F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 018/CFA DEL 22/08/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 099/CFA (STAGIONE SPORTIVA 2017/2018) RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEI SIGG.RI: WALTER TACCONE (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELL’U.S. AVELLINO 1912 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.; DE VITO VINCENZO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELL’U.S. AVELLINO 1912 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.; COSENTINO GIUSEPPE (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.; ORTOLI ARMANDO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.; RUSSOTTO ANDREA (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.; MUSCATELLI FRANCESCA (ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO CHE SVOLGEVA, EX ART. 1BIS, COMMA 5 C.G.S., ATTIVITÀ ALL’INTERNO E/O NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L. (SOCIO DI MINORANZA) E, COMUNQUE, RILEVANTE PER L’ORDINAMENTO FEDERALE) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S.; PECORA MARCO (ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE DELEGATO DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S.; E DELLE SOCIETÀ: SOCIETÀ U.S. AVELLINO 1912 S.R.L. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA PER VIOLAZIONE EX ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.; SOCIETÀ CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA PER VIOLAZIONE EX ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.; SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 4535/1250 PF 17/18 GP/GT/AG DEL 27.11.2017 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 33/TFN del 19.12.2017)
RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEI SIGG.RI: WALTER TACCONE (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELL’U.S. AVELLINO 1912 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.;
DE VITO VINCENZO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELL’U.S. AVELLINO 1912 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.;
COSENTINO GIUSEPPE (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.;
ORTOLI ARMANDO (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.;
RUSSOTTO ANDREA (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, E 5 C.G.S.;
MUSCATELLI FRANCESCA (ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO CHE SVOLGEVA, EX ART. 1BIS, COMMA 5 C.G.S., ATTIVITÀ ALL’INTERNO E/O NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L. (SOCIO DI MINORANZA) E, COMUNQUE, RILEVANTE PER L’ORDINAMENTO FEDERALE) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S.;
PECORA MARCO (ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE DELEGATO DEL CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L.) PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S.;
E DELLE SOCIETÀ:
SOCIETÀ U.S. AVELLINO 1912 S.R.L. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA PER VIOLAZIONE EX ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.;
SOCIETÀ CATANZARO CALCIO 2011 S.R.L. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA PER VIOLAZIONE EX ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.;
SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 4535/1250 PF 17/18 GP/GT/AG DEL 27.11.2017 (Delibera
del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 33/TFN del 19.12.2017)
Premessa
L’indagine federale ha preso avvio dall’attività giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Palmi nell’indagine denominata “Money gate” in ordine ad una presunta alterazione del risultato della gara Catanzaro - Avellino del 5 maggio 2013 - stagione sportiva 2012/13, penultima sfida del campionato di 1^ divisione, girone B, della Lega Pro.
È stata, infatti, acquisita, da parte della Procura federale, documentazione inerente all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palmi in data 17.05.2017, nei confronti del sig. Cosentino Giuseppe ed altri, con allegata l’annotazione di P.G. (P.P. n. 3420/2012 R.G.N.R. - mod. 21), indirizzata dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria alla Procura della Repubblica di Palmi, consistente fra l’altro nelle attività di P.G. espletate ed in una notevole mole di intercettazioni di comunicazioni telefoniche.
L’esame del suddetto materiale, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività di indagine svolta dalla Procura federale, ha consentito di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità, per quanto qui rileva, delle condotte dei signori: Walter Taccone, Vincenzo De Vito, Giuseppe Cosentino, Armando Ortoli, Andrea Russotto, Francesca Muscatelli e Marco Pecora, nonché delle società U.S. Avellino 1912 s.r.l. e Catanzaro Calcio 2011 s.r.l.
Tale prospettazione accusatoria, tuttavia, non ha trovato riscontro nella decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare, che, con decisione pubblicata sul C.U. n. 33/TFN del 19.12.2017, ha prosciolto i deferiti tutti.
Avverso tale decisione, la Procura federale ha proposto appello davanti a questa Corte.
Il Deferimento della Procura federale
- La Procura federale, con atto datato 27 novembre 2017 (prot. 4535/1250 pf 17-18/GP/GT/ag) ha deferito – per quanto qui interessa – innanzi al Tribunale federale nazionale:
- il Sig. Walter Taccone, all’epoca dei fatti Presidente dell’US Avellino 1912 Srl;
- il Sig. De Vito Vincenzo, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo dell’US Avellino 1912 Srl;
- il Sig. Cosentino Giuseppe, all’epoca dei fatti Presidente del Catanzaro Calcio 2011 Srl,
- il Sig. Ortoli Armando, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo del Catanzaro Calcio Srl;
- il Sig. Russotto Andrea, all’epoca dei fatti calciatore del Catanzaro Calcio 2011 Srl;
- la Sig.ra Muscatelli Francesca, all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva, ex art. 1 bis, comma 5, del CGS, attività all’interno e/o nell’interesse della Società Catanzaro Calcio 20111 Srl e, comunque, rilevante per l’Ordinamento federale;
- la Sig.ra Cosentino Ambra, all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva, ex art. 1 bis, comma 5, del CGS, attività all’interno e/o nell’interesse della Società Catanzaro Calcio 2011 Srl e, comunque, rilevante per l’Ordinamento federale;
- il Sig. Pecora Marco, all’epoca dei fatti Amministratore Delegato del Catanzaro Calcio 2011 Srl;
- la Società US Avellino 1912 Srl;
- la Società Catanzaro Calcio 2011 Srl; per rispondere:
con riferimento alla gara Catanzaro – Avellino del 05/05/2013 – s.s. 2012-13 – campionato di Lega Pro Girone “B” – risultato finale 0 – 1:
- Taccone Walter, all’epoca dei fatti Presidente dell’US Avellino 1912 Srl, De Vito Vincenzo, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo dell’US Avellino 1912 Srl, Cosentino Giuseppe, all’epoca dei fatti Presidente del Catanzaro Calcio 2011 Srl, Ortoli Armando, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo del Catanzaro Calcio 2011 Srl e Russotto Andrea, all’epoca dei fatti calciatore del Catanzaro Calcio Srl, della violazione dell’art. 7 commi 1, 2 e 5 del CGS, per avere tutti, in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il conseguente risultato finale della gara Catanzaro/Avellino, disputata in data 05/05/2013 e valevole per la penultima giornata del Campionato di Lega Pro Girone “B” stagione sportiva 2012/13, in modo che la stessa terminasse con un risultato di parità, allo scopo di assicurare ad ambedue le squadre un vantaggio in classifica (con il pari il Catanzaro Calcio 2011 Srl avrebbe aritmeticamente conservato la categoria senza necessità di dover disputare la coda dei playout, mentre, lo US Avellino 1912 Srl sarebbe rimasto in corsa per la promozione in Serie B) e non riuscendovi, nel concreto, sol perché, a dispetto delle “intese” intercorse e in ragione dei concomitanti risultati maturandi dalle altre squadre concorrenti per la promozione, lo US Avellino 1912 Srl, in corso di gara, decise di far propria l’intera posta in palio; in particolare, Taccone Walter, De Vito Vincenzo, Cosentino Giuseppe e Ortoli Armando, nelle proprie rispettive e ricordate qualità, per essersi, nei giorni antecedenti alla gara in argomento, adoperati al fine di raggiungere una intesa onde “addomesticare” la stessa e concordare che terminasse con un risultato di parità; Russotto Andrea per avere, nel corso della disputa dell’incontro de quo, offerto un contributo causale decisivo affinché il medesimo avesse a terminare con un risultato diverso da quello conseguente ad un suo corretto e leale svolgimento (nei primi minuti di gioco il Russotto mancò la facile segnatura di due reti proprio in ossequio all’accordo illecito in essere con la squadra ospite);
- Muscatelli Francesca, all’epoca dei fatti, soggetto ex art. 1 bis, comma 5, del CGS che svolgeva attività all’interno e/o nell’interesse della Società Catanzaro Calcio 2011 Srl (socio di minoranza) e, comunque, rilevante per l’Ordinamento federale, della violazione dell’art. 7, comma 7, del CGS, per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura Federale di essere venuta a conoscenza della “combine” riguardante la gara Catanzaro/Avellino del 05/05/2013;
- Cosentino Ambra, all’epoca dei fatti soggetto ex art. 1 bis, comma 5, del CGS che svolgeva attività all’interno e/o nell’interesse della Società Catanzaro Calcio 2011 Srl (consigliere CdA Catanzaro Calcio 2011 Srl) e, comunque, rilevante per l’Ordinamento federale, della violazione dell’art. 7, comma 7, del CGS, per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura Federale di essere venuta a conoscenza della “combine” riguardante la gara Catanzaro/Avellino del 05/05/2013;
- Pecora Marco, all’epoca dei fatti Amministratore Delegato del Catanzaro Calcio 2011 Srl, della violazione dell’art. 7, comma 7, del CGS per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura Federale di essere venuto a conoscenza della “combine” riguardante la gara Catanzaro/Avellino del 05/05/2013;
- la Società US Avellino 1912 Srl, a titolo di responsabilità diretta e oggettiva, ex artt. 7, comma 2, e 4, commi 1 e 2, del CGS, in ordine agli addebiti contestati - rispettivamente - ai propri, all’epoca dei fatti, Presidente (Taccone Walter) e Direttore Sportivo (De Vito Vincenzo), in relazione alla gara Catanzaro/Avellino del 05/05/13;
- la Società Catanzaro Calcio 2011 Srl, a titolo di responsabilità diretta e oggettiva, ex artt. 7, comma 2, e 4, commi 1 e 2, del CGS, in ordine agli addebiti contestati - rispettivamente – ai propri, all’epoca dei fatti, Presidente (Cosentino Giuseppe), Amministratore Delegato (Pecora Marco), Direttore Sportivo (Ortoli Armando), tesserato in qualità di calciatore (Russotto Andrea) e soggetti svolgenti attività di interesse per la Società e, comunque, rilevante per l’Ordinamento federale (socio di minoranza Muscatelli Francesca e consigliere CdA Catanzaro Calcio 2011 Srl Cosentino Ambra), in relazione alla gara Catanzaro/Avellino del 05/05/13.
Con riferimento alla rescissione del contratto stipulato fra il Catanzaro Calcio 2011 Srl e l’allenatore Francesco Cozza:
- Cosentino Giuseppe e Pecora Marco all’epoca dei fatti, rispettivamente, Presidente e Amministratore Delegato della Società Catanzaro Calcio 2011 Srl, per avere, in violazione degli artt. 1 bis comma 1 e 8 commi 2 e 6 del CGS, ovvero del dovere fatto a ciascun soggetto dell’Ordinamento federale di comportarsi in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva secondo i principi di lealtà, probità e correttezza e di osservare le norme e gli atti federali e, quindi, di astenersi dal tenere comportamenti diretti ad eludere la normativa federale in materia economica e gestionale, concertato di proporre e concordare a/con il Sig. Francesco Cozza, allenatore della prima squadra del Catanzaro Calcio 2011 Srl per la stagione sportiva 2012-13, di addivenire a risolvere consensualmente il contratto che lo legava alla Società fino al 2015, mediante la dazione “in nero”, allo stesso, di una cospicua somma di denaro in contanti (corrisposta nella misura di € 119.00,00), a titolo di buonuscita per il Cozza e il suo staff;
- Catanzaro Calcio 2011 Srl, a titolo di responsabilità diretta e oggettiva, ex art. 4, commi 1 e 2, del CGS, per le condotte, quali sopra descritte, ascrivibili - rispettivamente - ai propri, all’epoca dei fatti, Presidente, Amministratore Delegato e tesserato in qualità di Tecnico.
- Con successivo provvedimento del 28.11.2017 il Procuratore Federale ha, tuttavia, testualmente disposto la revoca del deferimento nei confronti della Sig.ra Ambra Cosentino ed ha proceduto, pertanto, a stralciare la posizione della predetta aprendo un autonomo procedimento stralcio.
Il giudizio di primo grado
- Le difese dei deferiti, nel rigettare tutte le ipotesi formulate dal Procuratore Federale in ordine al presunto accordo intercorso tra le Società deferite, hanno sollevato, ciascuno per la propria parte, alcune questioni di inammissibilità delle intercettazioni poste a base del deferimento, per non aver la Procura di Palmi trasmesso tutti gli atti del procedimento penale in maniera tale da consentire alle difese un puntuale controllo dei requisiti di legittimità delle stesse, nonché la violazione del principio del giusto procedimento e la nullità del procedimento stesso scaturente a seguito dell’avvenuto stralcio della posizione della Ambra Cosentino che non avrebbe potuto essere effettuato una volta che la stessa è stata regolarmente deferita.
Alla seduta fissata dal TFN per la celebrazione del dibattimento, il Tribunale, preso atto della richiesta di intervento nel giudizio, formulata ex art. 41, comma 7, CGS dalla Società Fondi Racing Club, che ha sostenuto sussistente un interesse di classifica nei confronti del Catanzaro, ha ammesso la stessa al dibattimento.
La difesa del Catanzaro si è opposta a tale istanza, ritenendo l’interesse del Racing privo di concretezza e attualità e, pertanto, ne ha chiesto il rigetto. La Procura federale al riguardo si è rimessa alle decisioni del Tribunale.
La Procura federale ha insistito per l'accoglimento del deferimento, formulando le seguenti richieste sanzionatorie:
- per Walter Taccone, inibizione di anni 5 (cinque), con proposta di preclusione da ogni rango e/o categoria della F.I.G.C., oltre all’ammenda di € 70.000,00 (Euro settantamila/00);
- per De Vito Vincenzo, inibizione di anni 4 (quattro), oltre all’ammenda di € 60.000,00 (Euro sessantamila/00);
- per Cosentino Giuseppe, inibizione di anni 5 (cinque), con proposta di preclusione da ogni rango e/o categoria della F.I.G.C., oltre all’ammenda di € 90.000,00 (Euro novantamila/00);
- Per Ortoli Armando, inibizione di anni 4 (quattro), oltre all’ammenda di € 60.000,00 (Euro sessantamila/00);
- per Russotto Andrea, squalifica di anni 3 (tre), oltre all’ammenda di € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00);
- per Muscatelli Francesca, inibizione di mesi 6 (sei) oltre all’ammenda di € 30.000,00 (Euro trentamila/00);
- per Pecora Marco, inibizione di mesi 6 (sei) oltre all’ammenda di € 30.000,00 (Euro trentamila/00);
- per US Avellino 1912 Srl, retrocessione all’ultimo posto in classifica nel campionato in corso, oltre alla penalizzazione di punti 3 (tre) in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2018/19;
- per Catanzaro Calcio 2011 Srl, retrocessione all’ultimo posto in classifica nel campionato in corso, oltre alla penalizzazione di punti 3 (tre) in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2018/19 e ammenda di € 60.000,00 (Euro sessantamila/00).
Le difese hanno insistito nell'accoglimento dei motivi formulati nelle memorie difensive, articolando, in particolare, l’eccezione di inammissibilità del deferimento in relazione all’avvenuto stralcio della posizione della Ambra Cosentino.
Nello specifico la difesa del Sig. Cosentino ha depositato copia delle immagini video della conferenza stampa tenuta dallo stesso nel post partita Catanzaro – Avellino del 05/05/2013 – s.s. 2012-13 – Campionato di Lega Pro Girone “B” – risultato finale 0 – 1. La difesa del deferito Russotto ha depositato copia delle immagini video della partita Catanzaro – Avellino del 05/05/2013 – s.s. 2012-13 – Campionato di Lega Pro Girone “B” – risultato finale 0 – 1. L’attuale Presidente del Catanzaro ha depositato documentazione dallo stesso ritenuta utile ai fine del decidere. La difesa della Racing Club Fondi ha concluso per l’accoglimento del deferimento nei termini richiesti dalla Procura federale.
In via preliminare, il TFN ha disatteso le eccezioni sollevate dalle difese e ciò in ragione del fatto «che il deferimento appare infondato».
«Alla stregua degli atti allegati al deferimento», afferma il TFN, «a supporto delle ragioni accusatorie, infatti, il Collegio ritiene che non si sia raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della fondatezza dell’impianto accusatorio.
Va effettuata una necessaria premessa. Il deferimento sconta una evidente carenza probatoria della Procura Federale che, agli atti del processo, non solo non ha prodotto le perizie delle trascrizioni integrali delle intercettazioni (atti questi che non risultano trasmessi dalla Procura della Repubblica di Palmi), ma non ha neanche depositato l’ordinanza di custodia cautelare e l’informativa della Polizia giudiziaria poste a base di tutto l’impianto accusatorio; si è limitata, invero, a depositare esclusivamente gli interrogatori formulati dalla stessa Procura Federale, laddove tutti i deferiti hanno negato la commissione dei fatti come contestati.
Nell’ambito del processo sportivo, che non può non seguire i principi generali tipici del processo di parte, la Procura Federale ha indubbiamente l’onere di allegazione dei fatti e delle prove che intende assumere a fondamento del proprio deferimento e sulla base dei quali il giudice è tenuto a fondare la propria decisione.
Agli atti vi è esclusivamente l’atto di deferimento, nel quale sono riportati stralci degli atti del procedimento penale che, tuttavia, senza la necessaria fonte di prova, risultano del tutto decontestualizzate e, soprattutto, allo stato degli atti, non trovano alcun riscontro nei richiami formulati nel deferimento. Più volte, ad esempio, nell’atto di deferimento si fa riferimento ad allegati all’informativa della Guardia di Finanza di Reggio Calabria che, tuttavia, non sono presenti negli atti processuali del presente deferimento.
Analogamente non sono presenti agli atti del deferimento le valutazioni complessive, compendiate nell’Ordinanza di custodia cautelare, che il giudice delle indagini preliminari ha formulato sui fatti esposti nel deferimento, utili al fine di consentire al questo Collegio, una visione più completa dei fatti esposti.
Lungi dall’essere una mera valutazione formale, la mancata allegazione delle fonti di prova e degli elementi essenziali da cui attingere per delineare il quadro generale degli illeciti che si ritengono perpetrati, il contesto nel quale gli stessi si ritiene siano stati realizzati e l’effettiva valutazione complessiva del quadro probatorio prodotto, induce a ritenere il deferimento stesso del tutto sprovvisto del supporto fattuale-giuridico necessario per consentire a questo Collegio di effettuare un approfondito esame dei fatti.
Non a caso, nell’atto di deferimento la Procura Federale ha precisato che il procedimento penale è ancora in corso e, quindi, si è riservata di produrre in giudizio ulteriori elementi probatori; riserva che, tuttavia, non è stata esercitata.
Alla luce degli atti prodotti in giudizio, quindi, non può ritenersi, al di là di ogni ragionevole dubbio che vi sia la certezza del raggiungimento di un accordo finalizzato ad alterare il risultato della partita Catanzaro-Avellino in assenza di alcun riscontro – in atti – in ordine ad un contatto diretto con i vertici istituzionali dell’Avellino coinvolti nell’indagine prima e dopo la partita stessa (tranne l’incontro mai negato al bar dello stadio nell’imminenza della gara), di un effettivo coinvolgimento di tutti i calciatori nella vicenda in questione, di alcun contatto successivo fra i due Presidenti (il Cosentino pare – per espressa affermazione delle parti non riscontrata, tuttavia, agli atti, in assenza del necessario supporto probatorio - sia stato intercettato sia telefonicamente che ambientalmente per un discreto lasso di tempo), nonostante, appunto, il Cosentino avesse vantato rapporti di amicizia con “i Presidenti” dell’Avellino (anche quest’affermazione appare contraddittoria giacché dagli atti non emerge quali siano i due Presidenti nella Società avellinese).
Né la Procura ha prodotto alcun filmato della partita idoneo a supportare le affermazioni circa i presunti volontari errori del Russotto.
Orbene, in assenza di ulteriori e più pregnanti riscontri fattuali, si ritiene che tali elementi non possano essere ritenuti sufficienti a far ritenere sussistente, allo stato degli atti, la condotta ascritta agli odierni deferiti, pur prendendo atto della obiettiva difficoltà di ricostruire dettagliatamente fatti che risalgono ad una stagione sportiva ormai risalente nel tempo e sulla quale non sembra, da quanto esposto nel deferimento, che la Procura della Repubblica di Palmi abbia svolto accertamenti mirati nell’immediatezza dei fatti.
D'altronde dagli atti non si comprende quale sia stato il metro di valutazione della Procura Federale per addivenire al deferimento in questione, giacché, a mero titolo esemplificativo, dall’atto di deferimento emerge che fra le intercettazioni che – è bene ribadirlo - non sono state depositate in atti, ve ne sarebbe una nella quale il Presidente afferma che “i ragazzi sapevano”; tuttavia a fronte di alcuni interrogatori, la Procura Federale ha ritenuto di non deferire alcuno degli altri giocatori del Catanzaro all’infuori del Russotto, anch’egli incidentalmente citato in una intercettazione.
In assenza, inoltre, del necessario supporto probatorio, anche le affermazioni contenute in ordine al presunto pagamento in nero effettuato dal Presidente del Catanzaro per rescindere consensualmente il contratto con il Cozza sul quale tutte le parti in udienza, nulla hanno aggiunto o eccepito, non può, allo stato dell’assenza di atti introitati nel processo e per gli analoghi motivi già esposti in relazione all’ipotesi di illecito sportivo, trovare accoglimento».
Per questi motivi, il Tribunale federale nazionale - Sezione disciplinare, ha dunque disposto il proscioglimento dei deferiti.
Il ricorso della Procura federale
Avverso la suddetta decisione del Tribunale federale nazionale ha proposto ricorso il Procuratore federale unitamente al Procuratore federale aggiunto.
Con un primo motivo di gravame, il ricorrente deduce l’erronea applicazione degli artt. 34, comma 4, 35, comma 4.1 e 41, comma 9, del codice di giustizia sportiva, con riferimento alla acquisizione del materiale probatorio posto a sostegno dell’atto di deferimento.
La Procura federale denuncia la mancata attivazione da parte del Tribunale, di poteri istruttori officiosi, in virtù dei quali, l’organo giudicante era tenuto ad accertare la causa del mancato rinvenimento delle risultanze probatorie poste a fondamento dell’impianto accusatorio.
Tali poteri esercitabili ex officio, secondo la Procura, si evincono dagli articoli 34, comma 4, del codice di giustizia sportiva nonché l’articolo 41, comma 9, che conferiscono ampi poteri istruttori agli organi giudicanti nell’ambito dei procedimenti di giustizia sportiva.
L’appellante, inoltre, eccepisce il travisamento da parte del Tribunale federale della disposizione normativa contenuta nell’articolo 35, comma 4.1, del codice di giustizia sportiva che recita: “I procedimenti si svolgono sulla base degli elementi contenuti nel deferimento e nelle deduzioni difensive”. Infatti la Procura sostiene che l’errore in cui è incorso il Tribunale sia stato di aver considerato come “estranee” al deferimento le risultanze probatorie delle intercettazioni, risultanze che essendo espressamente richiamate nel deferimento stesso, non sarebbero considerabili come estranee all’atto medesimo.
Col secondo motivo, l’appellante deduce l’erronea applicazione del dispositivo di cui all’art. 7, commi 1, 2, 5, 7, del codice di giustizia sportiva, per erronea valutazione dei fatti posti a base del deferimento, in riferimento alla gara: Catanzaro- Avellino del 05/05/2013- s.s. 2012-2013- Campionato di lega Pro Girone “B” - risultato finale 0-1.
La Procura sostiene, infatti, che «nell’ipotesi delineata dall’art. 7 C.G.S. configura un illecito in ordine al quale non è necessaria, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano stati effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo (…) Un’ipotesi, in altri termini, di illecito di pura condotta o, come detto altrimenti, a consumazione anticipata, che si realizza (rectius: consuma) anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato (…)»
Di conseguenza sarebbe del tutto irrilevante la divergenza tra l’esito fraudolentemente pattuito e il risultato effettivo della gara in esame.
Tenuto poi conto dello standard probatorio utilizzato nei procedimenti giustizia sportiva (che com’è noto, stabilisce che per ritenere sussistente una violazione non è necessario il superamento della soglia del ragionevole dubbio bensì il superamento della soglia di mera probabilità), nel caso di specie l’appellante ritiene che esso sia inequivocabilmente superato in quanto nell’esame testimoniale, nessuno degli incolpati disconosce le circostanze che emergono dalle intercettazioni.
Infine, con riferimento alle condotte omissive contestate, in ordine alla violazione dell’art. 7, comma 7, del C.G.S., la Procura rileva che l’obbligo di denuncia si cristallizza nel momento in cui il soggetto viene portato a conoscenza della commissione di un illecito sportivo, con la conseguenza che sia la sig.ra Muscatelli Francesca che il sig. Pecora Marco fossero entrambi venuti a conoscenza dell’esistenza di un accordo illecito e, quindi, senz’altro incombeva su di loro tale (disatteso) obbligo.
Infine, come ultimo motivo di gravame viene eccepita l’erronea applicazione del disposto di cui agli artt. 1 bis, comma 1, e 8, comma 2, e 6 del codice di giustizia sportiva, per erronea valutazione dei fatti posti a base del deferimento, in riferimento alla rescissione del contratto stipulato fra il Catanzaro Calcio 2011 s.r.l. e l’allenatore Francesco Cozza, in cui la Procura richiama tutte le argomentazioni precedenti, in quanto applicabili anche alla vicenda del pagamento in nero come prezzo della rescissione del contratto tra l’allenatore Cozza Francesco e la società Catanzaro calcio s.r.l.
Alla luce di quanto esposto, il ricorrente, previa eventuale acquisizione del materiale documentale trasmesso dalla AGO di Palmi, chiede di annullare la decisione in questione e affermare la responsabilità disciplinare di tutti i soggetti deferiti, condannandoli alla sanzione richiesta in sede di udienza di primo grado o diversa sanzione stabilita dalla Corte.
Le difese
Il sig. Walter Taccone, rappresentato e difeso dall’avv. Innocenzo Massaro ha dimesso memoria difensiva.
In primo luogo, il predetto appellato contesta l'utilizzabilità delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche inserite nell'atto di deferimento della Procura federale in quanto, non essendo trascrizioni integrali sarebbero confuse e decontestualizzate.
Più in generale, sostiene l'appellato, che sulla base dell'intero materiale probatorio utilizzato dalla Procura non emergerebbe un quadro indiziario dotato delle caratteristiche di gravità precisione e concordanza tale da poter attribuire una responsabilità in ordine agli illeciti contestati, anche perchè nelle intercettazioni vengono impiegate espressioni “criptiche” non dotate di significato univoco sulla base dei canoni di interpretazione sanciti dalla Giurisprudenza dominante.
Inoltre, contesta la decisione della Procura federale di non sottoporre ad esame testimoniale gli atleti appartenenti all'Avellino Calcio, che essendo coinvolti, a parere dell'accusa, nell'accordo fraudolento, ben avrebbero potuto fornire elementi utili in ordine all'accertamento dei fatti.
Infine, nega il contenuto del presunto accordo illecito in quanto nessun vantaggio sarebbe derivato all'Avellino Calcio da un pareggio con il Catanzaro.
Conclude, disattendersi la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e confermarsi l’impugnata sentenza di proscioglimento.
Ha depositato difesa scritta anche il sig. Andrea Russotto, rappresentato ed assistito dagli avv. Eduardo Chiacchio e Giuseppe Chiacchio e dal dott. Gianpaolo Calò, il quale preliminarmente deduce che la pretesa della Procura federale relativa al mancato esperimento da parte del giudice di prime cure di poteri officiosi in ordine all'acquisizione del materiale probatorio appare del tutto infondata, in quanto tali poteri non possono estendersi a tal punto da sopperire all'onere probatorio a carico delle parti processuali e che, in ogni caso, nel processo sportivo gli elementi di prova vengono raccolti necessariamente prima del dibattimento.
Deduce, inoltre, che a norma dell'articolo 35, comma 4, del codice di giustizia sportiva i procedimenti si svolgono sulla base degli atti posti a fondamento del deferimento, con la conseguenza che non sarebbero utilizzabili ai fini del procedimento atti diversi o comunque non presenti nel deferimento stesso.
Nel merito, l'appellato contesta la ricostruzione dei fatti operata dalla Procura federale in quanto vi sarebbe una divergenza tra il contenuto dell'accordo fraudolento (Russotto avrebbe dovuto fallire due palle goal) e l'effettivo svolgersi degli eventi (il calciatore avrebbe avuto solamente una occasione di segnare e in questa l'errore fu talmente minimo da escluderne la volontà).
Infine, deduce che né dall'esame testimoniale, ne dalle intercettazioni emergerebbero indizi dotati di precisione concordanza e gravità a carico di Andrea Russotto in ordine alla commissione degli illeciti contestati.
Conclude, quindi, respingersi il ricorso della Procura federale.
Anche il sig. De Vito Vincenzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Edoardo Chiacchio e Giuseppe Chiacchio e dal dott. Gianpaolo Calò ha dimesso memoria difensiva.
Preliminarmente, l'appellato deduce che la pretesa della Procura federale relativa al mancato esperimento da parte del giudice di prime cure di poteri officiosi in ordine all'acquisizione del materiale probatorio appare del tutto infondata, in quanto tali poteri non possono estendersi in modo tale da sopperire l'onere probatorio a carico delle parti processuali e che, in ogni caso, nel processo sportivo gli elementi di prova vengono raccolti necessariamente prima del dibattimento.
Deduce, inoltre, che a norma dell'articolo 35, comma 4, del codice di giustizia sportiva i procedimenti si svolgono sulla base degli atti posti a fondamento del deferimento, con la conseguenza che non sarebbero utilizzabili ai fini del procedimento atti diversi o comunque non presenti nel deferimento stesso.
Nel merito, deduce di non conoscere i vertici del Catanzaro Calcio e che dall'esame del materiale probatorio della Procura tale circostanza emerge chiaramente.
L'errore della Procura, sostiene l’appellato, consiste nell'aver individuato nella sua persona un soggetto richiamato nelle intercettazioni con il nome “Enzo”, soggetto che però non può in alcun modo essere ricondotto allo stesso Vincenzo De Vito.
Infine, asserisce che l'Avellino Calcio non avrebbe avuto alcun vantaggio dal pareggio con il Catanzaro e che, quindi, risulterebbe infondato qualsiasi accordo illecito dal medesimo contenuto.
Conclude, quindi, respingersi il ricorso della Procura federale.
Ha depositato difesa scritta anche la società U.S. Avellino, rappresentata ed assistita dagli avv. Eduardo Chiacchio e Giuseppe Chiacchio e dal dott. Gianpaolo Calò.
Preliminarmente, la società appellata deduce che la pretesa della Procura federale relativa al mancato esperimento da parte del giudice di prime cure di poteri officiosi in ordine all'acquisizione del materiale probatorio appare del tutto infondata, in quanto tali poteri non possono estendersi al punto da sopperire all’onere probatorio a carico delle parti processuali e che, in ogni caso, nel processo sportivo gli elementi di prova vengono raccolti necessariamente prima del dibattimento;
Deduce, inoltre, che a norma dell'articolo 35, comma 4, del codice di giustizia sportiva i procedimenti si svolgono sulla base degli atti posti a fondamento del deferimento, con la conseguenza che non sarebbero utilizzabili ai fini del procedimento atti diversi o comunque non presenti nel deferimento stesso.
Nel merito, deduce che i vertici dell'Avellino non conoscevano, nè tantomeno erano in contatto con i vertici del Catanzaro Calcio e dall'esame del materiale probatorio della Procura tale circostanza emerge chiaramente. L'errore della Procura consiste nell'aver individuato nel riferimento al nome “Enzo” di cui alle intercettazioni telefoniche, soggetto che però non può in alcun modo essere ricondotto al sig. Vincenzo De Vito, all’epoca dei fatti Direttore Sportivo dell’US Avellino 1912 Srl;
Asserisce, infine, che l'Avellino Calcio non avrebbe avuto alcun vantaggio dal pareggio con il Catanzaro e che, quindi, risulterebbe infondato qualsiasi accordo illecito dal medesimo contenuto.
Conclude, quindi, respingersi il ricorso della Procura federale.
Anche il sig. Cosentino Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv. Sabrina Rondinelli e Domenico Infantino ha dimesso memoria difensiva.
Preliminarmente, l'appellato deduce che il mancato esercizio di poteri istruttori da parte del giudice di prime cure così come contestato dalla Procura federale è privo di fondamento, in quanto tali poteri operano esclusivamente in via residuale ed eccezionale e non possono in alcun modo sopperire agli oneri probatori incombenti sulle parti processuali.
In ogni caso, l'appellato contesta l'utilizzabilità degli stralci delle intercettazioni riportati nell'atto di deferimento in quanto se ne venisse ammessa l'utilizzabilità sarebbero violati i principi fondamentali del processo in generale.
Nel merito, eccepisce che il contenuto del presunto accordo illecito diretto ad alterare il regolare svolgimento della partita non si è concretamente realizzato, quindi a rigor di logica la fattispecie sarebbe qualificabile come tentativo necessitando quindi di atti idonei diretti in modo non equivoco, che non è però possibile desumere dagli elementi che emergono dal materiale probatorio posto a sostegno dell’impianto accusatorio, in quanto:
non sarebbero rinvenibili gli estremi dell'accordo illecito;
le intercettazioni non corrisponderebbero agli esami testimoniali
non sono stati sentiti i calciatori dell'Avellino che essendo coinvolti nel presunto accordo illecito avrebbero potuto fornire elementi utili alla ricostruzione dei fatti oggetto di indagine.
Conclude, chiedendo respingersi il gravame, disattendendo le avverse istanze istruttorie.
Ha depositato difesa scritta anche il sig. Ortoli Armando, rappresentato ed assistito dall’avv. Fabio Giotti.
Preliminarmente l’appellato deduce l’infondatezza della pretesa della Procura federale in ordine all’esperimento da parte del Tribunale di poteri officiosi volti ad acquisire le risultanze probatorie mancanti in quanto tali poteri sarebbero facoltativi e non obbligatori;
Nel merito, contesta la presenza di elementi gravi precisi e concordanti atti a comprovare la responsabilità in ordine alle violazioni contestate.
Conclude, quindi, respingersi il ricorso. In subordine, rimettersi gli atti al TFN.
La signora Francesca Muscatelli, con gli avvocati Sabrina Rondinelli e Domenico Infantino, in sintesi deduce che il mancato esercizio di poteri istruttori da parte del giudice di prime cure così come contestato dalla Procura federale è privo di fondamento in quanto tali poteri operano esclusivamente in via residuale ed eccezionale e non possono in alcun modo sopperire agli oneri probatori incombenti sulle parti processuali. Nel caso di specie, inoltre, l’obbligo di denuncia non nascerebbe sulla base di qualsiasi fatto conosciuto, bensì dalla conoscenza di fatti che presentano elementi di serietà tali da integrare l’illecito sportivo. Di conseguenza, non potrebbe essere ritenuta responsabile della violazione ex art. 7, comma 7, CGS.
Conclude, quindi, instando per il rigetto del gravame.
Anche il sig. Pecora Marco, rappresentato e difeso dagli avv. Sabrina Rondinelli e Domenico Infantino ha dimesso memoria difensiva.
Il predetto appellato deduce, in sintesi, che il mancato esercizio di poteri istruttori da parte del giudice di prime cure, così come contestato dalla Procura federale, è privo di fondamento, in quanto tali poteri operano esclusivamente in via residuale ed eccezionale e non possono in alcun modo sopperire agli oneri probatori incombenti sulle parti processuali. Inoltre, rileva che l’obbligo di denuncia non nasce sulla base di qualsiasi fatto conosciuto, bensì dalla conoscenza di fatti che presentano elementi di serietà tali da integrare l’illecito sportivo. Di conseguenza, non potrebbe essere ritenuta responsabile della violazione ex art. 7, comma 7, CGS.
Nel merito, contesta la ricostruzione della Procura la quale avrebbe dedotto il coinvolgimento dello stesso semplicemente dalla fatto che in un'occasione il sig. Cosentino Giuseppe avrebbe utilizzato il nome “Marco”, nome che non appare assolutamente riconducibile all'appellato.
Conclude, quindi, instando per il rigetto del gravame.
La società Catanzaro Calcio 2011 s.r.l., con gli avvocati Giancarlo Pittelli e Nicola Cantafora, in sintesi deduce che il mancato esercizio dei poteri officiosi da parte del Tribunale non può in alcun modo sostituirsi all’attività delle parti se questa è omessa.
Inoltre, la produzione di documenti nuovi deve ritenersi limitata, nel giudizio civile, a quelli sopravvenuti rispetto al grado nel quale gli stessi avrebbero dovuto essere prodotti e per documenti nuovi si intende quelli sopravvenuti posteriormente al giudizio nel quale avrebbero dovuto essere prodotti e non anche quelli non prima prodotti.
Contesta, altresì, l'utilizzabilità dei brogliacci delle intercettazioni in quanto consistenti in trascrizioni parziali e che in ogni caso nella loro acquisizione è stato violato il principio del contraddittorio.
Deduce, altresì, che non c’è prova di contatti tra il Cosentino e i vertici dell’Avellino Calcio.
Infine, asserisce che non vi sarebbe stato nessun interesse ad un pareggio perché solo la vittoria avrebbe consentito all'Avellino di ottenere la promozione ad una categoria superiore.
Conclude, previo rigetto delle istanze istruttorie avverso, respingersi il ricorso.
Il giudizio d’appello e la decisione
All’udienza fissata, innanzi questa Corte federale di Appello, per il giorno 13 febbraio 2018, relativamente al ricorso proposto dalla Procura federale, sentite le parti presenti, la CFA ha disposto l’acquisizione di alcuni atti e documenti.
Questa, in particolare, l’ordinanza istruttoria emessa dalla Corte:
ORDINANZA ISTRUTTORIA
La C.F.A.,
- preso atto della richiesta degli appellati di acquisire il deferimento, le memorie e il provvedimento che ha definito il procedimento di primo grado nei confronti di Cozza Francesco, nonché l’eventuale reclamo avverso tale provvedimento di primo grado, delibera della Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico - Com. Uff. n. 187 ST del 31.1.2018;
- considerato che la predetta richiesta è accoglibile e che la Procura Federale non si oppone;
- preso atto della richiesta congiunta delle parti del procedimento di sospensione dei termini ai sensi dell’art. 38 C.G.S. C.O.N.I.;
dispone
che la Procura Federale e/o la parte reclamante il provvedimento di primo grado nei confronti del sig. Cozza depositi i suddetti atti entro il 25 febbraio 2018;
concede
termine alle parti per memorie difensive relative alle acquisizioni documentali di cui sopra sino al 21 marzo 2018;
sospende
il corso dei termini ai sensi dell’art. 38 C.G.S. C.O.N.I.;
fissa
per la trattazione del procedimento la seduta dell’11 aprile 2018 ore 15.00.
La presente ordinanza vale quale comunicazione alle parti.
All’udienza così fissata per il giorno 11 aprile sono comparsi i dott.ri Gioacchino Tornatore, Nicola Monaco e Enrico Liberati in rappresentanza della Procura federale, nonchè:
gli avv.ti Chiacchio, Cozzone, Calò e Massaro per gli appellati Taccone Walter, De Vito Vincenzo, Russotto Andrea ed Avellino 1912 s.r.l.;
l’avv. Rondinelli, per Cosentino Giuseppe, Muscatelli Francesca, Pecora Marco; l’avv. Giotti, per Ortoli Armando gli avv.ti Pittelli e Cantafora, per Catanzaro calcio 2011 s.r.l..
Ritenuta non necessaria l’acquisizione probatoria offerta dalla Procura federale, terminate le illustrazioni difensive delle parti, questa Corte ha dichiarato chiuso il dibattimento e si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti
MOTIVI
Preliminarmente, ritiene opportuno, questa Corte, delineare l'iter che si seguirà per dare un quadro generale della materia, pur nei limiti della rilevanza ai fini del giudizio. In tale prospettiva, si richiama, seppur rapidamente, e nei limiti prima riferiti, il quadro normativo di riferimento in tema di illecito sportivo.
Come noto, l’ordinamento federale vieta e punisce, all’art. 7 CGS, «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica». La predetta norma prevede, poi, al comma 6, una fattispecie aggravata «in caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito».
Come più volte evidenziato dalla giurisprudenza federale, se, in generale, il plesso normativo sopra richiamato mira a presidiare il leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive, tentando di impedire che condotte, appunto, illecite e, comunque, antisportive alterino il bene giuridico protetto, in particolare, tre sono le ipotesi di illecito codificate: le stesse consistono «a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Tali ipotesi sono distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile l'assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall'alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre» (CAF, 7 luglio 2006, C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006. Il riferimento era all’art. 6 dell’allora vigente CGS).
Consolidato, poi, l’orientamento interpretativo secondo cui le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato”. Detto elemento, infatti, non assume rilievo alcuno ai fini dell’integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, CGS, considerata l’anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire gli effetti di cui trattasi. La frode sportiva, dunque, è illecito di attentato che «prescinde dal realizzarsi dell’evento cui l’atto è preordinato» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 settembre 2004).
In breve, l’ipotesi delineata dall’art. 7 CGS configura un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque, come rilevato dalla dottrina e come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di settore, di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica (cfr., ex multis, CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011). Infatti, il riferimento agli «atti diretti» contenuto nella norma conferisce all’illecito sportivo aleatorietà circa l’effettivo verificarsi dell’evento, così da assumere la struttura del cd. “reato di attentato” o a consumazione anticipata, appunto, in relazione al quale si prescinde dal conseguimento di un vantaggio effettivo.
Occorre, peraltro, tenere presente che laddove si ritenga in concreto insussistente la prova del concorso di un determinato soggetto nella commissione dell’illecito sportivo o il medesimo illecito sportivo non risulti dimostrato, la condotta del tesserato può rivestire rilievo ai sensi e per gli effetti della norma di cui all’art. 1 bis CGS, secondo cui «Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Precisa, il successivo comma 5: «Sono tenuti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale».
Diversa e distinta fattispecie è quella di cui all’art. 7, comma 7, CGS che prevede il c.d. obbligo di denuncia. «I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC». In altri termini, se alcuno dei soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, CGS non pone in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, ma è a conoscenza («in qualunque modo») che altri abbiano adottato o stiano per adottare comportamenti volti al predetto fine ha l’obbligo di denunziare i fatti alla Procura federale e, in difetto, rimane soggetto alla suddetta sanzione, seppur non risponde dell’illecito sportivo a titolo principale.
Ritiene questa CFA che una lettura attenta della norma conduce a ritenere che l’obbligo di denuncia di cui trattasi sorga non appena il tesserato venga a sapere che stia per essere (o sia stato già realizzato) un illecito sportivo. In tale prospettiva, la giurisprudenza federale ha sovente affermato che, ai fini dell’integrazione degli estremi della violazione di cui trattasi, è sufficiente «che i tesserati abbiano avuto rapporti con persone che anche solo “stiano per porre in essere” gli atti indicati al comma 1» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 settembre 2004). La violazione di cui trattasi presuppone, comunque, «che un illecito sia stato consumato o sia in corso: cioè un illecito determinato o determinabile» (CAF, C.U. n 7/C del 9 settembre 2004).
Resta implicito che altro presupposto imprescindibile è ovviamente l’effettiva conoscenza dell’illecito o del suo tentativo. Sotto tale profilo, occorre, peraltro, precisare che l’obbligo di denuncia trova causa non già «nella semplice percezione di un sospetto vago ed indeterminato sulla lealtà sportiva di un tesserato, occorrendo quanto meno il fumus di un comportamento (“atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”) riconducibile alla fattispecie di illecito sportivo (già consumato od ancora in itinere: “siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti”), è anche incontestabile che la ratio e la lettera della norma sono chiare nell’escludere che colui che sia venuto a conoscenza di un sospetto concreto e determinato possa delibarne preventivamente la verosimiglianza ed apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali» (CD c/o LNP, C.U. n. 198 del 9 giugno 1980).
In definitiva, affinché possa dirsi integrata la fattispecie dell’omessa denuncia si rende necessaria l’esistenza di una percezione effettiva e reale del compimento di atti illeciti da parte di altri soggetti appartenenti al contesto sportivo di riferimento. Al contrario, dunque, non sarebbe sufficiente, ai fini dell’affermazione di responsabilità per la violazione qui considerata, un semplice sospetto o un mero presentimento.
Deve poi, ancora una volta ribadirsi, per quanto qui di rilievo, che la responsabilità per omessa denuncia non è e non può essere una responsabilità “da posizione” (CGF 22 agosto 2012, C.U. n. 29/CGF), trattandosi, invece, di una responsabilità personale, «in quanto può derivare esclusivamente da fatto proprio dello stesso, e non può discendere di per sé da una posizione che il tesserato abbia all’interno di un’organizzazione sportiva, quale riflesso oggettivo della stessa. Se infatti l’ordinamento sportivo pure prevede forme oggettive di attribuzione di responsabilità (cfr. art. 4 comma 2 CGS), esse hanno carattere specifico e limitato» (TNAS, 10 ottobre 2012, lodo “Alessio”).
Non sempre, come sopra evidenziato, la linea di demarcazione tra illecito sportivo (art. 7, comma 1, CGS) e omessa denuncia dell’illecito stesso (art. 7, comma 7, CGS) appare facilmente delineabile, specie sul piano probatorio. Infatti, se i confini giuridici tra il comportamento volto ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara e quello che, invece, si concreta nell’omettere la denuncia di tali fatti (i.e. atti) appaiono chiari, nei singoli casi di specie non sempre è agevole decifrare, in fatto, se un soggetto ha posto (o tentato di porre) in essere la predetta alterazione o, semplicemente, ne era a conoscenza (eventualmente anche del semplice tentativo) e non ne ha riferito alla Procura federale oppure, ancora, non ne era neppure venuto a conoscenza o non lo aveva percepito nella sua esatta portata “giuridico-disciplinare”.
In altri termini, l’incolpato, per rispondere della violazione dell’obbligo di denuncia, deve non solo aver compreso la portata degli atti costituenti illecito disciplinare, ma anche averne colto la loro antigiuridicità e il relativo disvalore sportivo. È, quindi, necessario, ma anche sufficiente, che «l’agente abbia la consapevolezza del fatto che sia in corso la commissione di un illecito sportivo e sia in grado di percepirne l’antigiuridicità» (TNAS, 12 ottobre 2012, lodo “Portanova”).
Sempre in via preliminare, questa Corte è tenuta ad esaminare la questione relativa alla mancata produzione, da parte della Procura federale, della documentazione contenuta nel supporto DVD. Dall’esame del fascicolo del procedimento, il DVD di cui trattasi, contenente le risultanze essenzialmente poste alla base dell'impianto accusatorio, non risulta essere stato effettivamente prodotto dalla Procura federale nel giudizio di primo grado. La Procura federale, in apertura di seduta innanzi a questa Corte, ha offerto di produrre il materiale probatorio di cui al predetto DVD ed ha sollecitato l’esercizio dei poteri officiosi propri degli organi di giustizia sportiva. Le difese si sono opposte (alcune di esse, in denegata ipotesi di acquisizione documentale, hanno chiesto congruo termine per l’esame).
Orbene, premesse e ribadite le ampie facoltà istruttorie assegnate dalle regole del processo disciplinare federale (correttamente e puntualmente anche ricordate in dibattimento dal dott. Tornatore), ritiene, questa Corte, che, nel caso di specie, non sia necessario farvi ricorso e disporre, dunque, l’acquisizione di ulteriore documentazione probatoria. Infatti, il fatto storico in sé e per sé considerato, non risulta specificamente contestato e, quantomeno con riferimento alle risultanze captative, le stesse, sono state riprodotte (seppur forse in modo parziale, come contestato dalle difese di alcuni appellati) nello stesso atto di deferimento e gli stralci delle stesse non sono state specificamente disconosciute – quanto al tenore ed al contenuto delle intercettazioni, nonché alla tempistica ed alla scansione temporale delle telefonate – dagli incolpati medesimi. Gli elementi desumibili dai predetti stralci, laddove, ovviamente, non inequivoci, sono, dunque, pienamente utilizzabili ai fini della decisione del presente procedimento. Sotto questo profilo, pertanto, devono essere disattese le deduzioni difensive degli appellati in ordine alla ritenuta non utilizzabilità, nel presente procedimento, delle risultanze delle anzidette intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Per quanto sopra, questa Corte ritiene di disporre di materiale sufficiente per formare il proprio convincimento, reputando, dunque, non strettamente necessario esercitare i propri poteri istruttori. E ciò anche nella prospettiva di una più celere definizione del procedimento.
Delineato il quadro probatorio di riferimento, per una migliore illustrazione delle ragioni della decisione assunta, questa Corte ritiene utile evidenziare, quello che è lo standard probatorio applicabile in materia, riassumendo, di seguito, gli arresti della giurisprudenza endo ed esofederale sul punto.
In ambito esofederale è stato affermato che per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC).
Nella stessa direzione è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza federale secondo cui "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale.
Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012).
Ebbene, sotto un profilo metodologico, questa Corte ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza federale ed esofederale prima richiamata in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato o soggetto il cui operato è considerato rilevante per l’ordinamento federale.
In questi termini, per inciso, deve intendersi corretto e precisato l’erroneo riferimento – quanto al regime probatorio – effettuato dal TFN, alla regola “al di là di ogni ragionevole dubbio”, erroneamente, dunque, richiamata.
Ciò premesso, il Collegio è tenuto, come detto, a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, le fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, CGS e/o 7, comma 7, CGS, ai fini dell’affermazione della sussistenza delle violazioni per le quali gli appellati sono stati deferiti in relazione alle incolpazione a ciascuno rispettivamente avanzate dalla Procura federale. Orbene, questa Corte ritiene, come detto, che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, non sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dell’illecito ex art. 7, commi 1 e 7, CGS, che consenta di emettere, con serenità, una pronuncia di condanna. In particolare, si ritiene non possa affermarsi dimostrata la violazione della disposizione di cui all’art. 7, comma 1, CGS da parte dei deferiti Cosentino Giuseppe, Ortoli Armando, Russotto Andrea, Taccone Walter, De Vito Vincenzo e, di conseguenza, la violazione della disposizione di cui all’art. 7, comma 7, CGS da parte dei sigg.ri Muscatelli Francesca e Pecora Marco.
Per evitare possibili letture strumentali della presente decisione, questa Corte ritiene opportuno evidenziare come del tutto correttamente, doverosamente e legittimamente la Procura federale abbia mosso le contestazioni di cui ai capi di incolpazione relativi ai rispettivi deferiti e sottoposto, dunque, al vaglio del giudice terzo l’ipotesi accusatoria formulata in atto di deferimento. La costruzione degli inquirenti appare, infatti, tutt’altro che priva di fumus, sebbene, tuttavia, per quanto concerne le finalità del presente procedimento sportivo e le regole che governano lo stesso, deve ritenersi, come detto, che – alla luce del materiale probatorio qui esaminato – non possa ritenersi raggiunto quel ragionevole grado di certezza, superiore alla mera probabilità, per giungere ad un sereno giudizio di certa colpevolezza.
Non è stata, infatti, raggiunta la prova certa che siano stati compiuti atti diretti all’alterazione del risultato della gara di cui trattasi. Dallo stesso tenore delle intercettazioni in atti riversate non emergono elementi idonei a configurare, in modo certo, che vi siano stati contatti diretti, tra i vertici del Catanzaro e quelli dell’Avellino, per tentare o realizzare l’alterazione del risultato sportivo. Questo, vieppiù, in assenza di ulteriori riscontri probatori o documentali.
È vero che certi passaggi di alcune conversazioni del presidente Cosentino, con la sig.ra Muscatelli e con il sig. Ortoli, in particolare, farebbero pensare ad un tentativo di accordo alterativo, ma manca, come detto, specie in difetto di idonee evenienze investigative relative ai giorni ed ai momenti antecedenti la gara in questione, qualsiasi riscontro che consenta di affermare che questa possibile eventuale “idea” sia in qualche modo fuoriuscita dalla “sfera” della società Catanzaro per incontrarsi con quella dei vertici dell’Avellino. Manca, insomma, in atti, un concreto e certo riscontro in ordine ad un contatto diretto tra il presidente Cosentino ed i vertici istituzionali della società Avellino e non si può, dunque, affermare la sussistenza di un illecito accordo quando lo stesso rimanga nella sfera di conoscenza di una sola parte “negoziale”.
Per queste ragioni sopra sinteticamente rappresentate ritiene, questa Corte, che i deferiti ed appellati tutti debbano essere prosciolti dalle incolpazioni rispettivamente a ciascuno degli stessi ascritte, seppur, con riferimento ad alcuni di essi, allo stato degli atti e con formula dubitativa. Per questi motivi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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