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione medesima, contenendo in se stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione, ed assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell'ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato nonché la significatività delle espressioni numeriche del voto, sotto il profilo della sufficienza motivazionale sulla base, tuttavia, della prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all'attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza, la graduazione e l'omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l'espressione della cifra del voto, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto (cfr., ex multis, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4745). Ne consegue che, laddove manchino (come nel caso sottoposto all’esame di questa Corte) predeterminati criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, la valutazione tecnica effettuata e/o la sua espressione in forma numerica può ritenersi illegittima. Del resto, che nella fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte non si tratti di un mero criterio numerico (che sarebbe da solo, comunque, illegittimo, per quanto prima detto), ma restino anche adombrati (ma non individuati e resi noti ai direttori di gara della CAN A) quegli “ulteriori criteri” (ai fini della determinazione della graduatoria di cui trattasi) di cui è in atti cenno è reso evidente dal fatto che, essendosi – a giudizio dell’AIA – il ricorrente posizionatosi in penultima posizione, nella prima Stagione Sportiva di CAN A, e in ultima posizione, nella successiva Stagione Sportiva di permanenza in CAN A, lo stesso avrebbe dovuto essere dismesso se, appunto, non vi fossero stati – oltre quello meramente numerico – ulteriori” criteri, rimasti, come detto, tuttavia, nell’ombra. Le sopra ricordate esigenze impongono, dunque, specie alla luce degli anzidetti (consolidati) principi giurisprudenziali, che in via generale e/o ad inizio della stagione sportiva considerata siano individuati, indicati e comunicati agli interessati i criteri che, ad insindacabile (nei limiti del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.) giudizio dell’AIA e nelle prerogative alla stessa riservate, nell’ambito della intangibile autonomia assegnatale dall’Ordinamento federale, saranno presi in considerazione da parte degli organi tecnici della medesima Associazione nell’espressione delle singole valutazioni tecniche della prestazione sportiva di ciascun arbitro (anch’esse, come detto, attesa la natura tecnico-discrezionale delle stesse) non soggette a sindacato da parte degli organi di giustizia. Del resto, lo stesso Regolamento AIA, all’art.  1,  comma  2,  prevede  che  la  medesima Associazione provveda «direttamente al reclutamento, alla formazione, all’inquadramento ed all’impiego degli arbitri, assicurando condizioni di  parità nell’accesso all’attività arbitrale». Insomma, come già in altra analoga controversia correttamente affermato dal Tribunale Federale Nazionale, «è venuta meno», nel caso di specie, «la necessaria predeterminazione dei criteri, essendo stato rimesso alla libera determinazione dell’Organo tecnico di valutare ex post se applicare o meno gli ulteriori eventuali criteri ai fini della determinazione della graduatoria, in evidente violazione con i principi di trasparenza e imparzialità. Tra l’altro l’omessa predeterminazione dei criteri a inizio stagione non viola soltanto i principi di trasparenza e di imparzialità, ma lede inesorabilmente anche la par condicio degli arbitri, in quanto questi ultimi non sapendo i criteri sulla base dei quali saranno valutati non possono concorrere correttamente» (Com. Uff. n. 17/TFN del 9 ottobre 2017). Il difetto della predeterminazione di siffatti criteri, dunque, vizia inesorabilmente, nel caso di specie, la delibera adottata dal Comitato Nazionale AIA, pubblicata con Com. Uff. n. 1 del 30 giugno 2018 e resa nota all’interessato in data 2 luglio 2018, nella sola parte in cui, per quanto qui rileva, l’AIA ha comunicato l’impossibilità di confermare il Sig. G.«nel ruolo degli Arbitri a disposizione del predetto  Organo  Tecnico,  per  motivate  valutazioni  tecniche,  atteso  che  la  Tua  posizione  nella graduatoria finale di merito non è risultata idonea per la riconferma nell’organico».

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 37/FTN del 29 novembre 2018

Decisione impugnata: Delibera A.I.A. pubblicata sul C.U. n. 1 del 30.6.2018 stagione sportiva 2018/2019, con la quale veniva disposta la dismissione dello stesso ricorrente dall’organico CAN A, nonché tutti gli atti prodromici, presupposti e preliminari, ivi compresi l’eventuale proposta dell’Organico Tecnico della CAN A e la delibera stessa del Comitato Nazionale, i criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale, i criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale e la delibera con la quale era stata stabilita la definizione dell’organico per la stagione sportiva 2018/2019

Impugnazione - Istanza: RICORSO DI G.C. (ASSOCIATO A.I.A. – SEZIONE DI LATINA), AI SENSI       DEGLI ARTT. 25 e 30 DEL CGS CONI E 43BIS CGS FIGC.

Massima: E’ inammissibile ed infondato il ricorso ex artt. 25 e 30 Codice di Giustizia Sportiva C.O.N.I. e 43 bis del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, proposto dall’associato AIA con il quale ha impugnato la delibera A.I.A. pubblicata sul C.U. n. 1 del 30.6.2018 stagione sportiva 2018/2019, con la quale veniva disposta la dismissione dello stesso ricorrente dall’organico CAN A, nonché tutti gli atti prodromici, presupposti e preliminari, ivi compresi l’eventuale proposta dell’Organico Tecnico della CAN A e la delibera stessa del Comitato Nazionale, i criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale, i criteri utilizzati per la formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale e la delibera con la quale era stata stabilita la definizione dell’organico per la stagione sportiva 2018/2019

Massima: La censura relativa all’assenza della delibera del Comitato Nazionale, ovvero la sua illegittimità è inammissibile in quanto tardiva. La delibera del Comitato Nazionale del 24.3.2018, con la quale è stato previsto in numero di 3 le dismissioni per la stagione in corso è stata oggetto di immediata comunicazione sul sito istituzionale, al  Consiglio centrale tenutosi  il giorno  successivo e alla successiva riunione della CAN di A. Tra l’altro nonostante tali comunicazioni e nonostante lo stesso art. 15 delle NFOT  preveda  che  tale  deliberazione  debba  essere  assunta  entro  il  mese  di  Marzo significativa appare l’inerzia del ricorrente che non si è mai attivato per richiederne una copia. Alla luce della dimostrata conoscenza della deliberazione e dei suoi contenuti essenziali il Sig. .. aveva l’onere di impugnare immediatamente la predetta deliberazione del Comitato Nazionale. Conseguentemente la predetta censura è inammissibile in quanto tardiva Tra l’altro il motivo, oltre ad essere inammissibile, è anche infondato. In primis, alla luce di quanto già rappresentato, non corrisponde al vero, né che  alcuna delibera sarebbe stata effettivamente adottata dal Comitato Nazionale, né che la predetta deliberazione non sarebbe stata mai resa conoscibile agli interessati. Parimenti destituita di ogni fondamento è l’ulteriore motivo con il quale si censura la violazione del principio di imparzialità in quanto la deliberazione circa il numero di dismissioni sarebbe stata presa solo a Marzo quasi al termine della stagione. Da un lato, infatti, tale decisione è assunta durante la stagione in corso, come è stato chiaramente spiegato dalle difese dell’A.I.A., al fine di consentire al Comitato Nazionale di tenere  in  considerazione “quanto avviene nel corso della stagione, con riferimento sia alla futura composizione dei campionati, sia alle decisioni prese dai singoli arbitri”. Da un altro lato, è lo stesso art. 15, comma 1, N.F.O.T., di cui il ricorrente lamenta l’asserita violazione, a stabilire che siffatta delibera deve essere assunta dal Comitato Nazionale entro la fine di Marzo.

Massima: Infondata è .. la censura con la quale è contestata la violazione dell’art. 15 delle N.O.F.T. per difetto dei presupposti per derogare all’ordinario regime di due dismissioni annue…Il richiamato art. 15 stabilisce: “1. Gli organici degli A.E., A.A. e degli O.A. a disposizione degli OO.TT. Nazionali sono fissati dal Comitato Nazionale, di norma, entro il 31 Marzo di ogni stagione sportiva in funzione del numero delle società partecipanti ai rispettivi campionati. 2. Gli organici degli arbitri sono stabiliti dal Comitato Nazionale in base alle promozioni e agli avvicendamenti di fine stagione, nonché ad ogni ulteriore valutazione tecnica”. È evidente, dunque, che il numero di dismissioni e gli organici non sono prefissati dalla norma, essendo rimesso al Comitato Nazionale, sulla base del numero delle società partecipanti ai rispettivi campionati e di ogni ulteriore valutazione tecnica determinarne il numero. In tale prospettiva la censura proposta che si riferisce esclusivamente all’immutato numero delle squadre è irrilevante, avendo il Comitato Nazionale preso in considerazioni altre questioni tecniche. In particolare, come chiarito dalle difese dell’A.I.A. la decisione sarebbe stata assunta in ragione dell’introduzione nel corso del campionato 2017/2018 di modifiche alla VAR che comportavano un minor impiego di arbitri di serie A e della conclusione per limiti di incarico di numerosi arbitri (sette) in meno di 24 mesi che comportavano la necessità di accelerare la crescita di arbitri emergenti. Sulla base di tale motivazione la delibera non sembra discriminatoria, anche alla luce dell’assenza di concrete indicazioni da parte del ricorrente circa le ragioni avrebbero dovuto determinare il Comitato Nazionale a discriminare il .. e, soprattutto, della circostanza che le dismissioni ha riguardato l’ultimo posizionato nella graduatoria.

Massima: Anche volendo prescindere dall’inammissibilità del motivo per la mancata impugnazione della successiva comunicazione con la quale il Presidente ha espressamente chiarito che la dismissione dipendeva dalla “posizione nella graduatoria finale di merito” che non era “idonea per la riconferma nell’organico”, non si può fare a meno di evidenziare che, nel caso di specie, il riferimento alla graduatoria appare costituire una motivazione adeguata dal momento che il ricorrente era stato posto a conoscenza della valutazione non positiva delle proprie prestazioni nell’ambito: dei 21 raduni di due/tre giorni nel corso dei quali oltre ad attività di analisi e perfezionamento tecnico ed atletico, è stato dato spazio e sono sempre avvenuti ripetuti colloqui ed incontri tra gli arbitri e la Commissione, sia a livello individuale che di gruppo, aventi ad oggetto la disamina congiunta delle singole prestazioni tecniche, delle risultanze delle visionature da parte degli osservatori arbitrali e dei componenti l’Organo tecnico e dell’andamento tecnico della stagione. del gruppo di lavoro specifico con incontri finalizzati per gli arbitri al terzo anno di appartenenza alla CAN; delle due lettere di rilievi ricevute in data 5.2.2018 e 23.5.2018. L’espresso richiamo all’ultima posizione in graduatoria del Sig. … deve essere letto nell’ambito dei molteplici rilievi rappresentati nel corso dell’anno (per iscritto e oralmente nel corso delle riunioni), nonché di quanto indicato nella relazione della Commissione Arbitri Nazionale di A dell’Organo Tecnico, laddove si ripercorrono nel dettaglio la stagione del Sig. .. (pagg. 26-28) e le ragioni che hanno poi portato alla sua dismissione (pag. 99, dove dopo un’ampia rappresentazione della stagione si conclude: “dovendo viceversa ridurre l’organico dobbiamo considerare che oltre ad essere stato ultimo in classifica per l’intera stagione, Claudio ha avuto difficoltà anche in quelle precedenti terminando sempre in ultima posizione in graduatoria”). Alla luce di tali ulteriori elementi, infatti, appare chiaro (oltre che condivisibile) l’iter logico seguito dall’A.I.A. Alcun dubbio può sussistere circa le ragioni poste a fondamento della decisione di dismissione dell’odierno ricorrente. Conseguentemente non sembra configurabile alcuna violazione dei principi d’imparzialità e trasparenza.

Massima: Circa l’omessa predeterminazione dei criteri sulla base dei quali è stata determinata la dismissione del Sig. … e il mancato rispetto dell’obbligo informativo verso l’arbitro cui vengono trasmessi i referti in assenza di voti..Fermo restando che la predeterminazione dei criteri costituisce una garanzia fondamentale a tutela dei principi di imparzialità e trasparenza come già rappresentato nel citato precedente, tuttavia nel caso di specie la deliberazione del Comitato Nazionale non appare inficiata da alcun vizio. Come è stato già ampiamente rappresentato, infatti, la decisione di dimettere il Sig. .. non appare né discriminatoria, né affetta da parzialità dal momento che lo stesso i risultati del ricorrente erano ben conosciuti da questo ultimo, che si era posizionato negli ultimi due anni ultimo in graduatoria e in quello precedente penultimo. Del resto, l’odierno ricorrente non ha fornito alcun elemento ulteriore, alcun diverso criterio che poteva essere preso in considerazione dal Comitato Nazionale (diversamente da quanto era stato rappresentato dal ricorrente nel giudizio richiamato) che avrebbe consentito al Sig. .. di non essere dismesso. Le difese di questo ultimo si sono limitate a contestare la graduatoria (tra l’altro soltanto con la memoria) esclusivamente in relazione alla valutazione discrezionale relativa all’attribuzione dei punteggi che tuttavia appare insindacabile da Codesto Tribunale se non per manifesta irragionevolezza che nel caso di specie non si ravvede. In merito all’obbligo informativo nel caso di specie l’art. 25 del Regolamento A.I.A. appare rispettato dal momento che la richiamata disposizione non richiede la comunicazione dei voti ricevuti, bensì l’informativa sulle risultanze tecniche. Informativa che come sopra già evidenziato nel caso di specie è stata ampiamente fornita all’odierna ricorrente nel corso dei 21 raduni e del gruppo speciale, nonché attraverso le due lettere di rilievi.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 035CFA DEL  04 OTTOBRE 2018 CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 029/CFA DEL 13 SETTEMBRE 2018

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 13/TFN del 7.8.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. G.C. (ASSOCIATO AIA - SEZIONE LATINA) AVVERSO IL RIGETTO DEL RICORSO EX ARTT. 25, 30 C.G.S. CONI E 43 BIS C.GS. FIGC RELATIVO ALLA DISMISSIONE DALL’ORGANICO CAN A PROPOSTO NEI CONFRONTI DELL’AIA E DELLA FIGC

Massima: Annullata la decisione del TFN che aveva rigettato il ricorso promosso dall’associato AIA ai sensi degli artt. 25 e 30 CGS CONI e 43-bis CGS FIGC avverso la delibera AIA pubblicata sul Com. Uff. n. 1 del 30.6.2018, Stagione Sportiva 2018/2019, con la quale veniva  disposta  la  sua  dismissione dall’organico della CAN A, per difetto di contraddittorio nei confronti di almeno uno dei controinteressati…Rileva la Corte che il ricorso del sig. ….introduttivo del presente giudizio ha ad oggetto, sotto plurimi profili di contestazione, l’attuale sistema di determinazione degli organici e del numero delle promozioni e delle dismissioni della CAN A. In particolare, un tale sistema ruota attorno alla “graduatoria finale di merito” ed alla collocazione in una posizione di tale graduatoria finale che, ancorchè non determini automaticamente le proposte di promozione o di avvicendamento (art. 6, comma 10, NFOT AIA), nel caso di specie, stando alla comunicazione in data 2.7.2018 prot. 003/SS 18- 19 del Presidente AIA, è risultata determinante in termini di inidoneità del sig. Gavillucci (collocatosi al 22° ed ultimo posto con una media globale definitiva di 8,4611) alla riconferma nell’organico CAN A “per motivate valutazioni tecniche”, stante il numero delle dismissioni dalla CAN A per la stagione sportiva 2017/18 previamente fissato con la delibera in data 24 marzo 2018 del Comitato Nazionale AIA. A ciò consegue, in disparte ogni altra questione ed eccezione, anche di natura pregiudiziale, sollevata nel presente grado del procedimento dalle Parti, che il giudizio di primo grado avrebbe dovuto svolgersi nel contraddittorio necessario con almeno uno degli arbitri effettivi collocatisi in posizione immediatamente poziore rispetto al ….(P…. collocatosi al 21° posto con una media globale definitiva di 8,4775, P… collocatosi al 20° posto con una media globale definitiva di 8,4838, M… al 19° posto con una media globale definitiva di 8,4844) e, in quanto tali, da qualificarsi come controinteressati rispetto alla domanda di reintegra nel ruolo A.E. della CAN A proposta dal …., in considerazione del numero delle dismissioni dalla CAN A per la stagione sportiva 2017/18 fissato con la delibera in data 24 marzo 2018 del Comitato Nazionale AIA. In ragione e per effetto della ravvisata violazione delle norme sul contraddittorio, la Corte annulla, ai sensi e per gli effetti dell’art. 37, comma 4, del CGS, la decisione impugnata e rinvia al TFN – Sezione Disciplinare, che dovrà quindi, ai sensi dell’art. 102, comma 2, c.p.c. (al quale occorre fare riferimento ai sensi dell’art. 2, comma 6, del CGS CONI), ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti quanto meno dell’A.E. sig. …., in un termine perentorio dallo stesso TFN stabilito.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 17/FTN del 20 Settembre 2018

Decisione impugnata: Delibera 30 Giugno 2018 del Comitato Nazionale AIA, pubblicata sul CU n. 11 ss. 2018/2019 di pari data, con la quale è stata disposta la sua dismissione da detta CAN per “motivate valutazioni tecniche”.

Impugnazione - Istanza: RICORSO EX ARTT. 30 E 43BIS CGS FIGC NONCHÉ ART. 30 CGS CONI DEL SIG. D.     R.D. (ARBITRO EFFETTIVO A.I.A.).

Massima: destituita di fondamento è l’eccezione della resistente di inammissibilità del ricorso per intervenuta acquiscenza della delibera impugnata da parte del ricorrente. Deduce la resistente che il .. in data 5 luglio 2018, successiva al provvedimento di dismissione, aveva comunicato per iscritto all’AIA di ammettere di essere stato avvicendato dal ruolo e di voler essere inquadrato in quello degli assistenti arbitrali a disposizione della CAN B, da attuarsi a mezzo della sua partecipazione allo specifico corso di qualificazione previsto dall’art. 23 Norme Funzionamento Organo Tecnico. Da tale scritto la resistente, osservando che la domanda del .. di partecipare al corso  di  qualificazione  per  l’inserimento  nel  ruolo  di  assistente  arbitrale  poteva  essere avanzata  solo  dagli  arbitri  che  erano  stati  avvicendati  dalla  CAN  PRO,  ha  tratto  il convincimento che il ricorrente avesse prestato acquiescenza al proprio avvicendamento, di fatto  rinunciando  con  quella  sua  richiesta  scritta  ad  impugnare  il  provvedimento,  così procurandosi il presupposto per l’inammissibilità del successivo, attuale ricorso. Contrariamente all’assunto delle resistente, va preliminarmente considerato che la semplice circostanza della proposizione del ricorso, successiva allo scritto di che trattasi, smentisce di per sè l’intenzione del ricorrente di accettare con l’acquiescenza la dismissione; altrimenti egli non avrebbe impugnato il provvedimento. Va inoltre considerato che la dichiarazione del ricorrente, contenuta nel richiamato scritto, non equivale a rinuncia al futuro giudizio. Mutuando da Corte Federale d’Appello 29.11.2017 (in CU n. 062 / 12.12.2017), “la rinuncia all’azione, ovvero all’intera pretesa azionata dall’attore nei confronti del  convenuto, presuppone una incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la sua volontà di proseguire nella domanda proposta (cfr. Cassazione sez. 3 civ. 9.11.2005 n. 21685)” (virgolettato ed in corsivo il testo della sentenza). Tale incompatibilità - di tutta evidenza - non si rinviene nell’asserita acquiescenza prestata dal ricorrente al provvedimento di dismissione, per cui il ricorso, anche sotto siffatto profilo, appare del tutto ammissibile.

Massima: Rigettato il ricorso ex art. 30 e 43bis CGS FIGC  promosso dall’Arbitro effettivo AIA, inserito nella stagione sportiva 2017/2018 nel ruolo degli arbitri della CAN PRO per il Campionato di Serie C, con il quale ha impugnato la Delibera 30 Giugno 2018 del Comitato Nazionale AIA, pubblicata sul CU n. 11 ss. 2018/2019 di pari data, con la quale è stata disposta la sua dismissione da detta CAN per “motivate valutazioni tecniche”…Da siffatta documentazione si evince che il Comitato Nazionale AIA in data 24 Marzo 2018, in applicazione del comma 2 dell’art. 15 delle Norme di funzionamento, aveva deliberato di fissare nel numero di 17 gli avvicendamenti dalla CAN PRO per la ss 2017/2018 e che gli arbitri suscettibili di essere avvicendati sarebbero stati individuati in quelli collocati negli ultimi 17 posti della graduatoria finale di merito stilata sulla base delle prestazioni tecniche di ciascun Arbitro. Come si è già evidenziato, nella ss 2017/2018 l’attuale ricorrente si era collocato al 71° posto su 75 della graduatoria finale di merito ed era così rientrato tra gli arbitri da avvicendare. Nella ss 2016/2017, il … aveva peggiorato il suo rendimento rispetto all’annata precedente, ma era rimasto in forza alla CAN PRO perché il numero di avvicendamenti fissato dal Comitato Nazionale era stato coperto da arbitri con posizione di graduatoria inferiore. Le Relazioni dell’Osservatore Arbitrale CAN PRO su ogni singola gara di stagione arbitrata dal …, unitamente alle medie dei voti conseguiti che erano state stilate dal responsabile della CAN PRO, erano in possesso dello stesso per essergli state inviate, entro i termini stabiliti dall’art. 6 comma 14 delle Norme di Funzionamento dell’Organo Tecnico (30 novembre, 31 Gennaio e 30 aprile ss 2017/2018), tant’è che sin dal 20 novembre 2017, attraverso la pagina personale della piattaforma informativa AIA, egli aveva potuto avere piena contezza degli atti suddetti; il …, inoltre, il 2 luglio 2018 aveva ricevuto dalla Presidenza dell’AIA la comunicazione della sua mancata conferma nel ruolo degli arbitri effettivi a disposizione dell’Organo Tecnico ed in data 5 luglio aveva fatto domanda di ammissione al Corso Assistenti Arbitrali per la ss 2018/2019. Tali essendo le risultanze del procedimento, appare certo che, in base alla normativa vigente, il … non ha subìto alcuna lesione dei propri interessi, non ravvisandosi nella formazione del provvedimento impugnato il venir meno di quei principi (di correttezza, trasparenza, imparzialità, bilanciamento ed equilibrio dei poteri esercitabili secondo i canoni di buon governo) richiamati dallo stesso ricorrente.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 13/FTN del 07 agosto 2018

Decisione impugnata: Delibera AIA pubblicata sul CU n. 1 del 30 Giugno 2018 stagione  sportiva  2018/2019,  con  la  quale  veniva  disposta  la  dismissione  del  ricorrente dall’organico CAN A, recante la dicitura, dal ricorrente definita laconica, “dismessi per motivate valutazioni tecniche”, con in calce solo il suo nominativo e la sezione di appartenenza; ha precisato che l’impugnativa era da considerarsi estesa a tutti gli atti prodromici, presupposti e preliminari al provvedimento, compresa la eventuale proposta dell’Organo tecnico della CAN A e la  delibera  stessa  del  Comitato  Nazionale,  nonchè  ai  criteri  utilizzati  per  la  formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale ed alla eventuale delibera, che aveva stabilito la definizione dell’organico per la stagione sportiva 2018 / 2019, il tutto per il “mancato rispetto degli atti regolamentari in ordine alla formazione dell’organico oltre alla violazione dei criteri di trasparenza ed imparzialità ai sensi della L. 241/90” (virgolettato l’incipit del ricorso).

Impugnazione - Istanza: RICORSO DI G.C. (ASSOCIATO A.I.A. – SEZIONE DI LATINA), AI SENSI DEGLI ARTT. 25 e 30 DEL CGS CONI E 43BIS CGS FIGC.

Massima: Rigettato il ricorso proposto dall’associato AIA datato 23 luglio 2018, formulato ai sensi degli artt. 25 e 30 CGS CONI e 43 bis CGS FIGC, proposto nei confronti dell’AIA - Associazione Italiana Arbitri e della FIGC, con il quale ha impugnato la delibera AIA pubblicata sul CU n. 1 del 30 Giugno 2018 stagione  sportiva  2018/2019,  con  la  quale  veniva  disposta  la  dismissione  del  ricorrente dall’organico CAN A, recante la dicitura, dal ricorrente definita laconica, “dismessi per motivate valutazioni tecniche”, con in calce solo il suo nominativo e la sezione di appartenenza; ha precisato che l’impugnativa era da considerarsi estesa a tutti gli atti prodromici, presupposti e preliminari al provvedimento, compresa la eventuale proposta dell’Organo tecnico della CAN A e la  delibera  stessa  del  Comitato  Nazionale,  nonchè  ai  criteri  utilizzati  per  la  formazione dell’elenco dei nominativi trasmessi al Comitato Nazionale ed alla eventuale delibera, che aveva stabilito la definizione dell’organico per la stagione sportiva 2018 / 2019, il tutto per il “mancato rispetto degli atti regolamentari in ordine alla formazione dell’organico oltre alla violazione dei criteri di trasparenza ed imparzialità ai sensi della L. 241/90” (virgolettato l’incipit del ricorso)…Da siffatta documentazione ed in particolare da quella proveniente dalla difesa dell’AIA, non contestata dal ricorrente, si evince che il Comitato Nazionale AIA in data 24 Marzo 2018, in applicazione del comma 2 dell’art. 15 delle Norme di funzionamento, aveva deliberato di determinare gli organici ed il numero delle promozioni e delle dismissioni per la stagione 2017 / 2018 e che tale delibera, incidente sull’organico, era stata portata a conoscenza dell’attuale ricorrente e di tutti i suoi colleghi; nessuno - e quindi neppure il ricorrente - l’aveva contestata, o addirittura impugnata. Infatti, è risultato che sul contenuto della delibera era stato proprio il responsabile della CAN A ad informare direttamente gli arbitri di Serie A e con essi lo stesso ricorrente, tanto che, proprio da tale fatto, era scaturito lo scritto del ricorrente - di asserita acquiescenza - di cui si è fatto cenno. Essendo pertanto ben noto al ricorrente il contenuto della delibera del 24 Marzo 2018, cadono le doglianze dallo stesso esplicitate con il primo dei motivi d’impugnativa. Aggiungasi inoltre che, come è stato correttamente dedotto dalla difesa dell’AIA, la motivazione del provvedimento di dismissione del ricorrente (per  “motivate  valutazioni  tecniche”: virgolettato ed in corsivo il testo del provvedimento) doveva ritenersi di per sé esaustiva, atteso che era ben nota al ricorrente la sua collocazione nella graduatoria finale di merito della CAN A, che era scaturita a seguito delle numerose visionature delle sue prestazioni. La stessa AIA in data 2 luglio 2018 aveva notiziato per iscritto il ricorrente che la suddetta collocazione in graduatoria non era ritenuta idonea alla sua riconferma in organico. Viene così a cadere anche il secondo motivo di cui sopra, essendo pacifica la conoscenza in capo al ricorrente degli atti presupposti al provvedimento di dismissione; con esso cade altresì la dedotta violazione del principio di trasparenza e di imparzialità, che egli ha inteso riscontrare nel procedimento che aveva portato alla sua dismissione. In merito alla “trasparenza”, va infatti osservato che l’ampia diffusione che era stata data alla delibera del 24 Marzo 2018 non poteva che escludere la sussistenza del vizio; né può dubitarsi della “imparzialità” del provvedimento, essendo pacifico che lo stesso si era determinato in base alla posizione nella graduatoria finale di merito occupata dal ricorrente al termine delle gare della pregressa stagione sportiva. Del pari infondato è sotto altro aspetto l’assunto del ricorrente sulla violazione da parte dell’AIA dell’obbligo di informativa sulle risultanze tecniche; infatti, nel corso della detta stagione sportiva si erano tenuti 21 raduni arbitrali, ai quali il ricorrente aveva partecipato (circostanza dallo stesso non smentita) e che erano stati finalizzati a “sviluppare un lavoro dettagliato sui giovani delle ultime tre annate per migliorarne le prestazioni, individuando le specifiche lacune individuali, cercando di far comprendere il corretto punto di vista” (virgolettato ed in corsivo il testo del doc. 20 prodotto dalla difesa dell’AIA); tra i giovani delle ultime tre annate rientrava lo stesso ricorrente, che era entrato a far parte della CAN A nella stagione sportiva 2015 / 2016 e che non poteva ritenersi all’oscuro delle problematiche che le sue direzioni di gara avevano sollevato. Nelle due stagioni sportive, precedenti l’ultima, il ricorrente, nonostante le posizioni occupate nelle graduatorie finali di merito, non era stato avvicendato; egli nella stagione 2017 / 2018 aveva ricevuto dall’Organo tecnico due lettere di rilievi negativi, sicché, una volta che il Comitato Nazionale AIA con la delibera del 24 Marzo 2018, già richiamata, aveva stabilito il numero delle dismissioni dalla CAN A, quella che investiva il ricorrente costituiva la conclusione logica del suo percorso; essa - come è pacifico - veniva pubblicata sul CU n. 1 del 30 Giugno 2018. Quanto poi alla censura mossa dal ricorrente al numero delle dismissioni contenuto nella detta delibera, l’art. 15 delle Norme di funzionamento esclude di per sé la sussistenza di questo ulteriore vizio; la norma, nell’attribuire al Comitato Nazionale la facoltà di determinare promozioni ed avvicendamenti, in base non solo sulla composizione dei campionati, ma anche su ulteriori valutazioni  tecniche,  conferisce  allo  stesso  un  potere  discrezionale  sul  numero  delle promozioni e delle dismissioni, che non necessariamente dev’essere limitato a due.

Massima: destituita di fondamento è l’eccezione della resistente di inammissibilità del ricorso per intervenuta acquiescenza della delibera impugnata da parte del ricorrente. Deduce la resistente che il ricorrente, in epoca successiva al provvedimento di dismissione, aveva comunicato per iscritto all’AIA di ammettere di essere rimasto “in tale organo tecnico (leggasi CAN A) fino all’attuale stagione” e che le aveva nel contempo chiesto “di essere inserito a partire dalla prossima stagione sportiva (leggasi 2018 / 2019) nell’organico degli Osservatori Arbitrali a disposizione della CAN B” (virgolettato ed in corsivo il testo dello scritto, presente in atti). Da tale scritto la resistente, osservando  che  il ricorrente aveva scelto  di transitare nella categoria degli osservatori arbitrali e quindi di rinunciare alla qualifica di arbitro effettivo, ha tratto il convincimento che il ricorrente avesse prestato l’anzi detta acquiescenza, di fatto rinunciando al ricorso e gettando il presupposto per la sua inammissibilità. Va preliminarmente considerato che la semplice circostanza della proposizione del ricorso, successiva allo scritto di che trattasi, smentisce di per sé l’intenzione del ricorrente di accettare con l’acquiescenza la dismissione; altrimenti egli non avrebbe impugnato il provvedimento. Va inoltre considerato che la dichiarazione del ricorrente, contenuta nel richiamato scritto, non equivale a rinuncia al futuro giudizio. Mutuando da Corte Federale d’Appello 29.11.2017 (in CU n. 062 / 12.12.2017), prodotta seppur per altri fini dalla stessa resistente, “la rinuncia all’azione, ovvero all’intera pretesa azionata dall’attore nei confronti del convenuto, presuppone una incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la sua volontà di proseguire nella domanda proposta (cfr. Cassazione sez. 3 civ. 9.11.2005 n. 21685)” (virgolettato ed in corsivo il testo della sentenza). Tale incompatibilità - di tutta evidenza - non si rinviene nell’asserita acquiescenza prestata dal ricorrente al provvedimento di dismissione, per cui il ricorso, anche sotto siffatto profilo, appare del tutto ammissibile.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 17/TFN-SD del 09 Ottobre 2017 (motivazioni) - www.figc.it

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL DOTT. GIOVANNI GRECO (ARBITRO EFFETTIVO), AI SENSI DEGLI ARTT. 25 e 30 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA DEL CONI (D.P.C.M. 16.12.2015) AVVERSO LA DELIBERA A.I.A. DI CUI AL COM. UFF. N. 1 del 1.7.2017.

Massima: Il TFN accoglie il ricorso proposto, ex artt. 25 e 30 del C.G.S., dall’arbitro effettivo nei confronti dell’A.I.A., della F.I.G.C e dei Sig.ri – omissis - e – omissis -, avverso l’illegittimità della delibera adottata dall’AIA e pubblicata sul C.U. del 1.7.2017, n. 1, stagione sportiva 2017/2018 con la quale il ricorrente è stato impedito nella progressione dalla C.A.I. alla C.A.N. D e, quindi, è stato dismesso per limite di permanenza nel ruolo C.A.I.; dei criteri utilizzati per la formazione dell’elenco trasmesso al Comitato Nazionale; del provvedimento con il quale sono stati ripartiti tra le singole Regioni nell’ambito dell’indice numerico generale (n. 60) i posti degli arbitri effettivi che sarebbero transitati dalla C.A.I. alla C.A.N. D; della delibera del Comitato Nazionale dell’AIA presupposta al Comunicato impugnato; delle previsioni degli atti normativi in ordine alla formazione degli organi che decidono sulle sorti degli arbitri e per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nella parte in cui hanno comportato la mancata promozione del dott. – omissis - e la conseguente dismissione per limite di permanenza in ruolo. Il Comunicato impugnato e i prodromici atti con i quali il Comitato dei delegati e il C.A.I. hanno determinato il mancato avanzamento del dott. – omissis - e la conseguente dismissione per raggiungimento del termine di permanenza nulla chiariscono in merito sia alla specifica posizione del ricorrente, sia ai criteri utilizzati per redigere la graduatoria, la proposta e il successivo provvedimento. Sul punto non risultano convincenti le difese dell’A.I.A. In particolare, l’A.I.A. contesta che non sarebbe stata tenuta a motivare i propri atti, in quanto nell’ambito degli ordinamenti sportivi federali la legge n. 241/1990 troverebbe applicazione soltanto in relazione alle attività avente valenza pubblicistica. L’eccezione non merita accoglimento, in quanto la progressione e la dismissione degli arbitri assumono senz’altro una valenza pubblicistica, dal momento che concernono la scelta e l’individuazione dei soggetti che devono garantire il corretto svolgimento delle competizioni, anche professionistiche. Tra l’altro, anche volendo prescindere dalla valenza pubblicistica dell’attività e dall’effettiva applicazione della l. n. 241/1990, l’obbligo di motivazione degli atti con i quali è disposta la progressione e la dismissione degli arbitri trova comunque applicazione nel caso di specie in virtù dell’art. 1, comma 2, del Regolamento A.I.A., in base al quale “l’A.I.A. provvede direttamente al reclutamento, alla formazione, all’inquadramento ed all’impiego degli arbitri, assicurando condizioni di parità di accesso all’attività arbitrale”. Dal principio fondamentale della parità di accesso all’attività arbitrale discende, infatti, quale corollario necessario l’obbligo di motivazione degli atti con i quali si dispone l’avanzamento e la dismissione degli arbitri al fine di garantire l’imparzialità, la non discriminazione e la trasparenza delle decisioni. Parimenti non coglie nel segno l’ulteriore deduzione dell’A.I.A. secondo la quale la delibera di promozione e dismissione di un arbitro costituirebbe un atto complesso a formazione progressiva e la motivazione dovrebbe essere rinvenuta nella graduatoria finale formata dalla media globale definitiva delle valutazioni ottenute dagli arbitri in occasione delle gare da essi dirette e nelle norme di funzionamento degli organi tecnici circa i limiti massimi di età e di permanenza. Tali elementi, invero, non sono sufficienti per integrare una motivazione adeguata che consenta ai destinatari dell’atto, sia di avere contezza dell’iter logico seguito dall’A.I.A. per determinate le progressioni e le dismissioni, sia di verificare il rispetto della necessaria trasparenza, non discriminazione e parità di accesso. L’art. 6, comma 10, delle Norme di funzionamento degli Organi tecnici dell’A.I.A. prevede espressamente da un lato, che “la posizione nella graduatoria finale non determina automaticamente le proposte di promozione e avvicendamento ed “ha valore indicativo”, e da un altro lato che nella formazione dell’elenco gli Organi tecnici indicano “eventuali altri criteri”. Alla luce di tale disposizione è evidente che la mera graduatoria finale e i voti di cui essa è formata non siano sufficienti a integrare la motivazione, in quanto non consentono di conoscere le ragioni per le quali l’Organo tecnico e il Comitato dei delegati hanno ritenuto la graduatoria vincolante, applicandola automaticamente in violazione del disposto normativo, e non hanno utilizzato gli ulteriori “eventuali altri criteri per determinare le promozioni e le dismissioni degli arbitri. Sulla base della mera graduatoria e delle norme richiamate dalle difese dell’A.I.A. non è possibile comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione e, soprattutto, verificare l’effettivo rispetto del principio di parità di accesso arbitrale e di non discriminazione. Inconferente appaiono poi le considerazioni delle difese dell’A.I.A., secondo le quali il difetto di motivazione sarebbe imposto dall’U.E.F.A. per garantire la riservatezza delle informazioni relative alla valutazione degli arbitri. Nel caso di specie, infatti, non si discute della pubblicazione di tali informazioni, bensì dell’assenza di un’adeguata motivazione che consenta di avere contezza delle ragioni poste a fondamento della decisione di non promuovere e, quindi, di dismettere il ricorrente, che ben avrebbero potuto essere contenute anche in un ulteriore atto non pubblicato. Fondato appare altresì l’ulteriore vizio dedotto con il quale il ricorrente ha contestato la violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e parità di accesso arbitrale, nonché la violazione del già richiamato art. 6, comma 10, delle Norme di funzionamento per omessa predeterminazione dei criteri sulla base dei quali il C.A.I. e il Comitato dei delegati hanno determinato la mancata progressione e la dismissione del dott. – omissis -. Secondo la prefata disposizione, infatti, la proposta di progressione e dismissione ha carattere meramente indicativo e non deve essere elaborata automaticamente soltanto sulla base della graduatoria finale, ma deve tenere conto anche di ulteriori eventuali altri criteri. Alla luce di tale previsione gli Organi tecnici e il Comitato dei delegati sono tenuti, dunque, a rendere conoscibili a tutti gli interessati i criteri utilizzati per determinare le promozioni e le dismissioni.  In  tale  prospettiva  i  predetti  organi  appaiono  tenuti  a  informare  che applicheranno automaticamente la graduatoria finale senza applicare gli ulteriori eventuali criteri previsti dalla disposizione al fine di evitare arbitrarie discriminazioni, garantire la trasparenza della decisione e assicurare la parità di accesso arbitrale. Nel caso di specie, invero, è venuta meno la necessaria predeterminazione dei criteri, essendo stato rimesso alla libera determinazione dell’Organo tecnico di valutare ex post se applicare o meno gli ulteriori eventuali criteri ai fini della determinazione della graduatoria, in evidente violazione con i principi di trasparenza e imparzialità. Tra l’altro l’omessa predeterminazione dei criteri a inizio stagione non viola soltanto i principi di trasparenza e di imparzialità, ma lede inesorabilmente anche la par condicio degli arbitri, in quanto questi ultimi non sapendo i criteri sulla base dei quali saranno valutati non possono concorrere correttamente. appaiono condivisibili le deduzioni dell’A.I.A. secondo le quali non vi sarebbe stata alcuna necessità di predeterminare a inizio stagione i parametri, in quanto il riferimento agli “eventuali altri criteri e all’esclusione dell’automatica applicazione della graduatoria finale sarebbe finalizzato soltanto a evitare la violazione di altre norme regolamentari. Il riferimento agli “eventuali altri criteri non appare riferibile all’applicazione di altre norme regolamentari. Da un lato, infatti, l’applicazione di norme regolamentari non può essere eventuale. Da un altro lato l’art. 6, comma 10, si riferisce a criteri e non a norme o a divieti. Inoltre, è lo stesso art. 6, comma 10, a presupporre l’esistenza di ulteriori criteri, escludendo l’automatismo della graduatoria finale, e, soprattutto, a qualificare la predetta graduatoria come meramente indicativa. Qualora si trattasse di norme regolamentari, infatti, la graduatoria finale non sarebbe meramente indicativa e la sua applicazione automatica. In ultimo, non si può fare a meno di evidenziare che anche la censura relativa alle modalità di formazione degli Organi tecnici non appare destituita di ogni fondamento, in quanto le procedure di nomina non sembrano garantire adeguatamente i principi di trasparenza, imparzialità, indipendenza e terzietà degli organi deputati ad assicurare la parità di accesso arbitrale di cui all’art. 1, comma 2, del Regolamento A.I.A. e l’indipendenza di giudizio nello svolgimento delle funzioni arbitrali prescritto dall’art. 33 dello Statuto del C.O.N.I. Gli Organi tecnici, invero, e nel caso di specie la C.A.I. sono formati da componenti nominati dal Comitato dei delegati (che costituisce un organo essenzialmente politico dell’Associazione composto dal Presidente dell’A.I.A., dal Vice Presidente, dai tre componenti effettivi della lista collegata e dai tre componenti effettivi eletti singolarmente per ciascuna macroregione dall’Assemblea Generale) senza alcun previa verifica dei presupposti dei candidati da parte di una commissione terza e imparziale a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza dei candidati e degli Organi tecnici. La nomina dei componenti degli organi tecnici appare dettata anche da valutazioni associative e non sembra improntata esclusivamente a garantire la terzietà e l’indipendenza di svolgimento delle delicate funzioni prescritte dalle prefate disposizioni. Del resto gli stessi requisiti richiesti dal Regolamento A.I.A. per rivestire la carica di componente degli organi tecnici concernono l’appartenenza all’Associazione, la capacità elettorale, la moralità, la mancanza di controversie contro il C.O.N.I., la F.I.G.C. o l’A.I.A. e l’inesistenza di conflitti di interesse di carattere economico. Nessuno dei requisiti prescritti concerne la qualificazione, la terzietà o l’indipendenza dei componenti degli Organi tecnici. Sul punto non appaiono neppure convincenti le controdeduzioni delle A.I.A. Innanzitutto, la cesura non è tardiva, in quanto non concerne l’illegittimità delle nomine bensì l’invalidità dei provvedimenti impugnati in quanto violativi del principio di parità di accesso all’attività arbitrale. Parimenti in conferente appare il richiamo operato alla normativa dell’U.E.F.A., in quanto la normativa sovranazionale sembra vietare la valutazione da parte di soggetti esterni all’Associazione, mentre il ricorrente ha lamentato la mancanza delle necessarie garanzie di imparzialità, indipendenza e imparzialità dell’Organo tecnico. si può ritenere che tali garanzie di indipendenza e terzietà siano incompatibili con la funzione dell’arbitrale in quanto le decisioni degli arbitri “sono inappellabili e “devono essere sempre rispettate”. Anzi l’inappellabilità delle decisioni degli arbitri conferma la necessità che lo svolgimento della funzione arbitrale sia conformato alla più elevata indipendenza e imparzialità. In ultimo, non appare convincente neppure l’affermazione delle difese dell’A.I.A. secondo cui il Comitato dei Garanti svolgerebbe siffatta funzione garantendo l’imparzialità e l’indipendenza dei componenti degli organi tecnici. Il Comitato dei Garanti, infatti, non verifica il possesso dei predetti requisiti in capo ai candidati all’incarico di componente degli Organi tecnici, bensì si limita a valutare genericamente la correttezza degli associati.

Decisione impugnata: Delibera del 4 luglio 2008 del Comitato Nazionale dell’A.I.A. che ha approvato all’unanimità la relazione di fine stagione della Commissione arbitri per i campionati nazionali di serie A e B (C.A.N.) e le relative proposte dei nuovi ruoli arbitrali di specifica competenza ed ha disposto la dismissione, per normale avvicendamento tecnico, tra gli altri, dell’associato arbitro effettivo

Parti: Dr G.P. contro Associazione Italiana Arbitri - Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il dovere della parte attrice di «accettare […] la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato […] dall’A.I.A.» nonché «il principio dell’assoluta insindacabilità delle decisioni di natura tecnica» (art. 40, comma 3, lett. e) – f) Reg. A.I.A.) non può escludere, rispettivamente, la rimediabilità in sede arbitrale della determinazione contro cui l’arbitro è insorto (atteso che il presente rimedio è esso stesso previsto dall’ordinamento di settore), né impedire il sindacato di conformità della stessa determinazione alle regole diverse da quelle propriamente tecniche (la cui applicazione soltanto rimane riservata agli organi associativi). Né altro da quest’ultimo può essere il significato anche dell’art. 47, comma 1, Reg. A.I.A., in base al quale «non soggetta a ricorso» è la disposizione assunta «dal Comitato Nazionale su proposta del competente Organo Tecnico» di porre «fuori quadro» l’arbitro effettivo che, come accade per l’arbitro, abbia almeno 28 anni di età e compiuto 10 anni di attività.

Massima: In base alla normativa dell’A.I.A. compete all’ Organo Tecnico «redigere la graduatoria di merito di fine stagione» e «indica[re] il numero delle dismissioni richieste» (art. 25, comma 2, lett. f) Reg. A.I.A.). Le «Norme di funzionamento degli organi tecnici dell’A.I.A.» prevedono, in ispecie, che «le proposte relative alla conferma, promozione o avvicendamento di A(rbitri) E(ffettivi) [risultino] corredate, per gli avvicendati e i promossi, da dettagliate relazioni illustrative comprensive dei risultati dei test atletici e da una tabella riassuntiva schematica della media dei voti conseguiti anche negli anni precedenti» (art. 7, lett. f). Nel caso di specie è emerso che: a) l’avvicendamento ha riguardato l’arbitro non individualmente; b) ha riguardato il medesimo nell’ ambito di un preciso criterio tecnico: assicurare il c.d. «giusto ritmo» che altrimenti la «rotazione a cui l’O[rgano] T[ecnico] è obbligato in virtù di un organico sovradimensionato non permette di dare» («relazione di fine stagione sportiva»), dovendosi designare ciascun arbitro per un numero minore di gare e a maggiore intervalli temporali; c) l’avvicendamento dell’arbitro si inscrive in un «processo» che, intendendo favorire «l’utilizzo continuativo dei più giovani» (, prende perciò avvio dalla «dismissione» di soggetti con maggiore anzianità nel ruolo; d) l’avvicendamento del genere che ha interessato l’arbitro (cioè compiuto attraverso «un numero di dismissioni superiore a quello delle promozioni dalla CAN C»: ibidem) è suscettibile di essere proseguito (in misura non inferiore a quanto già attuato) nella stagione sportiva ancora successiva poiché la riduzione programmata dell’organico è indicata complessivamente e finalmente in n. 6 unità (43 > 37); e) l’inattività dei menzionati arbitri -tra i quali  l’arbitro - ha determinato, per la stagione sportiva 2007/2008, un risultato positivamente apprezzabile in guisa di attuazione ante diem del suddetto «processo», come detto avendo «limita[t]o, in parte, la portata negativa di un organico sovradimensionato». In breve, le caratteristiche dell’avvicendamento degli altri arbitri escludono che trattasi, in particolare quanto all’arbitro ricorrente, di determinazione organica non conforme al dovere di lealtà e buona fede nell’ attuazione del rapporto associativo poiché: a) non appare odiosamente data contra personam; b) risponde a un criterio tecnico di normalità predeterminato in sede normativa (art. 47 Reg. A.I.A.); c) risulta coerente con l’indirizzo dell’organo associativo cui le pertinenti valutazioni sono rimesse secondo l’ordinamento di settore; d) le stesse modalità attuative si presentano come ulteriormente e individualmente conformi all’indirizzo in parola; e) si presenta in linea di continuità con un dato positivamente emergente dall’esperienza più recente. Pertanto, la determinazione sub judice appare connotata dalla piena rispondenza alle regole, oltre che di competenza, di ragionevolezza, proporzionalità, coerenza, compiutezza informativa e paritario trattamento, onde alcun vizio di sviamento finalistico del potere attribuito all’organo che ne è autore può rilevarsi.  Nel caso di specie inoltre l’arbitro, e con lui gli altri arbitri effettivi di cui si è disposto unanimente il «normale avvicendamento tecnico», «non risulta inserit[o] nella graduatoria di merito predisposta dalla C.A.N.» appunto per non aver «svolto attività per un lungo periodo», il che -se appare circostanza legittimamente valutabile, come si è sopra convenuto - è di per sé anche assorbente del previo dovere di corredare il dato «dei test atletici e da una tabella riassuntiva schematica della media dei voti conseguiti anche negli anni precedenti» poiché gli uni (i test atletici, siccome disgiunti dall’ esercizio dell’attività arbitrale che non si risolve in una prova esclusivamente fisica) e l’altra (la media dei voti conseguiti, siccome naturalmente alterata dalla non valutabilità di prestazioni nella stagione più recente e la cui effettuazione è viceversa il presupposto implicito del giudizio che il voto aritmetico esprime) obiettivamente appaiono incapaci di superare il complessivo apprezzamento della inattività operato, unitamente alle altre circostanze oggettive già evidenziate [supra, § 6.] e alla situazione anagrafica e di ruolo dell’associato, al fine della normale dismissione dal novero degli «effettivi», considerando che in via preventiva il Regolamento dell’A.I.A. presume la regolarità dell’ avvicendamento in presenza di dati anagrafici e di carriera di gran lunga posseduti dall’arbitro (art. 47, comma 1). Dunque, il deficit procedimentale da quest’ultimo denunciato, da un lato, non sussiste siccome un’ interpretazione coordinata delle norme associative induce a ritenere che per gli arbitri normalmente «avvicendabili», di cui all’art. 47, comma 1, cit., la valutazione dei test atletici e della media dei voti già conseguiti sia necessaria solo a corredo di una eventuale proposta di conferma nell’organico degli arbitri effettivi, non anche quando il potere associativo si venga svolgendo nel verso dell’ avvicendamento poiché la discrezionalità astrattamente ammissibile in tal senso appare già consunta nella positio della norma interna secondo cui «dopo dieci anni di attività gli arbitri effettivi che abbiano compiuto i 28 anni possono altresì essere transitati nella categoria degli arbitri fuori quadro con decisione, non soggetta a ricorso, assunta dal Comitato nazionale su proposta del competente Ortano Tecnico»; dall’altro, il preteso deficit è comunque incapace di assumere, nelle circostanze che occupano, alcun rilievo determinante il contenuto della decisione, la cui sostanziale indipendenza dagli elementi eventualmente deficitari assume caratteri di assoluta evidenza, tanto più in assenza di un potere di sindacato sopra l’ applicazione delle norme tecniche che necessariamente presiedono alla (eventuale) valutazione delle performances individuali.

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