Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0030/CFA del 25 Ottobre 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 84 del 29 settembre 2021
Impugnazione – istanza: R. – P. – L. - Lazio/Procura Federale
Massima: Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, queste Sezioni Unite ribadiscono che l’odierno giudizio sia circoscritto alla sola determinazione delle sanzioni applicabili agli incolpati, in relazione agli addebiti di cui alle lettere B), C), E) ed F), nei limiti soggettivi ed oggettivi accertati definitivamente dalle pronunce di rinvio del Collegio di Garanzia…..Per determinare correttamente le misure delle sanzioni applicate agli incolpati, coerenti con i criteri delineati dalle citate decisioni di annullamento, il collegio procede, allora, nel seguente modo. Occorre assumere necessariamente come base di riferimento le sanzioni stabilite dalla precedente sentenza annullata: 12 mesi di inibizione ciascuno per R., P. e L. ed euro duecentomila di ammenda per la Lazio. A fronte di tale misure, va considerato, in primo luogo, con riferimento ai medici P. e R., che risulta esclusa, in radice, la responsabilità per il capo di deferimento di cui al Capo A). Ma anche con riguardo a tutte e 4 le restanti imputazioni, come già ricordato, il Collegio di Garanzia ha significativamente delimitato l’ambito oggettivo dei comportamenti ritenuti rilevanti sul piano disciplinare, escludendo qualsiasi responsabilità in ordine alla grave imputazione di non avere disposto l’isolamento e la quarantena dei soggetti positivi al virus. Un ragionevole criterio di proporzionalità (ancorché non rigidamente aritmetico) induce a ritenere corretta una rideterminazione della sanzione che, assumendo quale base di calcolo gli indicati dodici mesi, la riduca (con riguardo al solo aspetto oggettivo degli illeciti accertati) nella misura di un quarto.
Sotto l’aspetto soggettivo, poi, il Collegio di Garanzia impone di valutare, distintamente, in favore degli incolpati, una serie di elementi: - La relazione degli esperti, prodotta in corso di giudizio, volta a sottolineare il non trascurabile margine di errore correlato all’effettuazione dei test sulla positività dei calciatori; - L’assoluta novità della disciplina dettata dalla Federazione e la conseguente difficoltà di farne esatta applicazione. Questa Corte ritiene necessario chiarire, al riguardo, la portata della decisione del Collegio di Garanzia. L’accertata omessa considerazione di elementi favorevoli agli incolpati ai fini della adeguata commisurazione della sanzione non può tradursi nell’affermazione di un mero difetto di motivazione nella ponderazione dei fattori che avevano portano alla quantificazione della condanna, ma comporta un vincolo positivo più incisivo nella presente fase d giudizio, vincolo che impone, comunque, di ridurre la misura originariamente applicata. Il rinvio alla Corte, infatti, deriva dai connotati propri della decisione del Collegio di Garanzia, che non ha il potere “di merito” inerente la concreta nuova quantificazione della sanzione. Una possibile diversa interpretazione, in forza della quale, la Corte dovrebbe oggi limitarsi a considerare espressamente in motivazione gli elementi “favorevoli” agli incolpati, indicati dal Collegio di Garanzia, giudicandoli però sempre recessivi rispetto agli altri aspetti degli illeciti accertati, finirebbe per eludere l’effetto conformativo derivante dalla decisione di annullamento, ledendo i diritti delle parti vittoriose nel giudizio dinanzi al CONI. A fortiori, la Procura federale non può introdurre, in questa fase di giudizio, nuovi elementi diretti a sostenere ulteriori profili di disvalore degli illeciti accertati, asseritamente rilevanti in senso sfavorevole agli incolpati. Questa affermazione va precisata, però, con riferimento al criterio fissato dal Collegio di garanzia, riguardante la mancata considerazione del parere reso dagli esperti…..Con riguardo alla posizione del Presidente L., occorre considerare, oltre ai profili comuni ai due medici, i seguenti aspetti, partitamente indicati dal Collegio di Garanzia: - Tre dei cinque addebiti disciplinare accertati dall’annullata decisione annullata sono definitivamente venuti meno; - I due addebiti residui (lettere E e F) sono significativamente ridimensionati nella loro portata oggettiva; - La responsabilità del presidente della società va graduata – in diminuzione - rispetto a quella dei medici, in presenza della riconosciuta delega di funzioni; - Diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza annullata, non può incidere negativamente sulla commisurazione della sanzione l’ipotizzata recidiva, in quanto non ritualmente contestata; - Va riconosciuta validità ed efficienza del modello organizzativo sanitario. Anche con riguardo al presidente L. vanno considerati, inoltre, i seguenti elementi, secondo quanto esposto in relazione ai medici: - La relazione degli esperti, prodotta in corso di giudizio, volta a sottolineare il non trascurabile margine di errore correlato all’effettuazione dei test; - La novità della disciplina dettata dalla Federazione, che attenua la colpa di chi commette violazioni nella prima fase di applicazione. Alla luce di questi vincoli inderogabili fissati dal Collegio di garanza, questa Corte ritiene corretta una determinazione della sanzione nella misura di mesi due di inibizione….Come esposto in precedenza, la società risponde, a titolo di responsabilità diretta, per le condotte di cui ai capi E) ed F) ascritte al presidente Lotito, e, a titolo di responsabilità indiretta per le condotte di cui ai capi B), C), E) ed F), ascritte ai medici Pulcini e Rodia Questa Corte ritiene che l’ambito della responsabilità della Società e la sua misura si connette, con tutta evidenza, agli stessi elementi indicati con riguardo ai suoi tesserati, considerando il duplice titolo di responsabilità degli addebiti (indiretta, con riguardo alle condotte dei medici, diretta, con riferimento alla condotta del presidente). Non risulta accertata, invece, la responsabilità propria, con riferimento alla contestata violazione degli obblighi gravanti sulla società. In questa cornice, tenendo conto anche di tutti gli elementi già esposti con riguardo alla commisurazione delle sanzioni applicate agli altri deferiti, è pienamente coerente con gli indicati parametri la sanzione di euro cinquantamila di ammenda.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite: Decisione n. 85 del 29/09/2021
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC n. 103/CFA 2020-2021, assunta in data 7 maggio 2020 e comunicata in pari data, con la quale è stato respinto il reclamo proposto per la riforma della decisione emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC, in data 26 marzo/6 aprile 2021, n. 132TFN/SD, e, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte, alla società S.S. Lazio S.p.A., la sanzione dell’ammenda pari ad € 200.000,00 e, al dott. C. L., la sanzione dell’inibizione per dodici mesi.
Impugnazione Istanza: – C. L. - S.S. Lazio S.p.A./Procura Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio/I.P. –F.R.
Massima: Infondata è l’eccezione secondo cui manca una norma sanzionatoria in merito alla violazione dell’obbligo di immediata segnalazione alla competente ASL dei casi di sospetto contagio o un obbligo di attivarsi per fornire notizia della positività….La CFA ha fondato la responsabilità dei ricorrenti sulla violazione del C.U. n. 78/A, dell’art. 257 e 260 T.U. leggi sanitarie e dell’art. 8 del codice deontologico, avendo riguardo alle medesime condotte delineate nell’atto di deferimento. Il C.U. n. 78/A (del 31 agosto 2020) non ha modificato il CGS, introducendo una nuova fattispecie di illecito disciplinare, ma ha previsto soltanto le sanzioni specificamente applicabili alle società sportive in caso di violazioni ai protocolli sanitari FIGC commesse nella stagione sportiva 2020/2021, reiterando quanto già sancito dal precedente C.U. n. 210/A (dell’8 giugno 2020) in riferimento alla stagione precedente 2019/2020. Come dispone l’art. 1 di detto C.U. n. 78/A, “Le società professionistiche … sono tenute all’osservanza dei Protocolli Sanitari finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologia da COVID-19 emanati dalla FIGC e validati dalle Autorità sanitarie e governative competenti. In caso di violazione dei Protocolli Sanitari, a carico della società responsabile si applicano, a seconda della sua gravità, le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), c) e g), del C.G.S. della FIGC”. Il C.U. n. 78/A, come il precedente C.U. n. 210/A, non ha necessitato di approvazione da parte del CONI, che, infatti, non ’ stata per alcuno dei citati provvedimenti. Le violazioni sindacate dalla CFA nella decisione impugnata, sebbene riferite a controlli effettuati in osservanza di Protocolli UEFA in quanto connessi alla disputa di gare di Champions League, si risolvono, nei limiti di quanto sarà più sotto precisato, nella violazione della normativa domestica, tanto federale quanto statale, quest’ultima espressamente richiamata dalla prima. A tal proposito, giova richiamare l’art. 4, comma 1, CGS che sancisce “ l’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali” e dei “principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”. Peraltro, anche la normativa UEFA di settore (UEFA Return to Play Protocol), per il caso di positività riscontrata in sede di analisi, al par. 7.6 richiama gli obblighi stabiliti dalle autorità sanitarie locali competenti ai quali comunque il medico sociale si deve conformare.
Massima: Accolti n. 4 motivi di ricorso e per l’effetto rinviati gli atti alla CFA ai fini della nuova valutazione della misura della sanzione…..non si tratta in questa sede di procedere ad una rideterminazione della misura della sanzione - compito che spetta al Giudice del merito - ma di riaffermare la necessità di una rinnovata valutazione della misura della sanzione, tenendo conto dei profili di responsabilità ritenuti insussistenti da parte di questo Collegio (con riguardo alla non necessarietà di una espressa e specifica delega di funzioni al medico sociale; alla non ravvisabilità di culpa in eligendo e di culpa in vigilando, nei limiti già indicati) e della ritenuta necessità di prendere in considerazione i pareri dei tre esperti, prodotti dai ricorrenti. Inoltre, dovrà essere riconosciuto adeguato rilievo alla circostanza che le condotte censurate si riferiscono a fatti verificatisi nei primi mesi di applicazione della complessa normativa anti-covid, con tutte le incertezze interpretative ed applicative a questa connesse.
Massima: Il presidente della società non è responsabile della mancanta segnalazione della positività al COVID per mancanza di prova del conferimento di una valida delega in forma scritta al ‘medico sociale responsabile sanitario’, in quanto ciò è previsto dall’art. 44 NOIF il quale dispone infatti che “Ogni società ha l'obbligo di tesserare un Medico sociale responsabile sanitario, specialista in medicina dello sport, che in tale veste deve essere iscritto in apposito elenco presso il Settore Tecnico della F.I.G.C. Tale sanitario assume la responsabilità della tutela della salute dei professionisti di cui al comma 1, ed assicura l'assolvimento degli adempimenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalla normativa federale”. Tale disposizione rende assolutamente superflua qualunque delega, orale o scritta, da parte del legale rappresentante della società, essendo da sola sufficiente per il trasferimento di funzioni e responsabilità dal vertice aziendale al medico sociale. Invero, la disciplina dettata dall’art. 44 delle NOIF appare coerente ai criteri sui quali si fonda il D. Lgs. n. 231 del 2001 in materia di responsabilità delle persone giuridiche, imponendo l’adozione di un modello organizzativo idoneo sia sul piano soggettivo (specificando i requisiti che deve possedere il Medico, che deve essere specialista in medicina dello sport e tesserato dalla Federazione), che oggettivo (prevedendo l’attribuzione al medico di ampi poteri ai quali corrisponde una altrettanto ampia responsabilità). Infine, possono utilmente riprendersi le considerazioni svolte, nel procedimento in esame, dal Tribunale Federale, il quale aveva opportunamente richiamato il protocollo relativo alla ripresa delle attività nel calcio dilettantistico e giovanile. Ivi si specifica espressamente che “ Obbligo del Medico Sociale o del MAP, in caso di positività al test molecolare o antigenico rapido, darne immediata comunicazione (con la collaborazione attiva ’ e della Società) al SISP della ASL competente per territorio e al Medico di medicina generale ’ che rimangono “ope legis ” i responsabili dei procedimenti a tutela della salute individuale e collettiva e dell’attivazione delle procedure di sanità pubblica necessarie”. Come ha osservato il Tribunale e tale obbligo specificatamente riferito al medico sociale nel caso di società di calcio dilettantistico, a maggior ragione si deve ritenere nel caso di una società di calcio professionistico, nella quale sono ancor più delineati ed organizzati ruoli e funzioni (come, del resto, dispone il citato art. 44, comma 2, NOIF). Peraltro, la CFA non ha neppure considerato il vasto ed articolato modello organizzativo adottato in materia sanitaria dalla società Lazio, la quale, oltre ad avere individuato - come prescritto dall’art. 44 NOIF - un qualificato professionista come medico sociale, ne ha indicato un altro, parimenti qualificato, come Responsabile sanitario; ed inoltre si è avvalsa di una numerosa squadra di medici (i ricorrenti hanno fatto riferimento a “ben diciassette medici” e la circostanza non è stata contestata).
Massima: Non susssite la responsabilità a titolo di culpa in eligendo o di culpa in vigilando in capo al presidnete della società qualora susssista una valida ed efficace attribuzione di funzioni in favore del medico sociale e responsabile sanitario….Quanto al profilo della culpa in eligendo, si deve innanzitutto notare che la decisione impugnata, pur ravvisando un tale titolo di responsabilità, non ha in alcun modo specificato sotto quale profilo la “scelta” dei medici sociali compiuta dalla Lazio (e della quale risponderebbe il suo Presidente) sarebbe censurabile, viziata o inadeguata. È chiaro, infatti, che la culpa in eligendo a carico del preponente non ricorre se il preposto abbia compiuto un errore o una negligenza, bensì se la scelta del preponente possa ritenersi formalmente o sostanzialmente scorretta. Come il ricorrente ha esattamente osservato, è la scelta del preponente, e non l’eventuale errore del preposto, a fondare la responsabilità del primo: secondo questa tesi, non si “risponde” se la scelta è corretta (ad esempio, affidamento dell’incarico ad uno stimato professionista che, tuttavia, eventualmente commette un errore o una negligenza), mentre si “risponde” solo qualora l’incarico venga affidato a soggetti palesemente privi delle competenze tecniche per svolgere l’incarico in questione. Orbene, nel caso in esame, occorre considerare che la Lazio si è affidata a professionisti qualificati - medici sportivi - muniti di determinate competenze e un alto grado di specializzazione. E quanto maggiori sono le competenze che un soggetto per legge deve possedere per svolgere il proprio ruolo in termini di qualificazione professionale, tanto maggiore è l’aspettativa che l’ordinamento giuridico ha nei confronti di tale soggetto. Ne segue che nessuna culpa in eligendo - nella individuazione dei medici sociali - può essere ascritta né alla Lazio, né al dott. L.. Discorso (parzialmente) analogo vale anche per la culpa in vigilando, la quale va necessariamente ad attenuarsi nel momento in cui l’impegno dovuto dal preposto diventa altamente tecnico e specialistico, e dunque, per dirla nei termini di parte ricorrente, “inesigibile” da parte di un preponente non tecnico, almeno per quanto riguarda tutte le incombenze (e tra queste le segnalazioni) di carattere specificamente sanitario. Si consideri, infatti, che i mancati adempimenti contestati al Presidente, come si è visto, sono - in gran parte - attività che presentano aspetti tecnici (e richiedono professionalità) che sono di specifica competenza dello staff medico. Le considerazioni che precedono consentono, dunque, di escludere la ravvisabilità di una culpa in vigilando da parte del Presidente della Società dott. L. in relazione a quelle che erano le specifiche funzioni proprie di carattere sanitario rimesse al medico sociale e al suo staff, ma non possono avere il medesimo effetto escludente con riguardo alle condotte indicate alle lett. e) ed f) dell’atto di deferimento (“per non avere sottoposto all’obbligatorio periodo di isolamento in caso di asintomaticità, … il calciatore C. I., il quale è stato utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020….”; “ per non avere sottoposto al periodo di isolamento , … il calciatore D. A., e, conseguentemente, per averlo inserito nella distinta gara ’ Lazio - Juventus dell'8 novembre 2020” . Tali condotte possono assumere rilevanza disciplinare, non già in riferimento alle segnalazioni eventualmente dovute o all’omessa prescrizione della quarantena, ma con specifico e limitato riferimento all’impiego dei giocatori risultati positivi. Mentre al Presidente certamente non potrebbe ascriversi alcuna responsabilità in relazione alla mancata prescrizione della quarantena o in relazione alla mancata comunicazione alla ASL dei nominativi dei contatti stretti, viceversa a suo carico può assumere rilevanza una negligenza consistente nell’a ere consentito a un giocatore risultato positivo (sia pure ad un solo tampone) di accedere nei locali della società sportiva e di scendere in campo. Un principio di precauzione esigibile anche da parte di chi non abbia una specifica competenza medica avrebbe imposto - pur nell’in ertezza e nella contraddittorietà degli esiti dei controlli eseguiti - di evitare l’ingresso in campo di un calciatore risultato positivo ad uno dei test eseguiti.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite: Decisione n. 84 del 29/09/2021
Decisione impugnata: Sentenza della Corte Federale d'Appello della FIGC n. 103/CFA 2020-2021, assunta in data 7 maggio 2020 e comunicata in pari data, con la quale è stato respinto il reclamo proposto per la riforma della decisione emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC in data 26 marzo/6 aprile 2021 n. 132 TFN/SD e, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte al dott. I. P. la sanzione dell’inibizione per dodici mesi; al dott. F. R.la sanzione dell’inibizione per dodici mesi; alla società S.S. Lazio S.p.A. l’ammenda pari ad euro 200.000,00 e al dott. C.L. la sanzione dell’inibizione per dodici mesi.
Impugnazione Istanza: I. P. – F. R. - S.S. Lazio S.p.a./Procura Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Rigettata l’eccezione di parte ricorrente che ha lamentato che “il C.U. 78 del 2021 non era norma incriminatrice costituendo il Comunicato soltanto una proposta di norma sanzionatoria Anticovid, non ancora trasformata, attraverso la procedura “legislativa” prevista dal CONI in norma sanzionatoria in vigore… Diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, il C.U. n. 78/A non ha modificato il CGS, introducendo una nuova fattispecie di illecito disciplinare, ma ha previsto soltanto, reiterando quanto già sancito dal precedente C.U. n. 210/A in riferimento alla s.s. 2019/2020, le sanzioni specificamente applicabili alle società sportive in caso di violazioni ai protocolli sanitari FIGC commesse nella s.s. 2020/2021. La ratio dei provvedimenti sopracitati, come si evince chiaramente dalla lettura delle premesse, è quella di esercitare una significativa pressione sulle società sportive, attraverso la specifica previsione di date sanzioni disciplinari a loro carico per le violazioni dei protocolli sanitari anti-covid, al fine di garantirne il rispetto. Pertanto, il C.U. n. 78/A, così come parimenti il C.U. n. 210/A, non ha necessitato di approvazione da parte del CONI, che, infatti, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, non v’è stata per alcuno dei citati provvedimenti.
Massima: Rigettata l’eccezione di parte ricorrente che ha lamentato che che “larga parte della condanna muove dal presupposto che i test effettuati in vista delle competizioni UEFA, che sono svolti da centri dedicati e che rispondono ad un distinto ed apposito Protocollo approvato dalla UEFA, avrebbero efficacia diretta nel campionato di Serie A, il quale invece risponde ad un distinto protocollo approvato dalla FIGC”….Le violazioni commesse dai ricorrenti, sebbene riferite a controlli effettuati in osservanza di Protocolli UEFA in quanto connessi alla disputa di gare di Champions League, si risolvono, nei limiti di quanto sarà più sotto precisato, nella violazione della normativa domestica, tanto federale quanto statale quest’ultima espressamente richiamata dalla prima. A tal proposito, giova richiamare l’art. 4 comma 1 CGS, che sancisce “l’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali” e dei “ principi della lealtà della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”; peraltro anche la normativa UEFA di settore (UEFA Return to Play Protocol), per il caso di positività riscontrata in sede di analisi, al par. 7.6 richiama gli obblighi stabiliti dalle autorità sanitarie locali competenti ai quali comunque il medico sociale si deve conformare. Le violazioni commesse rilevano, dunque, in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva, esponendo gli autori a responsabilità disciplinare nei confronti della Federazione di appartenenza anche se le stesse emergano in riferimento a gare da disputarsi in ambito UEFA, con l’effetto che le stesse sono pienamente sussumibili nell’ambito di applicazione della Giustizia Sportiva della FIGC.
Massima: Accolti n. 3 motivi di ricorso e per l’effetto rinviati gli atti alla CFA ai fini della nuova valutazione della misura della sanzione…..La valutazione delle condotte dei ricorrenti, ai fini dell’accertamento della loro responsabilità, deve compiersi sulla base della normativa di fonte federale rappresentata, nella specie, dai Protocolli sanitari anti-covid, richiamati nell’atto di deferimento, e di quella di fonte statale in materia di misure di contrasto all’emergenza epidemiologica. Nell’ambito di quest’ultima, assume principale rilievo, ai fini della decisione della fattispecie de qua, la Circolare del Ministero della Salute del 18 giugno 2020, prot. n. 21463, che è espressamente richiamata nei Protocolli sanitari FIGC, con la quale sono state dettate le modalità attuative della procedura di “ricerca dei contatti” (contact tracing) nell’ambito dell’attività agonistica di squadra, sulla base del parere del Comitato tecnico scientifico (verbale del 12 giugno 2020, n. 88) avente ad oggetto “l’individuazione di misure precauzionali alternative e/o aggiuntive a li abili” all’ambito sopra detto. La Circolare ministeriale sopra citata stabilisce, in particolare, che il “Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente (…) per quanto riguarda l’attività agonistica di squadra professionistica, nel caso in cui risulti positivo un giocatore, ne dispone l’isolamento ed applica la quarantena dei componenti del gruppo squadra che hanno avuto contatti stretti con un caso confermato” prevedendo, al contempo, quale misura eccezionale atta a consentire lo svolgimento del campionato di calcio secondo le indicazioni offerte dal CTS, che la quarantena possa essere sospesa per i giocatori risultati negativi al test anti-covid il giorno della gara e ripresa al termine della gara stessa. La procedura di ricerca dei contatti, quindi, è di esclusiva competenza dell’autorità di sanità pubblica; né, invero, potrebbe essere altrimenti giacché incide sul piano della privacy, quanto alla identificazione dei contatti stretti, e su quello delle libertà personali, quanto alla prescrizione della quarantena. Non risulta condivisibile, d’altra parte, l’interpretazione data dal TFN e condivisa dalla CFA in ordine alla portata applicativa del citato Parere del CTS, né coglie nel segno il richiamo operato dalla resistente alla decisione di questo Collegio n. 1/2021 al fine di affermare la portata precettiva del suddetto Parere. Esso è, infatti, richiamato nella menzionata decisione non già quale referente normativo della disciplina sul contenimento dei contagi nell’ambito delle attività agonistiche di squadra, bensì allo specifico fine di evidenziare come la Circolare ministeriale, che è identificata come “la fonte normativa che disciplina il caso esaminato” difformemente dal Parere del CTS abbia previsto la procedura di effettuazione dei tamponi il giorno della gara soltanto in via eventuale, assegnando la relativa decisione al Dipartimento di Prevenzione. Va, peraltro, osservato che: a) come si evince dalla stessa Circolare sopra menzionata, la procedura ivi prevista è fondata sul presupposto dell’accertamento di “un caso confermato”; b) nella Circolare ministeriale del 29 maggio 2020, n. 18584 - che detta le linee generali del “ i tema ricerca e gestione dei contatti (contact tracing)” offrendo le definizioni dei termini “ contatto” e “ contatto stretto” - si distingue tra “caso probabile” o “ confermato”; c) nell’ aggiornamento dei Protocolli Allenamenti e Gare del 30 ottobre 2020 sono ripetute le indicazioni contenute nelle menzionate Circolari ministeriali per i “ a i di accertata o itività” prevedendo che le misure di quarantena siano applicate ai contatti stretti “ confermati e identificati dalle autorità sanitarie”. Alla luce di quanto sopra detto, osserva questo Collegio che la CFA ha erroneamente valutato l’operato dei ricorrenti al fine dell’accertamento della loro responsabilità in riferimento alle condotte delineate alla lett. a) dell’atto di deferimento (“per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di 8 (otto) tesserati, riscontrata, in data 27 ottobre 2020, dal laboratorio Synlab (…) e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei contatti stretti dei tesserati positivi, e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “ positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi”, ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “ positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid- 19”). La nota inviata dal dott. I. P., quale Responsabile sanitario della S.S. Lazio S.p.A., al Direttore del SISP territorialmente competente attesta, infatti, l’avvenuto avvio dell’interlocuzione con l’autorità di sanità pubblica, alla quale soltanto spetta il giudizio in ordine all’adozione delle misure di contenimento del contagio. Va, per inciso, osservato sul punto che l’interlocuzione tra il privato e l’autorità di sanità pubblica non necessita di particolari formalità, come si evince, tra l’altro dalla lettura della Circolare ministeriale da ultimo menzionata. La censura della decisione della CFA per le ragioni di diritto sopra espresse è vieppiù aggravata dal rilievo dell’integrale omesso riferimento nella motivazione della decisione della CFA ai pareri pro veritate prodotti dai ricorrenti. Analoga considerazione non può svolgersi, invece, in riferimento alle condotte indicate alle lett. b) e c) dell’atto di deferimento, stante l’assenza di accertamento in fatto di alcuna attività posta in essere dai ricorrenti nei confronti del SISP. Parimenti, le condotte indicate alle lett. e) ed f) dell’atto di deferimento (“per non aver sottoposto all’obbligatorio periodo di isolamento (..) il calciatore C. I. (..) utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020 (…); il calciatore D.A. (…) inserito nella distinta gara dell’incontro Lazio - Juventus dell’8 novembre 2020”) possono assumere rilevanza disciplinare, bensì non già in riferimento all’omessa prescrizione della quarantena, ma con specifico limitato riferimento all’impiego in campo dei giocatori positivi. In altri termini, mentre non rientra nelle competenze del medico sociale la prescrizione della quarantena che incide sulla libertà di movimento in genere del soggetto che ne è destinatario, rientra invece certamente nell’ambito delle sue responsabilità la scelta di far accedere nei locali della società sportiva e di far scendere in campo un giocatore risultato positivo.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 22/TFN - SD del 12 Agosto 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 682/620pf20-21/GC/ac del 23 luglio 2021 nei confronti dei sigg.ri R. F., T. R. e della società Paganese Calcio 1926 Srl - Reg. Prot. 10/TFN-SD
Massima: A seguito di patteggiamento ex art. 127, comma 1, C.G.S. – F.I.G.C. il procuratore della società è sanzionato con l’ammenda di € 6.000,00 (commutazione di mesi 4 di inibizione) per la violazione dell’art. 4, comma 1, in combinato disposto con l’art. 2, comma 1, con riferimento al C.U. 78/A del 1.9.2020 relativo alla osservanza dei protocolli sanitari, e, in particolare, per essere venuto meno ai doveri di osservanza delle norme e degli atti federali nonché di lealtà, correttezza e probità sportiva, e in particolare per essersi materialmente attivato affinché il sig. E. C., all’epoca dei fatti allenatore iscritto nei registri del Settore Tecnico della F.I.G.C. (n. 844470 Uefa Pro), avesse accesso agli impianti sportivi della società Paganese in occasione della gara del Campionato di Lega Pro Paganese-Viterbese del 3.3.2021, senza averne titolo, accedendo alla cosiddetta “Zona 1” e si posizionasse per quasi tutta la durata della gara nella tribuna normalmente destinata agli spettatori (“Zona 2”). Ammenda di € 4.000,00 (commutazione di mesi 2 e giorni 20 di inibizione) invece al legale rapp.te della società ed € 4.000,00 di ammenda alla società a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art. 6, comma 1, C.G.S.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0001/CFA del 14 Luglio 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione Disciplinare n. 154/TFN – SD 2020/2021, depositata l’8 maggio 2021
Impugnazione – istanza: Virtusvecomp Verona s.r.l-L.F. -S.A./Procura Federale
Massima: La Corte riduce a mesi 9 di inibizione ed € 6.000,00 di ammenda la sanzione infitta dal Tribunale in mesi 12 di inibizione ed € 12.000,00 ammenda a carico del presidente del Cda della società per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22 maggio 2020, nonché di quanto previsto dal CU 78/A del 1 settembre 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, delle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 28 settembre 2020, e di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30 ottobre 2020, per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’Allegato n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di calcio professionistiche e degli arbitri”, in particolare: a) per non aver sottoposto il gruppo squadra al test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 14 settembre 2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 9 settembre 2020; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo con riferimento al test eseguito in data 22 settembre 2020 a distanza di 17 giorni dal precedente del 5 settembre 2020, al test eseguito in data 23 ottobre 2020 a distanza di 17 giorni dal precedente del 6 ottobre 2020, al test eseguito in data 7 novembre 2020 a distanza di 15 giorni dal precedente del 23 ottobre 2020; al test eseguito in data 7 gennaio 2021 a distanza di 21 giorni dal precedente del 17 dicembre 2020; b) per aver indicato le date di formazione del gruppo squadra e di avvio delle attività sportive individuali e collettive dichiarando co e tempo zero la data del 5 settembre 2020, anziché la data del 21 agosto 2020, giornata nella quale il Gruppo Squadra si è radunato per eseguire i test sanitari necessari per poter partecipare al ritiro pre-campionato a Mezzano di Primiero (TN) dal 21 agosto al 1 settembre 2020; per non aver costituito la “bolla” del Gruppo Squadra e non aver eseguito tutti i relativi test sanitari previsti da protocollo al momento dell’accertata positività di … e Bentivoglio Simone al tampone del 21 agosto 2020, con ciò peraltro consentendo al giocatore …, in isolamento quale contatto stretto di soggetto risultato positivo al Covid-19, di partecipare agli allenamenti nel ritiro a Mezzano di Primiero (TN) dal giorno 21 agosto 2020 ed ai giocatori … e …. di partecipare agli allenamenti collettivi dal 21 agosto al 1 settembre 2020, nonché per aver consentito e, comunque, non impedito che sia il … che il …partecipassero alla partita contro la società Virtus Entella del 3 settembre 2020 a Ronzone (TN), con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19. …….Sulla questione della concreta determinazione delle sanzioni, la Corte osserva che l’art. 13, CGS, dopo aver tipizzato al comma 1 le circostanze attenuanti, al comma 2 prevede espressamente che “Gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della sanzione”, così introducendo uno strumento flessibile, affidato al prudente apprezzamento del giudice, per rendere quanto più adeguata possibile la sanzione all’entità e gravità dei fatti accertati. Nel caso di specie ritiene la Corte che tale speciale previsione possa essere effettivamente utilizzata, dovendo tenersi conto non solo, in una prospettiva complessiva, dell’attività quarantennale svolta dal dirigente della società Virtusvecomp Verona s.r.l. nella promozione del calcio, quale strumento privilegiato di crescita sociale e culturale e di sviluppo economico per i fondamentali valori di solidarietà e di uguaglianza cui esso si ispira, ma anche della effettività eccezionalità della situazione epidemiologica da COVID-SARS-2, delle evidenti difficoltà organizzative con cui tutto il mondo dello sport in generale e del calcio in particolare si è trovato a confrontarsi. Tale circostanza attenuante, per effetto dell’indissolubile rapporto organico tra dirigente della società e quest’ultima, può non irragionevolmente essere estesa anche alla stessa società. Pertanto, anche l’inibizione di mesi 12 ed € 12.000,00 di ammenda inflitta al responsabile sanitario viene ridotta a mesi 9 ed € 6.000,00, così come l’ammenda di € 12.000,00 inflitta alla società è ridotta ad € 6.000,00
Massima: Invero le disposizioni emanate dalla FIGC in relazione all’epidemia da SARSCOV- 2 per disciplinare la ripresa ed il corretto proseguimento delle attività delle società sportive, dei dirigenti, degli atleti, degli ufficiali di gara e di ogni altro soggetto (esplicante attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo o decisionale comunque rilevante per l’ordinamento federale) costituiscono “norme federali” e sono fonti dell’ordinamento stesso, ancorché di natura atipica e di carattere temporaneo e speciale, assimilabili alle ordinanze extra ordinem o contingibili e urgenti, previste dall’ordinamento giuridico statale. Esse, pertanto, sono cogenti ed obbligatorie per i soggetti dell’ordinamento sportivo, i quali sono tenuti alla relativa osservanza, il tutt secondo la previsione di cui all’art. 4, comma 1, CGS. Postulare, come prospettato da parte dei reclamanti, che la loro cogenza e obbligatorietà sia riservata soltanto all’effettuazione dei tamponi e dei test sierologici e non anche alla loro cadenza temporale (rispetto cioè dei quattro giorni per i tamponi e dei 14 giorni per i test sierologici dal precedente) non solo non trova alcun indizio in tal senso, ma soprattutto ne mortifica la ratio. Tale ratio - come si legge proprio nelle Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di calcio professionistiche (e degli arbitri) formulate dalla Commissione Medico Scientifica federale - è quella di “…fornire le massime garanzie oggi possibili per tutelare la salute dei calciatori, degli arbitri e di tutti gli addetti ai lavori in caso di ripresa degli allenamenti collettivi” e di “… ridurre al minimo il rischio di contagio (nuovi casi)”, nella consapevolezza che relativamente al momento in cui si sono verificati i fatti contestati “….in mancanza di una prevenzione realmente efficace (vaccino), il rischio «zero» di contagio non esisteva e non esiste”.
Ne deriva che, per quanto di interesse nel presente procedimento, la identificazione del Gruppo Squadra (inteso come l’insieme di tutte le persone destinate necessariamente ad operare in stretto contatto tra di loro - calciatori, massaggiatori, fisioterapisti, magazzinieri, altri componenti dello staff, il medico sociale, etc.) e la minuziosa descrizione delle procedure mediche di screening, compresa quella secondo cui tutti i soggetti sono sottoposti, tra l’altro, alla “ Ricerca del RNAvirale (Tampone o altro test rapido validato) a 72/96h dall’inizio degli allenamenti di gruppo e anche al Tempo zero delle attività collettive. Il tampone verrà ripetuto ogni 4 giorni. Il test sierologico per la ricerca IgG/IgM/ [IgA] verrà effettuato al Tempo zero e verrà ripetuto ogni 14 gg”, costituiscono un unicum inscindibile, quanto a cogenza ed obbligatorietà, evidentemente e ragionevolmente finalizzato a contemperare lo svolgimento dell’attività sportiva professionistica, da una parte, e la tutela della salute degli atleti e di tutti i soggetti a vario titolo impegnati nelle attività necessarie e strumentali allo svolgimento dell’attività sportiva, dall’altra parte. Il che esclude in sé, per il rilievo costituzionale del bene salute, la presunta natura meramente ordinatoria dei termini entro cui periodicamente quegli esami medici devono essere effettuati. E’ appena il caso di aggiungere che proprio la delineata ratio delle ricordate norme federali (in particolare, le Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di calcio professionistiche (e degli arbitri), formulate dalla Commissione Medico Scientifica Federale, esclude ogni preteso contrasto con la invocata Circolare del Ministero della Salute o con la indicata letteratura scientifica sull’argomento, contrasto che sarebbe potuto essere astrattamente rilevante solo se la previsione delle norme federali fosse stata più permissiva di quelle, ma non già quando la stessa, come prospettata dai reclamanti, è invece ispirata ad un maggior rigore ed ad una maggiore tutela a garanzia della salute dei soggetti dell’ordinamento sportivo.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 113/CFA del 17 Giugno 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisioni del Tribunale federale nazionale (TFN), sezione disciplinare, nn. 143 e 144 del 7 maggio 2021, pronunciate rispettivamente a seguito dei deferimenti del Procuratore Federale n. 10966/445pf20-21/GC/blp e n. 10965/514pf20-21/GC/gb del 15 aprile 2021
Impugnazione – istanza: sig. G.D.A.-sig. C.A.-F.C. Casertana srl-Procura Federale
Massima: In riforma della decisione impugnata il presidente del Cda della società è sanzionato con l’inibizione di mesi 13: a) per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle N.O.I.F., nonché di quanto previsto nelle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 22/06/20, nonché dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, nonché di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari, in particolare, per aver consentito e, comunque, non impedito che venissero schierati in campo 3 giocatori del Gruppo Squadra, sig.ri …., che presentavano, prima di entrare in campo, oltre ai tipici sintomi influenzali da Covid-19, anche un innalzamento della temperatura corporea superiore a 37,5°C, poi risultati positivi al virus, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19; b) per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle N.O.I.F. e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22/05/2020, nonché di quanto previsto dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, delle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 28/09/2020 e di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone al Tempo -1 (T-1) a 72-96h dal Tempo zero fissato (T0) in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico al T0 in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 24/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 17/08/20, al test eseguito in data 31/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 24/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico all’accertata positività di … al tampone del 31/08/20, di …. al tampone del 16/10/20, di …. al tampone del 30/10/20, di …. al tampone dell’11/12/20, di …. al tampone del 15/12/20, di Saracino Leonardo al tampone del 18/12/20, di … al tampone del 20/12/20, di …. al tampone del 22/12/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza delle 48h ore previste da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 07/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente del 04/09/20, al test eseguito in data 14/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente dell’11/09/20, al test non effettuato del 16/09/20, al test del 21/10/20, al test del 25/10/20, al test del 27/10/20, al test del 29/10/20, al test del 03/11/20, al test del 05/11/20, al test del 07/11/20, al test del 10/11/20, al test del 12/11/20, al test del 14/11/20, al test del 16/11/20, al test del 18/11/20, al test del 22/11/20, al test del 24/11/20, al test del 26/11/20, al test del 17/12/20, al test del 24/12/20, al test del 26/12/20, al test del 29/12/20, al test del 31/12/20, al test del 02/01/21, al test del 05/01/21, al test del 07/01/21, al test del 10/01/21, al test del 12/01/21, al test del 14/01/21, al test del 17/01/21, al test del 19/01/21 al test del 21/01/21, al test del 23/01/21, al test del 25/01/21; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 11/09/20 a distanza di 11 giorni dal precedente del 31/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 28/10/20, al test del 10/11/20, al test del 20/11/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 06/10/20, al test del 20/10/20, al test del 14/12/20, al test del 28/12/20, al test dell’11/01/20, al test del 25/01/21. Il Responsabile Sanitario della società è sanzionato con l’inibizione di mesi 21: a) per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44, comma 2, delle N.O.I.F., nonché di quanto previsto nelle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 22/06/20, nonché dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, nonché di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver rispettato le norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari, in particolare, per aver consentito e, comunque, non impedito che venissero schierati in campo 3 giocatori del Gruppo Squadra, sig.ri …., che presentavano, prima di entrare in campo, oltre ai tipici sintomi influenzali da Covid-19, anche un innalzamento della temperatura corporea superiore a 37,5°C, poi risultati positivi al virus, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19; b) per aver consegnato, prima dell’inizio della partita di Casertana – Viterbese del 20/12/20, all’omologo della Squadra avversaria una certificazione non veridica del rispetto da parte di tutto il Gruppo Squadra delle prescrizioni sanitarie relative agli accertamenti Covid-19 previsti dai protocolli vigenti e dalle normative legislative, in particolare per aver consegnato una dichiarazione attestante una situazione sanitaria non veridica rispetto a quanto dichiarato, con specifico riferimento ai controlli sanitari effettuati prima della gara, in violazione di quanto previsto dai Protocolli sanitari, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19, c) per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44, comma 2, delle N.O.I.F. e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22/05/2020, nonché di quanto previsto dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, nonché di quanto previsto dalle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 28/09/2020 e dell’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra ai controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone al Tempo -1 (T-1) a 72-96h dal Tempo zero fissato (T0) in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico al T0 in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 24/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 17/08/20, al test eseguito in data 31/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 24/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico all’accertata positività di … al tampone del 31/08/20, di … al tampone del 16/10/20, di Petruccelli Alessandro al tampone del 30/10/20, di … al tampone dell’11/12/20, di … al tampone del 15/12/20, di … al tampone del 18/12/20, di …. al tampone del 20/12/20, di ….. al tampone del 22/12/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza delle 48h ore previste da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 07/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente del 04/09/20, al test eseguito in data 14/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente dell’11/09/20, al test non effettuato del 16/09/20, al test del 21/10/20, al test del 25/10/20, al test del 27/10/20, al test del 29/10/20, al test del 03/11/20, al test del 05/11/20, al test del 07/11/20, al test del 10/11/20, al test del 12/11/20, al test del 14/11/20, al test del 16/11/20, al test del 18/11/20, al test del 22/11/20, al test del 24/11/20, al test del 26/11/20, al test del 17/12/20, al test del 24/12/20, al test del 26/12/20, al test del 29/12/20, al test del 31/12/20, al test del 02/01/21, al test del 05/01/21, al test del 07/01/21, al test del 10/01/21, al test del 12/01/21, al test del 14/01/21, al test del 17/01/21, al test del 19/01/21 al test del 21/01/21, al test del 23/01/21, al test del 25/01/21; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 11/09/20 a distanza di 11 giorni dal precedente del 31/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 28/10/20, al test del 10/11/20, al test del 20/11/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 06/10/20, al test del 20/10/20, al test del 14/12/20, al test del 28/12/20, al test dell’11/01/20, al test del 25/01/21. Alla società è confermata l’ammenda di euro 16.000,00
Il punto di partenza dell’esame demandato a questa Corte è l’art. 4 CGS (“Obbligatorietà delle disposizioni generali”), che è la disposizione che fa da trait d’union tra tutte le normative variamente contestate agli incolpati e che ne consente l’applicazione in combinato-disposto, attribuendo loro- se mai ce ne fosse bisogno- una portata normativa vincolante e legittimante l’irrogazione delle relative sanzioni. Infatti, il primo comma pone a carico di tutti i soggetti di cui all’art. 2 del medesimo CGS, tesserati o anche indirettamente coinvolti nell’attività sportiva, l’obbligo del rispetto, tra gli altri, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali (ivi compresi i Comunicati Ufficiali, menzionati nel comma 3), nonché dell’osservanza dei principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, ricollegando alla violazione di questo (comma 2 ) anche le sanzioni di cui all'art. 8, comma 1, lettere a), b), c), g) e di cui all'art. 9, comma 1, lettere a), b), c), d), f), g), h) del Codice. È quindi evidente che vi è una relazione diretta tra le sanzioni irrogate al reclamante con la decisione del Tribunale federale e l’art. 4 CGS, contestato unitamente alla violazione di altre disposizioni e dei vari Protocolli in essere: la condotta contestata è sempre e comunque quella antisportiva e posta in essere in violazione della normativa vigente, considerato che l’ordinamento sportivo è frutto di una interminabile serie di disposizioni temporalmente ravvicinate e spesso in sovrapposizione tra loro, ma conosciute e conoscibili dagli addetti ai lavori ed espressione di molteplici finalità, che vanno dal regolare svolgimento dei campionati alla tutela dei giocatori, dei tifosi e di tutti gli addetti ai lavori che ruotano attorno al mondo del calcio italiano, sia professionistico che dilettantistico. L’art. 4, in sostanza, è la norma di chiusura che consente l’applicazione delle sanzioni laddove sia dimostrato, nei fatti, l’espletamento di una o più condotte antisportive che, non solo attraverso il meccanismo della diretta violazione di legge ma, come si vedrà, anche dell’id quod plerumque accidit, rendono un comportamento non accettabile sotto un profilo della sua legittimità sportiva e consentono l’applicazione delle sanzioni. Peraltro, non è un caso che le sanzioni stesse non siano predeterminate nel minimo e nel massimo, perché è l’elasticità stessa che caratterizza la norma primaria, la sua adattabilità alle situazioni e la sua estrema versatibilità ed essere impiegata in combinato disposto con tutta l’altra serie di disposizioni vigenti, a giustificare un sistema sanzionatorio “ aperto” e funzionale alle esigenze del caso, naturalmente secondo parametri motivazionali esplicitati e che si attaglino alla singola vicenda. Il ruolo della fattispecie, in sostanza, diventa fondamentale per la soluzione del singolo caso e per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori….…..La lettura delle Linee Guida è illuminante sotto un duplice profilo. Da un lato, riporta costantemente lo stato febbrile come uno, se non il principale, sintomo di malattia da Covid-19, circostanza, d’altra parte, nota anche ai non addetti ai lavori da oltre un anno e mezza a questa parte, considerando che la rilevazione della temperatura e la preclusione all’accesso in ambienti pubblici o privati per chi abbia una temperatura corporea superiore ai 37,5° costituisce un protocollo in uso sull’intero territorio nazionale e non solo in ambito sportivo. Anche nella vita quotidiana, senza scomodare conoscenze mediche o scientifiche particolari, la convivenza forzata con la pandemia in atto dalla primavera del 2020, ha sensibilizzato e istruito ciascun cittadino sulla necessità di autoisolarsi in caso di febbre sopra i 37,5 °, di effettuare un preventivo tampone antigenico rapido per verificare l’eventuale presenza del virus e di ricorrere solo in secondo momento al tampone molecolare, attraverso le apposite strutture che certificano la positività e richiedono una formale negativizzazione per poter uscire dall’obbligo di quarantena. Dall’altro, ribadisce la possibilità dell’uso dei tamponi antigenici (cd. rapidi) per monitorare lo stato di salute del Gruppo Squadra, a prescindere dall’utilizzo del tampone molecolare, che è l’unico a dare la certezza della malattia in corso. Il test antigenico rapido, differente per caratteristiche e finalità d’uso dal test molecolare, costa meno e non ha bisogno di personale specializzato producendo più rapidamente il risultato (3060 minuti) rispetto al test molecolare. È uno strumento utile soprattutto per le indagini di screening e laddove servano in poco tempo indicazioni per le azioni di controllo. A differenza dei test molecolari, però, i test antigenici rilevano la presenza del virus non tramite il suo acido nucleico (RNA) ma tramite le sue proteine (antigeni). Ancor più chiare, se possibile, sono le disposizioni della Circolare del Ministero della Salute del 22 giugno 2020, le quali testualmente affermano che “lo scopo della attività richiamate in premessa, restano, anche nello specifico contesto del gioco agonistico di squadra, quello di identificare e gestire i contatti dei casi probabili o confermati COVID-19 nonché di individuare e isolare rapidamente i casi secondari, per poter intervenire e interrompere la catena di trasmissione. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso le seguenti azioni: a) identificare rapidamente i contatti di un caso probabile o confermato COVID-19; b) fornire ai contatti, come sopra identificati, le informazioni sulla patologia, sulla quarantena, sulle corrette misure di igiene respiratoria e delle mani, e indicazioni su cosa fare in caso di manifestazione dei sintomi; c) provvedere tempestivamente all’esecuzione di test diagnostici nei contatti che sviluppano sintomi. (….) Per quanto riguarda l’attività agonistica di squadra professionista, nel caso in cui risulti positivo un giocatore ne dispone l’isolamento ed applica la quarantena dei componenti del gruppo squadra che hanno avuto contatti stretti con un caso confermato. Il Dipartimento di prevenzione può prevedere che, alla luce del citato parere del 12 giugno 2020 n. 88 del Comitato tecnico scientifico nominato con ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020, alla quarantena dei contatti stretti possa far seguito, per tutto il “gruppo squadra”, l’esecuzione del test, con oneri a carico delle società sportive, per la ricerca dell’RNA virale, il giorno della gara programmata, successiva all’accertamento del caso confermato di soggetto Covid-19 positivo, in modo da ottenere i risultati dell’ultimo tampone entro 4 ore e consentire l’accesso allo stadio e la disputa della gara solo ai soggetti risultati negativi al test molecolare. Al termine della gara, i componenti del “gruppo squadra” devono riprendere il periodo di quarantena fino al termine previsto, sotto sorveglianza attiva quotidiana da parte dell'operatore di sanità pubblica del Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente, fermi gli obblighi sanciti dalla circolare di questa direzione generale del 29 maggio 2020.” Orbene, già questo è sufficiente per consentire il giudizio di colpevolezza, smentendo le affermazioni delle difese circa la buona fede del sanitario. A ciò va aggiunto che, poiché per giurisprudenza costante, l'”id quod plerumque accidit” costituisce il metro di verifica della massima di esperienza posta dal giudice alla base del proprio ragionamento inferenziale (Cass. Pen., sez. II, 28 settembre 2020, n.34192 ed ivi per altri riferimenti), all’incolpato va rimproverato anche di non aver ragionato da “uomo della strada” qualunque, e questo non sotto il profilo delle fattispecie oggetto di contestazione, ma sotto il profilo dell’elemento soggettivo che è posto alla base della condanna, e che non ha modo di essere smentito in alcun modo. Come è noto, una massima di esperienza è un giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi. Si tratta dunque di generalizzazioni empiriche tratte, con procedimento induttivo, dall'esperienza comune, che forniscono al giudice informazioni su ciò che normalmente accade, secondo orientamenti largamente diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione. Dunque, nozioni di senso comune, enucleate da una pluralità di casi particolari, ipotizzati come generali, siccome regolari e ricorrenti, che il giudice in tanto può utilizzare in quanto non si risolvano in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze e parametri riconosciuti e non controversi. Non serviva, dunque, paradossalmente, neppure una disposizione specifica per ritenere che i tre giocatori affetti da alterazione della temperatura oltre i 37,5° andassero fermati, non fatti giocare e che ad essi andasse immediatamente fatto un tampone rapido per capire se fossero affetti da Covid. Senza escludere quindi la richiesta alla ASL di effettuazione di test molecolari, l’uso a poche ore dall’inizio dell’incontro del tampone antigenico rapido sui tre atleti, peraltro già sintomatici, avrebbe potuto conferire al responsabile sanitario con sufficiente esattezza ed attendibilità (anche se non paragonabili a quelle del test molecolare) un esito pressoché immediato e tale da valutare in tempo utile l’opportunità, o meno, che i tre atleti potessero scendere in campo. Questo, invece, non è avvenuto, in violazione quindi sia di regole scritte che di regole di esperienza comune, che assurgono al livello di principi giuridici applicabili nelle decisioni della magistratura….I fatti, comunque, parlano da soli. Dai documenti in atti, risulta che la Casertana aveva in atto un vero e proprio focolaio di Covid 19, in quanto era stata accertata la positività di numerosi calciatori ed era già stata chiesto, ed ottenuto, da regolamento, il rinvio della partita con il Bisceglie.Questa circostanza è fondamentale per capire lo spirito che animava dirigenti e medico della Casertana, alla vigilia della partita con la Viterbese, che si sarebbe disputata in 9 ma in casa, e che se non disputata avrebbe comportato la sicura sconfitta a tavolino 0-3. A fronte di una sconfitta certa, la società ha deciso di rischiare schierando in campo nove giocatori, pur nella assoluta consapevolezza che tre di questi non stavano bene e potevano essere portatori di Covid 19, cosa che poi è emersa con riguardo a due di loro….Il mancato preventivo isolamento dei tre febbricitanti, unito alla mancata effettuazione dei tamponi rapidi, valgono, come detto, a integrare la violazione dei Protocolli federali in essere, a nulla rilevando la richiesta di tampone molecolare alla ASL, il cui risultato – notoriamente - sarebbe arrivato solo a partita finita, e non sarebbe stato sufficiente ad ottenerlo neppure lo spostamento di poche ore, peraltro non previsto dal Regolamento e richiesto nella piena consapevolezza di aver appena fruito di un rinvio di un’altra gara per le medesime ragioni. Da ultimo, vi è la chiara violazione del C.U./78/A del 1 settembre 2020 del Consiglio Federale, sull’Osservanza dei protocolli sanitari, che vi ricollega le sanzioni di cui agli artt. 8 e 9 del C.G.S. della FIGC, stabilendo che la gravità della violazione è valutata in funzione del rischio per la salute dei calciatori, degli staff, degli arbitri e di tutti gli addetti ai lavori esposti al contagio da COVID-19. Peraltro, secondo il par. 2 del detto Comunicato, “ se dalla violazione di cui al comma 1, scaturisce la positività al Covid-19 (“Covid+”) di un componente del Gruppo Squadra, secondo quanto previsto dai richiamati Protocolli Sanitari, il fatto è punito con la sanzione di cui all’art. 8, comma 1, lett. h), del C.G.S. della FIGC.” Per le medesime ragioni esposte, è evidente la sussistenza di ragioni sufficienti per ritenere la colpevolezza del dott. ….. sia per ciò che concerne la fattispecie sub a) che quella sub b) del capo di incolpazione.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 155/TFN - SD del 8 Giugno 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 11900/426 pf20-21/GC/gb del 14 maggio 2021 nei confronti del sig. F.R. - Reg. Prot. 131/TFN-SD
Massima: Il Presidente del CdA è sanzionato con l’ammenda di € 2.100,00 a) per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22.05.2020, nonché di quanto previsto dal C.U. 78/A del 01.09.2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, delle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid19” del 28.09.2020 e di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30.10.20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al Tampone al Tempo -1 (T-1) a 72/96h dalla data di avvio degli allenamenti collettivi (T0) fissata dalla società nella giornata del 09.10.20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico all’accertata positività dell’allenatore … al tampone del 09.10.20 nonché del calciatore Agostinone Giuseppe e del Dirigente addetto agli arbitri … al tampone del 02.11.20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone pre-gara da eseguire il giorno della disputa della partita del 14.10.20 nonché del 18.10.20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito il giorno 23.10.20 a distanza di 3 giorni dalla data prevista del 20.10.20.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 154/TFN - SD del 8 Giugno 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 11831/508 pf20-21/GC/gb del 12 maggio 2021 nei confronti dei sig.ri F.L., A.S. e della società Virtusvecomp Verona Srl,- Reg. Prot. 130/TFN-SD
Massima: Mesi 12 di inibizione ed € 12.000,00 di ammenda al Presidente del CdA, per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22 maggio 2020, nonché di quanto previsto dal CU 78/A del 1 settembre 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, delle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 28 settembre 2020 e di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30 ottobre 2020 per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’Allegato n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di calcio professionistiche e degli arbitri”, in particolare: a) per non aver sottoposto il gruppo squadra al test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 14 settembre 2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 9 settembre 2020; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo con riferimento al test eseguito in data 22 settembre 2020 a distanza di 17 giorni dal precedente del 5 settembre 2020, al test eseguito in data 23 ottobre 2020 a distanza di 17 giorni dal precedente del 6 ottobre 2020, al test eseguito in data 7 novembre 2020 a distanza di 15 giorni dal precedente del 23 ottobre 2020; al test eseguito in data 7 gennaio 2021 a distanza di 21 giorni dal precedente del 17 dicembre 2020; b) per aver indicato le date di formazione del gruppo squadra e di avvio delle attività sportive individuali e collettive dichiarando come tempo zero la data del 5 settembre 2020, anziché la data del 21 agosto 2020, giornata nella quale il Gruppo Squadra si è radunato per eseguire i test sanitari necessari per poter partecipare al ritiro pre-campionato a Mezzano di Primiero (TN) dal 21 agosto al 1 settembre 2020; per non aver costituito la “bolla” del Gruppo Squadra e non aver eseguito tutti i relativi test sanitari previsti da protocollo al momento dell’accertata positività di … e … al tampone del 21 agosto 2020, con ciò peraltro consentendo al giocatore …, in isolamento quale contatto stretto di soggetto risultato positivo al Covid-19, di partecipare agli allenamenti nel ritiro a Mezzano di Primiero (TN) dal giorno 21 agosto 2020 ed ai giocatori .. e … di partecipare agli allenamenti collettivi dal 21 agosto al 1 settembre 2020, nonché per aver consentito e, comunque, non impedito che sia … che B…partecipassero alla partita contro la società Virtus Entella del 3 settembre 2020 a Ronzone (TN), con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19. Per le medesime violazioni sempre mesi 12 di inibizione ed € 12.000,00 di ammenda al responsabile sanitario tesserato. La società è sanzionata con l’ammenda di € 16.000,00
Decisione C.F.A. – Sezione Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 103/CFA del 7 Maggio 2021 (motivazioni)
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale, sezione disciplinare n. 132/TFN del 06/04/2021
Impugnazione – istanza: Procura Federale/Sigg.ri L.C. – P.I. – R.F. - società S.S. Lazio S.p.A.
Massima: Accolto il reclamo della Procura Federale e per l’effetto, rideterminata in mesi 12 la sanzione dell’inibizione al presidente responsabile delle seguenti violazioni: a) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al covid-19 di alcuni tesserati, riscontrata nelle seguenti date: 27 ottobre e 3 novembre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (a seguito dell’effettuazione dei tamponi cd. “UEFA”, rispettivamente del 26 ottobre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Brugge-Lazio e del 2 novembre 2020, in vista dell’incontro di Champions League ZenitLazio)b) per non aver comunicato alle ASL locali competenti i nominativi dei “contatti stretti” dei tesserati positivi, e per non aver “concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del gruppo squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo squadra “negativi”, ovvero dei cd. “contatti stretti” dei tesserati “positivi” e, pertanto, c) per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai cd. “contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al covid19. Inoltre: d) per non aver tempestivamente comunicato alle ASL locali competenti la positività al covid-19 di tre tesserati (V., E., D. A.), riscontrata, in data 30 ottobre 2020, dal laboratorio Futura Diagnostica di Avellino, utilizzato dalla S.S. Lazio spa per i tamponi, in vista dell’incontro di campionato Torino – Lazio del 1 novembre 2020, e e) per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “contatti stretti” dei tesserati “positivi”, e ancora g) per non aver “concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del gruppo squadra “positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo squadra “negativi” e, pertanto, h) per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai cd. “contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al covid-19. Ed ancora: i) per aver consentito o, comunque, non aver impedito, ai calciatori S., P. L. e I. di svolgere, con il restante gruppo squadra, l’intero allenamento della mattinata del 3 novembre 2020, sino al termine dello stesso, nonostante che la positività dei citati calciatori ai tamponi cd. “UEFA”, effettuati dal Laboratorio Synlab, fosse nota al “Medical Laison Officer” (MLO) della SS Lazio, dott. R., sin dalle ore 10,34/10,49 del 3 novembre 2020, in quanto contattato dal “Point of Contact” della Synlab in quella fascia oraria”; ed infine j) per non avere sottoposto all'obbligatorio periodo di isolamento, in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni, a far data dal risultato del tampone del 26 ottobre 2020, come previsto dalla circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020, il calciatore Ciro Immobile, il quale fu utilizzato nell'incontro Torino - Lazio del giorno 1 novembre 2020, entrando al minuto 56 del secondo tempo e k) per non avere sottoposto al predetto periodo di isolamento, in caso di asintomaticità, il calciatore D.A., e, conseguentemente, per averlo inserito nella distinta di gara dell'incontro Lazio-Juventus dell'8 novembre 2020.
La società a titolo di responsabilità diretta, oggettiva e propria per il comportamento posto in essere dal presidente, per il comportamento posto in essere dai medici (rispettivamente medico sociale e responsabile sanitario), e per la complessiva inosservanza dei protocolli sanitari, finalizzati al contenimento dell'emergenza epidemiologica da covid-19, emanati dalla FIGC e validati dalle autorità sanitarie e governative competenti è sanzionata con l’ammenda di € 200.000,00…. appare utile, innanzitutto, chiarire che sui medici, dottori R.e P., incombeva – proprio in quanto esercenti una professione sanitaria, ancor prima che come componenti dello staff sanitario della SS Lazio spa – l’obbligo di immediata segnalazione alla competente autorità dei casi di sospetto contagio da covid 19. Invero, tanto la legislazione statale, quanto il codice deontologico dell’ordine dei medici e degli odontoiatri impone tale condotta. E infatti: l’art. 257 del testo unico delle leggi sanitarie (T.U.LL.SS., ovvero il R.D 27.7.1934 n. 1265) prevede che qualsiasi medico chirurgo, legalmente abilitato all'esercizio della professione, è tenuto a prestare la sua opera per prevenire o combattere la diffusione di malattie infettive; il seguente art. 260 (aggiornato con il D.L. 25.3.2020 n. 19, emanato quindi, ormai, in piena epoca “pandemica”) stabilisce in maniera chiara e inequivocabile che chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell'uomo è punito con l’arresto da 3 a 18 mesi e con l'ammenda da euro 500 a 5.000. Come se non bastasse, va tenuto in conto anche l’art. 650 cp, nota “norma penale in bianco”, per il quale chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di igiene (oltre che di giustizia, di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico) è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda, fino a euro 206. 7.1. A sua volta l’art. 8 del codice deontologico prescrive che il medico, in caso di epidemia, deve “mettersi a disposizione” dell'autorità competente. Naturalmente, poiché, come si suol dire, il più contiene il meno, certamente sussiste in capo ai sanitari l’obbligo (anche deontologico) di segnalare i casi di sospetto contagio, quale che sia il ruolo, la funzione o lo status che li riguarda. Non è dunque in base a considerazioni di grossolano buonsenso, come sostiene la Difesa dei deferiti, che il primo giudicante ha affermato l’esistenza di tale obbligo in capo a R. e P., ma in base alla complessiva logica del sistema e, come si è appena visto, anche sulla base di specifiche disposizioni di legge, oltre che di norme deontologiche, cui è da aggiungere anche il dettato dell’art. 3, in base al quale rientra tra i doveri del medico la tutela della vita, della salute - fisica e psichica - dell'uomo, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali il sanitario si trovi ad operare. Dunque l’obbligo di segnalazione, incombente su qualsiasi sanitario, riguarda certamente anche i medici delle società calcistiche, anzi, poiché in base all’art. 4 del CGS, l’appartenente al mondo sportivo deve indubbiamente conformarsi al modello del bonus civis (lealtà, correttezza, probità), non può esser dubbio che il suo dovere di collaborazione con le autorità sanitarie, sia, per così dire, rafforzato. Invero l’autonomia del diritto sportivo non può certo significare separatezza e, meno che mai, esenzione dai doveri che incombono sui cittadini “comuni”.. In base alle considerazioni appena formulate, appare di tutta evidenza che il primo giudicante non ha affatto violato il principio della natura personale della responsabilità disciplinare (quinta censura). L’omessa segnalazione da parte dei medici R.e P. (e, per quel che si dirà, anche da parte del presidente L.) è certamente condotta loro direttamente addebitabile, secondo lo schema penalistico del reato omissivo proprio. Vale a dire: l’illecito consiste nell’omissione in quanto tale e non nelle sue eventuali conseguenze. Anche sulla scorta di quanto appena premesso, non può che condividersi l’assunto del primo giudice che ha ritenuto “destituita di fondamento” l’affermazione della Difesa in base alla quale la Lazio non aveva obbligo alcuno, né di dare avviso alle autorità competenti, né di attivarsi medio tempore per porre in atto quei protocolli di gestione sanitaria che la Federazione aveva approntato. E va da sé che sia l’omissione, sia il ritardo dell’avviso alla autorità sanitaria da parte di altri soggetti (in ipotesi: i laboratori), quanto l’eventuale ritardo o inerzia di quest’ultima nell’assumere le necessarie misure non facultano affatto la società sportiva ad agire come se nulla fosse accaduto. Se è pur vero che i laboratori (Synlab e Futura) non hanno, per così dire, “fatto la loro parte”, ciò non autorizzava certamente la SS Lazio (e, per essa, il suo staff sanitario) a non prendere (e mantenere) le necessarie misure precauzionali ed addirittura a non sollecitare l’intervento della autorità pubblica. D’altronde la giurisprudenza civile di legittimità ha avuto modo di chiarire che, nell'esercizio di attività sportiva a livello professionistico, le società sono tenute a tutelare la salute degli atleti, non solo attraverso la cura degli infortuni e delle malattie, ma anche attraverso la prevenzione degli eventi pregiudizievoli della loro integrità psico-fisica, potendo essere chiamate a rispondere in base all'art. 2049 cc dell'operato dei propri medici sportivi e del personale (cfr. Cass. civ. sez. 3, sent. 15394/2011). Ed anzi, proprio nei confronti dei medici “in forza” ad una società calcistica, la Suprema corte ha affermato che gli stessi, ai fini della configurabilità di una eventuale responsabilità professionale e in ragione della loro peculiare specializzazione, sono destinatari di un valutazione di responsabilità improntata a maggiore rigore rispetto a quella del medico generico. Conseguentemente il monitoraggio sulle condizioni di salute degli atleti deve avere carattere di continuità, anche in sede di allenamenti (Cass. sez. Lavoro, sent. 85/2003). …. Peraltro, tali generali (ma non per questo meno vincolanti) incombenze gravanti sui “sanitari sociali” hanno ricevuto ulteriore conferma nell’attuale periodo di diffusione pandemica. Invero, come ha correttamente osservato il Tribunale, “il Comitato Tecnico Scientifico, nel verbale n. 88 del 12 giugno 2020, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, attenzionato al riguardo proprio dalla stessa FIGC, ha posto l’accento sulla necessità che venisse rispettato[l’obbligo NdR], nell’adempimento delle prescrizioni imposte dal protocollo, di procedere all’immediato isolamento in quarantena del soggetto risultato contagiato e provvedere all’immediata segnalazione all’Autorità sanitaria competente”. E non vale sostenere – come fa la Difesa – che quello del CTS è un mero parere, privo di rilevanza esterna e quindi di natura non vincolante, perché esso è semplicemente esplicativo (o, se si vuole, rafforzativo) di norme, di legge e deontologiche (quelle sopra elencate) che, di per sé, radicavano un obbligo di facere in capo a (tutti) i medici. D’altronde che tale incombenza gravasse sulla società è provato per facta concludentia dalla comunicazione (per quanto reticente) operata dal P. il 29.10.2020, comunicazione nella quale il sanitario “dimenticò” (come si legge nella decisione di primo grado e come non ha smentito il reclamante Difensore) di indicare i nomi dei positivi, operando per altro “una non legittima differenziazione fra tamponi UEFA e tamponi eseguiti secondo il protocollo FIGC”, quasi che esistesse un diverso grado di pericolosità a seconda del “circuito” in cui gli atleti erano chiamati a fornire le loro prestazioni. Naturalmente il comportamento dei sanitari della Lazio va considerato nella sua globalità e, se, da un lato, non si può che criticare la lacunosità e, appunto, la reticenza della comunicazione del P., dall’altro, si devono prendere in esame le condotte omissive che l’hanno accompagnata. Tra queste merita certamente rilievo quella che riguarda l’atleta I., caso definito giustamente paradossale dal primo giudice, in quanto nell’alternanza di tamponi con esiti opposti, si decise, a un certo punto, di ignorare i tamponi (risultati) “positivi” e di ammetterlo agli allenamenti e, quindi, a farlo scendere in campo per gareggiare. Se un così disinvolto comportamento sia stato frutto di mera superficialità, ovvero sia stato posto in essere nella piena consapevolezza di violare precise prescrizioni prudenziali imposte dalle autorità sanitarie e (necessariamente) accolte in sede federale, non è stato chiarito. Cosa certa è che proprio chi rivestiva una indiscutibile posizione di garanzia ha consentito, quando non ha addirittura disposto, la suddetta violazione. Certo non potevano sorgere equivoci sulla portata (e sulla vincolatività) delle prescrizioni riguardanti anche gli asintomatici, tenuti a subire un periodo di isolamento. Infatti, solo allo spirare di tale termine e dopo la negatività dell’accertamento finale, essi potevano (e possono) tornare in comunità. Si tratta di condotte la cui doverosità è stata ampiamente diffusa dai media, ma che i sanitari, prima di chiunque altro, non potevano certamente ignorare. A fronte di tali considerazioni, non si vede davvero come due professionisti di lunga esperienza (come comprovato dai curricula diligentemente prodotti dalla Difesa) possano invocare il principio dell’affidamento (censura 10) sulla base della dedotta, temporanea inerzia della autorità sanitaria. Per quel che riguarda il presidente L., va innanzitutto affrontato il problema della validità (e dell’esistenza) della delega. Posto che la struttura di una società quale la SS Lazio s.p.a. deve certamente qualificarsi “aziendale”, non può che farsi riferimento alla giurisprudenza penale di legittimità in tema di tutela della salute dei lavoratori (o, comunque, dei dipendenti della società). E se una più lontana giurisprudenza (Cass. pen. sez. quarta, sent. 12800 del 2007) ha ritenuto che, pur non richiedendosi la forma scritta per la delega, sia comunque necessario che essa possa essere fatta risalire a un “atto certo ed in equivoco” che (appunto, anche se non scritto), deve poter essere provato in modo rigoroso quanto al contenuto e alla forma espressa, più recenti pronunzie (es. Cass. pen. sez. terza, sent. 6872 del 2011) hanno categoricamente affermato che la delega di funzioni esonera il titolare dalle sue responsabilità connesse alla correlata posizione di garanzia se è conferita per iscritto al delegato, essendo inidoneo il conferimento in forma orale. Ebbene, dandosi per certo (per stessa ammissione dei reclamanti) che delega scritta non vi fu (essendosi limitato il Difensore alla astratta - e ormai erronea - considerazione in base alla quale detta delega può anche essere conferita oralmente), resta il fatto che neanche di tale delega “verbale” è stata fornita prova. È pur vero che, nel corso della discussione innanzi a questa Corte, il Difensore ha sostenuto che la delega (dal presidente ai medici sociali) è, per così dire, normativamente prevista dall’art 44 NOIF che, come è noto, prescrive, al comma 2, che ”ogni società ha l'obbligo di tesserare un medico sociale responsabile sanitario, specialista in medicina dello sport […….]. Tale sanitario assume la responsabilità della tutela della salute dei professionisti di cui al comma 1, ed assicura l'assolvimento degli adempimenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalla normativa federale”; tuttavia, da un lato, come si è già premesso, l’ordinamento sportivo deve essere interpretato in modo che non contrasti con quello statuale, dall’altro, non si deve dimenticare che il primo comma del medesimo articolo prevede che le società devono provvedere a sottoporre i calciatori, gli allenatori, i direttori tecnici ed i preparatori atletici professionisti agli accertamenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalle presenti disposizioni. Al proposito si deve osservare che, da un lato, si fa riferimento alle “società” e dunque necessariamente al vertice aziendale, dall’altro che si fa riferimento agli adempimenti previsti, non solo alle disposizioni interne, ma – come si legge testualmente – alle leggi (scil. statali e regionali). La indicazione, per quanto superflua (tutti devono osservare le leggi), richiama l’attenzione sul fatto che l’osservanza delle norme endofederali deve connotarsi in modo tale da non contrastare con norme di legge ed – evidentemente – con l’interpretazione delle stesse che dà luogo al c.d. “diritto vivente”. Il discorso quindi ritorna da dove aveva preso le mosse: a) l’eventuale delega deve essere conferita in forma scritta, b) il vertice aziendale, anche se ha delegato determinate funzioni, non per questo si è spogliato del potere/dovere di controllo, verifica e intervento. In sintesi: a prescindere da tale - per altro assorbente - problema di prova, deve comunque tenersi presente che, all'interno di una struttura aziendale, il mero rilascio di una delega di funzioni non è certo sufficiente per escludere la responsabilità del delegante, in mancanza di elementi che depongano per il positivo esercizio dei poteri conferiti ai delegati. Ebbene, nel caso in esame, resta il fatto che il presidente L. (anche per la precedente condanna “patteggiata” della quale subito si dirà) fu certamente consapevole della allarmante situazione verificatasi tra gli atleti della società nella quale egli rivestiva la carica di vertice. Invero, come giustamente rileva l’impugnante Procura, ciò è ampiamente provato dai contatti avuti con il laboratorio di Calenzano e con la ASL di Civitavecchia. Di talché egli certamente non ha potuto non rendersi conto della condotta omissiva tenuta dai dottori P. e R. (recidivi anch’essi). E dunque, anche a voler ritenere provato (cosa che non è) che tale delega sia stata conferita e sia stata conferita validamente (cosa di cui esiste prova contraria, per stessa ammissione del Difensore), è evidente che il delegante, in presenza della inerzia dei delegati, avrebbe dovuto imporre agli stessi di effettuare le doverose comunicazioni, ovvero provvedere di persona, sostituendosi ad essi. È inevitabile allora ritenere che, alla originaria culpa in eligendo si aggiunse una successiva culpa in vigilando e, infine, una responsabilità diretta in ragione della perdurante omissione. E invero, come ha specificamente chiarito la giurisprudenza di legittimità tanto civile (es. Cass. sez. prima civile, sent. 18236 del 2015), quanto penale (es. Cass. sez. quarta penale, sentenza. 523 del 1997), la delega non esime il delegante dai poteri di controllo e di stimolo dell'attività del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio vale a rendere il delegante stesso corresponsabile del danno eventualmente cagionato. Del resto, anche applicando principi del diritto amministrativo, gli esiti non sarebbero diversi. Com’è noto, difatti, nella delega la titolarità della funzione delegata rimane in capo al delegante, mentre al delegato viene trasferito solo il potere di esercitare la funzione; con la conseguenza che il delegante, essendo la fonte del potere del delegato e mantenendo comunque la titolarità della funzione delegata, acquista penetranti poteri di controllo e verifica sul delegato e sulle modalità di esercizio della delega e, soprattutto, mantiene il potere di revocare la delega in ogni momento. Né può dirsi che tale configurazione del profilo della responsabilità ascrivibile al presidente L. sia violativa del principio di corrispondenza tra contestazione e decisione, atteso che, come ha chiarito consolidata giurisprudenza penale di legittimità (per tutte, vedasi Cass. pen., SS.UU., sent. 36551 del 2010), tale divario rileva solo nel caso in cui si traduca in una lesione in concreto del diritto di difesa e tale lesione si verifica solo se il fatto in contestazione subisca una modifica tale da configurare incertezza sull'oggetto dell'addebito, da cui scaturisca - appunto - un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto, puramente letterale, fra contestazione e decisione perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'incolpato, attraverso l'iter del procedimento, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi. Orbene, nel caso in scrutinio, non è dubbio che il nucleo essenziale della contestazione mossa al L. sia consistito nell’addebito di non essersi attivato allo scopo di fornire, o perché altri fornissero, notizia della positività di alcuni atleti e per aver permesso, oltretutto, con tale condotta omissiva, che i predetti calciatori prendessero parte a gare ed allenamenti. Che poi si addebitino tali omissioni in ragione di una inadeguata scelta dei sanitari o di un’inesistente attività di verifica del loro operato, ciò non toglie che il L. sia stato messo nella piena condizione di difendersi (come, di fatti, si è difeso con estese ed articolate argomentazioni nel merito e in diritto). In base a quanto si è appena premesso, appare illogica e non consequenziale la distinzione operata dal primo giudice in relazione alla condotta del L., ritenuto ”non imputabile” (rectius: esente da responsabilità) per quel che riguarda le contestazioni dei primi tre capi e, viceversa, responsabile per le residue condotte. Come giustamente ha affermato lo stesso Difensore in una delle due memorie depositate il 27 aprile, si tratta di fatti che vanno unitariamente considerati. La mancata vigilanza e il mancato intervento diretto del L. (ovvero “sostitutivo”, se si deve dare credito alla affermazione della effettiva esistenza di un irregolare e inefficace provvedimento – orale – di delega) hanno avuto un’evidente incidenza causale in relazione alla realizzazione di tutte le condotte addebitate nella decisione di primo grado (anche) ai sanitari della Lazio. È pacifico infatti che, se il presidente si fosse tempestivamente attivato, gli illeciti (omissivi e di pura condotta) contestati non si sarebbero verificati. Invero la verifica controfattuale - vera “cartina di tornasole” in tema di responsabilità omissiva – non consente di giungere a conclusioni diverse. Dunque: quanto scrive il giudice di primo grado in relazione alla omessa adozione di misure di quarantena (“la semplice conoscenza – come emerge dai fatti esposti, attesa la innegata ingerenza del L. nei fatti in questione – del mero dato storico avrebbe dovuto imporre anche in capo al soggetto dotato di potere di rappresentanza - unitamente ad altri soggetti qui non deferiti, compresi gli stessi calciatori - un comportamento idoneo a vietare categoricamente ai due calciatori positivi di poter rientrare nei ranghi della squadra ed imporre loro l’isolamento previsto, in siffatti casi, per tutti gli individui che si trovino in situazione analoga”) non può che valere anche per quel che attiene alla mancata segnalazione dei casi di positività all’autorità competente. In altre parole: l’inerzia del L. si concretizzò in due (non scindibili) condotte omissive: la mancata segnalazione dei casi di positività e il mancato isolamento dei positivi. Peraltro, è il caso di notare che, nel mese di gennaio del presente anno, i medesimi tesserati, assistiti dal medesimo difensore, hanno concordato, ai sensi dell’art. 126 CGS, le seguenti sanzioni: euro milleottocentosettantacinque di ammenda il L., euro novecentotrentasetteecinquanta di ammenda P.e R., euro duemilacinquecento di ammenda la società S.S. Lazio s.p.a. (cfr. C.U. 241/AA pubblicato il 21.1.2021). Gli addebiti, anche allora, hanno riguardato la violazione della normativa anticovid. Si è trattato di infrazioni di minore gravità; anche esse tuttavia sono state contestate ai sensi degli artt. 4 CGS e 44 NOIF. Ebbene, all’epoca, evidentemente, la Difesa del L. sembra non aver dubitato che il predetto avesse responsabilità in relazione al mancato controllo sulla attività del suo staff medico. 13. La decisione di primo grado, viceversa, va confermata, nella sua componente assolutoria, per quel che riguarda la contestazione di aver consentito (o comunque, non impedito) a Strakosha, Leiva e Immobile di svolgere, con gli altri componenti della squadra, l’allenamento della mattinata del 3.11.2020, nonostante la positività dei citati calciatori ai tamponi cd. “UEFA” fosse nota al dott. R. sin dalle ore 10,34/10,49 di quel giorno. Invero, in merito, non può essere condiviso l’assunto della impugnante Procura, in base al quale, poiché non è stato provato il momento in cui tale situazione di promiscuità ebbe termine, allora si deve ritenere che essa sia durata per un periodo di tempo incompatibile con il dovere di intervenire prontamente. È fin troppo evidente che la prova della commissione dell’illecito incombe ei qui dicit, non certo ei qui negat. Sul punto è pienamente condivisibile quanto scrive il Tribunale: “il Collegio ritiene che la difesa della Lazio ha fornito elementi idonei – non confutati sul punto dalla Procura Federale - che inducono a ritenere non provata la circostanza contestata, anche in ragione del brevissimo lasso di tempo che può essere intercorso dall’intervenuta ricezione della comunicazione delle positività alla fine del programmato allenamento”. In ragione della sopra esposte argomentazioni, mentre va respinto in toto il reclamo proposto nell’interesse di L., R., P. e della SS Lazio, va accolta, nei limiti sopra indicati (vale a dire con esclusione della condotta appena illustrata al punto che precede e, per quanto subito si dirà, con rigetto della richiesta di aggravamento del trattamento sanzionatorio in danno di R. e P.), la impugnazione della Procura. Ne consegue che il trattamento sanzionatorio va riformato in pejus, per il L. e per la SS. Lazio, con la precisazione che l’aggravamento deve trovare il suo fondamento, per quel che riguarda il L., nell’ampliamento del perimetro della punibilità, mentre, per quel che riguarda la società, in ragione della scarsa afflittività della sanzione applicata in primo grado. A ben vedere, le condotte del presidente della SS Lazio e dei sanitari devono essere poste sullo stesso piano, atteso che il dovere di attivarsi incombeva su tutti e tre. Esse sono dunque meritevoli della medesima sanzione. Sia l’uno che gli altri, con le loro reiterate omissioni, si sono sottratti ai doverosi comportamenti cui erano tenuti, il primo in quanto vertice della struttura aziendale, i secondi in quanto medici (ancor prima che medici sociali). La mancanza di una delega (o, il che è lo stesso, di una valida delega), come si è premesso, pur essendo una circostanza fortemente sintomatica, rileva, per così dire, solo “in seconda battuta”, in quanto, come si è sopra argomentato, il L. era anche personalmente tenuto a vigilare sull’opera dei presunti delegati e, ancor di più, era tenuto ad intervenire una volta venuto a conoscenza della inerzia di costoro. In fin dei conti i destinatari delle norme dell’ordinamento sportivo hanno un carico di doverosità certamente superiore rispetto a quello che grava sul “comune” cittadino. L’impegno a comportarsi secondo criteri e parametri di lealtà, correttezza e probità (obbligo coessenziale alla funzione educativa dello sport) disegna un identikit personologico non lontano da quello che una volta si sarebbe definito “un perfetto gentiluomo”. E allora anche sotto questo aspetto, si deve procedere a una riconsiderazione della gravità degli illeciti commessi. In tempo di dilagante pandemia, con un numero di decessi che, solo in Italia, ha superato - ad oggi - le 100.000 unità, con una campagna vaccinale che, all’epoca dei fatti, non era ancora avviata, la condotta del presidente e dei sanitari della SS Lazio presenta, sul piano oggettivo, carattere di inescusabile irresponsabilità. Sul piano soggettivo, emerge, poi, tanto per quel che si desume dalle modalità stesse della condotta, quanto per il contegno tenuto dai reclamanti nel corso della fase procedimentale (innanzi alla Procura e al Tribunale), da un lato, il tentativo di addebitare (solo) ad altri la responsabilità delle significative omissioni poste in essere, dall’altro, una sorta di inammissibile pretesa di agire in pratica legibus soluti, quasi che la (pur legittima) finalità di assicurare un alto livello di performance atletica alla squadra potesse giustificare l’esposizione a rischio, innanzitutto, degli atleti stessi e, comunque, di tutti coloro che avrebbero potuto entrare in contatto (e, di fatto, entrarono in contatto) con i suddetti. 14.1. Né può essere trascurato il già menzionato C.U. 241/AA, del 21.1.2021, nell’ambito del procedimento 1144 pf 19/20, ignorato tanto dalla Procura federale, quanto dal giudice di primo grado, che avrebbe dovuto esser tenuto presente ai fini della contestazione della recidiva (sussistente anche nel caso in cui il “precedente” sia costituito da un “patteggiamento”, come esplicitamente chiarito da Cass. pen., sez. terza, sent. 7939 del 1998 e, implicitamente, da Cass. pen., sez. terza, sent. 23952 del 2015). Il ricordato C.U. documenta infatti che gli attuali reclamanti - pochi mesi addietro - hanno fatto richiesta di applicazione della sanzione, ai sensi dell’art. 126 CGS, per alcune condotte tenute nei mesi di maggio e di giugno 2020; precisamente P. e R. per non aver sottoposto il gruppo squadra al test del tampone con la frequenza prevista dalle disposizioni federali; L. per non aver vigilato sul rispetto delle norme in materia di controlli sanitari e della indicazioni per la ripresa degli allenamenti. Come si vede, si tratta di condotte quasi prodromiche rispetto a quelle, ben più gravi, oggetto del presente procedimento. Per altro è il caso di ribadire che il presidente L., avendo richiesto il “patteggiamento”, ha implicitamente accettato la costruzione accusatoria, in base alla quale la illiceità della sua condotta è consistita nella omessa vigilanza. Anche in quella occasione, si ripete, gli addebiti sono stati formulati con riferimento agli artt. 4 CGS e 44 NOIF.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 144/TFN - SD del 7 Maggio 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 10965/514pf20-21/GC/gb del 15 aprile 2021 nei confronti dei sig.ri G.D.A., C.A., D.D.O. e della società Casertana FC Srl - Reg. Prot. 124/TFN-SD
Massima: Mesi 7 di inibizione ed € 4.000,00 di ammenda al Presidente del CdA per la “ violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22/05/2020, nonché di quanto previsto dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, delle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 28/09/2020 e di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone al Tempo -1 (T-1) a 72-96h dal Tempo zero fissato (T0) in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico al T0 in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 24/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 17/08/20, al test eseguito in data 31/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 24/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico all’accertata positività di … al tampone del 31/08/20, di … al tampone del 16/10/20, di … al tampone del 30/10/20, di …. al tampone dell’11/12/20, di …al tampone del 15/12/20, di … al tampone del 18/12/20, di … al tampone del 22/12/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza delle 48h ore previste da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 07/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente del 04/09/20, al test eseguito in data 14/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente dell’11/09/20, al test non effettuato del 16/09/20, al test del 21/10/20, al test del 25/10/20, al test del 27/10/20, al test del 29/10/20, al test del 03/11/20, al test del 05/11/20, al test del 07/11/20, al test del 10/11/20, al test del 12/11/20, al test del 14/11/20, al test del 16/11/20, al test del 18/11/20, al test del 22/11/20, al test del 24/11/20, al test del 26/11/20, al test del 17/12/20, al test del 24/12/20, al test del 26/12/20, al test del 29/12/20, al test del 31/12/20, al test del 02/01/21, al test del 05/01/21, al test del 07/01/21, al test del 10/01/21, al test del 12/01/21, al test del 14/01/21, al test del 17/01/21, al test del 19/01/21 al test del 21/01/21, al test del 23/01/21, al test del 25/01/21; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 11/09/20 a distanza di 11 giorni dal precedente del 31/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 28/10/20, al test del 10/11/20, al test del 20/11/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 06/10/20, al test del 20/10/20, al test del 14/12/20, al test del 28/12/20, al test dell’11/01/20, al test del 25/01/21”; Mesi 9 di inibizione ed € 2.000,00 di ammenda al Responsabile Sanitario e mesi 5 di inibizione ed € 1.000,00 di ammenda al medico sociale “per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44, comma 2, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del 22/05/2020, nonché di quanto previsto dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, nonché di quanto previsto dalle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 28/09/2020 e dell’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra ai controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone al Tempo -1 (T-1) a 72-96h dal Tempo zero fissato (T0) in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico al T0 in data 17/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 24/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 17/08/20, al test eseguito in data 31/08/20 a distanza di 7 giorni dal precedente del 24/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico all’accertata positività di … al tampone del 31/08/20, di … al tampone del 16/10/20, di … al tampone del 30/10/20, di …. al tampone dell’11/12/20, di …al tampone del 15/12/20, di … al tampone del 18/12/20, di … al tampone del 22/12/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test del tampone alla scadenza delle 48h ore previste da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 07/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente del 04/09/20, al test eseguito in data 14/09/20 a distanza di 3 giorni dal precedente dell’11/09/20, al test non effettuato del 16/09/20, al test del 21/10/20, al test del 25/10/20, al test del 27/10/20, al test del 29/10/20, al test del 03/11/20, al test del 05/11/20, al test del 07/11/20, al test del 10/11/20, al test del 12/11/20, al test del 14/11/20, al test del 16/11/20, al test del 18/11/20, al test del 22/11/20, al test del 24/11/20, al test del 26/11/20, al test del 17/12/20, al test del 24/12/20, al test del 26/12/20, al test del 29/12/20, al test del 31/12/20, al test del 02/01/21, al test del 05/01/21, al test del 07/01/21, al test del 10/01/21, al test del 12/01/21, al test del 14/01/21, al test del 17/01/21, al test del 19/01/21 al test del 21/01/21, al test del 23/01/21, al test del 25/01/21; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 11/09/20 a distanza di 11 giorni dal precedente del 31/08/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 10 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 28/10/20, al test del 10/11/20, al test del 20/11/20; per non aver sottoposto il Gruppo Squadra al test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 06/10/20, al test del 20/10/20, al test del 14/12/20, al test del 28/12/20, al test dell’11/01/20, al test del 25/01/21”. Ammenda di euro 16.000,00 alla società
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 143/TFN - SD del 7 Maggio 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 10966/445pf20-21/GC/blp del 15 aprile 2021 nei confronti dei sig.ri G.D.A., C.A. e della società Casertana FC Srl - Reg. Prot. 125/TFN-SD
Massima: Mesi 11 al Presidente del CdA per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF, nonché di quanto previsto nelle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19” del 22/06/20, nonché dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, nonché di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari, in particolare, per aver consentito e, comunque, non impedito che venissero schierati in campo 3 giocatori del Gruppo Squadra, sig.ri …, che presentavano, prima di entrare in campo, oltre ai tipici sintomi influenzali da Covid-19, anche un innalzamento della temperatura corporea superiore a 37,5°C, poi risultati positivi al virus, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19”; Mesi 15 al Responsabile Sanitario “a) per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44, comma 2, delle NOIF, nonché di quanto previsto nelle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19” del 22/06/20, nonché dal C.U. 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, nonché di quanto previsto dall’Aggiornamento dei protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021 del 30/10/20: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver rispettato le norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari, in particolare, per aver consentito e, comunque, non impedito che venissero schierati in campo 3 giocatori del Gruppo Squadra, sig.ri Matese Mattia, Ciriello Vincenzo e Polito Vincenzo, che presentavano, prima di entrare in campo, oltre ai tipici sintomi influenzali da Covid-19, anche un innalzamento della temperatura corporea superiore a 37,5°C, poi risultati positivi al virus, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19; b) per aver consegnato, prima dell’inizio della partita di Casertana – Viterbese del 20/12/20, all’omologo della Squadra avversaria una certificazione non veridica del rispetto da parte di tutto il Gruppo Squadra delle prescrizioni sanitarie relative agli accertamenti Covid-19 previsti dai protocolli vigenti e dalle normative legislative, in particolare per aver consegnato una dichiarazione attestante una situazione sanitaria non veridica rispetto a quanto dichiarato, con specifico riferimento ai controlli sanitari effettuati prima della gara, in violazione di quanto previsto dai Protocolli sanitari, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19”. Ammenda di € 10.000 alla società
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 132/TFN - SD del 6 Aprile 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 9086/304pf20-21/GC/blp del 16.2.2021 nei confronti dei dott.ri C.L., I.P., F.R. e della società SS Lazio Spa, con istanza di intervento ex art. 81 CGS – FIGC della società Torino FC Spa - Reg. Prot. 109/TFN-SD
Massima: Ritiene il Collegio…. che il CU 78/A non abbia affatto modificato il CGS, limitandosi a richiamare le sanzioni applicabili in caso di violazioni ai protocolli sanitari vigenti. Sanzioni e fattispecie che comunque, in disparte il citato C.U., conseguirebbero comunque alla violazione del combinato disposto degli artt. 4, CGS e 44 NOIF, anch’essi richiamati nelle incolpazioni, sugli adempimenti per la tutela medico sportiva delle società professionistiche. Peraltro… il provvedimento citato non appartiene al novero degli atti che devono essere sottoposti all’approvazione della Giunta Nazionali del CONI ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l) del relativo Statuto, che richiama soltanto i regolamenti; né tale approvazione è richiesta dall’art. 27 dello Statuto FIGC, che richiama solo la necessità di sottoposizione alla Giunta del CONI del codice di giustizia sportiva.
Massima: Il presidente della società è sanzionato con mesi 7 di inibizione per la…violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44, comma 1, delle NOIF, dei Protocolli Sanitari FIGC sopra meglio specificati (“Indicazioni per la Ripresa degli Allenamenti delle Squadre di Calcio Professionistiche e degli Arbitri” del 22 maggio 2020, “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”, Versione 22 giugno 2020, con l’aggiornamento degli “Aspetti Medici” del 28 settembre 2020, “Aggiornamento dei Protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche, la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021” del 30 ottobre 2020), e delle Circolari del Ministero della Salute del 18 giugno 2020 (prot. 0021463-18/06/2020-DGPRE-DGPRE-P), 12 ottobre 2020 (prot. 0032850-12/10/2020-DGPRE-DGPRE-P) e 30 ottobre 2020 (prot. 0035324-30/10/2020-DGPREDGPRE-P), nonché di quanto previsto dal C.U. n. 78/A FIGC del 1 settembre 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari e delle necessarie comunicazioni alle autorità sanitarie locali competenti. Mesi 12 al medico sociale ed al Resposabile sanitario ed ammenda di € 150.000,00 alla società
DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 079 CFA del 5 Febbraio 2021
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n. 79/TFN-SD del 23 Dicembre 2020, ciascuno relativamente alla propria sanzione come irrogata, in accoglimento parziale del deferimento;
Impugnazione – istanza: G.E.-A.N.-Cosenza Calcio srl-Procura Federale
Massima: Ridotta l’ammenda inflitta ai deferiti per quanto concerne l’effettuazione dei tamponi che non risulterebbero eseguiti a distanza di quattro giorni l’uno dall’altro e i “test” sierologici a distanza di quattordici giorni. In realtà, agli atti risulta una tabella in cui sono indicate le date dell’esame, quindi della processazione, che appaiono distanti cinque giorni l’uno dall’altro…Quel che ha sottolineato però la sentenza impugnata, proprio a confutazione della tesi dei deferiti che evidenziavano la considerazione delle date di analisi presso il laboratorio autorizzato, è che quel che contestava la Procura “…non sono le date di effettuazione ma il mancato rispetto dei termini tra un test e un altro” e che “…se tutti i test hanno la data del giorno successivo al prelievo il dato non cambia. Sono sempre decorsi cinque giorni tra un tampone e un altro, nonché 22 giorni tra un test sierologico e un altro, in palese violazione del citato protocollo”. Tale ragionamento deduttivo, però, non può essere condiviso, in quanto la tesi espressa dai deferiti, come riproposta in questa sede, è che le date di prelievo erano giuste e rispettose del termine di quattro giorni, ben potendo risultare la data della processazione il giorno successivo, in virtù del tempo di trasporto del campione da Cosenza a Firenze… Per quanto riguarda la contestazione sulla data dell’esame sierologico, lo stesso Tribunale ammette che la data “tempo zero” sia quella della ripresa degli allenamenti al 3 giugno e non al 26 maggio, come osservato dai reclamanti, sommando 14 giorni al 3 giugno il risultato che si ottiene è il 17 giugno 2020, e quindi la data del secondo sierologico effettuato è in termini.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 79/TFN del 23.12.2020
Impugnazione - Istanza: Deferimenti nn. 6007 /1140pf19-20/GC/blp e 5991/1088pf19-20/GC/gb del 16.11.2020 nei Massima: confronti dei sig.ri G.E., A.N. e della società Cosenza Calcio Srl - Reg. Prot. 60-61/TFN-SD)
Massima: I deferiti vengono prosciolti dalla “a) violazione dell'art. 4, comma 1, del CGS, dell'art. 44 comma 1, delle N.O.I.F. e delle "Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri": per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall'All. n. 3 (cronoprogramma) delle "Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri", in particolare, per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 2/6/2020 a distanza di 7 giorni dal precedente del 26/5/2020; b) per violazione dell'art. 4, comma 1, del CGS, dell'art. 44 comma 1, delle N.O.I.F. e delle "Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri", nonché di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell'8 giugno 2020 in caso di "Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari": per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall'All. n. 3 (cronoprogramma) delle "Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri", in particolare, per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 14/6/2020; nonché per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test del 9/6/2020…. Il deferimento prot. 5991/1088 pf19/20GC/gb di cui al proc. n. 61/TFN-SD appare infondato in relazione agli addebiti contestati sub le lett. a) e b) ai deferiti.…. la procura federale presume la violazione delle Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri da parte dei deferiti per non aver fatto eseguire al gruppo squadra il test del tampone e il test sierologico alla scadenza, rispettivamente dei quattro giorni e dei quattordici giorni previsti da protocollo dal 26/5/2020. Sul punto appaiono fondate le contestazioni delle difese dei deferiti, laddove, senza essere contraddette sul punto dalla Procura Federale, affermano che il tempo zero debba essere individuato alla data di inizio degli allenamenti. Per quanto concerne l’omessa effettuazione dei tamponi il 14.6.2020 la Procura federale omette di indicare per quale ragione il Cosenza calcio avrebbe dovuto fare l’analisi in siffatta data. Conseguentemente, in ordine alle predette contestazioni i deferiti devono essere tutti prosciolti. I deferiti vengo invece sanzionati con l’ammenda di € 3.750,00 e la società con l’ammenda di € 5.000,00 per la “a) violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle N.O.I.F. e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, nonché di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 17/6/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 12/6/2020; del test eseguito in data 23/6/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 18/6/2020; del test eseguito in data 30/6/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 25/6/2020; del test eseguito in data 9/7/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 4/7/2020; del test eseguito in data 14/7/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 9/7/2020; nonché per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 17/6/2020 a distanza di 22 giorni dal precedente del 26/5/2020; b) violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle N.O.I.F. e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, nonché di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza per non provveduto ad assicurare nei locali palestra, spogliatoi e doccia la necessaria aerazione e ventilazione forzata come da protocollo, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da COVID-19”…Fondate appaiono invece le ulteriori contestazioni. per quanto concerne gli addebiti di cui alla lett. a del deferimento n. 6007/1140 pf 19-20/GC/blp la Procura federale contesta la violazione delle Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri per non aver eseguito i tamponi a distanza di 4 giorni e i test sierologici a distanza di 14 giorni. Per tabulas la violazione risulta provata.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 42/TFN del 11.11.2020
Impugnazione - Istanza: Deferimenti nn. 4051/1151 pf19-20/GC/blp, 4046/1106 pf19-20/GC/blp e 4053/198 pf19-20/GC/blp del 01.10.2020 nei confronti della sig.ra P.M., dei sig.ri P.G., M.G. e della società Trapani Calcio Srl - Reg. Prot. nn. 26-27-28/TFN-SD)
Massima: Tutti e tre i deferiti (presidente – amministratore e responsabile sanitario) sono sanzionati con l’ammenda da € 1.400,00 ad € 4.000,00 in base alla rispettive posizioni sostanzialmente per la a) violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, nonché di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto a far rispettare o comunque per non aver vigilato sul rispetto delle norme sopra richiamate in materia di controlli sanitari secondo quanto indicato dall’All. n. 3 (cronoprogramma) delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, in particolare, per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test del tampone alla scadenza dei 4 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 6/7/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente dell’1/7/2020; al test eseguito in data 15/7/2020 a distanza di 6 giorni dal precedente del 9/7/2020; al test eseguito in data 20/7/2020 a distanza di 5 giorni dal precedente del 15/7/2020; nonché per non aver fatto eseguire al Gruppo Squadra il test sierologico alla scadenza dei 14 giorni previsti da protocollo, con riferimento al test eseguito in data 7/7/2020 a distanza di 15 giorni dal precedente del 22/6/2020; b) violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, dell’art. 44 comma 1, delle NOIF e delle “Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri”, nonché di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”: per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver vigilato o comunque per non aver provveduto ad assicurare nelle docce collocate all’interno degli spogliatoi, la necessaria aerazione e ventilazione forzata lasciando spento l’apposito aspiratore, con ciò mettendo a rischio la salute dei soggetti appartenenti alla società e di coloro i quali abbiano avuto contatti con i medesimi esponendoli a contagio da Covid-19;….I procedimenti traggono origine dalle visite ispettive svolte presso l’impianto sportivo in uso al Trapani calcio Srl da parte del pool investigativo della Procura Federale, attivato con il compito specifico di verificare il rispetto delle indicazioni contenute nei protocolli sanitari emanati dalla FIGC ed approvati dalle autorità di governo per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. La Procura Federale ha contestato ai deferiti, la violazione dell’art. 4, comma 1 CGS, dell’art. 44 comma 1 NOIF nella parte in cui prevede che “le società devono provvedere a sottoporre i calciatori, gli allenatori, i direttori tecnici ed i preparatori atletici professionisti agli accertamenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalle presenti disposizioni”, in relazione alle “indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistico e degli arbitri”, nonché di quanto previsto dai C.U. 201/A del 08/06/2020 e 78/A del 01/09/2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”. Con il Comunicato Ufficiale n. 210/A, il Consiglio Federale ha chiarito, da un lato, che “le società professionistiche sono tenute all’osservanza dei Protocolli Sanitari finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologia da Covid-19 emanati dalla FIGC e validati dalle Autorità sanitarie e governative competenti”, da altro lato che “è assoluto interesse della Federazione che le società professionistiche osservino rigorosamente i Protocolli Sanitari”, stabilendo “una specifica disciplina sanzionatoria con riferimento alla violazione di tali protocolli commessa nella stagione sportiva 2019/2020”. In particolare, con il predetto Comunicato Ufficiale è stato previsto che: - “in caso di violazione dei Protocolli Sanitari, a carico della società responsabile si applicano, a seconda della sua gravità, le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), c) e g), del CGS della FIGC. La gravità della violazione è valutata in funzione del rischio per la salute dei calciatori, degli staff, degli arbitri e di tutti gli addetti ai lavori esposti al contagio da Covid-19”; - “le società sono responsabili dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci, e di tutti gli altri soggetti di cui all’art. 2, comma 2, del CGS della F.I.G.C., secondo quanto previsto dai richiamati Protocolli Sanitari, che in qualunque modo possano contribuire alle violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3. La responsabilità delle società concorre con quella dei dirigenti, tesserati, soci e non soci e degli altri soggetti di cui all’art. 2, comma 2, del CGS della FIGC”; - tali disposizioni “si applica[no] ai fatti commessi nella stagione sportiva 2019/2020” (disciplina sanzionatoria speciale prorogata alla stagione sportiva 2020/2021 con il menzionato C.U. 78/A del 01/09/2020). Orbene, in punto di fatto, il Collegio rileva come gli inadempimenti su cui si fondano i deferimenti devono ritenersi tutti pacificamente acquisiti in quanto non contestati o smentiti dai soggetti cui sono stati mossi gli addebiti. Pertanto, gli esiti degli accertamenti svolti e le mancanze emerse della società Trapani Calcio Srl in relazione ai protocolli sanitari di cui alle Indicazioni per la ripresa degli allenamenti delle squadre di Calcio Professionistico e degli arbitri, come descritti nelle relazioni al Procuratore Federale da parte dagli organi ispettivi e trasfuse nelle imputazioni, possono ritenersi accertati nella loro interezza. Per quanto concerne, in particolare, le responsabilità ascritte alla dott.ssa P. ed al dott. P., le stesse sussistono pure in difetto di deleghe operative specifiche in tema di gestione sportiva della società o di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Sul dirigente, legale rappresentante del sodalizio, grava infatti un obbligo generale di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte dei delegati di disposizioni di indiscussa rilevanza sia per l’ordinamento federale (alla luce delle richiamate disposizioni) che per quello statuale (cfr. art. 16 comma 3, Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza, D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81), stante altresì la valenza pubblicistica delle norme poste a tutela della salute del lavoratore e collettiva. Le misure di sicurezza introdotte per la ripresa dell’attività dopo l’interruzione imposta dalla pandemia, la cui omessa attuazione è oggetto dei deferimenti trattati, non possono certo annoverarsi nell’ambito di adempimenti societari relativi alla pratica sportiva (come dedotto dalla difesa della dott.ssa Pretti), rientrando a tutti gli effetti nell’ambito di protocolli di natura sanitaria per la tutela della salute ed il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Protocolli la cui corretta osservanza deve essere monitorata e seguita dalla dirigenza pur in presenza di soggetti tenuti in concreto ad attuarne i precetti come, nel caso di specie, il Responsabile Sanitario della società. Tanto vale ad affermare la responsabilità disciplinare dei due Presidenti del Consiglio di Amministrazione e Legali Rappresentanti succedutisi, dott. … e dott.ssa …, nonché del Responsabile Sanitario dott. G. M. per tutte le condotte ascritte. Da tali comportamenti consegue, altresì, ai fini disciplinari la responsabilità diretta della società Trapani Calcio Srl ai sensi dell’art. 6, comma 1, del CGS, nonché la responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2, del CGS Inoltre, le disposizioni contenute nei richiamati C.U. n. 201/A e 78/A FIGC pongono gli obblighi in ordine all’osservanza dei Protocolli Sanitari, finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologia da Covid-19 emanati dalla FIGC e validati dalle Autorità sanitarie e governative competenti, anche a carico delle Società in modo diretto e, pertanto, le norme richiamate determinano altresì una responsabilità propria della Società. Sotto il profilo della quantificazione sanzionatoria delle condotte, il Collegio ritiene di dover tener conto del particolare momento in cui versava la società all’epoca dei fatti: coinvolta in una grave crisi economica di liquidità e di credito, in un avvicendamento della proprietà e dei vertici. Le sanzioni richieste dalla procura appaiono, pertanto, potersi rimodulare in considerazione di tali circostanze.
DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I: DECISIONE N. 027 CFA del 13 Ottobre 2020
Decisione Impugnata: Decisione n. 8 del Tribunale Federale Nazionale del 24/09/2020
Impugnazione – istanza: AS Roma spa-Sig. G.F.-Sig. M.M. -Procura Federale)
Massima: Confermata la decisione del TFN e dunque anche l’ammenda di € 7.000,00 alla società per violazione del C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, durante la gara Napoli – Roma del 5 luglio 2020, delle indicazioni predisposte dal DGE della SSC Napoli in attuazione del Protocollo recante “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, versione 4 del 22 giugno 2020 – FIGC”, connesse al posizionamento nella panchina e nella panchina aggiuntiva della AS Roma Spa, consentendo che i tesserati della AS Roma Spa in panchina non fossero posizionati rispettando il distanziamento, occupando un posto ogni due e che i restanti tesserati si collocassero in tribuna, atteso che detta tribuna dello Stadio San Paolo di Napoli ha diretto accesso al terreno di gioco, con ciò mettendo a rischio la salute dei tesserati” Infatti, in base al richiamato quadro regolatorio adottato dal Consiglio Federale della FIGC, l’individuazione delle misure più idonee per evitare il rischio di diffusione dell’epidemia da Covid-19 è stata accentrata negli organi federali e non è stata rimessa alla libera e discrezionale valutazione delle singole società. Conseguentemente, come ha chiarito anche il giudice di prime cure, non è consentito alle singole società di decidere autonomamente le misure ritenute più idonee per limitare la diffusione della pandemia Covid-19, essendo le stesse obbligate a rispettare i protocolli sanitari adottati dalla Federazione senza alcuna facoltà di deroga. Sulla natura vincolante e non derogabile delle disposizioni sul distanziamento contenute nel Protocollo FIGC 4 del 22/06/2020 valido per lo svolgimento delle gare “a porte chiuse” e finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica del Covid-19, il Collegio si è già pronunciato ai punti 1.3 e 1.4.
Massima: In ogni caso le norme di prevenzione di cui al Protocollo sanitario FIGC sono incondizionate e, per intuibili ragioni, come già sopra spiegato al punto 1.4., il loro rispetto è - come quello di tutte le regole del gioco - essenziale per la regolarità della gara e, nella specie, per la stessa credibilità degli organi federali che proprio al rispetto di quelle regole hanno subordinato la ripresa delle partite di calcio “a porte chiuse”. Parimenti inconferente e inidonea a giustificare la violazione del Protocollo sanitario, è l’assicurazione, proveniente dal responsabile sanitario della prima squadra dell’AS Roma Spa, che “dal punto di vista medico non vi [sarebbe stato] alcun rischio di eventuale trasmissione a terzi del virus Covid-19” poiché “tutti i giocatori e tesserati del Gruppo Squadra [sarebbero stati] regolarmente tamponati e sottoposti ai test sierologici”. Né, infine, vale obiettare che in altre occasioni sportive quelle regole sono state violate senza alcuna conseguenza, ovvero che nulla è successo a causa della loro violazione, giacché se qualcosa di quanto temuto fosse accaduto, l’unica differenza rispetto a quanto stimato ex post sarebbe stata quella di un ulteriore aggravamento della responsabilità dei soggetti deferiti per la violazione del protocollo sanitario.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 8/TFN del 29.09.2020
Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 2064/1122 pf 19 20 /GC/gb del 07.08.2020 nei confronti dei sig.ri F.G., M.M. e della società AS Roma Spa - Reg. Prot. n. 209/TFN-SD
Massima: L’Amministratore Delegato della Società è sanzionato con giorni 30 di inibizione per la violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S. e di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, per aver disatteso, durante la gara Napoli – Roma del 5 luglio 2020, le indicazioni, predisposte dal DGE della SSC Napoli in attuazione del Protocollo recante “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione della gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, versione 4 del 22 giugno 2020 – FIGC”, connesse al posizionamento nella panchina e nella panchina aggiuntiva della AS Roma Spa, consentendo che i tesserati dell’AS Roma Spa in panchina non fossero posizionati rispettando il distanziamento, occupando un posto ogni due e che i restanti tesserati si collocassero in tribuna, atteso che detta tribuna dello Stadio San Paolo di Napoli ha diretto accesso al terreno di gioco, con ciò mettendo a rischio la salute dei tesserati” Il responsabile sanitario della Prima Squadra della Società è sanzionato con giorni 20, “per rispondere della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S. e di quanto previsto dal C.U. n. 210/A FIGC dell’8 giugno 2020 in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari”, per aver disatteso, in concorso con il sig. F, durante la gara Napoli – Roma del 5 luglio 2020, le indicazioni, predisposte dal DGE della SSC Napoli in attuazione del Protocollo recante “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione della gare di calcio professionistico in modalità “a porte chiuse”, finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, versione 4 del 22 giugno 2020 – FIGC”, connesse al posizionamento nella panchina e nella panchina aggiuntiva della AS Roma Spa, consentendo che i tesserati dell’AS Roma Spa in panchina non fossero posizionati rispettando il distanziamento, occupando un posto ogni due e che i restanti tesserati si collocassero in tribuna, atteso che detta tribuna dello Stadio San Paolo di Napoli ha diretto accesso al terreno di gioco, con ciò mettendo a rischio la salute dei tesserati”. La società è sanzionata con l’ammenda di € 7.000,00….Con il Comunicato Ufficiale n. 210/A, il Consiglio Federale ha chiarito, da un lato, che “le società professionistiche sono tenute all’osservanza dei Protocolli Sanitari finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologia da COVID-19 emanati dalla FIGC e validati dalle Autorità sanitarie e governative competenti”, da un altro lato che “è assoluto interesse della Federazione che le società professionistiche osservino rigorosamente i Protocolli Sanitari”, stabilendo “una specifica disciplina sanzionatoria con riferimento alla violazione di tali protocolli commessa nella stagione sportiva 2019/2020”. In particolare, con il predetto Comunicato Ufficiale è stato previsto che: - “in caso di violazione dei Protocolli Sanitari, a carico della società responsabile si applicano, a seconda della sua gravità, le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), c) e g), del C.G.S. della FIGC. La gravità della violazione è valutata in funzione del rischio per la salute dei calciatori, degli staff, degli arbitri e di tutti gli addetti ai lavori esposti al contagio da COVID-19”; - “le società sono responsabili dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci, e di tutti gli altri soggetti di cui all’art. 2, comma 2, del C.G.S. della F.I.G.C., secondo quanto previsto dai richiamati Protocolli Sanitari, che in qualunque modo possano contribuire alle violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3. La responsabilità delle società concorre con quella dei dirigenti, tesserati, soci e non soci e degli altri soggetti di cui all’art. 2, comma 2, del C.G.S. della FIGC; - tali disposizioni “si applica[no] ai fatti commessi nella stagione sportiva 2019/2020”. Il protocollo vigente all’epoca dei fatti contestati prevedeva: -“Rimodulazione delle panchine, prevedendo la distribuzione alternata dei componenti (mantenere un posto vuoto tra un sedile occupato e l’altro) o disponendo gli occupanti su due file, mantenendo le distanze di sicurezza” (pag. 18); -“Opzione per espansione panchina riserve: in tribuna (se c’è accesso diretto al campo) o sedie/panchine aggiuntive per espandere le panchine normali; occupare se necessario parti della tribuna (es. ground box)” (pag. 19). - Da ultimo, poi, a pag. 35 è previsto che “le norme sulla distanza minima devono essere seguite tassativamente nelle aree interne ed esterne dello Stadio”. Alla luce del chiaro quadro regolatorio appare evidente che la decisione dell’AS Roma Spa di non rispettare il distanziamento nella panchina e di non utilizzare le parti della tribuna accessibili direttamente dal campo di gioco all’uopo adibite costituisce una grave violazione dei Protocolli sanitari.