F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE -2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 100/CFA DEL 08/05/2019 MOTIVI CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 094/CFA DEL 18 APRILE 2019 RICORSO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI AVVERSO L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO EX ARTT. 25 E 30 C.G.S. CONI PROPOSTO DAL SIG. GAVILLUCCI CLAUDIO (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 49/TFN del 28.2.2019)

RICORSO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI AVVERSO L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO EX ARTT.

25 E 30 C.G.S. CONI PROPOSTO DAL SIG. GAVILLUCCI CLAUDIO (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 49/TFN del 28.2.2019)

 

Con ricorso ex artt. 25 e 30 del Codice di Giustizia Sportiva C.O.N.I. inviato, in data 4 febbraio 2019, a mezzo pec, all’Associazione Italiana Arbitri e alla Federazione Italiana Gioco Calcio, il Sig. Claudio Gavillucci, associato A.I.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianluca Ciotti e Leonardo Guidi, ha chiesto «l’annullamento del diniego tacito opposto alla domanda di accesso agli atti  presentata dall’A.E. Claudio Gavillucci in data 5 dicembre 2018, ricevuta dall’AIA il 7 dicembre 2018» e «il conseguente accertamento del diritto di prendere visione e ottenere copia dei documenti richiesti», nonché «la condanna dell’AIA, ad esibire ed a rilasciare copia della documentazione richiesta».

In particolare, il ricorrente sosteneva di aver presentato all’A.I.A., in data 5 dicembre 2018, a mezzo raccomandata ricevuta il 7 dicembre 2018, istanza di accesso agli atti ai sensi degli art. 22 e ss. della legge n. 241/1990, con la quale chiedeva di prendere visione ed estrarre copia di:

«a) tutte le “lettere di rilievo”, analoghe a quelle inviate al sottoscritto in data 5.2.2018 e 23.5.2018, rivolte agli arbitri appartenenti all’organico della CAN “A”, con riferimento al periodo 1° luglio 2015 – 30 giugno 2018;

b) tutti i referti degli  Osservatori arbitrali ed Organi tecnici, con  relativa votazione numerica e giudizio espressi, relativi alle prestazioni svolte dagli altri arbitri appartenenti all’organico della CAN “A”, con riferimento al periodo 1° luglio 2015 – 30 giugno 2018;

c) le graduatorie degli arbitri appartenenti alla CAN “A” riportanti il complesso dei voti conseguiti e la media aritmetica, riferibili alle stagioni sportive comprese nel periodo 1° luglio 2015 – 30 giugno 2018».

Motivava, l’istante, la richiesta di accesso sulla base dell’interesse correlato all’avvenuta sua dismissione dall’organico della CAN “A” per “motivate valutazioni tecniche” e nella conseguente esigenza di tutela dei propri diritti ed interessi giuridici.

In data 30 gennaio 2019, atteso il silenzio serbato dall’A.I.A., l’istante ha trasmesso – a mezzo fax – un invito a provvedere in relazione alla prefata istanza, preavvertendo che in mancanza di una risposta entro e non oltre la giornata di lunedì 4 febbraio 2019, l’inerzia sarebbe stata interpretata quale tacito diniego alla domanda.

Anche tale invito – secondo la ricostruzione del ricorrente Gavillucci – è rimasto privo di riscontro da parte dell’A.I.A.

Nel giudizio come sopra instaurato si è costituita l’Associazione Italiana Arbitri, con gli avv.ti Valerio Di Stasio e Giancarlo Perinello, che così eccepiva e deduceva:

- inapplicabilità della legge n. 241/1990 all’AIA, in quanto soggetto “dotato di personalità giuridica privata;

- genericità dell’istanza di accesso, con la quale sarebbero stati chiesti una serie imprecisata e, comunque, spropositata di documenti;

- indeterminatezza dell’istanza, specie in relazione all’omessa indicazione degli specifici motivi a fondamento della richiesta di visione ed estrazione di copia.

Secondo l’A.I.A., poi, l’attività di promozione e dismissione degli arbitri dai vari ruoli tecnici, inidonea ex se ad intaccare il loro status di tesserati, sarebbe attività priva di rilevanza esterna all’ordinamento sportivo, non avendo alcun riflesso, né  diretto, né indiretto, nell’ordinamento  statale  il  giudizio  di scarsa capacità reso nei confronti dell’arbitro (cfr. TAR Lazio, sez. I ter, sent. 14.10.2016 n. 10306; conf. Cons. Stato, 17.4.2009 n. 2333; TAR Lazio, sez. III quater, sent. n. 8607/2014; TAR Lazio, sez. III ter, 5.11.2007 n. 10911).

Con memoria difensiva dd. 19 febbraio 2019 il sig. Claudio Gavillucci deduceva che, in forza della disciplina introdotta con il decreto legislativo n. 97/2016 e, segnatamente, alla luce del nuovo istituto dell’accesso civico, l’A.I.A. sarebbe stata, comunque, tenuta a garantire l’accesso alla documentazione richiesta. Quanto all’interesse ad accedere ai documenti oggetto dell’istanza, il Sig. Claudio Gavillucci ribadiva la necessità di ottenerne copia al fine di verificare la legittimità della graduatoria in ragione della quale è stato dismesso e, in particolare, la veridicità dei fogli excel prodotti dall’A.I.A. nell’ambito del giudizio avverso la dismissione di questo ultimo.

Alla seduta dinanzi al Tribunale Federale Nazionale partecipavano, oltre al ricorrente personalmente, anche l’avv. Gianluca Ciotti, che, dopo aver ribadito la stretta correlazione tra l’accesso ai documenti e le esigenze di difesa del Sig. Claudio Gavillucci nel giudizio avverso la dismissione, concludeva per l’annullamento del diniego tacito e la condanna all’ostensione dei predetti documenti. Interveniva, altresì, l’A.I.A., a mezzo del patrocinio degli avv.ti Giancarlo Perinello e Valerio Di Stasio, che, richiamando le deduzioni e conclusioni già formulate con la comparsa di costituzione, ribadivano il difetto di specificazione della utilità di quanto richiesto, eccependo, poi, l’inapplicabilità del decreto legislativo n. 97/2016, visto che l’istanza di accesso era stata proposta ex legge n. 241/1990.

In via preliminare il TFN ha rilevato come «i fatti oggetto del giudizio e, in particolare, le circostanze secondo le quali l’Istanza sarebbe stata effettivamente trasmessa all’AIA e l’Associazione avrebbe omesso di riscontrare la richiesta», non siano «contestati».

Ancora in via preliminare il TFN ha accolto le eccezioni svolte dall’A.I.A. «in relazione alle censure di asserita violazione della disciplina del c.d. nuovo accesso civico e del D.Lgs. n. 97/2016. Tali censure sono, infatti, irrituali e tardive, in quanto proposte per la prima volta dal ricorrente con la memoria del 19.2.2019, oltre che infondate, dal momento che l’istanza è stata espressamente proposta ai sensi degli art. 22 e ss. della l. n. 241/1990. In merito alla non sovrapponibilità dei due accessi la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che si tratta di due istituti distinti ed autonomi che operano sulla base di norme e presupposti differenti (da ultimo, Tar Lazio, Rm, I bis, 5.2.2019, n. 1458)».

Nel merito, il Tribunale di prime cure ha ritenuto, invece, non condivisibili le argomentazioni difensive dell’A.I.A., secondo le quali il regime dell’accesso di cui alla legge n. 241/1990 non troverebbe applicazione nel caso di specie, stante la natura privata della predetta medesima Associazione e il rilievo meramente endofederale dell’attività  di promozione e dismissione degli arbitri dai vari ruoli tecnici.

«Innanzitutto», afferma il TFN, «la giurisprudenza (amministrativa e endofederale) richiamata non sembra conferente, in quanto non ha ad oggetto l’applicazione dell’accesso ex l. n. 241/1990 e l’asserita carenza di rilievo pubblicistico dei provvedimenti di reintegro o dimissioni degli arbitri delle competizioni professionistiche, bensì la diversa questione relativa alla sussistenza della giurisdizione statale sulle controversie relative ai predetti provvedimenti di reintegro o dimissioni degli arbitri (così la sentenza del Tar Lazio n. 10308/2016, erroneamente riportata come 10306; anche Cons. St. n. 2333/2009; Tar Lazio, n. 8607/2014; Tar Lazio n. 10911/2007).

Del resto, il Tar del Lazio ha recentemente ribadito che le componenti della FIGC (tra le quali si annovera anche l’AIA, che partecipa all’assemblea elettorale e siede in Consiglio Federale) sono “sottoposte all’applicazione della normativa in materia di accesso documentale, quando svolgono funzioni pubblicistiche”, tra le quali si “annoverano espressamente quelle relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati ed alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione” (Tar Lazio, Rm, I, 14.5.2018, 5361).

Tra l’altro, questo Tribunale già con la precedente decisione pubblicata con il C.U. n. 17 (stagione sportiva 2017/2018), dalla quale non vi sono ragioni di discostarsi, ha affermato l’applicabilità dei principi di cui alla legge n. 241/1990 alle procedure di progressione e dismissione degli arbitri, trattandosi  di attività avente  una valenza pubblicistica, “dal momento che concernono la scelta e l’individuazione dei soggetti che devono garantire il corretto svolgimento delle competizioni, anche professionistiche”.

Del resto, la dismissione di un tesserato AIA dalla CAN “A” assume certamente un rilievo pubblicistico trattandosi della scelta dei soggetti che devono garantire il corretto svolgimento delle competizioni professionistiche, oggetto anche delle scommesse sportive.

Tra l’altro tale fattispecie appare assimilabile alle attività aventi certa rilevanza pubblicistica elencate nel richiamato precedente del TAR, dal momento che si tratta di decisioni che incidono sul mantenimento della qualità di associato AIA e di componente della CAN “A”.

Alla luce di tali considerazioni la legge n. 241/1990 risulta senz’altro  applicabile  all’Istanza,  in quanto l’AIA nella specie risulta sussumibile nella categoria dei soggetti di diritto privato che esercitano attività di pubblico interesse.

Parimenti infondate appaiono le eccezioni d’inammissibilità dell’Istanza in quanto generica o indeterminata. L’istanza, infatti, riporta puntualmente gli atti di cui viene chiesta l’ostensione e, anche laddove non indica espressamente i riferimenti, circoscrive la tipologia di documentazione oggetto di interesse (ad esempio, le “lettere di rilievo”, analoghe a quelle inviate al sottoscritto in data 5.2.2018 e 23.5.2018, rivolte agli arbitri appartenenti all’organico della CAN “A””).

Del resto, nel caso di specie, la domanda di accesso non è finalizzata ad un controllo generalizzato dell’attività dell’AIA, bensì all’acquisizione dei documenti che, per quanto numerosi, appaiono comunque utili al sig. Claudio Gavillucci – odierno ricorrente – per tutelare le proprie ragioni nell’ambito del giudizio avente a oggetto la propria dismissione.

In ultimo non si può fare a meno di rilevare che nell’Istanza il sig. Claudio Gavillucci ha indicato espressamente le ragioni poste a fondamento dell’accesso, individuate nell’esigenza di tutelare la propria sfera giuridico professionale avverso la lesione provocata dalla dismissione dall’Organico CAN “A”. Ragioni che dimostrano l’esistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti per i quali è chiesto l’accesso.

Tra l’altro con la memoria del 19.2.2019, il ricorrente, ha altresì chiarito che la documentazione richiesta risulta necessaria al fine di verificare la correttezza delle  graduatorie,  la  veridicità  degli elenchi contenuti nei fogli excel prodotti dall’AIA nell’ambito del giudizio avente a oggetto la prefata dismissione e la congruità delle contestazioni rispetto ai voti conseguiti.

Tuttavia, stante l’interesse posto a fondamento dell’Istanza non sembra sussistere alcuna corrispondenza tra la situazione giuridicamente tutelata e la documentazione richiesta in relazione alle stagioni precedente a quella del 2017/2018 al termine della quale è stata disposta la richiamata dismissione dalla CAN “A” dell’odierno ricorrente.

Infatti, l’unica graduatoria rilevante ai fini della decisione appare quella relativa all’ultima stagione.

Conseguentemente, anche al fine di non gravare eccessivamente l’AIA e di garantire l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa si ritiene che l’accesso debba essere limitato a tutta la documentazione richiesta relativa alla Stagione 2017/2018».

Sulla base di tali motivi, dunque, il Tribunale Federale Nazionale, in parziale accoglimento dell’istanza di accesso proposta dal Sig. Claudio Gavillucci, ha così deciso:

« i) si annulla il diniego tacito opposto alla domanda di accesso agli atti presentata dal sig. Claudio Gavillucci in data 5 dicembre 2018;

ii) si accerta il diritto del ricorrente a prendere visione e ottenere copia dei documenti richiesti relativi alla sola stagione 2017/2018;

iii) si condanna l’AIA a esibire e rilasciare copia della documentazione richiesta relativa alla sola stagione 2017/2018 entro dieci giorni dalla pubblicazione della presente decisione».

Avverso la predetta decisione del Tribunale Federale Nazionale, pubblicata sul Com. Uff. n. 49/TFN del 28 febbraio 2019, ha proposto ricorso l’Associazione Italiana Arbitri, con gli avv.ti Valerio Di Stasio e Giancarlo Perinello.

Con un primo motivo l’A.I.A. deduce erronea applicazione dei principi di cui alla legge n. 241/1990 e del regime di accesso agli atti ivi previsto ai provvedimenti di dismissione degli arbitri.

Le Federazioni sportive e le rispettive componenti possono essere sottoposte alla disciplina in materia di accesso documentale – questo, in sintesi, l’assunto difensivo – per le sole attività aventi valenza pubblicistica, valenza, questa, che non potrebbe essere rinvenuta in seno ai provvedimenti di dismissione tecnica degli arbitri.

Con un secondo motivo di ricorso l’A.I.A. censura la decisione impugnata sotto il profilo della erroneità della stessa «laddove ritiene sussistente un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso agli atti».

Evidenzia,  l’A.I.A.,  sotto  siffatto  profilo,  come  il  Sig.  Gavillucci  non  abbia  mai  richiesto  alcuna «comparazione tra la propria valutazione tecnica e quella degli altri arbitri della CAN “A”», ritenendo comunque errata la impugnata decisione laddove «giunge ad affermare la sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale del Gavillucci ad accedere agli atti ignorando completamente il complesso iter processuale messo in atto dallo stesso al fine di tutelare i pretesi propri diritti».

Proposta, quindi, istanza cautelare di sospensione dell’efficacia  esecutiva  della  decisione impugnata, l’A.I.A.  conclude chiedendo l’integrale riforma della  stessa  «e, per l’effetto,  rigettare il ricorso proposto in data 4.2.2019 dal sig. Claudio Gavillucci perché inammissibile e, comunque, destituito di qualsivoglia fondamento fattuale e giuridico».

Nell’instaurato giudizio d’appello si è costituito il Sig. Claudio Gavillucci, assistito dagli avv.ti Gianluca Ciotti e Leonardo Guidi.

Eccepisce, in primo luogo, il Controdeducente, nullità del ricorso A.I.A. per difetto di valida procura alle liti, in quanto rilasciata da soggetto carente dei necessari poteri.

Eccepisce, poi, sempre in via preliminare, inammissibilità del ricorso per difetto di esistenza di concreto ed attuale interesse, assumendo che «l’Associazione è un ente esponenziale di tutti i singoli associati e pertanto titolare di una specifica, autonoma posizione giuridica, qualificata dall’interesse proprio, conseguenza ed effetto dell’interesse diffuso che alla stessa fa indiscutibilmente capo, solo laddove questo interesse sia concreto ed attuale».

Nel merito, dedotta «una erronea ricostruzione in diritto ed in fatto» operata dall’A.I.A.,  il Sig. Gavillucci: evidenzia la valenza autonoma del diritto di accesso agli atti, che non rappresenterebbe una mera pretesa strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante; richiama giurisprudenza secondo cui le regole dettate in tema di trasparenza della pubblica amministrazione e di diritto di accesso ai relativi atti si applicano anche ai soggetti privati chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico e tale diritto sarebbe esercitabile dai dipendenti dei predetti medesimi soggetti limitatamente alle prove selettive di accesso e di progressione in carriera; replica alle ritenute erronee deduzioni A.I.A. in punto difetto specificazione dell’istanza di accesso e carenza interesse diretto, concreto ed attuale; osserva come la documentazione richiesta non contenga alcun dato sensibile dei soggetti interessati, «ma solo valutazioni tecniche del loro operato», e come non vi fosse, dunque, alcuna esigenza di riservatezza da tutelare, fermo restando che era comunque onere dell’A.I.A., nel corso del procedimento, «di notiziare ogni interessato dell’avvenuta presentazione della domanda di accesso agli atti, al fine di consentire loro la formulazione di una eventuale ed ipotetica motivata opposizione, ma anche sul punto l’Associazione è rimasta colpevolmente inerte».

Ha, quindi, concluso, il Sig. Gavillucci, chiedendo il rigetto del ricorso in appello in quanto inammissibile ed infondato e, per l’effetto, la conferma della decisione del Tribunale Federale Nazionale.

Questa Corte ha fissato la seduta del 18 aprile 2019 per la discussione del ricorso dell’A.I.A. Sono comparsi il Sig. Gavillucci con il proprio difensore Gianluca Ciotti, nonché, per l’A.I.A., gli avv.ti Giancarlo Perinello e Valerio Di Stasio.

Dopo ampia discussione le parti hanno concluso come da rispettivi atti scritti, la difesa Gavillucci, chiedendo, in via pregiudiziale, dichiararsi cessata la materia del contendere.

All’esito della camera di consiglio, questa Corte ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti

MOTIVI

Infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello dell’A.I.A. per difetto di procura alle liti, valido e legittimo essendo il mandato versato in atti.

Non può, del pari, essere condiviso l’assunto di difetto di interesse dell’A.I.A., nè accolta la richiesta avanzata, sempre dalla difesa del Sig. Gavillucci, di dichiarazione di cessazione della materia del contendere.

Infatti, se è vero che in data 11 marzo 2019 l’A.I.A. ha dato, correttamente e doverosamente, esecuzione a quanto disposto dal Tribunale Federale Nazionale, è altrettanto indubbio che permane l’interesse della predetta medesima Associazione alla decisione del presente giudizio.

Il provvedimento del Tribunale Federale Nazionale, al quale l’A.I.A. ha dato adempimento e di cui chiede, in questa sede d’appello, l’annullamento ha spiegato i suoi effetti, determinando una sorta di sopravvenuta carenza di fatto della materia del contendere. Tuttavia, il predetto adempimento non incide sulla posizione giuridica della reclamante A.I.A. e non determina, sotto l’aspetto giuridico, un provvedimento processuale di cessazione della materia del contendere.

«L'interesse a ricorrere si sostanzia nell'utilità o nel vantaggio (materiale e morale) che il ricorrente può ricavare dall'accoglimento della domanda proposta in giudizio» (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 10 aprile 2017, n. 1678). «Nel giudizio di appello esso si configura come interesse ad impugnare, consistente, ancora una volta nell'utilità giuridica che l'appellante può trarre  dalla  pronuncia  del giudice d'appello; presuppone la soccombenza, ma non si esaurisce in essa, essendo necessario che l'appellante possa trarre una qualche utilità  dall'eliminazione dal mondo  del diritto della sentenza impugnata» (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21 febbraio 2018, n. 1100).

Orbene, nel caso di specie non vi è dubbio che, da un lato, l’A.I.A. è risultata soccombente all’esito del giudizio di primo grado e, dunque, conserva interesse (e diritto) al gravame, rimedio processuale che non può essergli confiscato; dall’altro, l’A.I.A. conserva, del pari, interesse (e diritto) alla eventuale eliminazione giuridica della decisione impugnata, sotto molteplici evidenti profili.

Nel merito, il ricorso in appello dell’A.I.A. non può trovare accoglimento.

Occorre ricordare, in via generale, come l’accesso ai documenti amministrativi, attese  le  sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisca principio generale dell’attività amministrativa, anche al fine di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.

Ciò premesso, l’impostazione dell’assunto difensivo dell’Associazione reclamante non può essere condiviso. Non si tratta, infatti, nel presente giudizio, di mettere in discussione la sfera di autonomia riservata all’A.I.A. con riferimento ai provvedimenti di natura tecnica, bensì di verificare se il procedimento che conduce alla delibera di dismissione di un arbitro dalla CAN “A” assuma o meno rilievo pubblicistico. Orbene, sotto tale profilo questa Corte condivide quanto già affermato dal Tribunale Federale Nazionale. Infatti, le procedure di progressione e dismissione degli arbitri CAN “A” devono ritenersi rivestire una valenza pubblicistica, anche in considerazione del  fatto  che  detti direttori di gara sono chiamati a garantire il corretto svolgimento delle competizioni professionistiche.

Sotto siffatto profilo è possibile richiamare la recente sentenza 9 gennaio 2019, n. 328, della Corte di Cassazione, sezioni unite civili, secondo cui l’arbitro (associato AIA, componente della FIGC – associazione con personalità giuridica di diritto privato -, a sua volta federata al CONI – ente pubblico non economico), pur non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, «è investito di fatto di un’attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, nell’apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego di risorse pubbliche».

La decisione della Suprema Corte sembra, implicitamente, confermare che, anche considerato che i direttori di gara delle serie professionistiche partecipano nel perseguimento delle  finalità pubblicistiche assegnate a questo ambito dell’ordinamento sportivo e  sono  sostanzialmente compensati per la loro attività con fondi riferibili, in qualche modo – seppur indirettamente – alla sfera delle risorse pubbliche, i metodi e le procedure di selezione degli stessi (e, per converso, quelle di dismissione) non possono essere del tutto esenti da forme di controllo e, prima ancora, non possono non essere destinatarie degli ordinari principi di legittimità e della disciplina dettata in materia di trasparenza dell’azione, che, seppur di natura privatistica, assume, in tale prospettiva, valenza pubblicistica.

Insomma, deve ritenersi che le regole dettate in materia di accesso agli atti della pubblica amministrazione e di trasparenza dell’azione della medesima debbano trovare  ingresso  ed applicazione anche nell’ambito dei procedimenti, di rilievo pubblicistico, posti in essere dalle Federazioni sportive e dalle relative componenti.

In ogni caso, si aggiunga, il provvedimento di dismissione di un arbitro dalla CAN “A” è idoneo ad incidere sulla sfera giuridico-professionale dell’arbitro, la cui eventuale lesione merita, quindi, tutela piena.

Anche gli altri motivi di reclamo appaiono infondati o restano assorbiti.

Parte ricorrente ha illustrato e documentato quelle che sono le ragioni poste a base della richiesta di accesso, individuandole nell’esigenza di tutelare la propria sfera giuridico-professionale nei confronti del provvedimento lesivo di dismissione dall’organico CAN “A”. Ragioni, queste, che di certo, dimostrano l’esistenza di un interesse giuridico, diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente rilevante sia per l’ordinamento sportivo, sia per quello generale e collegata ai documenti per i quali è stato richiesto l’accesso. Peraltro, sotto siffatto profilo e proprio in considerazione del predetto nesso di collegamento, del tutto correttamente il Tribunale di prime cure ha limitato l’accesso alla sola documentazione relativa alla stagione sportiva 2017/2018.

Evidente, dunque, come la domanda di accesso non sia finalizzata ad un controllo generalizzato dell’attività dell’AIA, rappresentando, in generale, come nel caso di specie, uno strumento di protezione

di situazioni giuridiche determinate. Del pari evidente, per quanto sopra osservato, l’esigenza di dare prevalenza all'interesse pubblico, attuale e concreto, alla trasparenza dell'azione dell’A.I.A. di natura, nella fattispecie, sostanzialmente amministrativa, specie nel caso oggetto del presente giudizio, nell’ambito del quale la stessa reclamante Associazione non ha individuato, come sua facoltà ed onere, eventuali soggetti controinteressati da coinvolgere nel procedimento volto alla definizione della domanda di accesso.

Per questi motivi la C.F.A, respinge il ricorso come sopra proposto dall’Associazione Italiana Arbitri.

 

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