F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 58CFA DEL 05/12/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 026CFA DEL 29/08/2018 (DISPOSITIVO) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 030CFA DEL 29/08/2018 (DISPOSITIVO) RICORSO DELLA SOCIETA’ FC APRILIA RACING CLUB SRL AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO PROPOSTO EX ARTT. 30 E 32 C.G.S. CONI, NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ MATERA CALCIO (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 14/TFN dell’8.8.2018)
RICORSO DELLA SOCIETA’ FC APRILIA RACING CLUB SRL AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO PROPOSTO EX ARTT. 30 E 32 C.G.S. CONI, NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ MATERA CALCIO (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 14/TFN dell’8.8.2018)
Con ricorso ex art. 30 CGS Coni, proposto nei confronti della società Matera Calcio s.r.l., nonché nei confronti della Lega Italiana Calcio Professionistico, Federazione Italiana Giuoco Calcio, Procura Federale FIGC e Paganese Calcio 1926 s.r.l., la F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. (già SS Racing Club Fondi s.r.l.), come rappresentata e difesa, ha chiesto al Tribunale federale nazionale – previa acquisizione presso la Lega Pro o altro organo competente, di tutti gli incentivi all’esodo relativi ai calciatori Bifulco e Iannini e di quelli ulteriori non conosciuti dalla ricorrente, nonché le decisioni arbitrali assunte nei confronti del Matera Calcio per i calciatori Urso, Stendardo, Giovinco, Mariano De Almeida e di quelli ulteriori non conosciuti dalla ricorrente e previa richiesta alla Lega Pro di comunicare la classifica finale del Campionato di Serie C - girone C - s.s. 2017/2018 – di disporre il posizionamento del Matera Calcio all’ultimo posto della classifica finale del campionato di serie C, girone C, stagione sportiva 2017/2018, ovvero applicare un trattamento sanzionatorio adeguato alle gravi inadempienze commesse al fine di rendere afflittiva la sanzione con riferimento alla stessa predetta medesima stagione sportiva 2017/2018.
In ricorso si deduceva che dalla fusione tra la società FC Aprilia SSD a r.l. e la società SS Racing Club Fondi era nata la nuova società F.C. Aprilia Racing Club, che, durante la stagione sportiva appena conclusa ha partecipato al campionato di serie C, girone C, classificandosi al penultimo posto della classifica, poi, retrocedendo – a seguito della disputa dei play out con la Paganese – nel campionato nazionale di serie D.
La ricorrente affermava, altresì, che nel corso della stagione sportiva 2017/2018 era emerso che la società Matera Calcio era stata sanzionata dagli organi di giustizia federale con diversi punti di penalizzazione in classifica per non aver provveduto al pagamento di diverse mensilità relative agli emolumenti dovuti ad alcuni tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo, oltre che delle ritenute Irpef e contributi Inps. Secondo la medesima ricorrente società, tuttavia, risultava, da alcune indiscrezioni circolanti nell’ambiente calcistico, che il Matera Calcio si fosse reso responsabile di ulteriori gravi irregolarità economico-finanziarie nel corso della stagione sportiva 2017/2018 non sanzionate dalla Procura federale per le quali, pertanto, la stessa non aveva subito alcuna penalizzazione in classifica.
In particolare, secondo la ricorrente, sarebbe emerso che il Matera Calcio non avrebbe corrisposto né gli incentivi all’esodo, derivanti da accordi transattivi definiti già all’inizio della precedente stagione sportiva dei calciatori Marino Bifulco e Gaetano Iannini (e di altri eventuali tesserati), né i contributi liquidati con lodi arbitrali immediatamente esecutivi a favore dei calciatori Francesco Urso, Giuseppe Giovinco, Mariano Stendardo e Angelo Mariano De Almeida (e di eventuali altri tesserati), con ciò compromettendo il regolare svolgimento del campionato di serie C, girone C.
Affermava, ancora, la F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., che il mancato pagamento degli incentivi all’esodo e delle somme accertate dai Collegi arbitrali costituisce una violazione in materia gestionale ed economica che comporta l’applicazione delle sanzioni più gravi ed, in particolare, la detrazione di punti in classifica; per effetto di tali mancati deferimenti, la classifica del girone C del campionato di serie C sarebbe risultata falsata.
Con riferimento al mancato pagamento delle somme poste a carico delle società dai Collegi arbitrali la ricorrente richiamava l’art. 8, comma 15, CGS, che prevede l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 18 e 19 CGS a carico delle società che entro 30 giorni non provvedono al pagamento degli stessi.
In data 27 luglio 2018 la società ricorrente, ad integrazione del materiale probatorio già depositato in atti, ha depositato copia di cinque ricorsi ex art. 30 CGS CONI proposti dai tesserati Bifulco Marino, Giovinco Giuseppe, Urso Francesco, De Almeida Angelo Mariano e da Strambelli Nicola avverso la deliberazione del Commissario straordinario della FIGC di cui al C.U. n. 29 del 20 luglio 2018, con la quale la società Matera Calcio è stato ammesso a partecipare al campionato di serie C per la stagione 2018/2019.
Si sono costituiti in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio, la Lega Italiana Calcio Professionistico e la società Matera Calcio s.r.l.
La FIGC ha eccepito in primo luogo l’inammissibilità del ricorso, poiché il petitum si sostanzierebbe in un richiesta di sanzioni disciplinari per la società Matera Calcio s.r.l. per violazioni non contestate dalla Procura federale, in palese violazione del principio secondo il quale l’azione disciplinare, nell’ordinamento federale, è prerogativa dell’organo requirente (il Procuratore federale), ampiamente argomentando in ordine al motivo di inammissibilità sopra esposto. Ha sostenuto, inoltre, l’inammissibilità della domanda per l’estrema genericità della stessa e l’infondatezza nel merito in quanto non risulterebbero pendenti posizioni suscettibili di applicazione di sanzioni disciplinari a carico della società Matera Calcio s.r.l.
La Lega Italiana Calcio Professionistico, evidenziato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, la classifica finale del girone C, della serie C, è stata regolarmente pubblicata in data 27 giugno 2018, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, non solo per la genericità dei motivi, ma anche perchè finalizzato ad ottenere la reintegra nel campionato di serie C e perché l’azione disciplinare è riservata al Procuratore federale. Nel merito, ha chiesto respingersi il ricorso perché infondato, atteso che, pur a voler ritenere sanzionabili le condotte evidenziate dalla società ricorrente, i punti di penalizzazione da infliggere sarebbero, comunque, irrilevanti sull’esito finale del campionato. Ha, ad ogni buon conto, escluso ogni possibile responsabilità della Lega Pro in ordine alla mancata verifica di eventuali obblighi in capo alla società Matera Calcio.
Il Matera Calcio ha, in primo luogo, eccepito la tardività del ricorso, considerato che nello stesso non è stata indicata la data di conoscenza dell’atto ritenuto lesivo della situazione giuridica che la ricorrente intende tutelare.
Nel merito ha eccepito l’infondatezza del ricorso, essendo la società già stata sanzionata per il mancato pagamento degli emolumenti, evidenziando, peraltro, che eventuali omessi pagamenti relativi al quinto bimestre ed al sesto bimestre comporterebbero l’applicazione della sanzione di almeno due punti di squalifica nella stagione sportiva successiva al quinto bimestre o sesto bimestre stessi. Ha, inoltre, eccepito il difetto di un interesse giuridico protetto in capo all’odierna ricorrente e l’impossibilità di applicare la sanzione della retrocessione, non prevista per i casi in questione.
Con riferimento agli incentivi all’esodo, inoltre, la difesa della società Matera Calcio s.r.l. ha chiarito che alcuna contestazione è stata mossa in tal senso dagli organi di controllo al momento della verifica del corretto adempimento degli obblighi afferenti i criteri legali ed economico-finanziari per l’ottenimento della licenza nazionale valida per la corrente stagione sportiva.
Quanto al presunto mancato inadempimento dei pagamenti previsti nei lodi arbitrali, la resistente ha evidenziato che, per i tesserati Iannini e Bifulco il lodo è stato emesso in data 20 luglio 2018, mentre, per i lodi relativi ai calciatori Urso, Stendardo, Giovinco e De Almeida, depositati nel giugno 2018, ha fatto presente che gli stessi sono stati impugnati al Tribunale di Firenze e, pertanto, non trattandosi di lite temeraria, il mancato adempimento, al momento, non può essere oggetto di sanzioni di carattere disciplinare.
Con istanza depositata in data 1 agosto 2018 la società ricorrente ha chiesto la riunione tra il giudizio relativo al ricorso proposto dalla stessa medesima società e quelli promossi dai sigg.ri Bifulco, Giovinco, Urso, Mariano de Almeida e Strambelli, prima ricordati, in ragione della sostenuta sussistenza di connessione oggettiva tra i ricorsi medesimi.
Alla seduta fissata per il dibattimento, il TFN, anche alla luce della opposizione alla riunione dei procedimenti manifestata dalle difese delle parti resistenti, ha rigettato l’istanza di riunione. La difesa della ricorrente ha chiarito che la data di conoscenza dei fatti è da ricondursi all’11 luglio 2018, giorno in cui il Presidente p.t. della società dallo stesso assistita ha avuto conoscenza del fatto che i tesserati sopra indicati hanno comunicato al Commissario straordinario della FIGC le inadempienze della società Matera Calcio s.r.l.
Nel merito, ha insistito sulla piena applicabilità dell’art. 30 CGS Coni anche ai procedimenti di natura disciplinare, concludendo per l’applicazione, nei confronti della società Matera calcio s.r.l., di punti quattro di penalizzazione, oltre all’applicazione della recidiva, da scontarsi nella stagione sportiva 2017/2018, evidenziando, inoltre, in risposta alle argomentazioni difensive svolte dalla società Materia Calcio s.r.l. che solo alcuni dei lodi arbitrali oggetto di contestazione risultano impugnati.
Le difese della società Matera Calcio s.r.l. e della Lega Nazionale Professionisti si sono riportate alla memoria difensiva.
La difesa della FIGC, ribaditi i motivi di inammissibilità già proposti nelle memorie difensive, ha contestato la legittimazione ad agire della società ricorrente in quanto, da un esame approfondito della situazione giuridica della stessa, è emerso che la stessa predetta medesima società è nata dalla fusione tra la F.C. Aprilia SSD a r.l. e la SS Racing Club Fondi. In ossequio all’art. 20, comma 5, delle NOIF, dunque, la nuova società acquisisce l’anzianità di affiliazione della società affiliatasi per prima che, in tal caso è la società Aprilia SSD a r.l. e non già la SS Racing Club Fondi. Pertanto, la società ricorrente, avendo acquisito l’anzianità di affiliazione della società militante nella Serie D, non avrebbe alcuna legittimazione attiva a ricorrere. A tal proposito ed a conforto di quanto sostenuto, la difesa della FIGC ha chiesto di poter depositare i report dell’anagrafe federale “S400” delle società F.C. Aprilia SSD ARL e della SS Racing Club Fondi.
La difesa della ricorrente si è opposta alla richiesta formulata dalla FIGC, precisando che i punti di penalizzazione da irrogare sono complessivamente tredici. Il TFN, vista l’opposizione formulata dalla difesa della F.C. Aprilia Racing Club, non ha ammesso il deposito della documentazione da parte della FIGC e, all’esito della discussione, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Infatti, il TFN, «pur riconoscendo che l’art. 30 del CGS Coni sia norma residuale e di chiusura che, pertanto, in assenza di ulteriore strumento giuridico idoneo ed efficace attribuisce la facoltà di ricorrere al Tribunale Federale per tutti i portatori di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento sportivo, de iure condendo, ritiene che il ricorso non possa essere utilizzato per l’esercizio di un potere che l’ordinamento giuridico sportivo non attribuisce ai singoli soggetti ed ai singoli tesserati».
«Val la pena di ricordare», si legge nella decisione del TFN in questa sede impugnata, «che, proprio in tema di azione disciplinare il Collegio di Garanzia del CONI, in sede consultiva, ha chiarito che “… La potestà disciplinare nei confronti di ‘tesserati, affiliati e degli altri soggetti secondo le norme di ciascuna Federazione’ (art. 44, comma 1, CGS del CONI), rappresenta un mezzo importante ed imparziale di autoregolamentazione interna delle condotte patologiche che si realizzano nel “micro- ordinamento” di appartenenza, in presenza di condotte senz’altro ostative al corretto raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente. La condotta non conforme a siffatte regole, fermo restando le eventuali concorrenti responsabilità “generali” (penale, civile, amministrativa, artt. 49 e 56 CGS), origina reazioni interne, espressive della potestà disciplinare di cui al micro-ordinamento di appartenenza. La funzione che persegue la sanzione disciplinare è, in quest’ottica, quella di prevenire, dissuadere e, nel contempo, sanzionare, dall’interno, violazioni di regole che rappresentano i pilastri su cui si fonda l’ordinamento sportivo. Né la violazione di siffatte regole di condotta interessa esclusivamente l'ordinamento di appartenenza. Nella loro più intima radice esse non sono un mero strumento di garanzia del mantenimento dell’ordine interno, ma assumono un respiro più generale in considerazione della rilevanza “esterna” dell’azione svolta dall’Ente di riferimento. A conferma della proiezione che assumono le regole di condotta valga addurre l’esempio della P.A. ove tale potere riposa sul principio di buon andamento della amministrazione (art. 97 Cost.) e sul conseguenziale rapporto di supremazia speciale del datore pubblico presentando qui, attesa la specialità del rapporto, una connotazione fortemente autoritaria, inevitabilmente influenzata da un diritto penale la cui pervasività si è tuttavia – di recente e con la privatizzazione del pubblico impiego – ampiamente attenuata……
A dispetto del suo presentarsi come generica manifestazione del potere punitivo di chi ha il compito di organizzare il lavoro altrui per il perseguimento di un interesse pubblico o privato, l’esercizio del potere disciplinare finisce, dunque, con il riflettere le peculiarità dell’ordinamento di riferimento, senza che possa immaginarsi un unico “modello” disciplinare cui attingere. Pur nell’unicità dell’obiettivo da perseguire, e in presenza di un nucleo di principi comuni che caratterizzano tutte le tipologie di procedimento disciplinare, i sistemi disciplinari interni, quindi, inevitabilmente mutano (in considerazione degli scopi che l’ordinamento di riferimento si prefigge), rendendone difficile una reductio ad unitatem. Ciononostante, e sia pur con talune eccezioni rinvenibili nella peculiarità dei singoli ordinamenti, taluni principi generali esistono e connotano il procedimento disciplinare. Questi possono individuarsi in quelli a) dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare e della segnalazione disciplinare; b) del principio della proporzionalità e gradualità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi nonché del divieto di automatismo sanzionatorio che, altrimenti, finirebbe con il negare in nuce la funzione stessa della norma disciplinare; c) del principio di parità di trattamento; d) della tempestività dell’azione disciplinare, al fine di garantire sia l'effettività del diritto di difesa dell'incolpato (dal momento che, minore è il lasso di tempo tra la commissione della presunta infrazione ed il procedimento disciplinare, maggiore è la possibilità per l'incolpato di reperire valide argomentazioni difensive e prove di supporto), sia la funzione deterrente del procedimento; e) della natura tassativa delle sanzioni; f) del contraddittorio procedimentale; g) della trasparenza del procedimento; h) della corrispondenza tra contestazione degli addebiti e fatti sanzionati nel provvedimento punitivo finale.
In tale ambito, secondo i principi che ispirano la disciplina del “patrimonio costituzionale comune” vanno garantiti all'interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, quali la conoscenza degli atti che lo riguardano, la partecipazione alla formazione dei medesimi e la facoltà di contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti (cfr. C. Cost. 4607 2000 e nn. 505 e 126/1995). Nello stesso senso, secondo l'interpretazione della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, il diritto di difesa impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il loro punto di vista (Corte di Giustizia, sentenza 24 ottobre 1996, C-32/95 P., Commissione Comunità europea c. Lisrestal).
A questi principi non fa eccezione, ovviamente, il procedimento disciplinare sportivo seppure con gli adattamenti necessari a dare conto della specificità dell’ordinamento. L’analisi della regola di dettaglio consente, dunque, di cogliere lo spirito con cui il legislatore sportivo si è mosso nel disegnare il procedimento disciplinare. È, in altri termini, il modo in cui si sviluppa il procedimento che concorre a definirne la natura amministrativa oppure giurisdizionale, incidendo altresì sulla natura dell’atto da assumere (provvedimento con carattere sanzionatorio, sentenza/decisione etc.), con tutte le relative conseguenze che ne discendono.
Orbene, ciò che appare evidente da una lettura sistematica delle norme contenute nel Codice è lo sforzo di circondare il procedimento disciplinare di una serie di garanzie processuali nel tentativo di conciliare tutela della persona e quell’esigenza di corretto raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente, cui si è fatto riferimento. Così, per un verso, tutto l’impianto del procedimento disciplinare si gioca sulla obbligatorietà e non mera discrezionalità dell’azione disciplinare. Emblematica, in tal senso, la previsione di cui all’art. 44, comma 1 e 3, CGS in cui la necessità di non mettere in discussione esigenze di certezza del diritto e di parità di trattamento traspare da un ordito normativo inequivocabile nel senso della obbligatorietà dell’azione penale. Per l’altro, quelle esigenze di tutela della persona cui si faceva riferimento si trovano riflesse nella tempestività dell’azione, nonché nella definizione di termini molto brevi per la conclusione dell’iter punitivo, come si desume dalle regole che disciplinano l’attivazione della procedura di deferimento, così come lo svolgersi delle fasi processuali (artt. 32 ss. e art. 44, comma 4, CGS). Laddove il rimedio all’inerzia o al protrarsi delle indagini, sempre nella consapevolezza che il provvedimento disciplinare sportivo rischia di incidere pesantemente sulla posizione giuridica della persona (specie se atleta), trova riscontro in un regime della prescrizione che ancora il dies a quo al ‘giorno in cui occorre il fatto disciplinarmente rilevante’ (art. 45, comma 2).
Ma v’è più. La peculiarità del procedimento disciplinare sportivo che, qui si lascia ispirare dalla corrispondente e complessa struttura statale, è suffragata da una serie di “paradigmi” il cui carattere fortemente giurisdizionale non può essere negato: dalla iscrizione delle notizie nell’apposito registro di cui all’art. 53 (art. 47) alla terzietà decisoria dell’organo giudicante, dalla difesa tramite avvocati (art. 27, comma 2), alla previsione di cui agli artt. 28 e 48 (patteggiamento a seguito di deferimento oppure senza incolpazione) alla possibile previsione di misure cautelari (art. 33 CGS), dall’intervento del terzo (art. 34) ai meccanismi di assunzione delle prove (art. 36). Vero è che, per la fase a monte del procedimento disciplinare in senso stretto – ovvero per quelle indagini preliminari tese ad apprezzare la reale esistenza di fatti aventi gli estremi per essere qualificati illeciti disciplinari (es. attività di accertamento del Procuratore Federale) ma in cui non si hanno prove di rango giurisdizionale proprio poiché tali elementi sono frutto di una iniziativa di parte spesso priva del contributo (spontaneo e consapevole) dell’indagato – la connotazione amministrativa è più pertinente.
Del pari indubbio che, sul piano applicativo, siffatti aspetti inducono semmai a ritenere che il procedimento disciplinare sportivo presenti una natura atipica che, nondimeno, in pratica, (non diversamente da quanto accade per il procedimento disciplinare dei magistrati di cui al d.lgs. n. 109 del 2006), finisce con l’assumere, per le ragioni dette, connotati più simili a quelli giurisdizionali che non amministrativi. Né ciò deve sorprendere ove si consideri che, principio ispiratore della riforma del Codice – anche al netto delle modifiche apportate nel dicembre 2015 – risulta essere quello della giurisdizionalizzazione del procedimento. Del resto, e questa volta da un punto di vista meramente testuale, già dall’art. 2, comma 6, CGS è possibile cogliere la linea lungo la quale si è indirizzato il legislatore sportivo. Il rinvio ‘per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile’ conferma della natura giurisdizionale del processo sportivo e cioè della volontà di attrarre il procedimento alle garanzie sostanziali dell’attività giurisdizionale. Lo stesso ricorso al termine “reclamo” quale mezzo per impugnare le decisioni del Tribunale Federale è manifestazione, in quest’ottica, di una logica più vicino alla giurisdizione che al procedimento amministrativo. Né la contaminazione di altri linguaggi e di altre epifanie, senza dubbio presenti nel Codice, il fatto – vale a dire – che si parli di indagini, deferimento etc. è da esasperare, attribuendovi una valenza che ecceda quella della semplice attenzione ad una terminologia eccentrica rispetto agli obiettivi che si prefigge il Codice, trattandosi di una inevitabile circolazione di singoli istituti più che di una ‘attrazione’ ad altri ambiti ordinamentali.
Sgomberato il campo dagli equivoci che può generare la qualificazione della natura giuridica del procedimento disciplinare sportivo, e precisato che esso ha profili strutturali e funzionali del tutto atipici e peculiari, è anche vero che la questione della definizione della natura del procedimento de quo risulta attenuato dalla compiuta regolamentazione normativa del procedimento che si rinviene negli artt. 27-48, come completata dai poteri di attivazione ex officio del giudice sportivo (ex art. 14 CGS)” (Collegio di Garanzia CONI, Sez. Cons. par. 16 marzo 2016, n. 1).
Orbene, proprio le contrapposte esigenze sottese a siffatto complesso meccanismo sanzionatorio, a cui si può giungere solo a seguito dell’espletamento di un procedimento estremamente tipizzato, volto a contemperare le esigenze di tutela dell’ordinamento da comportamenti devianti e quelle di difesa, hanno condotto il legislatore sportivo ad affidare l’esclusività dell’azione disciplinare ad un organo terzo ed imparziale, portatore di interessi generali, vale a dire la Procura Federale.
Tale principio è chiaramente sancito sia dall’art. 44 del CGS Coni, che dall’art. 32 ter del CGS FIGC nella parte in cui dispongono che il Procuratore Federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione. Lo stesso ordinamento riconosce, inoltre ai tesserati la possibilità di segnalare l’apertura di un fascicolo di indagine, nonché specifiche disposizioni a chiusura del sistema così delineato, quali quella, appunto, prevista dall’art. 51 comma 4 del CGS CONI, nonché il potere di avocazione della Procura Generale dello Sport previsto dall’art. 12 ter, comma 4 dello Statuto del CONI.
L’esclusività dell’azione disciplinare è stata anche ribadita dal Collegio di Garanzia in una recentissima pronuncia laddove ha statuito che “… In proposito l’art. 44 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI assegna alla Procura Federale presso ciascuna Federazione il potere di “esercitare in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti dei tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione”. Quindi, il Codice della Giustizia Sportiva ha riconosciuto il potere di esercitare l’azione disciplinare in via esclusiva al Procuratore Federale con chiaro riferimento al momento di avvio del procedimento disciplinare, allorché, ricorrendo i presupposti stabiliti dallo stesso art. 44 CGS, si perviene al deferimento e, quindi, all’instaurazione del giudizio di primo grado ...” (Collegio di Garanzia CONI, sez. IV del 23 aprile 2018, n. 21).
Riconoscere ai singoli tesserati la possibilità di aggirare tale complesso iter procedimentale che, solo a seguito di specifica contestazione degli addebiti, sfocia in un atto di deferimento che deve contenere nello specifico le violazioni censurate, le condotte ritenute lesive e le norme violate, significherebbe creare un irrimediabile vulnus delle ordinarie regole difensive e delle garanzie che lo stesso ordinamento sportivo pone a tutela dei propri tesserati; non senza considerare che, in tal modo, come anche osservato dalla difesa della FIGC, ai tesserati sanzionati verrebbe preclusa la possibilità di applicare istituti giuridici quali il c.d. patteggiamento ante causam ovvero in corso di giudizio.
Non v’è chi non veda, inoltre, la palese antinomia che si verrebbe a creare nel caso di specie – qualora si ritenesse ammissibile l’attivazione della sanzione disciplinare su ricorso di parte – laddove si chiede di sanzionare a titolo di responsabilità diretta la sola società Matera Calcio s.r.l. per effetto di comportamenti dei propri dirigenti, neanche convenuti nel presente giudizio e, quindi, impossibilitati a difendersi».
Così, ancora, si legge nella decisione del Tribunale federale nazionale: «Sotto altro profilo, in aggiunta alle considerazioni sopra formulate, va evidenziato che il proposto ricorso:
- si appalesa comunque estremamente generico in quanto fondato su generiche “indiscrezioni”, per effetto delle quali si chiede, poi, al Tribunale, di procedere, a seguito di eventuale attività istruttoria, alla valutazione dei fatti alla luce degli atti acquisendi, pur nella oggettiva consapevolezza che il Tribunale Federale non può in alcun modo sostituirsi all’attività inquirente nella ricerca della prova e requirente nell’individuazione delle fattispecie illecite;
- non specifica i criteri in base ai quali applicare la sanzione richiesta in quanto la retrocessione richiesta in ricorso non è prevista fra le sanzioni applicabili ai casi di specie ed anche la richiesta formulata in dibattimento, vale a dire tredici punti di penalizzazione, non individua alcun parametro, se non estremamente generico, in base al quale applicare la predetta sanzione;
- non contiene alcun elemento utile a valutare la legittimazione attiva del soggetto ricorrente (a fronte dell’eccezione formulata in udienza dai legali della FIGC la difesa della FC Aprilia Racing Club non ha nulla controdedotto limitandosi ad opporsi al deposito della documentazione, sebbene sia onere di parte ricorrente dimostrare il proprio interesse concreto ed attuale a ricorrere);
- richiede l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 18, comma 1 lett. g), vale a dire la penalizzazione di punti in classifica da scontare nella stagione precedente a quella attualmente in corso, in palese violazione della stessa disposizione codicistica (vedasi al riguardo le decisioni di questo Tribunale, Com. Uff. nn. 9/TFN-SD e 10/TFN-SD s.s. 2018-19)».
Per queste ragioni, dunque, il TFN ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Avverso la suddetta decisione del Tribunale federale nazionale ha proposto ricorso in appello la società F.C. Aprilia Racing Club s.r.l.
Premette, la ricorrente, che nonostante le penalizzazioni subite per violazioni connesse al mancato pagamento emolumenti ai tesserati, ritenute Irpef, contributi Inps, il Matera Calcio s.r.l., «al termine della regular season», è risultato «momentaneamente classificato al 16° posto, e di conseguenza otteneva la salvezza diretta senza dover ricorrere alla disputa dei play out». Essendosi, poi, la predetta società, resa «responsabile», a dire dell’appellante, «di ulteriori gravi irregolarità economico-finanziarie – dall’inizio del campionato e per tutta la sua durata – per mancati pagamenti di ulteriori somme dovute ai propri tesserati per i quali la società non è stata deferita dalla Procura Federale e di conseguenza non è stata penalizzata con ulteriori punti in classifica» (in particolare, secondo la prospettazione di parte appellante, sarebbe emerso «che il Matera Calcio non avrebbe corrisposto né gli incentivi all’esodo, derivanti da accordi transattivi definiti già all’inizio della precedente stagione sportiva, dei calciatori Marino Bifulco e Gaetano Iannini e di altri eventuali tesserati, né i contributi liquidati con lodi arbitrali immediatamente esecutivi emessi nella s.s. 2017/2018 a favore dei calciatori Francesco Urso, Giuseppe Giovinco, Mariano Stendardo e Angelo Mariano De Almeida e di eventuali altri tesserati»), siffatta situazione di «perdurata e reiterata inadempienza economico-finanziaria ha generato una situazione che ha compromesso il regolare svolgimento del campionato serie C – girone c – 2017/2018».
Premette, ancora, l’appellante, di avere, dunque, interesse «a far accertare le violazioni commesse affinchè il club inadempiente sia sanzionato con conseguente slittamento in classifica a beneficio di FC Aprilia Racing Club s.r.l.».
Ciò premesso, con un primo motivo di ricorso la predetta appellante società eccepisce violazione e falsa applicazione di legge in connessione all’erronea applicazione dell’art. 30 CGS Coni.
In tal senso, censura l’affermazione del TFN – supportata con testuale richiamo ad un parere della sezione consultiva del Collegio di Garanzia per lo Sport del Coni – secondo cui il predetto art. 30 non prevede un rimedio ad impulso di parte alternativo al deferimento della Procura federale, parere, questo, ritenuto inconferente da F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., secondo cui è, invece, consentito alla parte interessata di far valere una situazione giuridicamente protetta di cui la stessa è portatrice, proprio in alternativa all’azione della Procura federale: «non avrebbe avuto altrimenti senso», afferma l’appellante, «prevedere espressamente che, decorsi i termini (breve e lungo) per promuovere l’azione, gli stessi fatti o atti possano trovare tutela solo su azione della procura federale».
Il fatto, poi, prosegue la ricorrente, che la Procura federale «abbia scelto di rimanere estranea al giudizio non può rappresentare un valido motivo per dichiarare inammissibile il ricorso, ma rappresenta piuttosto un’ulteriore prova di inerzia che, più che mai, autorizza la parte, che di tale comportamento rimane lesa, ad azionarsi».
Con un secondo motivo di ricorso F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 34, comma 4, e dell’art. 35 CGS, nonché dell’art. 9 CGS Coni, nella parte in cui il TFN afferma che il ricorso si appalesa generico e fondato su generiche indiscrezioni.
Sotto tale profilo, la società appellante evidenzia come non solo sia infondato l’assunto secondo cui il Tribunale non potrebbe sostituirsi all’attività inquirente nella ricerca della prova e requirente nell’individuazione delle fattispecie illecite, sottolineando, poi, come «la difesa del Matera non abbia negato quanto dedotto e quindi non abbia smentito gli inadempimenti ed i mancati pagamenti contestati, salvo poi offrire una propria lettura dei fatti». Peraltro, aggiunge l’appellante, non solo l’azione di cui trattasi è conseguenza di «notizie filtrate su alcuni inadempimenti del club», ma, ad ogni buon conto, è stato espressamente richiesto al Tribunale di attivare i propri poteri istruttori officiosi e, in particolare, di disporre l’acquisizione di tutta una serie di documenti, specie considerato che parte ricorrente è riuscita «a portare al Giudice un principio di prova – e anche più di un principio – che meritava approfondimenti». Tuttavia, il TFN non ha accolto l’istanza, «senza peraltro fornire alcuna motivazione sul punto», laddove nulla impediva all’organo giudicante – sempre a dire della F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. – «di indagare e raccogliere prove», anche alla luce degli artt. 34 e 35 CGS.
Quanto, specificamente, al fatto che il Matera «ha giustificato la propria posizione sostenendo di avere impugnato i lodi arbitrali che avevano accertato i mancati pagamenti», è vero, si legge in ricorso, «che la pendenza della lite può costituire ragione, prevista dalle norme, per giustificare il mancato pagamento di una scadenza federale, ma le disposizioni normative richiedono non solo che la lite sia instaurata, ma anche che sia stata introdotta con valide ragioni a fondamento», non essendoci «una semplice equivalenza matematica: pendenza della lite = non temerarietà del contenzioso».
Con un terzo motivo di ricorso l’appellante deduce in ordine alla legittimazione attiva, censurando la decisione del TFN secondo cui non è stato fornito alcun elemento utile per valutare la legittimazione attiva del soggetto ricorrente. In tal ottica, F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., anzitutto, evidenzia come dal verbale di udienza emergerebbero «le puntuali contestazioni mosse dalla difesa di FC Aprilia all’eccezione sollevata per la prima volta in udienza» e, in secondo luogo, rileva come l’eccezione fosse tardiva, non essendo stata sollevata in sede di costituzione in giudizio.
In ogni caso, a dire dell’appellante, l’eccezione sarebbe priva di pregio.
In tal ottica ritiene che le norme sportive siano chiare nel precisare «che, in caso di fusione, alla nuova società sorta viene attribuito il titolo superiore tra quelli riconosciuti alle società originarie e l’anzianità della società affiliatasi per prima (art. 20 e 52 Noif).
Nel caso di specifico FC Aprilia, attuale ricorrente, ha acquisito 1) il titolo sportivo di Racing Club (titolo sportivo superiore tra quelli riconosciuti) e 2) l’anzianità di affiliazione della società affiliatasi per prima ovvero quella di Aprilia. Di conseguenza, se è vero che la newco ha l’anzianità di Aprilia è altrettanto pacifico che ha il titolo idoneo per chiedere di concorrere in Lega Pro e ciò che rileva in questa contesa è proprio il possesso del titolo sportivo idoneo, non l’anzianità di affiliazione».
Con un quarto motivo di ricorso l’appellante eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 15, e dell’art. 18, comma 1, lett. g), CGS, in ordine alla ritenuta, da parte del Tribunale di prime cure, mancata specificazione, da parte della ricorrente, dei criteri in base ai quali applicare la sanzione disciplinare di cui alle conclusioni, “in quanto la retrocessione richiesta in ricorso non è prevista fra le sanzioni ai casi di specie”.
Secondo la società appellante, il TFN ha, anzitutto, travisato le richieste, poiché, in realtà, non sarebbe stata domandata l’applicazione della sanzione della retrocessione, bensì quella di un
«trattamento sanzionatorio adeguato alle gravi inadempienze commesse dal club nel corso della precedente stagione sportiva in modo tale da rendere afflittiva la sanzione con riferimento alla s.s. 2017/2018». Quanto ai criteri, poi, relativi alla quantificazione della complessiva misura sanzionatoria richiesta, l’appellante società ritiene di avere «ben evidenziato le inadempienze e le corrispondenti sanzioni da applicare secondo le norme sportive». A tal proposito, l’appellante riassume in apposito prospetto riepilogativo le violazioni asseritamente commesse dal Matera Calcio e le relative sanzioni da applicare.
Con un sesto motivo di ricorso la società appellante censura la decisione del TFN laddove ritiene che la prospettazione accusatoria, comunque, violerebbe le modalità ed i tempi di applicazione delle sanzioni. Infatti, deduce la F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., «come sintetizzato dallo schema, non sono state richieste penalizzazioni per violazioni del quinto e sesto bimestre che andrebbero ad incidere sulla stagione sportiva in corso» e, dunque, ritiene che i punti di penalizzazione siano «da applicare con riferimento alla stagione sportiva ss 2017/2018 in quanto riguardano tutti inadempimenti verificatesi entro il quarto bimestre». Evidenzia, inoltre, sempre in tal è ottica, che «la sanzione del Giudicante sarà afflittiva se e solo se la stessa determinerà, per effetto del posizionamento all’ultimo posto in classifica, ovvero della comminazione di punti di penalizzazione, la retrocessione nella categoria inferiore».
Per queste ragioni sopra sinteticamente riferite la F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. così conclude:
«in via preliminare: disporre l’acquisizione presso la Lega Pro e/o la Co.Vi.So.C. o altri organi competenti dei documenti relativi agli inadempimenti rilevati in atti (in particolare quelli relativi all’incentivo all’esodo per il giocatore Iannini) nonché di tutti i documenti riferiti ad incentivi all’esodo o ulteriori decisioni arbitrali anche di calciatori non conosciuti dalla ricorrente; si chiede altresì di ordinare l’esibizione della documentazione depositata da Matera Calcio presso la Co.Vi.So.C. in sede di domanda di iscrizione al campionato e la relativa istruttoria eseguita dall’organo di controllo anche al fine di accertare l’esistenza di ulteriori inadempimenti;
nel merito: accogliere il presente ricorso e per l’effetto, in riforma della decisione di primo grado, sanzionare il Club Matera per le ragioni esposte in narrativa».
Resiste la Federazione italiana giuoco calcio offrendo proprie controdeduzioni.
Ribadisce, anzitutto, la FIGC, le proprie eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di carenza di interesse a ricorrere formulate in sede di udienza dinanzi al TFN. Evidenziando come la controparte si sia solo limitata ad eccepire la tardività della eccezione ed a dichiarare di non accettare il contraddittorio sul punto, la Federazione rileva come sia «fuor di dubbio che spetta alla parte ricorrente come evidenziato anche dal TFN – comprovare il possesso dei presupposti e delle condizioni dell’azione: a maggior ragione, allorquando ne venga contestata (come accaduto nella specie) l’esistenza».
In punto di fatto la FIGC evidenzia che la fusione di cui trattasi è avvenuta il 5 luglio 2018, «allorchè entrambe le società che hanno dato vita al nuovo soggetto erano in possesso del titolo sportivo di serie D (il Racing Club Fondi a seguito di retrocessione e l’Aprilia per non aver ottenuto la promozione)». Ora, prosegue la resistente Federazione, ai sensi dell’art. 52, comma 5, Noif, “in caso di fusione a norma dell’art. 20, alla nuova società o alla incorporante è attribuito il titolo superiore tra quelli riconosciuti alle società che hanno dato luogo alla fusione”.
Nel caso di specie, il titolo sportivo riconosciuto al nuovo soggetto (F.C. Aprilia Racing Club a r.l.) allorquando ha proposto ricorso al TFN è indiscutibilmente quello di Serie D, poiché entrambe le società avevano diritto a partecipare al solo campionato di Serie D s.s. 2018/2019».
Quanto alla anzianità, richiama, la FIGC, la norma di cui all’art. 20 Noif, secondo cui “in caso di fusione approvata, rimane affiliata alla F.I.G.C. la società che sorge dalla fusione e ad essa sono attribuiti il titolo sportivo superiore tra quelli riconosciuti alle società che hanno dato luogo alla fusione e l’anzianità di affiliazione della società affiliatasi per prima”.
Ora, considerato, prosegue la Federazione, che l’appellante può vantare soltanto l’anzianità di affiliazione (2005/06) ed il passato sportivo dell’Aprilia, «che nella scorsa stagione sportiva – come visto – aveva militato in Serie D», ne conseguirebbe che, «rispetto alla situazione disciplinare del Matera nella s.s. 2017/18, la società Aprilia Racing Club non è titolare di alcuna posizione differenziata e deve, pertanto, essere equiparata ad un mero quiesque de populo». Dal che discenderebbe, sempre a dire della resistente FIGC, «oltre all’evidente difetto di legittimazione attiva, anche la carenza di interesse a ricorrere, non potendo la reclamante ritrarre alcun vantaggio dall’ipotetico accoglimento del gravame».
Ribadisce, inoltre, la Federcalcio, che la pretesa avanzata dalla ricorrente di applicazione di ulteriori sanzioni disciplinari a carico del Matera «non è azionabile dal terzo costituendo l’esercizio dell’azione disciplinare (necessario presupposto per l’applicazione di una sanzione) prerogativa esclusiva dell’organo requirente, che è l’unico soggetto titolato a promuoverla». Da qui discenderebbe, dunque, «il macroscopico difetto di legittimazione della reclamante che non può svolgere alcuna iniziativa surrogatoria in tal senso, attesa la struttura bipolare del procedimento disciplinare (accusa vs. incolpato)».
Tiene, poi, ancora ferma, parte resistente, l’eccezione di genericità della domanda formulata dalla ricorrente, che avrebbe «preteso di agire in sostituzione della Procura federale, denunciando la sua presunta inerzia (insussistente, come si vedrà infra) a fronte delle violazioni che sarebbero state poste in essere dal Matera Calcio, senza tuttavia, offrire la prova di quando tale inerzia si sarebbe effettivamente verificata, per quanto tempo e in relazione a quali addebiti di responsabilità».
La FIGC ritiene, infine, infondata la domanda, considerato che «la società lucana, in quanto responsabile della violazione dei precetti summenzionati, su puntuale segnalazione della Covisoc, è stata penalizzata – nel corso della s.s. 2017/2018 – con complessivi 13 punti in relazione a sei deferimenti» e che non «risulta che – rispetto alle già sanzionate infrazioni regolamentari – sussistano ulteriori o perduranti inadempimenti (rilevabili entro la scadenza del quarto bimestre) del Matera passibili di essere perseguiti nella stagione appena conclusasi, postochè tutte le posizioni richiamate da controparte (relative ai mancati pagamenti nei confronti dei calciatori Giovinco, Urso, Stendardo, Strambelli, De Almeida) sono già state sanzionate, ai sensi dell’art. 10, comma 3 CGS, con punti di penalizzazione sino alla chiusura del quarto bimestre».
Quanto ai dedotti eventuali ulteriori o perduranti inadempimenti, la FIGC evidenzia come gli stessi «hanno, comunque, formato oggetto di ricorso dinanzi ai competenti organi arbitrali, i cui lodi sono stati impugnati entro 30 giorni dal loro deposito dinanzi al Tribunale civile di Firenze (con giudizi ancora pendenti)» e, pertanto, «nessun procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 85 delle Noif avrebbe potuto, al riguardo, essere avviato, e men che meno a valere sulla scorsa stagione sportiva».
Conclude, dunque, la FIGC, chiedendo «che il reclamo avversario venga dichiarato inammissibile e comunque respinto, in quanto infondato nel merito».
Resiste in giudizio anche la società Matera Calcio s.r.l.
Ribadisce, anzitutto, la suddetta società, le proprie eccezioni difensive di irricevibilità, inammissibilità e/o improcedibilità delle avversarie domande, evidenziando, sotto tale profilo, la tardività del deposito del ricorso, l’inammissibilità dello stesso, attesane la sua genericità, e, ancora, l’inammissibilità del medesimo ricorso in considerazione della sussistenza di precedenti procedimenti innanzi agli organi di giustizia sportiva.
Sotto quest’ultimo profilo Matera Calcio s.r.l. espone di essere «stata già sanzionata a titolo di responsabilità diretta per le condotte ascritte all’allora legale rappresentante in relazione ai fatti per cui è l’odierno procedimento nel corso della passata stagione sportiva 2017/2018». Aggiunge, sul punto, che «dalla disamina della documentazione offerta in comunicazione non è revocabile in dubbio che, diversamente da quanto esposto dalla controparte, le pretese inadempienze relative al pagamento delle somme spettanti ai calciatori Iannini (ratei novembre – dicembre 2017) e Bifulco (ratei gennaio e febbraio 2018), nonché il preteso mancato pagamento degli emolumenti dei calciatori Urso, Stendardo, Giovinco, Mariano de Almeida e Strambelli fino al febbraio 2018 siano state oggetto, dapprima delle puntuali verifiche periodiche da parte della società Deloitte & Touche, incaricata dalla Covisoc di svolgere l’attività di verifica ispettiva, e, successivamente, di segnalazione alla Procura Federale per l’attivazione dei procedimenti disciplinari sopra menzionati».
Eccepisce, poi, la società Matera Calcio s.r.l., l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, dovendosi, a suo dire, ritenere, l’ammissibilità dell’azione, «subordinata all’allegazione di una situazione giuridicamente protetta nell’Ordinamento federale ed alla dimostrazione di un interesse giuridicamente rilevante alla stregua della medesima cornice ordinamentale di riferimento». E, in tale prospettiva, deduce che, attesa la concreta situazione fattuale (in particolare, posizionamento dell’allora Racing Club Fondi al 18° posto in classifica con punti 30 e punti del Matera, 55 conquistati sul campo, poi ridottisi a 42 per le penalizzazioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva) anche laddove potessero essere inflitte alla società ulteriori sanzioni, «l’entità ipotetica delle stesse (anche sulla scorta dei precedenti giurisprudenziali endoassociativi) non determinerebbero alcun “risultato utile” per la ricorrente», pur ammesso e non concesso, ribadisce la resistente, che le stesse medesime sanzioni potessero trovare applicazione nell’ambito della stagione sportiva appena terminata.
Ferma restando la ritenuta natura assorbente delle superiori eccezioni, Matera Calcio s.r.l. ritiene, comunque, destituito di fondamento l’avverso ricorso, «non scalfendo le censure proposte l’impianto motivazione della gravata decisione».
La resistente argomenta, in particolare, in punto insussistenza della pretesa violazione e falsa applicazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 30 CGS Coni, anche alla luce del principio dell’esclusività dell’esercizio dell’azione di cui agli artt. 44 CGS Coni e 32 ter CGS Figc, nonché in ordine alla pretesa violazione e falsa applicazione degli artt. 34, comma 4, e 35 CGS Figc e dell’art. 9 CGS Coni, in relazione ai poteri istruttori dell’organo giudicante e dell’affermata genericità del ricorso.
Quanto alla pretesa violazione degli artt. 8, comma 15, e 18, comma 1, lett. g), CGS rileva che, considerate le date di deposito dei lodi di cui trattasi (calciatori Urso, Stendardo, Giovinco, Mariano de Almeida, Strambelli, Iannini e Bifulco), costituirebbe «un evidente fuor d’opera sostenere che in base ad un ritenuto principio di afflittività, elaborato pro domo sua, per delle asserite violazioni perfezionatesi, in ipotesi, in tutti i loro elementi costitutivi nella corrente stagione sportiva 2018/2019 le sanzioni debbano applicarsi nella precedente».
Conclude, pertanto, la società Matera Calcio, chiedendo, in via preliminare e/o pregiudiziale, dichiarare irricevibile, inammissibile e/o improcedibile l’avverso ricorso; «nel merito, previa ogni necessaria ed opportuna declaratoria, rigettare l’avverso ricorso».
All’udienza fissata per il giorno 29 agosto 2018 innanzi questa Corte federale d’appello è comparso il difensore della ricorrente la F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., che ha insistito per l’accoglimento del ricorso. Sono, altresì, comparsi i difensori della FIGC e del Matera Calcio s.r.l. per chiedere il rigetto del ricorso e la conferma della impugnata decisione del TFN.
Dopo ampia discussione, sulle conclusioni delle parti, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti
MOTIVI
La Corte, letta la decisione del Tribunale federale nazionale, esaminato il ricorso della F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. s.r.l., considerate le controdeduzioni offerte dalla FIGC e dalla società Matera Calcio s.r.l., esaminati gli atti ufficiali e la documentazione acquisita al giudizio, ritiene che il ricorso non meriti accoglimento.
Recita, ai commi 1 e 2, l’art. 30 CGS Coni, intestato “Ricorso della parte interessata”:
«1. Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale.
2. Il ricorso deve essere depositato presso il Tribunale federale entro trenta giorni da quando il ricorrente ha avuto piena conoscenza dell’atto o del fatto e, comunque, non oltre un anno dall’accadimento. Decorsi tali termini, i medesimi atti o fatti non possono costituire causa di azione innanzi al Tribunale federale, se non per atto di deferimento del procuratore federale».
Orbene, questa Corte è, in primo luogo, tenuta (anche d’ufficio, ove occorra) ad accertare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di cui trattasi. Ciò, peraltro, consente, per inciso, di non esaminare la questione della eccepita inammissibilità del ricorso per essere l’esercizio dell’azione disciplinare riservato alla Procura federale.
Sotto tale profilo, ad ogni buon conto, questa Corte non può esimersi dal rilevare, seppur in via incidentale, come, prima facie, l’eccezione non appaia del tutto destituita di fondamento. In tale prospettiva, infatti, sembrano, anzitutto deporre le disposizioni di cui agli artt. 32 ter CGS Figc (“Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione”) e 44 CGS Coni (“Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione, nelle forme e nei termini da queste previsti, quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione”), che sembrano, appunto, attribuire “in esclusiva” l’esercizio dell’azione disciplinare alla pubblica accusa federale, con esclusione, quindi, della possibilità, per la parte “privata”, di azionare un procedimento disciplinare in alternativa all’iniziativa della Procura federale.
Una tale lettura del funzionamento dell’impianto disciplinare sportivo è rinvenibile anche in una recente decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, che ha avuto, appunto, modo di affermare che il codice di giustizia sportiva del Coni «assegna alla Procura federale presso ciascuna Federazione il potere di “esercitare in via esclusiva l’azione disciplinare … con chiaro riferimento al momento di avvio del procedimento disciplinare» (Collegio Garanzia dello Sport, n. 1 del 23 aprile 2018).
In tale prospettiva, poi, è possibile rammentare come l’art. 112 Costituzione preveda che “il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”, principio con il quale il Legislatore costituente volle garantire tre valori fondamentali (come emerge anche dai lavori di detta Assise - seduta del 27 nov. 1947): il principio di legalità, il principio di uguaglianza, il principio dell’indipendenza del Pubblico ministero.
In questo solco si colloca l’art. 50 c.p.p., ove si afferma: a) la pubblicità dell’azione penale; b) l’esclusiva titolarità in capo al P.M. di detta azione; c) l’esclusione tassativa di un’accusa penale privata. Orbene, su questi granitici principii sembra modellato anche l’impianto voluto dal legislatore sportivo, con il quale si è anche inteso dotare il soggetto che assume di essere stato danneggiato da un atto / fatto suscettibile di un procedimento disciplinare di idonei strumenti normativi di “vigilanza” e “controllo” dell’opera della Procura federale.
A ciò si aggiunga che il sistema che presiede alla regolamentazione del procedimento disciplinare sportivo è fondato, oltre che sul principio dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare, anche su quello della giurisdizionalizzazione del procedimento medesimo, nonché sul presupposto che al titolare della relativa potestà «competono autonomi poteri di accertamento dei presupposti sostanziali (oggettivi e soggettivi) per attivarsi», essendo allo stesso demandata la individuazione dei valori e dei disvalori rispettivamente da tutelare, «le condotte meritevoli di riconoscimento e quelle da reprimere, i mezzi per procedervi, etc.» (così Collegio di Garanzia dello Sport, sezione consultiva, n. 1 del 16 marzo 2016).
Sembra, poi, supportare una siffatta interpretazione anche una considerazione di carattere logico- sistematico. Occorre, infatti, rammentare che la facoltà prevista dall’art. 30 CGS Coni costituisce, come detto, un rimedio di carattere, comunque, straordinario. In tale direzione, non risulta che la società ricorrente si sia avvalsa, prima di proporre il ricorso, delle facoltà di denuncia, segnalazione e “controllo” (di cui sopra si diceva) pur previste dal nostro ordinamento giuridico sportivo. Non risulta, in particolare, che la società di cui trattasi, né quelle preesistenti alla fusione abbiano segnalato i fatti alla Procura federale per gli accertamenti del caso e per l’adozione dei correlati provvedimenti di competenza. Peraltro, occorre anche osservare come il tesserato o la società affiliata possano segnalare i fatti ritenuti meritevoli di azione disciplinare anche alla Procura generale dello sport c/o il Coni, che, infatti, ai sensi dell’art. 12 ter, comma 3, dello Statuto Coni, «anche su segnalazione di singoli tesserati e affiliati, può invitare il capo della procura federale ad aprire un fascicolo di indagine su uno o più fatti specifici». Non solo, ma, ai sensi del successivo comma 4, la Procura generale può anche esercitare il potere di avocazione dell’attività inquirente, sia nei casi di avvenuto superamento dei termini per la conclusione delle indagini, sia quando «emerga un’omissione di attività di indagine tale da pregiudicare l’azione disciplinare e nei casi in cui l’intenzione di procedere all’archiviazione sia ritenuta irragionevole».
In tale contesto, dunque, sembrerebbe frustrata, nel caso di specie, la funzione assegnata al ricorso ex art. 30 CGS Coni, ossia quella di costituire rimedio di natura straordinaria, esperibile solo laddove l’ordinamento giuridico sportivo non offra altri strumenti di tutela.
A tal proposito è, peraltro, possibile, sempre in via incidentale, qui osservare come la presente fattispecie non sia, in alcun modo, sovrapponibile a quella citata dalla società ricorrente, oggetto della decisione di questa Corte pubblicata sul C.U. n. 34 del 24 agosto 2017. L’ambito di quel giudizio, infatti, non era (come, invece, è il presente) di mero rilievo disciplinare, coinvolgendo, infatti, profili di natura “pubblicistica” attinenti alla possibilità di una società di prendere parte ad un campionato in difetto della prescritta polizza fideiussoria. In parole più semplici, nel giudizio dall’appellante indicato come analogo al presente, si discuteva del fatto se una società avesse o meno preso legittimamente parte e fosse legittimamente rimasta iscritta al campionato, mentre qui si discute del fatto se una società meriti o meno l’applicazione di date sanzioni disciplinari.
Ad ogni buon conto, come si diceva, in disparte ed a prescindere da ogni valutazione in ordine alla ammissibilità del ricorso ex art. 30 CGS Coni proposto dalla F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. – sotto l’eccepito (da parte della FIGC e del Matera Calcio) e affermato (da parte del TFN) profilo del difetto di azionabilità, in capo al terzo, di una azione sostanzialmente surrogatoria di quella della Procura federale, alla quale, invece, sarebbe riservato in esclusiva l’esercizio dell’azione disciplinare, anche quale necessario presupposto per l’applicazione di una sanzione – non può non rilevare, questa Corte, in via necessariamente preliminare, come difetti, comunque, nel caso di specie, la legittimazione attiva della medesima predetta società, non risultando – la stessa – titolare di una situazione giuridica differenziata protetta nell’ordinamento federale e, nel contempo, difettando l’interesse ad agire, quale necessario presupposto e condizione dell’azione.
In tale prospettiva occorre, anzitutto, osservare come non siano proponibili azioni autonome di sostanziale mero accertamento di fatti e/o violazioni, che, pur giuridicamente rilevanti, integrino solo elementi parziali della fattispecie costitutiva di un dato diritto, atteso che questo può costituire oggetto di accertamento innanzi agli organi di giustizia soltanto nella sua interezza. Sotto questo profilo, l’azione concessa dall’art. 30 CGS Coni, ove ammessa nella singola fattispecie, non può che essere funzionale alla tutela di un diritto che si vuol far valere e che l’ordinamento sportivo reputa meritevole di tutela in quanto espressivo di una situazione giuridica protetta.
Del resto, la legitimatio ad causam consiste nella titolarità del potere di promuovere un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto, secondo la prospettazione attorea, idonei a fondare il diritto azionato.
Ciò premesso, alla luce della situazione in fatto che caratterizza la presente fattispecie e visto l’art. 52, comma 5, Noif, (“in caso di fusione a norma dell’art. 20, alla nuova società o alla incorporante è attribuito il titolo superiore tra quelli riconosciuti alle società che hanno dato luogo alla fusione”), la società F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. può vantare soltanto il possesso del titolo sportivo di serie D (atteso che la società SS Racing Club Fondi è retrocessa in serie D e la società FC Aprilia SSD a r.l. non ha ottenuto la promozione in serie C). Pertanto, all’atto della fusione, così come al momento della presentazione del ricorso innanzi al TFN, il nuovo soggetto F.C. Aprilia Racing Club a r.l. può vantare solo il titolo sportivo valido per la serie D. Ne consegue che anche un eventuale scorrimento della graduatoria dello scorso campionato di serie C, girone C, come richiesto dalla ricorrente, quale effetto di una ipotetica applicazione del richiesto trattamento disciplinare sanzionatorio a carico del Matera Calcio da scontarsi nella scorsa stagione sportiva 2017/2018, non potrebbe condurre ad alcun utile risultato a favore della ricorrente F.C. Aprilia Racing Club a r.l.
L'esperibilità dell'azione ex art. 30 CGS Coni, in altri termini, è subordinata alla sussistenza della titolarità di una posizione giuridica differenziata e dell'interesse ad agire, consistente, appunto, nella concreta possibilità di perseguire, attraverso il processo, un bene della vita, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto. La legittimazione al ricorso presuppone, inoltre, il riconoscimento della esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall'ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall'Amministrazione o da un soggetto ad essa equiparato, mentre in sé considerata, la semplice possibilità di ricavare dalla invocata decisione di accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, non dimostra la sussistenza della posizione legittimante (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 14 marzo 2018, n. 1643).
In breve, l'interesse a ricorrere resta, nel nostro ordinamento federale, caratterizzato dagli stessi requisiti sostanziali che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c.: requisiti che si sostanziano nella prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e nell'effettiva utilità che potrebbe derivare allo stesso dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato o accoglimento della domanda proposta.
In diversi termini, la legittimazione all'azione si fonda sulla titolarità dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio e che si assume leso, sorgendo il diritto al ricorso in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tendendo ad un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere tale lesione (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1 giugno 2018, n. 3321). Pertanto, condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, rinvenibile in capo a chi si afferma titolare di una situazione giuridica sostanziale differenziata meritevole di tutela per l’ordinamento sportivo e lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, e l'interesse a ricorrere, che consiste, come detto, nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall'accoglimento della domanda.
Orbene, in tale contesto normativo ed interpretativo di riferimento, il ricorso proposto dalla predetta società è, come detto, inidoneo a conseguire il bene della vita cui la relativa domanda è diretta. Per l’effetto, difetta una necessaria, quanto generale, condizione dell’azione (rilevabile anche d’ufficio) e, pertanto, la F.C. Aprilia Racing Club a r.l. non può dirsi, in relazione a quanto dedotto nel presente giudizio, titolare di una posizione giuridica differenziata protetta dall’ordinamento sportivo e di uno specifico interesse a ricorrere meritevole di tutela innanzi agli organi di giustizia sportiva.
In definitiva, il ricorso ex art. 30 CGS Coni non può che essere proposto se non in quanto ne sussistano le relative condizioni sostanziali ed i connessi presupposti processuali, con la conseguenza che la carenza di alcuno degli stessi determina l’inammissibilità del richiesto accertamento.
Per completezza di esposizione deve, inoltre, poi, anche rilevarsi, sotto diverso profilo, l’improcedibilità del ricorso di cui trattasi. In tal ottica, lo scrutinio di questa Corte presuppone che al momento della pronuncia perduri l'interesse ad agire. Trattandosi di una condizione dell'azione, questa deve, infatti, persistere fino al momento della decisione.
Ciò premesso, occorre rammentare la giurisprudenza amministrativa in materia, secondo cui l'emanazione di un provvedimento esplicito in risposta all'istanza dell'interessato o in ossequio all'obbligo di legge, rende il ricorso inammissibile per carenza originaria dell'interesse ad agire o improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, a seconda se il provvedimento intervenga prima della proposizione del ricorso o nelle more del giudizio conseguentemente instaurato (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 4 maggio 2018, n. 2660). La sopravvenuta carenza di interesse impedisce, dunque, la possibilità di decidere nel merito la controversia, dovendo il Giudice procedere con una declaratoria di improcedibilità del ricorso (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 4 maggio 2018, n. 2652).
Ora, nel caso di specie, è in atti il C.U. n. 29 pubblicato il 20 luglio 2018, con cui il Commissario straordinario della FIGC ha deliberato di concedere alla società Matera Calcio s.r.l. «la Licenza nazionale 2018/2019, disponendo per l’effetto l’ammissione della stessa al Campionato serie C 2018/2019».
Orbene, siffatto provvedimento non risulta essere stato oggetto di impugnazione da parte della ricorrente F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., né, quantomeno, di motivi aggiunti di ricorso nel presente giudizio. Essendo, dunque, l’iscrizione della società Matera Calcio s.r.l. tra le partecipanti al prossimo campionato di serie C (stagione sportiva 2018/2019), dato acquisito, il ricorso qui proposto dalla predetta F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. non potrebbe, comunque, condurre al concreto effettivo risultato pratico dalla stessa domanda. E in tale prospettiva, dunque, il ricorso si rivela, comunque, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Corretta, dunque, in tali termini, la motivazione del Tribunale federale nazionale, dichiarata assorbita ogni altra questione non scrutinata o, comunque, non decisa, la Corte federale d’appello respinge il gravame proposto dalla F.C. Aprilia Racing Club a r.l., atteso il difetto di interesse ad agire, come anche di una specifica posizione giuridica differenziata meritevole di tutela nell’ordinamento sportivo.
Per questi motivi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dalla società FC Aprilia Racing Club Srl di Aprilia (LT).
Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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