Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 35/TFN - SD del 27 Settembre 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 1158/624pf20-21/GC/gb del 20.8.2021 nei confronti dei Sigg.ri F.R.P., C.G. e della società SSC Napoli Spa - Reg. Prot. 21/TFN-SD
Massima: Il calciatore tesserato con federazione estera è assoggettato alla giustizia sportiva per la violazione di cui all’art. 1 bis del Codice di Giustizia Sportiva all’epoca in vigore, oggi trasfuso nell’art. 4, comma 1, del CGS in relazione all’art. 3 del Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo all’epoca vigente, per non aver rilasciato, un contratto di rappresentanza al Sig. A. T. C. in relazione alla trattativa ed al contratto stipulato con la SSC Napoli in data 6.07.2018 e depositato presso la Lega Serie A, né di aver verificato che il proprio Agente avesse depositato presso la FIGC il mandato conferito in Spagna…La fattispecie oggetto di procedimento trova(va) diretta disciplina nel “Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo” vigente dalla data del 1° aprile 2015, data della sua pubblicazione su CU. In tale Regolamento si prevede, nell’art. 1 primo capoverso, che per “Calciatore si intende un calciatore professionista, tesserato o che intende tesserarsi come professionista per un Club (come appresso definito)” e, nel medesimo art. 1 ultimo capoverso, che per “Società Sportiva o CLUB si intendono le società sportive professionistiche affiliate alla Federazione Italiana Giuoco Calcio o ad altra Federazione affiliata alla FIFA”. Discende dalla piana lettura delle due disposizioni che il Regolamento in parola si applica anche ai calciatori non tesserati per la FIGC e che intendano tesserarsi per la stessa in esito alla (futura) stipula di un contratto con “un Club”. La prima previsione regolamentare è volta a disciplinare ed a rendere applicabile il Regolamento anche alla fase delle trattative tra le parti, essendo logico e coerente con il sistema che, fin da tale fase, la FIGC (e, per essa, gli Uffici o Commissioni a ciò preposte) sia messa a conoscenza dell’esistenza del contratto di rappresentanza così da legittimare, anche nei confronti della Società professionistica interessata, l’attività del (all’epoca) Procuratore Sportivo. Del resto, la previsione altro non è che applicazione del disposto dell’art. 2, comma 2 ultima parte, CGS, che rende applicabile il Codice anche “…. a coloro che svolgono qualsiasi attività …. comunque rilevanti per l’ordinamento federale”. Non appare, al riguardo, dubitabile che la fase della trattativa finalizzata alla stipulazione di un contratto di prestazione sportiva calcistica professionista abbia rilevanza per l’ordinamento federale (e anche internazionale) che, non a caso, ne disciplina possibilità, tempistica e anche modalità. Al riguardo e in particolare: a) L’art. 2, comma 2.1, del Regolamento (“Finalità) prevede che “ Il presente regolamento disciplina i servizi di assistenza e rappresentanza da parte di un Procuratore Sportivo a favore di una Società Sportiva e/o di un calciatore finalizzati: alla conclusione o risoluzione di un contratto di prestazione sportiva tra un Calciatore e una Società Sportiva…..”i; b) l’art. 3 del Regolamento dispone: “Società sportive e Calciatori possono avvalersi dei servizi di un Procuratore Sportivo per la stipula dei loro contratti di prestazione sportiva o per gli accordi di trasferimento da altro Club o verso altro Club, o per la risoluzione di un contratto di prestazione sportiva, a condizione che il Procuratore Sportivo selezionato sottoscriva il Contratto di Rappresentanza e sia iscritto nel Registro, e che i Contratti di Rappresentanza siano ritualmente depositati presso la FIGC”. Appare significativo che le due disposizioni utilizzino rispettivamente i termini “finalizzati” e “per” (e non, ad esempio, “nella”), significativi di un qualcosa in divenire. E, comunque e prima ancora che in diritto, appare evidente, sul piano della logica, che la conclusione di un contratto di rappresentanza e il suo rituale deposito presso la FIGC non possano che precedere l’attività che il rappresentante svolge anche nella fase delle trattative nell’interesse (nella fattispecie oggetto di procedimento) del calciatore. Consegue da quanto argomentato che sussiste pienamente l’assoggettabilità di un calciatore professionista tesserato per Federazione estera alla disciplina del Regolamento già richiamato. Va, quindi, rigettate l’eccezione preliminare sollevata dalla difesa nell’interesse del calciatore F. R. P., nei cui confronti va confermata l’applicabilità del ridetto Regolamento.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale: Lodo Arbitrale n. 1 del 13/01/2021 – www.coni.it
Parti: P. P./C. A.
Massima: Infondata è l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla parte intimata, non essendo il calciatore un consumatore come individuato dal codice del consumo. Parte intimata ha lamentato che la clausola compromissoria contenuta nell’art. 5 del contratto di mandato, costituente il titolo sul quale parte istante ha fondato la pretesa creditizia azionata nel presente giudizio, sarebbe da ritenersi “vessatoria ai sensi dell’art. 33, lett. t), D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e quindi nulla perché non oggetto di specifica sottoscrizione da parte del Calciatore/consumatore”, anche in virtù di quanto previsto dall’art. 1341, co. 2, c.c.. Nella ricostruzione della fattispecie operata dall’intimato, pertanto, l’Agente rivestirebbe la qualifica di professionista, a fronte del calciatore che rivestirebbe la qualifica di consumatore, in ragione, peraltro, dello status di lavoratore subordinato da quest’ultimo rivestito nel contratto di lavoro sportivo alla cui stipulazione è riferito l’incarico oggetto del contratto di mandato intercorso con l’agente. Sul punto la difesa dell’istante ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui la qualità di consumatore è esclusa soltanto nelle ipotesi in cui il soggetto persona fisica agisca per uno scopo relativo ad attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale e il rapporto di lavoro subordinato non integri “attività professionale” idonea a far ritenere sussistente la qualità di professionista e, per converso, escludere quella di consumatore. Parte istante ha richiamato, inoltre, la sentenza del Tribunale di Nola (17 maggio 2019) che, pronunciandosi sull’eccezione di incompetenza del Tribunale adito, sollevata da un calciatore nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da un procuratore sportivo per il pagamento del compenso pattuito nel contratto di mandato intercorso con lo stesso calciatore, ha fondato la decisione di accoglimento della predetta eccezione sull’applicabilità, nella fattispecie al suo esame, del Codice del Consumo. La predetta decisione si fonda sulla motivazione che può ricondursi alla qualità di “professionista” "la posizione dell’opposto ai sensi dell’art. 3, lett. c), D.lgs. n. 206/2005 (…) atteso che in base agli artt. 1 e 3 del Reg. Agenti di calciatori FIGC e dalla lettura del contratto di mandato depositato in atti l’agente sportivo può ritenersi libero professionista deputato, a titolo oneroso, a prestare opera di consulenza in favore del calciatore professionista, curando e promuovendo i rapporti tra quest’ultimo e la società di calcio”, mentre, d’altro canto, “la posizione soggettiva dell’opponente appare riconducibile a quella di consumatore ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a, del citato decreto (…) emergendo la qualità di lavoratore subordinato con qualifica di calciatore di società sportiva ai sensi dell’art. 3 della legge 1981/91”.In ordine alla superiore eccezione di parte istante ed alla richiamata giurisprudenza questo Collegio, osserva che la posizione del calciatore, ai fini dell’eventuale inquadramento del negozio stipulato con l’Agente entro lo schema della causa di consumo, va in primis riferita non già al contratto di lavoro intercorrente con la società sportiva, bensì al suddetto negozio intercorrente con l’Agente. Le considerazioni riferite allo status di lavoratore subordinato in capo al calciatore, per affermarne la qualifica di consumatore nel rapporto negoziale con l’Agente, risultano quindi inconferenti. Al contrario, si deve osservare che il calciatore, in quanto tesserato e, come tale, soggetto dell’ordinamento sportivo, è tenuto a conoscere la normativa federale e, in specie, quella concernente i contratti di lavoro sportivo e di cessione del contratto di lavoro sportivo, nonché la normativa federale che regola la stipula del contratto di mandato che si correla ai contratti sopra detti. Non può, pertanto, ravvedersi in seno al contratto di mandato intercorrente tra Agente e calciatore l’asimmetria informativa che giustifica l’applicazione della normativa del Codice del Consumo. Analoghe considerazioni possono svolgersi, peraltro, anche volendo riferirsi al contratto di lavoro intercorrente tra calciatore e società sportiva, ovvero anche alla cessione del contratto di lavoro intercorrente tra società cedente e società cessionaria, ma al cui procedimento, com’è noto, partecipa anche il calciatore tramite la sottoscrizione della Variazione di tesseramento e la stipula del nuovo contratto di lavoro con la cessionaria. Il riferimento a tali contratti risulta fondato sulla circostanza che il mandato intercorrente tra Agente e calciatore è funzionalmente diretto alla stipula dei predetti contratti; ma è dato osservare che neppure rispetto ad essi è configurabile la qualità di consumatore in capo al calciatore, così da giustificare l’applicazione della normativa di cui al Codice del Consumo. A parte il rilievo preliminare in ordine alla necessaria appartenenza all’ordinamento sportivo di entrambe le parti contrattuali, donde discende che esse sono tenute a conoscere parimenti la normativa di fonte federale, va, peraltro, osservato come non possa assegnarsi generale validità all’argomento secondo cui la qualifica di consumatore in capo al calciatore discenderebbe dallo status di lavoratore subordinato assegnatogli dalla legge n. 91/1981. In proposito va osservato, infatti, che la stessa legge n. 91/1981, dopo avere all’art. 3 stabilito che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato”, ha previsto che la stessa costituisca, “tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra uno dei seguenti requisiti: a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”. La previsione legislativa, quindi, sebbene in via eccezionale, che il contratto intercorrente tra calciatore e società sportiva possa essere riferito alla causa del contratto d’opera, priva di generale validità l’argomentazione espressa dalla giurisprudenza di legittimità fatta propria dalla parte istante. Neppure condivisibile appare l’argomento contrario che, a prima vista, potrebbe opporsi circa la necessità di operare una valutazione, case by case, che tenga conto in concreto della natura della prestazione convenuta a carico del calciatore, sicché la qualifica di consumatore andrebbe assegnata in tutti i casi in cui non ricorrano le eccezioni sopra dette. Va, infatti, di contro osservato che la diversa connotazione del rapporto di lavoro, in senso subordinato ovvero autonomo, non incide sulla sostanza della prestazione del calciatore, bensì soltanto sulle modalità e i tempi di effettuazione di tale prestazione. La qualificazione in senso subordinato ovvero autonomo, al di fuori dell’ambito di cui ci si occupa, ha invece generale rilievo nella configurazione sostanziale della prestazione lavorativa, in ragione, prima di tutto, del vincolo di subordinazione e dei conseguenti obblighi che ne discendono a carico del lavoratore subordinato. Il calciatore, anche là dove inquadrato in un rapporto di lavoro autonomo, ricorrendo una delle tre eccezioni sopra dette, non ha comunque autonomia nella scelta delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, se non limitatamente all’eccezione di cui alla lett. b per l’attività complementare di allenamento, ma, in riferimento alla attività propria in cui si esplica la prestazione lavorativa, non v’è alcuna differenza tra l’essere calciatore in campo in una manifestazione una tantum, ovvero l’esserlo in una partita di campionato. Non si ritiene condivisibile neppure il richiamo alla normativa sulle clausole vessatorie, di cui all’art. 1341, 2° comma, c.c., al fine di affermare la nullità della clausola compromissoria pattuita in seno al contratto di mandato intercorrente tra agente ed assistito, in ragione del difetto della specifica approvazione per iscritto della stessa clausola. Si osserva, infatti, al riguardo che, com’è noto, la normativa di cui all’art. 1341, 2° comma, c.c., rientra nella più generale materia delle condizioni generali di contratto, vale a dire nell’ipotesi della predisposizione unilaterale del contenuto contrattuale, che giustifica la particolare disciplina per essa prevista dal legislatore a tutela della parte che non partecipa alla formazione del contenuto del contratto. Tale ipotesi non ricorre nella fattispecie per cui è causa, giacché il contratto non è predisposto unilateralmente da una delle parti. In proposito, va per di più osservato che il rapporto negoziale intercorrente tra Agente ed assistito non è frutto della libera autodeterminazione delle parti, bensì deve rispettare le prescrizioni di forma e di sostanza stabilite dalla normativa federale, nonché, a seguito dell’entrata in vigore della disciplina sulla professione di Agente Sportivo di cui all’art. 1, comma 373, della L. n. 205/2017 (Legge di Stabilità 2018), anche quella di fonte statale ivi contenuta e la normativa CONI che ne è seguita (Regolamento degli Agenti Sportivi e Regolamento arbitrale per la risoluzione delle controversie ex articolo 22, comma 2, Regolamento CONI Agenti Sportivi). In proposito, l’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI Agenti Sportivi, dispone che “Salvo espressa deroga contenuta nel contratto di mandato, sono (…) devolute al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, ai sensi dell’art. 54, comma 3, del Codice di Giustizia sportiva tutte le controversie aventi ad oggetto la validità, l’interpretazione e l’esecuzione dei contratti di mandato stipulati dagli agenti sportivi nonché le relative controversie di carattere economico” (nel testo del Regolamento CONI Agenti Sportivi, vigente al tempo di conclusione del contratto di mandato tra le parti in causa, approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1630 del 26 febbraio 2019, non si prevedeva la facoltà di deroga, che è stata invece inserita nel testo approvato successivamente con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1649 del 29 ottobre 2019). Va altresì ricordato che, ai sensi dell’art. 5, co. 8, del predetto Regolamento Agenti Sportivi, “Con la domanda di iscrizione l’agente sportivo si impegna a rispettare le norme dell’ordinamento statale e dell’ordinamento sportivo, quali, a titolo esemplificativo, le norme statutarie, i regolamenti, le direttive e le decisioni del CONI, degli organismi sovraordinati, delle federazioni sportive nazionali professionistiche e delle federazioni sportive internazionali nell’ambito delle quali presta la propria attività professionale ..” e che, d’altra parte, ai sensi dell’art. 1, co. 2, “L’iscrizione al registro è obbligatoria per tutti coloro” che svolgono l’attività propria dell’Agente, quale viene specificamente definita dalla L. n. 205/2017 e ripetuta nel citato Regolamento CONI. Per quel che riguarda specificamente l’Agente Sportivo di calciatori, il Regolamento Agenti Sportivi FIGC (approvato con C.U. n. 137/A del 10 giugno 2019) prescrive, all’art. 5.1, che “Nell’ambito dell’esercizio della sua attività, l’Agente Sportivo iscritto al Registro federale o alla Sezione speciale deve rispettare le disposizioni del Regolamento CONI degli Agenti sportivi, del presente Regolamento….”. Esso non contiene un’espressa disposizione in ordine alla devoluzione delle controversie tra Agente ed assistito al Collegio di Garanzia dello Sport, ma il richiamo generale, contenuto nelle Disposizioni finali e transitorie, per quanto non espressamente previsto alle norme del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, rende applicabile la disposizione di cui all’art. 22, comma 2, sopra citata alle controversie tra Agenti di calciatori ed assistiti. La devoluzione delle controversie relative al contratto di mandato tra Agente ed assistito alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport ha fonte, quindi, non già propriamente nel suddetto contratto, ma nella normativa che regolamenta la figura dell’Agente e l’esercizio della sua attività, che si applica all’Agente in quanto iscritto nel relativo Registro. Quanto detto è in linea con la considerazione che, sebbene l’Agente Sportivo nell’ambito della Federcalcio non possa rivestire la qualità di tesserato e, dunque, non sia soggetto dell’ordinamento sportivo, gli si riconosca comunque una sorta di soggettività riflessa che comporta l’assoggettamento alla normativa regolamentare sugli Agenti Sportivi nonché, in primis, come statuito dall’art. 17, co. 2, del Regolamento CONI Agenti Sportivi, all’obbligo del rispetto del principio di lealtà, correttezza e probità, che rappresenta il principio fondamentale cui deve conformarsi l’operato di tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo. La necessaria conformità del contratto intercorrente tra l’Agente Sportivo e l’assistito alle prescrizioni, di sostanza e di forma, dettate dalla normativa federale è stata affermata anche dalla giurisprudenza di legittimità là dove, con riferimento al caso di un contratto di Agente stipulato da un avvocato senza il rispetto della modulistica prescritta dalla FIGC, ha escluso che spetti all’Agente alcun compenso, né in veste di Agente, né di avvocato, poiché si sarebbe in presenza di un contratto ex se invalido e inefficace per l’ordinamento sportivo, nonché inidoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico statale (Cass. civ., 19 maggio - 20 settembre 2012, n. 15934). Ricorre, pertanto, secondo il giudizio della Corte di Cassazione, l’efficacia integrativa delle norme dell’ordinamento sportivo rispetto al contratto tra Agente ed assistito, in virtù della “equità contrattuale sportiva”. Più di recente il principio è stato nuovamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità allorché si è riconosciuta l’invalidità del contratto di mandato, concluso in violazione delle norme dell’ordinamento sportivo, anche per l’ordinamento statale, in quanto dette norme “incidono necessariamente sulla funzionalità del contratto medesimo, vale a dire sulla sua idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico” (Cass. civ., 17 marzo 2015, n. 5216).