CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Consultiva- coni.it – atto non ufficiale – Parere n. 1/2020 del 02/03/2020 – (SU RICHIESTA FIS)
Parere n. 1
Anno 2020
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONE CONSULTIVA
Composta da
Virginia Zambrano - Presidente
Amalia Falcone - Relatrice
Barbara Agostinis
Giuseppe Albenzio
Pierpaolo Bagnasco Componenti
Ha pronunciato il seguente
PARERE N. 1/2020
Su richiesta di parere iscritta al R.G. pareri n. 4/2019, presentata, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del CONI e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, dal Segretario Generale del CONI, dott. Carlo Mornati, prot. n. CE130619154725200PU del 13 giugno 2019.
La Sezione
Visto il decreto di nomina del Presidente del Collegio di Garanzia, prot. n. 00012/14 del 17 settembre 2014;
vista la richiesta di parere n. 4/2019, presentata dal Segretario Generale del CONI, dott. Carlo Mornati, in data 13 giugno 2019 (prot. n. CE130619154725200PU), ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del CONI, e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, in seguito alla nota del 12 giugno 2019 della Federazione Italiana Scherma;
visto l’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, in base al quale alla Sezione Consultiva spetta, tra l’altro, l’adozione di pareri su richiesta del CONI;
visto l’art. 3, commi 2-4, del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport, che definisce la competenza della sezione consultiva dell’organo de quo;
esaminati gli atti e udita la relatrice, avv. Amalia Falcone, ha rilasciato il seguente parere:
Fatto
Il Procuratore Federale della Federazione Italiana Scherma - visto il disposto dell'art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva CONI e considerata la dovuta osservanza alle Linee Guida, emanate ai sensi del Codice della Giustizia Sportiva CONI, ha richiesto, tramite il Segretario Generale CONI, che la Sezione Consultiva del Collegio di Garanzia dello Sport fornisca parere motivato, ai sensi del comma 5, dell'art. 12 bis dello Statuto del CONI, al fine di chiarire se nell’attuale sistema della Giustizia Sportiva i termini nella fase delle indagini preliminari, nonché il termine di cui all'art. 82, comma 4, secondo periodo1, del Codice di Giustizia Sportiva FIS sopra riportato, siano da considerarsi ordinatori oppure perentori. Tanto al fine esclusivo di garantire una uniforme applicazione del diritto sportivo.
Ritiene il Procuratore Federale che, specificamente, con nota del 20 aprile 2017, prot. n. 2433, la Procura Generale dello Sport, richiamando la decisione n. 25/2017 delle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport, avrebbe chiarito che, ferma la necessità di procedere speditamente all'esercizio dell'azione disciplinare, ''I termini nella fase delle indagini preliminari, introdotti dal recente adeguamento normativo dei Regolamenti di Giustizia, sono da considerarsi ordinatori e non perentori". Secondo la Procura FIS, oltre a non essere aderente alla disciplina federale, che non assegna natura perentoria a tale termine, il decisum dalla Corte Federale d’Appello dell’11 marzo 2019, n. 32, da cui muove il quesito interpretativo richiesto, appare in contrasto con le stesse linee guida emanate dalla Procura Generale dello Sport, ex art. 51, comma 5, del Codice della Giustizia Sportiva.
Diritto
Nel sistema normativo, il termine, pur nella sua fisionomia complessa di un istituto appositamente regolamentato nelle molteplici fattispecie cui inerisce, appare tuttora privo di un preciso inquadramento dogmatico, rimanendo generalmente collegato, nella scia del corrispondente istituto di diritto comune, al fatto o, più in particolare, all’atto a sé considerato o ad una pluralità di attività, siano queste o no ordinate in una successione procedimentale, o al processo3. L’analisi strutturale e funzionale del termine appartiene alla teoria generale, nell’ambito della quale un rilevante contributo è stato offerto dalla sistemazione del fattore temporale nello schema procedimentale che, mediante il suo riferimento ad attività e ad atti di svolgimento del potere giuridico, non manca di esaltare la stretta ed inseparabile relazione del termine con l’interesse oggetto o punto di riferimento della tutela giuridica.
Il diverso ruolo del termine nella sua relazione con l’atto o col rapporto, o con le attività considerate nella sequenza procedimentale, infatti, genera la fondamentale distinzione in dilatorio, perentorio ed ordinatorio o comminatorio4. Dal canto suo, il disposto dell’art. 152, secondo comma, c.p.c., stabilisce che tutti i termini sono ordinatori, a meno che non sia la legge stessa a dichiararli espressamente perentori.
I termini ordinatori si differenziano dai termini perentori, perché questi ultimi - a differenza dei primi - sono stabiliti dalla legge a pena di decadenza, nel senso che il decorso del tempo preclude o pone fine all’esercizio di un potere (o facoltà), determinando l’inefficacia del suo esercizio oltre un certo momento del tempo: il potere esercitato si considera addirittura inutiliter dato5. Perentorio (da perimere) suggerisce l’idea della preclusione, della cessazione della possibilità di azione, e per l’uso fattone dal legislatore sta ad indicare che il decorso del tempo dà luogo ad una decadenza assoluta, che opera ipso iure6. L’effetto tipico della perentorietà del termine si afferma con la formula della decadenza, che riguarda l’esercizio del potere esprimendone l’inefficacia oltre il termine stabilito e, quindi, denotando la nullità dell’atto (mediante il quale il potere si esercita) per il suo compimento tardivo. Dal canto suo, il termine ordinatorio, pur esprimendo una propria efficacia, opera in diversa direzione, nel senso che il suo spirare, lungi dall’impedire il compimento dell’atto, provoca conseguenze diverse “determinate caso per caso dalla legge”7. Il che val quanto dire che il termine ordinatorio, pur non causando l’invalidità dell’atto compiuto dopo il suo spirare, degli effetti, comunque, produce; effetti che, però, possono essere apprezzati solo in conseguenza del verificarsi di una successiva situazione, potendo acquisire un rilievo “sanzionatorio”, per dir così indiretto, ma da apprezzare di volta in volta. In questo senso si spiega anche l’autonoma rilevanza della ordinarietà del termine, giacchè, se si dovesse ritenere che lo spirare del termine dilatorio non incide sulla possibilità di compiere l’atto, si approderebbe ad una sostanziale “inutilità” della categoria. Cosa che non è.
Vieppiù, se si considera che un’ulteriore distinzione fra i due termini (ordinatorio e perentorio) si individua nella prorogabilità dei termini ordinatori, che invece è tassativamente esclusa per i termini perentori, appare evidente che la proroga presupponga necessariamente un termine posto come limite allo svolgimento di un’attività o all’esercizio di un potere, la cui inosservanza, se non fosse produttiva di conseguenze giuridiche, non giustificherebbe in alcun modo l’applicabilità dell’istituto della proroga, che serve a consentire il compimento di dati atti, nella permanenza del termine originario e nella prospettiva di non far valere, subordinatamente all’osservanza del secondo termine, facoltà o azioni nascenti dalla scadenza del primo8. Al riguardo, secondo Cass., S.U., n. 20604/2008, va “ribadito il principio per cui la differenza tra termini “ ordinat or i ” e termini “ per ent ori ” risiede nella prorogabilità o meno dei primi, perché mentre i termini perentori non possono in alcun caso “essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti” (art. 153 c.p.c.), in relazione ai termini ordinatori è consentito, di contro, al giudice la loro abbreviazione o proroga, finanche d’ufficio, sempre però “prima della scadenza” (art. 154 c.p.c.). Pertanto, una volta scaduto il termine ordinatorio senza che sia stata richiesta e ottenuta una proroga si determinano, per il venir meno del potere di compiere l’atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio”.
Premesso, quindi, che la norma indica il termine processuale quale arco di tempo che la legge prevede per il compimento di un atto, essendo la funzione del termine, da un lato, quella di agevolare i soggetti processuali nel compimento degli atti offrendo un adeguato spazio di tempo e, dall'altro, di consentire una sufficiente concentrazione delle attività processuali al fine di un più ordinato e celere svolgimento del processo, occorre valutare se la nota del 20 aprile 2017 della Procura Generale dello Sport, richiamata dal Procuratore Federale FIS, sia correttamente applicabile al caso de quo.
Il Codice della Giustizia Sportiva del CONI, all’art. 44 - Azione del procuratore federale - che non contiene alcuna norma che determini i caratteri di perentorietà ai termini dell’azione disciplinare, recita che:“1. Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione, nelle forme e nei termini da queste previsti, quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione…2. ...3...4. Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato dell‘intendimento di procedere al deferimento e gli comunica gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per presentare una memoria ovvero, se questi non sia stato già audito, per chiedere di essere sentito. In caso di impedimento a comparire personalmente, l’interessato può presentare una memoria sostitutiva entro i due giorni successivi. Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l ’audizione o per la presentazione della memoria esercita l’a zi one disciplinar e formulando, nei casi previsti dallo Statuto o dalle norme federali, l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e al giudice e agli ulteriori soggetti eventualmente indicati dal regolamento di ciascuna Federazione...5...”
Il termine richiamato all’art. 44, CGS CONI, di trenta giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare, la cui decorrenza muove dalla scadenza di un ulteriore termine non precisato per l’audizione o per la presentazione della memoria, non può in alcun modo definirsi perentorio. In questo senso il Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, decisione 10 luglio 2017, n. 50, ha stabilito che “il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare di trenta giorni a far tempo dall’ultimo onere difensivo sostenibile dall’interessato non è perentorio. Deve pertanto escludersi, per il caso di infrazione, ogni conseguenza decadenziale sopra il potere del titolare dell’azione disciplinare”.
Appare necessario, quindi, il rinvio alle norme federali in tema di Giustizia Sportiva ed al Regolamento di Giustizia FIS9, e nello specifico all'art. 82, comma 4, che riproduce negli esatti termini il modello di Giustizia Sportiva CONI, per escludere la natura perentoria dei termini che disciplinano l' esercizio dell' azione disciplinare, non r avvisandosi l ’esplicita previsione di perentorietà all'interno dell'articolo in esame.
Tenuto conto dell'operatività delle norme generali del processo civile, per quanto compatibili, nel caso di dubbio interpretativo o vuoto normativo (ex art. 2 Cod. Giustizia Sportiva CONI), sembrerebbe del tutto conseguenziale concludere per il carattere ordinatorio del termine in discorso, ai sensi dell'art. 152, comma secondo, c.p.c. Né la natura perentoria potrebbe desumersi dalla considerazione dello scopo della norma di cui all'art. 82 Reg. Giustizia FIS, e tanto meno dagli effetti previsti per l'inutile decorso del termine.
In via generale, una siffatta posizione è in linea, altresì, con il disposto emesso dal Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, nella sua decisione del 7 aprile 2017, n. 25, alla quale, dunque, ben può farsi richiamo onde rispondere al quesito interpretativo in esame. Per i Giudici delle SS.UU. del Collegio di Garanzia dello Sport “l’art. 2, comma 6, CGS CONI prevede espressamente il rimando alle norme generali del processo civile, per quanto compatibili, in caso di dubbio o vuoto normativo con espresso riferimento all’art. 152, comma 2, c.p.c. che distingue le due tipologie di termini imposti dalla legge: ordinatori o perentori. I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente. I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”.
Le varie classificazioni dei termini riflettono il diverso ruolo del termine nella sua relazione con l’atto o col rapporto o con le attività considerate nella sequenza procedimentale. Ma tali classificazioni vanificherebbero l’intento sistematico, che pure dovrebbe informarle, se le loro finalità descrittive si disancorassero dalle impostazioni teoriche concernenti la struttura e la funzione del fattore temporale nel suo collegamento con gli interessi, in funzione della cui tutela giuridica il termine rileva e svolge variamente il suo ruolo.
Sull’assunto ora richiamato, la perentorietà del limite temporale in questione si porrebbe in contrasto anche con l’interesse dell’indagato a non essere condotto dinanzi ad un Giudice federale sulla base di un quadro probatorio sprovvisto di concreti elementi di fondatezza. In particolare, un termine estremamente rigido, soprattutto nel caso di procedimenti complessi che coinvolgono una pluralità di indagati, rischierebbe di comprimere eccessivamente le garanzie difensive dell’indagato che vedrebbe limitato il proprio diritto alla produzione e conseguente valutazione di memorie scritte o audizioni.
Sempre le Sezioni Unite richiamate individuano, di regola, ogni termine quale ordinatorio, a meno che la legge stessa non dichiari espressamente la sua perentorietà, che si traduce in cause di decadenza, inammissibilità o improcedibilità: “Lo stesso Codice di Giustizia Sportiva CONI, quando ha voluto individuare termini di valenza perentoria, lo ha fatto esplicitamente. A titolo esemplificativo, è opportuno richiamare l’art. 47, com. 3, CGS CONI, secondo cui “gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati” e l’art. 48, com. 2, CGS CONI il quale, in materia di applicazione di sanzioni su richiesta e senza incolpazione, stabilisce che “decorso tale termine, in assenza di osservazioni da parte del Presidente della Federazione, l’accordo acquista efficacia e comporta, in relazione ai fatti relativamente ai quali è stato convenuto, l’improponibilità assoluta della corrispondente azione disciplinare. Ancora, la natura perentoria del termine rischierebbe di compromettere il contemperamento delle esigenze di accertamento della responsabilità dell’indagato e di garanzia dell’indagato stesso dal resistere ad un processo manifestamente infondato. Tra le funzioni dell’ordinamento sportivo e, in particolare, dell’ordinamento federale, vi è l’esigenza di reprimere le condotte illecite attraverso l’azione dei propri organi inquirenti. Uno spazio temporale eccessivamente vincolante entro cui svolgere le proprie attività potrebbe creare una serie di difficoltà in capo al Procuratore Federale nel mettere insieme sufficienti elementi probatori che giustifichino la chiusura delle indagini ed il conseguente atto di deferimento dell’incolpato, specie in procedimenti dove il numero dei co- indagati è consistente”.
Non v’è dubbio, infatti, che le attività di indagine siano finalizzate alla ricerca delle prove a carico, ma anche a favore dell’indagato. Qualora risultasse, dagli esiti della fase istruttoria, la manifesta infondatezza della notizia di illecito, l’azione della Procura Federale si tradurrebbe nella decisione di archiviazione.
Il Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, anche di recente ha ribadito la medesima posizione circa la non perentorietà dei termini, ritenendo che comunque sussiste, in capo alla Procura Federale, un obbligo di avviare tempestivamente e portare celermente a compimento l’azione disciplinare non appena avuto notizia di fatti disciplinarmente rilevanti. Nella specie, il Collegio di Garanzia dello Sport ha ritenuto infondato il ricorso, in quanto non ha ravvisato alcuna violazione dei limiti temporali dettati dalla normativa federale per l’esercizio dell’azione disciplinare, attesa la natura non perentoria dei termini previsti dal CGS per lo svolgimento delle indagini e l’emanazione dell’atto di deferimento (v. Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., decisione 8 marzo 2018, n.11).
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, cui non sono estranee esigenze di sistematicità interpretativa degli orientamenti delle SS.UU. del Collegio di Garanzia dello Sport e delle posizioni della dottrina processualistica in tema, questo Collegio ritiene di poter concludere nel senso di negare la natura perentoria del termine di cui all’art. 82, comma 4, CGS FIS.
PQM
Si rilascia il presente parere.
Deciso nella camera di consiglio del 5 luglio 2019.
Il Presidente La Relatrice
F.to Virginia Zambrano F.to Amalia Falcone
Depositato in Roma, in data 2 marzo 2020.
Il Segretario
- to Alvio La Face
1 Art. 82 - Azione del procuratore federale
“4.Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l'azione disciplinare formulando, nei casi previsti dallo Statuto o dalle norme federali, l'incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all'incolpato e al giudice e agli ulteriori soggetti eventualmente indicati dal presente regolamento. Nell'atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, enunciate le norne che si assumono violate e indicate le fonti di prova acquisite, ed è formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare”.
- D. Grossi, Termine (dir. proc. civ.), in «Enc. del dir.», XLIV, 1992, pagg. 241 e segg.
- Di Luigi Paolo Comoglio - Claudio Consolo - Bruno Sassani - Romano Vaccarella (diretto da), Commentario del Codice di procedura civile. II - artt. 99-162, Utet giuridica, pp. 1010 ss.
- V.M. Trimarchi, op. cit., pag. 103
- “Accertata dunque, in accoglimento della doglianza mossa dai reclamanti, ed in ogni caso anche nell'esercizio dei poteri d'ufficio rimessi a questa Corte, l'estinzione dell'azione disciplinare ai sensi del combinato disposto degli artt. 82, comma 4, e 83 del Regolamento di Giustizia F.I.S., il medesimo effetto non può che estendersi all'intero procedimento disciplinare”.
- Sull’argomento, in generale, V.M. Trimarchi, Termine (diritto civile), in «Novissimo Digesto», XIX, 1973, pagg. 95 e segg.; A. Di Maio, Termine (dir. priv.); C. Talice, Termine (dir. amm.) e C. Glendi, Termine (dir. trib.), in «Enc. del dir.», XLIV, 1992, pagg. 187 e segg.
- M.S. Giannini, Diritto amministrativo, II, Giuffrè, Milano, 1970, pag. 921; N. Picardi, Per una sistemazione dei termini processuali, Jus, 1963, p. 217-218.
- M.S. Giannini, op. cit., pag. 921.
- Approvato con Delibera della Giunta Nazionale CONI n. 106 del 22/03/2016; aggiornato con le Delibere G.N. Coni n. 213 del 31/05/2017 e n. 313 del 16/07/2019 (con riferimento all’ art.12).