F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE – SEZIONE I – 2019/2020– FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. n. 19/ CSA del 5 maggio 2020 (motivazioni) con riferimento al C.U. n. 163/CSA del 20 giugno 2019 (dispositivo) RICORSO TARANTO F.C. 1927 S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 2 GIORNATE EFFETTIVE DI GARA INFLITTA AL SIG. PANARELLI LUIGI SEGUITO GARA AUDACE CERIGNOLA/TARANTO DEL 19.05.2019 (Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale – Com. Uff. n. 151 del 20.5.2019)

RICORSO  TARANTO  F.C.  1927  S.R.L.  AVVERSO  LA  SANZIONE  DELLA  SQUALIFICA  PER  2 GIORNATE  EFFETTIVE  DI  GARA  INFLITTA  AL  SIG.  PANARELLI  LUIGI  SEGUITO  GARA  AUDACE CERIGNOLA/TARANTO   DEL   19.05.2019   (Delibera   del   Giudice   Sportivo   presso   il   Dipartimento Interregionale – Com. Uff. n. 151 del 20.5.2019)

 

Con decisione del 20.5.2019 il Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale ha inflitto la squalifica per 2 giornate effettive di gara all’allenatore Luigi Panarelli del Taranto F.C. 1927 “per avere rivolto espressione e gesto irriguardoso all’indirizzo del Direttore di gara”.

In particolare, dal referto redatto dall’arbitro, sig. Filippo Giaccaglia di Jesi, si legge che

al 17’ del II tempo il predetto allenatore mandava l’arbitro a quel paese, “accompagnando il tutto con un gesto della mano”.

Propone reclamo la società del Taranto F.C. 1927 in difesa del suo allenatore, chiedendo la riduzione della squalifica, facendo valere le seguenti circostanze attenuanti:

1. l’assenza di intenti irriguardosi nel comportamento sanzionato, che si paleserebbe quale

mera scomposta manifestazione di dissenso;

2. lo stato di grande tensione in cui si iscrive il gesto, atteso che le due compagini si stavano contendendo la qualificazione in Serie C;

3. la specchiata condotta anteatta del coach sanzionato.

Il ricorso è infondato e, sentito l’arbitro, va respinto per le seguenti considerazioni in

DIRITTO

La condotta ingiuriosa viene definita dalla giurisprudenza sportiva secondo il concetto tipicamente penalistico cui deve farsi riferimento per qualificare l’ingiuria; ne deriva che essa si configura in presenza di espressioni «idonee a ledere il decoro, la dignità o l’onore della persona alla quale sono rivolte [ovvero] sono tali da attribuire qualità personali negative al destinatario» (cfr. Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 28 aprile 2010, n. 236/CGF; nonché, Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 19 gennaio 2010, n. 130/CGF; e Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 19 gennaio 2010, n. 121/CGF).

La condotta tenuta da mister Panarelli si sussume in tale fattispecie in quanto, come emerso dallo studio del fascicolo e dall’audizione dell’arbitro, si è estrinsecata in un insulto (segnatamente, un “vaffa…”) rivolto all’arbitro medesimo.

Su di essa vi è poco da aggiungere, trattandosi di un comportamento inopportuno per una manifestazione sportiva, la quale deve ruotare intorno ai valori della sana competizione e del rispetto dell’avversario e del direttore di gara. Un fastidioso insulto in direzione dell’arbitro supera il normale limite del diritto di critica, in quanto tali espressioni non consistono in un mero dissenso motivato alle decisioni arbitrali, espresso in termini misurati e necessari, ma in attacchi personali lesivi della dignità morale delle persone offese, di modo che non può trovare accoglimento l’asserita attenuante del diritto di critica invocata per prima dalla difesa tarantina. Peraltro,  non  potrebbe  mai  sussistere  l’esimente  dell’esercizio  del  diritto  di  critica  qualora l’espressione usata consista non già in un dissenso motivato espresso in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale lesivo della dignità morale della persona accusata.

Per quanto concerne la seconda attenuante richiamata, la c.d. enfasi agonistica, la giurisprudenza sportiva è concorde nell’escluderne la valenza attenuante (cfr., ex multis, Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 20 gennaio 2010, n. 133/CGF) e questa Corte condivide siffatto orientamento.

Infine, si discute se l’assenza di precedenti possa o meno essere considerata una circostanza attenuante. Si è autorevolmente osservato che «la dedotta irreprensibilità della condotta anteatta nel settore sportivo dell’istante non può costituire elemento sintomatico dell’irragionevolezza o erroneità della decisione della Commissione» (cfr. Trib. naz. arb. sport, 23 aprile 2012, ist. n. 17/12, P.M. c. FIGC, in www.coni.it). Ed invero, le circostanze non contestuali con i fatti, cioè sostanzialmente quelle inerenti la personalità e la vita anteatta dell’incolpato, non sembra che possano assumere alcuna rilevanza ai fini della valutazione dell’entità della squalifica. Questa, infatti, dovrebbe essere determinata essenzialmente alla luce degli specifici fatti contestati all’autore dell’infrazione. Tant’è che il sistema sanzionatorio federale non individua forme di attenuanti generiche analoghe a quelle previste dall’ordinamento penale e che anzi attraverso l’istituto della recidiva i precedenti assumano rilevanza prevalentemente per determinare un aggravamento della posizione del soggetto responsabile di violazioni disciplinari (cfr. art. 19, comma 9 CGS ante riforma 2019).

Esclusa l’operatività delle tre attenuanti invocate dalla difesa del mister tarantino, questa Corte sottolinea, ad abundantiam, che ci sarebbero addirittura gli estremi per l’applicazione di una aggravante. Infatti, tra le circostanze aggravanti la giurisprudenza sportiva considera tali anzitutto il ruolo di rilievo rivestito da colui che pone in essere la violazione disciplinare. Si considera, per orientamento costante, come circostanza aggravante il rivestire il ruolo di allenatore della squadra, giacché a questi richiede «un comportamento ancora piú decoroso e rispettoso dell’autorità di quanto non sia richiesto ad un comune tesserato» (cfr. Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 20 luglio 2011, n. 20/CGF). Nel presente caso, giova ripeterlo, l’incolpato ricopre proprio il ruolo di trainer, soggetto su cui grava un obbligo rafforzato e ben più qualificato di lealtà e correttezza in campo, nei confronti dell’arbitro e degli avversari.

Ad ogni modo, trascurando l’astratta applicabilità di quest’ultima aggravante per mere ragioni di equità sostanziale della decisione, alla fattispecie oggetto del presente giudizio si applica l’articolo 19, comma 4, lettera a) del C.G.S. (ante riforma 2019), che commina due giornate di squalifica “in caso di condotta gravemente antisportiva e in caso di condotta ingiuriosa o irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara”.

Tale norma fissa solo la sanzione-base, lasciando libero il giudice di aumentare o di ridurre la squalifica, valorizzando le circostanze aggravanti o attenuanti del caso concreto.

Il Giudice di prime cure ben avrebbe potuto tenere conto della circostanza aggravante del

ruolo di rilievo rivestito da colui che pone in essere la violazione disciplinare, invece ci si è attestati sulla sanzione base, squalificando comunque il Panarelli per sole due gare, sanzione che, alla luce del principio di proporzionalità delle pene, appare congrua.

Per questi motivi la C.S.A., sentito l’arbitro, respinge il ricorso come sopra proposto dalla

società TARANTO F.C. 1927 S.R.L. di Taranto.

Dispone addebitarsi la tassa reclamo.

 

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