CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 16/2019 del 26 febbraio 2019 – Alessandro Ruggeri/Genius Management/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 16

 

Anno 2019

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

 

 

 

composta da

 

Mario Sanino - Presidente

Angelo Maietta - Relatore

Vito Branca

Angelo Canale 

Guido Cecinelli - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE 

 

Nel procedimento iscritto al R.G. ricorsi n. 47/2018, presentato, in data 3 luglio 2018, dal sig. Alessandro Ruggeri, in proprio e in qualità di legale rappresentante della Genius Management s.r.l., rappresentati e difesi dagli avv.ti Enzo Morelli e Gian Pietro Bianchi, 

 

avverso 

 

la decisione della Corte Federale d'Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 128/CFA del 4 giugno 2018, che, nel confermare la decisione della Commissione Procuratori Sportivi della FIGC, di cui al C.U. n. 10/PS del 27 febbraio u.s., ha respinto l'appello del ricorrente e, per l'effetto, ha confermato il provvedimento di diniego all'iscrizione nel Registro Procuratori Sportivi nei confronti del medesimo sig. Ruggeri.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 10 agosto 2018, il difensore delle parti ricorrenti - sig. Alessandro Ruggeri e Genius Management s.r.l. - avv. Gian Pietro Bianchi, nonché l’avv. Stefano La Porta, per la resistente FIGC;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, prof. avv. Angelo Maietta.

 

Ritenuto in fatto 

 

Con ricorso depositato il 3 luglio 2018, il sig. Alessandro Ruggeri, in proprio e in qualità di legale rappresentante della Genius Management S.r.l., ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport per ivi sentir dichiarare l’annullamento della decisione della Corte Federale d'Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 128/CFA del 4 giugno 2018, che, nel confermare la Delibera della Commissione Procuratori Sportivi della FIGC, di cui al C.U. n. 10/PS del 27 febbraio 2018, ha respinto l’appello del ricorrente e, per l’effetto, ha confermato il provvedimento di diniego all’iscrizione nel Registro Procuratori Sportivi nei confronti del medesimo sig. Ruggeri. La vicenda trae origine dalla situazione di incompatibilità ravvisata dalla Commissione Procuratori Sportivi tra la qualifica di Procuratore Sportivo e la titolarità di una parte delle quote societarie della società sportiva Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., in capo al ricorrente.

In particolare, con istanza trasmessa del 21 dicembre 2017, il sig. Alessandro Ruggeri chiedeva alla Commissione Procuratori Sportivi della Federazione Italiana Giuoco Calcio, per sé e per la società Genius Management, l’iscrizione al Registro dei Procuratori Sportivi istituito presso la Federazione. In quella sede, il sig. Ruggeri presentava una dichiarazione sottoscritta con cui segnalava[] di avere una indiretta partecipazione, complessivamente inferiore allo 0,5%, nella società sportiva professionistica Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A.”, “[…] in qualità di erede di Ivan Ruggeri (a cui è attribuita la quota residua dello 0,04% di Atalanta) e nella mia qualità di socio (al 35%) della società Ruggeri S.P.A. (a cui è attribuita la quota del 1,06 di Atalanta)”.

Lo stesso 21 dicembre 2017, il Segretario della Commissione Procuratori Sportivi respingeva l’istanza giacché non conforme con la specifica previsione regolamentare di cui all’art. 3.2. del vigente Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo. Avverso siffatto provvedimento negativo insorgeva il sig. Ruggeri il 10 gennaio 2018.

La Commissione Procuratori Sportivi della FIGC, con Delibera di cui al C.U. n. 10/PS del 27 febbraio 2018, così decideva:

Il provvedimento impugnato reca, invero, esplicito riferimento allart. 3.2. del Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo, con ciò addivenendo ad una motivazione autoesplicativa delle ravvisate ragioni impedienti liscrizione (che la predetta disposizione esplicitamente enumera), specie considerando la peculiarità della fattispecie scrutinata, che trae origine dalla affermazione da parte dello stesso istante Sig. Ruggeri della sussistenza di una partecipazione sociale nel capitale di società calcistica affiliata alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, appunto vietata (come meglio subito si spiegherà) proprio dalla richiamata disposizione regolamentare dellart. 3.2..

Ed invero, lart. 3.2. del Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo sancisce inequivocabilmente che “Non possono svolgere l’attività di Procuratore Sportivo i tesserati della FIGC, dirigenti, calciatori o tecnici, e comunque tutti coloro che ricoprano cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nellambito della FIGC o delle società ad essa affiliate. Lampiezza della nozione di “rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nellambito della FIGC o delle società ad essa affiliate” è, difatti, sufficiente di per sé ad attribuire alla acclarata titolarità in capo allistante di una partecipazione societaria in una società affiliata alla FIGC, ed a prescindere dalla entità della stessa, unefficacia insuperabilmente preclusiva dellaccesso dello stesso alla professione di Procuratore Sportivo. Né si può omettere di rilevare come leffetto impeditivo alliscrizione determinato dalla sussistenza di un rapporto di “qualsiasi altro genere nellambito della FIGC o delle società ad essa affiliate” non sia collegato dalla disposizione che viene in rilievo ad alcuna valutazione ulteriore rispetto al mero accertamento della sussistenza del predetto rapporto e che involga la natura di tale rapporto ovvero la connotazione dellinteresse ad esso sottostante.

Decidendo sul reclamo interposto, la Corte Federale di Appello, con decisione di cui al C.U. n. 128/CFA del 4 giugno 2018, quivi impugnato, lo rigettava.

Secondo la CFA, il provvedimento della Commissione Procuratori Sportivi ha motivato il rigetto del ricorso del sig. Ruggeri avverso il provvedimento di diniego all'iscrizione del Registro dei Procuratori Sportivi sulla base del dato letterale della norma contenuta nell'art. 3, comma 2, del relativo Regolamento, che, allo scopo di disciplinare la materia delle eventuali incompatibilità dei soggetti richiedenti, dispone chiaramente che: “Non possono svolgere l'attività di Procuratore Sportivo i tesserati della FIGC, dirigenti, calciatori o tecnici, e comunque tutti coloro che ricoprono cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell'ambito della FIGC o delle società ad essa affiliate.

In particolare, la Corte ha affermato: La Commissione ha, invero, ritenuto che nell'ambito dell'ampia nozione dei “rapporti” previsti dal citato art. 3 comma 2 rientri sicuramente anche la “titolarità in capo all'istante di una partecipazione societaria in una società affiliata alla FIGC, anche “a prescindere dalla entità della stessa, e senza alcuna possibilità di un “apprezzamento caso per caso dell'effettiva sussistenza di una situazione di conflitto d'interessi in capo al titolare della partecipazione societaria.

Avverso tale decisione, proponeva ricorso all’Intestato Collegio il sig. Alessandro Ruggeri, affidando il gravame a tre motivi che sostanzialmente censurano la decisione della CFA, adducendo l’omissione di motivazione e la sua contrarietà:

 1) ai “principi di proporzionalità, ragionevolezza che discendono dallart. 3 della Costituzione e dal diritto comunitario”.

In particolare, liter motivazionale della Corte sarebbe irragionevole e sproporzionato, atteso che la norma di cui trattasi pone in essere un automatismo legislativo che non ha permesso di tenere conto della peculiarità del caso concreto. La decisione, pertanto, violerebbe, da un lato, il principio di razionalità, intesa come principio di coerenza e di non contraddizione dell’ordinamento, mediante l’utilizzo del criterio del tertium in comparationis; e, dall’altro, il principio del necessario bilanciamento degli interessi attraverso il c.d. test di proporzionalità.

 2) Alle norme federali che disciplinano le partecipazioni federali. 

La decisione impugnata non terrebbe conto dell’art. 16 bis delle NOIF, a mente del quale: 

“1. Non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale. 2. Ai fini di cui al comma 1, un soggetto ha una posizione di controllo di una società o associazione sportiva quando allo stesso, ai suoi parenti o affini entro il quarto grado sono riconducibili, anche indirettamente, la maggioranza dei voti di organi decisionali ovvero uninfluenza dominante in ragione di partecipazioni particolarmente qualificate o di particolari vincoli contrattuali. 3. Linosservanza del divieto di cui al comma 1 costituisce illecito e comporta su deferimento della Procura Federale, lapplicazione delle sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva. Lavvio del procedimento disciplinare comporta la sospensione dei contributi federali, da revocarsi in caso di pronuncia definitiva, favorevole alle società. Permanendo linosservanza del divieto di cui al comma 1 alla scadenza del termine, annualmente fissato, per la presentazione della domanda di iscrizione al campionato, le società oggetto di controllo non sono ammesse al Campionato di competenza e decadono dai contributi federali. 4. Non si dà luogo alle sanzioni di cui al comma 3, qualora il controllo derivi da successione mortis causa a titolo universale o particolare, o da altri fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati. Qualora sopravvengano, per i suddetti motivi, situazioni tali da determinare in capo al medesimo soggetto situazioni di controllo diretto o indiretto in società della medesima categoria, i soggetti interessati dovranno darne immediata comunicazione alla FIGC e porvi termine entro i 30 giorni successivi.

3) Al Codice di comportamento sportivo del CONI (Consiglio Nazionale 30 ottobre 2012). 

La decisione della CFA non terrebbe conto di quanto statuito dal legislatore sportivo confederale in tema di conflitto di interessi (art. 10: Prevenzione dei conflitti di interessi: I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo sono tenuti a prevenire situazioni, anche solo apparenti, di conflitto con l'interesse sportivo, in cui vengano coinvolti interessi personali o di persone ad essi collegate. E' fatto divieto ai tesserati e agli altri soggetti dell'ordinamento sportivo di effettuare scommesse, direttamente o per interposta persona, aventi ad oggetto i risultati relativi a competizioni alle quali si partecipi o alle quali si abbia diretto interesse).

Vieppiù la norma di cui all’art 3.2. del Regolamento Procuratori è stata oggetto, altresì, di interpretazione da parte della stessa CFA, Sezione Consultiva, FIGC (CU n. 001/CFA 2016/2017), che non sarebbe stata tenuta in considerazione nella decisione quivi impugnata.

La decisione della CFA impugnata sarebbe, altresì, illegittima in ragione delle seguenti circostanze:

i) non effettua una valutazione comparativa con il modello delle altre Federazioni internazionali. Si porta quale esempio la FA inglese che prevede, quale elemento per ravvisare un conflitto di interessi, una partecipazione societaria superiore al 5% o comunque una situazione di fatto in grado di poter in concreto determinare uninfluenza sugli affari del club;

ii) non effettua un raffronto tra l’attuale formulazione dell’art. 3.2. del Regolamento e la precedente disciplina dellagente di calciatori.

Concludeva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. 

La FIGC si è ritualmente costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso ed affermando che la ratio dell’art. 3.2. del Regolamento Procuratori Sportivi, pur non menzionando esplicitamente l’incompatibilità tra la professione di procuratore e la disponibilità di partecipazione societarie, risulta essere una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto  storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito” (cit. Cass., 20261/2017).

Da ciò discende che la norma possa essere adatta alle peculiarità del caso di specie secondo l’apprezzamento del giudice di merito federale, senza che ciò possa comportare alcun automatismo legislativo.

Secondo la difesa della Federazione, la decisione impugnata risulta immune da vizi atteso che, trattandosi di soggetti per cui è particolarmente sentita l’esigenza di evitare condizionamenti personali che vadano ad interferire con le attivifederali, da una parte, la partecipazione societaria  potrebbe  minare  all’indipendenza  del  procuratore  e,  dallaltra,  poiché  ha  ben considerato la circostanza per la quale la partecipazione de qua potrebbe aumentare di valore attraverso le operazioni societarie dell’Atalanta, comporterebbe le medesime conseguenze. Conclude, pertanto, la Federazione, affinché il Collegio respinga il ricorso in quanto infondato. Alla luce delle richiamate argomentazioni in fatto è possibile svolgere le seguenti osservazioni in 

Diritto 

 

Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato. 

Giova premettere che la tipicità dei regolamenti e, più in generale, degli atti compiuti dal legislatore federale aventi contenuto normativo non consentono, salvo i casi in cui la norma sia incomprensibile o comunque poco chiara, interpretazioni diverse del canone in claris non fit interpretatio; nella vicenda oggetto di scrutinio alcuna diversa intenzione o interpretazione può essere data al regolamento dei procuratori sportivi, che, nello stabilire le situazioni di incompatibilità con lo svolgimento della predetta professione, utilizza una espressione amplissima, ma altrettanto chiara, laddove afferma che il divieto si applica “…a tutti coloro che ricoprono cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell'ambito della FIGC o delle società ad essa affiliate. Il tema non è tanto quello, come pur utilizzato pro se dalla FIGC, della elasticizzazione della norma come clausola generale, quanto piuttosto chiarire il significato del sintagma cariche o rapporti professionali o di qualsiasi altro genereutilizzato dal legislatore federale e, soprattutto, capirne la ratio.

Lart. 2247 del codice civile (che trova ingresso processuale nel processo sportivo in forza del rinvio esterno contenuto nell’art. 2, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI), nel disciplinare il contratto di società, afferma che esso si ha quando due o più persone conferiscono beni o servizi per lesercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”; partendo da questo assunto, non può avere pregio la tesi del ricorrente secondo cui la sua partecipazione minima (0,5%), peraltro ereditata (sul punto non può sottacersi come l’eredità ben può essere rinunciata e rimuovere l’ostacolo normativo di settore), non consentirebbe alcun controllo diretto o indiretto sulla società, per cui, ai sensi dell’art. 16 delle NOIF, a nulla inciderebbe la partecipazione detenuta sul divieto regolamentare anche in ragione della dichiarazione resa dal Ruggeri di non assumere affari che vedessero l’Atalanta come parte del contratto; e tanto perché non è il controllo societario che il Regolamento Procuratori Sportivi vuole evitare, ma la commistione di interessi ed è evidente che il socio di una società, per quanto stabilito dalla norma codicistica richiamata, abbia un interesse proprio da tutelare (quello della produzione degli utili) nella società medesima, a prescindere dalla quantità” di partecipazione detenuta. La locuzione “rapporti di qualsiasi altro genere” utilizzata dal Regolamento Procuratori Sportivi della FIGC attiene a situazioni di fatto e di diritto che nel caso che ci occupa sono evidentissime, per la qual cosa non può argomentarsi in senso contrario richiamando teorie di quantità o di controllo, perché il punto di partenza non è il controllo della società, ma l’interesse del socio privato nella società che ne determina il conflitto; non la gestione, ma la relazione. D’altra parte, laddove il Ruggeri avesse realmente voluto esercitare la professione di procuratore sportivo, avrebbe potuto dismettere la quota o cedendola o rinunciando alla eredità della stessa o stipulando un patto di famiglia ex art. 768 bis c.c.; la circostanza che tali atti concludenti non sono stati compiuti rafforza l’idea dellinteresse alla detenzione della stessa per finaliimprenditoriali che, si badi, sono assolutamente legittime e tutelate e tutelabili, ma che confliggono con commistioni di altra natura di cui il legislatore federale si è fatto carico di disciplinare.

Il ricorso, va pertanto, rigettato e, nel rispetto del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato alla refusione di esse nei termini di cui in dispositivo. 

 

P.Q.M.

 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione 

 

Respinge il ricorso.

 

Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 2.500,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC. 

 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. 

 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 10 agosto 2018.

 

 

Il Presidente                                                                 Il Relatore

F.to Mario Sanino                                                         F.to Angelo Maietta 

 

 

Depositato in Roma, in data 26 febbraio 2019.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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