Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 33 del 02/12/2013 www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera del Consiglio di Lega in data 27 giugno 2013, relativa alla ripartizione degli incassi della partita di Supercoppa - edizione 2013 - disputata tra la Juventus e la Lazio

Parti: F.C. Juventus S.p.a./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie A/SS Lazio S.p.a.

Massima:  L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, accoglie il ricorso proposto dalla società avverso la delibera del Consiglio di Lega in data 27 giugno 2013, relativa alla ripartizione degli incassi della partita di Supercoppa - edizione 2013 - disputata tra la Juventus e la Lazio e per l’effetto l’annulla. Passando all’esame delle censure, contenute nel ricorso in questa sede, attinenti alla affermata incompetenza della C.G.F. sulla impugnata delibera del Consiglio di Lega deve essere rilevata la loro infondatezza. Infatti, la norma, contenuta nell’art. 9, comma 15 dello Statuto-Regolamento della L.N.P. A, (si noti non oggetto di impugnazione in questa sede), ha un preciso ed univoco significato di circoscrivere la possibilità di ricorrere alla Giustizia endofederale alle sole delibere dell’Assemblea di Lega, basandosi su un unico elemento determinante, quale quello del soggetto (assemblea), che ha emesso l’atto, in riferimento alla rilevanza degli atti (fondamentali per l’organizzazione e l’attività) rientranti nelle attribuzioni della stessa Assemblea, in modo da assicurare, in primo grado, la tutela avanti ad organo della giustizia federale. Tale interpretazione deve essere accolta anche tenendo presente la norma di chiusura contenuta nell’art. 30, comma 3, dello Statuto della F.I.G.C. D’altro canto l’invocato principio del doppio grado di giurisdizione, prima nel grado endofederale e poi avanti ad uno dei due organi di Giustizia del Coni, non è affatto inderogabile ed assoluto, in quanto lo stesso Statuto del Coni prevede che vi possano essere decisioni nell’ambito sportivo non soggette ad impugnazione avanti alla giustizia federale, ma impugnabili solo davanti ad organi della Giustizia del Coni, come confermato dall’art. 1, comma 3, Codice Alta Corte e dall’art. 5, comma 1, Codice T.N.A.S. Di conseguenza sono privi di fondamento i profili con cui si censura la declinatoria di competenza della C.G.F. contenuta nella decisione impugnata. Il rigetto, per l’anzidetta parte dei motivi di impugnazione attinenti alla incompetenza della C.G.F., impone l’esame dei profili del ricorso proposti in via subordinata. Giova, infatti, mettere in rilievo che, nella parte finale del secondo motivo di gravame, la ricorrente - sia pure sinteticamente e in via subordinata (ove si ammetta che l’unico ricorso esperibile, nella fattispecie relativa a delibera del Consiglio di Lega, sia quello avanti a questa Alta Corte) - chiede l’ammissibilità del ricorso in questa sede (per i motivi di merito), sulla base della considerazione che la proposizione in prima istanza di ricorso avanti all’organo endofederale (conclusosi con declinatoria di competenza, sia pure in via alternativa all’Alta Corte o ala T.N.A.S.) non precluda il presente ricorso. Infine, nelle conclusioni si chiede espressamente, in via subordinata, l’affermazione della competenza di questa Alta Corte a decidere il ricorso contro la delibera del Consiglio di Lega 27 giugno 2013. Proprio su questo punto vi è stato un puntuale contraddittorio delle controparti (F.I.G.C. e L.N.P. A), che hanno dibattuto negli scritti difensivi, interpretando esattamente la domanda e contestando espressamente la possibilità di translatio iudicii e gli effetti sulla tempestività del primo ricorso. Anche nel campo della giustizia sportiva deve ritenersi applicabile la translatio iudicii, divenuta ormai principio generale processuale (v. Corte cost., n. 77 del 2007; Cass., n. 4109 del 2007; decisioni A.C.G.S. n. 29 e n. 30 del 2013, ricorsi Giancecchi e Materdomini, relative, rispettivamente, ai ricorsi 27 e 28 del 2013). Di conseguenza, nelle ipotesi di declinazione di competenza (come nel caso esaminato) a favore di altro organo appartenente ad un grado o a una tipologia diversa di giustizia, può operarsi una conseguente translatio iudicii, quale trasferimento della domanda mediante ricorso al nuovo giudice dichiarato competente. Quando questo ricorso risulti avanzato avanti al giudice competente, sia per l’appello sia per l’esame della domanda (anche se per una parte), è irrilevante se vi sia riproposizione con idonei motivi congiuntamente alla impugnazione della decisione di primo grado. Nella specie, il ricorso introduttivo avanti a questa Corte ha tutti i requisiti per una corretta riassunzione, con la precisazione, tuttavia, che, dalla devoluzione della controversia a questa Alta Corte, deve escludersi ogni profilo attinente al rapporto sostanziale della ripartizione dei proventi. I profili sostanziali e patrimoniali di questa ripartizione potranno essere esaminati in sede di giustizia sportiva del C.O.N.I., solo in sede di eventuale futura impugnativa di decisione della giustizia endofederale sulla successiva delibera dell’Assemblea di Lega, che, se limitata a diritti disponibili, non rientra nella competenza di questa Alta Corte. Inoltre, dalla interpretazione razionale del sistema processuale, occorre desumere che le preminenti esigenze di economia processuale, connesse a quelle della rapidità e snellezza della giustizia sportiva, impongono che, tra le scelte in astratto adottabili, non possa esservi un obbligo di riassunzione, con separato atto avanti allo stesso organo decidente la fase di appello, quando la domanda di annullamento della delibera del Consiglio (già impugnata in sede endofederale con specifici motivi) sia stata ritualmente formulata, sia pure in via subordinata. Occorre pertanto esaminare il ricorso sotto il profilo della sua valenza come atto riassuntivo per effetto della translatio iudicii, e quindi la questione della competenza ad adottare il provvedimento impugnato da parte del Consiglio di Lega, avente riflessi sulla determinazione dell’organo cui chiedere la tutela giudiziale sportiva. A riguardo della competenza del Consiglio di Lega, non può valere a legittimare l’intervento del Consiglio di Lega (delibera 27 giugno 2013 per la parte della ripartizione degli incassi di Supercoppa 2013) la disposizione dell’art. 30, comma 1, Statuto-Regolamento L.N.P. A, secondo cui gli incassi per le gare di Coppa Italia e Supercoppa “sono ripartiti secondo le modalità stabilite dallo stesso Consiglio”. Infatti, è evidente il carattere di delibera autonoma e completamente determinativa della ripartizione degli incassi di Supercoppa da parte del Consiglio, tale, per l’ampiezza di criteri e completezza di sistema di ripartizione, da non poter essere considerata rientrante nella mera fissazione di “modalità”, da intendersi in senso meramente esecutivo di una ripartizione già determinata nelle linee essenziali o nei criteri, tenuto conto della concomitante competenza assembleare. Infatti, l’anzidetta disposizione - inserita, si noti, nel Titolo “Disposizioni organizzative per le gare di Coppa Italia, Supercoppa di Lega” -, deve intendersi come abilitativa di sole procedure operative di calcolo, di liquidazione e di erogazione e non attributiva di competenza nella determinazione dei criteri della ripartizione degli incassi e/o delle entità, anche a mezzo di percentuali di diretta e concreta suddivisione, della stessa ripartizione, riservata all’Assemblea di Lega. Per contro, il Consiglio di Lega ha, in materia, una competenza limitata, in quanto, quale organo principalmente esecutivo, semplicemente “propone la ripartizione degli incassi relativi alle gare di Supercoppa di Lega” (art. 10, comma 12, lett. x, Statuto-Regolamento della L.N.P. A). Spetta, invece, in modo inequivocabile, all’Assemblea di Lega (quale organo rappresentativo della totalità delle società affiliate, con effetti vincolanti delle delibere anche nei confronti delle società assenti o dissenzienti: art. 8, comma 2, Statuto-Regolamento L.N.P. A) “la ripartizione delle risorse tra i soggetti partecipanti alle competizioni della Lega Serie A” (art. 9, comma 4, lett. p, Statuto-Regolamento L.N.P. A). Inoltre, vi è una correlata conferma di esigenza di deliberazione assembleare sulle proposte del Consiglio (lett. ee del citato comma 4, art. 9), tenuto conto che anche la Supercoppa della Lega di Serie A è una competizione della stessa Lega. In realtà, le disposizioni dello Statuto-Regolamento della L.N.P. A hanno fissato il seguente sistema di ripartizione delle competenze tra Assemblea di Lega e Consiglio di Lega. Il Consiglio di Lega, quale organo esecutivo, ha, per molte materie, solo una funzione propositiva rispetto all’Assemblea di Lega (tra cui le proposte di ripartizione degli incassi relativi alle gare di Supercoppa di Lega, art. 10, comma 12, lett. x, Statuto-Regolamento L.N.P. A). Contestuale e collegata risulta essere (con una disposizione non impugnata, per cui sono irrilevanti gli asseriti aspetti di illogicità o di incongruenza normativa) la ripartizione della competenza in sede di impugnazione, mediante specifico affidamento alla tutela giustiziale endofederale delle delibere assembleari, quali atti fondamentali della Lega. Questi atti hanno particolare interesse sportivo, anche in relazione a funzioni delegate o conferite dalla Federazione, comprese, tra l’altro, la determinazione della attività competitive delle società e le ripartizioni fondamentali delle risorse, tali da comportare un’esigenza di integrale partecipazione associativa. Non può ritenersi applicabile alla fattispecie la pretesa preclusione derivante dalla mancata riserva di reclamo, prima della chiusura dei lavori del Consiglio, o dal mancato tempestivo reclamo contro le deliberazioni assembleari, trattandosi di onere relativo ad una ipotesi del tutto diversa, relativa a delibera di assemblea, in cui vi è una generale partecipazione degli associati. Del resto la eccezione è meramente pretestuosa per un duplice ordine di infondatezza: in primis, in quanto l’attuale società ricorrente non era rappresentata da un componente nel Consiglio, né aveva titolo a parteciparvi; mentre un incaricato della stessa società era stato semplicemente ammesso ad assistere al Consiglio stesso come “uditore” (v. verbale del Consiglio). A parte che, in realtà, risulta, nel verbale del Consiglio che, a seguito di autorizzazione del Presidente della Lega, lo stesso incaricato della società ricorrente aveva comunicato riserva di impugnazione, formulando richiesta di copia integrale della delibera, inviata alla ricorrente il 12 luglio 2013, mentre il ricorso alla C.G.F. risulta proposto tempestivamente in data 4 luglio 2013 contro la anzidetta delibera del Consiglio di Lega (ciò è rilevante ai fini della ammissibilità del presente ricorso, da valere, in via subordinata, come riassunzione a seguito di declinatoria di competenza). L’unica decisione ammissibile in sede di esame nel merito del ricorso per effetto di translatio iudicii, anche in base alle esigenze anzidette di economia processuale nonché di speditezza e di effettività della tutela, è quella dell’annullamento della delibera del Consiglio di Lega per motivi di incompetenza assoluta, che preclude ogni esame sulla legittimità o meno della disposta ripartizione dei proventi. Sulla base delle predette considerazioni, il ricorso deve essere accolto, limitatamente agli anzidetti aspetti, e, per l’effetto, deve essere annullata la delibera del Consiglio di Lega del 27 giugno 2013, limitatamente alla ripartizione degli incassi dell’edizione 2013 della Supercoppa, rimanendo assorbita ogni altra questione. La fondatezza del ricorso per quanto riguarda l’assoluto difetto di competenza della delibera del Consiglio di Lega per l’anzidetto profilo ha, come conseguenza, sia l’esigenza di sottoposizione di una mera proposta del Consiglio all’approvazione dell’Assemblea di Lega, sia il conseguente regime delle impugnazioni.

 

Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 035/CGF del 05 Settembre 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 043/CGF del 18 Settembre  2013   su  www.figc.it

Impugnazione – istanza: RICORSO DELLA JUVENTUS F.C. S.P.A. AVVERSO LA DELIBERA DEL CONSIGLIO DI LEGA SERIE A DEL 27.6.2013 SUL PUNTO “SUDDIVISIONE DEGLI INCASSI SUPERCOPPA 2013”

Massima: E’ inammissibile per difetto della competenza a conoscere della vertenza in capo alla Corte il ricorso proposto dalla società, in analogia a quanto previsto dall’art. 9, comma  15 dello Statuto/Regolamento della Lega Nazionale Professionisti Serie A, avverso la delibera  assunta dal Consiglio di Lega Serie A del 27 giugno 2013, nella parte in cui, relativamente alla  suddivisione degli incassi della Supercoppa 2013, ha statuito che “stante l’indisponibilità della  Juventus a recarsi in Cina a disputare la Supercoppa 2013, venga attribuita alla Lazio una somma  garantita pari alla quota che essa avrebbe percepito se la Supercoppa si fosse disputata in Cina”.  Più precisamente, con tale deliberato, il Consiglio di Lega ha ritenuto di “ripartire gli  incassi dell’edizione 2013 (a titolo esemplificativo e non esaustivo: incassi da biglietteria, licenza  da diritti audiovisivi domestici e internazionali; licenza da diritti promo pubblicitari), dedotte tutte  le spese di organizzazione, assegnando: (i) alla Lega un minimo garantito fino alla concorrenza di  quanto pari a quello che avrebbe effettivamente percepito ove la gara fosse stata disputata in Cina  (dieci per cento 10%); (ii) alla finalista società Lazio un minimo garantito fino alla concorrenza di  quanto pari a quello che avrebbe effettivamente percepito ove la gara fosse stata disputata in Cina;  (iii) alla finalista società Juventus l’ulteriore eventuale maggiore incasso fino alla concorrenza di  quanto già assegnato alla società Lazio e, così soddisfatta la società Juventus, (iv) l’ulteriore eventuale  incasso alla Lega quanto al dieci percento (10%) e a ciascuna società finalista il quarantacinque per  cento (45%)”.  Ed, invero, sulla scorta di una lettura sistematica delle disposizioni dell’ordinamento federale, trovano conferma le perplessità manifestate dalla stessa società ricorrente circa la propria legittimazione ad adire in via diretta questa Corte. La pretesa azionata, infatti, ove decisa nel merito, introdurrebbe irritualmente un nuovo livello di sindacato sulla validità delle delibere adottate dal Consiglio di Lega, non rientrante tra le attribuzioni della Corte di Giustizia Federale, il cui esatto perimetro è rigidamente delineato dallo Statuto e dalle altre norme federali.  Nello stesso atto introduttivo del presente procedimento, invero, la società ricorrente  riconosceva espressamente che “Lo Statuto – Regolamento della Lega non prevede espressamente  la possibilità di proporre reclamo avverso le delibere adottate dal Consiglio di Lega”; ciò  nondimeno, in ragione della portata lesiva della mentovata delibera consiliare, ha ritenuto  ugualmente di potersi gravare innanzi a questa Corte sul presupposto di una possibile estensione, in  via analogica, della previsione di cui all’art. 9, comma 15, del medesimo Statuto, che ammette la  possibilità di reclamo alla Corte di Giustizia Federale “..contro la validità delle Assemblee della  Lega Serie A e delle deliberazioni adottate..”.  Tale costrutto giuridico, recisamente contestato dalle parti resistenti, non può essere condiviso in quanto si pone in rapporto di evidente distonia con le attribuzioni, tipiche, tipizzate e nominate della Corte di Giustizia Federale, non suscettive, come tali, di alcuna dilatazione a controversie non espressamente previste dall’ordinamento federale e più a monte dell’ordinamento sportivo che, in tale materia, si rivela un sistema conchiuso.  Di ciò vi è chiara conferma nelle disposizioni dello Statuto federale che, nel definire, all’art.  34, l’organizzazione della giustizia sportiva, assegna, di norma ed in via generale, alla Corte di Giustizia Federale le funzioni di giudice di secondo grado, nonché le ulteriori e specifiche competenze previste dalle norme federali, tra cui però non è rinvenibile la fattispecie in esame.  Allo stesso modo, il Codice di Giustizia Sportiva, nel declinare, all’art. 31, le attribuzioni della Corte di Giustizia Federale, non include nella relativa elencazione, né prevede alcunché circa il sindacato in unico grado sugli atti (id est delibere del Consiglio di Lega) impugnati dalla ricorrente società.  Alle medesime conclusioni deve pervenirsi, poi, ove si ampli il campo dell’indagine  ermeneutica, estendendolo alla speciale disciplina di settore che governa il sindacato degli organi di  giustizia sportiva sugli atti della Lega, il cui Statuto, soggetto ad approvazione della F.I.G.C. (cfr.  art. 9, comma 2, dello Statuto federale), concorre, quale fonte dell’ordinamento federale (cfr. art. 2, comma 6, dello Statuto federale), a delineare la cornice giuridica di riferimento.  Tale normativa (id est Statuto/Regolamento di Lega) – cui si riconnette, dunque, una chiara  valenza integrativa delle norme suindicate che governano le attribuzioni di questa Corte –  contempla invero, all’art. 9, comma 15, un’articolata disposizione in tema di reclami, a mente della  quale “Contro la validità delle Assemblee della Lega Serie A e delle deliberazioni adottate può  essere proposto reclamo alla Corte di Giustizia Federale entro il decimo giorno non festivo successivo alla data dell’Assemblea da parte delle società presenti ed ad essa validamente  partecipanti, purchè le stesse abbiano presentato riserva scritta prima della chiusura dei lavori  dell’Assemblea. Le società che non hanno partecipato all’Assemblea possono proporre reclamo entro il decimo giorno non festivo successivo a quello della ricezione delle delibere effettuata ai sensi del precedente comma 14”.  La stessa chiara valenza semantica delle proposizioni utilizzate induce a perimetrare in modo rigido i confini di tali attribuzioni e, segnatamente, in stretta connessione con il dato, evidentemente selettivo, della riferibilità alle sedute ed alle conseguenti deliberazioni dell’organo assembleare, come massima espressione collegiale rilevante per l’ordinamento federale.  Di contro, difetta una previsione di contenuto analogo nell’art. 10 del medesimo testo regolamentare, relativo alle competenze consiliari, rispetto alle quali non può, dunque, ritenersi predicabile un sindacato di questa Corte in mancanza di uno specifico titolo di investitura.  Né a tale lacuna può, evidentemente, ovviarsi attraverso il ricorso al metodo dell’analogia  che, già difficilmente conciliabile in astratto con i rigidi presupposti di investitura della cd. giustizia associativa, finirebbe in concreto anche per porsi in radicale contrasto con l’ordinamento federale,  recante un sistema conchiuso di ricorsi e di procedure di natura giustiziale, all’interno del quale le  competenze della Corte – vieppiù se in unico grado – devono intendersi tipiche e nominate.  Il suddetto approdo ermeneutico trova, d’altro canto, definitivo conforto nella previsione ribadita di cui all’art. 30, comma 3, dello Statuto federale, cui va riconosciuta la valenza di norma di chiusura del descritto sistema: “Le controversie tra i soggetti di cui al comma 1 (id est “i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti che svolgono attività di carattere  agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale..”)  o tra gli stessi e la F.I.G.C., per le quali non siano previsti o siano esauriti i gradi interni di  giustizia federale secondo quanto previsto dallo Statuto del C.O.N.I., sono devolute, su istanza  della parte interessata, unicamente alla cognizione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva o del  Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., in conformità con quanto disposto  dallo Statuto e dai relativi regolamenti ed atti attuativi, nonché dalle norme federali”.  Una corretta esegesi di tale disposizione, effettuata in combinato disposto con le altre norme federali sopra scrutinate, induce a concludere per la rilevata natura tassativa delle competenze degli organi di giustizia sportiva e, tra essi, di questa Corte. Ed, invero, la norma in commento, per “le controversie per le quali non siano previsti” rimedi, esclude, in apice, che le specifiche attribuzioni decisorie contenute nelle norme federali possano essere ulteriormente ampliate, dovendo, in siffatte evenienze, radicarsi unicamente la competenza dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva o se del caso, ove previsto, del TNAS presso il C.O.N.I., come sede elettiva di chiusura del sistema di tutela giustiziale sportivo seppur non endofederale.  In definitiva, la res controversa introdotta con la domanda in epigrafe non rientra tra le attribuzioni tipiche e nominate della Corte di Giustizia federale.

 

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