CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 04/2019 del 18 gennaio 2019 – Romolo Rizzoli/Federazione Italiana Bocce

Decisione n. 4

 

Anno 2019


  

IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE

 

 

composta da 

Dante DAlessio - Presidente

Alfredo Storto - Relatore

Giovanni Iannini

Laura Santoro 

Mario Stella Richter - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE 

 

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 97/2018, presentato, in data 14 novembre 2018, dal sig. Romolo Rizzoli, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Pennisi,

 

                                                                   avverso 

 

la decisione della Corte Federale d'Appello della Federazione Italiana Bocce (FIB) n. 5/2018, depositata il 15 ottobre 2018 e comunicata in pari data, con la quale, in parziale accoglimento del reclamo presentato dal medesimo ricorrente ed in parziale riforma della decisione di primo grado del Tribunale Federale FIB, è stata ridotta la sanzione allo stesso comminata nella misura di 4 mesi e quindici giorni di squalifica, con conseguente sospensione dal ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale per 13 mesi, per la violazione dell'art. 60, comma 2, lettera n), RGD e dell'art. 8, comma 1, del Codice di Comportamento  Sportivo del CONI, in combinato disposto dell'applicazione della circostanza attenuante ex art. 57, comma 2, lettera b), RGD.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza dell’11 dicembre 2018, il difensore della parte ricorrente - sig. Romolo Rizzoli - avv. Fabio Pennisi; l’avv. prof. Enrico Lubrano, per la resistente FIB, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Cons. Alfredo Storto.

 

Ritenuto in fatto 

 

  1. Con atto dell’11 maggio 2018, la Procura della Federazione Italiana Bocce (di seguito FIB) deferiva innanzi al Tribunale Federale Romolo Rizzoli, già presidente della FIB dal 1993 al 2017, per violazione degli articoli 1, 2, 7 e 8 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI, dell’art. 8 dello Statuto Federale e, infine, degli articoli 1 e 60, comma 2, lettere i) ed n), del Regolamento di Giustizia e Disciplina della FIB, censurando la condotta di questi ritenuta «non conforme ai principi sportivi di lealtà, probità, rettitudine e correttezza morale e materiale».

Il comportamento contestato al Rizzoli si sostanziava nella pubblica espressione - in una lettera del 16 febbraio 2018 tradotta in più lingue e in una memoria del 23 gennaio 2018, entrambe inviate con e-mail al Direttivo della Confederazione Boccistica Internazionale (CBI), ai Presidenti delle Federazioni nazionali a quella aderenti e ad alcuni consiglieri federali - di «giudizi e rilievi gravemente lesivi dellimmagine della Federazione e del suo Presidente Marco Giunio De Sanctis, nonché della reputazione e della dignità del medesimo».

In particolare, tali dichiarazioni - aggravate dall’aver commesso il fatto con violazione dei doveri derivanti dall’esercizio delle funzioni di Presidente della CBI, dall’aver inviato a una pluralità di soggetti e-mail contenenti dichiarazioni lesive della figura e dell’autorità degli organi e delle istituzioni federali, nonché dalla recidiva - avevano ad oggetto vicende della campagna elettorale per il rinnovo della Presidenza federale, risalenti al marzo 2017, e i successivi procedimenti disciplinari avviati anche contro il figlio dell’odierno ricorrente, Andrea Rizzoli, evidenziavano, ad avviso dell’Organo inquirente, «un contenuto ed un tenore di natura palesemente diffamatoria, riportando circostanze non corrispondenti al vero tramite una complessiva e strumentale ricostruzione dei fatti volta ad offendere e vilipendere il Presidente federale nonché la Federazione nel suo complesso arrecando loro un grave danno dimmagine nonché alla reputazione, divulgando altresì informazioni riservate relative al procedimento de quo prima che la sentenzfosse stata emessa e pubblicata».

    • Con sentenza depositata il 6 agosto 2018, il Tribunale Federale riteneva fondate le imputazioni contestate con le relative aggravanti e, riconosciuta l’equivalenza con la circostanza attenuante generica dell’aver agito «come reazione ad un comportamento ritenuto ingiusto o provocatorio (la missiva che lo riguardava)», irrogava all’incolpato la sanzione di sei mesi di squalifica, con conseguente sospensione da qualsiasi incarico dirigenziale per quindici mesi.
    • Con la sentenza n. 5 del 2018, la Corte Federale dAppello respingeva il reclamo proposto dal Procuratore Federale per l’aggravamento della sanzione irrogata mentre, in accoglimento parziale di quello articolato dal Rizzoli, la riduceva a quattro mesi e quindici giorni di squalifica, con sospensione da qualsiasi carica dirigenziale per tredici mesi.
  1. Questultima decisione è oggi impugnata innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport da Romolo Rizzoli, che ne ha chiesto l’annullamento previo accertamento dell’infondatezza delle accuse contestate e poste a fondamento delle decisioni di merito.
    • Effettuata una ricostruzione della vicenda giudiziaria e del contesto “elettorale” nel quale erano maturati i fatti contestatigli, in primo luogo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 21 Cost., dell’art. 2044 c.c., degli artt. 51 e 52 c.p., degli artt. 60, comma 2, lett. n), e 57, comma 2, lett. b), del Regolamento federale di Giustizia e Disciplina (RGD), nonché l’omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che ha formato oggetto di disputa tra le parti.

In particolare, ad avviso del Rizzoli, la Corte - pur avendo riconosciuto la portata ingiusta delle comunicazioni effettuate dal Presidente FIB, Marco Giunio De Santis, e dal Segretario Federale, Riccardo Milana, e alle quali l’incolpato, nel contesto di una contesa latu sensu politica, avrebbe risposto con le note poi censurate dalla Procura - avrebbe valutato, in violazione dell’art. 21 della Costituzione che tutela il diritto di critica e con motivazione apodittica e insufficiente, questa evenienza alla stregua di una mera circostanza attenuante (l’aver agito in stato d’ira), anziché come scriminante per l’esercizio di un diritto costituzionalmente tutelato.

Inoltre, le dichiarazioni scritte contestate al Rizzoli non avrebbero oggettivamente contenuto diffamatorio, proprio tenuto conto del contesto nel quale erano maturate e del mancato uso di espressioni volgari o sconvenienti, tantè che, solo attraverso articolati ragionamenti e collegamenti, la Corte dAppello sarebbe riuscita ad attribuire ad esse rilievo disciplinare.

    • Con riguardo alle affermazioni del Rizzoli, contenute in una delle due lettere inviate ai vertici boccistici nazionale e internazionale, concernenti la rilevanza di un patteggiamento sportivo” effettuato dal De Sanctis («nel corso del procedimento, il sig. De Sanctis patteggiava una pena di 45 giorni di sospensione, in tal modo ammettendo la propria responsabilità ed usufruendo di un consistente sconto della sanzione»), il ricorrente censura ulteriormente la pronuncia di secondo grado, lamentando la violazione di legge (e, in particolare, dell’articolo 39, comma 2, e dell’art. 60, comma 2, lettera n), del RGD) e l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia.

In particolare, la Corte dAppello - nell’attribuire a tale affermazione natura diffamatoria perché ricostruttiva di «una verità a suo [del Rizzoli] uso e consumo», cioè non corrispondente al quadro giuridico sportivo che consegnerebbe all’irrilevanza i motivi sottesi al patteggiamento - avrebbe omesso di considerare, benché la questione avesse costituito oggetto di un apposito motivo di reclamo, come la prima delle norme evocate, a differenza di quanto avviene nellordinamento statuale, annetterebbe invece rilievo nell’ordinamento sportivo alla sentenza di patteggiamento penale (cui pure questo Collegio di Garanzia avrebbe accostato quello sportivo col parere n. 5 del 2018) «quanto allaccertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dellaffermazione che limputato lo ha commesso», in tal modo conducendo all’incensurabilità della condotta dell’odierno ricorrente, posto che risulterebbe inammissibile che nello stesso ordinamento la medesima questione venga considerata in due modi opposti.

    • Col terzo motivo di ricorso, il Rizzoli lamenta che, nonostante avesse dedotto innanzi alla Corte d’Appello Federale che alcune delle espressioni valutate dal Giudice di primo grado a fondamento della diffamatorietà della sua condotta («clima che ad arte si stava creando ai danni di Rizzoli» e la definizione di «partigiana’ e non supportata da alcuna prova attendibile, anzi smentita dai fattila ricostruzione effettuata dalla Procura») non fossero state specificatamente contestate dalla Procura nell’atto di deferimento, il Giudice di seconde cure aveva respinto il motivo di reclamo, ritenendo che col deferimento fosse stato invece contestato il fatto che, nelle due lettere in esame, il Rizzoli aveva fornito «una ricostruzione complessiva volta a ledere ed offendere gravemente la reputazione, la credibilità e limmagine del Presidente De Sanctis e della Federazione attraverso una serie di dichiarazioni tra le quali (…)» e non anche singole frasi, la cui elencazione avrebbe assunto una valenza puramente esemplificativa e non esaustiva della condotta diffamatoria.

Ad avviso del ricorrente, tale motivazione non avrebbe tenuto nel debito conto la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. così realizzata.

Inoltre, le espressioni in questione neppure avrebbero portata denigratoria, risultando scriminate dall’esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero. In particolare: a) la prima delle frasi contestate sarebbe giustificata dall’ingiustizia, riconosciuta anche dalla sentenza oggi impugnata, delle lettere inviate dal Milana e dal De Sanctis i quali, affermando l’assenza del tesseramento del Rizzoli (smentita dalla decisione del Tribunale Federale), stavano agendo in ambito internazionale per farlo decadere dalla propria carica; b) la seconda, prendendo spunto dal ruolo di parte rivestitdalla Procura Federale, si sarebbe mossa nell’ambito del diritto di critica; c) entrambe, infine, non avrebbero varcato i limiti della verità, ancorché putativa, e della continenza espressiva.

    • Infine, il Rizzoli ha censurato la decisione di secondo grado per violazione degli articoli 2712 e 2719 del codice civile, nonché dell’articolo 214 del codice di procedura civile in relazione all’affermazione del ricorrente, valutata come diffamatoria, nella quale si evocava un colloquio, intercorso col De Sanctis il 27 novembre 2015 e registrato dal deducente, nel corso del quale quegli avrebbe offerto al Rizzoli un compenso annuo pari a quello di Presidente FIB (circa 36.000 euro) per ritirarsi dalla competizione elettorale.

In particolare, la Corte di Appello Federale avrebbe errato nel non accogliere il motivo di reclamo col quale il Rizzoli lamentava l’erroneità della pronuncia di prime cure nella parte in cui questa non aveva ammesso la prova, rilevante e decisiva, della registrazione, ritenendola oggetto di contestazione e, dunque, di disconoscimento, da parte della Procura al quale non era stato dato alcun seguito dal ricorrente. Infatti, per un verso, dal verbale di udienza del 10 luglio 2018 emergerebbe chiara l’immediata contestazione, da parte dell’avvocato difensore del Rizzoli, del disconoscimento opposto dalla Procura mentre, per altro verso, questultimo risulterebbe del tutto generico e privo dell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realfattuale e realtà riprodotta, cosicché in definitiva la prova della registrazione sarebbe invece sia ammissibile sia rilevante.

  1. Al ricorso ha replicato la Federazione Italiana Bocce che ne ha opposto l’infondatezza in fatto e in diritto.

In particolare, la deducente ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa di legittimiladdove - censurando l’erronea valutazione della Corte Federale dAppello del contenuto diffamatorio delle lettere in esame e dell’ammissibilità della prova della registrazione, la non corretta applicazione alla fattispecie di norme del RGD e la mancata contestazione da parte della Procura di circostanze valutate rilevanti dai Giudici federali - essa sarebbe volta a conseguire illegittimamente un giudizio di merito sulle predette questioni fattuali. Nondimeno, ad avviso della FIB sarebbe corretta ed esaustiva l’intera trama motivatoria esposta nella decisione impugnata, in particolare in ordine alla portata diffamatoria delle affermazioni del Rizzoli.

  1. All’esito di ampia discussione, cui hanno partecipato la Procura Generale dello Sport, la FIB e il Rizzoli, la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

Considerato in diritto

 

  • Quanto al profilo pregiudiziale sollevato dalla Federazione nel proprio atto di costituzione, occorre puntualizzare che nell’ordinamento sportivo il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport è consentito «esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti» (art. 12 bis, comma 2, dello Statuto del CONI e art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva).

Nella sostanza, quello innanzi al massimo Organo della giustizia sportiva è configurato come un giudizio di pura legittimità che, collocandosi a valle del doppio grado di merito, rimane estraneo ad ogni valutazione che si sostanzi in censure involgenti accertamenti di fatto. Il parametro di giudizio del Collegio è dunque costituito soltanto dalla violazione di legge e dal deficit motivatorio, riguardato dal punto di vista sia dell’omesso sviluppo logico-giuridico delle ragioni che sostengono la decisione, sia dellinsufficienza dello stesso in termini tali da comprendere la contraddittorietà intesa come una «incompatibililogica tra gli argomenti portati dal giudice di merito a sostegno delle sue conclusioni (…) ove la denunciata contraddittorietà non riguardi profili di semplice dettaglio, ma sia ravvisabile tra argomenti muniti di pari rilevanza» (così la decisione n. 44 del 2017 delle Sezioni Unite di questo Collegio).

Sulla falsariga del giudizio di cassazione, nelle formule recate dall’art. 360, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, come vigente fino alla prima modifica operata dal d.lgs. n. 40 del 2006, quello innanzi al Collegio di Garanzia, quanto alla motivazione, è quindi un giudizio incarnato da «un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto che, senza spingersi a verificare nel merito la ricostruzione stessa di questo, appartiene in quanto tale a pieno titolo al giudice di legittimità, tanto più che la motivazione dei provvedimenti rappresenta un aspetto di importanza fondamentale nellesercizio della giurisdizione» (in questi termini la decisione n. 63 del 2016 di questa Sezione).

Dalla natura del controllo giudiziale così delineata in sede di legittimità sportiva deriva la possibilità di verificare, nel caso della valutazione di dichiarazioni in tesi diffamatorie, i limiti del potere riservato al Collegio di Garanzia, attingendo alla consolidata elaborazione della giurisprudenza civile.

Questultima è attestata da tempo nell’idea che, in tema di diffamazione, «la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l'apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell'altrui reputazione, la valutazione dell'esistenza o meno dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità se sorretti da argomentata motivazione (tra le tante, Cass. 18/10/2005, n. 20138; Cass. 10/01/2012, n. 80; Cass. 21/05/2014, n. 11268; Cass. 27/07/2015, n. 15759; Cass. 30/05/2017, n. 13520). Il controllo affidato al giudice di legittimità è dunque limitato alla verifica dell'avvenuto esame, da parte del giudice del merito, della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell'interesse pubblico alla diffusione delle notizie, nonché al sindacato della congruità e logicità della motivazione, secondo la previsione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis. Resta invece del tutto estraneo al giudizio di legittimità l'accertamento relativo alla capacità diffamatoria delle espressioni in contestazione, non potendo la Corte di cassazione sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito in ordine a tale accertamento» (così, da ultimo, Cass. civ., Sez. 3, ord. 14 marzo 2018, n. 6133).

Facendo applicazione di questi principi al giudizio innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, emerge l’inammissibilità dei motivi dell’odierno ricorso nella parte in cui - censurando l’erronea valutazione effettuata dalla Corte Federale dAppello del contenuto diffamatorio delle dichiarazioni scritte del Rizzoli (ancorché tale contenuto diffamatorio non emerga dagli atti procedimentali) e il mancato rilievo dell’esimente del diritto di critica - in concreto predicano un accertamento di fatto, apprezzamenti e valutazioni riservati in quanto tali al giudice di merito.

  • Così delineata l’area di giudizio di questo Collegio, occorre tuttavia soffermarsi sui diversi (e ammissibili) motivi coi quali è stata invece dedotta la violazione di norme di diritto, ovvero è stata censurata la motivazione sotto i profili della congruità, della completezza e della logicità.
    • A tal proposito appare senzaltro fondato il terzo motivo prospettato in ricorso, col quale il ricorrente censura la decisione della Corte Federale dAppello nella parte in cui ha ritenuto che il deferimento operato dalla Procura Federale, investendo «la ricostruzione complessiva che si desume dalla lettura dei due comunicati [del Rizzoli] e non le singole frasi la cui elencazione è resa espressamente esemplificativa», comprendesse anche due specifici passaggi («clima che ad arte si stava creando ai danni di Rizzoli» e la definizione di «partigiana’ e non supportata da alcuna prova attendibile, anzi smentita dai fattila ricostruzione effettuata dalla Procura») utilizzati dal Tribunale Federale per diffusamente avvalorare, nella parte motiva, la portata diffamatoria degli scritti in esame.

Ora, se è vero che nell’atto di deferimento si ha riguardo ad «una ricostruzione complessiva volta a ledere ed offendere gravemente la reputazione, la credibilità e limmagine del Presidente De Sanctis e della Federazione attraverso una serie di dichiarazioni» (pagina 6), è pure vero che, per entrambi gli scritti presi in esame, la Procura Federale, proprio nel porre l’accento su alcune specifiche dichiarazioni («dichiarazioni tra le quali si evidenziano», a pagine 6 e 8), ha ictu oculi correttamente operato in maniera non esemplificativa, ma selettiva di quelle che, a suo avviso, assumerebbero valore diffamatorio. In altre parole, l’Organo inquirente ha evidenziato solo quellmanifestazioni del pensiero che sostengono il percorso argomentativo in punto di lesività della condotta contestata, puntualmente indicandone le tracce comunicative rilevanti.

Né sarebbe stato possibile fare diversamente, in ossequio al principio della massima determinazione del contenuto della contestazione disciplinare in funzione della garanzia del fondamentale principio del contraddittorio procedimentale che, per le implicazioni afflittive di quel particolare tipo, assume una valenza delicatissima e predica un rapporto quanto mai diretto con la norma fondamentale che l’art. 24 della Costituzione scolpisce a tutela del diritto di difesa.

Alla luce di queste premesse, la decisione sul punto della Corte Federale dAppello risulta immediatamente violativa della norma di diritto appena evocata, integrando per tale via un error in iudicando che, entrando con assoluto rilievo nel percorso logico argomentativo del giudice di merito, ne ha condizionato la decisione finale la quale, pertanto, va cassata affinché si proceda ad una nuova valutazione senza tenere in alcun conto le espressioni in questione.

    • Del pari fondato è il quarto motivo di ricorso, col quale il Rizzoli ha lamentato la violazione degli articoli 2712 e 2719 del codice civile e dell’articolo 214 del codice di procedura civile, avendo il giudice di secondo grado, rigettando uno specifico motivo di reclamo, erroneamente confermato la decisione del Tribunale Federale che aveva escluso la prova della registrazione, effettuata dal Rizzoli, di una sua conversazione avuta il 27 novembre 2015 col De Sanctis (e nel corso della quale questultimo avrebbe offerto all’odierno ricorrente un compenso annuo pari a quello spettante al Presidente Federale se questi si fosse ritirato dalla competizione elettorale) i cui contenuti, ove confermati in sede istruttoria, avrebbero invece assunto un valore di asseverazione in termini di verità fattuale di alcune delle affermazioni contestate al soggetto deferito.

In particolare, il Rizzoli censura la decisione di secondo grado nella parte in cui questa ha ritenuto non valutabile la predetta prova in quanto oggetto di contestazione da parte della Procura Federale.

Sul punto, anche alla stregua delle clausole generali contenute nell’articolo 2, commi 2 e 6, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI («2. Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo»; «6.Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilicon il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva»), sono senzaltro richiamabili nell’odierno processo le norme assunte dal ricorrente quale parametro di misura della violazione di principi e regole processuali generali in materia di ammissione della prova documentale.

Ciò posto, è chiara e consolidata la posizione della giurisprudenza civile nel senso che «la registrazione su nastro magnetico di una conversazione può costituire fonte di prova, ex art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa; il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali degli artt. 167 e 183 c.p.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta» (così, da ultimo, Cass., Sez. 3, ord. 19 gennaio 2018, n. 1250).

Ein sostanza evidente come il diritto vivente, in perfetta consonanza anche coi principi dell’ordinamento sportivo, metta in rapporto il disconoscimento dell’oggettivo valore probatorio della registrazione di una propria conversazione col rigoroso rispetto di un puntuale contraddittorio col soggetto realmente legittimato per controinteresse. Pertanto, il rilievo di asseverazione della predetta prova può essere vanificato nell’immediato (e salva una richiesta di verificazione) soltanto per mezzo di una contestazione fattualmente circostanziata e proveniente da colui contro il quale la prova è prodotta.

Nella specie, non può invece non notarsi (per quanto emerge dagli stralci di verbale riportati in ricorso) come la contestazione sia stata effettuata dalla Procura Federale, soggetto diverso da quello legittimato, comunque in modo labiale e senza l’allegazione di specifici elementi attestanti la non corrispondenza tra la realfattuale e quella riprodotta. Tali incontroversi dati di fatto avrebbero dunque dovuto indurre il giudice dappello ad accogliere il relativo motivo di reclamo, ammettendo la prova così richiesta e valutandone gli esiti, anziché respingere la richiesta del Rizzoli con decisione che, pertanto, oggi va cassata con riguardo al relativo capo, dovendo la Corte Federale dAppello procedere conseguenzialmente a rinnovare il relativo segmento processuale.

    • Va pure accolto il primo motivo di ricorso nella parte in cui si lamentano il carattere apparente e l’insufficienza della motivazione della sentenza dappello su un punto decisivo della controversia che ha formato oggetto di disputa tra le parti e, in particolare, di un motivo di reclamo col quale era stata censurata la decisione del Tribunale Federale per omesso «esame della contrapposizione politica del Rizzoli con lattuale dirigenza federale e del precedente invio da parte del Presidente De Sanctis e del segretario Milana di comunicazioni denigratorie agli organi internazionali» (così la decisione di secondo grado a pag. 5).

Infatti, ad avviso del ricorrente, la Corte, pur avendo ritenuto esaustivo l’esame effettuato dal Tribunale tanto del clima di contesa politica quanto degli scritti di De Sanctis e Milana, avrebbe poi apoditticamente concluso nel senso che «considerato il contenuto dei documenti e la portata dei destinatari non può non giungersi ad una decisione di colpevolezza e la condotta di De Sanctie Milana può essere, come è stata, valutata esclusivamente ai fini della attenuazione della misura della sanzione». In sostanza, sarebbe mancato ogni argomentare, ancorché perspicuo, in ordine alle ragioni per cui le circostanze di fatto ravvisate dal giudice di merito non abbiano indotto questi ad applicare la scriminante del diritto di critica in luogo della mera attenuante dell’aver agito in stato d’ira.

Il motivo coglie nel segno proprio laddove mette in luce la mancanza di una sequenza logico- argomentativa della pronuncia dappello la quale, valutando il punto decisivo della controversia sopra indicato, si è limitata ad affermare la correttezza del dictum di prime cure senza tuttavia offrire alcuna percepibile trama motivatoria che, all’esito dell’esame del motivo di reclamo, desse conto puntuale e completo delle ragioni di non condivisione dellimpugnativa.

Anche sotto tale profilo la decisione va dunque cassata, dovendo la Corte di merito procedere ad una nuova completa e specifica valutazione del punto in questione, anche alla luce del nuovo quadro processuale risultante dalla decisione di cui ai punti 2.2. e 2.3. che precedono.

    • Deve essere invece respinto il secondo motivo di ricorso col quale, lamentando la violazione di legge (e, in particolare, dell’articolo 39, comma 2, e dell’art. 60, comma 2, lettera n), del RGD) e lomessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, è censurata la pronuncia dappello nella parte in cui nega la rilevanza dei motivi sottesi ad un patteggiamento sportivo” effettuato dal De Sanctis in relazione ad affermazioni del Rizzoli sulla questione («nel corso del procedimento, il sig. De Sanctis patteggiava una pena di 45 giorni di sospensione, in tal modo ammettendo la propria responsabilità ed usufruendo di un consistente sconto della sanzione»), ritenute diffamatorie nell’atto di deferimento.

Sul punto sono, infatti, chiare le norme contenute nel Regolamento di Giustizia e Disciplina della FIB alla stregua delle quali davanti agli organi di giustizia sportiva la sola sentenza “penaleirrevocabile, ancorché di applicazione della pena su richiesta delle parti, «ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto allaccertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dellaffermazione che limputato lo ha commesso» (art. 39, commi 1 e 2).

Nessuna previsione è invece contenuta nell’articolo 28 del medesimo RGD il quale, pur dettando la compiuta disciplina in tema di «Applicazione consensuale di sanzioni a seguito di atto di deferimento» (il c.d. «patteggiamento sportivo», cui è riferita l’affermazione del Rizzoli), non attribuisce alcun rilievo probatorio all’accertamento del fatto contestato e al collegato riconoscimento della propria responsabilità da parte di chi abbia acconsentito all’applicazione di sanzioni sportive.

Tale conclusione, ancorché tratta dalla Corte di merito senza procedere ad una verifica in combinato tra le due norme appena esaminate, è il frutto di una motivazione giuridicamente plausibile ed esaustiva che, per tali ragioni, va esente dalle censure articolate sia con riferimento alla violazione di norme di diritto, sia con riguardo alle carenze motivazionali.

Né, per altro verso, risulta esser stato formulato, sia nei gradi di merito sia in fase di giudizio di legittimità, un motivo di ricorso che, attingendo al carattere squisitamente tecnico del distinguo tra patteggiamento penale e patteggiamento sportivo, metta in evidenza la conseguente possibile elisione del contenuto lesivo della dichiarazione del Rizzoli alla luce del fatto che questi non è un giurista e,  pertanto, non è in grado di percepire le differenti sfumature tra i due istituti in comparazione.

  • In definitiva, da tutto quanto fin qui considerato discende l’accoglimento del ricorso  col conseguente annullamento, nei limiti evidenziati, della decisione della Corte Federale dAppello la quale, sulla scorta dei principi e delle indicazioni contenuti in questa pronuncia, dovpronunciarsi nuovamente, rinnovando di conserva anche i propri accertamenti e le proprie valutazioni di fatto.
  • Quanto alle spese di lite - preso atto che la sentenza dappello si è limitata a disporre la restituzione del contributo versato dal Rizzoli e ferme le successive determinazioni da assumere all’esito del giudizio di rinvio - esse vanno oggi liquidate con esclusivo riguardo al procedimento svoltosi innanzi a questo Collegio,  alla luce della soccombenza e nella misura  indicata  in dispositivo.

  

P.Q.M. 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione

 

 Accoglie il ricorso. 

Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 1.500,00, oltre accessori di legge, a carico della resistente FIB. 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 11 dicembre 2018. 

 

Il Presidente                                                                          Il Relatore

F.to Dante D’Alessio                                                              F.to Alfredo Storto

 

Depositato in Roma, in data 18 gennaio 2019.

 

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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