Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 65 del 13/08/2021
Decisione impugnata: Delibera del Presidente Federale della FIGC, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 51/A del 4 agosto 2021, con la quale è stata riformulata la graduatoria da utilizzare ai fini dell'integrazione dei posti disponibili nell'organico del Campionato di Serie C 2021/2022, con esclusione dalla stessa dell'odierna ricorrente, nonché di qualsiasi atto, anche incognito, prodromico, pregresso, presupposto, preliminare e/o successivo alla statuizione medesima.
Impugnazione Istanza: Alma Juventus Fano 1906 s.r.l./Federazioe Italiana Giuoco Calcio/U.S. Pistoiese 1921 s.r.l.
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso la delibera del Presidente Federale della FIGC, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 51/A del 4 agosto 2021, con la quale è stata riformulata la graduatoria da utilizzare ai fini dell'integrazione dei posti disponibili nell'organico del Campionato di Serie C 2021/2022, con esclusione della stessa ricorrente, la quale, nella stagione calcistica 2020/2021, partecipava al Campionato di Serie C, girone B, classificandosi al diciottesimo posto e retrocedendo alla inferiore Serie D a seguito della disputa dei play-out…..Come noto, «i requisiti per l’ammissione a competizioni sportive e campionati sono stabiliti dalle Federazioni sportive nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale, connesso con le loro funzioni istituzionali di controllo e di vigilanza dello sport» (Consiglio di Stato n. 6083/2006, Consiglio di Stato, n. 1257/1998 e Cass. civ., sez. un., 25 febbraio 2000 n. 46, nonché, di recente, Consiglio di Stato n. 4001/2021). Tale disciplina speciale, che stabilisce precisi requisiti formali, non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto di quei requisiti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali pure possano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione. Stante il carattere concorsuale della procedura, pertanto, l’ammissione indebita di una società, in favore della quale si consenta una deroga in ordine ai tempi o ai contenuti dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla disciplina speciale, si risolverebbe in un pregiudizio per le altre società interessate. Né si rinviene disposizione alcuna che contempli il principio della regolarizzazione della documentazione; e ciò per l’oggettiva esigenza di garantire con assoluta certezza il necessario, contemporaneo avvio dei campionati («non vi è poi alcuna disposizione che contempli il principio della regolarizzazione della documentazione», Cons. di Stato, nn. 2546/2001, 5025/2004, 6083/2006). Per questo motivo, i termini fissati dalla Federazione per l'espletamento degli adempimenti prescritti per l'iscrizione delle società sportive ai campionati di calcio sono sempre perentori («la natura perentoria dei limiti temporali fissati a tal fine, pur se non sancita dal dato testuale delle disposizioni federali vigenti all’epoca, fosse ricavabile dalla natura e della finalità del termine in rilievo, in quanto la sua funzione, di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al campionato, implica la necessità di uno sbarramento temporale netto e sufficientemente anticipato, al fine di garantire l'espletamento di tutti gli incombenti organizzativi funzionali all'avvio del campionato», Cons. Stato nn. 2546/2001, 287/2007 e 4229/2009, nonché Tar Lazio, nn. 4362/2005, 1724/2005, 3500/2004 e 2394/1998; nonché, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisioni nn. 3/2009, 10/2010, 17/2011, 18/2011 e 34/2014; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 60/2015, Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 31/2016, Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 38/2016, Collegio di Garanzia, SU., decisione n. 67/2017; nonché Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 31 luglio 2018, n. 45, ove si afferma che «la perentorietà del termine si giustifica con riferimento all’esigenza che non si determini la compressione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. In altri termini, trattandosi di una procedura di tipo ammissivo, regolata da una lex specialis, i termini perentori non possono essere superati per alcun motivo, essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio fra gli aspiranti all’ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e la esattezza della data di inizio del relativo Campionato»). I procedimenti di ammissione ai campionati, sia ordinari (rilascio delle Licenze Nazionali) sia straordinari (integrazioni di organico), costituiscono in effetti procedure di tipo competitivo; tale punto di approdo è stato fatto proprio anche dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, n. 4031/2014: «l’esigenza di rispettare la par condicio nell'ambito di una procedura concorsuale come quella che regola l'ammissione delle società calcistiche ai campionati rende ancora più evidente tale lettura tassativa della disposizione in oggetto [C.U. n. 167 del 2013 ndr], atteso che la partecipazione indebita di una squadra finisce inevitabilmente per penalizzare un'altra società», nonché Tar Lazio, nn. 3610/2010 e 3916/2007), che ha enucleato un complesso di principi e di regole nel quadro di una ricostruzione del sistema aderente alla valenza pubblicistica della materia ed in sintonia con la normativa di riferimento (principi fatti propri dalla Federazione): i) le richieste di ammissione ai campionati (al pari dei ripescaggi) costituiscono procedure di tipo ammissivo caratterizzate dal requisito della concorsualità; ii) tali procedure sono regolate da una lex specialis rappresentata da un C.U. della Federazione; iii) al fine di garantire la par condicio, i termini e gli adempimenti ivi contemplati, ove prescritti a pena di decadenza, non sono suscettibili di applicazione elastica o flessibile (con prevalenza del criterio teleologico su quello formale); iv) la Federazione, sul punto, non dispone di altro potere se non quello di pronunciarsi sull’accoglibilità o meno della domanda, in virtù delle regole procedimentali. Tali principi costituiscono ormai ius receptum e sono stati ribaditi anche dalla più recente giurisprudenza sportiva: «in materia di rilascio delle Licenze Nazionali, per l’amissione ai campionati risulta dettata una disciplina particolarmente rigorosa, rivolta a conseguire, ad una data prestabilita (costituente un vero e proprio termine invalicabile), la prova del possesso da parte della società dei requisiti richiesti. E ciò al fine di ottenere - nel rispetto delle anzidette scadenze temporali - che si proceda per tempo all’organizzazione del futuro campionato, compresa la definizione del suo calendario» (Collegio di Garanzia, Sezione sulle controversie in tema di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche, decisione n. 57/2021); nonché amministrativa: «va condivisa l’adozione di un’interpretazione rigorosa delle pertinenti previsioni del Manuale delle Licenze in ordine alla perentorietà del termine […]: si tratta infatti di una disciplina basata su un criterio di certezza finalizzato a garantire il perseguimento delle esigenze di tempestiva ed efficiente organizzazione delle competizioni unitamente alla par condicio dei partecipanti alle stesse […]; dal punto di vista dell’ordinamento sportivo detta situazione va considerata nella sua oggettività e attualità al momento della scadenza del termine perentorio» (Tar Lazio, n. 4163/2021). La vicenda in analisi non può, pertanto, prescindere da siffatti principi e deve essere declinata nell’ambito del già menzionato C.U. n. 293/A del 14 giugno 2021, con cui la FIGC ha fissato il termine perentorio del 19 luglio 2021 per presentare le domande ed effettuare gli adempimenti prescritti dal Comunicato Ufficiale n. 253/A del 21 maggio 2021, al fine di concorrere alla procedura di integrazione dell’organico di Serie C 2021/2022. Nella prospettiva del ricorso per cui è causa rileva, dunque, l’effettivo deposito, da parte del Fano, entro detto termine perentorio, dei documenti attestanti il possesso dei seguenti requisiti: fideiussione a prima richiesta a favore della Lega Pro dell’importo di euro 350.000,00; b) fideiussione a prima richiesta a favore della Lega Pro dell’importo di euro 300.000,00; c) idoneità dell’impianto di illuminazione dello Stadio; d) capienza e requisiti di quest’ultimo relativamente alla capienza minima, alle sedute individuali ed alle tribune riservate agli spettatori. Con riferimento al deposito delle fideiussioni, la citata disciplina regolamentare imponeva alle società di depositarne l’«originale» oppure, ove emesse e sottoscritte digitalmente, «allegando il documento sottoscritto digitalmente», entro lo scorso 19 luglio 2021. La società ricorrente non ha adempiuto a tale prescrizione in quanto, come emerge dalla stessa documentazione allegata al ricorso: la sola garanzia bancaria a prima richiesta (n. 7030501) rilasciata da …. è stata depositata in originale. La garanzia rilasciata da …. è stata trasmessa priva della necessaria firma digitale. L’originale di quest’ultima è stato inviato alla Lega solo il successivo 20 luglio 2021, mediante raccomandata ricevuta il 21 luglio 2021, e dunque oltre il termine in proposito prescritto. A riguardo vanno richiamate le chiare indicazioni dei CC.UU. n. 258/A del 21 maggio 2021 e n. 293/A del 14 giugno 2021 - peraltro non impugnati dalla ricorrente – sulla base dei quali il termine perentorio del 19 luglio (perentorietà mai oggetto di contestazione) è riferito tanto al “possesso” del requisito, quanto al “deposito della documentazione” attestante tale possesso; concetto ribadito nel C.U. n. 253/A relativo ai criteri infrastrutturali, ove è affermato: “La documentazione depositata successivamente al termine perentorio …, così come gli adempimenti effettuati dopo detto termine…, non potranno essere presi in considerazione né dalla Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi Organizzativi, né dal Consiglio Federale”; la polizza n. 410373504, rilasciata da Generali (pur depositata in termini), non rispondeva ai requisiti richiesti dal C.U. n. 258/A del 31 maggio 2021, recante «i modelli tipo delle fideiussioni a prima richiesta, che dovranno essere utilizzati dalle società di Serie C ai fini del rilascio delle garanzie previste dal Comunicato Ufficiale n. 253/A del 21 maggio 2021». Invero, la stessa risultava, il 19 luglio 2021, rilasciata nell’interesse della società TAD TECHNOLOGY SRL e non anche della società ricorrente. Le successive rettifiche del 22 luglio 2021 (“appendice di precisazione”, all. n. 12 del ricorso) non solo non risultano mai pervenute alla Lega o alla Federazione, ma risultano in ogni caso tardive e, come tali, inammissibili; né, come detto, si rinviene «alcuna disposizione che contempli il principio della regolarizzazione della documentazione» (Cons. di Stato, nn. 2546/2001, 5025/2004, 6083/2006). Da ciò emerge con tutta evidenza che, delle due fideiussioni richieste dal Sistema delle Licenze Nazionali, il Fano ne abbia depositata correttamente una sola….Con riferimento al contestato mancato soddisfacimento dei valori minimi di illuminamento verticale medio dell’impianto di illuminazione dello stadio “Raffaele Mancini” (citato criterio 8A dell’allegato A al C.U. n. 253/A del 21 maggio 2021), risulta evidente che alla prescritta data del 19 luglio 2021 non risultava depositata la certificazione dei valori di illuminamento minimo richiesto. Invero, come si legge nella nota della Lega Pro del 22 luglio 2021 (prot. n. 919/21) indirizzata alla Commissione Criteri Infrastrutturali della FIGC (versata in atti sub all. n. 6 della memoria della Federazione), «alla data del 19 luglio u.s. non risultava depositata presso questa Lega la certificazione dei valori di illuminamento minimo richiesti. In data odierna [22 luglio 2021, ndr] è stata inviata la “Relazione Tecnica - Misura dei parametri di illuminazione” relativa alla campagna di misure svolta il 19 luglio u.s., che riporta un valore d’illuminamento verticale medio […] inferiore […] al valore minimo richiesto». Ed ancora, si legge nella nota della Lega Pro del 23 luglio 2021 (prot. n. 928/21), indirizzata alla Commissione Criteri Infrastrutturali della FIGC (versata in atti sub all. n. 7 della memoria della Federazione), che «la società ALMA JUVENTUS FANO […] alla data del 19 luglio u.s. non aveva depositato presso questa Lega la certificazione dei valori di illuminamento minimo richiesti. In data 22 luglio 2021 è stata inviata la “Relazione Tecnica - Misura dei parametri di illuminazione” relativa alla campagna di misure svolta il 19 luglio u.s., che riporta un valore d’illuminamento verticale medio […] inferiore […] al valore minimo richiesto […]. Successivamente, in data odierna [23 luglio 2021, ndr], è pervenuta presso questa Lega una ulteriore certificazione dei valori minimi di illuminamento, datata 19 luglio 2021, che rispetta i valori minimi richiesti». Da tali evidenze si evince in maniera inequivocabile che il Fano abbia documentato il possesso del requisito di cui al Criterio 8A solamente in data 23 luglio 2021….La ricorrente afferma “la piena conformità agli standard richiesti dei valori minimi di illuminamento ivi rilevati […] alla data del 19 luglio 2021” (p. 11 del ricorso). Tuttavia, ciò che rileva ai fini del Sistema Licenze Nazionali, si deve ribadire, è l’avvenuta certificazione dei criteri infrastrutturali mediante deposito della relativa documentazione entro il 19 luglio scorso. A ciò non ha adempiuto la ricorrente, la quale, di converso, con la documentazione versata in atti (sub all.ti nn. 13-14-15), non fa altro che confermare tale circostanza, trattandosi, tutti, di documenti postumi rispetto al menzionato termine perentorio (l’all. n. 13 è del 28 luglio 2021 e l’all. n. 15 è del 6 agosto 2021).….Con riferimento, infine, alle asserite carenze riscontrabili in merito ai citati criteri 16A, 17A e 18A, la menzionata nota del 22 luglio 2021 (prot. 919/21) della Lega Pro chiarifica che, «stante l’attuale assenza di seggiolini nel settore gradinata ospiti […] la società ha prodotto una nota della competente Questura di Pesaro e Urbino datata 22 luglio 2021, che, nelle more del completamento di questa dotazione, autorizza ad utilizzare come settore ospiti la curva normalmente destinata alla tifoseria locale. Questa configurazione dello stadio […] rispetta gli articoli 16, 17 e 18 dei criteri infrastrutturali». È evidente, dunque, che il Fano abbia documentato il possesso dei citati criteri solamente il 22 luglio 2021. La documentazione versata in atti sul punto dalla ricorrente, come quella relativa al criterio 8A di cui sopra, conferma tale inadempienza. Invero, l’allegato n. 17 costituisce una certificazione datata 6 agosto 2021, mentre l’allegato n. 16 riguarda esclusivamente il “parere favorevole per il rilascio della licenza di agibilità” e, come tale, risulta essere inconferente rispetto alla certificazione del possesso dei requisiti di cui ai criteri 16A, 17A e 18A del Sistema delle Licenze Nazionali.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 64 del 10/08/2021
Decisione impugnata: Comunicato Ufficiale n. 32/A della FIGC, pubblicato in data 28 luglio 2021, con il quale è stata respinta la domanda di ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 della società F.C. Messina s.r.l.; del Comunicato Ufficiale n. 33/A della FIGC, pubblicato in data 28 luglio 2021, con il quale è stata concessa alla società AZ Picerno s.r.l. la Licenza Nazionale, ai fini dell’ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022; di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, nonché per l’accertamento del diritto del Football Club Messina s.r.l. all’immediata ed incondizionata ammissione al Campionato di Serie C per la stagione sportiva 2021/2022, previa concessione della Licenza Nazionale.
Impugnazione Istanza: Football Club Messina s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso il provvedimento della FIGC, con il quale è stato respinto il ricorso della Società avverso il diniego della (Co.Vi.So.C.), della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie C per l’anno 2021/2022, con conseguente non ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 atteso il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale per alcune inadempienze, e precisamente: l’acquisizione della disponibilità di uno stadio con standard adeguati per la Serie C; l’apposita fideiussione dell’importo di euro 50.000,00, non essendo iudonea quella rilasciata dalla società finanziaria non iscritta all’albo Unico ex 106 TUB presso la Banca D’Italia”.…..la garanzia rilasciata da ….. - indipendentemente dalla sua stessa efficacia, in realtà specificamente contestata - non corrisponda alle condizioni stabilite sotto distinti ma in pari misura dirimenti profili: vuoi quello soggettivo, non essendo il garante censito nell’elenco formato ai sensi dell’art. 106 TUB né vantando alcuna abilitazione alternativa nel novero delle opzioni residualmente ammesse; vuoi quello oggettivo, non risultando acquisito - né prima né dopo la scadenza del termine deputato - alcun esemplare dell’atto dotato della forma prevista, cio di originale analogico o di esemplare digitale, bensì una mera copia per immagine di un documento non altrimenti esibito…..al Collegio non spetta che ribadire l’incompatibilità del soccorso istruttorio col microsistema normativo che occupa, dotato di insopprimibili peculiarità e davvero senza eguali per concorso di esigenze simultanee e divergenti (economia di tempi, pari opportunità, precostituzione massimamente formale delle regole di riferimento in funzione del decremento del tasso di discrezionalità e incremento della predittibilità pressoché algoritmica delle applicazioni). Perciò l’affermazione è stata assai di recente ripetuta nella giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche (cfr. Decisione n. 58/2021), in una linea interpretativa del Sistema delle Licenze Nazionali di cui è pure sopravvenuta l’autorevole convalida giudiziaria onde “va condivisa la rigorosa interpretazione […] delle pertinenti previsioni del Manuale delle Licenze in ordine alla perentoriet del termine […] circa la necessaria sussistenza, a tale data, dei prescritti requisiti in capo alle società calcistiche, prescrizione adeguatamente giustificata, sul piano logico, dalla necessità di garantire il perseguimento delle esigenze di tempestiva ed efficiente organizzazione delle competizioni, unitamente alla par condicio dei partecipanti alle stesse” (T R Lazio - Sezione I Ter - Decr. 4348/2021 del 5 agosto 2021).…..Quanto, invece, all’esiguità in sé del termine disponibile, ferma la natura non prorogabile di questo per quanto convenuto pure dalla parte ricorrente, va osservato quanto segue. Anzitutto, non è riconoscibile alcun rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra l’eventuale maggior tempo a disposizione e la capacità della Società di somministrare garanzie derivanti esclusivamente dall’esame del merito di credito dell’impresa conducibile da terzi. nvero, la Ricorrente adduce l’incapacit di offrire (più) idonea garanzia per l’indisponibilità dei soggetti consultati di acquisire nel (troppo) breve intervallo consentito la serie dei dati onde farne uell’elaborazione atta a restituire l’indicatore circa il merito di credito della richiedente.Tanto essendo stato allegato da quest’ultima, proprio la difesa della Società che logicamente implica come un tempo maggiore avrebbe soltanto aumentato le probabilità di conseguire l’assistenza fidejussoria, ma non ne avrebbe determinato (necessariamente) l’ottenimento. Del resto, al Collegio non consta alcun elemento onde delibare che le risultanze del merito di credito individuale (più probabilmente che non) avrebbero procurato il rilascio di una garanzia adeguata: garanzia che, pur quando altra da quella pervenuta, è stata prospettata come di imminente rilascio, senza però sostanziarsi in alcun atto reso infine accessibile al Collegio. Il che vale non soltanto a smentire quanto si legge a pag. 12 del Ricorso (“si rappresenta che è in procinto di rilascio idonea polizza (che sarà depositata appena emessa) e, in applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio in sede giurisdizionale, si chiede pertanto l’ammissione del FC Messina s.r.l. all’iscrizione alla Serie C 2021-2022”), ma anche che l’assistenza fidejussoria non è funzione diretta del tempo a disposizione per procurarne una idonea. Per giunta, che neppure la inidoneità della garanzia già acquisita fosse dipendente immediatamente e direttamente dal minor tempo avuto a disposizione è valutazione finanche intuitiva se soltanto si considera come il rigoroso criterio interpretativo della normativa applicabile legittimamente avrebbe condotto a intendere anche la sola somministrazione dell’originale di l del limite temporale (fatto salvo, invece, dalla mera produzione della copia per immagine) come violativa di per sè della perentorietà del termine. In sintesi, data pure l’ astratta idoneità della garanzia rilasciata nel termine all’uopo concesso da ….rimarrebbe ineludibile la reiezione dell’istanza di ammissione anche soltanto registrandone l’omessa presentazione nel termine altres dell’esemplare originale: la sua pur ulteriore esibizione (non più avutasi, così – peraltro - alimentando l’imprescindibile “ uestione della firma”: pag. 4 della Memoria di replica) avrebbe (avuto) di per sé i connotati dell’infrazione della perentorietà del termine, risolvendosi nella concessione privilegiata di una proroga singolare quanto odiosa, perché in evidente spregio dell’aspettativa legittima del soggetto controinteressato (invece, munitosi di valida garanzia a suo favore)…..Nel rappresentare la propria posizione, la Ricorrente non considera che la deteriore situazione nella quale assume di essersi venuta a trovare non è conseguenza del termine in sé attribuito per conformarsi al Sistema delle Licenze Nazionali, quanto della natura minima e derivativa della posizione soggettiva, che - difettando non tanto di differenziazione quanto di immediata qualificazione - ha acquisito un sufficiente tasso di qualificazione soltanto in conseguenza di determinazioni altrui, non prevedibili né sindacabili nella loro potestatività, determinazioni senza le quali non si sarebbe resa attuale la scopertura nell’organico delle iscrizioni al campionato di interesse. In condizioni siffatte, piuttosto la non tutelabilità dell’aspirazione nella fase anteriore all’emersione e all’inveramento di una posizione soggettiva piena, progredita – cioè – dallo stadio di sola spes a quello di autentico interesse pretensivo, a rendere deteriore la situazione della Ricorrente. La quale avrebbe potuto impiegare utilmente il tempo disponibile per le attività di ricerca della futura ed eventualmente rilevante compliance col Sistema delle Licenze Nazionali, ma unicamente qualora fosse stata disponibile ad accollarsi il rischio di un’impresa poi non più fruibile e, in uanto tale, possibilmente diseconomica. Sennonché, la minore consistenza sostantiva della posizione originaria (un’aspettativa, niente di più) non potrebbe rinvenire alcun recupero postumo attraverso una protezione singolarmente più intensa largita dall’ordinamento (cos , custodendo anche l’ultimo degli aspiranti con una sorta di diritto all’inerzia). Altrimenti, non sarebbe più un’iniziativa auto-responsabile a dover razionalmente supplire all’obiettivo deficit di originaria rilevanza della posizione individuale (almeno finché non si sia concretizzata, per lo scorrimento della graduatoria, in un vero e proprio interesse pretensivo), ma si renderebbe del tutto irragionevolmente esigibile dall’ordinamento una protezione differita, ma finanche maggiore, nonostante si riconosca la posizione come meno meritevole, al massimo suscettibile di conservazione in termini di chance. In definitiva, il sistema di accesso eventualmente sostitutivo o suppletivo ai campionati professionistici non intesta alle posizioni non immediatamente rilevanti degli aspiranti, prima cioè che ognuna di esse possa prendere concretamente e attualmente rilevanza sotto forma di autonomo interesse suscettibile di compiuta protezione, altro che l’assicurazione della chance (arg. ex artt. 1 56, 1 5 , 1 59 c.c.). Ora, che la regolamentazione dell’accesso sostitutivo, anche nella fattispecie che occupa, sia effettivamente risultata idonea a tale strumentale obiettivo, conservando integra la chance che spettava già della Ricorrente, riesce convalidato ex post dall’ammissione della controinteressata, in concreto rivelatasi dotata di tutti e quegli stessi requisiti esigibili in egual misura proprio nei confronti della Ricorrente, la quale non ha titolo per reclamarne alcuna tutela particolare o rafforzata.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 61 del 02/08/2021
Decisione impugnata: a) Delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. in data 15 luglio 2021, pubblicata con C.U. n. 16/A del 16 luglio 2021, con la quale è stato respinto il ricorso della Paganese Calcio 1926 S.r.l. contro il diniego di ammissione al campionato di Lega Pro, stagione 2021/2022, per asserita carenza di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale, di cui al titolo I) del C.U. n. 253/A del 21 maggio 2021 e relativo provvedimento di trasmissione prot. 676/SS 21-22 del 16 luglio 2021; b) ove occorra, del parere negativo reso dalla Co.Vi.So.C. in data 14 luglio 2021, sul ricorso proposto dalla Paganese Calcio 1926 S.r.l.; c) ove occorra, del provvedimento prot. n. 4699/2021 dell’8 luglio 2021, con il quale la Co.Vi.So.C. ha dedotto un presunto mancato rispetto dei “criteri legali ed economico-finanziari” per l’ottenimento della Licenza Nazionale, ai fini dell’ammissione al campionato di Lega Pro per la stagione 2021/2022; d) ove e per quanto occorra, della nota di comunicazione del dispositivo della decisione sub a); e) ove e per quanto occorra, di qualsiasi ulteriore atto istruttorio, di estremi e contenuto non conosciuti; f) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali. Viste le difese e la documentazione prodotta dalle parti;
Impugnazione Istanza: Paganese Calcio 1926 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Accolto il ricorso della società alla quale era stata negata l’ammisssione al campionato di Lega Pro, stagione 2021/2022 per il mancato pagamento di rilevanti debiti tributari essendo in corso un contenzioso tributario in essere presso la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno contro l’Agenzia delle Entrate di Salerno….Il thema disputandum sottoposto a questo Giudice sportivo si sostanzia nel corretto inquadramento del contenzioso pendente innanzi alla CTP di Salerno e, conseguentemente, alla sua idoneità (o meno) ad integrare la fattispecie prevista dalla lettera C), punto 15) del SLN. La citata disposizione prevede, in merito all’assolvimento dei tributi IRES, IRAP ed IVA, risultanti dalle dichiarazioni annuali riferite ai periodi di imposta terminati entro il 31 dicembre 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, la seguente condizione abilitante: “Qualora siano in corso contenziosi, le società devono depositare la documentazione comprovante la pendenza della lite non temeraria innanzi al competente organo”. Risulta agli atti che l’odierna ricorrente, nel ricorso promosso innanzi alla CTP di Salerno, abbia chiesto di: “a) annullare il diniego di transazione fiscale; b) per l’effetto ritenere la proposta di transazione avanzata meritevole di accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate; c) condannare l’Amministrazione finanziaria al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. da valutarsi ai sensi dell’art. 1226 c.c. e dell’art. 2056 c.c. in quanto il diniego di transazione ha, di fatto, paralizzato l’attività economica della società ricorrente”. Risulta, altresì, agli atti che sul medesimo ricorso alla Giustizia tributaria si sia espresso, in sede cautelare inaudita altera parte, il Presidente della medesima CTP, il quale, nel suo decreto monocratico, ha osservato “che quanto al fumus, le deduzioni svolte dalla società ricorrente e la documentazione allegata inducono a ritenere sussistenti, perlomeno allo stato degli atti e in attesa della costituzione dell’Agenzia, gli elementi comprovanti la fondatezza dei motivi di impugnazione dedotti (cfr., in particolare, gli esiti dei giudizi già conclusi e, in particolare, le vicende relative alla precedente transazione fiscale); che le ragioni addotte dall’Agenzia nel diniego della nuova transazione fiscale non appaiono, perlomeno sulla base dei documenti allegati dalla stessa società ricorrente, del tutto convincenti, alla luce della condotta complessiva della società e delle pregresse vicende ampiamente riassunte nel ricorso (accordo di ristrutturazione dei debiti dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore ex art. 182 bis Legge Fall., pregressa transazione fiscale ex art. 182 ter Legge Fall.), nonché alla luce dei margini di fattibilità del piano già presentato, evincibile dagli atti allegati al ricorso”.Tale quadro fattuale, che già di per sé potrebbe apparire sufficiente ad integrare la condizione prevista dalla citata disposizione del SLN, risulta corroborato dall’esito di analoga (anzi: identica) fattispecie occorsa circa cinque anni prima alla medesima odierna ricorrente, laddove la Giustizia amministrativa, nel sindacare il pronunciamento negativo all’epoca adottato da questo Giudice sportivo, ha osservato che “la richiamata norma del Sistema Licenze Nazionali 2016/2017 richiede quale unico requisito, ai fini dell’ammissione al campionato, l’eventuale pendenza di una lite non temeraria innanzi al competente organo senza preclusione alcuna in ordine all’oggetto della lite né al giudice competente; in particolare, non appare, ad un primo sommario esame, che sia propugnabile un’interpretazione restrittiva della norma tale da escludere dal suo ambito applicativo le liti avverso il diniego di transazioni fiscali; la lite de qua non può considerarsi temeraria avuto riguardo alla stessa concessione dell’invocata misura cautelare con provvedimento del Presidente della Commissione Tributaria di Salerno del 14 luglio 2016”. Tant’è che immediatamente dopo è stata la stessa F.I.G.C., in sede di autotutela, a conformarsi pienamente al pronunciamento della Giustizia amministrativa, richiamando esplicitamente, nelle premesse del C.U. n. 57/A del 31 agosto 2016, l’ordinanza sopra menzionata. Non sfugge di certo al Collegio la circostanza che l’Agenzia delle Entrate, nella nota n. 46023 del 25 giugno 2021 menzionata dal difensore della F.I.G.C., abbia evidenziato che “la debitoria fiscale complessiva è passata da € 1.623.613,05 oggetto della precedente transazione, ad una debitoria fiscale complessiva di € 4.338.762,91 oggetto dell’attuale proposta di transazione”. Peraltro, non può esimersi questo Giudice sportivo dal rilevare – come peraltro confermato, nella pubblica udienza, dal difensore della Federcalcio – che rispetto alla fattispecie occorsa nel 2016, relativamente alla quale la Federazione è risultata soccombente innanzi alla Giustizia amministrativa, il quadro normativo non risulti mutato, risolvendosi quindi l’odierna vertenza in una questione già ampiamente delibata a livello giudiziario, sulla quale appare difficile intravedere margini per una diversa opzione ermeneutica. Potrebbe certamente risultare più tutelante dell’equilibrio economico-finanziario del sistema federale un aggiornato quadro normativo che, facendo tesoro di quanto accaduto cinque anni fa e rieditato oggi, implementasse maggiori dettagli nei presupposti validanti l’iscrizione al campionato di Lega Pro: ma quello in atto vigente, rimasto appunto intonso a distanza di cinque anni, non può non determinare questo Giudice sportivo ad adottare, oggi, la medesima soluzione già riconosciuta conforme all’ordinamento cinque anni or sono.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 60 del 30/07/2021
Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, pubblicata con il C.U. n. 15/A del 16 luglio 2021, che ha respinto il ricorso della società novarese alla Co.Vi.So.C. e non ha concesso la Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Serie C 2021/2022.
Impugnazione Istanza: Novara Calcio S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso il provvedimento della FIGC, con il quale è stato respinto il ricorso della Società avverso il diniego della (Co.Vi.So.C.), della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie C per l’anno 2021/2022, con conseguente non ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 atteso il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale per alcune inadempienze, e precisamente:- omesso versamento delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di novembre e dicembre 2020 nonchè di gennaio e febbraio 2021, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo. Dall'istruttoria condotta, infatti, era emerso che la Società ha provveduto all'estinzione dei relativi debiti tributari in ragione di compensazione con crediti Iva facenti capo ad altri soggetti giuridici. Tale modalità di adempimento è stata valutata irrituale e non consentita dal vigente ordinamento, oltre ad essere in parte tardiva, in quanto effettuata in data 29 e 30 giugno 2021, e, quindi, oltre il termine perentorio prescritto dalla disciplina di riferimento fissato al 28 giugno 2021; - omesso versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, per le menzionate mensilità di novembre e dicembre 2020 e di gennaio e febbraio 2021, alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali. Anche in tal caso veniva contestato che la Società aveva provveduto all'estinzione dei debiti tributari in ragione di compensazione con crediti Iva facenti capo ad altri soggetti giuridici. Inoltre, il pagamento risultava in parte tardivo, in quanto effettuato in data 29 giugno 2021, e, quindi, oltre il termine perentorio prescritto dalla disciplina di riferimento (28 giugno 2021).….va premesso che la normativa di riferimento è rappresentata, in primo luogo, dall’art. 8 dello Statuto Federale, rubricato “Ammissione ai campionati organizzati dalle Leghe professionistiche”, il quale revede che “Il Consiglio Federale stabilisce i requisiti e criteri per l’ammissione ai campionati organizzati dalle Leghe professionistiche. In particolare, al fine di assicurare lo sviluppo progressivo e qualitativo del calcio nazionale, il Consiglio Federale adotta un sistema di licenze determinandone periodicamente i requisiti in armonia con i principi dell’UEFA in materia di licenze per le competizioni europee, avuto riguardo a criteri sportivi, infrastrutturali, organizzativi, legali ed economico-finanziari”. Il Sistema delle Licenze Nazionali er l’ammissione al Cam ionato Professionistico Serie C 2021/2022, di cui al C.U. n. 253/A, è stato, quindi, approvato dal Consiglio Federale nella seduta del 21 maggio 2021. Tale sistema prevede, tra l’altro, al Titolo I, “Criteri legali ed economico-finanziari”, punto 11) e punto 13), che le società debbano “assolvere il pagamento (...) delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di febbraio 2021 compreso e dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti fino alla mensilità di maggio 2021 compresa, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo”, nonché alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali. Si tratta di verificare se gli adempimenti posti in essere dalla Società permettono di ritenere assolti i predetti obblighi, avendo la stessa utilizzato un meccanismo di compensazione con crediti fiscali di soggetti terzi. L’ampia discussione delle parti si è appuntata, in primo luogo, sulla qualificazione giuridica della fattispecie, che la ricorrente riconduce ad un’ipotesi di surrogazione. La qualificazione predetta risulterebbe strumentale ad escludere l’applicazione del divieto di accollo previsto dall’art.1 della L. 124/2019, in base al quale: “Chiunque, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, si accolli il debito d'imposta altrui, procede al relativo pagamento secondo le modalità previste dalle diverse disposizioni normative vigenti. 2. Per il pagamento, in ogni caso, è escluso l'utilizzo in compensazione di crediti dell'accollante. 3. I versamenti in violazione del comma 2 si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge. In tale eventualità, ferme restando le ulteriori conseguenze previste dalle disposizioni normative vigenti, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”. In realtà, al di là dei dubbi sulla sussistenza di una fattispecie surrogatoria, ritiene il Collegio che la qualificazione non risulta comunque decisiva per la soluzione del caso di specie. Infatti, secondo la giurisprudenza prevalente della Cassazione, alla quale si ritiene di aderire, la compensazione in materia tributaria “è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso ed ogni deduzione è regolata da specifiche, inderogabili norme di legge” (Cass., 22 giugno 2021, n. 17836; analogamente, fra le tante, Cass, 26 gennaio 2021, n. 1668 e Cass., 23 aprile 2020, n. 8068). Secondo tale condivisibile giurisprudenza, tale principio non può ritenersi superato per effetto dell'art. 8, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, il cui ottavo comma prevede, infatti, che, “Ferme restando, in via transitoria, le disposizioni vigenti in materia di compensazione, con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è disciplinata l'estinzione dell'obbligazione tributaria mediante compensazione…”. Tale disposizione conferma che la compensazione è possibile solo nei casi previsti dalla legge e fra questi non vi è un’i otesi generale di com ensazione realizzata avvalendosi di crediti tributari di terzi. Peraltro, con risoluzione n. 140/E del 15 novembre 2017, la stessa Agenzia delle Entrate ha chiarito che la compensazione, fatte salve limitate eccezioni previste specificamente da disposizioni normative ad hoc, trova applicazione solo per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi. Ha aggiunto, a confutazione di una ulteriore argomentazione di parte ricorrente, secondo cui i modelli F2 già allegati alla domanda di iscrizione al campionato Lega Pro 2021/2022 risulterebbero tutti quietanzati e, pertanto, i pagamenti in compensazione risulterebbero regolari, che in realtà la quietanza non prova la regolarità nel merito degli specifici adempimenti, regolarità che per le ragioni sopra esposte è da escludere nel caso di specie. Anche il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta la tardività dei pagamenti, non risulta fondato. Trattasi di aspetto che sarebbe idoneo, anche singolarmente considerato, a motivare l’esclusione disposta con i provvedimenti impugnati. Orbene, ritiene il Collegio che i pagamenti devono essere considerati come regolarmente effettuati solo nelle date del 29 e 30 giugno 2021 e, pertanto, oltre il termine del 28 giugno 2021, la cui perentorietà non è in discussione ed è stata evidenziata più volte da questo Collegio (ex plurimis, decisione n. 31 del 28 luglio 2016, ove si afferma che, “trattandosi di una procedura di tipo ammissivo regolata da una lex specialis, i termini perentori previsti dalle norme federali non possono essere per alcun motivo superati essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio tra gli aspiranti all’ammissione sia la puntuale formazione degli organici e l’esattezza della data di inizio del campionato”). D’altronde, nell’ambito delle disposizioni che regolano la fattis ecie è escluso c e ossano rinvenirsi poteri di soccorso istruttorio o istituti di errore scusabile o di scarsa rilevanza dell’inadem imento. Sul unto, è possibile richiamare il Collegio di Garanzia, Sez. Unite, decisione n. 45/2018, ove, dopo aver premesso che “la perentorietà del termine si giustifica con riferimento all’esigenza che non si determini la compressione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti", si chiarisce che, “trattandosi di una procedura di tipo ammissivo, regolata da una lex specialis, i termini perentori non possono essere superati per alcun motivo, essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio fra gli aspiranti all’ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e la esattezza della data di inizio del relativo Campionato. Tale disciplina speciale, dunque, stabilisce precisi requisiti formali, non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto di quei requisiti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali ure ossano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione (cfr., ex multis, Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione n. 3/2009, decisione n. 10/2010; decisione n. 17/2011; decisione n. 18/2011; decisione n. 34/2014; Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione n. 60/2015; Collegio di Garanzia, I Sez., decisione n. 31/2016; Collegio di Garanzia, I Sez., decisione n. 38/2016; Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione n. 67/2017)”. Contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, d’altronde, la qualificazione del codice tributo e l’indicazione del eriodo sono elementi qualificanti e necessari, non suscettibili di integrazione successiva, sicc nel caso di s ecie si è in resenza di un’o erazione di rinnovazione (che non retroagisce), e non già di una mera integrazione suscettibile di convalidare il precedente atto con effetti ex tunc.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 58 del 30/07/2021
Decisione impugnata: Provvedimento emesso dal Consiglio Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito, anche FIGC o Federazione), di cui al C.U. n. 13/A del 16 luglio 2021, con il quale è stato negato alla ricorrente il rilascio della Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente mancata ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022.
Impugnazione Istanza: Carpi F.C. 1909 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso il provvedimento della FIGC, con il quale è stato respinto il ricorso della Società avverso il diniego della (Co.Vi.So.C.), della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie B per l’anno 2021/2022, con conseguente non ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 atteso il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022, di cui al Titolo I) del C.U. n. 253/A del 21 maggio 2021. Nello specifico, la Co.Vi.So.C. evidenziava i seguenti asseriti inadempimenti: omesso versamento di quota parte delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di settembre e dicembre 2020 e di gennaio e febbraio 2021, ai tesserati, dipendenti, collaboratori addetti al settore sportivo e alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali; omesso versamento di quota parte dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di ottobre e novembre 2020 e di gennaio, febbraio, marzo e aprile 2021, ai tesserati, dipendenti, collaboratori addetti al settore sportivo e alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali.…Come è noto, il Consiglio Federale della FIGC stabilisce i requisiti e criteri per l’ammissione ai campionati organizzati dalle Leghe professionistiche e, in particolare, adotta un sistema di licenze determinandone periodicamente i requisiti, avuto riguardo a criteri sportivi, infrastrutturali, organizzativi, legali ed economico-finanziari, “al fine di assicurare lo sviluppo progressivo e qualitativo del calcio nazionale” (art. 8, comma 1, dello Statuto Federale). Ciò in attuazione dell’art. 12 della legge n. 91/1981, secondo cui, “al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi le società … sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli e ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del Coni, secondo modalità e principi da questo approvati”. In questo contesto normativo si colloca il Sistema Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato professionistico serie C 2021/2022, approvato dal Consiglio Federale nella seduta del 21 maggio 2021, con il C.U. 253/A. Per quanto qui rileva, il Sistema Licenze Nazionali prevede, al Titolo I (Criteri legali ed economico-finanziari), che le società debbano osservare una serie di adempimenti, tra cui “assolvere il pagamento … delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di febbraio 2021 compreso, e dei contributi Inps, riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di maggio 2021 compreso, ai tesserati ai dipendenti e ai collaboratori addetti al settore sportivo”, nonché alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali, “entro il termine perentorio del 28 giugno 2021” (punti 11 e 13). Il legislatore federale consente alle società di adempiere a tali versamenti anche mediante rateazioni, a condizione che siano depositati gli atti di rateazione e sia assolto il pagamento delle rate scadute entro il 31 maggio 2021 (ancora punti 11 e 13). Il provvedimento di diniego della Licenza Nazionale qui impugnato si basa sulla mancata soddisfazione da parte della ricorrente dei suddetti criteri legali ed economico-finanziari entro il termine perentorio del 28 giugno. Questa ricostruzione è contestata dalla Società, che sostiene l’insussistenza di alcun inadempimento rispetto alla disciplina del Sistema Licenze Nazionali. Con riferimento agli omessi versamenti di quote delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti per le mensilità da settembre a dicembre 2020 e per i mesi di gennaio e febbraio 2021, il Carpi sostiene di aver proceduto ad effettuare pagamenti con un piano su base volontaria e secondo le proprie disponibilità finanziarie. In particolare, la ricorrente afferma di non avere potuto stabilire un piano concordato e formalizzato di rateizzazione con l’Agenzia dell’Entrate e di avere conseguentemente utilizzato il c.d. ravvedimento operoso, mediante il quale il contribuente pu effettuare il pagamento tardivo dell’imposta. In realtà, lo strumento del ravvedimento operoso è puntualmente disciplinato dall’art. 13 del D.lgs. n. 472/1997 e da una serie di circolari dell’Agenzia dell’Entrate, per quanto riguarda condizioni, contenuti, procedure e termini e si realizza solo se l’imposta pagata tardivamente è maggiorata di una sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno. Ancora, è inammissibile il ravvedimento operoso parziale, in quanto la norma pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell'obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall'Amministrazione finanziaria (Cassazione civile, sez. trib., 13 settembre 2018, n. 22330). Nel caso di specie, la ricorrente non ha osservato la precisa disciplina normativa richiesta per poter usufruire dell’agevolazione del ravvedimento operoso, né rispettato il procedimento indispensabile per la regolarizzazione delle omissioni. Entro il termine perentorio essa ha unicamente corrisposto due delle rate dovute (ottobre e novembre 2020), secondo un proprio piano di rateazioni autonomamente concepito, senza alcuna previa autorizzazione da parte dell’Agenzia dell’entrate o accordo con quest’ultima. Come osservato dalla resistente, se si considerasse un soggetto in regola con le imposte “sul solo presupposto che ha posto in essere una rateazione spontanea”, “tutte le società di calcio professionistiche avrebbero potuto non assolvere il pagamento dei tributi e ottenere comunque l’ammissione al campionato in ragione di una rateazione spontanea e non autorizzata dal relativo ente”. È dunque pacifico che la ricorrente non abbia garantito la regolarità fiscale entro il termine perentorio normativamente prescritto. Per quanto riguarda gli omessi versamenti di quote dei contributi Inps, la ricorrente ha presentato, in data 23 giugno 2021, una domanda di pagamento dilazionato per le mensilità di gennaio, febbraio e marzo 2021, la quale è stata respinta dall’ente per omesso pagamento dei contributi relativi alle mensilità di aprile e maggio 2021. Sostiene la ricorrente che, a seguito di una nuova istanza coerente con le richieste dell’Inps presentata il 29 giugno 2021 e l’accettazione della stessa il 30 giugno 2021, si sarebbe perfezionato un accordo a formazione progressiva, i cui effetti retroagirebbero “al momento dell’atto conclusivo dello stesso”. Secondo la giurisprudenza, qualora le trattative procedano attraverso uno scambio di corrispondenza o di manifestazioni di volontà e si è quindi in presenza di un contratto a formazione progressiva, il momento conclusivo del contratto è quello in cui il documento riepilogativo di tutte le condizioni del contratto viene sottoscritto o comunque accettato dall'altra parte (Cassazione civile, sez. lav., 24 maggio 2001, n. 7094). Al fine di perfezionare il vincolo contrattuale è sempre necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa sugli elementi costitutivi, sia principali che secondari, dell'accordo, e tale principio deve ritenersi valido anche nell'ipotesi dei c.d. contratti a formazione progressiva, nei quali l'accordo delle parti su tutte le clausole si raggiunge gradatamente e in cui il momento di perfezionamento del negozio è di regola quello dell'accordo finale su tutti gli elementi principali ed accessori, salvo che le parti abbiano inteso vincolarsi agli accordi raggiunti sui singoli punti, riservando la disciplina degli elementi secondari (Cassazione civile, sez. VI, 2 luglio 2020, n. 13610). Orbene, nel caso di specie risulta difficile sostenere che le parti abbiano voluto considerare come vincolante l’assetto di interessi risultante da un’istanza del tutto priva dei requisiti di legge. In altri termini, la lettera con cui l’Inps rigetta formalmente la domanda di rateizzazione non può essere considerata espressiva della volontà da parte dell’Ente di vincolarsi a un accordo, già raggiunto quanto ai suoi elementi essenziali. Precisa l’Inps: “Le confermiamo che la Sua richiesta del 23/06/2021 14:52:18 relativa alla matricola 5007902067 (CARPI F.C. 1909 S.R.L.) con numero protocollo INPS. CMBDR. 23/06/2021. 4141993 è stata chiusa”. “Esito risposta: Richiesta non Accolta. Risposta: si respinge la domanda di dilazione in quanto non risultano pagati il 4 e 5/2021”. La ricorrente invoca poi un orientamento giurisprudenziale incline a riconoscere “l’assenza di antidoverosità della condotta contestata alla società” nel caso di ritardi nei pagamenti. Tuttavia, siffatta giurisprudenza fa esplicitamente riferimento a ipotesi in cui tali ritardi siano stati determinanti “da un fatto improvviso, riconducibile ad un momento organizzativo dello … istituto bancario e quindi, soprattutto, assolutamente al di fuori delle possibilità di intervento dei disponenti, dal quale, pertanto, non è possibile far discendere una qualsiasi forma di responsabilità” (C. U. n. 39/CGF del 12 settembre 2014). Ipotesi che non ricorre nel caso in esame, in cui la causa impeditiva del perfezionarsi dell’accredito non è di forza maggiore, ma va individuata esclusivamente nella condotta della società: la ricorrente era a conoscenza del rigetto dell’istanza di rateazione già dal 24 giugno 2021, ma, preso atto dell’inadempimento tributario, non ha provveduto a presentare un’istanza coerente con le affermazioni dell’Inps entro il termine perentorio per gli adempimenti in questione, e cioè al 28 giugno 2021. Una seconda e distinta istanza è stata, invece, presentata tardivamente rispetto al termine perentorio normativamente stabilito, e cioè in data 29 giugno 2021, ed è stata accolta il 30 giugno 2021. Quindi, anche per le mensilità di gennaio, febbraio, marzo 2021 è pacifico che la ricorrente non abbia garantito la regolarità contributiva entro il termine perentorio normativamente prescritto. Infine, sempre per quanto riguarda gli omessi versamenti di quote dei contributi Inps, alla ricorrente è stato contestato di avere erroneamente applicato le disposizioni vigenti per quanto riguarda le mensilità di ottobre e novembre 2020, rateizzando in autonomia i contributi in 24 mesi con il pagamento della prima rata il 30 maggio 2021 (art. 1, commi 36 e 37, della L. n. 178/2020), mentre avrebbe potuto rateizzare gli importi dovuti in quattro rate mensili a decorrere dal 16 marzo 2021 (art. 13 bis e quater della L. 176/2020). La ricorrente lamenta l’estrema difficoltà interpretativa e di coordinamento delle normative statuali e federali in materia di differimento dei termini per la certificazione del pagamento delle ritenute e degli oneri previdenziali, chiedendo di poter beneficiare dell’istituto dell’errore scusabile e della conseguente rimessione in termini. A tal proposito, la Società riporta la giurisprudenza sia del massimo organo di giustizia amministrativa, secondo cui è possibile “temperare il rigore della previsione di un termine di decadenza ove (si) ritenga che l’errore in cui sia incorso il ricorrente possa essere ritenuto scusabile” (Ad.pl., 31 maggio 2002, n. 5); sia del Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, a detta del quale il riconoscimento dell’errore scusabile presuppone “una situazione normativa obiettivamente non conoscibile o confusa oppure uno stato di incertezza per la oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma, per la particolare complessità della fattispecie concreta, per contrasti giurisprudenziali esistenti, idonei a ingenerare convincimenti non esatti” (C.U. n. 28/TFN del 27 novembre 2017), specie “laddove ci si trovi di fronte ad una prima applicazione di una normativa non facilmente comprensibile” (C.U. n. 37/TFN del 6 dicembre 2016).In realtà, tutta la giurisprudenza invocata dal ricorrente fa riferimento ad ipotesi ben diverse da quella qui in esame, che è relativa a una procedura il cui carattere concorsuale esclude la possibilità di deroghe individuali. Infatti, viene qui in rilievo un procedimento di ammissione a un campionato con un numero chiuso di partecipanti, nell’ambito della quale tutte le società aventi diritto si pongono in concorso tra loro. Di conseguenza, i termini perentori previsti dalle norme federali non possono essere superati per alcun motivo, perché è necessario garantire sia il principio della par condicio tra gli aspiranti all'ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e l’esattezza della data di inizio del campionato, come è costantemente affermato dal giudice sportivo (Collegio di garanzia, sez. un., 31 luglio 2018, n. 45; 12 settembre 2017, n. 67; Collegio di garanzia, 28 luglio 2018, n. 31; Collegio di garanzia, sez. I, 11 agosto 2016, n. 38; 1° agosto 2016, n. 31; Alta Corte di giustizia sportiva, 1° Agosto 2011, n. 17; 1° agosto 2011, n. 18; 1° ottobre 2014, n. 34; 23 luglio 2009, n. 3). Anche la giurisprudenza del giudice amministrativo, pure recentissima, ha affermato nella materia qui considerata che la mancata integrazione dei requisiti nei termini previsti si traduce “nella carenza di un requisito essenziale (id est: sostanziale) ai fini dell'iscrizione al campionato, pena la violazione del principio di imparzialità e di par condicio” (Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2021, n. 4001). Né tantomeno può farsi utilizzo del c.d. soccorso istruttorio, parimenti invocato dal Carpi. Infatti, in via generale il suddetto istituto è applicabile solo nel caso di procedimenti in cui la valutazione incide direttamente sulla sola sfera giuridica del singolo, “non essendo la sua posizione sottoposta ad un giudizio comparativo con altri soggetti”, mentre incontra “un limite esterno al suo funzionamento nel principio antagonista della par condicio” (da ultimo, Tar Lazio, sez. III bis, 30 giugno 2021, n. 7731). In conclusione, la disciplina speciale non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto dei requisiti richiesti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali possano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione. Stante il carattere concorsuale della procedura, l’ammissione indebita di una società, in favore della quale si consenta una deroga in ordine ai tempi o ai contenuti dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla disciplina speciale, si risolverebbe in un pregiudizio per le altre società interessate: ammettere alla competizione chi non ha rispettato i termini normativamente prescritti lederebbe la posizione di altro sodalizio calcistico che si è attenuto scrupolosamente alle disposizioni dettate (Collegio di Garanzia, sez. un., n. 45/2018, cit.; n. 67/2017, cit.; Collegio di Garanzia, Sez. I, n. 31/2016, cit.; n. 38/2016, cit.; nonché Cons. Stato, Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4031).
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 57 del 29/07/2021
Decisione impugnata: Provvedimento emesso dal Consiglio Federale della FIGC, di cui al C.U. n. 14/A del 16 luglio 2021, con il quale è stata negata la concessione alla ricorrente della Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente mancata ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e consequenziale.
Impugnazione Istanza: Casertana F.C. s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso il provvedimento della FIGC, con il quale è stato respinto il ricorso della Società avverso il diniego della (Co.Vi.So.C.), della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie B per l’anno 2021/2022, con conseguente non ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 atteso il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022, di cui al Titolo I) del C.U. n. 253/A del 21 maggio 2021. Nello specifico, la Co.Vi.So.C. evidenziava i seguenti inadempimenti: - omesso deposito, presso la Lega Italiana Calcio Professionistico, della garanzia a prima richiesta dell’importo di € 350.000,00; - omessa evidenza del versamento delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2020, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo; - omessa evidenza del versamento dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2020, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo…I “Criteri legali ed economico-finanziari”, che le società devono possedere entro il termine perentorio del 28 giugno 2021, previsti dal Sistema delle Licenze Nazionali, assolvono, come noto, alla più ampia garanzia del «regolare svolgimento dei campionati sportivi» (art. 12, L. 91/1981), sottoponendo le società calcistiche a specifici e rigidi controlli «al fine di verificarne l'equilibrio finanziario», nonché il relativo possesso di requisiti infrastrutturali, organizzativi legali ed economico-finanziari. Tale disciplina speciale, che stabilisce precisi requisiti formali, non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto di quei requisiti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali pure possano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione. Stante il carattere concorsuale della procedura, pertanto, l’ammissione indebita di una società, in favore della quale si consenta una deroga in ordine ai tempi o ai contenuti dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla disciplina speciale, si risolverebbe in un pregiudizio per le altre società interessate (in argomento, Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisioni nn. 3/2009, 10/2010, 17/2011, 18/2011 e 34/2014; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 60/2015, Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 31/2016, Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 38/2016, Collegio di Garanzia, SS.UU., decisione n. 67/2017; Collegio di Garanzia, SS.UU., 31 luglio 2018, n. 45, nonché Cons. Stato, Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4031, ove si è affermato che «l’esigenza di rispettare la par condicio nell'ambito di una procedura concorsuale come quella che regola l'ammissione delle società calcistiche ai campionati rende ancora più evidente tale lettura tassativa della disposizione in oggetto, atteso che la partecipazione indebita di una squadra finisce inevitabilmente per penalizzare un'altra società»). Insomma, è principio ormai incontestabile che i procedimenti di ammissione ai campionati sia ordinari (rilascio delle Licenze Nazionali), sia straordinari (integrazioni di organico), costituiscano procedure di tipo competitivo; tale interpretazione è stata condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (già citato Consiglio di Stato, n. 4031/2014, nonché Tar Lazio, nn. 3610/2010 e 3916/2007) che ha enucleato un complesso di principi e di regole attuato nel quadro di una ricostruzione del sistema, aderente alla valenza pubblicistica della materia ed in sintonia con la normativa di riferimento (principi fatti propri dalla Federazione): i) le richieste di ammissione ai campionati (al pari dei ripescaggi) costituiscono procedure di tipo ammissivo caratterizzate dal requisito della concorsualità; ii) tali procedure sono regolate da una lex specialis rappresentata da un C.U. della Federazione; iii) al fine di garantire la par condicio, i termini e gli adempimenti ivi contemplati, ove prescritti a pena di decadenza, non sono suscettibili di applicazione elastica o flessibile (con prevalenza del criterio teleologico su quello formale); iv) la Federazione, sul punto, non dispone di altro potere se non quello di pronunciarsi sull’accoglibilità o meno della domanda in virtù delle regole procedimentali.….Ebbene, in materia di licenze nazionali, per l’ammissione ai campionati risulta dettata una disciplina particolarmente rigorosa, rivolta a conseguire, ad una data prestabilita (costituente un vero e proprio termine invalicabile), la prova del possesso da parte della società dei requisiti richiesti. E ciò al fine di ottenere - nel rispetto delle anzidette scadenze temporali - che si proceda per tempo all’organizzazione del futuro campionato, compresa la definizione del suo calendario e dunque evitare che al campionato si iscrivano società non in regola con gli adempimenti fiscali e che, pertanto, vivono una “difficile situazione finanziaria”. La FIGC, nell’ambito dei poteri sopra descritti, ha fissato al 28 giugno 2021 il termine per il deposito delle polizze fideiussorie. Il deposito prescritto dalla norma federale, dunque, non è stato posto in essere dalla ricorrente. Il Collegio di Garanzia dello Sport ha avuto modo di precisare che “Trattandosi di una procedura di tipo ammissivo regolata da una lex specialis, i termini perentori previsti dalle norme federali non possono essere per alcun motivo superati essenzialmente perchè è necessario garantire sia la par condicio tra gli aspiranti all’ammissione sia la puntuale formazione degli organici e l’esattezza della data di inizio del campionato” (ex plurimis, Collegio di Garanzia, decisione n. 31 del 28 luglio 2016). Ed ancora “si aggiunga (...) che la perentorietà del termine si giustifica con riferimento all’esigenza che non si determini la compressione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. In altri termini, trattandosi di una procedura di tipo ammissivo, regolata da una lex specialis, i termini perentori non possono essere superati per alcun motivo, essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio fra gli aspiranti all’ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e la esattezza della data di inizio del relativo Campionato” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 31 luglio 2018, n. 45). Né, d’altro canto, la mera presentazione dell’istanza di transazione ex art. 182-ter L.F. attribuisce alla Casertana la regolarità fiscale richiesta dal Sistema Licenze. Infatti, da un lato, i debiti di cui alla menzionata disciplina federale (pur oggetto di una tentata transazione fiscale) restano comunque tali (alla data del 28 giugno 2021), ossia debiti inadempiuti e quindi, come tali, non possono porre capo ad una situazione di regolarità tributaria; dall’altro, il perfezionamento o meno di una transazione fiscale costituisce evento futuro ed incerto rispetto al quale alla data di riferimento (sempre 28 giugno 2021) non v’è alcuna certezza, né alcuna ragionevole previsione. Peraltro, questo Collegio ha avuto modo di affermare che “Nell’ordinamento sportivo, la rateizzazione non rileva come una modalità ordinaria e alternativa attraverso la quale la società sportiva possa adempiere il proprio obbligo tributario, ma costituisce un rimedio che consente solo la possibilità di estinguere il debito in pi rate con una mitigazione del trattamento sanzionatorio. Infatti, l’obbligo di documentazione circa il raggiungimento di accordi per dilazioni o rateazioni con l’ente impositore e l’obbligo di deposito della documentazione attestante il pagamento delle rate scadute, entrambi previsti dall’art. 85 delle NOIF della FIGC, rilevano al solo fine di non determinare l’irrogazione di ulteriori sanzioni, da parte dell’ordinamento sportivo, per i debiti fiscali e previdenziali scaduti, quando gli stessi siano stati oggetto di specifici provvedimenti dell’amministrazione pubblica che ne consentono il pagamento ritardato e rateizzato. L’avvenuto assolvimento di tali obblighi non determina invece l’irrilevanza della mancata tempestività nell’assolvimento dei pagamenti fiscali e previdenziali dovuti, in quanto l’eventuale rateizzazione del debito può produrre effetti per l’ordinamento sportivo solo a partire dal raggiungimento di un accordo con l’amministrazione fiscale” e che “La disposizione di cui all’art. 85 delle NOIF della FIGC non può essere interpretata nel senso di escludere la sanzionabilità per l’omesso versamento delle ritenute fiscali fino a quando il soggetto debitore possa avvalersi, nel rispetto della disciplina statale, della rateizzazione sugli importi dovuti. La disposizione, che nella sua attuale formulazione non ammette deroghe, prevede l’obbligo di periodica dimostrazione dell’avvenuto pagamento degli oneri fiscali e previdenziali dovuti per legge. La ratio della norma deve essere individuata non soltanto nell’esercizio di un controllo sull’avvenuto rispetto di norme primarie volte alla tutela degli operatori del settore, ma anche sulla solidità finanziaria delle società e sulla correttezza della loro gestione economica, che sono elementi fondamentali per garantire la regolarità nello svolgimento delle competizioni sportive. Tale impostazione ermeneutica risulta confermata dall’art. 10, comma 3, del CGS, che prevede specifiche sanzioni per il caso di accertato mancato pagamento da parte delle società delle ritenute Irpef, nei termini fissati dalle disposizioni federali” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 febbraio 2016, n. 9). In tal guisa, non può che ribadirsi quanto statuito dal Collegio di Garanzia (decisione n. 31/2016): «Con la rateizzazione il debito tributario è certo, mentre in caso di transazione fiscale, ex art.182 ter L.F., l’oggetto della lite è solo l’aspirazione formulata dal contribuente di ottenere uno “sconto” sulle somme debende […] La transazione fiscale ex art. 182 ter L.F. è, invece, assimilabile alla disciplina dettata dall’art. 1965 c.c., concretizzandosi in un contratto con la libera adesione delle parti: orbene, la volontà negativa formulata dall’Agenzia delle Entrate non può, come sopra detto, essere coartata dalla Commissione Tributaria Provinciale nel giudizio pendente». La Casertana ha, infatti, ottenuto il “parere conforme” sia da parte della competente direzione regionale dell’INPS che dalla competente direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente “sottoscrizione” dei due accordi di transazione da parte dei relativi “direttori dell’Ufficio”, solo in data 9 luglio 2021, ben oltre il termine prescritto dalla normativa. L’art.182 ter L.F., nella parte d’interesse, prevede che: “L'adesione alla proposta è espressa, su parere conforme della competente direzione regionale, con la sottoscrizione dell'atto negoziale da parte del direttore dell'ufficio. L'atto è sottoscritto anche dall'agente della riscossione in ordine al trattamento degli oneri di riscossione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L'assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell'accordo di ristrutturazione.” La natura negoziale dell’atto esclude qualunque rilevanza esterna ai pareri espressi dagli organi dell’Amministrazione chiamati a pronunciarsi sul merito della proposta avanzata dal contribuente, trattandosi all’evidenza di atti di natura endoprocedimentale. Ne consegue che, alla data del 28 giugno 2021, la transazione fiscale da cui dipendeva l’esito dell’accordo di ristrutturazione del debito promosso dalla ricorrente non poteva reputarsi in alcun modo perfezionato. Tale considerazione sarebbe di per sè sufficiente alla reiezione del ricorso, ma, per completezza di trattazione, si ritiene opportuno esaminare anche il motivo inerente alla mancata presentazione della garanzia fideiussoria entro il termine assegnato. Il ricorrente giustifica tale omissione poiché il rilascio della garanzia da parte di organismi accreditati sarebbe stato inibito dalla pendenza di un’istanza di fallimento in relazione alla quale il Tribunale di S.Maria Capua Vetere avrebbe tardivamente adottato il decreto per la declaratoria dell’improcedibilità della domanda avanzata da un creditore dell’odierna ricorrente. In relazione a tale fattispecie, viene invocata l’esimente della causa di forza maggiore da cui sarebbe dipesa la mancata presentazione della garanzia fideiussoria entro la data del 28 giugno 2021. Entro questa data la ricorrente si è limitata, infatti, a produrre documenti bancari alternativi alla garanzia fideiussoria, quasi che gli stessi potessero essere considerati equipollenti. Si deve, tuttavia, rilevare che tale circostanza non è stata in alcun modo rappresentata alla Lega pro all’atto della presentazione della domanda di ammissione al Campionato di serie C 2021/2022, ai fini della eventuale proroga del termine assegnato. La questione delle lungaggini processuali è stata, invece, allegata per la prima volta solo nel presente giudizio. Allo stato degli atti ed una volta intervenuta la scadenza del termine a cui la regolamentazione di settore attribuisce inequivocabilmente natura perentoria, anche attesa la sanzione della decadenza correlata al suo esaurimento, la causa della forza maggiore non appare utilmente invocabile. Dallo scambio di mail intercorso tra il broker Assiteca e la ricorrente non è dato nemmeno evincere una preclusione assoluta al rilascio della garanzia fideiussoria in pendenza di un’istanza volta alla dichiarazione del fallimento della società che aspirava al rilascio della garanzia. Da tale documentazione sembra anzi possibile desumere il contrario, e cioè che, ai fini della concessione della garanzia, occorreva unicamente fornire al broker gli ulteriori chiarimenti richiesti. Rimane, dunque, accertato che la ricorrente non ha trasmesso entro il prescritto termine del 28 giugno 2021 una garanzia fideiussoria rilasciata da una società assicurativa in possesso dei requisiti tassativamente previsti e da ciò consegue la legittimità della sua esclusione dal campionato di Serie C 2021/2022 (Cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2021, n. 4001)…Per quanto concerne il rispetto dei criteri c.d. infrastrutturali, il Collegio rileva che, nel caso di specie, non siano stati rispettati i requisiti prescritti dal Manuale delle Licenze Nazionali. Il Consiglio Federale FIGC, pronunciandosi sulla richiesta di riesame avanzata dalla ricorrente, ha rilevato “il persistere del mancato rispetto del criterio punto 18 -Tribune riservate agli spettatori- di cui all’allegato A) del predetto Comunicato Ufficiale. Alla data del termine perentorio del 28 giugno 2021, infatti la competente Commissione Comunale di Vigilanza aveva espresso, con verbale del 25 giugno 2021, parere favorevole all’agibilità limitatamente al settore Tribuna dello Stadio “A. Pinto” di Caserta. Si ribadisce che nel predetto termine non è stato prodotto alcun verbale da parte della competente Commissione Comunale di Vigilanza ulteriore e successivo rispetto a quello dello 25 giungo 2021 sopra citato, attestante l’agibilità di altro settore. […]. La nuova licenza d’uso ex art.68 TULPS depositata in sede di ricorso e rilasciata in data 2 luglio 2021, a firma del Dirigente al patrimonio del Comune di Caserta, con la quale si dà atto dell’esistenza di un settore riservato agli ospiti (Curva Nord), fa peraltro riferimento proprio al menzionato verbale della Commissione Comunale di Vigilanza del 25 giugno 2021 che non include un secondo settore -dedicato ai tifosi ospiti- come previsto dalla normativa di riferimento e che non menziona il settore Curva Nord”. Tale circostanza fattuale appare confermata proprio dalla relazione esplicativa prodotta dalla ricorrente sub All.12) della Commissione Comunale di Vigilanza riunitasi il 19 luglio 2021, laddove si precisa che in occasione del sopralluogo effettuato il 25 giugno 2021, la Commissione medesima non fu posta in grado di controllare “tutte le parti della Curva Nord”, dal momento che ve ne erano alcune non accessibili all’epoca del sopralluogo effettuato in data 25 giugno 2021. Conseguentemente risulta smentito per tabulas che in tale ultima data fosse stata accertata l’agibilità per entrambi i settori dello stadio presi in considerazione. L’agibilità di entrambi i settori dello stadio A. Pinto può ritenersi, dunque, certificata solo nella data del secondo sopralluogo del 2 luglio 2021, quando ormai il termine perentorio prescritto dalla normativa federale era ampiamente spirato.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 56 del 29/07/2021
Decisione impugnata: Provvedimento del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale n. 12/A in data 16 luglio 2021, con il quale è stato respinto il ricorso della Società ricorrente avverso il diniego della Commissione Vigilanza Società di calcio (Co.Vi.So.C.), prot. n. 4650/2021, in data 8 luglio 2021, della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie B per l’anno 2021/2022, e, per l’effetto, non è stata concessa tale Licenza.
Impugnazione Istanza: A.C. Chievo Verona s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso il provvedimento della FIGC, con il quale è stato respinto il ricorso della Società avverso il diniego della (Co.Vi.So.C.), della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie B per l’anno 2021/2022, e, per l’effetto, non è stata concessa tale Licenza atteso il mancato possesso dei requisiti, stabiliti nel C.U. n. 252/A del 21 maggio 2021, che consiste nella situazione di inadempimento di debiti tributari, segnatamente IVA risalente ai periodi d’imposta 2014-2018, per i quali – alla data discriminante del 28 giugno 2021 – la Società risultava decaduta dalle “procedure di pagamento rateale in precedenza in itinere”. In particolare, la Co.Vi.So.C., rilevava la non conformità ad alcuni dei requisiti specificamente elencati nel “Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato Professionistico di Serie B 2021/2022”, segnatamente sub Titolo I, lett. C), p. 14 e p. 15 del relativo “Manuale”: “Le società devono, entro il termine perentorio del 28 giugno 2021, […] - assolvere il pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA, risultanti dalle dichiarazioni annuali riferite ai periodi di imposta terminati entro il 31 dicembre 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, depositando altresì, presso la Co.Vi.So.C. una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal revisore legale dei conti o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o dal sindaco unico, attestante detto adempimento. In caso di rateazione delle comunicazioni di irregolarità ovvero di transazioni o di rateazioni con l’Agenzia delle Entrate, le società devono depositare i medesimi atti di transazione e/o di rateazione ed assolvere il pagamento delle rate scadute al 28 febbraio 2021. Qualora siano in corso contenziosi, le società devono depositare la documentazione comprovante la pendenza della lite non temeraria innanzi al competente organo; - assolvere, in presenza di una o più comunicazioni di irregolarità emesse dall’Agenzia delle Entrate sulla base delle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA relative ai diversi trimestri degli anni d’imposta 2017 e 2018, nonché al primo ed al secondo trimestre dell’anno d’imposta 2019, il pagamento delle rate scadute al 28 febbraio 2021, depositando altresì, presso la Co.Vi.So.C. una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal revisore legale dei conti o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o dal sindaco unico, attestante detto adempimento”. La Co.Vi.So.C., con riferimento alla ricorrente, rilevava che: i) alla data del 28 giugno 2021, le procedure di pagamento rateale relative all’Iva risultante dalle liquidazioni periodiche concernenti il primo e il secondo trimestre del periodo d’imposta 2019 e quelle concernenti l’Iva riferita ai periodi d’imposta 2014-2018, non esplicassero più efficacia.; ii) in ragione dell’intervenuta decadenza delle procedure di pagamento rateale in precedenza in itinere, quindi, alla data del termine perentorio previsto dalla disciplina di riferimento (28 giugno 2021) la società risultava inadempiente all’obbligo di pagamento dei seguenti debiti fiscali: “- Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo ed al secondo trimestre del periodo d’imposta anno 2019; - Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2018; - Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2017; - Iva relativa al periodo d’imposta anno 2016; - Iva relativa al periodo d’imposta anno 2015; - Iva relativa al periodo d’imposta anno 2014”. La Co.Vi.Soc., con riferimento all’Iva dovuta per i periodi d’imposta 2014-2018, rilevava che - pur avendo la società presentato una istanza di rateazione (articolata su 72 rate) ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73 allo spirare del termine del 28 giugno 2021 e pur avendo la stessa corrisposto una rata auto-determinata nel quantum - l’Amministrazione Finanziaria non aveva tuttavia riscontrato in alcun modo tale istanza. Di talché, al 28 giugno 2021, i menzionati debiti erariali non potevano essere considerati oggetto di adempimento rateale. Del pari, concludeva la Co.Vi.So.C., “per quanto concerne il menzionato debito Iva 2019 – pur avendo la società provveduto a corrispondere alla data del 28 giugno 2021 le rate scadute ed in precedenza non tempestivamente corrisposte a fronte di una rateazione in itinere – l’intervenuta decadenza della procedura già esperita […] rende dovuto il relativo debito tributario nella propria interezza. Il che impedisce di considerare la posizione della società regolare in relazione ai pertinenti obblighi di pagamento”…..La prospettiva assunta dalla parte ricorrente non appare condivisibile sin dall’equiordinazione che la sua difesa intenderebbe operare, in termini di opzioni tra loro fungibili in quanto legittime, delle diverse condotte alternative del contribuente nei confronti della pretesa erariale: “il contribuente, se ritiene corretta la determinazione dell’Agenzia delle Entrate, può procedere a corrispondere la maggiore imposta dovuta e le relative sanzioni ridotte nel termine di trenta giorni, ovvero procedere al versamento rateale, ovvero restare inerte e attendere l’emissione e la notifica della successiva cartella di pagamento (atto successivo della riscossione forzata)”. Ora, è ben evidente come, proprio sul condiviso presupposto della fondatezza del maggior debito erariale (giammai contestato, anzi col riconoscimento proprio dell’istanza di dilazione dei pagamenti), non possano considerarsi in termini puramente equipollenti forme di estinzione successiva di tale obbligazione (comunque originariamente non adempiuta) con la persistenza tout court dell’inadempimento, che pertanto espone il debitore alla formazione del ruolo e all’esecuzione forzata speciale. A norma dell’art. 11, comma 2, D.lgs. 46/1999, infatti, “la cartella di pagamento […] contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”. Pertanto, la situazione del debitore che, per usare il lessico della parte ricorrente, “rest[i] inerte e attend[a] l’emissione e la notifica della successiva cartella di pagamento” è, in termini sostanziali, di attuale responsabilità per l’ “obbligo” nei confronti del creditore erariale (Agenzia delle Entrate) e, in termini processuali, di prospettica soggezione nei confronti dell’agente della riscossione (Agenzia delle Entrate – Riscossione): situazioni, entrambe, non incise nella loro consistenza dalla ulteriore disponibilità di mezzi di tutela. Nel caso di specie, deve tenersi anzitutto per incontroverso, oltre documentalmente provato dalla parte resistente FIGC (che incontra senz’altro lo standard di sufficienza probatoria mediante il c.d. “sintetico documento ricevuto dall’Amministrazione finanziaria”), che una situazione del genere fosse proprio quella della Società ricorrente già in costanza del regime inaugurato l’8 marzo 20201, e dunque in costanza delle pur allegate impossibilità ulteriori.
1 In particolare, risulta che la Società ha pagato:
- con riferimento alla rateazione IVA relativa all’anno 2014, 19/20 rate;
- con riferimento alla rateazione IVA relativa all’anno 2015, 15/20 rate;
- con riferimento alla rateazione IVA relativa all’anno 2016, 11/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al I trimestre IVA 2017, 10/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al II trimestre IVA 2017, 9/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al III trimestre IVA 2017, 8/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al IV trimestre IVA 2017, 7/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al I trimestre IVA 2018, 6/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al II trimestre IVA 2018, 5/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al III trimestre IVA 2018, 4/20 rate;
- con riferimento alla rateazione relativa al IV trimestre IVA 2018, 4/20 rate;
Dell’ A.C. Chievo-Verona s.r.l., in particolare, consta la situazione che normativamente deriva dalla combinazione di più disposizioni, testualmente illustrate di seguito. A norma dell’art. 2 D.lgs. 462/1997, “1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonchè di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo. 2. L'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute […]”. Per l’art. 3-bis (Rateazione delle somme dovute), “1. Le somme dovute ai sensi dell'articolo 2, comma 2, […] possono essere versate in un numero massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero, se superiori a cinquemila euro, in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo”; e tuttavia, “3. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”. Quest’ultima disposizione prevede: “1. In caso di rateazione ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l'iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena”, salvo il “caso di lieve inadempimento” (comma 3). In definitiva, per le vicende occorse, la Società, indipendentemente dal regime normativo principiato l’8 marzo 2020, era decaduta dal beneficio di termini rateali ai sensi dell'articolo 3-bis D. lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, e dunque qualificabile verso l’Erario quale soggetto responsabile di inadempimento non lieve: cosa che, se non vuol dire “consolidamento del debito fiscale” (concetto oltremodo irrilevante nella fattispecie) certo vale a escludere trattarsi di “opzione legittima” (sostanziando appunto inadempimento, ad litteram); sicché, anche soltanto in base al principio di auto-responsabilità, il medesimo soggetto (già non adempiente) non può invocare alcuna concausa o sopravvenienza, foss’anche -quest’ultima- soggettivamente in- imputabile, per assolversi dalle conseguenze del pregresso inadempimento in cui è(ra) incorso.
- con riferimento alla rateazione relativa al I trimestre IVA 2019, 3/20 rate (la quarta e quinta rata sono state pagate successivamente alla decadenza della rateazione);
- con riferimento alla rateazione relativa al II trimestre IVA 2019, 3/20 rate (la quarta e quinta rata sono state pagate
successivamente alla decadenza della rateazione).
Del resto, anche ad altri fini (nella fattispecie, dell'art. 80, comma 4, D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) è stato recentemente ribadito in giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, Sentenza 10 maggio 2021, n. 3613) che la rateizzazione non onorata dal contribuente è sufficiente a dimostrare che l'operatore economico “non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati”. In sintesi, l’impossibilità addotta a scusante per la mancata, allo stato, ammissione al regime di nuova rateazione in executiviis dipende immediatamente e direttamente dalla precedente decadenza dal beneficio del termine, i.e. dall’inadempimento dell’obbligo tributario (che si tratti di “residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena” è affermazione normativa inequivoca circa l’attualità di quell’obbligazione e l’illiceità sanzionabile per il suo difetto di estinzione), non contestato e senza che ne possa – per quanto occupa – rilevare la (non) definitività. Essendo la stessa difesa dell’A.C. Chievo-Verona s.r.l. ad avere, in udienza, evocato i concetti di “colpevolezza” ed “esigibilità”, pare al Collegio che dalla Società, cui si imputa l’inadempimento, era ben esigibile un comportamento alternativo che avrebbe posto nell’irrilevanza il regime normativo principiato l’8 marzo 2020. Perciò, in questa prospettiva, non può dirsi condivisibile in alcuna misura l’invocazione dell’impossibilità di avvalersi del preteso “diritto di chiedere una seconda dilazione del debito fiscale con pagamento, per un massimo di n. 72 rate, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 d.P.R. n. 602/1973”, che nella prospettazione difensiva – pur definendosi “concessione della rateazione nella fase della riscossione esattoriale” – si configurerebbe ancora come “diritto del contribuente”. Al riguardo, il Collegio osserva, anzitutto, che la fattispecie costitutiva di tale preteso diritto non risulta perfezionata, e che ogni questione inerente al suo mancato perfezionamento (siccome asseritamente ascrivibile a causa non imputabile al contribuente quale la sospensione fino al 31 agosto 2021 delle attività di notifica di nuove cartelle e degli altri atti di riscossione) naturalmente recede a fronte della precedente e assorbente responsabilità del contribuente medesimo per il non lieve inadempimento in cui si è(ra) anteriormente posto. Si tratta della modulazione tipica del principio che ispira anche l’art. 87 c.p.c., onde ogni giudizio di imputabilità sempre deve risalire oltre il momento in cui il soggetto tiene la condotta immediatamente qualificabile, e fino a quello precedente in cui ne abbia consapevolmente determinato una condizione essenziale (actio libera in causa). In aggiunta, in giurisprudenza la situazione soggettiva dell’esecutando per debiti tributari che, ove del caso, faccia istanza de non exequendo è ben lungi dall’essere ricostruibile in termini univoci di diritto soggettivo e, pendente la citata istanza, lungi altresì dal potersi considerare regolare il rapporto tributario una volta che questo sia (per essere) novato dalla formazione del titolo esecutivo. L’art. 19 cit. recita: “1. L'agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, con esclusione dei diritti di notifica, fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo sono di importo superiore a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. […]. 1-quater. A seguito della presentazione della richiesta di cui al comma 1 e fino alla data dell'eventuale rigetto della stessa richiesta ovvero dell'eventuale decadenza dalla dilazione ai sensi del comma 3: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza; b) non possono essere iscritti nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi quelli già iscritti alla data di presentazione; c) non possono essere avviate nuove procedure esecutive. […]. 1-quinquies. La rateazione prevista dai commi 1 e 1-bis, ove il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può essere aumentata fino a centoventi rate mensili. […]. 3. In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive: a) il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione; b) l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione; c) il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In tal caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data. Resta comunque fermo quanto disposto dal comma 1-quater”. L’interpretazione corrente della normativa, appena riassunta, sulla rateazione delle somme riscuotibili (e non meramente esigibili) è nel senso che il “relativo provvedimento [sia] costitutivo”, e, inoltre, la situazione che ne scaturisce è definita di “beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, con novazione dell'obbligazione originaria e nascita di una nuova obbligazione tributaria” (Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 2014, n. 4382). Conseguenza di tanto è che sia “in regola con il fisco [soltanto] il contribuente cui sia stata accordata la rateizzazione”. Del resto, l’Agente della riscossione (e non l’Agenzia delle Entrate, che è invece unico soggetto contemplato dal “Sistema Licenze nazionali” pure in tema di rateazione, secondo il significativo rilievo della difesa di parte controinteressata) deve pur sempre operare una serie di valutazioni, il cui nucleo irriducibile consiste nel verificare se “il contribuente al momento della richiesta sia in condizione di adempiere alla rateizzazione” (Cass., sez. trib., 09 marzo 2021, n. 6399). Come osservato di recente, “il beneficio non si produce automaticamente ma viene «concesso» con apposito atto dell’Agente della riscossione che può, dunque anche denegarlo”, ciò che è – del resto – espressamente contemplato dalla disposizione censita; “pertanto, la semplice richiesta del contribuente non può integrare alcuna formalizzazione di impegno al pagamento fintanto che non sia intervenuto apposito provvedimento di ammissione al beneficio” (Tar Umbria, sez. I, 31 luglio 2019, n. 455; una convergente affermazione di principio secondo cui “l’eventuale rateizzazione del debito pu produrre effetti per l’ordinamento sportivo solo a partire dal raggiungimento di un accordo con l’amministrazione fiscale” è contenuta altresì nella giurisprudenza di questo Collegio: si v. Sez. un., dec. 19 febbraio 2016, n. 9; Id., decisione 3 agosto 2015, n. 31). Si tratta, conclusivamente, di circostanza che vale anche a togliere ogni rilevanza all’attività unilateralmente realizzata in data 28 giugno 2021 dalla Società e al pronostico di “ipotetica concedibil[ità]” del beneficio pure rilasciato. Infine, appare al Collegio implausibilmente riconducibile a coerenza la pretesa della parte ricorrente di risultare nel godimento del requisito particolare, annoverato dal “Sistema Licenze nazionali”, circa l’intervenuto “assolv[imento de-]l pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA risultanti dalle dichiarazioni annuali riferite ai periodi di imposta terminati entro il 31 dicembre 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018” per la sola quanto virtuale accessibilità dell’istanza a norma dell’art. 19 d.P.R. n. 602/1973 col vanto simultaneamente avanzato di trovarsi “invero da sempre in una condizione di pieno equilibrio finanziario”. Come visto, infatti, condizione per la eventuale concessione del beneficio de non exequendo (nella specie invocato per un ammontare complessivo massimamente significativo: € 17.883.000,00) rimane pur sempre che il “contribuente […] dichiar[i] di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà”, il che logicamente stride con le allegazioni pure operate in giudizio.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 55 del 29/07/2021
Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale della FIGC, pubblicata con il comunicato ufficiale n. 17/A del 16 luglio 2021, con cui è deliberato il rigetto del ricorso della società A.S. Sambenedettese s.r.l. avverso il diniego della Licenza Nazionale 2021/2022 opposto alla medesima società e la conseguente esclusione della stessa al Campionato di Serie 2021-2022; della decisione Co.Vi.So.C. dell’8 luglio 2021 e di ogni altro atto ancorchè non conosciuto.
Impugnazione Istanza: A.S. Sambenedettese s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettato il ricorso della società avverso la delibera della FIGC che non ha concesso Licenza Nazionale 2021/2022 e per l’effetto l’ha esclusa dal Campionato di Serie 2021-2022 poichè a seguito dell’istruttoria COVISOC è emerso il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 di cui al Titolo I del Comunicato Ufficiale n. 253/A del 21 maggio 2021”. In particolare, la Co.Vi.So.C. rilevava che i debiti contributivi riguardanti gli emolumenti dovuti per il periodo settembre 2020-febbraio 2021 erano stati estinti dalla società a mezzo di compensazione/accollo ex art. 17 del D.lgs. 241/97, previo impiego di crediti IVA di soggetti terzi, con modalità ritenute vietate dal vigente ordinamento….Il 21 maggio 2021, il Consiglio Federale della FIGC adottava il C.U. n. 253/A con cui deliberava il sistema delle Licenze Nazionali per l’Ammissione al Campionato professionistico di Serie C 2021/2022. Secondo tale Sistema, per partecipare al campionato di Serie C 2021-2022 le società devono effettuare gli adempimenti ivi previsti in relazione ai criteri legali ed economici finanziari, ai criteri infrastrutturali ed ai criteri sportivi e organizzativi. Tra i criteri legali ed economico-finanziari si prevede che le società (Titolo I, lett. c) devono “entro il termine perentorio del 28 giugno 2021 osservare i seguenti adempimenti: 1)… 2) Assolvere il pagamento, anche attraverso le agevolazioni laddove applicabili, di cui all’art. 1 commi 36 e 37 della legge 178/2020 e agli artt. 13 bis, 13 ter e 13 quater della legge 178/2020 e comunque di ogni altra disposizione legislativa in vigore, delle ritenute IRPEF riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di febbraio 2021 compreso, e dei contributi INPS, riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di maggio 2021 compreso, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo con contratti ratificati dalla competente Lega, depositando altresì, presso la Co.Vi.So.C. la dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal revisore legale dei conti o dal Presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o del sindaco unico, attestante detto adempimento”. Specifica, altresì, il Sistema delle Licenze Nazionali che, “in caso di transazioni e/o rateazioni, le società devono depositare i medesimi atti di transazione e/o di rateazione, ed assolvere il pagamento delle rate scadute al 31 maggio 2021. In caso di dilazioni concesse dagli enti impositori le società devono, altresì, depositare la documentazione attestante l’avvenuta regolarizzazione delle stesse. Qualora siano in corso contenziosi, le società devono depositare la documentazione comprovante la pendenza della lite non temeraria dinanzi al competente organo”. Stabilisce, inoltre, il medesimo Sistema delle Licenze Nazionali, nel titolo IV, che, in sede di ricorso, non è ammessa alcuna documentazione ulteriore rispetto a quella già esaminata, né può essere effettuato od integrato alcuno degli adempimenti di cui al titolo I, II e III, il cui termine perentorio è fissato al 28 giugno 2021. La carenza dei requisiti legali ed economico-finanziari è alla base del parere negativo della Co.Vi.So.C. che ha determinato la decisione della FIGC di negare la Licenza Nazionale per l’ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022. Secondo parte ricorrente, tale decisione risulterebbe contraddittoria rispetto alla decisione con cui il 10 giugno, su parere della medesima Commissione, è stato attribuito alla Società A.S. Sambenedettese s.r.l. il titolo sportivo in precedenza goduto dalla S.S. Sambenedettese s.r.l. Tale censura non appare fondata. Va anzitutto chiarito il rapporto esistente tra la decisione di attribuzione del titolo sportivo ai fini dell’affiliazione e la decisione di concessione della Licenza Nazionale ai fini della iscrizione al Campionato di Serie C 2021/2022. Come correttamente ricorda parte resistente, le due decisioni si riferiscono a due diversi procedimenti di verifica, sono soggette a diverse normative e sono scandite da diversi termini temporali. Con la decisione di affiliazione, si crea tra la società richiedente e la FIGC un mero legame che la abilita a perseguire la finalità di pratica del gioco del calcio, mentre con la concessione della Licenza Nazionale, e solo con questa, la società calcistica viene ammessa a partecipare al Campionato di categoria. L’avvenuta attribuzione del titolo sportivo, in tale logica, non determina automaticamente anche l’esito della successiva procedura di verifica finalizzata alla concessione della Licenza Nazionale, perché quest’ultima si fonda sul controllo rigoroso dei requisiti e dei criteri stabiliti dal Sistema delle Licenze Nazionali, il cui possesso è necessario specificamente per l’ammissione ai Campionati di categoria. Diversamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente, l’ottenimento del titolo sportivo non può, pertanto, aver comportato alcun affidamento nella società ricorrente circa il diritto di ottenere in seguito la Licenza Nazionale per la partecipazione al campionato di categoria. Se così non fosse, del resto, la concessione del titolo sportivo finirebbe per precludere (ed assorbire) ogni potere di verifica della Co.Vi.So.C. preordinato a decidere l’ammissione al campionato sulla base del rispetto dei criteri legali, economico-finanziari, gestionali e sportivi stabiliti dal Sistema delle Licenze Nazionali (C.U. del 21 maggio 2021). Del resto, sia il parere della Co.Vi.So.C. del 10 giugno 2021, favorevole all’attribuzione del titolo sportivo, sia la delibera di affiliazione della FIGC (nel C.U. n. 260/A) sono espliciti al riguardo. Come si legge, infatti, in entrambi questi atti l’attribuzione del titolo sportivo mantiene comunque “fermi gli adempimenti di cui al C.U. n. 253/A del 21 maggio 2021 che la A.S. Sambenedettese s.r.l. dovrà effettuare nel rispetto delle prescrizioni ivi previste ai fini della concessione della Licenza Nazionale per l’ammissione al campionato di Serie C 2021/2022”. A riprova di ciò, tra l’altro, risulta dal doc. n. 18, allegato al ricorso, che la So.Vi.So.C., in data il 16 giugno 2021 (prot. 3177/2021) – dunque successivamente all’attribuzione del titolo sportivo, ma prima del termine perentorio del 28 giugno 2021 – in sede di prima verifica della operazione di accollo, aveva espresso la necessità di documentazione integrativa della Società (tra cui la copia dei contratti di accollo, una relazione analitica e della documentazione comprovante la condivisione e/o partecipazione dell’Inps rispetto a tale modalità di estinzione del debito contributivo), con ciò rendendo palese lo svolgimento di attività di controllo finalizzate alla verifica del rispetto dei criteri stabiliti dal Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato di categoria. È dunque legittimo – e niente affatto contraddittorio – che la Commissione di Vigilanza abbia compiuto, dopo l’attribuzione del titolo e ai fini della concessione della Licenza Nazionale, le operazioni di controllo rigoroso circa il rispetto dei criteri legali, economico-finanziari, infrastrutturali, organizzativi e sportivi della A.S. Sambenedettese s.r.l., trattandosi di distinta procedura di verifica rispetto a quella preordinata all’attribuzione del titolo sportivo e volta a stabilire le capacità economico-finanziarie della società necessarie per la partecipazione al Campionato. Nella seconda censura avanzata dalla società ricorrente si contesta alla FIGC di avere illegittimamente negato la Licenza Nazionale, nonostante l’avvenuta presentazione, da parte della A.S. Sambenedettese, della quietanza attestante l’avvenuto pagamento rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.
Secondo quanto si ricava dal ricorso, la società A.S. Sambenedettese aveva provveduto al pagamento dei debiti della società fallita in data 3 giugno 2021, dichiarando tuttavia, in quella sede, di volersi avvalere, quanto agli obblighi contributivi Inps ancora non corrisposti, della possibilità di servirsi della proroga dei termini stabilita dal Decreto “Sostegni Bis” (D.L. 73/2021). A seguito delle verifiche effettuate dalla FIGC, che segnalavano alla società ricorrente la necessità di provvedere all’assolvimento anche degli obblighi contributivi entro e non oltre il termine del 28 giugno 2021, la A.S. Sambenedettese procedeva ad estinguerli mediante compensazione/accollo ex art. 17 del D.lgs. 241/97 con crediti IVA di soggetti terzi. Tale modalità di pagamento veniva dichiarata inammissibile a seguito delle verifiche compiute dalla Co.Vi.So.C., così che al 28 giugno 2021 la società A.S. Sambenedettese s.r.l risultava inadempiente rispetto agli obblighi contributivi di cui alla lett. c, n. 11, del Sistema delle Licenze Nazionali.
Massima: La Commissione di vigilanza era libera, nell’esercizio della propria attività istruttoria, di avvalersi della consulenza dell’apposito organo dell’ente creditore, per avere contezza della correttezza delle modalità di estinzione dell’obbligo contributivo, essendo tale accertamento funzionale alla conduzione rigorosa e esauriente delle proprie attività di verifica. Essa, dunque, si è comportata come un’amministrazione diligente e scrupolosa. Trattandosi, inoltre, di un dubbio su una questione giuridica, la risposta della DCAA non costituisce mezzo di prova rispetto a cui va assicurato il contraddittorio tra le parti, ma un mero ausilio interpretativo utile alla Commissione di Vigilanza per poter formulare la propria decisione in merito al rispetto o meno (da parte della società ricorrente) dei criteri del Sistema delle Licenze Nazionali.
Massima: Quanto alla possibilità per la società A.S. Sambenedettese s.r.l. di ricorrere alla estinzione dell’obbligo contributivo mediante accollo da parte di soggetto terzo avente crediti di imposta, si rileva come effettivamente trattasi di modalità non ammessa dall’ordinamento. L’accollo di debito contributivo non è mai stato consentito dall’ordinamento diversamente dall’accollo del debito d’imposta. Tale divieto è stato precisato dall’Inps nel messaggio del 18 luglio 2019, n. 2764, in cui si argomenta il divieto di estinguere i debiti contributivi tramite la compensazione di crediti di soggetti diversi dal debitore principale, anche in ragione del fatto che non di rado le fattispecie di accollo così strutturate hanno un carattere fraudolento, in ragione dell’inesistenza dei crediti vantati dai soggetti accollanti. Rispetto a tale divieto, non è pertinente nemmeno il riferimento, contenuto nella memoria di replica della società ricorrente, in data 24 luglio 2021, alla operazione di cash pooling praticata dalla società ricorrente. Se si comprende l’argomento della parte, l’esistenza di un contratto di cash pooling proverebbe, infatti, che la società A.S. Sambenedettese s.r.l. e il soggetto terzo titolare del credito di imposta costituiscono un soggetto unico ai fini dell’applicazione dell’istituto della compensazione (in tal caso consentita per identità del soggetto debitore e creditore) tra debito contributivo e credito d’imposta. Non è, tuttavia, questo l’effetto del cash pooling. Tale contratto, infatti, consente di razionalizzare la gestione della liquidità di un gruppo societario, ma non dà vita ad un soggetto unitario dal punto di vista contributivo e fiscale. Le diverse società mantengono, all’interno del gruppo, la propria soggettività. Più specificamente, secondo quanto ha dichiarato la Corte di Cassazione (sez. V, 34457/2018), attraverso tale contratto si accentra “in capo ad un unico soggetto giuridico la gestione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, allo scopo di gestire la tesoreria aziendale in riferimento ai rapporti tra le società aderenti al gruppo e gli istituti di credito, ed ha la finalità di evitare squilibri finanziari per le singole società (…). Si tratta, pertanto, di un contratto atipico, ai sensi dell’art. 1322 c.c., fondato sull’accordo, stipulato autonomamente da tutte le consociate di un gruppo, con la società capogruppo, che funge quale centro di tesoreria; detto contratto ha per oggetto la gestione di un conto corrente unico ed accentrato, sul quale vengono riversati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna consociata. La dottrina prevalente riconduce detto contratto ad una particolare modalità di conto corrente non bancario, con elementi propri dei contratti di finanziamento, ove la causa mista e unitaria viene individuata specificatamente nella gestione”.
Massima: La lettera c) del sistema nazionale esige, infatti, che le società, entro il termine perentorio del 28 giugno 2021, assolvano al pagamento dei contributi oppure depositino – in caso di transazione e/o rateazione – i medesimi atti di transazione e/o rateazione. Nel caso della società A.S. Sambenedettese s.r.l. non risulta alcuna di queste condizioni e la posizione debitoria risulta confermata dagli avvisi di pagamento notificati dall’Inps. D’altro canto, la pretesa della società ricorrente di avvalersi delle proroghe previste dall’ordinamento non può far venire meno la necessità di assicurare con certezza che siano ammesse ai campionati di categoria solo quelle società che, alla data del 28 giugno 2021, rispettino i criteri legali ed economico-finanziari (contributivi e fiscali) necessari per l’ammissione ai Campionati di categoria. Diversamente opinando, come osserva parte resistente, si finirebbe per concedere la Licenza Nazionale a società la cui regolarità legale ed economico-finanziaria è “sospesa” e indeterminata, con conseguente violazione del principio della par condicio ed una perdurante incertezza in ordine ai soggetti effettivamente legittimati a partecipare al Campionato.
Tutto questo considerato, il ricorso deve essere respinto.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sez. iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 58/2019 del 25 luglio 2019
Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 16/A del 12 luglio 2019, con la quale è stata respinta la domanda di riammissione della A.S. Bisceglie al Campionato di Serie C, stagione sportiva 2019/20, nonché “di tutti gli atti presupposti, connessi e e/o conseguenti al gravato provvedimento”, quali in particolare la Relazione della Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi-Organizzativi dell’1 luglio 2019 e le certificazioni e comunicazioni della Lega Italia Calcio Professionistico in essa richiamate, nonché i Comunicati Ufficiali F.I.G.C. n. 122/A del 21 maggio 2019, n. 146/A del 20 giugno 2019 e n. 101/A del 17 aprile 2019, come modificato dal C.U. n. 131/A del 24 maggio 2019.
Parti: A.S. Bisceglie s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Italiana Calcio Professionistico
Massima: Accolto il ricorso avverso la Delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 16/A del 12 luglio 2019, con la quale è stata respinta la domanda di riammissione della A.S. Bisceglie al Campionato di Serie C, stagione sportiva 2019/20, basata sulla Relazione della Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi-Organizzativi che aveva negato la certificazione del rispetto del requisito infrastrutturale dell’impianto sportivo (lo Stadio Comunale “G. Ventura” di Bisceglie) relativamente al sistema di illuminazione, osservando che il preesistente impianto era stato potenziato mediante il dispiegamento di quattro torri faro mobili (in aggiunta a quelle preesistenti), la cui altezza tuttavia – dieci metri – era tale secondo la nota della Lega Pro da causare fenomeni di abbagliamento dei giocatori in campo, e dunque risultava inidonea a consentire la disputa di gare in notturna… L’orientamento consolidato della giurisprudenza sportiva è nel senso che, ai fini della valutazione dell’idoneità dell’impianto di illuminazione, si deve valutare esclusivamente la documentazione presentata dalla Società e che, in generale, la sussistenza dei requisiti per l’ammissione, ancorché preesistenti, non possano essere documentati posteriormente scadenza del termine (Collegio di Garanzia, decisione n. 37/2018, Como Calcio/FIGC; Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione n. 24/2013, Sambenedettese/FIGC, relativa alla sussistenza della fideiussione). Fermi tali principi, dai quali questo Collegio non intende discostarsi, occorre peraltro considerare le peculiarità del caso di specie. La A.S. Bisceglie risulta aver documentato le prestazioni dell’impianto di illuminazione, risultate conformi ai parametri richiesti, sulla base di una rilevazione tempestivamente eseguita il 4 luglio 2019; di fronte all’osservazione della Lega PRO e della Commissione, per cui, sul presupposto che le fonti illuminanti aggiuntive fosse collocate all’altezza di 10 metri dal suolo, l’impianto non appariva idoneo per il rischio di abbagliamento dei giocatori, la Società ha precisato che le torri mobili, alte 10 metri, erano, all’atto della rilevazione, collocate su supporti che portavano l’altezza della fonte ad una quota adeguata a scongiurare il temuto abbagliamento (non è contestato che l’altezza di 18 metri sia a ciò idonea), fornendo documentazione attendibile del fatto che tale era la situazione all’atto della misurazione, i cui parametri quantitativi non sono mutati, né un’ulteriore, e certamente inammissibile, rilevazione è stata eseguita posteriormente alla scadenza del termine perentorio. Ne consegue che la A.S. Bisceglie non ha ex post integrato una documentazione originariamente lacunosa, bensì, a fronte di una valutazione negativa della Commissione formulata sulla scorta dell’interpretazione dei documenti fornita dalla Lega Pro, ha fornito una precisazione in merito alle circostanze di fatto esistenti all’atto della misurazione.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sez. iscrizione/ammissione campionati professionistici: Decisione n. 57/2019 del 24 luglio 2019
Decisione impugnata: C.U. n. 10/A del 12 luglio 2019, comunicato in pari data e concernente la delibera del Consiglio Federale FIGC di non concessione alla medesima società U.S. Città di Palermo della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al campionato professionistico di Serie B, s.s. 2019/2020, oltre che del parere negativo della CO.VI.SO.C., reso nella riunione del 10 luglio 2019, della precedente comunicazione della CO.VI.SO.C. del 4 luglio 2019 e di ogni altro provvedimento a questi connessi, collegati o conseguenti.
Parti: U.S. Citta di Palermo S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti di Serie B/Venezia FC s.r.l.
Massima: Confermata la delibera del Consiglio Federale FIGC di non concessione alla medesima società U.S. Città di Palermo della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al campionato professionistico di Serie B, s.s. 2019/2020 basata sul parere negativo della Covisoc che ebbe a rilevare i seguenti inadempimenti:
- omesso ripianamento della carenza patrimoniale di € 8.272.286,00, risultante dall’Indicatore di Patrimonializzazione al 31 marzo 2019;
- omesso deposito, presso la Lega Nazionale Professionisti Serie B, della garanzia a prima richiesta dell’importo di € 800.000,00, come certificato dalla medesima Lega;
- omesso pagamento, come certificato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie B, dei debiti nei confronti della F.I.G.C., delle Leghe e di società affiliate alla F.I.G.C.;
- omesso pagamento dei debiti scaduti alla data del 31 marzo 2019, nei confronti di società affiliate a Federazioni estere dovuti per le acquisizioni internazionali dei calciatori;
- omesso pagamento degli emolumenti dovuti, per le mensilità di marzo, aprile e maggio 2019, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo;
- omesso pagamento delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di marzo e aprile 2019, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo;
- omesso pagamento dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di marzo, aprile e maggio 2019, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo;
- omesso pagamento dei compensi, ivi compresi gli incentivi all’esodo, dovuti ai tesserati per le mensilità di marzo, aprile e maggio 2019;
-omesso pagamento delle ritenute Irpef riguardanti i compensi, ivi compresi gli incentivi all’esodo, dovuti ai tesserati per le mensilità di marzo e aprile 2019;
- omessa evidenza del pagamento degli emolumenti dovuti, per la mensilità di maggio 2019, alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali;
- omesso pagamento delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di marzo e aprile 2019, alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali;
- omesso pagamento dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di marzo, aprile e maggio 2019, alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali;
- omesso pagamento della penale contrattuale dovuta al tesserato R. D. Z., come da delibera del Collegio arbitrale della Lega Nazionale Professionisti Serie B che, seppur impugnata, non risulta sospesa nella propria efficacia da parte del competente organo giurisdizionale;
- omesso pagamento, come certificato dalla Lega Nazionale Professionisti Serie B, dei contributi del Fondo Indennità Fine Carriera riguardanti gli emolumenti dovuti per le mensilità di marzo, aprile e maggio 2019, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo;
…In sintesi, risultando senz’altro ammessa la circostanza di fatto dell’ “omesso deposito presso la Lega Nazionale Professionisti di Serie B della garanzia a prima richiesta dell’importo di euro 800.000,00”, la Società invoca qui la causa di giustificazione determinata dal compimento di atti illeciti da parte di terzi, onde l’omissione riuscirebbe giustificata. Ora, fuori dell’essere incontroverso il dato della commissione altrui di un fatto illecito e dell’essere, per contro, fidefacente la narrazione dei fatti operata dalla Società, non è opinabile che l’ operato di un terzo che, con scelta autoresponsabile, sia stato individuato dalla stessa Società come parte negoziale non può convertire l’asserito inadempimento di lui in assoluzione dalle obbligazioni gravanti sopra la Società medesima, ancor più in un contesto giudiziale non inteso alla sanzione di comportamenti soggettivi, ma alla tutela di una situazione pretensiva entro una pluralità di interessi non interamente compatibili con la soddisfazione di quella. Pertanto, il dato pacifico dell’inadempimento della Società quanto all’approvigionamento della garanzia ne ha determinato senz’altro la perdita di chance (quella, almeno, specificamente riferibile alla condizione di prestazione della garanzia non avveratasi, fermo il resto) di partecipazione alla competizione; invece, il dato, soltanto asserito, dell’ inadempimento del terzo dà ragione per l’eventuale riparazione della chance in tal modo perduta; infatti, l’invocazione della “forza maggiore”, consistente nella condotta del terzo, non può andare evidentemente disgiunta dalla autodeterminazione che è alla base della situazione nella quale la forza impediente si sarebbe venuta svolgendo (actio libera in causa), né la natura di illecito penalmente rilevante che pure avesse preso la condotta del terzo assolve di per sé dai doveri di diligenza originariamente propri del soggetto tenuto a procurarsi la garanzia (per Cass. pen., sez. III, 22-09-2010, n. 35956, per es., la responsabilità del custode non è scriminata dalla commissione del reato di violazione di sigilli da parte di terzi, a nulla rilevando il fatto che risiedesse in luogo diverso da quello ove era sito il bene in sequestro, non potendo valere detta circostanza come forza maggiore impeditrice dell'esercizio del dovere di vigilanza); segnatamente, il dovere di selezione dell’operatore professionale atto a realizzare la prestazione esigibile e il controllo sulla rituale e tempestiva esecuzione di questa….La Società ricorrente, in tal modo, ammette anche l’omissione dei pagamenti ulteriormente dovuti, ma ancora una volta invocando una causa di giustificazione del proprio inadempimento….Anche il tema relativo all’asserito (ma in vero inesistente) OMESSO PAGAMENTO DEL CREDITO DEL TESSERATO D. Z.è facilmente superabile se solo si osserva che la vicenda trae origine in un lodo irrituale pronunciato da un Collegio arbitrale non previsto dagli Accordi Collettivi, ma determinato dalla libera volontà delle parti. L’importo eventualmente dovuto non rientra tra quelli individuati nel Sistema di Licenze Nazionali 2019/2020, poiché si tratta, al più, di una ipotesi di RISARCIMENTO DEI DANNI, e dunque il relativo credito non cerne “emolumenti” (art. 5, lett. E) o “compensi” (art. 6, lett. E).” In definitiva, fermi tutti gli atti e provvedimenti federali, la pretesa ultima della Società ricorrente di ammissione al campionato professionistico di Serie B, s.s. 2019/2020 rimane senza fondamento (e, così, nemmeno mette conto vagliare la plausibilità della stessa domanda strumentale, che si risolve in una sorta di actio interrogatoria per la predeterminazione di un termine supplementare per l’esercizio dei poteri già consunti).
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite: Decisione n. 45 del 06/08/2018
Decisione impugnata: Delibera dello stesso Commissario Straordinario, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 33 del 20 luglio 2018, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla predetta società avverso l’intervenuto riscontro, ad opera della Co.Vi.Soc., giusta nota del 12 luglio 2018, del mancato rispetto dei “criteri legali ed economico finanziari”, così come stabiliti, ai fini del rilascio della Licenza Nazionale per l’ammissione al Campionato di Serie B 2018/2019, nel C.U. n. 27 del 13 aprile 2017 e nella integrazione di cui al successivo C.U. n. 49 del 24 maggio 2018, con contestuale diniego al club irpino della concessione della Licenza Nazionale richiesta e con reiezione della sua domanda di iscrizione alla Serie B per la stagione 2018/2019, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti alla decisione medesima, tra cui, in particolare, la già citata contestazione dell’Organo di Vigilanza del 12 luglio 2018 ed il parere contrario della stessa Co.Vi.Soc. del 19 luglio 2018.
Parti: U.S. Avellino 1912 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettato il ricorso con il quale la U.S. Avellino 1912 S.r.l. impugnava, la delibera del Commissario Straordinario della F.I.G.C., pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 33 del 20 luglio 2018. Con detta delibera veniva respinto il ricorso proposto dalla predetta Società, avverso l’intervenuto riscontro, ad opera della CO.VI.SO.C., giusta nota del 12 luglio 2018, del mancato rispetto dei “criteri legali ed economico-finanziari”, così come stabiliti, ai fini del rilascio della Licenza Nazionale per l’ammissione al Campionato di Serie B 2018/2018, nel C.U. n.27 del 13 aprile 2017 e nella integrazione, di cui al successivo C.U. n. 49 del 24 maggio 2018; contestualmente, veniva disposto diniego al club irpino della concessione della Licenza Nazionale richiesta e con reiezione della domanda di iscrizione alla Serie B per la stagione 2018/2019…E’ opportuno preliminarmente sottolineare che il C.U. n. 49 del 24 maggio 2018 chiarisce inequivocabilmente e senza alternative, nelle sue premesse, la portata dell’intervento modificativo e integrativo del precedente C.U. n. 27/A del 13 aprile 2018, precisando che, “l’introduzione delle disposizioni sulle garanzie e le modifiche sopra richiamate suggeriscono la pubblicazione del nuovo testo del Manuale delle Licenze Nazionali per la Serie B 2018/2019, … che sostituisce quello pubblicato con il CU n. 27 del 13 aprile 2018, modificato soltanto nelle parti in premessa”. Il punto 12, lettera c), a garanzia della affidabilità, serietà e solvibilità delle società assicurative ammesse al rilascio della fideiussione in favore della LNPB, prevede una serie di requisiti concorrenti, tra i quali figura il rating (declinato a seconda della agenzia di riferimento), che, per la esplicita previsione, “deve essere detenuto direttamente dalla società emittente la fideiussione”. Concetto, quest’ultimo, ribadito nella parte in cui viene consentito di ovviare al mancato possesso di altro requisito (la intervenuta pubblicazione del documento SCFR) attraverso un rating migliore, sempre da detenersi “direttamente dalla società emittente la fideiussione”. Appare allora del tutto inutile soffermarsi sulla maggiore pretesa pregnanza di altri indici rispetto al rating, che garantirebbero in egual misura gli interessi tutelati attraverso la fideiussione, giacché spetta solo al legislatore federale - e non alle singole affiliate - di individuare gli strumenti ritenuti più idonei a perseguire i propri scopi. Non può, infatti, essere consentito, e tanto più nel caso in esame, non essendo stata gravata la relativa previsione (nota sin dal 24 maggio 2018), sindacare dinanzi al Collegio di Garanzia la congruità/opportunità delle scelte regolamentari espressione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo. La ricorrente, in definitiva, non si avvede che il provvedimento impugnato altro non è che la fedele applicazione di un provvedimento generale che puntualmente disciplina la vicenda. Ed invero, la Federazione, se, per assurdo, avesse applicato in modo diverso la norma regolamentare del C.U. 49 del 24 maggio 2018, avrebbe compiuto un atto palesemente illegittimo, suscettibile di annullamento. Che poi si voglia apprezzare la disciplina procedimentale, che regolamenta la successiva eventuale sanatoria della documentazione prodotta dalla società per la iscrizione al Campionato, come incongrua, non rileva affatto; ed invero, l’apprezzamento del giudice non può estendersi ad atti che trovavano la loro ragione di validità in atti presupposti divenuti inoppugnabili. Di qui, appunto, l’inevitabile rigetto del ricorso proposto dalla società U.S. Avellino. Il Collegio, peraltro, non ignora l’ormai consolidato orientamento in subiecta materia, secondo il quale i requisiti prescritti per l’ammissione al Campionato devono essere tutti posseduti alla data prevista. In materia di licenze nazionali per l’ammissione ai campionati è prevista, in particolare, una disciplina estremamente rigorosa, rivolta a conseguire, ad una data prestabilita (costituente un vero e proprio termine invalicabile), la prova del possesso, da parte della singola società, dei requisiti richiesti. E ciò al fine di ottenere – nel rispetto delle scadenze temporali all’uopo stabilite – che si possa procedere per tempo all’organizzazione del futuro campionato, compresa la definizione del suo calendario. Nel caso di specie, il termine del 16 luglio 2018, ore 19:00, di cui al C.U. n. 49, era noto a tutte le società sportive interessate sin dal 24 maggio 2018 e la ricorrente non ha impugnato, né contestato, né censurato le norme che lo prevedono. Il termine di cui sopra, peraltro, è qualificato espressamente come perentorio dal succitato C.U. n. 49 del 24 maggio 2018, rimasto – si ribadisce - inoppugnato, e tale qualificazione di per sé è sufficiente ad indicare senza equivoci la natura del termine de quo; si deve, altresì, aggiungere che detto comunicato, laddove, di converso, ha stabilito termini non perentori, ha previsto apposite sanzioni per la relativa inosservanza (ad es., penalizzazione di uno o più punti o sanzioni pecuniarie), con ciò ammettendo espressamente la sanabilità delle irregolarità commesse. Nella specie, invece, si dispone altrettanto espressamente che la documentazione depositata dopo il riferito termine “non potrà essere presa in considerazione”. Si aggiunga, inoltre, che la perentorietà del termine si giustifica con riferimento all’esigenza che non si determini la compressione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. In altri termini, trattandosi di una procedura di tipo ammissivo, regolata da una lex specialis, i termini perentori non possono essere superati per alcun motivo, essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio fra gli aspiranti all’ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e la esattezza della data di inizio del relativo Campionato. Tale disciplina speciale, dunque, stabilisce precisi requisiti formali, non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto di quei requisiti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali pure possano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione (cfr. ex multis, Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione n. 3/2009, decisione n. 10/2010; decisione n. 17/2011, decisione n. 18/2011, decisione n. 34/2014; Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione n. 60/2015, Collegio di Garanzia, I^ Sez., decisione n. 31/2016, Collegio di Garanzia, I^ Sez., decisione n. 38/2016, Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione n. 67/2017). Stante il carattere concorsuale della procedura, pertanto, l’ammissione indebita di una società, in favore della quale si consenta una deroga in ordine ai tempi o ai contenuti dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla disciplina speciale, si risolverebbe in un pregiudizio per le altre società interessate (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4031).
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Prima Sezione: Decisione n. 31 del 01/08/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: Annullamento del provvedimento del Consiglio Federale della FIGC, in data 19 luglio 2016, di cui al C.U. n.16/A, pubblicato in pari data, con il quale veniva respinto il ricorso della Paganese Calcio 1926 s.r.l. e, per l’effetto, non veniva concessa alla medesima società la Licenza Nazionale 2016/2017, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Divisione Unica – Lega Pro (stagione sportiva 2015/2016)
Parti: Paganese Calcio 1926 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia dello Sport rigetta il ricorso presentato dalla società avverso il provvedimento emesso dal Consiglio Federale F.I.G.C., in data 19 Luglio 2016 (di cui al C.U. n. 16/A), pubblicato lo stesso giorno, con il quale è stato respinto il ricorso presentato dalla società ricorrente e, per l’effetto, non è stata concessa alla medesima società la Licenza Nazionale 2016/2017, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Divisione Unica – Lega Pro, per la stagione sportiva 2016/2017. Anche la comunicazione della sottoscrizione della transazione fiscale è elemento che conferma la sussistenza del debito. Infatti, alla data del 30 giugno 2016 (termine perentorio), devono risultare depositate, presso gli Uffici Federali, la prova del pagamento o la prova di una intervenuta transazione o rateazione dei debiti per giustificare l’esistenza di una “lite non temeraria”, ovvero, per la documentazione, entro il termine perentorio del 15 luglio 2015, alle ore 19,00. Solo una rateizzazione già accordata che, in ogni caso, riconosce l’an debeatur da parte della società contribuente, può avere valenza positiva circa le doglianze espresse. La Paganese Calcio presentava, entro il 30 giugno 2016, la domanda di ammissione al campionato, senza provare il possesso del requisito sub par I, lett. D, n. 6, del C.U. n. 368/A; la CO.VI.SO.C, in data 18 luglio 2016, rilevava il mancato adempimento in ordine al pagamento del debito IVA per gli anni dal 2008 al 2015 ed al pagamento del debito IRAP relativo ai periodi d’imposta dal 1 luglio 2008 al 30 giugno 2011. Il Collegio osserva che nell’Ordinamento Sportivo non può sussistere il regime della rateizzazione, in questo caso, ancora non stipulata con un accordo consacrato in atti formali (Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione n. 18/2011, Ravenna Calcio s.r.l./FIGC). Non risulta provato nel termine perentorio previsto dalla norma, il deposito dell’accordo transattivo stipulato con l’Agenzia delle Entrate, poiché agli atti risulta solo un’ipotesi di transazione rifiutata dall’Ufficio e, quindi, non idonea ad integrare la documentazione richiesta, entro i termini di legge. La sottoscrizione della transazione fiscale di contenuto diverso rispetto all’altra già proposta presuppone una nuova pronuncia, non richiesta, sul fatto nuovo diverso da quello di cui al ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, con la quale il Collegio dovrebbe giudicare nel merito della controversia, poiché, in ogni caso, al 15 luglio 2016 detto documento (nuovo) non era agli atti del giudizio. A tale proposito, il collegio osserva di essere un giudice di legittimità che non può giudicare il merito circa una fattispecie diversa da quella originaria. Inoltre, il Collegio rileva che nella fattispecie il thema decidendum è l’istanza tesa ad ottenere una transazione fiscale e non una rateizzazione del debito (tra l’altro esistente a far data dalla scorsa stagione). Con la rateizzazione il debito tributario è certo, mentre in caso di transazione fiscale, ex art.182 ter L.F., l’oggetto della lite è solo l’aspirazione formulata dal contribuente di ottenere uno “sconto” sulle somme debende. La decisione n. 31/2015 di questo Collegio a Sezioni Unite fondava il proprio convincimento sulla richiesta di rateizzazione, fattispecie diversa dalla transazione ex art.182 ter L.F., soggetta all’esercizio del potere discrezionale dell’Agenzia delle Entrate, che non può essere coartato dalla decisione della Commissione Tributaria in itinere. Inoltre, nella controversia dello scorso anno, interveniva medio tempore, l’accordo con la Equitalia Sud s.p.a. che definiva il contenzioso, mentre allo stato non sussiste alcuna proposta da parte del Concessionario alla riscossione. La transazione fiscale ex art. 182 ter L.F. è, invece, assimilabile alla disciplina dettata dall’art. 1965 c.c., concretizzandosi in un contratto con la libera adesione delle parti: orbene, la volontà negativa formulata dall’Agenzia delle Entrate non può, come sopra detto, essere coartata dalla Commissione Tributaria Provinciale nel giudizio pendente. Il Collegio osserva che, “trattandosi di una procedura di tipo ammissivo, regolata da una lex specialis”, i termini perentori previsti dalle norme federali non possono essere, per alcun motivo, superati, essenzialmente perché è necessario garantire sia la par condicio fra gli aspiranti all’ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e l’esattezza della data di inizio del Campionato” (Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione n.17/2011, Atletico Roma/FIGC). Ancora osserva il Collegio che, in un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti, non può essere concesso un termine ulteriore rispetto a quello fissato a pena di decadenza (Alta Corte di Giustizia Sportiva, decisione n. 3/2009, Pistoiese/FIGC). Il provvedimento impugnato mira, dunque, a consentire lo svolgimento del campionato con una lettura costituzionalmente orientata, che non può produrre risultati irragionevoli come quello di alterare la par condicio tra tutte le Società alle quali deve essere garantita la partecipazione alle competizioni sportive nel rispetto delle regole vigenti. Resta interdetto al Collegio di valutare gli altri elementi probatori, come l’esito di un futuro giudizio avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, allo stato incerto anche sui tempi di definizione e vertente solo sull’esecuzione e sulle modalità di un pagamento che è stato riconosciuto dovuto dalla stessa ricorrente. Né risulta dagli atti di causa, che la Società ricorrente abbia iniziato a pagare il debito rateizzato, pendente da oltre un anno. Osserva ancora il Collegio che la Circolare dell’Agenzia delle Entrate, N. 19/E del 6 maggio 2015, non permette, in combinato disposto con la sentenza n. 225 del 25 luglio 2014 della Corte Costituzionale, l’impugnabilità del diniego alla transazione.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 31 del 03/08/2015 – www.coni.it
Decisione impugnata: Annullamento del provvedimento emesso dal Consiglio Federale FIGC in data 17 luglio 2015, di cui al C.U. n. 31/A, pubblicato in pari data, con il quale è stato respinto il ricorso della società Paganese Calcio 1926 s.r.l. e, per l’effetto, non è stata concessa alla medesima società la Licenza Nazionale 2015/2016, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Divisione Unica – Lega Pro (stagione sportiva 2015/2016)
Parti: Paganese Calcio 1926 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia dello Sport, accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato (delibera del Consiglio Federale in data 17 luglio 2015, di cui al C.U. n. 31/A, con il quale è stato respinto il ricorso della società e, per l’effetto, non è stata concessa alla medesima società la Licenza Nazionale 2015/2016, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Divisione Unica – Lega Pro (stagione sportiva 2015/2016), disponendo con effetto immediato l’iscrizione della società ricorrente al campionato di Divisione Unica 2015/2016, atteso che la società è stata ammessa alla rateizzazione di tali debiti ed il contenzioso instaurato con il Fisco non ha carattere “temerario”. È evidente, ad avviso del Collegio, che la soluzione della controversia presuppone una risposta - positiva, secondo la Paganese Calcio, ed invece negativa ad avviso della FIGC - sul punto se la pendenza di una lite “non temeraria” tra la società e il Fisco si debba riferire soltanto all’an o al quantum del tributo, ovvero pure alla rateizzazione del tributo stesso. Ritiene anzitutto il Collegio che, nella fattispecie, la controversia instaurata dalla Paganese Calcio nei confronti del Fisco fosse rivolta: 1) ad ottenere il riconoscimento della “forza maggiore” quale causa di inadempimento della rateazione già accordata.2) Ad ottenere una nuova rateazione decorrente, ex nunc, da data successiva alla istanza (del giugno 2015). Il fatto che tale contenzioso, anche alla luce dei provvedimenti ottenuti dalla ricorrente, fosse “non temerario”, sembra evidente, giacché è temeraria soltanto la lite proposta nella piena consapevolezza della sua infondatezza, e non già quando la pretesa sia opinabile o semplicemente dubbia. E nella vicenda in esame, dopo un primo diniego della nuova rateazione, il giudice tributario ha accordato la sospensiva proprio in quanto ha ponderato il danno per la ricorrente derivabile dalla non rateizzabilità ai fini della iscrizione al campionato. Ed infine Equitalia Sud Spa, mutando opinione, ha formalmente rateizzato i tributi. Sul punto se la “lite non temeraria” - cui la società può far riferimento in alternativa alla prova del pagamento dei tributi - possa avere ad oggetto non solo la debenza, ma anche la modalità (unica soluzione o rateizzazione) di pagamento del tributo, il Collegio ritiene che gli argomenti della ricorrente siano fondati. Ed infatti: 1) la lettera D) n. 6 del C.V. n. 239/A della FIGC in data 27 aprile 2015 stabilisce, quali adempimenti, tre ipotesi alternative: prova del pagamento, prova di una intervenuta transazione o rateazione, prova della pendenza di una lite non temeraria. 2) La disposizione prevede dunque che si possa documentare o una rateazione già avvenuta o un pagamento già effettuato, ovvero la pendenza di una lite, senza però specificare - come dovrebbe essere se fosse esatta la tesi FIGC - che detta lite verta soltanto sulla debenza del tributo o sul suo ammontare. 3) Se la rateizzazione è una delle modalità di “normalizzazione” dei rapporti tra Fisco e società calcistica, è logico che ove tale rateizzazione sia negata, la società ben possa agire “non temerariamente” per ottenerla e che ciò non le precluda la iscrizione. La rateizzazione del tributo, per costante giurisprudenza, è un diritto del contribuente qualora ne ricorrano le condizioni, al pari del diritto del contribuente a veder cancellata o modificata nel quantum la pretesa tributaria ove infondata. Sarebbe francamente inspiegabile che la società sportiva sia considerata più favorevolmente ove proponga una lite sulla debenza del tributo piuttosto che sulla mera modalità di pagamento (unica soluzione o rateizzazione) di un tributo che nell’an essa riconosce. Dunque, la pendenza di una lite non temeraria della Paganese Calcio avverso il diniego della rateizzazione dei tributi in contestazione doveva essere considerata quale elemento giustificativo per l’ottenimento della iscrizione al campionato. B) Sostiene la FIGC che, in ogni caso, per il debito IRAP 2012-2013 non vi sarebbe stata neppure una “lite” giacché la rateizzazione di detto tributo non figura né nella istanza di rateizzazione, né nella epigrafe del ricorso alla Commissione Tributaria. Tale considerazione è esatta in punto di fatto, ma il Collegio, esaminando la completezza degli atti di causa non può farne discendere la conseguenza - inammissibilità del ricorso per mancata contestazione su tale tributo - che la FIGC ha indicato. Ed infatti, la pretesa ad una “nuova” rateizzazione si riferiva ad alcuni tributi “in fase di cartellazione” e già iscritti a ruolo, e ad altri tributi di cui a specifiche cartelle ma ancora non iscritti a ruolo. Quando, con il provvedimento che conclude, positivamente per Paganese Calcio, la “lite non temeraria”, Equitalia Sud Spa riconosce la pretesa nuova rateizzazione, i tributi vengono indicati per gruppi di cartelle o di ruoli tributari. Al punto n. 1 del provvedimento del 14 luglio 2015 si legge: “Cartella n. 10020150021839831000 - IVA 2009 - IVA 2010 - IVA 2011 - IVA 2012 - IRAP 2012/2013” L’unicità della cartella esattoriale, formata dall’agente di riscossione, menziona e rateizza dunque anche il tributo IRAP 2012/2013 ed è noto che essendo la “lite” diretta a pretendere, in questo caso, la rateizzazione di pretese tributarie iscritte a ruolo o in cartella, al di là della mancata erronea indicazione formale nella istanza, la domanda della Paganese era ovviamente volta a rateizzare anche questo, come tutti gli altri debiti tributari in cartella. Non è immaginabile, del resto, che l’agente della riscossione rateizzi di sua iniziativa un pagamento tributario e lo indichi in una cartella cumulativa senza che la richiesta del debitore sia stata effettuata. Il ricorrente mirava alla nuova rateizzazione dell’intero complesso di tributi già rateizzati e non pagati. Il Collegio interpreta quindi l’intendimento del ricorrente nel senso che tutti i tributi “in contestazione” dovessero essere rateizzati, senza l’esclusione di alcuno, in particolare l’IRAP 2012/2013. Ciò in quanto una tale esclusione avrebbe semmai dovuto essere indicata, ed è evidente come detta indicazione non si possa presumere, giacché irragionevolmente pregiudizievole per lo stesso ricorrente che si era lungamente battuto per ottenere i presupposti per l’iscrizione. Al di là della mancata indicazione nella originaria istanza del 17 giugno 2015, dunque, la controversia ha riguardato, come attestato da Equitalia Sud, anche il tributo IRAP 2012/2013. C) La resistente FIGC deduce, ulteriormente, che anche ove la rateizzazione - ottenuta o meno a seguito di una “lite”- abbia rilevanza, la Paganese Calcio avrebbe dovuto attestare i pagamenti delle rate già scadute al 30 aprile 2015. L’argomento è coerente con la tesi difensiva, già disattesa dal Collegio, secondo cui solo una “rateizzazione già accordata” e non una “lite sulla rateizzazione” avrebbe rilievo positivo. E dunque, se la definizione della “lite non temeraria” è avvenuta solo il 14 luglio 2015, con fissazione dell’inizio dei pagamenti rateali al 30 luglio 2015, è evidente che alla Paganese Calcio non può rimproverarsi di non aver attestato pagamenti anteriori al 30 aprile, giacché proprio la sospensione “incolpevole” della precedente rateizzazione e la richiesta di nuova rateizzazione decorrente ex tunc sono stati la ragione della “lite non temeraria”. Il ricorso deve perciò essere accolto, e la Paganese Calcio 1926 s.r.l. deve essere iscritta al Campionato di Divisione Unica 2015/2016, non sussistendo altre circostanze ostative.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 13 del 29/05/2014– www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della FIGC - Commissione di II grado delle Licenze UEFA - comunicata alla società ricorrente in data 19 maggio 2014, recante la conferma del diniego della Licenza UEFA per la stagione sportiva 2014- 2015, già deliberata dalla Commissione di primo grado
Parti: F.C. Parma/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Torino F.C.
Massima: L’Alta Corte rigetta il ricorso della società avverso la delibera della Commissione di II grado delle Licenze UEFA, di conferma del diniego della Licenza UEFA per la stagione sportiva 2014- 2015, già deliberata dalla Commissione di primo grado. Ritiene il Collegio, la vicenda va inquadrata nell’ambito di regole – quelle dettate dalla UEFA nel “Manuale” - che disciplinano una ammissione a “numero chiuso” ad un campionato sovranazionale in cui la “par condicio” tra gli aspiranti deve essere garantita nello stesso modo per tutti i Paesi interessati. 1) Il Manuale UEFA costituisce norma “ad hoc” inderogabile e non annullabile né modificabile né integrabile in alcuna parte, se non ad opera della stessa UEFA che ne ha la titolarità e responsabilità. 2) I criteri contenuti nel “Manuale” ai fini della abilitazione – costituita dalla Licenza UEFA alle squadre che abbiano ottenuto un determinato piazzamento nel campionato nazionale – sono criteri oggettivi e le prescrizioni in essi indicate debbono essere osservate, giacché una sola carenza o ritardo – per quelle indicate con la lettera A), cioè inderogabili – ha come automatica conseguenza l’impossibilità di concedere la Licenza UEFA. Il sistema delle Licenze UEFA, ed il relativo Manuale, sono stati introdotti allo scopo di “integrare, con prescrizioni e requisiti, il dato primario ed incontrovertibile, cioè il risultato sportivo della squadra sui campi da gioco”. Tale sistema, perciò – e a ciò deve limitarsi l’Alta Corte – può confermare oppure cambiare, alla stregua dei criteri del Manuale, il risultato “sportivo”. E in ciò è la rilevanza delle regole UEFA. 3) Ne deriva che il diniego di Licenza UEFA non è una “sanzione”, ma ha un effetto automatico, predeterminato con chiarezza dal Manuale, della inottemperanza oggettiva a una prescrizione/requisito classificata come A) (cioè inderogabile). Per questo motivo le pur ampie ed apprezzabili argomentazioni della ricorrente soc. Parma circa la scusabilità degli errori commessi non possono essere accolte dal Collegio. 3a) In via generale, infatti, la scusabilità dell’errore sulla configurazione formale e documentale dei pagamenti ai calciatori, in quanto derivante da un errore dello studio di consulenza cui il Parma si era affidato, non è opponibile all’Ufficio UEFA, soggetto del tutto estraneo rispetto al rapporto professionale da cui l’errore denunciato deriverebbe. 3b) Quanto alla scusabilità dell’errore sulla perentorietà del termine, malgrado la evidente contraddittorietà tra il documento “Tempistica degli adempimenti” (in cui figura la locuzione “entro il 31 marzo”) da un lato, e il Manuale, nonché la pagina extranet riferita al calendario adempimenti (in cui la caratteristica decadenziale del termine emerge invece con chiarezza) il collegio deve ribadire, anzitutto, che la fonte normativa “Manuale”, anche nella sua versione originale in inglese, prevale comunque nell’eventuale caso di discordanza con istruzioni (quali il doc. “Tempistica”) diffuse dall’Ufficio UEFA italiano. E’, in tale senso, la costante giurisprudenza del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, con cui si è più volte ribadito che la natura decadenziale dei termini per adempiere a prescrizioni inderogabili (di tipo A) esclude ogni valutazione soggettiva sulle ragioni che hanno indotto la parte interessata a non rispettare detto termine. Se ciò avvenisse, dato il “numero chiuso” delle Licenze UEFA, tale rilevanza del dato soggettivo potrebbe risultare a scapito degli altri aspiranti, che secondo regole di “par condicio” non hanno violato alcuna prescrizione sostanziale o temporale inderogabile. 3c) Egualmente, non trattandosi di una “sanzione”, il diniego di Licenze UEFA non è soggetto a valutazione di “proporzionalita” tra il modesto ammontare della somma tardivamente versata e le assai più consistenti somme che la soc. Parma ha versato per tutti gli altri adempimenti. Il Manuale non prevede altro che una conseguenza – non sanzione – e cioè l’impossibilità di concedere la Licenza. 4) Passando alla questione principale che la soc. Parma ha dedotto nel ricorso, ritiene il Collegio che l’interpretazione della natura dei pagamenti in anticipo, come formulata dalla Commissione di 2° grado, sia corretta. In effetti, sia pure per un dedotto errore imputabile ad altri (e non rilevante, come già detto, ai fini del superamento della oggettiva violazione), i pagamenti effettuati con i cedolini di novembre e dicembre 2013 sono stati obiettivamente configurati come anticipi sui pagamenti di somme contrattualmente dovute, e non come prestiti finanziari. Allorché la soc. Parma ha effettuato e documentato detti pagamenti, infatti, essa ha accantonato un ammontare corrispondente alla ritenuta fiscale. Ciò ha determinato, in capo alla società, l’obbligo di versare entro trenta giorni dall’accantonamento gli importi trattenuti. Il che, pacificamente, non è avvenuto. Ed è altresì evidente che una configurazione di detti pagamenti come “prestito finanziario” avrebbe implicato il versamento ai giocatori dell’intera somma e non di un importo decurtato da un accantonamento (il che corrisponde, invece, al sistema della ritenuta del datore di lavoro sui pagamenti contrattuali al dipendente). Detta configurazione, pertanto, ha comportato la corretta contestazione alla soc. Parma dell’inadempimento alla prescrizione di cui al parag. 14.7 – F04 del Manuale, con le conseguenze indicate al subparag.14.7.5 seguente. 5) La ricorrente ha dedotto, nelle certamente apprezzabili memorie integrative del ricorso, un altro argomento su cui il Collegio ritiene doversi soffermare. 5a) E’ pacifico che alla data del 31 marzo, ma anche alla successiva data di presentazione del ricorso, alla soc. Parma non era stata notificata alcuna contestazione dagli organi finanziari circa l’inadempimento fiscale per il mancato versamento entro trenta giorni dall’accantonamento degli importi trattenuti nei cedolini di novembre e dicembre 2013. 5b) E’ altrettanto pacifico che il momento della prima contestazione al Parma di detto adempimento inderogabile è stato il 15 aprile 2014, con comunicazione formale il 30 aprile. 5c) Sostiene la ricorrente, richiamando il primo capoverso del parag. 14.7 – F04 del Manuale, che essa avrebbe potuto rispettare la prescrizione inderogabile qualora, prima della data del 31 marzo, le fosse stata notificata una contestazione, ovvero un accertamento fiscale, cui sarebbe stato possibile opporsi nelle sedi proprie. Al contrario, non essendovi stata alcuna contestazione fiscale, la soc. Parma avrebbe preso conoscenza della mancanza del requisito soltanto quando il termine del 31 marzo era ampiamente scaduto, non potendo così esercitare in alcun modo il proprio diritto di difesa. 5d) La condizione, cioè, della società a cui nessuna contestazione fiscale sia pervenuta entro il 31 marzo sarebbe più sfavorevole rispetto a quella della società che, alla stessa data, è in lite col Fisco per opporsi alla pretesa tributaria e che nondimeno può ottenere la Licenza UEFA. 5e) Ritiene il Collegio che, effettivamente, il combinato disposto di tali principi e gli effetti che - in questo caso – ne derivano, confliggano con ogni ragionevole principio di difesa di un diritto dinanzi alla pretesa di una autorità terza. Ma, come è evidente, tale effetto di concreta ed ingiustificata disparità di trattamento deriva da una disposizione del Manuale UEFA, normativa sovranazionale applicabile come “legge di gara” in tale esclusivo ambito, e che rispetto a tale disposizione non è dato all’Alta Corte il potere di annullamento o di modifica, ed è pure precluso il sindacato di costituzionalità – ammesso che l’Alta Corte abbia il potere di sollevare la questione – non rientrando il Manuale tra le disposizioni per cui è ipotizzabile nell’ordinamento italiano tale sindacato. 5f) Il Collegio, pertanto, deve limitarsi a segnalare, alle Autorità sportive che ne hanno la competenza, come in detto sistema di disposizioni (parag. 14.7 del Manuale) è preclusa ogni difesa alla società a cui, per un qualsiasi motivo, l’inadempimento fiscale, cui potrebbe opporsi e per ciò solo rispettare il requisito ivi prescritto, venga contestato a termine ormai scaduto. 5g) Non è, in altri termini, in discussione il carattere decadenziale del termine del 31 marzo (su cui si è già detto), ma il fatto che detto termine possa spirare in danno di una società che, spiegabilmente, è convinta di avere ottemperato a tutte le prescrizioni ed a cui nessuna obiezione specifica sia stata mossa. Dedurre la rimessione in termini, o insistere sulla natura ordinatoria di tale termine contrasterebbe con principi, che il Collegio condivide, volti a stabilire una “legge di gara” uguale per tutti gli aspiranti in tutti i paesi UEFA. Ma, nel caso concreto, la forte – e non risolvibile dall’Alta Corte - incongruità ed ingiustizia delle conseguenze applicative del parag. 14.7 sul punto delineato resta elemento che il Collegio ha dovuto sottolineare con forza. Deriva da quanto sopra esposto che il ricorso deve essere respinto, confermando così la impugnata decisione.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 25 Luglio 2011 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibere del Presidente federale del 30.06.2011 e dell’11.7.2011, con cui è stata dichiarata l’inaccoglibilità dell’istanza di attribuzione del titolo sportivo della fallita F.C. Catanzaro S.p.A. in favore della società Catanzaro Calcio 2011 S.r.l..
Parti: CATANZARO CALCIO 2011 Srl/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
Massima TNAS: (2) Il rispetto del “termine perentorio” di cui all’art. 52, comma 3, NOIF, entro cui la società istante per il riconoscimento dell’altrui “titolo sportivo” da parte della FIGC deve dimostrare “di essersi accollata […] tutti i debiti sportivi della società cui è stata revocata l’affiliazione”, nonché “di avere assolto” ai medesimi ovvero “di averne garantito il pagamento”, non è incompatibile con la necessità di ulteriore svolgimento di accertamenti i cui esiti non sostanziano tuttavia elementi di integrazione della fattispecie costitutiva del diritto. Infatti, l’essenza di garanzia del termine è fatta salva sempre che di sole integrazioni asseverative si tratti e non anche di accadimenti di nuovi fatti qualificanti sostanzialmente la posizione del pretendente.
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva: Decisione n. 21 del 24/07/2014 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale FIGC – C.U. n. 14/A del 18 luglio 2014 - con la quale non è stata concessa alla società ricorrente la Licenza Nazionale ai fini della partecipazione al campionato di Divisione Unica – Lega Pro (stagione sportiva 2014/2015)
Parti: F.C. Esperia Viareggio s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva, respinge il ricorso proposto dalla società avverso la delibera del Consiglio Federale FIGC – C.U. n. 14/A del 18 luglio 2014 - con la quale non è stata concessa alla società ricorrente la Licenza Nazionale ai fini della partecipazione al campionato di Divisione Unica – Lega Pro (stagione sportiva 2014/2015) e trasmette copia degli atti acquisiti al Procuratore della Repubblica di Roma, per gli adempimenti di competenza poiché dalla esibizione dei documenti in atti, ed in particolare il falso atto di fideiussione ed il formale disconoscimento, da parte della Banca Popolare di – omissis -, emergono circostanze che potrebbero configurare un illecito penale. Il Collegio ritiene di doversi esprimere per completezza anche sul merito del ricorso, che è palesemente infondato. 1) La censura di nullità della delibera del Consiglio Federale 18 luglio 2014, proposta con il primo motivo di ricorso, è infondata. La F.I.G.C. ha depositato copia autentica della delibera impugnata, firmata dal Presidente e dal Segretario. Com’è evidente, il comunicato che dà notizia della delibera e che reca una firma “a stampa” e non autografa, costituisce lo strumento per portare la delibera stessa a conoscenza del destinatario, e dunque la sua redazione non incide affatto sulla sostanza e sul contenuto dell’atto comunicato (il quale, come detto, è regolarmente firmato in autografo dal Presidente e dal Segretario). 2) Infondate sono anche le censure che la ricorrente deduce sul merito della propria esclusione dalla Licenza. Come più volte l’Alta Corte di Giustizia Sportiva ha affermato, ed oggi il Collegio deve ribadire, le richieste di ammissione ai campionati sono gli atti introduttivi di un procedimento concorsuale “a numero chiuso”, regolato dalla Federazione con proprio Comunicato Ufficiale in vista di ogni singola stagione sportiva. 3) E’ perciò a tale “lex specialis” che occorre fare esclusivo riferimento, considerando che il rispetto dei termini perentori e la rigorosa previsione di clausole di esclusione dalla Licenza sono stabilite a garanzia dell’uguale trattamento di tutti i richiedenti l’ammissione. Nella controversia in esame, assume decisivo rilievo la prescrizione di cui al Titolo 1, par. 1, lett. c), n. 7, secondo cui ciascuna società richiedente avrebbe dovuto depositare, entro il 30 giugno 2014, ovvero entro il termine perentorio (per l’integrazione della documentazione) del 15 luglio 2014, ore 19.00, una garanzia a favore della Lega, costituita esclusivamente da fideiussione bancaria a prima richiesta di euro 600.000, rilasciata da Banche incluse nell’Albo tenuto dalla Banca d’Italia. La ricorrente, che aveva depositato un documento fideiussorio inidoneo in quanto rilasciato da Confidi Centrale Consorzio Garanzia Fidi (società di intermediazione), ha poi depositato, in sede di integrazione documentale, nuova polizza fideiussoria su carta con logo della Banca Popolare di Vicenza. Tale documento, al di là delle evidenti anomalie risultanti dalla impaginazione e dalla lettura del testo, è, poi, con argomenti inconfutabili, risultato falso, giacché la Banca Popolare di – omissis - lo ha per iscritto formalmente disconosciuto, negando di avere mai rilasciato fideiussione in favore della società ricorrente. Nessuno degli argomenti dedotti dal ricorso può superare il rigoroso ed oggettivo accertamento della mancanza, alla data di scadenza del termine perentorio, di un requisito per l’ammissione, cioè una valida garanzia fideiussoria. Non può rilevare, ove pure fosse vera, la circostanza che la società ricorrente abbia in buona fede depositato il documento falso, e neppure il fatto che il presidente della società sia stato vittima di un inganno o di una truffa orchestrata da coloro che erano stati incaricati di acquisire la fideiussione, ovviamente sotto la responsabilità della società. Tali circostanze potranno semmai esser fatte valere da chi ne abbia interesse in sede civile ed anche penale, ma non possono aver rilievo ai fini della ammissione, giacché inopponibili agli altri concorrenti che, entro i termini, hanno depositato tutta la prescritta documentazione. Il possesso oggettivo dei requisiti entro il termine è, dunque, l’unico parametro alla cui stregua il Collegio può oggi giudicare se la ricorrente debba essere ammessa ovvero esclusa.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 11 del 28/07/10 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 22/A del 16 luglio 2010, relativa a reclamo contro la delibera di non ammissione dell’anzidetta società sportiva al Campionato di Seconda Divisione, per la stagione 2010-2011
Parti: A.C. Sangiustese Srl contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: E’ corretta la decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 22/A del 16 luglio 2010, di non ammissione della società sportiva ricorrente al Campionato di Seconda Divisione 2010/2011. La ricorrente, infatti, non ha dato prova dell’infondatezza delle contestazioni poste alla base del provvedimento estromissivo del Consiglio Federale della F.I.G.C., impugnato innanzi a questa Alta Corte. Dalla documentazione acquisita è risultato che la prima delle fideiussioni depositate era inidonea e che la seconda è stata depositata in data 14 luglio 2010. E’ risultato, altresì, che lo Stadio comunale di Villa San Filippo non possiede tutti i requisiti infrastrutturali previsti dal Comunicato F.I.G.C. n. 117/A del 25 maggio 2010. Più in particolare, quanto alle censure attinenti alla fideiussione, è da osservare quanto segue. La stessa ricorrente non sostiene l’idoneità della prima fideiussione, ma allega semplicemente la propria buona fede. A tal proposito, tuttavia, è da osservare che il tema della buona fede è estraneo al presente giudizio e potrà avere rilevanza soltanto al fine di eventuali iniziative che l’odierna ricorrente intendesse intraprendere nei confronti di chi l’avrebbe resa “vittima di un inganno”. In questa sede, infatti, l’oggetto del decidere è soltanto il possesso o meno dei requisiti per l’iscrizione, possesso che deve essere dimostrato nella sua oggettività, non avendo interesse i profili soggettivi - e meno ancora psicologici - della vicenda. Non è contestata dalla F.I.G.C., invece, l’idoneità della seconda fideiussione, idoneità che, a questo punto, deve darsi per acquisita. Nondimeno, non è contestato dalla stessa ricorrente che la seconda fideiussione è stata depositata dopo la scadenza del termine del 10 luglio 2010. Detto termine, però, è espressamente qualificato come perentorio dal Titolo IV, 7° cpv., del Comunicato F.I.G.C. n. 117/A del 25 maggio 2010, che contiene la normativa applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio. La qualificazione espressa di perentorietà è di per sé sufficiente ad indicare senza equivoci la natura del termine, ma si può anche aggiungere che il predetto comunicato, laddove ha indicato termini non perentori, ha previsto apposite sanzioni per l’inosservanza (es.: penalizzazione di uno o più punti o esborsi pecuniari), ma stabilendo espressamente la satisfattività di tali sanzioni. Nella specie, invece, si dispone altrettanto espressamente che la documentazione presentata dopo il riferito termine del 10 luglio 2010 “non potrà essere presa in considerazione [...] nell’esame dei ricorsi”. Le difficoltà materiali allegate dalla ricorrente, che sostiene l’impossibilità di ottenere una nuova fideiussione entro due giorni lavorativi, non hanno rilevanza alcuna, perché il termine ultimo del 10 luglio 2010 era noto a tutte le società sportive sin dal 25 maggio 2010. Anche in questo caso, peraltro, vengono in evidenza profili soggettivi che non possono avere ingresso nel presente giudizio. Quanto alle censure attinenti ai requisiti infrastrutturali, l’infondatezza del primo motivo di ricorso potrebbe giustificare la declaratoria del loro assorbimento. Nondimeno, per la più compiuta ricostruzione dell’intera controversia, e atteso che i requisiti prescritti per l’ammissione al Campionato devono essere tutti posseduti alla data prevista, per cui ciascun motivo di esclusione deve essere considerato autonomo e produttivo degli effetti di non ammissione al Campionato, è opportuno osservare quanto segue. Anzitutto, la ricorrente non dimostra che lo Stadio comunale sia in possesso dei requisiti richiesti dal Comunicato F.I.G.C. n. 117/A del 25 maggio 2010. Essa si limita, invero, ad allegare la disponibilità a futuri impegni; a ricordare che in quello Stadio si è disputato un incontro; ad affermare l’eccessivo rigore della sanzione subita. Orbene: le norme federali sono chiare nel richiedere il possesso attuale dei requisiti e non il semplice impegno ad ottenerli in futuro; il fatto che lo Stadio in questione sia stato utilizzato per un incontro di calcio, sia pure importante, nulla aggiunge e nulla toglie all’oggettività delle sue caratteristiche infrastrutturali, che è la sola cosa che conti; le norme federali non graduano le sanzioni. E’ rimasta controversa tra le parti, specie nella discussione orale, l’ammissibilità dell’impugnazione dei Comunicati nn. 117/A e 131/A della F.I.G.C., enunciata nelle premesse del ricorso. Non è qui necessario soffermarsi su tale questione, poiché, in disparte ogni considerazione sull’effettiva presenza nell’atto introduttivo di un articolato e puntuale svolgimento delle censure relative a tali Comunicati, dette censure risultano comunque non fondate. La ricorrente sembra lamentare, in sostanza, l’irragionevolezza di una sanzione radicale, come la non concessione della licenza, a fronte di comportamenti che dimostrerebbero la buona fede e la buona volontà della Società. Si deve tuttavia notare, in avverso, quanto segue. Per quanto riguarda la fideiussione, la sanzione costituisce la conseguenza automatica del mancato rispetto di un termine che la stessa ricorrente, nella discussione orale, ha riconosciuto come perentorio. E la perentorietà del termine appare del tutto ragionevole, essendo connessa all’esigenza che non si determini la compromissione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. Si aggiunga che la brevità del termine, a sua volta, è ragionevole, sia perché è connessa ad esigenze di funzionamento dell’intero sistema calcistico, sia perché le società, consapevoli del rischio che si constati l’inidoneità della fideiussione eventualmente già prodotta, possono ben attrezzarsi, in prevenzione, per ottenerne una nuova in tempi molto ridotti. Per quanto riguarda, infine, i requisiti infrastrutturali, le norme federali appaiono ragionevolmente garantiste, attribuendo alle Società la facoltà di chiedere apposita deroga per svolgere la loro attività in un impianto ubicato fuori del proprio comune (v. Comunicato Ufficiale n. 117/A, Titolo II, n. 3) e, una volta ottenuta la deroga, di chiedere, anche in corso di stagione, di svolgere la loro attività nel proprio comune, qualora il relativo stadio sia stato conformato alle prescrizioni federali. Di tale facoltà la ricorrente (che peraltro dichiara di averne fatto uso nella stagione 2008-2009) non si è avvalsa. Né ovviamente basta, ora, la disponibilità ad avvalersene dichiarata nel ricorso, al di fuori del procedimento di rito e ben oltre i termini previsti.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 10 del 27/07/10 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 17/A del 16 luglio 2010, relativa alla mancata concessione alla Società della Licenza Nazionale 2010/2011, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Serie B
Parti: A.C. Ancona SpA contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: E’ corretta la decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 17/A del 16 luglio 2010, di non ammissione della società sportiva ricorrente al Campionato di Serie B, per la stagione sportiva 2010/2011. Poiché la ricorrente non ha dato prova dell’infondatezza delle contestazioni poste alla base del provvedimento estromissivo del Consiglio Federale della F.I.G.C., impugnato innanzi a questa Alta Corte. In particolare, non è controverso che, alla scadenza del termine ultimo del 10 luglio 2010, di cui al Titolo IV, 7° cpv., del Comunicato F.I.G.C. n. 117/A del 25 maggio 2010, non era stata superata la situazione prevista dall’art. 2447 cod. civ.; non era stato documentato il pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Enpals riguardanti gli emolumenti dovuti, fino al mese di marzo compreso, a tesserati, dipendenti e collaboratori; non era stata depositata fideiussione bancaria a prima richiesta (€ 800.000) a favore della FIGC; non era stata depositata la relazione della società di revisione attestante l’avvenuto superamento delle eccezioni relative alla continuità aziendale e dell’impossibilità di esprimere un giudizio sul bilancio d’esercizio al 30 giugno 2009; non era stata depositata relazione della società di revisione attestante l’avvenuto superamento dell’impossibilità di giungere ad una conclusione sulla relazione semestrale al 31 dicembre 2009. Giova rilevare che il termine di cui sopra è qualificato espressamente come perentorio. Tale qualificazione è di per sé sufficiente ad indicare senza equivoci la natura del termine; ma si può altresì aggiungere che il predetto comunicato, laddove ha stabilito termini non perentori, ha previsto apposite sanzioni per l’inosservanza (es.: penalizzazione di uno o più punti o sanzioni pecuniarie), ma ammettendo espressamente la sanabilità delle irregolarità commesse. Nella specie, invece, si dispone altrettanto espressamente che la documentazione presentata dopo il riferito termine “non potrà essere presa in considerazione [...] nell’esame dei ricorsi”. Si aggiunga che la perentorietà del termine si giustifica in ordine all’esigenza che non si determini la compromissione dei diritti e degli interessi dei terzi controinteressati, trattandosi di un procedimento di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. Tra l’altro, le difficoltà materiali allegate dalla ricorrente non hanno rilevanza alcuna, perché il termine ultimo del 10 luglio 2010 era noto a tutte le società sportive sin dal 25 maggio 2010. Si aggiunga che la ricorrente non contesta detto termine, né ha censurato le norme che lo prevedono, sicché, anche in questo caso, vengono in evidenza profili soggettivi che non possono avere ingresso nel presente giudizio. Va osservato, conclusivamente, che i requisiti prescritti per l’ammissione al Campionato devono essere tutti posseduti alla data prevista, per cui ciascun motivo di esclusione deve essere considerato autonomo e produttivo degli effetti di non ammissione al Campionato.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 15 Aprile 2010 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale – www.figc.it
Parti: POLISPORTIVA ALGHERO Srl/ PROCURA FEDERALE della FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
Massima TNAS: (2) Ma non è superfluo sottolineare, per un verso, la maggiore severità della precedente disciplina e, per un altro verso, che l’intero sistema “normativo-sanzionatorio” è finalizzato, in tutta evidenza, all’espletamento regolare dei “campionati professionisti”. Regolarità assicurata solo dal rispetto di date precise per gli adempimenti, senza le quali l’ordinato svolgimento sarebbe del tutto impraticabile.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 3 del 23/07/09 – www.coni.it Decisione impugnata: Decisione del Consiglio Federale della FIGC pubblicata sul C.U. n. 15/A del 14 luglio 2009 relativa alla non ammissione al campionato di Seconda divisione. Parti: A.C. Pistoiese spa Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio Massima: Immune da vizi è la decisione del Consiglio Federale della FIGC con la quale è stata deliberata la non ammissione al campionato di Seconda divisione poiché la società non ha provato l’idoneità della fidejussione rilasciata dalla compagnia finanziaria e l’iscrizione di questa nell’elenco compilato dalla Banca d’Italia, in attuazione dell’art. 16 comma 3 D.lgs 1 settembre 1993 n. 385 (TUB)
Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 72/CGF Riunione del 9 gennaio 2008 n. 1 - www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera C.D. Com. Uff. n.75/C del 10.11.2006
Impugnazione - istanza:Ricorso ai sensi dell’art.33, comma 2, C.G.S (previgente). della Sassari Torres 1903 S.r.l. avverso la decisione della Commissione Disciplinare della L.P.S.C. che ha inflitto alla societa’ due punti di penalizzazione
Massima: Ai fini dell’iscrizione al campionato professionistico vanno tenute distinte le garanzie fideiussorie richieste ai sensi dell’art. 52 delle N.O.I.F. (c.d. Lodo Petrucci) da quelle previste dal C.U. n. 181/A – 2006.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2007– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dell’U.S. Tempio Srl al Campionato Nazionale di Serie C2 per la stagione sportiva 2007-2008 - www.figc.it
Parti: U.S. Tempio Srl Contro F.I.G.C. - Lega Professionisti Serie C - U.S.D. Calcio Caravaggese Srl
Massima: Il termine del 14 luglio 2007 indicato nell’allegato B parte VII ( ricorsi ) del C.U. 6/A del Consiglio Federale data 3 maggio 2007, è qualificato dalla vigente normativa come perentorio. L’interpretazione sia letterale, che sistematica e teleologica induce il Collegio a ritenere che il mancato rispetto di detto termine produce necessariamente effetti preclusivi. Il mancato rispetto, inoltre, del termine perentorio non può incidere esclusivamente sulla valutazione della CO.VI.SO.C (nella fattispecie necessariamente di segno negativo) ma preclude, altresì, allo stesso Consiglio Federale di procedere ad una diversa valutazione anche laddove il fatto che ha determinato la preclusione sia stato successivamente rimosso; ciò in quanto è proprio la perentorietà del termine che impedisce un successiva valutazione del fatto sopravvenuto. Ne discende conseguentemente che la norma, alla luce di quanto indicato, non consente una diversa interpretazione. Il Collegio ritiene, come affermato in altre decisioni dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, “di non dover sovrapporre una propria autonoma interpretazione delle vigenti norme, in quanto ciò determinerebbe una inammissibile riscritturazione eteronoma delle regole federali”. La perentorietà del termine, peraltro, è stata ribadita dal Consiglio di Stato, sez. VI con sentenza n. 268/2007 in una controversia avente in oggetto l’iscrizione ai campionati di calcio. Il Consiglio di Stato ha ritenuto, infatti, che la perentorietà dei limiti temporali fissati a tal fine (all’epoca se non sancita dal dato testuale delle disposizioni federali ed oggi, per contro, puntualmente sancita con l’indicato punto VI) fosse “ricavabile dalla natura e dalla finalità del termine in rilievo, in quanto la sua funzione di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al campionato implica la necessità di uno sbarramento temporale netto e sufficientemente anticipato, al fine di garantire l’espletamento di tutti gli incombenti organizzativi funzionali all’avvio del Campionato”. E’ opinione del Collegio, infine, che il ritardo con cui è stata rilasciata la fidejussione sia comunque imputabile esclusivamente alla Società ricorrente, sulla quale incombeva l’onere di richiedere per tempo il rilascio della indispensabile fidejussione. Ad avviso del Collegio, pertanto, la domanda proposta dalla società deve essere rigettata risultando la medesima società nei termini imposti dalla normativa federale non in regola con i requisiti previsti per l’iscrizione ai campionati, in particolare con quello che imponeva di depositare la fidejussione entro il 14 luglio 2007.
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n.003/Cf del 26 Agosto 2006 n. 1 - www.figc.it
Impugnazione - istanza:Richiesta di parere interpretativo del Commissario Straordinario, ex articolo 22, comma 1, lettera a) Codice di Giustizia Sportiva, in ordine ad interpretazione univoca delle disposizioni di cui all’articolo 49 N.O.I.F. ed al comunicato ufficiale n.167/a del 15-2-2006, inerenti i criteri per la sostituzione delle società non ammesse ai campionati di SerieC2
Interpretazione: Solo l’accertata inapplicabilità della norma generale dell’art. 49 N.O.I.F. può precludere il potere surrogatorio più volte menzionato della Lega Nazionale Dilettanti e restare, al contrario, applicabili le disposizioni sussidiarie previste dalla seconda parte della medesima norma ed implementate attraverso il Comunicato Ufficiale n. 167/A del 15 febbraio 2006. Circa la corretta interpretazione del dettato dell’articolo 49 delle N.O.I.F. in relazione alla promozione dal Campionato Nazionale Dilettanti alla serie C – 2a divisione (C2) (art.49, lettera C, prima parte), ha già comportato, in data 10 agosto 2005, una precedente pronuncia della Corte, pubblicata nel Comunicato Ufficiale numero 3/Cf. Con quella pronuncia la Corte Federale ha affermato che “per quanto riguarda la promozione dal Campionato Nazionale Dilettanti (Serie D) alla serie C – 2a divisione (C2) deve essere preso in considerazione esclusivamente il dettato dell’art. 49 delle N.O.I.F.”. Come ricordato dalla stessa richiesta interpretativa del Commissario Straordinario, l’articolo 49 lettera c), prima parte, prevede che “le squadre classificate al primo posto di ogni singolo girone avranno diritto di richiedere l’ammissione al Campionato di serie C – 2a divisione (C2), qualora siano in possesso dei requisiti di carattere organizzativo, strutturale ed economico previsti dal Regolamento della Lega Professionisti Serie C, da affiancare al titolo sportivo. Qualora si verifichino rinunce o si accerti la inadeguatezza dei titoli richiesti da parte delle società di cui sopra, la Lega Nazionale Dilettanti segnalerà, in sostituzione, altre società in successione di classifica, che siano in possesso di tutti i requisiti richiesti”. E’ preliminarmente necessario descrivere, secondo il criterio della gerarchia delle fonti, il quadro normativo che disciplina l’ammissione al campionato di Serie C – 2° divisione (C2) al fine di dedurne gli elementi utili all’espressione del parere chiesto dal Commissario Straordinario. Ora la norma primaria - è tale, come si vedrà in prosieguo, non solo per la sua collocazione nel sistema delle fonti dell’ordinamento calcistico ma anche per la generalità della sua previsione e la sua attitudine a generare meri interventi completivi o sussidiari da parte di altre disposizioni – è costituita dall’art. 49 N.O.I.F. soprarichiamato. La norma prosegue prevedendo che “per carenze di organico del campionato di Serie C-2a divisione (C2) il relativo completamento avverrà a cura del Consiglio Federale su proposta della Lega Nazionale Dilettanti”. La Corte ritiene che, combinando logicamente tra loro le due statuizioni normative in esame, si debba pervenire al seguente risultato interpretativo. Innanzitutto, il diritto di una squadra di richiedere l’ammissione al Campionato di Serie C – 2° divisione (C2) è legato ad una duplice concorrente circostanza costituita, in primo luogo, dalla classificazione al 1° posto del girone cui aveva partecipato nella stagione precedente e, in secondo luogo, dal possesso dei requisiti di carattere organizzativo, strutturale ed economico previsti dal Regolamento della Lega Professionisti Serie C (che entrambe le condizioni debbano ricorrere è inequivocabilmente dimostrato dall’uso della locuzione che vuole che i requisiti in parola siano da ”affiancare al titolo sportivo”). La disposizione prevede che possa esservi una duplice categoria di situazioni preclusive dell’applicazione della regola principale prima illustrata, individuandole nella rinuncia alla richiesta di ammissione da parte dell’avente diritto o nell’accertata inadeguatezza dei titoli prodotti da queste con evidente riferimento ai requisiti ad esse richiesti (organizzativi, strutturali ed economici). Laddove, anche una di tali situazioni ricorra, (l’uso della particella disgiuntiva testimonia nel senso che esse non debbano cumularsi, essendo sufficiente la sussistenza di una sola di esse ai fini dell’applicazione della disposizione di cui si sta per dire) si provvederà alla surrogazione della società avente diritto attraverso la segnalazione da parte della Lega Nazionale Dilettanti a fini sostitutivi “di altre società in successione di classifica che siano in possesso di tutti i requisiti richiesti”. Il senso e l’effetto della disposizione sono evidentemente nel senso che ad attivare il procedimento surrogatorio è sufficiente che l’avente diritto originario non voglia o non possa chiedere l’ammissione al campionato superiore. Ma è altrettanto chiaro che la norma non prevede alcun limite al potere di surrogazione da esercitarsi da parte della Lega Nazionale Dilettanti, in quanto essa non circoscrive l’ambito di classifica nel quale effettuare la segnalazione in sostituzione, specificando, anzi, che la segnalazione stessa possa avvenire non a favore di una sola società (ad esempio quella in seconda posizione di classifica) ma a vantaggio “di altre società” in successione di classifica, e cioè collocatesi anche in posizione diversa dalla seconda, laddove il primo scorrimento di graduatoria possa non aver portato a risultati utili (ad esempio per successive rinunce o dichiarazioni di mancanza di requisiti). A questa stregua la disposizione stabilisce in astratto il sistema di completamento degli organici della Serie C – 2a divisione (C2). Ma la norma prevede con lungimiranza che, nonostante le misure appena descritte, si determini una situazione di carenza di organico nel campionato in questione (ad esempio per difetto di vocazioni o per carenza di requisiti), fissando la regola secondo cui “il relativo completamento avverrà a cura del Consiglio Federale, su proposta della Lega Professionisti Serie C, nonché in caso di ulteriori carenze, su proposta della Lega Nazionale Dilettanti”. Ora, il Comunicato Ufficiale n. 167/A del 15 febbraio 2006 è proprio intervenuto preventivamente allo scopo perseguito in via generale ed astratta, dalla disposizione principale dell’art. 49 N.O.I.F. Le disposizioni racchiuse nel Comunicato Ufficiale in esame sono destinate ad operare laddove si verifichi la condizione sospensiva dell’inapplicabilità per una qualsiasi causa di quelle fondamentali dell’art. 49 N.O.I.F., con le quali, quindi, non può nemmeno immaginarsi un conflitto, dato che la efficacia di queste ultime preclude in radice l’applicazione di quelle sussidiarie (che nella fattispecie va esclusa).
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 29/C Riunione del 16 gennaio 2006 n. 1 - www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 80/C del 20.10.2005
Impugnazione - istanza:Appello del Procuratore Federale avverso il proscioglimento della società Sambenedettese a seguito di proprio deferimento per violazione dell’ art. 2, comma 4, C.G.S.
Massima: Nell'allegato B al Comunicato Ufficiale 162/A sono stabilite le condizioni per l'iscrizione ai campionati professionistici della stagione sportiva 2004/2005. In particolare sono richiesti: I) il rispetto dei criteri di natura economica e finanziaria validi per il rilascio delle licenze UEFA; II) l'assenza di debiti nei confronti dell'Erario con riferimento ai contratti con i tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; III) l'assenza di debiti caduti al 30 aprile 2004 sempre con riferimento ai lavoratori e tesserati e nei confronti di enti previdenziali e fondo di fine carriera; IV) l'assenza di debiti scaduti al 30 giugno 2004 sia nei confronti di F.I.G.C., sia delle Leghe che di società affiliate alla F.I.G.C., ed anche quei debiti che derivino dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti che abbiano il riconoscimento di istituzioni calcistiche nazionali ovvero internazionali; V) il rispetto del rapporto PA contenuto nell'art. 85 paragrafo IV delle N.O.I.F., con riguardo ad una situazione patrimoniale cristallizzata al 31 marzo 2004 nella misura minima di 0,10 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale, ovvero nella misura minima di 0,08 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale per quelle società che non si sono avvalse della facoltà indicata nell'art. 18-bis della legge 91/81 (introdotto con legge 27/2003), nonché il rispetto del rapporto PD indicato nell'art. 85 paragrafo V delle N.O.I.F., sempre stabilita al 31 marzo 2004 con indice minimo di 0,25 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori; VI) l'assenza delle condizioni che consentano l'applicazioni del disposto dell'art. 2447 c.c. e, qualora si versi nell'ipotesi prevista dall'art. 2446 c.c., che siano stati formalizzati gli adempimenti ivi previsti.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della Spal SpA al Campionato Nazionale di Serie C1 per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it
Parti: Spal Spa contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006. In particolare la società non ha provveduto, nel termine stabilito dal CU n. 189/A (né nel successivo termine, entro il quale la Co.A.Vi.So.C. ha ritenuto eccezionalmente ammissibile, in relazione a peculiari circostanze del caso concreto, il perfezionamento di adempimenti in essere alla data del 30 giugno 2005) al pagamento dei debiti nei confronti dell’Erario, né ha provato la pendenza in sede giurisdizionale di una lite non temeraria ovvero strumentale nei confronti delle diverse voci di debito relative al comparto sportivo.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della Polisportiva Rosetana Calcio Srl al Campionato di Calcio Professionistico di Serie C2 per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it
Parti: Polisportiva Rosetana Calcio Srl contro F.I.G.C.
Massima: La disciplina adottata dalla FIGC in tema di iscrizione ai campionati è attuazione del compito demandato alla federazione stessa dal legislatore nazionale. Infatti, la l. 23 marzo 1981 n. 91, recante norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, all’art. 12 (“Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi”), nel testo oggi vigente, dispone che: “1. Al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società di cui all’articolo 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l’equilibrio finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e principi da questo approvati”. In tale quadro, le regole stabilite dal CU n. 189/A, imponendo un “reale” (e non meramente “contabile”) risanamento finanziario, attraverso il pagamento dei debiti scaduti verso l’Erario, gli enti previdenziali, i tesserati e gli altri soggetti del sistema sportivo (ovvero, in alternativa, l’esistenza di un contenzioso non temerario relativo a tali debiti), nonché presupponendo precisi parametri di consistenza patrimoniale, appaiono pienamente legittime, giustificate e congrue rispetto allo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, sulla base di uguali condizioni di partecipazione per le varie società professionistiche, ed in linea con parametri costituzionalmente orientati.
Massima: La disciplina in tema di iscrizione ai campionati di calcio professionistico trova la propria base normativa nell’art. 12 della l. 23 marzo 1981 n. 91, il quale, allo “scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi” prevede la sottoposizione delle società di calcio professionistico, “al fine di verificarne l’equilibrio finanziario”, “ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive …”. A tal riguardo l’art. 3.1 lett. g dello Statuto della FIGC specifica rientrare tra le funzioni della federazione “la determinazione dei criteri … di iscrizione ai campionati, basati anche sulla verifica … dei requisiti economico-gestionali e di equilibri finanziario”. L’emanazione delle “norme per il controllo delle società calcistiche professionistiche” è poi demandata al Consiglio Federale (art. 24.1 dello Statuto della FIGC). Tali norme si sono tradotte nelle previsioni del Titolo VI delle N.O.I.F. della FIGC (art. 77 ss.), e, in riferimento alla stagione 2005-2006, nel CU n. 189/A. In tale quadro, dunque, nessun rilievo può essere assegnato alle disciplina stabilita dallo Statuto della Lega Professionisti Serie C, cui non spetta dettare regole per l’iscrizione ai campionati (cfr. art. 3.2 e art. 7 dello Statuto della FIGC). Ed invero la disposizione citata dalla Ricorrente – comunque riconducibile alle previsioni stabilite dal CU n. 189/A in riferimento alle società di serie C – appare perseguire uno scopo diverso (e limitato) rispetto a quelli contemplati dalla normativa federale: ossia tutelare gli interessi degli altri associati alla Lega, e non garantire “l’equilibrio finanziario” delle società affiliate; in nessun modo può ritenersi violato il principio del “giusto procedimento” in relazione ad un’asserita mancata assunzione di un preventivo parere della Corte Federale della FIGC. A tal proposito si sottolinea come la disciplina in materia di iscrizione ai campionati in nessun punto preveda l’obbligatoria consultazione della Corte Federale. Né un obbligo a tal riguardo può essere desunto dalle regole generali relativa a competenze e funzioni dell’organo federale. Lo stesso art. 22 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, invocato dalla Ricorrente, prevede infatti la possibilità di instaurazione di un procedimento di fronte alla Corte solo ove “sia ravvisata” (in esito ad una valutazione di opportunità, compiuta dal Presidente Federale) la “necessità di un’interpretazione univoca” di una norma federale o statutaria e certamente non prevede che la Corte Federale sia adita tutte le volte che un organo federale debba applicare una norma e sussista un dubbio interpretativo sulla stessa.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006 in particolare la condizione, del mancato pagamento, entro il 30 giugno 2005, dei debiti scaduti il 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario relativi al c.d. “comparto sportivo”. (Nel caso di specie la società si è limitata a presentare un’istanza di dilazione del debito, in tal modo espressamente riconosciuto, su cui l’Agenzia delle Entrate non si è pronunciata. A tal riguardo a nulla può valere il presunto formarsi di un atto di silenzio assenso, trattandosi chiaramente di tipo di provvedimento sottratto all’applicazione di tale istituto; e che la mancata risposta dell’Ente entro il termine del 30 giugno 2005 stabilito dalle norme federali per la documentazione dell’insussistenza di debiti scaduti verso l’Erario non può essere addebitata ad una colpevole inerzia della pubblica amministrazione, atteso che la domanda di pagamento dilazionato ed in forma rateale è pervenuta all’Ente solo in data 15 giugno 2005, ossia nell’imminenza della scadenza del termine. Allo stesso modo risulta che la Ricorrente al 30 giugno 2005 era debitrice nei confronti degli enti previdenziali per debiti scaduti al 31 marzo 2005 e non pagati. Con particolare riferimento poi al debito verso l’ENPALS, espressamente riconosciuto nell’istanza di dilazione presentata in data 24 giugno 2005, risulta addirittura il diniego dell’Ente ad una definizione con modalità agevolate. In riferimento a tali esposizioni (nei confronti dell’Erario e dell’ENPALS) non può poi ritenersi sussistente un contenzioso tale da giustificare (vuoi per la sospensione dei termini che esso avrebbe prodotto, vuoi per espressa previsione delle regole federali, che prevedono la pendenza di un contenzioso non temerario come alternativa rispetto alla soddisfazione dei debiti tributari e previdenziali) comunque l’ammissione della società al campionato di competenza: a tutto concedere (ed anche a prescindere dalla considerazione che la sussistenza di un contenzioso non è di per sé provocata dalla mera presentazione di un’istanza – o anche dal rigetto di questa), deve infatti sottolinearsi come semmai tale contenzioso riguardi solo l’ammissione a forme agevolate di pagamento, e non alla sussistenza di debiti.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione del Torino Calcio srl al Campionato di Calcio Professionistico di Serie A per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it
Parti: Torino Calcio S.P.A. contro F.I.G.C. - Torino Calcio srl
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettano le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006, in particolare la condizione stabilita del CU n. 189/A, parte I, sezione B, punto 7, ossia l’obbligo di documentare, entro il termine perentorio del 30 giugno 2005 ore 19.00, l’avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario, o, in alternativa la pendenza di una lite non temeraria innanzi al competente organo, nonché l’altra condizione stabilita del CU n. 189/A, parte I, sezione B, punto 7, ossia l’obbligo di documentare, entro il termine perentorio del 30 giugno 2005 ore 19.00, l’avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 31 marzo 2005 nei confronti degli enti previdenziali, o, in alternativa la pendenza di una lite non temeraria innanzi al competente organo. Ed inoltre, non sono soddisfatte le ulteriori condizioni stabilita del CU n. 189/A, parte I, sezione C, ossia il pagamento degli emolumenti dovuti alla data del 31 marzo 2005 ai tesserati, ai lavoratori dipendenti e ai collaboratori addetti al settore sportivo, l’inesistenza di debiti nei confronti della FIGC, delle Leghe e di società affiliate alla FIGC, l’inesistenza di debiti derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali ed internazionali, il tutto come certificato dalla Lega Nazionale Professionisti.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della F.C. Messina Peloro srl al Campionato di Calcio Professionistico di Serie A per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it
Parti: F.C. Messina Peloro S.R.L. contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006 in particolare la condizione, del mancato pagamento, entro il 30 giugno 2005, dei debiti scaduti il 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario relativi al c.d. “comparto sportivo”.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione del Gela J.T. srl al Campionato di Calcio Professionistico di Serie C1 per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it
Parti: Gela J.T. Srl contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006, in particolare la condizione, il mancato pagamento, entro il 30 giugno 2005, dei debiti scaduti il 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario relativi al c.d. “comparto sportivo”.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dell’A.C. Perugia S.p.A. al Campionato di Calcio Professionistico di Serie B per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it
Parti: A.C. Perugia Spa contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006, in particolare la condizione stabilita del CU n. 189/A, parte I, sezione B, punto 7, ossia l’obbligo di documentare, entro il termine perentorio del 30 giugno 2005 ore 19.00, l’avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario, o, in alternativa la pendenza di una lite non temeraria innanzi al competente organo, nonché l’altra condizione stabilita del CU n. 189/A, parte I, sezione B, punto 7, ossia l’obbligo di documentare, entro il termine perentorio del 30 giugno 2005 ore 19.00, l’avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 31 marzo 2005 nei confronti degli enti previdenziali, o, in alternativa la pendenza di una lite non temeraria innanzi al competente organo. Ed inoltre, non sono soddisfatte le ulteriori condizioni stabilita del CU n. 189/A, parte I, sezione C, ossia il pagamento degli emolumenti dovuti alla data del 31 marzo 2005 ai tesserati, ai lavoratori dipendenti e ai collaboratori addetti al settore sportivo, l’inesistenza di debiti nei confronti della FIGC, delle Leghe e di società affiliate alla FIGC, l’inesistenza di debiti derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali ed internazionali, il tutto come certificato dalla Lega Nazionale Professionisti.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della Fermana al Campionato di Serie C1 per la stagione sportiva 2005-2006 - www.figc.it Parti: Fermana Calcio SRL Contro F.I.G.C.
Massima: La Camera di Conciliazione ammette la società al campionato di serie C1 quando dagli atti risulta che il contenzioso fiscale, relativo all’anno 2002/2003 per il quale è pendente, avanti al Tribunale, opposizione all’esecuzione, non costituisce lite temeraria in quanto legittimamente diretto a eccepire difetti di calcolo ragionevolmente imputabili al creditore. Risulta inoltre per quanto riguarda la debitoria nei confronti dell’ENPALS che la società aveva regolarmente effettuato entro il termine del 30.06.2005 il pagamento dei contributi relativi al 2003-2004 ed al primo trimestre 2005. Per gli obblighi contributivi precedenti al 31.12.2002 il piano di rateizzazione, redatto prima, erroneamente, il 5 e l’8 luglio, e, poi, correttamente, il 12 luglio, veniva in via definitiva sottoscritto nella medesima data, come risultante per tabulas e diversamente da quanto erroneamente rilevato dalla Coavisoc. Tale adempimento, dunque, avveniva entro il termine di ricorso del 12.07.2005, entro il quale la Coavisoc ha ritenuto eccezionalmente ammissibile, in relazione a peculiari circostanze del caso concreto, il perfezionamento di adempimenti in essere alla data del 30.06.2005
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della Salernitana Sport spa al Campionato Professionistico di serie B, per la stagione sportiva 2005/2006 - www.figc.it
Parti: Salernitana Sport Spa contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006, in particolare la condizione che imponeva di documentare «l’avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario» relativi al comparto sportivo.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della Polisportiva Sassari Torres spa al Campionato Professionistico di serie C1, per la stagione sportiva 2005/2006- www.figc.it
Parti: Polisportiva Sassari Torres Spa contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006, in particolare la condizione che imponeva di documentare «l’avvenuto pagamento dei debiti scaduti al 31 marzo 2005 nei confronti dell’Erario» relativi al comparto sportivo.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dell’A.C. Imolese srl al Campionato Professionistico di serie C2, per la stagione sportiva 2005/2006- www.figc.it
Parti: A.C. Imolese Srl contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza, difettando le condizioni stabilite dal CU n. 189/A per l’iscrizione ai campionati nella stagione 2005-2006.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 luglio 2005– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione del F.C. Sporting Benevento Srl al Campionato Professionistico di serie C1, per la stagione sportiva 2005/2006- www.figc.it
Parti: F.C. Sporting Benevento Srl contro F.I.G.C.
Massima: Non può essere ammessa al campionato professionistico, la società che non risulta in regola con i requisiti previsti dalla normativa federale e pertanto legittimamente la FIGC ha respinto la domanda di iscrizione al campionato di competenza. In particolare quando emerge che la società: a) non ha provveduto al pagamento dei debiti nei confronti dell’Erario, né provato la sussistenza dell’alternativa condizione della pendenza in sede giurisdizionale di una lite non temeraria: il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, non rappresenta una contestazione della sussistenza di un debito tributario, ma appare basare le contestazioni alle pretese erariali solo sull’assunto dell’ammissione della società ai benefici del condono previsto dalla legge n. 289/02, ovvero censurare le sanzioni applicate; né sussiste agli atti l’eventuale accettazione dell’istanza di rateizzazione presentata il 28 giugno 2005; b) non ha provveduto al pagamento dei debiti previdenziali, né provato la pendenza di una lite in sede giurisdizionale non temeraria, né sussiste agli atti l’eventuale accettazione dell’istanza di rateizzazione presentata il 28 giugno 2005.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 16 dicembre 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Ripescaggio della Savona Calcio 1097 s.r.l. al Campionato di Serie C2 - www.figc.it
Parti: Società Savona Calcio 1907 SRL contro F.I.G.C.
Massima: E’ infondato l’assunto secondo cui “l’unico termine veramente perentorio [sarebbe individuabile nel] giorno dell’emanazione della decisione di codesta Camera”. Ne consegue che non può essere riconosciuta alla società – pena, anche, la violazione del principio della par condicio – la possibilità di regolarizzare la propria posizione sino alla conclusione del giudizio arbitrale e, dunque, ben oltre il termine del 19 luglio 2004 espressamente dichiarato come perentorio dal C.U. F.I.G.C. n. 178/A. Non si condivide la ricostruzione secondo cui il procedimento di iscrizione ai campionati si concluderebbe soltanto con il giudizio arbitrale della Camera. Anche nella prospettazione della sentenza del Cons. St. n. 5025/2004, infatti, nessuna confusione può farsi tra il procedimento innanzi ai competenti organi federali, nel cui ambito si esaurisce la fase dell’amministrazione attiva, e l’eventuale procedimento in forma arbitrale amministrato dalla Camera, che assolve ad una funzione esclusivamente giustiziale, di soluzione del contenzioso. Ne discende che non è possibile dissolvere il termine del primo procedimento in quello del secondo, per sostenere il carattere meramente ordinatorio o comunque endoprocedimentale dell’uno e consentire così l’adempimento degli oneri richiesti per l’iscrizione ai campionati addirittura fino allo spirare del secondo. L’accertamento dei collegi arbitrali operanti all’interno del sistema amministrato dalla Camera, d’altra parte, è volto esclusivamente a sindacare gli atti dei competenti organi federali alla luce dei fatti storicamente fissati al momento dell’emanazione degli stessi. Ne consegue che nessun argomento di carattere sistematico consente di sovvertire l’esplicita qualificazione di perentorietà e di ultimatività, a pena di decadenza, dei termini sancita nelle carte federali (da ultimo nella delibera del Comitato federale del 14 maggio 2004, di cui al Comunicato ufficiale n. 178/A). La soluzione regolamentare adottata dalla FIGC appare in linea con la stessa recente giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’Amministrazione e più in generale il soggetto incaricato della cura di interessi collettivi può “apporre termini, anche perentori, al fine di dare certezza ai rapporti giuridici e di assicurare la tempestiva conclusione del procedimento” (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 5998 del 4 novembre 2002). Anche in passato, d’altra parte, il Consiglio di Stato – con riferimento a controversie aventi ad oggetto l’iscrizione ai campionati di calcio – aveva affermato la natura perentoria del termine fissato per la regolarizzazione degli adempimenti economici da parte delle società, pur se non sancita dal dato testuale delle disposizioni federali vigenti all’epoca, fosse “ricavabile dalla natura e dalla finalità del termine in rilievo, in quanto la funzione, assolta da tali termini, di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al campionato, implica la necessità di uno sbarramento temporale netto e sufficientemente anticipato al fine di garantire l’espletamento di tutti gli incombenti organizzativi funzionali all’avvio del campionato” (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 2546/2001). Tale orientamento era ribadito anche nella nota controversia relativa al Cosenza Calcio. Il lodo arbitrale emanato nell’ambito del sistema amministrato dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport affermava testualmente che «la perentorietà dei termini stabiliti dalla Federazione… deriva dall’esigenza di non lasciare nell’incertezza le situazioni giuridiche regolamentate» (lodo 27 agosto 2003). Quindi, la sentenza n. 5025/04 del Consiglio di Stato, pronunciata a seguito dell’iniziativa del Cosenza Calcio, riconosceva sia “la necessità di procedimentalizzare l’intero iter di formazione della decisione finale [sia] l’esigenza di termini perentori per le varie fasi procedimentali” (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 5025 del 2004). Da ultimo, il Consiglio di Stato ribadiva il carattere perentorio dei termini per gli adempimenti necessari all’iscrizione ai campionati nell’ordinanza n. 5646 del 26 novembre 2004.
Massima: Il principio della contestazione degli addebiti vale per i procedimenti sanzionatori o comunque contenziosi, non per quelli di mero controllo circa il possesso di determinati requisiti, anche attraverso il deposito dei relativi documenti. La richiesta di integrazione della documentazione può trovare luogo in presenza di mere irregolarità di forma, non in situazioni nelle quali la documentazione è totalmente assente (magari perché i medesimi requisiti sostanziali che dovrebbero essere attestati mancano). Infine, la rimessione in termini presuppone un inadempimento dovuto a cause eccezionali o di forza maggiore, non imputabili al soggetto destinatario dell’obbligo.
Massima: Una volta accertato il carattere perentorio di tale termine, non vi è luogo all’esame degli argomenti di fatto addotti dalla parte istante in ordine al successivo deposito della documentazione. Sia consentito comunque osservare che poco convincente appare l’argomento di parte attrice secondo cui il bilancio di esercizio alla data del 30 giugno 2003 sarebbe stato inviato «addirittura in data 28 maggio 2004».
Massima: Non può ritenersi sufficiente il deposito della mera proposta di rateizzazione con l’ENPALS nel presupposto che essa fosse stata «verbalmente accettata» (d’altra parte, secondo un orientamento costante della giurisprudenza civile e amministrativa, la volontà degli enti pubblici può esprimersi, a pena di nullità, soltanto in forma scritta).
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 24 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dell’ AS Viterbo Calcio S.r.l. al Campionato di Serie C2, per la stagione 2004 – 2005 - www.figc.it
Parti: A.S. Viterbo Calcio S.R.L.contro F.I.G.C.
Massima: Per richiedere l’ammissione ai campionati professionistici, sulla base del dettato di cui all’art. 52 del NOIF, il c.d. “Lodo Petrucci” i requisiti necessari previsti dal lodo, come enumerati dall’art. 52 del NOIF (in particolare il VI e VII comma, come introdotti in data 14 maggio 2004), sono i seguenti: “1. Il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della F.I.G.C. delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato Campionato. 2. In nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione. 3. Il titolo sportivo di una società, cui venga revocata l'affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del Presidente della F.I.G.C., previo parere vincolante della Co.Vi.So.C. ove il titolo sportivo concerna un Campionato professionistico. 4. Il titolo sportivo di una società, cui venga revocata l'affiliazione ai sensi del comma 7 dell'articolo 16, può essere attribuito ad altra società a condizione che la società in liquidazione appartenga alla Lega Dilettanti e che la nuova aspirante al titolo si accolli ed assolva gli eventuali debiti di quella in liquidazione cui viene revocata l'affiliazione. 5. In caso di fusione a norma dell'art. 20, alla nuova società o alla incorporante è attribuito il titolo superiore tra quelli riconosciuti alle società che hanno dato luogo alla fusione. In caso di scissione o conferimento dell’azienda sportiva a norma dell’art. 20, il titolo sportivo della società scissa o della conferente è attribuito rispettivamente alla società derivante dalla scissione che prosegue l’attività sportiva ovvero alla conferitaria, fatto salvo quanto previsto in ambito dilettantistico dal comma 6 della medesima disposizione. 6. In caso di non ammissione al campionato di serie A, B o C1, per mancato rispetto dei criteri economico – finanziari, di una società costituente espressione della tradizione sportiva italiana e con un radicamento nel territorio di appartenenza comprovato da una continuativa partecipazione, anche in serie diverse, ai campionati professionistici di Serie A, B, C1 e C2 negli ultimi dieci anni, ovvero, da una partecipazione per almeno venticinque anni nell’ambito del calcio professionistico, la FIGC, sentito il Sindaco della città interessata, può attribuire il titolo sportivo inferiore di una categoria rispetto a quello di pertinenza della società non ammessa ad altra società, avente sede nella stessa città della società non ammessa, che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale. Al capitale della nuova società non possono partecipare, neppure per interposta persona, nè possono assumervi cariche, soggetti che, nella società non ammessa, abbiano ricoperto cariche sociali ovvero detenuto partecipazioni dirette e/o indirette superiori al 2% del capitale totale o comunque tali da determinarne il controllo gestionale, né soggetti che siano legati da vincoli di parentela o affinità entro il quarto grado con gli stessi. L’inosservanza di tale divieto, se accertata prima della decisione sulla istanza di attribuzione del titolo sportivo, comporta il non accoglimento della stessa o, se accertata dopo l’accoglimento della domanda, comporta, su deferimento della Procura Federale, l’applicazione delle sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva. La società aspirante al titolo deve presentare domanda alla F.I.G.C., corredata della richiesta di affiliazione ai sensi dell’art. 15 delle presenti norme, entro due giorni dalla pubblicazione del provvedimento di non ammissione al Campionato professionistico dell’altra società, e nei successivi cinque giorni deve depositare: 1) la documentazione attestante la sussistenza dei requisiti economici, patrimoniali e finanziari richiesti per la partecipazione al campionato professionistico di competenza accompagnata da idonee garanzie di continuità aziendale; 2) la documentazione comprovante l’effettuazione degli adempimenti richiesti dalla competente Lega per l’iscrizione al campionato e l’avvenuto pagamento di una tassa straordinaria di iscrizione, destinata al Fondo di Garanzia per Calciatori ed Allenatori di calcio, la cui misura è determinata tenuto conto della categoria di appartenenza della nuova società e del bacino di utenza interessato, da un’apposita commissione nominata dal Consiglio Federale e formata da un rappresentante della federazione, un rappresentante della lega di competenza ed un rappresentante designato di comune accordo dalle componenti tecniche. La commissione decide all’unanimità; 3) la dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società, di impegno a corrispondere al Fondo di Garanzia per Calciatori ed Allenatori di calcio, tutte le somme che tale ente fosse tenuto ad erogare ai tesserati della società non ammessa al campionato di competenza, corredata da idonee garanzie per tale adempimento; 4) la dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società, contenente l’impegno della stessa a garantire con fideiussione bancaria a prima richiesta le obbligazioni, relative alla stagione sportiva corrente, derivanti dai contratti con i tesserati e dalle operazioni di acquisizione di calciatori. Il deposito della fideiussione è condizione per il rilascio del visto di esecutività dei contratti. In caso di pluralità di società aspiranti all’attribuzione del titolo sportivo, la commissione di cui al precedente punto 2 procederà alla scelta del soggetto ritenuto più meritevole sulla base di una valutazione comparativa che tenga conto dell’affidabilità della compagine sociale, delle garanzie di continuità aziendale offerte e della solidità organizzativa e finanziaria. La commissione decide all’unanimità. Il Consiglio Federale o, su delega dello stesso, il Presidente Federale, d’intesa con i Vicepresidenti ed i Presidenti delle componenti federali, esaminata la domanda e la documentazione prodotta, previo parere favorevole della Co.Vi.So.C. e della Lega competente, sentito il sindaco della città interessata, decide sulla istanza di attribuzione del titolo sportivo e sulla conseguente ammissione al campionato. In caso di mancata attribuzione di detto titolo sportivo, la tassa straordinaria di cui al precedente punto 2 è restituita all’avente diritto. Ai fini della presente disposizione, la anzianità sportiva della società neo affiliata decorrerà dalla data della sua affiliazione. Le società non ammesse ai Campionati di Serie A, B o C1 potranno iscriversi al Campionato di Terza Categoria – L.N.D.. 7. In caso di non ammissione al Campionato di Serie C2, per mancato rispetto dei criteri economico – finanziari, la F.I.G.C., sentito il Sindaco della città interessata, può attribuire il titolo sportivo di Eccellenza ad altra società avente sede nella stessa città della società non ammessa. Alla nuova società non possono partecipare, neppure per interposta persona, né possono assumervi cariche, soggetti che, nella società non ammessa, abbiano ricoperto cariche sociali ovvero detenuto partecipazioni dirette e/o indirette superiori al 2% del capitale totale o comunque tali da determinarne il controllo gestionale, né soggetti che siano legati da vincoli di parentela o affinità entro il quarto grado con gli stessi. L’inosservanza di tale divieto, se accertata prima della decisione sull’istanza di attribuzione del titolo sportivo, comporta il non accoglimento della stessa o, se accertata dopo l’accoglimento della domanda, comporta, su deferimento della Procura Federale, l’applicazione delle sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva. A tal fine, la società aspirante al titolo deve presentare domanda alla F.I.G.C., corredata della richiesta di affiliazione ai sensi dell’art. 15 delle presenti norme, entro due giorni dalla pubblicazione del provvedimento di non ammissione al campionato di Serie C2 dell’altra società, e nei successivi cinque giorni deve depositare: 1. la documentazione comprovante l’effettuazione degli adempimenti richiesti dal Comitato Regionale L.N.D. per l’iscrizione al Campionato; 2. la dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società, di impegno a corrispondere, al Fondo di Garanzia per Calciatori ed Allenatori di calcio, tutte le somme che tale ente fosse tenuto ad erogare ai tesserati della società non ammessa al campionato di competenza, corredata da idonee garanzie per tale adempimento. Il Consiglio Federale o, su delega dello stesso, il Presidente Federale, d’intesa con i Vicepresidenti ed il Presidente della L.N.D., sentito il Sindaco della città interessata, decide sulla istanza di attribuzione del titolo sportivo di Eccellenza e sulla conseguente ammissione al Campionato. In caso di pluralità di società aspiranti all’attribuzione del titolo sportivo, si procederà alla scelta del soggetto ritenuto più meritevole sulla base di una valutazione comparativa che tenga conto dell’affidabilità della compagine sociale. La anzianità sportiva della società neo affiliata decorrerà dalla data della sua affiliazione. La società non ammessa al Campionato di Serie C2 potrà iscriversi al Campionato di Terza Categoria – L.N.D.”.
Massima: La ratio del “Lodo Petrucci”, dunque, è quella di consentire ad importanti realtà cittadine, le quali hanno potuto vantare squadre di calcio nei campionati professionistici, di mantenere nell’ambito dei quadri professionistici, nuove squadre di calcio. La finalità, dunque, è quella di favorire l’iscrizione ai campionati di calcio professionistici, di nuove realtà calcistiche, capaci di mantenere e continuare la tradizione, soprattutto nelle grandi città.
Massima: I punti 2 e 3 del c.d. “Lodo Petrucci”, sembrano contenere una vera e propria duplicazione, ove da un lato (cfr. punto 3) si richiede la dichiarazione di impegno a corrispondere tutte le somme dovute al Fondo di garanzia, e dall’altro, invece, si impone, per poter accedere al Lodo ed ed ottenere l’iscrizione ai campionati professionistici, di pagare una tassa straordinaria di iscrizione, dovuta al Fondo di Garanzia. In ogni caso, la ratio del combinato disposto degli articoli di cui sopra, vuole essere un rafforzativo per garantire a calciatori ed allenatori, il rispetto economico dei contratti. Questa garanzia è soddisfatta dalla società, anche in considerazione del depositato, con la domanda di iscrizione, di una fideiussione, a garanzia degli adempimenti per il nuovo campionato di appartenenza, nella stagione 2004 – 05.
Massima: L’introduzione del Regolamento Iscrizione ai Campionati ha riaffermato quanto codificato dalle disposizioni statutarie della FIGC e del CONI, che affidano invero alla Camera, in modo analogo a quanto avviene a livello internazionale per il TAS rispetto alle federazioni sportive internazionali, la competenza a ius dicere, su istanza della parte interessata, nelle “controversie che contrappongono una Federazione Sportiva Nazionale ... a soggetti affiliati, tesserati o licenziati”, a condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale. Il ricorso alla giustizia arbitrale offerto dalla Camera ha la funzione di norma di chiusura dell’ordinamento sportivo italiano, di talché garantisce alla comunità sportiva nazionale, in particolare attraverso il ricorso alle “norme di diritto e [al]le norme e [a]gli usi dell’ordinamento sportivo nazionale e internazionale” (art. 12, ultimo comma dello Statuto CONI), la possibilità di ottenere l’esame e l’eventuale pronuncia su qualsiasi controversia insorta ed esauritasi in ambito federale anche sulla base di principi non espressamente enunciati negli ordinamenti federali stessi. In forza di quanto sopra ed alla luce del parere reso dalla Corte Federale nel C.U.N.16/Cf del 16.04.2004 (col quale viene ribadito in seno alla F.I.G.C. di “…esaurire i rimedi previsti dall’ordinamento sportivo. Infatti, l’art.27 dello statuto federale espressamente prevede l’obbligatorietà …omissis (del) rimedio definitivo dell’arbitrato avanti alla camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, istituita presso il C.O.N.I.”), risulta chiaro che la F.I.G.C. e la Lega professionisti di serie C, ciascuno per quanto di sua competenza, nell’assicurare il regolare svolgimento dei campionati provvederanno a definirne l’organizzazione non prima di aver atteso la soluzione delle eventuali controversie dalle stesse demandate - espressamente per disposizioni statutarie e regolamentari – alla competenza della Camera.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 9 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione della U.S. Viterbese Calcio al Campionato di Serie C1, per la stagione calcistica 2004 – 2005 - www.figc.it
Parti: Società U.S. Viterbese Calcio 90 S.R.L. contro F.I.G.C.
Massima: Costituiscono condizioni per l’iscrizione ai Campionati professionistici della stagione sportiva 2004/2005: a) il rispetto dei criteri economico finanziari richiesti per il rilascio delle Licenze UEFA. Le società sono tenute al deposito presso la Co.Vi.So.C. del bilancio relativo all’ultimo esercizio e della relazione semestrale. Le società neo promosse in Serie A, le società di Serie B e di Serie C non hanno l’obbligo della certificazione dei bilanci; b) l’assenza di debiti nei confronti dell’Erario per i rapporti di cui alla successiva lettera c.a) scaduti al 30 giugno 2003; c) l’assenza di debiti scaduti al 30 aprile 2004: c.a) nei confronti di tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; c.b) nei confronti di enti previdenziali e del fondo di fine carriera, per quanto attiene al precedente punto c.a); […]”. Nella perdurante assenza, del requisito stabilito al punto 1 lett. c.b) del CU n. 167/A, la domanda di annullamento del provvedimento di non iscrizione al campionato non può che essere respinta e diventa irrilevante esaminare la questione relativa alla perentorietà o meno del termine del 6 luglio 2004 fissato per conseguire e/o dimostrare il possesso dei requisiti di ammissione al campionato. Allo stesso modo diventa superfluo affrontare la questione della dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, facendo comunque presente che l’univoca e condivisibile giurisprudenza citata dalla convenuta FIGC porta a escludere la violazione stessa. Peraltro l’art.7 della L.241/90 non è applicabile nei casi in cui è sufficentemente compiuta la disciplina del procedimento in cui è invocata la lesione della partecipazione procedimentale (argomenta ex art.13 legge 241/90). Comunque la tutela ex art.7 citato non è invocabile ricorrendo, in concreto,l’assenza di discrezionalità nel provvedimento di ammissione al campionato oltre che esigenze di celerità, e considerata la mancata prova da parte della società ricorrente sia dell’utilità della comunicazione (cd. prova di resistenza), in relazione all’ininfluenza della partecipazione sull’esito del procedimento federale in esame : in tutte queste ipotesi è pacifica in giurisprudenza l’esclusione della comunicazione dell’avvio del procedimento.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 9 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A di alcune società e ripescaggio dell’Empoli F.C. con iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A in sostituzione delle società illegittimamente ammesse - www.figc.it
Parti: Empoli Football Club SPA contro F.C. Parma SPA - F.I.G.C. – LNP + Altri.
Massima: Il regolamento in materia di rilascio delle licenze UEFA e di iscrizione ai campionati professionistici di calcio, cui fa riferimento l’art. 27 dello Statuto della F.I.G.C., pone due condizioni di ammissibilità: - la controversia deve essere relativa all’iscrizione ad un campionato di calcio professionistico; - la controversia deve basarsi sulla clausola compromissoria sottoscritta dalla società di calcio professionistico affiliata alla F.I.G.C. nella domanda di iscrizione al campionato nazionale di calcio
Massima: La società che risulta cessionaria del ramo di azienda sportivo di una società in amministrazione straordinaria, costituito da tutti i beni materiali ed immateriali necessari alla continuazione dell’attività, ivi compresi ovviamente il titolo sportivo ed i crediti/debiti afferenti i rapporti federali anche intersocietari, ai fini di ottenere l’iscrizione al prossimo campionato di calcio di serie A, deve dare dimostrazione di aver tempestivamente adempiuto a tutte le condizioni stabilite nell’allegato B del C.U. 30/4/2004 n. 162/A del Consiglio Federale della F.I.G.C. come recepito dalla L.N.P. con circolare 9/6/2004 n. 19, fra cui in particolare quella stabilita al punto 1 lett. d.a) e cioè l’assenza di debiti scaduti al 30/6/2004 nei confronti di altre società affiliate alla F.I.G.C., dandone tempestiva comunicazione entro il termine del 12/7/2004 alla Lega come da circolare n. 20/2004. Tra le due società è dunque da ritenere che sussista una totale immedesimazione soggettiva nel senso che la società che risulta cessionaria altro non è che la continuazione dell’altra società.
Massima: L’intervenuta ammissione della società al regime di amministrazione straordinaria di cui al decreto del Ministero delle Attività Produttive 23/4/2004 non è idonea a congelare ed a rendere inoperanti dette condizioni ed in particolare i debiti nei confronti delle altre società affiliate alla F.I.G.C. Al riguardo è sufficiente evidenziare che l’ammissione della società al regime di amministrazione straordinaria è intervenuta nell’ambito della legge n. 39/2004 ai sensi dell’art. 27, secondo comma, lett. b) del D.Lgs. 270/1999 che presuppone la continuazione dell’attività ordinaria ai fini della ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base di un programma di risanamento. Il che determina, nella fattispecie, la società che risulta cessionaria non può usufruire, in ambito federale, di alcuna agevolazione rispetto alla posizione della società in amministrazione, con il quale si immedesima, soprattutto per quanto concerne i debiti contratti con le altre società affiliate alla F.I.G.C., pena altrimenti il venir meno delle paritarie condizioni necessarie ed inderogabili per l’iscrizione al campionato professionistico di calcio della massima serie.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 9 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A di alcune società e ripescaggio dell’Empoli F.C. con iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A in sostituzione delle società illegittimamente ammesse - www.figc.it
Parti: Empoli Football Club SPA contro A.C. Chiedo Verona SRL - F.I.G.C. – LNP + Altri.
Massima: La definizione del condono tombale ex art. 9 L. 289/2002, rende definitiva la liquidazione dell’imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni ed agevolazioni indicate dal contribuente od all’applicabilità di esclusioni. L’art. 9/bis L. 289/02 in tema di definizione di ritardati od omessi versamenti, da parte sua, consente l’estinzione del pregresso debito tributario sulla base di una riduzione edittale del carico fiscale. L’art 15 L. 289/02 relativa alla definizione delle c.d. liti potenziali di accertamento, comporta l’effetto di ridefinire forfettariamente e quindi, su minori basi imponibili, le annualità d’imposta già accertate dal Fisco L’adesione al condono, quindi, produce l’effetto giuridico di estinguere i debiti fiscali pregressi (scaduti al 30.06.2003 – termine di condizione per l’iscrizione al campionato), determinando, altresì una novazione dell’obbligazione tributaria che trae origine dallo stesso momento della domanda di condono , attesa la sua ricettività. In caso di carenza dei presupposti fiscali da condono essi dovranno essere contestati e provati unicamente dal Fisco e troveranno la loro definizione nell’ambito dell’esclusività del processo tributario.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 9 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A di alcune società e ripescaggio dell’Empoli F.C. con iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A in sostituzione delle società illegittimamente ammesse - www.figc.it
Parti: Empoli Football Club SPA contro S.S. Lazio SPA - F.I.G.C. – LNP + Altri.
Massima: “A quanto è dato sapere, in relazione al requisito dell’assenza di debiti nei confronti dell’Erario per i rapporti scaduti al 30/6/2003 relativi a tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo, il punto 1.5 dell’allegato B del C.U. 30/4/2004 n. 162/A come recepito dalla L.N.P. con circolare n. 19/2004 stabilisce che gli stessi debiti non rilevano allorquando siano stati fatti oggetto di accordi di dilazione o rateizzazione ovvero di contenzioso non temerario. Le istanze di condono fiscale, se da una parte addirittura conclamano la sussistenza di debiti nei confronti dell’Erario scaduti al 30/6/2003, dall’altra parte non sono idonee a sostituire e/o integrare quegli accordi di dilazione o di rateizzazione ammessi dal punto 1.5 dell’allegato B al C.U. 30/4/2004 n. 162/A. Infatti è agevole rilevare che mentre la mera istanza di condono fiscale lascia impregiudicata all’Erario la facoltà di verificarne ed eventualmente negarne i presupposti, ovvero di pronunciarne la decadenza d’ufficio con effetti automatici e retroattivi, in caso di inadempienza, con consequenziale immediata perdita del beneficio della rateizzazione, al contrario, gli accordi di dilazione o di rateizzazione intervenuti con lo stesso Erario presuppongono invece la già intervenuta positiva verifica dei requisiti di affidabilità economico-finanziaria delle società a tener fede nel tempo alle obbligazioni assunte con gli stessi accordi. Aggiungasi che, sempre ai fini dell’iscrizione al prossimo campionato di serie A, gli accordi di dilazione o di rateizzazione dovevano essere indefettibilmente accompagnati: a) dalla prova documentale dell’avvenuto integrale pagamento degli emolumenti dei tesserati maturati al 31/1/2004; b) da fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia del puntuale pagamento, entro il 31/12/2004, delle mensilità successive al 31/1/2004.
Massima: La definizione del condono tombale ex art. 9 L. 289/2002, rende definitiva la liquidazione dell’imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni ed agevolazioni indicate dal contribuente od all’applicabilità di esclusioni. L’art. 9/bis L. 289/02 in tema di definizione di ritardati od omessi versamenti, da parte sua, consente l’estinzione del pregresso debito tributario sulla base di una riduzione edittale del carico fiscale. L’art 15 L. 289/02 relativa alla definizione delle c.d. liti potenziali di accertamento, comporta l’effetto di ridefinire forfettariamente e quindi, su minori basi imponibili, le annualità d’imposta già accertate dal Fisco. L’adesione al condono, quindi, produce l’effetto giuridico di estinguere i debiti fiscali pregressi (scaduti al 30.06.2003 – termine di condizione per l’iscrizione al campionato), determinando, altresì una novazione dell’obbligazione tributaria che trae origine dallo stesso momento della domanda di condono , attesa la sua ricettività. In caso di carenza dei presupposti fiscali da condono essi dovranno essere contestati e provati unicamente dal Fisco e troveranno la loro definizione nell’ambito dell’esclusività del processo tributario.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 9 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A di alcune società e ripescaggio dell’Empoli F.C. con iscrizione al prossimo Campionato di Calcio di serie A in sostituzione delle società illegittimamente ammesse - www.figc.it
Parti: Empoli Football Club SpA contro F.C. Parma SpA - F.I.G.C. – LNP + altri
Massima: Il regolamento in materia di rilascio delle licenze UEFA e di iscrizione ai campionati professionistici di calcio, cui fa riferimento l’art. 27 dello Statuto della F.I.G.C., pone due condizioni di ammissibilità: - la controversia deve essere relativa all’iscrizione ad un campionato di calcio professionistico; - la controversia deve basarsi sulla clausola compromissoria sottoscritta dalla società di calcio professionistico affiliata alla F.I.G.C. nella domanda di iscrizione al campionato nazionale di calcio
Massima: La società che risulta cessionaria del ramo di azienda sportivo di una società in amministrazione straordinaria, costituito da tutti i beni materiali ed immateriali necessari alla continuazione dell’attività, ivi compresi ovviamente il titolo sportivo ed i crediti/debiti afferenti i rapporti federali anche intersocietari, ai fini di ottenere l’iscrizione al prossimo campionato di calcio di serie A, deve dare dimostrazione di aver tempestivamente adempiuto a tutte le condizioni stabilite nell’allegato B del C.U. 30/4/2004 n. 162/A del Consiglio Federale della F.I.G.C. come recepito dalla L.N.P. con circolare 9/6/2004 n. 19, fra cui in particolare quella stabilita al punto 1 lett. d.a) e cioè l’assenza di debiti scaduti al 30/6/2004 nei confronti di altre società affiliate alla F.I.G.C., dandone tempestiva comunicazione entro il termine del 12/7/2004 alla Lega come da circolare n. 20/2004. Tra le due società è dunque da ritenere che sussista una totale immedesimazione soggettiva nel senso che la società che risulta cessionaria altro non è che la continuazione dell’altra società.
Massima: L’intervenuta ammissione della società al regime di amministrazione straordinaria di cui al decreto del Ministero delle Attività Produttive 23/4/2004 non è idonea a congelare ed a rendere inoperanti dette condizioni ed in particolare i debiti nei confronti delle altre società affiliate alla F.I.G.C. Al riguardo è sufficiente evidenziare che l’ammissione della società al regime di amministrazione straordinaria è intervenuta nell’ambito della legge n. 39/2004 ai sensi dell’art. 27, secondo comma, lett. b) del D.Lgs. 270/1999 che presuppone la continuazione dell’attività ordinaria ai fini della ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base di un programma di risanamento. Il che determina, nella fattispecie, la società che risulta cessionaria non può usufruire, in ambito federale, di alcuna agevolazione rispetto alla posizione della società in amministrazione, con il quale si immedesima, soprattutto per quanto concerne i debiti contratti con le altre società affiliate alla F.I.G.C., pena altrimenti il venir meno delle paritarie condizioni necessarie ed inderogabili per l’iscrizione al campionato professionistico di calcio della massima serie.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 7 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione del Calcio Como al Campionato di Serie C1, per la stagione calcistica 2004 – 2005.- www.figc.it
Parti: Calcio Como SPA contro F.I.G.C.
Massima: Le disposizioni relative all’iscrizione ai campionati di calcio professionistico per la stagione calcistica 2004 – 05 possono essere così rinvenute: - nel CU n. 162/A, il quale ha, tra l’altro, così stabilito: “1. Costituiscono condizioni per l’iscrizione ai campionati professionistici della stagione sportiva 2004 – 05: a) il rispetto dei criteri economici finanziari richiesti per il rilascio delle licenze UEFA, le società sono tenute al deposito presso la Covisoc del bilancio relativo all’ultimo esercizio e della relazione semestrale. Le società neo promosse in serie A, le società di serie B e di serie C non hanno l’obbligo di certificazione dei bilanci; b) l’assenza di debiti nei confronti dell’Erario per i rapporti di cui alla successiva lettera c.a) scaduti al 30 giugno 2003; c) l’assenza di debiti scaduti al 30 aprile 2004: c.a) nei confronti di tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; c.b) nei confronti di enti previdenziali e del fondo di fine carriera, per quanto attiene al precedente punto c.a.); d) l’assenza di debiti scaduti al 30 giugno 2004: d.a) nei confronti della F.I.G.C., delle Leghe, di società affiliate alla F.I.G.C.; d.b) derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali o internazionali (FIFA, UEFA, Federazioni Nazionali); e) il rispetto del rapporto PA di cui all’art. 85 del paragrafo IV delle NOIF, determinato sulla base di una situazione patrimoniale al 31 marzo 2004, nella misura minima di 0,10 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale ovvero nella misura minima di 0,08 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale per le società che non si sono avvalse della facoltà di cui all’art. 18 bis della legge 91/81 introdotto dalla l. n. 27/2003, nonché il rispetto del rapporto PD di cui all’art. 85, paragrafo V delle NOIF, determinato sulla base di una situazione patrimoniale al 31 marzo 2004, nella misura minima di 0,25 di unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. Per le società che si sono avvalse della facoltà prevista dall’art. 18 della legge 91/81, ai fini della determinazione del rapporto PA, il valore delle immobilizzazioni immateriali deve intendersi assunto con esclusione del valore della voce “oneri pluriennali da ammortizzare” di cui al citato articolo. Il termine per l’invio di tali rapporti verrà stabilito dal Consiglio federale; f) l’assenza della situazione prevista dall’art. 2447 del c.c. e, nell’ipotesi di cui all’art. 2446 del c.c. l’aver ottemperato agli adempimenti prescritti dalla medesima normativa”; (….). - nell’art. 85 par. IV delle NOIF, richiamato al punto e) della norma surriportata, il quale così dispone: “A. le società, entro quarantacinque giorni dalla fine di ciascun semestre dell’esercizio (31 dicembre, 30 giugno), devono far pervenire alla Covisoc il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile /attivo patrimoniale, calcolato ai sensi di quanto previsto alla successiva lettera D. B. Le società, nei termini previsti nei precedenti paragrafi I e II lettera A,devono far pervenire alla Covisoc, unitamente al bilancio di esercizio e alla semestrale, il prospetto PA con l’indicazione del patrimonio netto contabile /attivo patrimoniale riferito alla data di chiusura dell’esercizio o del semestre, calcolato sulla base delle risultanze del bilancio e della relazione semestrale approvati; C. Nel solo caso in cui, per motivi eccezionali, il bilancio non sia stato ancora approvato nel termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, il prospetto riferito a tale data dovrà essere redatto sulla base delle risultanze del progetto di bilancio, ovvero sulla base di una situazione economica e patrimoniale alla data della chiusura dell’esercizio redatta dagli amministratori con i medesimi criteri previsti per la redazione del bilancio. In tal caso, le società devono far pervenire alla Covisoc (a) il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale redatto sulla base delle risultanze del progetto di bilancio o della situazione economica e patrimoniale, entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, (b) il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale redatto sulla base delle risultanze del bilancio approvato, entro 15 giorni dalla data di approvazione da parte dell’organo competente. D. Per la determinazione del rapporto “patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale”, il patrimonio netto contabile è quello che risulta dalle scritture contabili alla voce patrimonio netto, compresi i finanziamenti dei soci postergati e detratti i crediti verso soci. L’attivo patrimoniale è dato dalla somma delle voci immobilizzazioni, attivo circolante e ratei e risconti, risultanti dalla contabilità. La misura minima del parametro di riferimento è stabilita dal Consiglio Federale su proposta della Covisoc. - nell’art. 85 par. V delle NOIF, pure richiamato al punto (e) del CU n. 162/A, il quale prevede che: “A. Nel prospetto PA le società devono evidenziare un distinto “prospetto PD” riferito al solo attivo patrimoniale costituito dai beni immateriali relativi ai diritti alle prestazioni dei calciatori, con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori, calcolato ai sensi di quanto previsto alla successiva lettera B. B. Per la determinazione del rapporto patrimonio netto contabile / diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori, fermo restando che il patrimonio netto contabile è quello che risulta dalle scritture contabili alla voce patrimonio netto, compresi i finanziamenti dei soci postergati e detratti i crediti verso soci, per diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori si intendono quelli iscritti sotto tale voce nella contabilità sociale. C. La misura minima del parametro di riferimento è stabilita dal Consiglio Federale su proposta della Covisoc”. - nel CU n. 167/A, con il quale la FIGC ha fissato i termini per la messa in opera e la verifica degli adempimenti a carico delle società in ordine all’ammissione ai campionati, prevedendo, nella parte I, che: “A. Per essere iscritte ai Campionati di competenza le società devono: a) aver presentato la domanda alla Lega di competenza entro il termine del 30 giugno 2004; b) rispettare le norme e le prescrizioni per l’ammissione ai campionati professionistici stagione sportiva 2004-05 contenute nell’allegato B) al C.U. n. 162/A del 30 aprile 2004, con le seguenti ulteriori precisazioni: b.1) con riferimento al comma 1 lett. Ca) del suddetto allegato B), per lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo devono intendersi coloro che abbiano contratti depositati e ratificati dalle competenti Leghe; A.1. L’eventuale carenza dei parametri di cui al comma 1) lett. E) dell’allegato B) al citato C.U. n. 162/a del 30 aprile 2004, riferita al 31 marzo 2004, verrà contestata dalla Covisoc entro il 4 giugno 2004 e potrà essere ripianata ai fini del raggiungimento delle misure minime dei parametri indicati nel medesimo allegato, esclusivamente mediante: a) finanziamenti postergati ed infruttiferi dei soci da effettuarsi entro il 12 luglio 2004; b) incremento dei propri mezzi da effettuarsi: b1) con versamento in conto futuro aumento capitale irreversibile entro il 12 luglio 2004; b2) nella forma dell’aumento di capitale sociale da deliberarsi entro il 9 luglio 2004. L’eventuale differimento non potrà eccedere il 31 dicembre 2004 ed il relativo adempimento dovrà essere garantito da fideiussione bancaria o assicurativa da depositarsi entro il 12 luglio 2004…..(….)”. Ed ancora, i requisiti per l’ammissione delle squadre professionistiche ai campionati per la stagione sportiva 2004-2005, ai sensi del Comunicato Ufficiale 167/A del 30 aprile 2004, sono i seguenti (cfr. pag. 8 e ss. del presente lodo): a) la presentazione della relativa domanda alla Lega di competenza entro il termine del 30 giugno 2004; b) il rispetto dei criteri economico finanziari richiesti per il rilascio delle Licenze UEFA. c) l’assenza di debiti nei confronti dell’Erario scaduti al 30 giugno 2003 per i rapporti di cui alla successiva lettera d punto a); d) l’assenza di debiti scaduti al 30 aprile 2004: a. nei confronti di tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; b. nei confronti di enti previdenziali e del fondo di fine carriera, per quanto attiene al precedente punto a); e) l’assenza di debiti scaduti al 30 giugno 2004: a. nei confronti della F.I.G.C., delle Leghe, di società affiliate alla F.I.G.C.; b. derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali o internazionali (FIFA, UEFA, Federazioni Nazionali); f) l’assenza della situazione prevista dall’art. 2447 c.c. e, nell’ipotesi di cui all’art. 2446 c.c., l’aver ottemperato agli adempimenti prescritti dalla medesima norma.
Massima: Il termine del 6 luglio 2004 fissato per la regolarizzazione degli adempimenti economici da parte delle società, non ha natura perentoria Sulla materia della perentorietà o meno dei termini, per l’iscrizione delle società sportive ai campionati calcistici, in data 1 agosto 2002, si era già espressa la Corte Federale, rendendo una sorte di c.d. <<interpretazione autentica>> delle espressioni usate nei comunicati ufficiali. Il parere richiesto riguardava: “La Corte Federale in relazione alla nota del Presidente Federale, con la quale si chiede il parere della Corte circa la perentorietà o meno dei termini indicati nel Comunicato Ufficiale n. 29/A, pubblicato il 14 maggio 2002, per la presentazione delle domande di ripescaggio e della relativa documentazione, ai fini dell’ammissione ai campionati di serie C1 e C2, (….). Il problema sottoposto all’esame della Corte, intanto è prospettabile, in quanto le disposizioni contenute nel suindicato comunicato ufficiale non qualificano espressamente come perentorio il termine del 16 luglio 2002 previsto per la presentazione delle domande”. Si legge, nel predetto comunicato ufficiale che “tuttavia la Corte ritiene che, sia per la dizione letterale adoperata nel comunicato (entro e non oltre il termine del 16 luglio 2002) sia, soprattutto, per la ratio che presiede alla previsione di tale termine, quest’ultimo non può che considerarsi perentorio”. I comunicati ufficiali 162/a e 167/a della FIGC non contengono espressione precise ed inequivoche, come richiesto dall’interpretazione della Corte Federale nel comunicato ufficiale del 1 agosto 2002. L’unico termine che, ai sensi dell’interpretazione della Corte Federale di cui sopra, può considerarsi perentorio, riguarda la proposizione del ricorso alla CoAvisoc. Ed infatti, si legge nel comunicato che “Le società che sono risultate non in possesso dei requisiti per l’ammissione ai campionati possono presentare ricorso alla FIGC – CoAvisoc entro il termine perentorio del 22 luglio 2004, alle ore 19,00 (…..)”. Ma non solo, anche la normativa civilistica, sintetizzata dall’art. 152 del c.p.c. è molto precisa al riguardo, precisando che “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che la legge stessa li definisca espressamente perentori” (principio generale applicabile anche ai giudizi amministrativi, come stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 175 del 1999. Principio che, pertanto, andrà applicato anche nella valutazione dell’operato della Covisoc e della CoAvisoc, nei rispettivi giudizi amministrativi di primo grado e di fase di reclamo). Infatti, la disposizione di cui all’art. 152 del c.p.c., introduce nell’ordinamento un principio generale di presunzione del carattere ordinatorio dei termini. Dunque, affinché possa qualificarsi un termine come perentorio, è necessario che la formulazione letterale sia chiara ed univoca, senza lasciare margini di discrezionalità interpretativa. Nei comunicati ufficiali su cui si non si parla espressamente di termini perentori, eccezion fatta per il termine del 22 luglio 2004, ossia per la presentazione dell’eventuale reclamo alla CoAvisoc. Inoltre, da una lettura della circolare del 3 maggio 2004, si potrà evincere che il termine del 6 luglio 2004 non recava alcuna indicazione di perentorietà, con la semplice indicazione “entro”. Come già detto sopra, il comunicato della Corte Federale del 1 agosto 2002, è molto preciso, e stabilisce che i termini perentori debbano essere esplicitati con espressioni in equivoche, come del tipo “entro e non oltre (…)”.
Massima: Anche nell’ipotesi in cui si volesse considerare come perentorio, il termine del 6 luglio 2004, per l’adempimento ed il saldo dei debiti scaduti, nei confronti dei tesserati, il mancato rispetto del termine non può essere imputato alla società quale prima del 6/luglio, e precisamente il 3 e 4 luglio, (e dopo reiterate precedenti sollecitazioni telefoniche) aveva inviato a tre dei tesserati/creditori un telegramma postale di convocazione presso la sede per l’effettuazione del pagamento”. Sulla materia, anche la giurisprudenza civile ha affermato che “la sanzione di inammissibilità dell’impugnazione prevista dall’art. 331 del c.p.c. per l’ipotesi di mancata integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal Giudice può escludersi solo se la parte interessata non sia stata in grado di rispettare il termine a causa di fatti ad essa non imputabili né per dolo, né per colpa, di cui fornisca la prova” (cfr. la sentenza n. 7658 del 1995 della Corte di Cassazione). Ed ancora la sentenza n. 11626 del 1992 della Corte di Cassazione, stabilisce che “l’improrogabilità del termine perentorio assegnato dal giudice a norma dell’art 331 del c.p.c. per l’integrazione del contraddittorio nel giudizio di impugnazione di cause inscindibili, non esclude, con riguardo alla notificazione dell’atto integrativo a norma dell’art. 150 del c.p.c. che possa riconoscersi rilevanza ad una situazione di forza maggiore certa ed obiettiva, che abbia impedito alla parte l’osservanza del termine stesso, atteso che la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione prevista dalla legge per la sua inosservanza, essendo rivolta a colpire comportamenti processuali volontari o colpevoli per incuria o negligenza, imputabili al soggetto avente il detto onere, non può tradursi in danno alla parte che non sia stata in grado di rispettare il termine fissato dal giudice per fatti ad essa non imputabili né per dolo né per colpa, sempreché la parte interessata fornisca la prova della ricorrenza delle situazioni che le abbiano impedito di portare a termine le formalità alla notifica”. In buona sostanza, le importanti massime giurisprudenziali sopra riportate, precisano che la scadenza del termine perentorio, per causa non imputabile, non può avere l’effetto di impedire alla parte interessata il compimento dell’azione. Causa non imputabile che dovrà, chiaramente, essere dimostrata dal soggetto interessato ad invocare l’inoperatività del termine perentorio scaduto.
Massima: In presenza di tutti i presupposti previsti dalla normativa, il deposito da parte della società delle quietanze liberatorie dei calciatori e degli assegni circolari intestati ad altri calciatori, anche in assenza delle relative quietanze consentono l’iscrizione al campionato professionistico. La dottrina giuridica precisa che “mentre la cambiale costituisce uno strumento di credito e mira, di regola, a dilazionare un adempimento, l’assegno è uno strumento di pagamento e mira, pertanto, a procurare al portatore l’immediata disponibilità di una somma di danaro”. La società, pertanto, con la produzione in giudizio degli assegni circolari intestati ai calciatori, da prova di aver adempiuto alla propria obbligazione, in quanto, come già detto, l’assegno è considerato quale uno strumento di pagamento. Addirittura, nel caso di specie, trattandosi di assegni circolari, dobbiamo rilevare che la struttura stessa dell’assegno circolare è <<garanzia di adempimento>>. La struttura dell’assegno circolare, infatti, consiste nell’impegno incondizionato della banca di pagare a vista l’importo per cui il titolo è emesso, o all’intestatario dell’assegno, oppure, eventualmente, ad un giratario. La firma della banca, inoltre, esclude, di regola, qualsivoglia rischio di mancato adempimento da parte dell’emittente. Tale ricostruzione, peraltro, è stata avallata anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. la sentenza n. 1351 del 10.02.1998, pubblicata in Foto Italiano, 1998, 341 ss), che stabilisce che “La consegna di assegni circolari, pur non equivalendo a pagamento a mezzo di somme di denaro, estingue l’obbligazione di pagamento quando il rifiuto del creditore appare contrario alle regole della correttezza (….)”. Nel dettaglio, la sentenza citata afferma che: “Quanto al fatto che il pagamento sia avvenuto mediante l’invio di assegni circolari e non in danaro contante, preliminarmente, occorre mettere in evidenza i seguenti elementi che caratterizzano l’emissione dell’assegno circolare: a) questa può avvenire solo da parte di una banca a ciò autorizzata, la quale a sua volta deve avere presso la Banca d’Italia un deposito cauzionale a garanzia di tutti gli assegni che emette (art. 82 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736 e art. 49 d. lgs. 1 settembre 1993 n. 385); b) essa è limitata a somme che siano disponibili presso la banca emittente a credito di chi ha fatto richiesta di emissione degli assegni ed obbliga la banca promettente al pagamento nelle mani del possessore (art. 82 citato). In ragione di queste caratteristiche gli assegni circolari assicurano al legittimo portatore la sicurezza di conseguire la somma di danaro in essi indicata. E’ pur vero che gli assegni circolari, mantenendo la natura di titoli di credito, non sono essi stessi danaro e neppure possono svolgere la stessa funzione svolta dal danaro. Tuttavia, la facilità della loro circolazione e la sicurezza che tendenzialmente presentano possono rendere illegittimo il loro rifiuto da parte del creditore se si tratta di rifiuto contrario alla buona fede. S’intende a dire che, se il creditore non ha ragione di dubitare della regolarità e dell’autenticità dei titoli e non ha un apprezzabile interesse a ricevere il danaro anziché titoli, la consegna di assegni circolari estingue l’obbligazione di pagamento sia pure con l’implicita clausola del buon fine dell’assegno”. Ed ancora più significativamente, prosegue la sentenza citata precisando che “Né vale obiettare che tali titoli comportano che il portatore di recarsi presso la banca per riscuotere il danaro, mentre il creditore, di regola, ha diritto di ricevere la prestazione al suo domicilio”. In conclusione, la sentenza della Cassazione stabilisce che “Si può, quindi, ritenere che la consegna di assegni circolari, pur non equivalendo a pagamento a mezzo di somme di danaro, estingue l’obbligazione di pagamento quando il rifiuto del creditore appare contrario alle regole della correttezza, che impongono allo stesso creditore l’obbligo di prestare la sua collaborazione nell’adempimento dell’obbligazione: art. 1175 c.c.”. Pertanto, la mancanza delle liberatorie dei calciatori, non può assolutamente mettere in discussione l’effettivo adempimento dei debiti neri confronti dei suddetti tesserati.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 9 agosto 2004– www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione dell’Ancona Calcio spa al Campionato di Serie B, per la stagione calcistica 2004 – 2005 - www.figc.it
Parti: Società Sportiva Ancona S.P.A. contro F.I.G.C.
Massima: Le disposizioni relative all’iscrizione ai campionati di calcio professionistico per la stagione calcistica 2004-2005 possono invero essere rinvenute: - nel CU n. 162/A, il quale ha, tra l’altro, così stabilito: “1. Costituiscono condizioni per l’iscrizione ai Campionati professionistici della stagione sportiva 2004/2005: a) il rispetto dei criteri economico finanziari richiesti per il rilascio delle Licenze UEFA. Le società sono tenute al deposito presso la Co.Vi.So.C. del bilancio relativo all’ultimo esercizio e della relazione semestrale. Le società neo promosse in Serie A, le società di Serie B e di Serie C non hanno l’obbligo della certificazione dei bilanci; b) l’assenza di debiti nei confronti dell’Erario per i rapporti di cui alla successiva lettera c.a) scaduti al 30 giugno 2003; c) l’assenza di debiti scaduti al 30 aprile 2004: c.a) nei confronti di tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; c.b) nei confronti di enti previdenziali e del fondo di fine carriera, per quanto attiene al precedente punto c.a); d) l’assenza di debiti scaduti al 30.6.2004: d.a) nei confronti della F.I.G.C., delle Leghe, di società affiliate alla F.I.G.C.; d.b) derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali o internazionali (FIFA, UEFA, Federazioni Nazionali); e) il rispetto del rapporto PA di cui all’art. 85, paragrafo IV delle NOIF, determinato sulla base di una situazione patrimoniale al 31 marzo 2004, nella misura minima di 0,10 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale ovvero nella misura minima di 0,08 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale per le società che non si sono avvalse della facoltà di cui all’art. 18 bis della legge 91/81 introdotto dalla legge n. 27/2003, nonché il rispetto del rapporto PD Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport di cui all’art. 85, paragrafo V delle NOIF, determinato sulla base di una situazione patrimoniale al 31 marzo 2004, nella misura minima di 0,25 di unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. Per le società che si sono avvalse della facoltà prevista dall’art. 18 bis della legge 91/81, ai fini della determinazione del rapporto PA, il valore delle immobilizzazioni immateriali deve intendersi assunto con esclusione del valore della voce “oneri pluriennali da ammortizzare” di cui al citato articolo. Il termine per l’invio di tali rapporti verrà stabilito dal Consiglio Federale; f) l’assenza della situazione prevista dall’art. 2447 c.c. e, nell’ipotesi di cui all’art. 2446 c.c., l’aver ottemperato agli adempimenti prescritti dalla medesima norma”; […] - nell’art. 85 par. IV delle NOIF, richiamato al punto (e) della norma surriportata, il quale così dispone: “A. Le società, entro quarantacinque giorni dalla fine di ciascun semestre dell’esercizio (31 dicembre, 30 giugno), devono far pervenire alla Co.Vi.So.C. il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale, calcolato ai sensi di quanto previsto alla successiva lettera D. B. Le Società, nei termini previsti nei precedenti paragrafi I e II lettera A, devono far pervenire alla Co.Vi.So.C., unitamente al bilancio di esercizio e alla semestrale, il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale riferito alla data di chiusura dell’esercizio o del semestre, calcolato sulla base delle risultanze del bilancio e della relazione semestrale approvati. Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport C. Nel solo caso in cui, per motivi eccezionali, il bilancio non sia ancora stato approvato nel termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, il prospetto riferito a tale data dovrà essere redatto sulla base delle risultanze del progetto di bilancio, ovvero sulla base di una situazione economica e patrimoniale alla data della chiusura dell’esercizio redatta dagli amministratori con i medesimi criteri previsti per la redazione del bilancio. In tal caso, le società devono far pervenire alla Co.Vi.So.C. (a) il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale redatto sulla base delle risultanze del progetto di bilancio o della situazione economica e patrimoniale, entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, (b) il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale redatto sulla base delle risultanze del bilancio approvato, entro 15 giorni dalla data di approvazione da parte dell’organo competente. D. Per la determinazione del rapporto “patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale”, il patrimonio netto contabile è quello che risulta dalle scritture contabili alla voce patrimonio netto, compresi i finanziamenti dei soci postergati e detratti i crediti verso soci. L’attivo patrimoniale è dato dalla somma delle voci immobilizzazioni, attivo circolante e ratei e risconti, risultanti dalla contabilità. La misura minima del parametro di riferimento è stabilita dal Consiglio Federale su proposta della Co.Vi.So.C”; - nell’art. 85 par. V delle NOIF, pure richiamato al punto (e) del CU n. 162/A, il quale prevede che: “A. Nel ‘Prospetto PA’, le società devono evidenziare un distinto ‘prospetto PD’ riferito al solo attivo patrimoniale costituito dai beni immateriali Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport relativi ai diritti alle prestazioni dei calciatori, con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori, calcolato ai sensi di quanto previsto alla successiva lettera B. B. Per la determinazione del rapporto ‘patrimonio netto contabile / diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori, fermo restando che il patrimonio netto contabile è quello che risulta dalle scritture contabili alla voce patrimonio netto, compresi i finanziamenti dei soci postergati e detratti i crediti verso soci, per diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori si intendono quelli iscritti sotto tale voce nella contabilità sociale. C. La misura minima del parametro di riferimento è stabilita dal Consiglio Federale su proposta della Co.Vi.So.C”; - nel CU n.167/A, con il quale la FIGC ha fissato i termini per la messa in opera e la verifica degli adempimenti a carico delle società in ordine all’ammissione ai campionati, prevedendo, nella parte I, che: “A) Per essere iscritte ai Campionati di competenza le Società devono: a) aver presentato la domanda alla Lega di competenza entro il termine del 30 giugno 2004; b) rispettare le norme e le prescrizioni per l’ammissione ai campionati professionistici stagione sportiva 2004/2005 contenute nell’allegato B) al C.U. n. 162/A del 30.04.2004, con le seguenti ulteriori precisazioni: b1) con riferimento al comma, 1 lett. ca) del suddetto allegato B), per lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo devono intendersi coloro che abbiano contratti depositati e ratificati dalle competenti Leghe. A1) L’eventuale carenza dei parametri di cui al comma 1) lett. e) dell’allegato B) al citato C.U. n. 162/A del 30.04.2004, riferita al 31.03.2004, verrà Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport contestata dalla CO.VI.SO.C. entro il 4.06.2004 e potrà essere ripianata ai fini del raggiungimento delle misure minime dei parametri indicati nel medesimo allegato, esclusivamente mediante: a) finanziamenti postergati ed infruttiferi dei soci da effettuarsi entro il 12.07.2004 …; b) incremento dei mezzi propri da effettuarsi: b1) con versamento in conto futuro aumento capitale irreversibile entro il 12.07.2004; b2) nella forma dell’aumento di capitale sociale da deliberarsi entro il 9.07.2004. L’eventuale differimento dei versamenti non potrà eccedere il 31/12/2004 ed il relativo adempimento dovrà essere garantito da fideiussione bancaria o assicurativa da depositarsi entro il 12.07.2004 … . […]”.
Massima: E’ compromettibile in arbitrato innanzi alla Camera di conciliazione la controversia dedotta che vede contrapposta una società di calcio professionistico ad una Federazione sportiva (la FIGC) in relazione al diniego da parte della seconda all’iscrizione della prima ad un campionato di calcio, conseguente alla verifica della insussistenza dei requisiti stabiliti dalla normativa federale per la iscrizione al campionato. Da tempo, si riconosce la compromettibilità in arbitrato delle controversie relative all’attività di diritto privato della pubblica amministrazione di naturale spettanza dell’autorità giudiziaria ordinaria. Più di recente, la legge n. 205/2000 ha esplicitamente affermato la possibilità di risolvere in arbitrato rituale di diritto anche le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 6 comma 2). Dalle norme che facoltizzano la negoziazione del potere amministrativo attraverso la stipula di accordi procedimentali (art. 11 e 15, l. n. 241/1990) c’è poi chi addirittura trae la conclusione che anche l’interesse pubblico sia disponibile: pertanto, persino le controversie che contrappongono questo agli interessi legittimi dei privati sarebbero passibili di compromesso arbitrale. Dunque, anche con riguardo alle controversie di cui sia parte una pubblica amministrazione, si registra una chiara tendenza alla progressiva estensione delle ipotesi in cui è ammesso il ricorso all’arbitrato. Tale tendenza deve essere affermata in modo ancora più netto per le controversie che contrappongono una Federazione sportiva nazionale a una società affiliata, per tre ordini di ragioni. In primo luogo, la Federazione costituisce un soggetto formalmente e sostanzialmente privato, non pubblico. Ciò risulta in modo inequivocabile dal decreto legislativo n. 242/1999, successivamente modificato e integrato dal d.lgs. n. 15/2004, secondo cui le Federazioni sportive nazionali sono persone giuridiche di diritto privato. Permane, è vero, una loro dimensione pubblicistica, ma questa si appunta esclusivamente su specifici segmenti dell’attività, la cui individuazione è rimessa allo Statuto del CONI. Anche a voler ammettere che le vicende controverse involgano lo svolgimento di uno dei profili a rilevanza pubblicistica dell’attività delle Federazioni sportive nazionali, il Collegio non ritiene che se ne possano trarre le conseguenze prima indicate in termini di qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive e di limiti alla deducibilità in arbitrato delle stesse. In questo ordine di idee si pone ora il nuovo art. 22 comma 2 dello Statuto del C.O.N.I. ove si afferma che “nell’esercizio delle attività a valenza pubblicistica, di cui al comma 1, le Federazioni sportive nazionali si conformano agli indirizzi e ai controlli del C.O.N.I. ed operano secondo principi di imparzialità e trasparenza”. Tuttavia, si chiarisce espressamente che “la valenza pubblicistica dell’attività non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse”. Ciò vale anche nel caso di specie, dove i poteri della Federazione di cui si discute nella presente controversia non sono certo riconducibili al paradigma tipico della discrezionalità amministrativa, ma si presentano in termini rigorosamente vincolati. È dunque opinione del Collegio che rispetto agli atti in questione, al ricorrere dei requisiti previsti, le società sportive abbiano un diritto soggettivo all’emanazione dell’atto (di iscrizione) positivo o negativo. In secondo luogo, le controversie in esame non involgono i rapporti tra soggetti giuridici reciprocamente estranei, l’uno, la Federazione, titolare di una situazione di potere, e gli altri, le società sportive, destinatarie passive del corretto esercizio di tale potere. La Federazione, infatti, è l’associazione (privata) di tali società, con la conseguenza che tra l’una e le altre si controverte semplicemente della corretta esecuzione del contratto associativo ed al godimento di diritti ad esso relativi e non in relazione all’irrogazione di una sanzione amministrativa. Di conseguenza, la valutazione della compromettibilità in arbitrato delle controversie deve essere svolta con categorie privatistiche, non pubblicistiche. Anche in questa diversa prospettiva è possibile rilevare un deciso favor dell’ordinamento per l’estensione del ricorso all’istituto arbitrale. Si pensi alla recente riforma del diritto societario, ove già la legge delega apriva la strada all’inserimento negli statuti di clausole compromissorie aventi anche ad oggetto questioni che non possono formare oggetto di transazione, in deroga agli art. 806 e 808 c.p.c. Quindi l’art. 3 del decreto legislativo n. 5/2003 ha espressamente previsto la deferibilità in arbitrato delle impugnative relative alle delibere assembleari e consiliari. In una logica non dissimile va dunque apprezzata l’ampia previsione contenuta negli statuti delle Federazioni sportive, sulla base della norma facoltizzante contenuta nell’art. 12 dello Statuto del CONI del 2000. L’art. 27 dello Statuto della FIGC, in particolare, consente la devoluzione in arbitrato di pressoché tutte le controversie tra la federazione e altro soggetto dell’ordinamento federale: nessun riferimento è fatto ad altri limiti derivanti dalla natura dei poteri esercitati o delle situazioni giuridiche soggettive azionate. In terzo luogo, solidi argomenti in favore della conferma della arbitrabilità della controversia derivano dalla configurazione particolarmente ampia che la clausola arbitrale riveste nell’ambito dell’ordinamento sportivo e della legislazione statale in materia di sport. Innanzi tutto, è bene ricordare che, nell’ambito dell’ordinamento sportivo internazionale, al quale deve necessariamente uniformarsi quello nazionale, da anni opera un Tribunale arbitrale dello sport, cui sono devolute, tra le altre, proprio alcune di quelle controversie, che, inquadrate nelle categorie giuridiche nazionali, sono espressione del potere pubblicistico delle federazioni (in primis le sanzioni in materia di doping). Ma, per venire alla legislazione statale in materia di sport, decisiva appare la l. 17 ottobre 2003 n. 280. La legge, innanzi tutto, introduce una speciale riserva in favore della giustizia endoassociativa per tutte le questioni rilevanti esclusivamente per l’ordinamento sportivo. La legge, inoltre, devolve la maggior parte delle controversie aventi ad oggetto atti del CONI o delle Federazioni sportive rilevanti per l’ordinamento statale alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Allo stesso tempo, però, la legge, come già ricordato, afferma espressamente che in ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del CONI e delle Federazioni sportive. L’ambito delle controversie compromettibili in arbitrato, dunque, appare in questo settore persino più ampio di quello previsto dall’art. 6 della legge n. 205 del 2000, travalicando la sfera dei diritti soggettivi e aprendo la strada anche all’arbitrato irrituale. Per tutte queste ragioni, il Collegio ritiene dunque di potersi validamente pronunciare su tutte le questioni attinenti direttamente o indirettamente alla iscrizione di una società sportiva ad un campionato di calcio professionistico.
Massima: La società non può essere ammessa al campionato professionistico di Serie B allorquando non rispetta le prescrizioni in materia espressamente contenute nel Comunicato Ufficiale. Le disposizioni del CU n. 167/A consentono la “ricapitalizzazione” della società richiedente l’iscrizione ad un campionato di calcio professionistico, al fine di sanare carenze patrimoniali e di soddisfare i requisiti stabiliti dal CU n. 162/A, “esclusivamente” mediante una serie di operazioni: o (i) mediante un finanziamento postergato ed infruttifero effettuato da parte dei soci entro il 12 luglio 2004; o (ii) mediante l’incremento dei mezzi propri, da realizzarsi con un versamento (entro il 12 luglio 2004) in conto futuro aumento capitale irreversibile, oppure nella forma dell’aumento di capitale sociale (da deliberarsi entro il 9 luglio 2004), con versamento immediato o, se differito, comunque entro il 31 dicembre 2004 e purché garantito da fideiussione bancaria o assicurativa da depositarsi entro il 12 luglio 2004. Non rientra in tale ipotesi il ripianamento avvenuto tramite un aumento di capitale (successivo all’abbattimento ed alla copertura delle perdite), sottoscritto e versato da un socio non contestualmente e in denaro, ma con il conferimento di un credito IVA, ed un finanziamento (postergato ed infruttifero) realizzato non con immediato pagamento in contante, ma tramite la cessione da parte di differente socio di altro credito. Dunque, con modalità diverse da quelle “esclusivamente” previste dal CU n. 167/A.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 7 agosto 2004 – www.coni.it
Decisione impugnata: Non ammissione del Varese al Campionato di Serie C2, per la stagione calcistica 2004 – 2005. - www.figc.it
Parti: Varese F.C. S.R.L. contro F.I.G.C.
Massima: Le disposizioni relative all’iscrizione ai campionati di calcio professionistico per la stagione calcistica 2004 – 05 possono essere così rinvenute: - nel CU n. 162/A, il quale ha, tra l’altro, così stabilito: “1. Costituiscono condizioni per l’iscrizione ai campionati professionistici della stagione sportiva 2004 – 05: a) il rispetto dei criteri economici finanziari richiesti per il rilascio delle licenze UEFA, le società sono tenute al deposito presso la Covisoc del bilancio relativo all’ultimo esercizio e della relazione semestrale. Le società neo promosse in serie A, le società di serie B e di serie C non hanno l’obbligo di certificazione dei bilanci; b) l’assenza di debiti nei confronti dell’Erario per i rapporti di cui alla successiva lettera c.a) scaduti al 30 giugno 2003; c) l’assenza di debiti scaduti al 30 aprile 2004: c.a) nei confronti di tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; c.b) nei confronti di enti previdenziali e del fondo di fine carriera, per quanto attiene al precedente punto c.a.); d) l’assenza di debiti scaduti al 30 giugno 2004: d.a) nei confronti della F.I.G.C., delle Leghe, di società affiliate alla F.I.G.C.; d.b) derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali o internazionali (FIFA, UEFA, Federazioni Nazionali); e) il rispetto del rapporto PA di cui all’art. 85 del paragrafo IV delle NOIF, determinato sulla base di una situazione patrimoniale al 31 marzo 2004, nella misura minima di 0,10 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale ovvero nella misura minima di 0,08 unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di attivo patrimoniale per le società che non si sono avvalse della facoltà di cui all’art. 18 bis della legge 91/81 introdotto dalla l. n. 27/2003, nonché il rispetto del rapporto PD di cui all’art. 85, paragrafo V delle NOIF, determinato sulla base di una situazione patrimoniale al 31 marzo 2004, nella misura minima di 0,25 di unità di patrimonio netto contabile per ogni unità di diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. Per le società che si sono avvalse della facoltà prevista dall’art. 18 della legge 91/81, ai fini della determinazione del rapporto PA, il valore delle immobilizzazioni immateriali deve intendersi assunto con esclusione del valore della voce “oneri pluriennali da ammortizzare” di cui al citato articolo. Il termine per l’invio di tali rapporti verrà stabilito dal Consiglio federale; f) l’assenza della situazione prevista dall’art. 2447 del c.c. e, nell’ipotesi di cui all’art. 2446 del c.c. l’aver ottemperato agli adempimenti prescritti dalla medesima normativa”; (….). - nell’art. 85 par. IV delle NOIF, richiamato al punto e) della norma surriportata, il quale così dispone: “A. le società, entro quarantacinque giorni dalla fine di ciascun semestre dell’esercizio (31 dicembre, 30 giugno), devono far pervenire alla Covisoc il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale, calcolato ai sensi di quanto previsto alla successiva lettera D. B. Le società, nei termini previsti nei precedenti paragrafi I e II lettera A, devono far pervenire alla Covisoc, unitamente al bilancio di esercizio e alla semestrale, il prospetto PA con l’indicazione del patrimonio netto contabile /attivo patrimoniale riferito alla data di chiusura dell’esercizio o del semestre, calcolato sulla base delle risultanze del bilancio e della relazione semestrale approvati; C. Nel solo caso in cui, per motivi eccezionali, il bilancio non sia stato ancora approvato nel termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, il prospetto riferito a tale data dovrà essere redatto sulla base delle risultanze del progetto di bilancio, ovvero sulla base di una situazione economica e patrimoniale alla data della chiusura dell’esercizio redatta dagli amministratori con i medesimi criteri previsti per la redazione del bilancio. In tal caso, le società devono far pervenire alla Covisoc (a) il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale redatto sulla base delle risultanze del progetto di bilancio o della situazione economica e patrimoniale, entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, (b) il prospetto PA con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale redatto sulla base delle risultanze del bilancio approvato, entro 15 giorni dalla data di approvazione da parte dell’organo competente. D. Per la determinazione del rapporto “patrimonio netto contabile / attivo patrimoniale”, il patrimonio netto contabile è quello che risulta dalle scritture contabili alla voce patrimonio netto, compresi i finanziamenti dei soci postergati e detratti i crediti verso soci. L’attivo patrimoniale è dato dalla somma delle voci immobilizzazioni, attivo circolante e ratei e risconti, risultanti dalla contabilità. La misura minima del parametro di riferimento è stabilita dal Consiglio Federale su proposta della Covisoc. - nell’art. 85 par. V delle NOIF, pure richiamato al punto (e) del CU n. 162/A, il quale prevede che: “A. Nel prospetto PA le società devono evidenziare un distinto “prospetto PD” riferito al solo attivo patrimoniale costituito dai beni immateriali relativi ai diritti alle prestazioni dei calciatori, con l’indicazione del rapporto patrimonio netto contabile / diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori, calcolato ai sensi di quanto previsto alla successiva lettera B. B. Per la determinazione del rapporto patrimonio netto contabile / diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori, fermo restando che il patrimonio netto contabile è quello che risulta dalle scritture contabili alla voce patrimonio netto, compresi i finanziamenti dei soci postergati e detratti i crediti verso soci, per diritti patrimoniali alle prestazioni dei calciatori si intendono quelli iscritti sotto tale voce nella contabilità sociale. C. La misura minima del parametro di riferimento è stabilita dal Consiglio Federale su proposta della Covisoc”. - nel CU n. 167/A, con il quale la FIGC ha fissato i termini per la messa in opera e la verifica degli adempimenti a carico delle società in ordine all’ammissione ai campionati, prevedendo, nella parte I, che: “A. Per essere iscritte ai Campionati di competenza le società devono: a) aver presentato la domanda alla Lega di competenza entro il termine del 30 giugno 2004; b) rispettare le norme e le prescrizioni per l’ammissione ai campionati professionistici stagione sportiva 2004-05 contenute nell’allegato B) al C.U. n. 162/A del 30 aprile 2004, con le seguenti ulteriori precisazioni: b.1) con riferimento al comma 1 lett. Ca) del suddetto allegato B), per lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo devono intendersi coloro che abbiano contratti depositati e ratificati dalle competenti Leghe; A.1. L’eventuale carenza dei parametri di cui al comma 1) lett. E) dell’allegato B) al citato C.U. n. 162/a del 30 aprile 2004, riferita al 31 marzo 2004, verrà contestata dalla Covisoc entro il 4 giugno 2004 e potrà essere ripianata ai fini del raggiungimento delle misure minime dei parametri indicati nel medesimo allegato, esclusivamente mediante: a) finanziamenti postergati ed infruttiferi dei soci da effettuarsi entro il 12 luglio 2004; b) incremento dei propri mezzi da effettuarsi: b1) con versamento in conto futuro aumento capitale irreversibile entro il 12 luglio 2004; b2) nella forma dell’aumento di capitale sociale da deliberarsi entro il 9 luglio 2004. L’eventuale differimento non potrà eccedere il 31 dicembre 2004 ed il relativo adempimento dovrà essere garantito da fideiussione bancaria o assicurativa da depositarsi entro il 12 luglio 2004…..(….)”. Ed ancora, i requisiti per l’ammissione delle squadre professionistiche ai campionati per la stagione sportiva 2004-2005, ai sensi del Comunicato Ufficiale 167/A del 30 aprile 2004, sono i seguenti (cfr. pag. 8 e ss. del presente lodo): a) la presentazione della relativa domanda alla Lega di competenza entro il termine del 30 giugno 2004; b) il rispetto dei criteri economico finanziari richiesti per il rilascio delle Licenze UEFA. c) l’assenza di debiti nei confronti dell’Erario scaduti al 30 giugno 2003 per i rapporti di cui alla successiva lettera d punto a); d) l’assenza di debiti scaduti al 30 aprile 2004: a. nei confronti di tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo; b. nei confronti di enti previdenziali e del fondo di fine carriera, per quanto attiene al precedente punto a); e) l’assenza di debiti scaduti al 30 giugno 2004: a. nei confronti della F.I.G.C., delle Leghe, di società affiliate alla F.I.G.C.; b. derivanti dal trasferimento di calciatori, nei confronti di altre società di calcio, giocatori o altri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni calcistiche nazionali o internazionali (FIFA, UEFA, Federazioni Nazionali); f) l’assenza della situazione prevista dall’art. 2447 c.c. e, nell’ipotesi di cui all’art. 2446 c.c., l’aver ottemperato agli adempimenti prescritti dalla medesima norma.
Massima: Il termine del 6 luglio 2004 fissato per la regolarizzazione degli adempimenti economici da parte delle società, non ha natura perentoria Sulla materia della perentorietà o meno dei termini, per l’iscrizione delle società sportive ai campionati calcistici, in data 1 agosto 2002, si era già espressa la Corte Federale, rendendo una sorte di c.d. <<interpretazione autentica>> delle espressioni usate nei comunicati ufficiali. Il parere richiesto riguardava: “La Corte Federale in relazione alla nota del Presidente Federale, con la quale si chiede il parere della Corte circa la perentorietà o meno dei termini indicati nel Comunicato Ufficiale n. 29/A, pubblicato il 14 maggio 2002, per la presentazione delle domande di ripescaggio e della relativa documentazione, ai fini dell’ammissione ai campionati di serie C1 e C2, (….). Il problema sottoposto all’esame della Corte, intanto è prospettabile, in quanto le disposizioni contenute nel suindicato comunicato ufficiale non qualificano espressamente come perentorio il termine del 16 luglio 2002 previsto per la presentazione delle domande”. Si legge, nel predetto comunicato ufficiale che “tuttavia la Corte ritiene che, sia per la dizione letterale adoperata nel comunicato (entro e non oltre il termine del 16 luglio 2002) sia, soprattutto, per la ratio che presiede alla previsione di tale termine, quest’ultimo non può che considerarsi perentorio”. I comunicati ufficiali 162/a e 167/a della FIGC non contengono espressione precise ed inequivoche, come richiesto dall’interpretazione della Corte Federale nel comunicato ufficiale del 1 agosto 2002. L’unico termine che, ai sensi dell’interpretazione della Corte Federale di cui sopra, può considerarsi perentorio, riguarda la proposizione del ricorso alla CoAvisoc. Ed infatti, si legge nel comunicato che “Le società che sono risultate non in possesso dei requisiti per l’ammissione ai campionati possono presentare ricorso alla FIGC – CoAvisoc entro il termine perentorio del 22 luglio 2004, alle ore 19,00 (…..)”. Ma non solo, anche la normativa civilistica, sintetizzata dall’art. 152 del c.p.c. è molto precisa al riguardo, precisando che “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che la legge stessa li definisca espressamente perentori” (principio generale applicabile anche ai giudizi amministrativi, come stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 175 del 1999. Principio che, pertanto, andrà applicato anche nella valutazione dell’operato della Covisoc e della CoAvisoc, nei rispettivi giudizi amministrativi di primo grado e di fase di reclamo). Infatti, la disposizione di cui all’art. 152 del c.p.c., introduce nell’ordinamento un principio generale di presunzione del carattere ordinatorio dei termini. Dunque, affinché possa qualificarsi un termine come perentorio, è necessario che la formulazione letterale sia chiara ed univoca, senza lasciare margini di discrezionalità interpretativa. Nei comunicati ufficiali su cui si non si parla espressamente di termini perentori, eccezion fatta per il termine del 22 luglio 2004, ossia per la presentazione dell’eventuale reclamo alla CoAvisoc. Inoltre, da una lettura della circolare del 3 maggio 2004, si potrà evincere che il termine del 6 luglio 2004 non recava alcuna indicazione di perentorietà, con la semplice indicazione “entro”. Come già detto sopra, il comunicato della Corte Federale del 1 agosto 2002, è molto preciso, e stabilisce che i termini perentori debbano essere esplicitati con espressioni in equivoche, come del tipo “entro e non oltre (…)”.
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 4/Cf del 4 Agosto 2004. n. 1 - www.figc.it
Impugnazione - istanza:Ricorso del F.C. Empoli, ex art. 32, commi 6 e 8, dello Statuto Federale, avverso la legittimità delle determinazioni del Consiglio Federale, di cui al com. uff. n. 167/a, punto iv, ult. cpv, del 30.04.2004, circa la non impugnabilità dei provvedimenti di ammissione ai campionati da parte delle società aspiranti all’eventuale sostituzione delle società non ammesse
Massima: La disposizione di cui al C.U. n. 167/A del 30 aprile 2004 - nella parte in cui, stabiliti gli adempimenti per l’ammissione delle società ai campionati di competenza, al punto IV, ultimo capoverso, prevede che “i provvedimenti di ammissione ai campionati comunque adottati ai sensi delle disposizioni di cui al presente paragrafo non sono suscettibili di impugnazione da parte delle Società aspiranti all’eventuale sostituzione delle società non ammesse” - va interpretata nel senso che le società “controinteressate” hanno comunque la possibilità di impugnare davanti alla Camera di conciliazione ed arbitrato i provvedimenti di ammissione di altre società. Sarà poi cura dei competenti organi della Federazione rendere compatibile l’esercizio del diritto di difesa degli interessati con la previsione, pur necessitata, di termini molto ristretti per proporre eventuali impugnazioni.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 luglio 2004 – www.coni.it
Decisione impugnata: Revoca dell’affiliazione dell’A.C. Parma, l’annullamento dell’autorizzazione al conferimento e dei provvedimenti connessi e conseguenti in favore di F.C. Parma, nonché dei provvedimenti presupposti e conseguenti. - www.figc.it
Parti: A.C. Perugina S.P.A. contro F.I.G.C. + Parma A.C. S.P.A. + Altri
Massima: Nell’ordinamento federale, la mancata iscrizione al campionato di una squadra per ragioni extrasportive costituisce automaticamente titolo per la prima delle società retrocesse alla riammissione alla serie superiore. Discende da ciò che la prima delle società retrocesse debba ritenersi pienamente legittimata a sollevare innanzi agli organi federali e in seguito eventualmente innanzi al sistema arbitrale amministrato dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport tutte le questioni attinenti alla validità e all’efficacia del titolo sportivo, dell’affiliazione e della partecipazione ai campionati delle altre società. Anzi, è precipuo interesse del ricorrente agire il prima possibile per ottenere l’accertamento del proprio diritto alla riammissione alla serie superiore, anche in vista dell’assunzione degli idonei impegni finanziari e sportivi.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 3 settembre 2003– www.coni.it
Decisione impugnata: Provvedimento Co.Vi.So.C. del 29 luglio 2003 + altri - www.figc.it
Parti: Poggibonsi Valdelsa S.R.L. contro F.I.G.C.
Massima: La mera dichiarazione di accollo dei debiti da parte dei soci non è uno strumento idoneo a ripianare l’eccedenza di indebitamento allorquando nessuno dei due soci (accollanti) ha mai provveduto ad effettuare il versamento dovuto, né le banche (accollatarie) hanno mai prestato consenso alla liberazione del debitore principale (società calcistica accollata). E’ noto che l’accollo costituisce, con la delegazione e l’espromissione, una delle tre fattispecie tipiche per l’intervento di un nuovo debitore nel rapporto obbligatorio. Secondo la nozione offertaci dall’art. 1273 cod. civ., primo comma, si ha accollo quando il debitore (accollato) ed un terzo (accollante) convengono che questi si assuma il debito del primo verso il creditore (accollatario), il quale può aderire alla convenzione con l’effetto di rendere irrevocabile la stipulazione a suo favore. Secondo il secondo comma della norma predetta, l’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisca condizione espressa della stipulazione, o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo. Secondo dottrina e giurisprudenza consolidata, nell’accollo il creditore non è parte del negozio di assunzione del debito altrui, ma terzo beneficiario degli effetti dello stesso, secondo lo schema tipico del contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 cod. civ. In questo senso si esprimono chiaramente la Relazione al codice civile, n. 589, nonché la giurisprudenza sin dalle risalenti pronunce della corte di cassazione del 23 febbraio 1979 n.1217 in Giust. Civ. 1979, I, 1254, e del 29 giugno 1977 n. 2804, in Giust. Civ. 1978, I, 165. La convenzione di accollo costituisce sempre parte di un più ampio regolamento di interessi, nel quale trova giustificazione causale lo spostamento patrimoniale che si determina fra debitore (società.) ed accollante ed al quale è necessario far riferimento per delineare le reciproche situazioni soggettive posto che, in concreto, l’assunzione del debito altrui può configurarsi come clausola di un qualsiasi contratto o negozio giuridico intercorso fra le medesime parti. Proprio la variabilità degli schemi causali specifici induce a ritenere che l’accollo, pur regolato come fattispecie tipica per quanto concerne gli effetti, non possa essere qualificato come autonomo tipo negoziale con propria causa. In tal senso, quando l’accollo si presenta come patto accessorio di altro negozio, si è in presenza di un “contratto complesso che rimane assoggettato alla disciplina del contratto prevalente” (giurisprudenza consolidata sin da Cass. 7 maggio 1953 n.1271, in Giust.Civ. 1953, 1536; vedi anche Cass. 15 maggio 1964 n.1186, in Foro It.Mass. 1964, 306). In sostanza l’accollo, come in genere ogni stipulazione a favore di terzo, va ritenuto semplice patto accessorio e modalità di esecuzione di altro negozio o contratto, nominato od innominato, rimanendo assorbito nella struttura di tale negozio medesimo ed integrandone la causa. Nella fattispecie che ci occupa, il negozio sottostante all’accollo va individuato in un accordo atipico mediante il quale gli accollanti intendevano (in astratto) incidere sul passivo della situazione patrimoniale della società., eliminando obbligazioni di quest’ultima verso terzi in modo da evitare e/o alleggerire l’onere dei mezzi finanziari richiesti obbligatoriamente dagli artt. 2446 e 2447 cod. civ. per il funzionamento della società, nonché richiesti dagli organi della F.I.G.C. ai fini della valutazione dell’entità dell’indebitamento e della conseguente possibilità di ammissione al campionato, secondo le disposizioni normative più volte citate. In questa prospettiva, le operazioni autoqualificate come “accollo” effettuate in concreto vanno interpretate ai fini di stabilire - in relazione alla predetta finalità perseguita dalle parti - se effettivamente la società calcistica sia stata liberata dalle obbligazioni bancarie de quibus. Ciò premesso, come già rilevato, si sottolinea che, per dottrina e giurisprudenza dominanti, sussiste accollo liberatorio solo se il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore originario, ovvero se il creditore aderisce ad un accollo esplicitamente condizionato alla liberazione del debitore medesimo. Ai sensi dell’art. 1273 secondo comma cod. civ., la volontà di rinunciare alla garanzia costituita dall’obbligazione dell’originario debitore deve risultare in modo espresso, non essendo sufficiente neppure un comportamento tacito. L’accollo cumulativo, nel quale l’originario debitore non viene liberato, costituisce dunque la fattispecie legale tipica prevista dall’ordinamento giuridico, e cioè l’acquisto di un nuovo debitore unitamente a quello precedente rappresenta l’effetto naturale del negozio di accollo. Tale effetto naturale può essere derogato unicamente da una dichiarazione espressa proveniente dall’accollatario, dichiarazione che non ammette equipollenti e che nella fattispecie – ad avviso dell’Arbitro unico – non sussiste. Per una dichiarazione espressa, invero – secondo la migliore dottrina - non sono necessarie formule sacramentali, ma non sono neppure sufficienti manifestazioni indirette, dalle quali l’intento di liberare il debitore possa evincersi unicamente per l’incompatibilità di essa manifestazione con una volontà contraria. Non può, quindi, desumersi da comportamenti taciti o da espressioni generiche (Cass. Civ., sez. III, 21 agosto 1985 n. 4469 in Giur. It. 1986, I, 1, 1039; Civ., sez. II, 27 gennaio 1992 n. 861 in Giust. Civ. Mass. 1992, fasc. 1).
Massima: La Camera arbitrale non può arrogarsi funzioni tipiche del giudice della legittimità amministrativa, alla cui giurisdizione compete la tutela di eventuali interessi legittimi che costituiscono – sostanzialmente – il sostrato della censura formulata sul punto da parte attrice, asserendo l’esistenza di una disparità di trattamento. In ogni caso, anche su questo tema, l’arbitro unico deve osservare quanto segue. Adottando gli stessi concetti recentemente ribaditi dalla Corte Costituzionale, va osservato come la denunciata irragionevole disparità di trattamento sia fondata su una prospettazione palesemente erronea dell'analogia di situazioni invece eterogenee, non soltanto quanto ai relativi "status" ma anche quanto ai provvedimenti destinati ad incidere sulle rispettive sfere di interesse (Corte Costituzionale, 18 dicembre 2002 n. 532). Si deve rilevare la natura del tutto eterogenea della fattispecie oggetto del presente arbitrato rispetto agli altri casi addotti da parte attrice nella sua istanza, poiché in quest’ultimi le operazioni di copertura perdite, anche se atipiche, hanno realmente incrementato le casse sociali, determinando benefici finanziari concreti. Nel caso della società, invece, tutta la documentazione agli atti prova che lo strumento dell’accollo, peraltro cumulativo e non liberatorio, non ha mai determinato un incremento patrimoniale della società. Questo è sufficiente ad affermare che non si è in presenza di situazioni analoghe.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 agosto 2003– www.coni.it
Decisione impugnata: Provvedimento del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 31 luglio 2003, con C.U. 38/A del 31/07/2003, relativa all’esclusione dal Campionato Nazionale di Serie C1 + altri - www.figc.it
Parti: Cosenza Calcio 1914 S.P.A. contro F.I.G.C.
Massima: La società non può essere iscritta al campionato quando non rispetta gli adempimenti di cui alla normativa federale nel termine espressamente previsto. Il termine del 28 luglio 2003, stabilito dalla normativa federale (comunicati ufficiali n. 144/a del 19 marzo 2003 e n. 151/a del 28 aprile 2003), per completare e regolarizzare gli adempimenti richiesti per l’iscrizione al campionato, ha carattere perentorio. La natura perentoria di tale termine emerge dal sistema nel quale esso è inserito, e cioè l’attività pubblicistica della FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO volta all’organizzazione dei campionati di calcio. Con tutta evidenza, la perentorietà dei termini stabiliti dalla Federazione nei citati comunicati ufficiali deriva dall’esigenza di non lasciare nell’incertezza le situazioni giuridiche regolamentate, sulla base del principio generale del favore del pubblico interesse presunto in ogni atto della pubblica amministrazione. Tale principio informa tutto il diritto pubblico e in particolare il diritto amministrativo sostanziale e processuale, e la fissazione di termini procedimentali è appunto diretta a garantire il corretto e trasparente svolgimento di ogni funzione organizzativa. In tal senso, non v’è chi non veda come l’attività volta all’organizzazione di campionati sportivi, per sua intrinseca natura, richieda necessariamente la fissazione di una sequenza di atti preparatori come appunto l’iscrizione ai campionati di competenza, in ordine ai quali la fissazione di termini perentori è essenziale, a pena di non svilire tutto il relativo procedimento in una arbitraria discrezionalità lesiva della par condicio di tutti gli aspiranti a uno status, che nella fattispecie è quello dell’avente diritto alla disputa del campionato nazionale di serie C/1. L’inosservanza di un termine perentorio determina la decadenza della corrispondente posizione soggettiva e cioè, nel caso della parte attrice, il venir meno della possibilità di disputare il predetto campionato.
Massima: La mancata compensazione della somma corrispondente a proventi non ancora liquidati nella stagione 2002-2003, con la somma dovuta per la partecipazione al campionato, sono del tutto irrilevanti ai fini della iscrizione al campionato. Non si può non sottolineare come appaia quasi surreale voler giustificare il mancato pagamento dell’importo dovuto in ogni caso per la partecipazione al campionato sulla base della eccepita compensazione con asseriti crediti di parte attrice di tutt’altra natura, e cioè derivanti dal conto dei proventi aperto presso la Lega e comunque non ancora esigibili al momento della domanda di iscrizione al campionato (“non ancora liquidati”).
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 22 agosto 2003 – www.coni.it
Decisione impugnata: Provvedimento Co.Vi.So.C. del 29 luglio 2003 + altri - www.figc.it
Parti: L’Aquila Calcio S.P.A. contro F.I.G.C.
Massima: La Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport del CONI annulla il provvedimento con il quale la FIGC, sulla base del parere negativo della Co.Vi.So.C,, ha dichiarato la non ammissione al campionato professionistico della società poiché ritiene che la società abbia rispettato il C.U. F.I.G.C. n. 151/A del 28 aprile 2003 (normativa per l’iscrizione al campionato) facendo ricorso all’istituto dell’accollo liberatorio per ripianare l’esposizione debitoria, che le consente la suddetta iscrizione. L’accollo liberatorio pur non essendo uno strumento espressamente previsto dalla normativa per ripianare i debiti, deve essere tra questi compresi. La norma va in realtà interpretata riferendosi alla ratio legis, il cui scopo primario è quello di consentire la partecipazione ai campionati alle sole società che rispettino i parametri previsti; conseguentemente, eventuali ripianamenti di perdite devono essere valutati in senso sostanziale e non formale. E’ fuori dubbio che per ripianare l’eccedenza di indebitamento le società calcistiche possono ricorrere a modalità sostanzialmente equipollenti ai rimedi elencati nel comunicato n. 151/A e, precisamente: ai finanziamenti postergati ed infruttiferi dei soci, all’aumento di capitale ovvero ai versamenti irreversibili in conto futuro aumento di capitale e ai saldi attivi della campagna trasferimenti. Unico limite da rispettare per ritenere efficaci strumenti alternativi è il rispetto dei principi contabili e di bilancio e delle norme in materia di estinzione delle obbligazioni, al fine di non snaturare il controllo sull’indebitamento. Scopo preminente di tale sistema è ammettere soltanto società che godano di un “equilibrio finanziario”. Scopo preminente di tale sistema è ammettere soltanto società che godano di un “equilibrio finanziario”. Per valutare l’esistenza di questa condizione, la F.I.G.C. ha assunto un particolare rapporto tra ricavi e debiti, pari al coefficiente 3, indicatore della capacità delle società di iniziare e terminare in bonis il campionato. Al di sotto di tale indice la società non versa in equilibrio gestionale. La normativa federale prevede un controllo trimestrale del predetto indice, in ragione del fatto che tale equilibrio si modifica continuamente. Per rispettare lo spirito del C.U. è essenziale pertanto che le società in deficit ricorrano a mezzi idonei ad incrementare il loro patrimonio. Nella fattispecie in esame non si mette in discussione, come vorrebbe F.I.G.C., il mezzo atipico utilizzato dalla società per ripianare l’indebitamento, ma la sua efficacia o meno a raggiungere il risultato prescritto dalla normativa federale e, cioè, la eliminazione effettiva della perdita, scopo ultimo perseguito dalla normativa di riferimento. Il punto di causa, costituito dall’accertamento dell’eventuale efficacia liberatoria per la società dell’accollo effettuato da una persona, va ritenuto decisivo ed assorbente. La successione nel debito, attuata mediante accollo, rispecchia quanto è accaduto dal punto di vista contabile all’interno della società. L’esame della scrittura di accollo deve dunque ritenersi pregiudiziale per la decisione della controversia. E’ noto che l’accollo costituisce, con la delegazione l’estromissione, una delle tre fattispecie tipiche per l’intervento di un nuovo debitore nel rapporto obbligatorio. Secondo la nozione offertaci dall’art. 1273 cod. civ., primo comma, si ha accollo quando il debitore (accollato) ed un terzo (accollante) convengono che questi si assuma il debito del primo verso il creditore (accollatario), il quale può aderire alla convenzione con l’effetto di rendere irrevocabile la stipulazione a suo favore. Il secondo comma della norma predetta, prescrive che l’adesione del creditore comporti la liberazione del debitore originario solo se ciò costituisca condizione espressa della stipulazione, o qualora il creditore dichiari espressamente di liberarlo. Secondo dottrina e giurisprudenza consolidata, nell’accollo il creditore non è parte del negozio di assunzione del debito altrui, bensì terzo beneficiario degli effetti dello stesso, secondo lo schema tipico del contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 cod. civ. In questo senso si esprimono chiaramente la Relazione al codice civile, n. 589, nonché la giurisprudenza sin dalle risalenti pronunce della Corte di Cassazione del 23 febbraio 1979 n.1217 in Giust. Civ. 1979, I, 1254, e del 29 giugno 1977 n. 2804, in Giust. Civ. 1978, I, 165. La convenzione di accollo costituisce sempre parte di un più ampio regolamento di interessi, nel quale trova giustificazione causale lo spostamento patrimoniale che si determina fra debitore (società) ed accollante ed al quale è necessario far riferimento per delineare le reciproche situazioni soggettive posto che, in concreto, l’assunzione del debito altrui può configurarsi come clausola di un qualsiasi contratto o negozio giuridico intercorso fra le medesime parti. Proprio la variabilità degli schemi causali specifici induce a ritenere che l’accollo, pur regolato come fattispecie tipica per quanto concerne gli effetti, non possa essere qualificato come autonomo tipo negoziale con propria causa. In tal senso, quando l’accollo si presenta come patto accessorio di altro negozio, si è in presenza di un “contratto complesso che rimane assoggettato alla disciplina del contratto prevalente” (giurisprudenza consolidata sin da Cass. 7 maggio 1953 n.1271, in Giust.Civ. 1953, 1536; vedi anche Cass. 15 maggio 1964 n.1186, in Foro It.Mass. 1964, 306). In sostanza l’accollo, come in genere ogni stipulazione a favore di terzo, va ritenuto semplice patto accessorio e modalità di esecuzione di altro negozio o contratto, nominato od innominato, rimanendo assorbito nella struttura di tale negozio medesimo ed integrandone la causa. Nella fattispecie che ci occupa, il negozio sottostante all’accollo va individuato in un accordo atipico mediante il quale l’accollante intendeva incidere, come ha fatto in realtà, sul passivo della situazione patrimoniale della società, eliminando l’obbligazione di quest’ultima verso terzi in modo da evitare e/o alleggerire l’onere dei mezzi finanziari richiesti obbligatoriamente dagli artt. 2446 e 2447 cod. civ. per il funzionamento della società, nonché richiesti dagli organi della F.I.G.C. ai fini della valutazione dell’entità dell’indebitamento e della conseguente possibilità di ammissione al campionato, secondo le disposizioni normative più volte citate. In questa prospettiva va interpretata l’operazione, autoqualificata come “accollo”, ai fini di stabilire - in relazione alla predetta finalità perseguita dalle parti - se effettivamente la società calcistica sia stata liberata dalla obbligazione bancaria de qua. Ciò premesso, come già rilevato, si sottolinea che, per dottrina e giurisprudenza dominanti, sussiste accollo liberatorio solo se il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore originario, ovvero se il creditore aderisce ad un accollo esplicitamente condizionato alla liberazione del debitore medesimo. Ai sensi dell’art. 1273 secondo comma cod. civ., la volontà di rinunciare alla garanzia costituita dall’obbligazione dell’originario debitore deve risultare in modo espresso, non essendo sufficiente neppure un comportamento tacito. L’accollo cumulativo, nel quale l’originario debitore non viene liberato, costituisce dunque la fattispecie legale tipica prevista dall’ordinamento giuridico, e cioè l’acquisto di un nuovo debitore unitamente a quello precedente rappresenta l’effetto naturale del negozio di accollo. Tale effetto naturale può essere derogato unicamente da una dichiarazione espressa proveniente dall’accollatario, dichiarazione che non ammette equipollenti e che nella sussiste. Per una dichiarazione espressa, invero – secondo la migliore dottrina non sono necessarie formule sacramentali, ma non sono neppure sufficienti manifestazioni indirette, dalle quali l’intento di liberare il debitore possa evincersi unicamente per l’incompatibilità di essa manifestazione con una volontà contraria. Non può, quindi, desumersi da comportamenti taciti o da espressioni generiche (Cass. Civ., sez. III, 21 agosto 1985 n. 4469 in Giur. It. 1986, I, 1, 1039; Civ., sez. II, 27 gennaio 1992 n. 861 in Giust. Civ. Mass. 1992, fasc. 1).
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 2/Cf del 2 agosto 2002 n. 1 - www.figc.it
Impugnazione - istanza:Richiesta del Presidente Federale, ai sensi dell’art.22, comma 1, lett. a) del Codice di Giustizia Sportiva, di interpretazione di una norma regolamentare.
Interpretazione: Itermini indicati nel Comunicato Ufficiale n. 29/A, pubblicato il 14 maggio 2002, per la presentazione delle domande di “ripescaggio” e della relativa documentazione, ai fini dell’ammissione ai Campionati di Serie C1 e C2, sono da considerarsi perentori. E questo sia per la dizione letterale adoperata nel comunicato (“entro e non oltre il termine del 16 luglio 2002”) sia, soprattutto, per la ratio che presiede alla previsione di tale termine. Infatti, l’intero procedimento di ammissione ai campionati è scandito da una serie di termini, tutti tra loro collegati, i quali, per loro natura, non possono che avere carattere perentorio, poiché l’eventuale inosservanza anche di uno soltanto di essi sarebbe tale da produrre lo sconvolgimento dell’intero procedimento, pregiudicando quella che deve considerarsi la finalità essenziale della previsione dei termini, consistente nella tempestiva individuazione delle società da ammettere ai campionati e, conseguentemente, nella definizione del quadro complessivo delle Serie e dei Gironi. La ritenuta perentorietà del termine comporta l’impossibilità di prendere in considerazione le domande proposte successivamente alla scadenza del termine predetto.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 4/C Riunione del 8 agosto 2002 n. 1/2/3/4 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 263/C del 22.7.2002
Impugnazione - istanza:Appello della S.S. Cavese 1919 avverso il provvedimento di esclusione dal Campionato di Serie C/2, a seguito di deferimento della Procura Federale, per illecito sportivo, in relazione alla gara di play-out S.S. Cavese/Nuova Nardò del 26.5.2002. Appello del sig. D.S.F. avverso la sanzione dell’inibizione per anni due, a seguito di deferimento della Procura Federale, per illecito sportivo, in relazione alla gara di play-out S.S. Cavese/Nuova Nardò del 26.5.2002. Appello del sig. D’E.C. avverso la squalifica per anni tre, a seguito di deferimento della Procura Federale, per illecito sportivo, in relazione alla gara di play-out S.S. Cavese/Nuova Nardò del 26.5.2002. Appello della Nuova Nardò Calcio avverso decisioni Commissione Disciplinare, a seguito di deferimento della Procura Federale, per illecito sportivo, in relazione alla gara di play-out S.S. Cavese/ Nuova Nardò del26.5.2002
Massima: La società retrocessa al Campionato minore per aver perso la gara di play-off con la società (condannata per illecito sportivo e quindi retrocessa), pur avendo interesse diritto a partecipare al procedimento disciplinare in seguito alla retrocessione di quella società, non ha diritto alla permanenza nella categoria, incidendo la sanzione di esclusione dal campionato di Serie C/2 sul risultato di permanenza nel predetto Campionato acquisito dalla Società deferita per effetto della vittoria nei play-out che costituiscono una competizione a sé stante rispetto al campionato, la cui classifica rimane a posteriori intangibile.
Decisione CF: Comunicato Ufficiale 4/CF del 7 settembre 1998 n. 1 – www.figc.it
Impugnazione - istanza: Quesito del Presidente Federale, ai sensi dell’art. 16 C.G.S., in ordine all’interpretazione del Com. Uff. n. 104/a del 4.6.1998 con riferimento alle disposizioni in ordine all’ammissione ai campionati 1998/99.
Interpretazione: Per ottenere l'iscrizione al Campionato di Serie C2, la società, come tutte le altre aventi titolo, dovrà ottemperare a quelle disposizioni contenute nel Titolo II (Campionato di Serie C1 e Serie C2 ), secondo capoverso, ("per essere iscritte ai campionati di competenza le Società devono ..."), del Comunicato Ufficiale n. 104/A del 4 giugno 1998.
Interpretazione: In merito all’iscrizione al campione di Serie C2 (Girone A), in seguito alla rinuncia della società vincitrice del relativo Play-out, la società subentrante deve essere identificata in quella risultata perdente nel predetto Play-out, in quanto dotata di prioritario titolo sportivo nel rispetto del girone di appartenenza - in applicazione delle disposizioni del Comunicato Ufficiale n. 104/A del 4 giugno 1998, Titolo II, secondo capoverso - ferma restando la valutazione di adeguatezza dei titoli della società avente diritto al subentro.
Interpretazione: La perdita di ogni rilevanza associativa e sportiva nell'ambito della F.I.G.C., avvenuta nel corso della stagione sportiva, anche se nell'ultimo giorno, porta come conseguenza anche la perdita del titolo sportivo connesso alla posizione acquisita in classifica dalla società incorsa nella decadenza dall'affiliazione il cui posto si rende vacante (diverso sarebbe se vi fosse solo rinuncia alla disputa del futuro campionato in quanto in tal caso la società conserverebbe, perdurando l'affiliazione, il titolo sportivo acquisito nel precedente campionato interamente disputato). (Nella fattispecie, - stante la rinuncia della società, espressa "entro" la stagione sportiva ormai decorsa, ad ogni attività ufficiale, assorbente rispetto alla rinuncia alla disputa del campionato di Serie C2 1998/99 pure enunciata - si è verificata la decadenza della rinunciante dalla affiliazione alla F.I.G.C., ai sensi dall'art. 16, comma 2 lett. a), N.O.I.F., con effetto dalla stessa data nella quale la rinuncia è stata espressa, dato che la prevista deliberazione in proposito del Presidente Federale (art. l6 comma 1 N.O.I.F. ) non può avere se non effetto dichiarativo, quindi efficacia ex tunc). Tale situazione porta all'automatico subentro, nella posizione di classifica della società decaduta dall'affiliazione, della società risultante perdente nel Play-out, che sale dal 16° al 15° posto della classifica per diritto di titolo sportivo nel rispettivo girone di appartenenza.
Interpretazione: L'attribuzione di un posto in classifica non può effettuarsi se non "per relationem" a quello che precede talché venendo meno questo, il vuoto viene automaticamente colmato da chi segue.