F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE III– 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 53CFA DEL 22/11/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 131/CFA DEL 21 GIUGNO 2018 RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. ZANDA MATTEO E DELLA SOCIETÀ ASD MONASTIR KOSMOTO SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 6615/139PFI17- 18/CS/GB DEL 29.1.2018 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Sardegna – Com. Uff. n. 49 del 26.4.2018)

RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. ZANDA MATTEO E DELLA SOCIETÀ ASD MONASTIR KOSMOTO SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 6615/139PFI17-

18/CS/GB DEL 29.1.2018 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Sardegna – Com. Uff. n. 49 del 26.4.2018)

Il ricorso, che fa seguito al giudizio avanti al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Sardegna, è diretto alla riforma della decisione relativa al deferimento del Sig. Zanda Matteo e della A.S.D. Monastir Kosmoto, con conseguente affermazione della responsabilità di entrambi i deferiti per quanto agli stessi ascritto con l’atto di deferimento del 29.1.2018 comminando ai medesimi le sanzioni richieste innanzi al giudice di primo grado (sei mesi di squalifica quanto al calciatore Zanda Matteo e tre punti di penalizzazione in classifica e l’ammenda di € 500,00 quanto alla A.S.D. Monastir Kosmoto) ovvero le sanzioni ritenute di giustizia.

Nel merito, la Procura Federale deduce l’erroneità della decisione di primo grado assumendo che i fatti di causa dimostrerebbero che il Sig. Matteo Zanda, presentando all’Autorità Giudiziaria Ordinaria l’atto di querela, ancorché poi rimessa, nei confronti dei tesserati Michele Pili, Antonio Pili e Simone Calaresu senza la preventiva autorizzazione federale, aveva violato il vincolo di giustizia di cui al secondo comma dell’art. 30 dello Statuto Federale, con conseguente responsabilità oggettiva ai sensi dell’art 4, comma 2, della A.S.D. Monastir Kosmoto. In particolare, la Procura Federale lamenta la tesi del giudice di primo grado che il Sig. Zanda doveva essere prosciolto “per difetto dell’elemento soggettivo”. La procura Federale ricorda che il giorno 12.3.2017 prima della gara U.S. Tonara/A.S.D. Monastir Kosmoto il Sig. Zanda e altri tesserati di quest’ultima Società erano stati aggrediti fisicamente e verbalmente da alcuni tesserati della U.S. Tonara. In conseguenza di tali fatti i Sigg. Zanza e Cordeddu avevano presentato ai Carabinieri una denuncia-querela nei confronti di questi ultimi poco importando che successivamente l’avevano ritirata. Dai fatti di causa è emerso che la denuncia-querela sarebbe stata presentata senza l’autorizzazione federale non potendosi considerarsi tale l’e-mail che il Presidente della A.S.D. Monastir Kosmoto aveva inviato al Presidente Regionale FIGC Sardegna, non solo perché non pervenuta all’Organo competente sia perché priva dell’indicazione dei soggetti che intendevano presentare querela. Di qui, la violazione delle norme sopraindicate e la richiesta di riforma della decisione di primo grado.

Nel corso del giudizio di appello sia il Sig. Zanda che la A.S.D. Monastir Kosmoto hanno presentato delle controdeduzioni difensive in cui in primo luogo si è sottolineato che i fatti di causa si sono svolti in un luogo diverso dal terreno di gioco; in secondo luogo, trattandosi, ad avviso dei resistenti, di un comportamento premeditato dei tesserati della U.S. Tonara, la normativa in tema di vincolo di giustizia non sarebbe applicabile tanto più che i fatti di causa erano avvenuti  solo  in occasione e prima della gara ma per “ragioni meramente riferibili a questioni personali” con la conseguenza che “la vittima può adire la giustizia ordinaria senza travalicare il vincolo di giustizia”. In terzo luogo, i resistenti assumevano “l’insindacabile buona fede del Sig. Zanda” come era dimostrato dalla richiesta, da parte del Presidente della A.S.D. Monastir Kosmoto, dell’autorizzazione federale a procedere poco importando che il Presidente della Società avesse trasmesso la richiesta a un’autorità diversa da quella competente. Tale errore di trasmissione non potrebbe comunque essere imputato al Sig. Zanda. Sempre con lo stesso motivo i due resistenti assumevano che il vincolo di giustizia si può ritenere violato solo in caso di “assoluta certezza della volontà di  eludere il dovere di richiedere l’autorizzazione” che nel caso di specie non sussisterebbe stante la formalizzazione della richiesta di autorizzazione: l’invio della richiesta di autorizzazione “deve essere considerato una scriminante rendendo così non punibile il comportamento in ragione della buonafede del tesserato che, così agendo, ha dimostrato, seppur errando, di non aver voluto eludere la normativa federale”. A sostegno di tale assunto la difesa dei resistenti ha ricordato precedenti di questa Corte nel senso ora indicato (il caso Cellino c Grassadonia). In quarto luogo, la difesa dei resistenti ha evidenziato che la normativa in tema di vincolo di giustizia non è applicabile in materia penale ove “l’apparato della FIGC non è in grado, per carenza di adeguata normativa o per mancanza di organi competenti, di spiegare un intervento diretto e concretamente tutelante sicché, in questi casi, nessun contrasto può dirsi configurabile fra ordinamento statale e federale, svolgendo quest’ultimo unicamente una funzione non concorrente ma complementare e suppletiva”. Poiché tutte queste considerazioni ricorrerebbero nel caso del Sig. Zanda il quale ha agito in modo legittimo, “ritenendo di essere vittima di reato”, e “ha fatto quanto in suo potere per operare nel rispetto della normativa federale”. Da ultimo, la difesa dei resistenti insiste sulla sussistenza nel caso di specie degli  estremi  dell’errore  scusabile  che  può essere escluso solo se “l’agente abbia voluto commettere una determinata azione con la certezza di commettere l’illecito”. Sempre la difesa dei resistenti aggiunge che la buona fede del Sig. Zanda è dimostrata dal fatto che lo stesso aveva presentato la querela “con l’assoluta convinzione di aver richiesto l’autorizzazione nelle forme corrette” anche perché “la legittimità dell’azione gli era stata garantita dal Presidente della Società”. Alla luce di tutte queste considerazioni la difesa dei resistenti ha chiesto la conferma della decisione del giudice di primo grado; in subordine, che la sanzione fosse contenuta nei limiti del minimo edittale qualora non potesse essere inflitta al Sig. Zanda la sola pena dell’ammonimento.

Osserva questa Corte Federale d’Appello che il reclamo della Procura Federale non merita accoglimento in quanto la decisione impugnata appare immune da errori e da vizi logici. Infatti, la decisione di primo grado ha evidenziato correttamente le circostanze che comprovavano la buona fede del calciatore Matteo Zanda. Quest’ultimo, dopo essere stato aggredito fisicamente e verbalmente da parte di tesserati della U.S. Tonara, aveva presentato la denuncia-querela dopo essersi consultato con il Presidente della Società di appartenenza il quale ha poi inviato una richiesta di autorizzazione al Presidente Regionale FIGC Sardegna. Da quanto è dato di capire dagli atti di causa, il Sig. Zanda ha presentato la denuncia-querela solo dopo che il Presidente della sua Società gli ha riferito di aver richiesto l’autorizzazione al Presidente Regionale FIGC Sardegna. Alla luce di questi fatti la buona fede del Sig. Zanda appare evidente, non potendosi imputare allo stesso l’errore di trasmissione, né le altre circostanze addotte dalla Procura Federale. In altre parole, il fatto che il Sig. Zanda abbia presentato la querela solo dopo che il Presidente della sua Società gli aveva riferito di aver richiesto l’autorizzazione, è la prova più lampante che il calciatore non aveva nessuna intenzione di violare il vincolo di giustizia, sicché è da escludersi qualunque intenzionalità o dolo specifico. In secondo luogo, sulla base degli stessi fatti è altrettanto lampante la buona fede del calciatore.

Non essendo stata dimostrata dalla Procura Federale né l’intenzionalità del calciatore  di eludere il vincolo di giustizia né la mala fede del suo comportamento, il Sig. Matteo Zanda non può essere ritenuto responsabile dei fatti a lui ascritti e, di conseguenza, non è ipotizzabile neanche una responsabilità oggettiva della Società di appartenenza. Ne consegue la conferma della decisione di primo grado e del conseguente proscioglimento dei deferiti dagli addebiti agli stessi ascritti. Non vi è luogo per pronunciarsi sulle spese.

Per questi motivi la C.F.A. respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.

 

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