F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE II– 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 48CFA DEL 22/11/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 105/CFA (STAGIONE SPORTIVA 2017/2018) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 114/CFA (STAGIONE SPORTIVA 2017/2018) RICORSO DELLA SOCIETA’ US AREZZO SRL AVVERSO LE SANZIONI: PENALIZZAZIONE DI PUNTI 6 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA; AMMENDA DI € 1.000,00; INFLITTE ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4, COMMA 1 E 10, COMMA 3 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFI IV) E V) NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTE NN. 7578/701 PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 19.2.2018 E 7587/702 PF GP/GC/BLP DEL 19.2.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 53/TFN del 27.3.2018)

RICORSO DELLA SOCIETA’ US AREZZO SRL AVVERSO LE SANZIONI: PENALIZZAZIONE DI PUNTI 6 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA; AMMENDA DI € 1.000,00; INFLITTE ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4, COMMA 1  E 10, COMMA 3 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFI IV) E V) NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTE NN. 7578/701 PF  17-18 GP/GC/BLP DEL 19.2.2018  E 7587/702 PF GP/GC/BLP DEL 19.2.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 53/TFN del 27.3.2018)

L’Unione Sportiva Arezzo S.r.l. in esercizio provvisorio proponeva reclamo avverso il provvedimento del Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, assunto il 23.3.2018 e pubblicato sul Com. Uff. n. 53/TFN, che le aveva inflitto la penalizzazione di 6 punti in classifica e l’ammenda di € 1.000,00.

Deduceva la reclamante, a sostegno delle proprie ragioni, che il Primo Giudice:

a) non aveva dichiarato l’improcedibilità dei deferimenti o in subordine, l’interruzione del processo, omettendo di considerare che con sentenza n. 17 del 15.3.2018, il Tribunale di Arezzo aveva dichiarato il fallimento dell’Unione Sportiva Arezzo S.r.l.;

b) non aveva tenuto conto, sia in relazione all’accadimento dei fatti che in relazione all’applicazione della sanzione, che all’epoca delle violazioni, l’Unione Sportiva Arezzo S.r.l. versava già in stato di acclarata insolvenza e non poteva quindi procedere ad alcun pagamento, senza incorrere nella violazione della par condicio creditorum;

c) non aveva motivato il percorso logico seguito per la determinazione delle sanzioni inflitte.

Nella riunione del giorno 26.4.18, la reclamante insisteva per l’accoglimento di tutte le conclusioni già rassegnate nell’atto introduttivo del grado di appello e la Procura chiedeva il rigetto del proposto reclamo.

La Corte riservava la propria decisione.

Il reclamo è parzialmente fondato e si accoglie nei termini espressi nella seguente motivazione.

Sull’improcedibilita’ del deferimento ed omessa interruzione del processo

La reclamante si duole della circostanza che il Tribunale, in assenza di una norma che regolamenti l’intervenuto fallimento di una società nel corso di processo sportivo, non abbia osservato il disposto dell’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, in virtù del quale, gli organi di Giustizia Sportiva devono conformare la propria attività ai principi ed alle norme generali del processo penale e/o civile.

Lamenta, in particolare, l’Unione Sportiva Arezzo S.r.l. che nel caso di specie non sarebbe stato applicato il disposto dell’art. 43 comma 3 L.F., con conseguente declaratoria di interruzione del processo, omettendo altresì di valutare che l’apertura del fallimento determina la perdita della capacità processuale dell’imprenditore fallito, al quale subentra il curatore, mentre al detto organo fallimentare non sarebbe stato notificato l’atto di deferimento ed il successivo avviso di fissazione dell’udienza, con evidente lesione del diritto di difesa e nullità del conseguente intero processo.

Ritiene la Corte di non poter condividere l’articolata tesi difensiva della reclamante.   Se da una parte è inconfutabile il richiamo ai principi generali del processo penale e civile disposto dall’art. 2 del Codice di Giustizia del C.O.N.I., dall’altra è parimenti vero che i principi del Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C. rispondono a peculiari esigenze di natura domestica, che debbono essere rispettati inderogabilmente. Uno di questi principi è l’assoluta celerità del processo, perché lo stesso non deve porsi in contrasto con il regolare svolgimento dei campionati e vi è l’imprescindibile esigenza di arrivare alla decisione in tempi ristretti e coerenti con i calendari dell’attività sportiva. È quindi comprensibile che la Giustizia Sportiva sia necessariamente più sollecita e meno incline alla rigorosa e indefettibile osservanza di tutti gli istituti del processo civile  e  penale.  Nella  fattispecie,  peraltro, devesi tener conto che di fatto, avendo la sentenza di fallimento autorizzato la continuità dell’attività in precedenza svolta, non può configurarsi in un vero e proprio iato tra l’attività anteriore e quella posteriore alla pronuncia del fallimento. Così come la società calcistica, in continuità, ha regolarmente dato immediato corso alle attività sportive in senso stretto (regolare partecipazione alla prima gara di campionato successiva alla pronuncia di fallimento) in egual maniere avrebbe dovuto dare corso a tutti gli ulteriori adempimenti di natura amministrativa e processuale.

Gli atti di deferimento e di fissazione dell’udienza innanzi al Tribunale Federale erano stati regolarmente notificati alla società in bonis e proprio per la disposta continuità, gli organi fallimentari avrebbero dovuto prenderne immediata nota, partecipando all’udienza o inviando una comunicazione scritta, anche al limitato fine di chiedere un semplice rinvio (che di certo non sarebbe stato negato), onde poter nominare un difensore e predisporre adeguata difesa.

Le dedotte argomentazioni portano, quindi, al rigetto integrale del primo motivo di reclamo.     Sul secondo motivo di reclamo - erronea ricostruzione dei fatti – erronea valutazione delle prove – erronea applicazione delle norme di diritto – omessa e/o illogica e/o contraddittoria motivazione della decisione

La reclamante si duole del fatto che il Tribunale Federale avrebbe omesso di considerare che all’epoca delle contestazioni, la stessa versasse già in stato di insolvenza, venendosi così a trovare “nell’oggettiva ed incolpevole impossibilità di fare fronte alle “obbligazioni assunte, …… anche per la necessità di salvaguardare la par condicio “creditorum e non incorrere in gravi responsabilità penali”, motivo che l’ha indotta ad invocare la scriminante della forza maggiore.

Proprio argomentando in ordine all’invocata forza maggiore, si perviene ad affermare l’infondatezza della tesi invocata della reclamante, che per l’effetto, deve essere respinta.

La forza maggiore è infatti per sua definizione, un elemento esterno a cui il soggetto non può resistere e che induce a ritenere incolpevole il suo comportamento. Senonché, lo stato di insolvenza non è affatto un elemento esterno, ma assolutamente interno alla società, che  non  può  essere invocato come scriminante. Lo stato di decozione non viene, infatti, determinato da soggetti terzi, ma è la stessa società sportiva che lo ha determinato e risulterebbe  meramente  contraddittorio  ed illogico, riconoscere una scriminante, per fatti propri dell’incolpato. Peraltro, se l’Ordinamento Sportivo mira a punire il singolo inadempimento, non può certamente assumere atteggiamento premiale o agevolativo rispetto all’incapacità generalizzata di adempiere a tutte le proprie obbligazioni, laddove è appena il caso di sottolineare ancora che è l’imprenditore a determinare lo stato di insolvenza e che detto stato non potrà mai essere ritenuto incolpevole, dovendosi al medesimo, di contro, attribuire, forse, la colpa più grave.

Per concludere l’esame del peculiare motivo di reclamo, devesi altresì ritenere  non riconducibile alla scriminante della forza maggiore, l’obbligo di non violare la par condicio creditorum. Tutti i crediti oggetto del presente procedimento hanno indistintamente natura privilegiata ed  è pertanto legittimo che l’imprenditore possa pagarli, preferendoli ad altri di grado inferiore e si ha riprova di quanto testè affermato proprio nel comportamento positivo della fallita che ha dichiarato d’aver provveduto, immediatamente dopo la pronuncia di fallimento, a destinare tutte le risorse disponibili al pagamento degli emolumenti e dei contributi relativi ai mesi di gennaio e febbraio 2018, senza il rischio di incorrere nella violazione della par condicio creditorum.

Quanto da ultimo rilevato, porta altresì ad affermare che lo stato di insolvenza  non  può neanche essere apprezzato al limitato fine dell’applicazione di una pena minore o ridotta.

Se, infatti, si punisce in termini normali colui che si pone nella condizione economica di commettere un solo inadempimento, non si comprende perché si dovrebbe avere maggiore clemenza

nei confronti di colui che ha determinato il generalizzato stato di inadempimento di tutte le proprie obbligazioni.

In siffatta situazione, se non si applicano sanzioni ancor più gravi per l’insolvenza, non di meno, a fronte della stessa possono irrogarsi sanzioni più lievi.

Sul terzo motivo di reclamo - omessa motivazione sulla quantificazione della pena

La reclamante si duole del fatto il Tribunale le abbia inflitto 6 punti  di  penalizzazione  in classifica e € 1.000,00 di ammenda, omettendo di motivare come sia pervenuta alla detta quantificazione. Lamenta altresì che rispondendo in proprio ex articolo 10 comma 3 C.G.S. per i fatti di incolpazione, non dovrebbe in pari tempo risponderne anche ex art. 4 comma 1 C.G.S. e da ultimo osserva che non avrebbe potuto essere irrogata in suo danno l’ammenda di euro 1000, prevista, peraltro in alternativa alla penalizzazione, solo per la mancata comunicazione dei dati relativi al pagamento.

Il motivo è parzialmente fondato.

La reclamante ha chiesto la declaratoria di nullità del processo ed in via principale, l’assoluzione, che non possono trovare accoglimento per quanto dedotto nell’esame del primo  e secondo motivo di impugnazione, mentre in subordine, in parziale riforma dell’impugnata sentenza ha invocato l’applicazione di una sanzione meno afflittiva, previa riunione delle violazioni commesse sotto il vincolo della continuazione.

Ritiene in effetti la Corte, ai fini della quantificazione della pena, che vada applicato l’istituto della continuazione, non potendosi ricorrere al mero cumulo materiale delle pena in relazione alle incolpazioni contestate. Il detto istituto, mutuato dai principi generali,  è  già  stato  applicato  dallo stesso Tribunale Federale Nazionale (Com. Uff. n. 12/TFN Sezione Disciplinare 2015/2016, giudizio a carico di Massimo De Salvo e Novara Calcio S.p.A.), da questa Corte Federale d’Appello (Com. Uff. n. 47/CFA Sezioni Unite 2015/2016) e da ultimo, anche da recente pronuncia delle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia del Coni (decisione n. 9/2016).

La sanzione va, pertanto, rideterminata, assumendo la pena base di 2 punti di penalizzazione in classifica, maggiorata di un ulteriore punto per ogni infrazione, per un totale di 4 punti.

Per questi motivi la C.F.A., in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società US Arezzo Srl di Arezzo (AR), riduce la sanzione della penalizzazione a punti 4 in classifica.

Dispone restituirsi la tassa reclamo.

 

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