CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 37/2019 del 16 maggio 2019 – Pallacanestro Olimpia Milano s.s.r.l./Federazione Italiana Pallacanestro/Pistoia Basket 2000 s.r.l.
Decisione n. 37
Anno 2019
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Vito Branca - Presidente e Relatore
Angelo Canale
Marcello de Luca Tamajo
Angelo Maietta
Giuseppe Musacchio - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel procedimento iscritto al R.G. ricorsi n. 30/2019, presentato, in data 11 aprile 2019, dalla società Pallacanestro Olimpia Milano s.s.r.l. (A/X Armani Exchange Milano), rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Cassì,
contro
la Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), rappresentata e difesa dall’avv. prof. Guido Valori e dall’avv. Paola Maria Angela Vaccaro,
nonché contro
la società Pistoia Basket 2000 s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Allegro,
per la riforma e/o l'annullamento
della decisione della Corte Sportiva d'Appello della Federazione Italiana Pallacanestro, di cui al C.U. n. 1411 del 21 marzo 2019 CSA n. 18, che, nel respingere il reclamo proposto dalla Società ricorrente contro il provvedimento del Giudice Sportivo Nazionale di Serie A n. 22 del 5 febbraio 2019 (C.U. Omologazione e provvedimenti gare n. 1251 del 5 febbraio 2019 GSN n.131), ha omologato la gara n. 137 del Campionato di Serie A maschile Oriora Pistoia - Pallacanestro Olimpia Milano, del 4 febbraio 2019, con il risultato di 20-0 in luogo del risultato conquistato sul campo.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 7 maggio 2019, il difensore della parte ricorrente - Pallacanestro Olimpia Milano s.s.r.l. (A/X Armani Exchange Milano) - avv. Enrico Cassì, l’avv. prof. Guido Valori e l’avv. Paola Maria Angela Vaccaro, per la resistente FIP, l’avv. Giovanni Allegro, per la resistente Pistoia Basket 2000 s.r.l., nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, e il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, avv. Vito Branca.
Ritenuto in fatto
La vicenda portata alla cognizione del Collegio trae origine dalla gara disputata il 4 febbraio 2019 tra la ricorrente e la Oriora Pistoia, valevole per la Gara n. 137 – Campionato Serie A maschile 2018/2019, conclusasi con il punteggio di 81 a 91 per l’Olimpia Milano.
In sede di omologazione del risultato, il Giudice Sportivo Nazionale Serie A, per mezzo del C.U. n. 1251 del 5 febbraio 2019 GSN n. 131, omologava la menzionata gara con il risultato di 0-20 in luogo del risultato conquistato per la posizione irregolare dell’atleta Nunnaly James William, iscritto a referto e sceso in campo per l’Olimpia Milano, benché colpito da provvedimento di squalifica, residuo di una sanzione già irrogata all’atleta al termine della precedente esperienza italiana con l'Avellino (s.s. 2015/2016).
In particolare, il GSN in virtù dell’istanza presentata dalla società odierna resistente, pur dichiarata in quella sede inammissibile, visti gli artt. 49 R.E. Gare, 49 e 63 R.G. FIP, verificata la posizione irregolare dell’atleta derivante dalla sanzione di squalifica per una gara comminata con CU n. 453 del 10 novembre 2016 T.F. n. 47, nonché verificato che la sanzione dovesse essere scontata nella gara in parola, atteso che il tesseramento del giocatore era del 31 gennaio 2019, ne disponeva la sconfitta in via sanzionatoria.
Decidendo sul gravame interposto dall’odierna ricorrente, la Corte Sportiva d'Appello della Federazione Italiana Pallacanestro, con C.U. n. 1411 del 21 marzo 2019 CSA n. 18, quivi impugnato, lo respingeva.
Con il gravato provvedimento, la Corte, in via preliminare respingeva la censura volta alla declaratoria di illegittimità della procedura di omologazione della gara de qua, confermando la ritualità dell’operato d’ufficio del Giudice Sportivo, in virtù del disposto degli artt. 49, comma 6,
R.G. FIP e 52, comma 2, R.E. Gare, nonostante la eccepita tardività ed irritualità dell’“Istanza ex art. 92 R.G.” presentata dalla Pistoia Basket 2000 il 5 febbraio.
Su quest’ultima circostanza, infatti, con capo della decisione intitolato “Sulla presunta decadenza”, la CSA rilevava l’erroneità della censura della Olimpia Milano, per la quale la contestazione del risultato di gara avrebbe dovuto essere presentata mediante ricorso al termine della partita, da parte del capitano dell’Oriora Pistoia, a pena di decadenza ai sensi dell’art 94, comma II, R.G. FIP.
Sul punto i giudici endofederali di appello notavano come in realtà nella fattispecie non si trattasse di un’istanza avverso il risultato di gara, bensì di un’ipotesi di contestazione all’omologazione della gara in parola con il risultato di 0 a 20.
La Corte, inoltre, rigettava l’eccezione della prescrizione ivi sollevata dall’odierna ricorrente, facendo leva sul disposto di cui al comma VII dell’art. 63 R.G. FIP, che stabilisce come “la squalifica deve essere comunque scontata”; medesimo esito la Corte intendeva riservare alla spiegata eccezione circa la mancata comunicazione della squalifica del giocatore Nunnaly James William contenuta nell’allora CU n. 453 del 10 novembre 2016 T.F. n. 47.
Tale Decisione è stata, dunque, portata alla cognizione dell’odierno Collegio mediante il descritto ricorso.
In particolare la società Olimpia Milano ha eccepito: i) “le irritualità della procedura di omologa derivanti dalla istanza del Pistoia”; ii) “La violazione delle norme sulle competenze del Giudice Sportivo in sede di omologazione-gare”; iii) “La nullità della procedura infrafederale per violazione del contraddittorio e dei diritti di difesa per la distrazione di un documento risolutivo”;
iv) “La violazione o falsa applicazione delle norme sulla “posizione irregolare” degli atleti e sui poteri d’ufficio del Giudice Sportivo”; v) “La falsa applicazione, violazione di legge ed illogicità manifesta della Decisione di II grado afferente la legittimazione della istanza di Pistoia”; vi) “La falsa applicazione e violazione di legge sulla prescrizione della squalifica”; vii) “La violazione del contraddittorio e dei diritti di difesa, falsa applicazione e violazione di legge nella acquisizione e disamina del fascicolo disciplinare Nunnally del 2016”.
Ha concluso la ricorrente chiedendo al Collegio di annullare le decisioni dei giudici di primo e di secondo grado ut supra evidenziate e, per l’effetto, di revocare la omologazione con il risultato di 20-0 della gara n. 137 del Campionato di Serie A maschile della FIP, disponendo per la omologa della stessa con il risultato conseguito sul campo; ovvero, in subordine, di disporre l’annullamento della gara e la sua ripetizione; con vittoria di spese e competenze.
Si sono costituite in giudizio la FIP e la società Pistoia Basket 2000 s.r.l., concludendo per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso proposto dalla Pallacanestro Olimpia Milano s.s.r.l. non può trovare accoglimento attese l’inammissibilità e l’infondatezza dei motivi ivi formulati dalla società ricorrente. Preliminarmente all’esame delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio deve, tuttavia, affrontarsi l’eccezione di carenza di interesse ad agire in capo alla ricorrente, sollevata in sede di discussione dalla difesa della Federazione Italiana Pallacanestro, per effetto della ritenuta ininfluenza dell’emittenda pronuncia nei confronti della classifica finale della stagione regolare del campionato siccome già definita con la conferma del primo posto in classifica per la ricorrente medesima.
A detta eccezione ha replicato la difesa della società Pallacanestro Olimpia Milano, rilevando che l’interesse al ricorso è, invece, attuale e permanente essendo il punteggio di gara solo una limitata fattispecie del più ampio e generale interesse al valore dell’integrità sportiva vantato dalla ricorrente.
Siffatta questione deve, pertanto, essere risolta dal Collegio in via preliminare, avendo carattere assorbente rispetto alla decisione delle ulteriori questioni sottoposte dalle parti con le domande svolte in giudizio.
Ed in tale ottica il Collegio rileva che l’eccezione sollevata dalla Federazione resistente non può trovare accoglimento.
Il Collegio adito ritiene, infatti, di dover respingere detta eccezione anche alla stregua della replica fornita in udienza dalla società ricorrente, la quale ha posto l’accento su aspetti diversi ed ulteriori, rispetto alla mera incidenza della pronuncia sul gravame in relazione alla classifica finale, che il Collegio ritiene ugualmente rilevanti nell’ambito dell’interesse a ricorrere, quali la tutela dell’immagine, del prestigio e delle solide tradizioni sportive della società ricorrente, su cui indubbiamente ed oggettivamente ha influito, ed influisce, l’odierna vicenda.
Ritiene, pertanto, il Collegio che, prescindendo dall’effettiva incidenza sul punteggio in classifica e sulle relative posizioni, persista comunque in capo all’Olimpia Milano quell’interesse ad agire – rectius a ricorrere – nei termini e con le caratteristiche palesate in udienza dal difensore della ricorrente, che si traducono nell’attualità e concretezza dello stesso, requisiti, peraltro, delineati anche da recentissima giurisprudenza di legittimità: “l’interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice” (Cass. Civ., Sez. II, n. 2057 del 24 gennaio 2019).
Definita e risolta la superiore questione preliminare, seguendo l’ordine del gravame, osserva il Collegio.
Il primo motivo di ricorso, rubricato “III.1 Le irritualità della procedura di omologa derivanti dalla Istanza di Pistoia”, si appalesa inammissibile poiché proposto in violazione del disposto di cui agli artt. 12bis, comma secondo, dello Statuto CONI, e 54, primo comma, del Codice di Giustizia Sportiva.
Dette norme costituiscono un principio di intangibile valore ermeneutico in ordine al ruolo ed alla funzione dell’odierno Collegio, definito espressamente quale “organo di ultimo grado della giustizia sportiva” con un sindacato limitato esclusivamente alla legittimità del provvedimento oggetto d’impugnativa, in ragione dei motivi di ricorso proponibili, circoscritti dalle sopracitate disposizioni alla violazione di norme di diritto e/o all’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia, che abbia peraltro formato oggetto di disputa tra le parti.
Il dettato normativo di cui all’art. 54 cit. – che richiama pedissequamente il contenuto dell’art. 12bis dello Statuto del CONI - è indubbiamente chiarificatore anche con riferimento alla categoria dei provvedimenti impugnabili, ossia quelle decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale emesse dai relativi organi di giustizia, come per l’odierna fattispecie portata all’esame del Collegio, trattandosi della pronuncia della Corte Sportiva d’Appello del 21 marzo 2019, resa nel C.U. n. 1411 di pari data, con la quale è stato definito il procedimento intrapreso dalla stessa Olimpia Milano a mezzo reclamo avverso la decisione n. 22 emessa dal Giudice Sportivo in data 05 febbraio 2019 (C.U. n. 1251).
Il vizio di inammissibilità in cui è incorsa la società ricorrente afferisce, da un lato, nell’aver nuovamente impugnato il Provvedimento del Giudice Sportivo Nazionale del 05 febbraio 2019, sebbene ritualmente reclamato nei termini di legge innanzi alla Corte Sportiva d’Appello - dal cui giudizio è coperto - e, dall’altro, per aver proposto doglianze relative, appunto, a tale provvedimento, non impugnabile in sede di legittimità poiché reclamabile esclusivamente nell’ambito dei giudizi endofederali, come peraltro è accaduto, senza possibilità di specifico riesame.
Le superiori evidenze sono agevolmente riscontrabili nel ricorso proposto dalla Olimpia Milano giacchè la ricorrente ha chiesto l’annullamento “del provvedimento di Omologazione della gara
n. 137 del Campionato di Serie A maschile[…]che è stata assunta dalla Federazione Italiana Pallacanestro all’esito del doppio grado di giudizio[…]” (cfr. ricorso Olimpia, pag. 1-2). Al riguardo, prescindendo dalla genericità dell’espressione che, in verità, non consente l’esatta individuazione del provvedimento impugnato e superando, altresì, qualsivoglia schermo formalistico legato a tale individuazione, ciò che maggiormente interessa, e che, per l’effetto, determina l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, è la manifesta direzione del motivo medesimo siccome teso esclusivamente (ed illegittimamente) a censurare il provvedimento reso dal Giudice di prime cure.
Conferma ne è che - all’omessa individuazione delle norme di diritto ritenute violate e/o all’ulteriore omessa indicazione delle circostanze che renderebbero insufficiente la motivazione del provvedimento della Corte Sportiva d’Appello, vizi autonomamente idonei ad una declaratoria di inammissibilità del gravame – parte ricorrente ha utilizzato espressioni univocamente dirette a chiedere a codesto Collegio un illegittimo intervento sul provvedimento del GSN: “il provvedimento di omologa è viziato e rimane illegittimo” (cfr. ricorso Olimpia, pag. 15); ed ancora, a chiusura del primo motivo ed a conferma dell’erronea proposizione del gravame, si legge che “consegue la nullità insanabile della decisione che è stata poi assunta dal GSN, e quindi della omologazione della gara con il risultato di 20-0 in favore del Club di Pistoia” (cfr. ricorso Olimpia, pag. 16).
L’intento di parte ricorrente risulta quello di richiedere al Collegio un riesame del merito della vicenda occorsa, indubbiamente precluso al Giudice Sportivo di legittimità in ragione dei poteri e del ruolo conferitogli dalle norme di rito come, d’altronde, confermato da pacifica giurisprudenza di codesto Collegio adito.
Ed infatti, “in virtù del richiamo che l’art. 2, comma 6, CGS opera nei confronti delle norme generali del processo civile, questo Collegio non può non uniformarsi a quanto disposto dall’art. 360 c.p.c. che, nel disciplinare il ricorso ordinario dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione, predispone un mezzo di impugnazione a critica vincolata, in base alla quale i motivi del ricorso sono tassativamente elencati (cfr., ex multis, Collegio di Garanzia, S.S.U.U., decisione n. 61/2015). Ne consegue che un riesame della questione nel merito violerebbe l’ordine dei gradi di giustizia e oltrepasserebbe i poteri decisori dello stesso Collegio, per come espressamente previsti dall’art. 54, comma 1, CGS CONI” (Collegio di Garanzia CONI, SS.UU., n. 30 del 22 maggio 2018).
Parimenti l’odierno Collegio ha in altra decisione statuito che “un ricorso per motivi di legittimità non è configurato come altro grado di giudizio, nel quale possono essere ulteriormente valutate le istanze e le argomentazioni sviluppate dalle parti; ovvero come giudizio volto a sindacare le emergenze istruttorie acquisite nella fase di merito” (Collegio di Garanzia CONI, n. 69 del 12 ottobre 2018; conf. SS.UU., n. 63/2015); la medesima pronuncia afferma, inoltre, che, “attesa la già definita natura di giudice di legittimità del Collegio di Garanzia dello Sport, all’odierno Giudice non è, pertanto, consentita la <<nuova pronuncia sul fatto>> richiesta dal ricorrente, non essendo, in ogni caso, rinvenibile nella decisione impugnata profili di illegittimità rappresentati dalla adeguata incidenza causale di una manifesta negligenza di dati istruttori qualificanti imputabile al giudice di merito (Cass.Civ. n. 347 del 10/1/2014)” (Collegio di Garanzia CONI, n. 69/2018 cit.).
Orbene, alla stregua della esposta motivazione, il primo motivo di ricorso formulato dalla Pallacanestro Olimpia Milano è inammissibile e deve essere coerentemente ed integralmente rigettato.
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Con il secondo motivo di ricorso, la Pallacanestro Olimpia Milano ha censurato la ritenuta violazione delle norme sulla competenza del Giudice Sportivo in sede di omologazione delle gare, con riferimento al disposto di cui all’art. 88 del Regolamento di Giustizia FIP, adducendo che il Giudice Sportivo e la Corte d’Appello avrebbero dovuto attenersi al disposto del primo comma della citata norma, la quale circoscriverebbe i poteri dell’Organo giudicante ad una funzione “di natura rigorosamente ed esclusivamente <<notarile>>, o <<tecnico amministrativa>>” (cfr. ricorso Olimpia, pag. 17); in ragione di quanto sopra, sostiene la Società ricorrente che il Giudice Sportivo avrebbe dovuto attenersi esclusivamente alle risultanze del referto di gara o delle relazioni degli arbitri o del commissario di campo, i quali nulla avevano segnalato per ciò che concerne la posizione dell’atleta Nunnally.
Sempre con il secondo motivo, viene censurato un ulteriore asserito vizio “di natura documentale nel ragionamento della Corte”, concernente la documentazione posta a base della pronuncia del GSN, tardivamente acquisita a detta di parte ricorrente.
La doglianza è infondata ed in parte inammissibile.
Preliminarmente si deve nuovamente evidenziare come parte ricorrente formuli censure che hanno ugualmente ed indistintamente ad oggetto sia la pronuncia del GSN che il provvedimento della Corte di Appello, l’unico a poter essere impugnato nell’odierna sede di legittimità alla stregua del già citato disposto dell’art. 54 CGS.
Ciò premesso, il motivo è comunque infondato, atteso che la tesi di parte ricorrente risulta muovere da presupposti erronei ed incompleti, frutto di una non condivisibile interpretazione delle norme del diritto sportivo.
In argomento, appaiono invece condivisibili gli assunti della difesa della Federazione resistente nella propria memoria di costituzione, la quale ha posto l’accento sulla funzione del Giudice Sportivo, il quale, a mente dell’art. 74 del Regolamento di Giustizia FIP – e, prim’ancora, ai sensi dell’art. 3, comma primo, CGS – è un organo di giustizia sportiva presso la Federazione che esercita piene funzioni giurisdizionali, essendogli attribuita la soluzione delle questioni e la decisione di controversie sulle materie di cui all’art. 4, primo comma, lett. A) e B), nonché ai sensi del successivo comma secondo, per cui appare erronea la tesi di parte ricorrente che vorrebbe degradare le funzioni del Giudice Sportivo (art. 88, primo comma, Regolamento di Giustizia FIP) a quelle di un mero attestatore “notarile” di quanto riportato nel referto di gara. L’originaria inammissibilità dell’istanza proposta da Pistoia Basket non poteva determinare, infatti, la paralisi dei poteri d’ufficio del Giudice Sportivo, il quale, pur dovendo rilevare il vizio di natura prettamente procedurale che connotava l’istanza de qua, aveva comunque il dovere di tener conto di una circostanza che rilevava ai fini della gara, attivandosi di propria iniziativa – ex officio - nel riscontro documentale di quei fatti al fine di verificare la regolarità nello svolgimento della gara stessa ed il rispetto delle norme dell’ordinamento sportivo a tutela del superiore interesse generale alla piena regolarità delle competizioni sportive.
Il superiore principio, a cui la Corte Sportiva d’Appello si è correttamente adeguata nella pronuncia impugnata, è rinvenibile mediante un’interpretazione sistematica e coerente dell’art. 88, terzo comma, e 92 del Regolamento di Giustizia FIP, che consentono al Giudice di pronunciarsi – anche d’ufficio e senza alcuna limitazione probatoria di carattere documentale – sulla regolarità dello status e della posizione degli atleti, nonché, in senso ampio, su ogni fatto rilevante per l’ordinamento sportivo avvenuto in occasione della gara. E parimenti opera anche l’art. 52, comma secondo, del Regolamento Esecutivo Gare 2018/2019, il quale attribuisce all’organo federale l’accertamento, anche d’ufficio, di quelle circostanze che determinano la posizione irregolare di un’atleta, determinandone le relative sanzioni.
Detta posizione – che viene determinata dalla semplice iscrizione a referto dell’atleta stesso, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo - concerne, a mente del successivo terzo comma, anche la fattispecie di cui è causa sulla scorta del richiamo all’art. 49 del Regolamento Esecutivo Gare, il quale sancisce seccamente al n. 6 il divieto di iscrizione a referto di atleti sottoposti a provvedimenti di squalifica, quale – all’evidenza - il Nunnally.
Non si dimentichi che il primo tra i principi informatori del processo sportivo (art. 2, primo comma, CGS) stabilisce che “tutti i procedimenti di giustizia regolati dal Codice assicurano l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo e la piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati, degli affiliati e degli altri soggetti dal medesimo riconosciuti”: nello specifico, l’art. 49 del Regolamento di Giustizia FIP e l’art. 49, n. 6, del Regolamento Esecutivo Gare 2018/2019 (espressamente richiamati dal GSN nel provvedimento di omologa, poi confermato dalla Corte Sportiva d’Appello), in combinato disposto tra loro, dispongono la sanzione – rectius, la punizione sportiva - della perdita della gara per la Società che iscriva a referto un giocatore squalificato, quale era l’atleta Nunnally in virtù delle risultanze del casellario legittimamente acquisite dal Giudice Sportivo.
In ordine al punto III. 2b del ricorso presentato dalla Olimpia Milano (cfr. ricorso, pagg. 20-21), che si traduce in un irrituale “sub motivo”, l’odierno Collegio ne rileva l’inammissibilità poiché formulato in violazione dell’art. 54, primo comma, CGS.
Ed invero, il ricorrente ha omesso di rubricare tale sottomotivo – cennando esclusivamente ed apoditticamente ad un presunto “vizio di natura documentale” – e di incardinarlo all’interno delle categorie previste dal citato art. 54, primo comma, CGS, omettendo, altresì, di indicare le norme di diritto asseritamente violate laddove, a mente di un pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, “l’omessa indicazione delle norme di legge che si assumono violate e dei correlati motivi di censura, pur non integrando un requisito autonomo ed imprescindibile per l’ammissibilità del ricorso, costituisce, tuttavia, elemento imprescindibile e funzionale per chiarire il contenuto e l’ambito dell’impugnazione; che di conseguenza, la relativa omissione di tali elementi può comportare l’inammissibilità del ricorso per cassazione, qualora gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano, come nel caso di specie, di acclarare ed individuare l’esatto contenuto delle censure dedotte, delle norme e dei principi di diritto che si assumono violati” (Cass. Civ., Sez. Lav., Ord. n. 28023 del 02 novembre 2018; si veda anche Cass. Civ., n. 25044/2013).
Tale motivo di gravame è, in ogni caso, inammissibile poiché teso ad un riesame nel merito della controversia – precluso all’odierno Collegio, come già ampiamente riferito per ciò che concerne il primo motivo di ricorso – sulla scorta di un documento che non appare far parte del fascicolo relativo al provvedimento di omologazione, né in quello del giudizio innanzi al Giudice del reclamo, come provato dalla difesa della Federazione mediante la produzione in giudizio del fascicolo medesimo (cfr. all. nn. 1-2 memoria di costituzione FIP).
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Con il terzo motivo di ricorso, la Società Olimpia Milano ha dedotto la violazione del principio del contraddittorio e dei diritti di difesa, affermando che, a seguito della trasmissione del fascicolo dell’intero procedimento per effetto della pubblicazione della pronuncia della Corte Sportiva d’Appello, abbia appreso dell’esistenza di un documento - nello specifico, la visura anagrafica attestante la pendenza della squalifica del Nunnally - che non sarebbe stato messo a disposizione della difesa della ricorrente, poiché non contenuto negli atti del fascicolo relativo al provvedimento di omologazione, in precedenza trasmesso dalla Segreteria in vista del reclamo al provvedimento di omologazione del GSN della gara contro Pistoia.
Sostiene parte ricorrente il carattere decisivo di tale documento ai fini della decisione e delle concrete possibilità difensive in secondo grado, lese da tale omessa trasmissione ad opera della Segreteria.
La doglianza è infondata.
In primo luogo, in difetto di un’attestazione di conformità - ad opera del difensore della ricorrente dei documenti prodotti dalla ricorrente medesima (all. nn. 11-17) ai files digitali trasmessi dalla Segreteria, non è possibile procedere ad un esame della censura proposta dalla ricorrente che, peraltro, appare smentita sia dal contenuto dei cennati fascicoli prodotti dalla Federazione resistente, sia dall’elenco dei documenti trasmessi dalla Segreteria degli Organi di Giustizia FIP del 22 marzo 2019 (all. n. 15 al ricorso), da cui non è dato evincere la presenza del documento relativo all’anagrafica dell’atleta Nunnally del 06 febbraio 2019.
Tuttavia, qualora per mera ipotesi il contestato documento fosse stato presente nel fascicolo del provvedimento di omologazione del GSN, ma erroneamente pretermesso al difensore della ricorrente, tale supposto errore non appare lesivo del diritto di difesa della Olimpia Milano, poiché difetta il requisito della decisività, peraltro solo residualmente accennato dalla ricorrente in seno al terzo motivo.
Deve, infatti, considerarsi che la circostanza relativa alla pendenza della squalifica dell’atleta Nunnally, risultante “dalla lettura del casellario” (cfr. C.U. n. 1251 del 05 febbraio 2019) dell’atleta medesimo, prim’ancora che da qualunque estrazione anagrafica, non poteva che essere oggettivamente nota alla Olimpia Milano sulla scorta delle comunicazioni effettuate ai sensi delle norme sportive vigenti e l’eventuale (quanto ininfluente) omessa conoscenza del documento relativo all’anagrafica del giocatore non può mutare i termini della questione o incidere sul diritto di difesa dell’odierna ricorrente - esercitato mediante la proposizione del reclamo innanzi la Corte di Appello -, né in grado di violare alcun ulteriore principio del (giusto) processo sportivo.
Conferma ne è che, in ordine all’incidenza del documento del 06 febbraio 2019, la difesa della ricorrente si estrinseca in espressioni meramente evocative – facendo riferimento ad un “documento risolutivo che rimaneva fondamentale in relazione causa petendi ed alla intera materia del contendere…!” (cfr. ricorso, pag. 23) – dalle quali non è dato evincere, in modo chiaro, quale possa essere il reale vizio in cui sia incorso il Giudice d’Appello nella pronuncia gravata e/o la lesione subita dalla Olimpia Milano nella propria posizione processuale.
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L’esame del quarto motivo di ricorso è assorbito dalle valutazioni svolte in ordine al secondo, nel quale sono stati chiariti ambito e limiti dei poteri officiosi del Giudice Sportivo, ai sensi degli artt. 49, 88 e 92 Regolamento di Giustizia FIP, nonché 49 e 52 del Regolamento Esecutivo Gare 2018/2019, anche in ordine alla posizione irregolare di un atleta iscritto a referto gara, con relative sanzioni, correttamente e coerentemente applicate dal GSN e confermate dalla Corte Sportiva d’Appello in sede di reclamo.
Deve, quindi, pronunciarsene la conseguente infondatezza.
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Con il quinto motivo di ricorso, l’Olimpia Milano ha denunciato la “falsa applicazione, violazione di legge ed illogicità manifesta della Decisione di II° grado afferente la legittimazione della istanza di Pistoia”.
Il motivo è inammissibile, poiché posto in violazione dell’art. 54, primo comma, CGS. L’evidenziata inammissibilità discende dalla violazione, ad opera della Società ricorrente, del principio di “autosufficienza” del ricorso mutuato dall’art. 366 c.p.c., il quale impone al ricorrente medesimo la proposizione di un’impugnativa i cui motivi ex art. 360 c.p.c. siano chiaramente esposti in seno al ricorso ed oggettivamente incardinati all’interno delle predefinite categorie di legge, in una all’individuazione delle specifiche norme di diritto che si intendono violate mediante l’indicazione e deduzione dell’error in iudicando in cui sia eventualmente incorso il Giudice d’appello.
Il superiore principio di diritto è stato disatteso dalla società ricorrente nella formulazione del quinto motivo di ricorso laddove, all’omessa indicazione delle norme che si affermano violate dalla Corte d’Appello, si aggiunge la proposizione di doglianze estranee alle predefinite categorie di legge.
La rubricazione del motivo medesimo riporta, infatti, testualmente la “falsa applicazione” di legge, laddove l’art. 54, primo comma, del Codice di Giustizia Sportiva CONI non contempla quale motivo di ricorso la falsa applicazione di norme di diritto, bensì la sola violazione.
Il motivo di ricorso formulato dalla Olimpia Milano, in violazione del suddetto principio di autosufficienza, sembrerebbe evidenziare un asserito error in iudicando derivante da una non corretta applicazione di non meglio individuate norme di diritto sostanziale, sebbene, in seno al medesimo motivo, venga contestualmente e contraddittoriamente censurato un supposto - e differente - error in procedendo, ossia un vizio di attività frutto di un’errata applicazione di norme processuali ad opera della Corte d’Appello, la cui pronuncia, a detta della ricorrente, sarebbe affetta da “illogicità manifesta”.
Il giudizio di legittimità affidato all’odierno Collegio di Garanzia, in quanto giudizio a critica vincolata delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, esige, infatti, una precisa enunciazione dei motivi medesimi, che il vizio denunciato rientri nelle categorie previste dalle norme di legge, sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati (Cass. Civ., Sez. VI, ord. n. 19959 del 20 settembre 2014; v. anche Cass. Civ., Sez. V, n. 25332 del 28 novembre 2014).
In argomento si è, peraltro, già pronunciato l’odierno Collegio, avendo statuito che “circa la specificità dei motivi, invero, si richiede che questi esprimano, individuando le parti della sentenza impugnata che si intende censurare, le norme violate e in che modo, applicate correttamente, dette norme avrebbero dato luogo ad una diversa decisione” (CDG, Sez. I, n. 86/2017).
Sul punto deve, altresì, precisarsi che la motivazione illogica – comunque non sussistente nella fattispecie posta all’esame, in ragione del coerente e condivisibile passaggio motivazionale operato dal Giudice d’Appello, immune da vizi logici e/o giuridici - non è ricompresa tra i vizi denunciabili in sede di legittimità in ambito sportivo, in ragione del chiaro dettato dell’art. 54 già richiamato, il quale fa riferimento solo all’omessa o insufficiente motivazione.
Deve, peraltro, rammentarsi che “l’illogicità della motivazione, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (ai sensi del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134), è un vizio la cui sindacabilità in cassazione si è notevolmente attenuata” (cfr. Cass. Civ., Sez. III, n. 6119 del 14 marzo 2018), da ricomprendersi in seno al motivo di ricorso per Cassazione ex art. 360 n. 4, per nullità della sentenza o del procedimento (trattasi della violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c.), che residua oramai ai casi di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” (Cass. Civ., SS.UU., n. 8053 del 07 aprile 2014), non sussistente nella fattispecie portata all’esame dell’odierno Collegio, anche in ragione del carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva, ex art. 2, comma 6, CGS.
L’odierno Collegio si trova, pertanto, a dover esaminare un motivo di ricorso segnato da un’intrinseca ed insuperabile contraddittorietà e genericità che non consente, in alcun modo, di espletare quel sindacato sulla legittimità della pronuncia impugnata che è il fondamento del procedimento innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport.
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Il sesto motivo di ricorso, con il quale viene censurata dalla Società ricorrente la “falsa applicazione e violazione di legge sulla prescrizione della squalifica” (cfr. ricorso. pag. 29), è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Sull’inammissibilità si rinvia a quanto già esposto in ordine alla tassatività dei motivi di ricorso al presente Collegio, di cui all’art. 54 CGS, che non prevede la possibilità di ricorrere alla censura per falsa applicazione di norme di diritto.
E’ d’uopo rilevare che l’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., individua, comunque, quale motivo di ricorso per Cassazione la “violazione o falsa applicazione” di norme di diritto, e l’utilizzo della congiunzione disgiuntiva “o” non è casuale, essendo stata prevista dal legislatore al precipuo scopo di individuare due tipologie di vizi distinti giacchè connotati da differenti caratteristiche, seppur ricompresi all’interno di un'unica categoria. Ed infatti, il vizio di violazione di legge ricorre in ipotesi di erronea negazione o affermazione dell’esistenza di una norma, ovvero attribuzione ad essa di un significato non appropriato, laddove la differente figura della falsa applicazione attiene a casi di attribuzione della concreta fattispecie entro una norma non pertinente, ovvero alla errata deduzione dalla norma, sempre in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che contraddicano la sua corretta interpretazione (ex multis, Cass. Civ., n. 18782/2005).
Per quanto concerne la violazione dell’art. 63, n. 6, del Regolamento di Giustizia FIP, il Collegio ritiene di non rinvenire alcun errore nell’interpretazione della norma fornita dalla Corte d’Appello, la quale testualmente sancisce che “il tesserato è soggetto alla suddetta squalifica anche nel caso di cambiamento di Società e di campionato”, unitamente al successivo n. 7, norma di chiusura che stabilisce che la squalifica debba comunque essere scontata. I principi di effettività ed afflittività della sanzione sportiva – rinvenibili per quanto concerne la pallacanestro nel citato art. 63 -, pur non avendo ricevuto specifico inquadramento nel Codice di Giustizia Sportiva, assumono nei giudizi sportivi particolare importanza al fine di giungere all’eguaglianza di trattamento nei confronti di qualsivoglia tesserato o affiliato (cfr. Collegio di Garanzia CONI, dec. N. 14 del 18 maggio 2015; si veda anche in dottrina Codice di giustizia sportiva F.I.G.C., a cura di A. Blandini – P. Del Vecchio – A. Lepore – U. Maiello, Napoli, 2016, p. 324), affinché, anche in ossequio al principio di lealtà sportiva, nessuno possa giovarsi del trasferimento in altro campionato estero al fine di far decadere o ottenere una presunta prescrizione della sanzione, aggirando illegittimamente la norma di carattere sanzionatorio.
Ed il superiore principio è stato, altresì, rilevato anche nella giurisprudenza del Collegio adito con la pronuncia n. 35/2017, pur se riferita a fattispecie relativa alla squalifica di un atleta di calcio a 5 ereditata dal campionato under 21, con la quale si è stabilito che la sanzione non era caducata, ma andava invero scontata dall’atleta nelle gare ufficiali della prima squadra, in ossequio all’analogo disposto dell’art. 22, sesto comma, CGS FIGC, norma di carattere speciale mirata, come il citato art. 63, nn. 6-7, Regolamento Giustizia FIP, al rispetto del principio di effettiva afflittività della sanzione sportiva.
Alla stregua di quanto rilevato, il sesto motivo deve, pertanto, essere ritenuto in parte inammissibile ed in parte infondato, sicchè deve essere integralmente rigettato.
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Con il settimo ed ultimo motivo di ricorso, la società ricorrente ha lamentato la “violazione del contraddittorio e dei diritti di difesa, falsa applicazione e violazione di legge nella acquisizione e disamina del fascicolo disciplinare Nunnally del 2016” (cfr. ricorso Olimpia, pagg. 32-33), sostenendo che la Corte Sportiva d’Appello, nel corso del procedimento di reclamo, avesse ritenuto di non voler disporre l’acquisizione nel corso dell’udienza del fascicolo relativo alla squalifica dell’atleta Nunnally (Decisione del Tribunale Federale n. 47, C.U. n. 453/2016), violando il principio del contraddittorio ed il diritto di difesa della ricorrente medesima.
Con lo stesso gravame, l’Olimpia Milano ha posto all’esame del Collegio adito anche la violazione ad opera del Giudice d’appello dell’art. 85, n. 3, del Regolamento di Giustizia FIP in materia di comunicazioni.
Anche detto gravame è in parte infondato ed in parte inammissibile.
In ordine alla presunta violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa della ricorrente, la censura si palesa infondata alla stregua dell’esame del fascicolo relativo al reclamo esperito innanzi alla Corte d’Appello. Invero, avverso la richiesta di acquisizione del fascicolo disciplinare dell’anno 2016 relativo alla posizione dell’atleta Nunnally – che non risulta essere stata formulata in seno alle conclusioni del reclamo proposto dalla Olimpia Milano, ma solo nel corpo dell’atto, cfr. reclamo pag. 7, e non reiterata nelle successive note difensive per l’udienza dell’08 febbraio 2019 – non risulta essere stato emesso dalla Corte Sportiva d’Appello alcun provvedimento di diniego, né l’esame del verbale della citata udienza dell’8 febbraio 2019 contiene una reiterata richiesta di acquisizione del suddetto fascicolo disciplinare.
Ma la pronuncia gravata richiama espressamente l’acquisizione della documentazione de qua (“acquisito il fascicolo C.U. n. 453 del 10.11.2016, T.F. n. 47”), sicchè appare destituito di fondamento l’assunto di parte ricorrente formulato nel settimo motivo e la ricostruzione dell’iter processuale ivi contenuta.
Per quanto concerne, infine, la censura relativa alla ritenuta violazione del citato art. 85, n. 3, l’odierno Collegio ritiene, invece, che il gravame sia inammissibile, poiché postula, in verità, un riesame del merito della fattispecie (“codesto Collegio di Garanzia potrà facilmente constatare infatti che tra le carte acquisite[…]v’è la comunicazione degli Organi di Giustizia del 29/11/2016 (ore 17,23)[…]che portava come unico allegato la Decisione del Tribunale Federale n.39 del 2016[…]”, cfr. ricorso Olimpia, pag. 35), su cui, peraltro, si è già espressa la Corte d’Appello con condivisibile motivazione immune da vizi logici e/o giuridici, in ordine alla pubblicazione ed alla rituale comunicazione del provvedimento di squalifica, in stretta osservanza al disposto di cui all’art. 85 cit.
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La particolare complessità delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio e la diffusa trattazione delle stesse ad opera delle parti inducono a disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Respinge il ricorso. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 7 maggio 2019.
Il Presidente e Relatore F.to Vito Branca
Depositato in Roma, in data 16 maggio 2019.
Il Segretario
to Alvio La Face