F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE II– 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 114/CFA DEL 12/06/2019 MOTIVI CON RIFERIMENTO AL COM UFF 095 II SEZ DEL 07 05 2019 RICORSO DELLA SOCIETA’ AS BISCEGLIE SRL AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER GIORNI 50 INFLITTA AL SIG. CANONICO NICOLA ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’INOSSERVANZA DELL’IMPEGNO ASSUNTO CON LA DICHIARAZIONE DI CUI AL PUNTO 2), LETTERE B), C) E H) DEL TITOLO III – CRITERI SPORTIVI E ORGANIZZATIVI – MANUALE LICENZE NAZIONALI SERIE C 2018/19; PENALIZZAZIONE DI PUNTI 3 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 1, C.G.S.; SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 9270/387 PF 18-19 GP/GC/MA DEL 27.2.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 55/TFN del 4.4.2019)

RICORSO DELLA SOCIETA’ AS BISCEGLIE SRL AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER GIORNI 50 INFLITTA AL SIG. CANONICO NICOLA ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’INOSSERVANZA DELL’IMPEGNO ASSUNTO CON LA DICHIARAZIONE DI CUI AL PUNTO 2), LETTERE B), C) E H) DEL TITOLO III – CRITERI SPORTIVI E ORGANIZZATIVI – MANUALE LICENZE NAZIONALI SERIE  C 2018/19; PENALIZZAZIONE DI PUNTI 3 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 1, C.G.S.; SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 9270/387 PF 18-19 GP/GC/MA DEL 27.2.2019 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 55/TFN del 4.4.2019)

L’AS Bisceglie s.r.l. ha impugnato, davanti questa Corte, la decisione emessa dal Tribunale Federale Nazionale (di cui al Com. Uff. n. 55/TFN Sez. Disciplinare), con la quale è stata inflitta, al suo amministratore unico, sig. Nicola Canonico, la inibizione a ricoprire cariche federali e societarie per giorni 50, in quanto riconosciuto colpevole delle condotte violative del precetto imposto dal Com. Uff. n. 50 del 24.5.2018 in punto di deposito di attestazione federale sul tesseramento del medico sociale, di almeno un operatore sanitario e dell’allenatore responsabile della squadra partecipante al campionato Berretti (punto 2, lett. b), c) ed h) del predetto Comunicato Ufficiale.

Nello stesso tempo e in evidente connessione, ha impugnato la sanzione della penalizzazione di punti tre in classifica – da scontarsi nel campionato corrente – per  responsabilità  diretta  del sodalizio a fronte della condotta tenuta dal suo dirigente legale rappresentante.

Risulta dagli atti che la Procura Federale, a seguito di informativa della Commissione Criteri Infrastrutturali, ha avviato indagine relativa al mancato adempimento dell’obbligo assunto di depositare, entro il termine finale del 1° agosto 2018, dell’attestazione del Settore Tecnico circa l’avvenuto tesseramento di determinati tecnici o professionisti sanitari e, all’esito, ritenendo provato l’inadempimento, ha rimesso gli atti, con rituale deferimento, al competente Tribunale Federale Nazionale perché, accertata l’omissione di quanto dovuto, comminasse le prescritte sanzioni, ossia una inibizione a carico del dirigente responsabile (nella fattispecie è stata richiesta per complessivi giorni 50) ed una penalizzazione in classifica, per la società, pari ad 1 (uno) punto in classifica per ognuna delle inadempienze (nella fattispecie tre).

All’esito del dibattimento, tenutosi il 29.3.2019, quel Collegio, ritenute le argomentazioni difensive non congruenti, ha condannato sia il dirigente che la società di appartenenza alla sanzione nella misura richiesta dal Requirente.

Contro tale decisione si appellano sia il sig. Canonico che la società AS Bisceglie s.r.l. riproponendo, in buona sostanza, le medesime argomentazioni non valutate come pregevoli dal Tribunale federale Nazionale.

In particolare si ricorda e riafferma una circostanza che, ad avviso della difesa, sarebbe dirimente in ordine all’imputabilità di una condotta contraria alla norma, ossia che in data 16.7.2018 era stata inoltrata alla Segreteria Federale un’istanza finalizzata al cambiamento della denominazione sociale ed al trasferimento della sede, formalizzata nella stessa data con atto notarile, in AS Bari 2018 s.r.l. ma poi, visto che tale autorizzazione non era mai giunta, in data 13.9.2018 ha nuovamente modificato denominazione e sede riportandoli agli originari.

Nel periodo intervallare, ad avviso sempre di parte appellante, si sarebbe creata una sorte di invincibile impasse che non aveva consentito, per l’incertezza determinatasi sulla possibilità di compiere atti formali societari, di procedere al tesseramento e alla stipula di contratti di lavoro.

Tuttavia, malgrado ciò, la società, in data 1.8.2018 aveva proceduto a tesserare un sanitario, poi sostituito il 5 settembre successivo, con altro collega.

La progressione di simili eventi dovrebbe comportare, in tesi, una scriminante per legittimo affidamento e/o errore scusabile e far conseguente cadere, ogni addebito.

In via subordinata si insiste, anche in questa sede, sulla tesi per cui, avendo la società, nella medesima occasione, inadempiuto a più incombenze formali, dovrebbe trovare applicazione il c.d. “principio della continuazione”, più volte applicato da questa Corte; con conseguente proscioglimento degli appellanti o, in via subordinata, accedersi ad una congrua riduzione della sanzione inflitta in prime cure.

All’odierno dibattimento, la difesa della società appellante ha confermato quanto già ampiamente dedotto nel libello introduttivo, puntualizzando talune argomentazioni e confermando le richieste ivi formulate, così come i rappresentanti della Procura Federale, che hanno insistito per il rigetto dell’appello.

La Corte visti gli atti e le argomentazioni poste dagli appellanti a censura della decisione di primo grado, non ritiene che essere possano essere condivise e che vada, invece, confermata la decisione del Tribunale Federale Nazionale.

In primo luogo, infatti, quei giudici non hanno dato ingresso alla dedotta esimente dell’impossibilità di adempiere all’obbligo di deposito in conseguenza della volontà, rappresenta alla Segreteria federale, di cambiare denominazione e sede al sodalizio.

Nella decisione di primo grado la motivazione non ha trovato accoglimento in  quanto  “la richiesta di autorizzazione al cambio della denominazione sociale, intervenuta il 16.7.2018, non può aver comportato la sospensione dell’operatività della società o delegittimato il suo legale rappresentante e, del resto, se così fosse, non si spiegherebbe, poi, come la società possa aver proceduto ai tesseramenti di che trattasi il 5 ed il 6 settembre 2018 nonostante abbia proceduto nuovamente alla modificazione della denominazione sociale in epoca successiva agli stessi, vale a dire il 13.9.2018”.

I giudici di primo grado, nel passaggio motivazionale che precede, hanno correttamente colto due palesi vulnera della costruzione difensiva: il primo giuridico ed il secondo fattuale.

Infatti, il cambio di denominazione sociale (e sede) può avvenire solo previa autorizzazione della Federazione, che si pone quindi come condizione legittimante e di efficacia  al  mutamento richiesto con la conseguenza che l’avvenuto mutamento – in assenza di quella - non poteva essere foriero di alcun risultato pratico nei confronti della FIGC.

Sul piano civilistico, poi, è noto che, ancorché la materia sia stata oggetto di diversi interventi normativi succedutisi dal 1990 (cfr. ad es. art. 1 D. Lgs. n. 18/2001) e se in passato il trasferimento d'azienda sottintendeva il trasferimento di un complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa, con la nuova formulazione dell’art. 2112 c.c., si è passati da una nozione di trasferimento incentrata sulla circolazione dell'azienda ad una nozione incentrata sul mutamento di titolarità dell'impresa, ossia ad una nozione che rispecchiando l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione (conf. Cass.civ. 8262/2010), privilegia una nozione di trasferimento ogni qual volta si verifichi una qualsiasi operazione che comporti comunque un mutamento nel riferimento del titolare di un'attività economica organizzata, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità (art. 2112 c.c., 5° co.).

A tale trasferimento non consegue una cesura tra le due soggettività giuridiche ma sussiste una sicura continuità nei rapporti giuridici preesistenti.

Ne consegue, a maggior ragione, che il solo mutamento della denominazione dell’azienda in nessun caso poteva avere l’effetto paralizzante paventato dalla società che, pertanto,  poteva  e doveva adempiere all’obbligo di depositare, entro il 1.8.2018, le attestazioni del Settore Tecnico Federale, non essendosi verificata, in virtù dell’assenza di preventiva autorizzazione federale, alcuna efficace variazione, anche per effetto di una condotta sicuramente disinvolta degli amministratori che, da un lato, chiedono l’autorizzazione ad effettuare l’operazione societario e, dall’altro, l’effettuano in maniera estremamente celere lo stesso giorno senza attendere alcunché.

Sul piano effettuale, poi, l’obiezione dei giudici di prime cure circa la contraddizione in cui cade la società che, pur dichiarando un’impossibilità ad effettuare il tesseramento, poi lo compie ugualmente senza alcuna modifica nella situazione oggettiva medio tempore intervenuta.

In conclusione le doglianze poste nell’atto di appello non possono essere, sul punto, condivise.

Al medesimo esito conduce la valutazione effettuata in ordine alla pretesa applicazione, al caso di specie, del principio della c.d. “continuazione”, talvolta applicato anche da questa Corte, su conforme indirizzo del Collegio di Garanzia (cfr. in termini, Com. Uff. n. 12/TFN 2015/2016) CFA n. 49/2015, Sez. Unite n. 047/CFA (2015/2016 e Collegio di garanzia dello Sport del CONI, a Sezioni Unite, con decisione n. 9/2016).

Nel caso specifico deve, invece, tenersi conto sia della puntuale e non controvertibile previsione normativa, che stabilisce la sanzione della penalizzazione di un punto in classifica per ciascun inadempimento sia dell’impossibilità di avvertire la sussistenza della dedotta “continuazione” in luogo di un mero concorso materiale (del quale, peraltro, la continuazione può ritenersi una diversa strutturazione in presenza di un’accertata unità di disegno illecito e volontario).

Secondo la giurisprudenza penale, infatti l'identità del disegno criminoso va intesa come ideazione e volizione di uno scopo unitario che esalta un programma complessivo, nel quale  si collocano le singole azioni, commesse poi, di volta in volta, con singole determinazioni ( cfr. Cass.pen., Sez. V, 19.1.2010, n. 1190).

In buona sostanza, in linea con la dottrina (anche se deve ammettersi la diversità di posizioni) per aversi reato continuato risulta, cioè, necessario che i diversi fatti criminosi rappresentino l'attuazione di un preciso e concreto programma diretto alla realizzazione di un obiettivo unitario. In altri termini, occorre che i diversi reati siano in rapporto di interdipendenza funzionale rispetto al conseguimento di un unico fine e tale interdipendenza deve, a sua volta, estrinsecarsi in una serie di dati obiettivi esteriormente riconoscibili.

Nel caso sottoposto alla cognizione odierna non sembra, però, potersi rilevare la volontà di dare esecuzione ad una intenzione comune di perseguire un progetto violativo unitario ma la mera concomitanza di più azioni, separate tra loro, di inadempimento di un obbligo che conserva una distinzione non solo dal punto di vista sanzionatorio (che non escluderebbe l’applicabilità della continuazione) ma della condotta, così da rendere possibile il cumulo materiale previsto dalla normativa sopra richiamata.

Infatti, non sembra potersi cogliere alcun “disegno” finalizzato al conseguimento di un risultato, ma solo la mera inosservanza di un impegno volontariamente accettato, ossia il non aver depositato l’attestazione del Settore tecnico conseguente alle ritardate richieste di tesseramento dei due sanitari e del tecnico. E che la sanzione sia comminata all’inadempimento del mancato deposito dell’attestazione e non a quello connesso alla semplice richiesta di tesseramento emerge in maniera incontrovertibile, al di là di ogni possibile diversa interpretazione teleologica o sistematica, dalla lettera del Com. Uff. n. 50 del 24.5.2018.

La Corte, pertanto, non ritiene che possa esservi spazio alcuno per poter, in primis, non ravvisare una condotta lesiva del precetto volontariamente accettato dal legale rappresentante della società e, poi, non applicare una pena discendente dal cumulo di sanzioni connesso a ciascuna violazione, non rilevandosi una pluralità di azioni astrette da un unico fine illecito ma solo l’inosservanza di distinti adempimenti, così come previsti dalla puntuale volontà espressa dalla norma del Com. Uff. 50 del 24.5.2018.

Per questi motivi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dalla società AS Bisceglie S.r.l. di Bisceglie (BT).

Dispone addebitarsi la tassa reclamo.

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