CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 49/2019 del 24 giugno 2019 – Francesco Cutruzzulà/Federazione Pugilistica Italiana
Decisione n. 49
Anno 2019
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Alfredo Storto - Relatore
Guido Cecinelli
Giovanni Iannini
Laura Santoro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 35/2019, presentato, in data 23 aprile 2019, dal sig. Francesco Cutruzzulà, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carmine Fabio La Torre, Casimiro delli Falconi e Giorgio Romano,
contro
la Federazione Pugilistica Italiana (FPI), rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Massimo Coccia e Mario Vigna,
per la riforma
della decisione della Corte Federale d'Appello FPI n. 3/2019 del 25 marzo 2019, comunicata a mezzo PEC il successivo 26 marzo, che, nel respingere il reclamo del suddetto ricorrente, ha confermato la decisione n. 5/19 del TFN FPI (relativa al procedimento disciplinare n. 37/2018), la quale ha irrogato, a carico del medesimo sig. Cutruzzulà, la sanzione della sospensione di 120 giorni da ogni attività agonistica, sociale e federale oltre all'ammenda pari a 15 quote di tesseramento, per avere l'incolpato "organizzato, nelle date 7/8/9 settembre 2018 a Rossano, in qualità di Presidente dell'ANAP (Associazione Nazionale Allenatori Pugilato), associazione attualmente non riconosciuta dalla FPI, un corso di aggiornamento/formazione di pugilato, "stage di tecnica e tattica pugilistica", rivolto a giovani tecnici FPI, senza chiedere la preventiva autorizzazione alla FPI che ha la competenza esclusiva sulle attività inerenti la formazione dei tecnici di pugilato", oltre a non aver collaborato attivamente con la Procura Federale, in violazione dell’art. 1 dello Statuto Federale, degli artt. 1, 54 e 55 del Regolamento di Giustizia, degli artt.1, 2, 27 e 29 del Regolamento dei Tecnici sportivi.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 14 maggio, i difensori della parte ricorrente - sig. Francesco Cutruzzulà - avv.ti Carmine Fabio La Torre, Casimiro delli Falconi e Giorgio Romano; l’avv. Mario Vigna, per la resistente FPI, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Antonio Marino, per la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva CONI;
udito, nella successiva Camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, cons. Alfredo Storto.
Ritenuto in fatto
1. Con la decisione n. 5 del 9 gennaio 2019, il Tribunale della Federazione Pugilistica Italiana (“FPI”), assente l’incolpato all’udienza, ha definito il procedimento disciplinare n. 37/2018, irrogando nei confronti del tesserato Francesco Cutruzzulà la sanzione della sospensione di 120 giorni da ogni attività agonistica, sociale e federale, oltre all'ammenda pari a 15 quote di tesseramento.
In particolare, questi era ritenuto responsabile di aver organizzato, nelle date 7/8/9 settembre 2018 a Rossano (CS), in qualità di Presidente dell'ANAP (Associazione Nazionale Allenatori Pugilato), associazione attualmente non riconosciuta dalla FPI, un corso di aggiornamento/formazione di pugilato, "stage di tecnica e tattica pugilistica", rivolto a giovani tecnici FPI, senza chiedere la preventiva autorizzazione alla FPI, ritenuta competente in via esclusiva sulle attività inerenti la formazione dei tecnici di pugilato, oltre a non aver collaborato attivamente con la Procura Federale, in violazione dell’art. 1 dello Statuto Federale, degli artt. 1, 54 e 55 del Regolamento di Giustizia, degli artt.1, 2, 27 e 29 del Regolamento dei Tecnici sportivi.
1.1 La decisione è stata reclamata innanzi alla Corte Federale d’Appello dal Cutruzzulà, il quale ha dedotto: a) in via pregiudiziale, la violazione del contraddittorio procedimentale, per non aver mai ricevuto alcuna valida notificazione dell’incolpazione e dei successivi atti del procedimento, effettuata presso la sua casella di posta elettronica ordinaria (priva di ricevuta), invece che per posta elettronica certificata (PEC), come prescritto dall’art. 11 del Regolamento di giustizia sportiva della FPI (“RGS-FPI”) e dallo stesso Codice della giustizia sportiva del CONI (“CGS- CONI”); b) ancora in rito, il difetto di legittimazione attiva della FPI a interloquire in ordine ad eventi, come quello in esame allestito dall’Ente di promozione sportiva dello CSEN, organizzati da soggetto estraneo alla Federazione; c) nel merito, l’illegittimo frazionamento per duplicazione dell’azione disciplinare, esercitata dalla Procura federale in relazione ad un unico fatto rilevante, nonché l’insussistenza delle violazioni contestate.
La Corte, con la decisione n. 3/2019 del 25 marzo 2019 ha respinto il reclamo deducendo, con particolare riguardo alla forma delle notificazioni degli atti del procedimento, che l’art. 11, comma 2, RGS-FPI consentirebbe «la trasmissione degli atti di avvio del procedimento anche nella forma telematica ordinaria e comunque attraverso ogni altri mezzo utile al raggiungimento dello scopo» e, inoltre, che risulterebbe provata la consegna alla casella del destinatario, tramite ricevute telematiche regolari. Pertanto, facendo applicazione dell’art. 1335 c.c., la comunicazione ritualmente ricevuta presso la casella di posta ordinaria, indicata dal destinatario al momento del tesseramento, deve presumersi legalmente conosciuta fino a prova contraria che, nella specie, sarebbe mancata.
2. Quest’ultima decisione è oggi impugnata innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport dal Cutruzzulà, il quale ha articolato i seguenti tre motivi di ricorso.
2.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, del CGS-CONI, dell’art. 2, lettera f), e dell’art. 11, comma 3, del RGS-FPI, degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 101 c.p.c., dell’art. 6 del Codice dell’amministrazione digitale (“CAD”) in relazione all’art. 54, comma 1, del CGS-CONI.
In particolare, il ricorrente osserva come gli atti di avvio del procedimento in parola, in violazione del RGS-FPI, non sarebbero stati comunicati presso la propria società o associazione di appartenenza e, inoltre, che la comunicazione effettuata al solo tesserato presso la propria casella di posta elettronica ordinaria sarebbe in contrasto con l’art. 6 del CAD, che riconosce alla sola PEC il valore di domicilio digitale.
Tale disposizione, recepita nell’ordinamento sportivo dall’art. 11, comma 1, del CGS-CONI, ammetterebbe l’utilizzo di strumenti alternativi purché garantiscano il contraddittorio tra le parti mediante l’interscambio tra invio e consegna il quale, ove venga utilizzata l’e-mail ordinaria, è costituito dalla risposta che il ricevente trasmette al mittente. Non basterebbe invece al raggiungimento dello scopo la sola ricevuta che il server di posta (MAILER DAMON) genera in relazione al recapito del messaggio nella casella di p.e. ordinaria del destinatario.
Tenuto anche conto del fatto che tutti gli atti in questione sarebbero stati disconosciuti dal ricorrente e che, comunque, si invererebbe una falsa applicazione dell’art. 11, comma 3, del RGS- FPI, la palese violazione del contraddittorio avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di improcedibilità del deferimento, determinando quindi la nullità della sentenza di primo grado, anche alla luce dei principi somministrati in proposito da questa Sezione con la decisione 17 gennaio 2019, n. 2.
2.2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 27, 29 del Regolamento dei Tecnici sportivi FPI, in relazione agli artt. 101 TFUE e 54, comma 1, del CGS-CONI, laddove le norme in assunto violate sono state interpretate nel senso di prevedere l’esclusività della formazione sportiva pugilistica in capo alla FPI.
2.3. Omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che ha formato oggetto di disputa tra le parti, in relazione all’art. 54, comma 1, del CGS-CONI, in quanto la Corte Federale d’Appello avrebbe formato il proprio convincimento per adesione alla decisione di primo grado, senza tuttavia motivare in ordine alle risultanze delle prove fornite dall’incolpato che, in particolare, rifrangono sulla sussistenza dell’elemento psicologico della violazione contestata. In tal modo, la decisione resa all’esito del gravame avrebbe omesso di confrontare e poi giustificare gli esiti procedimentali alla luce dello standard probatorio sportivo che le Sezioni unite di questo Collegio (decisione 10 febbraio 2016, n. 6) individuano nella ricorrenza di indizi gravi, precisi e concordanti per acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla commissione dell’illecito.
2.4. Il ricorrente ha dunque concluso chiedendo, in via preliminare, di annullare la decisione d’appello in conseguenza dell’inammissibilità ovvero dell’improcedibilità del deferimento della Procura federale e, nel merito, revocare o annullare la sanzione irrogata per i motivi sopra indicati ordinati gradatamente tra loro.
3. Si è difesa con memoria scritta la Federazione Pugilistica Italiana, deducendo la complessiva infondatezza del ricorso e, in particolare, considerando, quanto al primo profilo di censura, che alla luce delle previsioni contenute nell’art. 11, commi 2 e 3, del RGS-FPI, era stata sufficiente la comunicazione degli atti procedimentali presso l’indirizzo di posta elettronica ordinario indicato dal Cutruzzulà sul modulo di tesseramento e che, comunque, anche ai sensi dell’art. 11, comma 2, del CGS-CONI, la prima comunicazione può essere effettuata in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo. A tal fine, basterebbe la certificazione, generata dal server informatico, dell’avvenuto ricevimento della comunicazione nella casella di p.e. ordinaria del destinatario, né diversamente troverebbe applicazione quanto stabilito da questa Sezione con la decisione 17 gennaio 2019, n. 2, con riguardo all’obbligo di effettuare le comunicazioni via p.e.c., in quanto quella pronuncia sarebbe interpretativa della norma del CGS-CONI che prevede tale adempimento per le comunicazioni agli affiliati e non anche, come nel caso di specie, ai tesserati.
3.1. In prossimità dell’udienza, entrambe le parti hanno ribadito le proprie posizioni con memorie ex art. 60, comma 4, del CGS-CONI.
4. All’esito di ampia discussione, cui hanno partecipato il ricorrente, la FPI e la Procura Generale dello Sport, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Considerato in diritto
- Viene in esame un caso nel quale è stato avviato e poi concluso un procedimento disciplinare a carico di un tesserato alla Federazione Pugilistica Italiana (FPI) mediante comunicazioni effettuate esclusivamente presso l’indirizzo di posta elettronica ordinaria di questi (e non anche presso la Società di appartenenza), senza l’utilizzo della posta elettronica certificata (PEC). L’incolpato non si costituito né e comparso durante tutto il procedimento disciplinare di primo grado, manifestando la propria presenza legale soltanto mediante l’interposizione del reclamo avverso la decisione a lui sfavorevole resa dal Tribunale federale.
- A tal proposito vengono in rilievo due complessi di norme.
In primo luogo, le norme federali contenute, per quanto qui interessa, nei primi tre commi dell’art. 11 del Regolamento di giustizia sportiva della FPI (rubricato “Comunicazioni”) alla stregua dei quali: «1. Tutti gli atti del procedimento e dei quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata (PEC). All’atto di tesseramento i tesserati eleggono domicilio presso la Società di appartenenza. Ad ogni società verrà associato un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) presso il quale sono inviati, ai fini dell’efficacia della comunicazione, anche gli atti del procedimento che coinvolge i propri tesserati. Nel corso del processo sportivo il giudice può invitare le parti a concordare forme semplificate di comunicazione (posta elettronica ordinaria con avviso di ricevimento) tra le stesse, anche mediante rinuncia ad avvalersi in ogni modo dei difetti di trasmissione, riproduzione o scambio. 2. Salvo quanto previsto dal successivo comma del presente articolo con riferimento agli atti di avvio dei procedimenti disciplinari, la comunicazione sarà effettuata presso il domicilio e/o la residenza indicata all’atto di tesseramento e/o affiliazione, ovvero presso il domicilio eletto, ovvero ancora presso la sede della Società dove si è tesserati, nonché presso altri riferimenti indicati all'atto del tesseramento; 3. Gli atti di avvio dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la sede della Società, Associazione o Ente di appartenenza dei soggetti che vi sono sottoposti; in caso di mancata consegna della comunicazione al tesserato, la Società è sanzionabile fino alla revoca dell’affiliazione. In ogni caso, la prima comunicazione può essere fatta in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo, ivi comprese quelle richiamate al comma precedente del presente articolo».
- Le norme in esame, evidentemente frutto di una stratificazione verificatasi nel tempo, procedono dal piano classificatorio che individua nella PEC la forma generale con la quale sono comunicati gli atti del procedimento sportivo e, a tal fine, dispongono l’associazione a ciascuna società di un indirizzo PEC cui inviare anche gli atti che riguardano i propri tesserati i quali, a tal fine, eleggono domicilio presso di essa all’atto del tesseramento (comma 1).
I successivi due commi regolano invece il procedimento disciplinare, dettando innanzitutto regole concorrenti relative al luogo in cui effettuare la comunicazione degli atti di avvio (comma 2: domicilio o residenza indicati al momento del tesseramento o domicilio eletto o ancora sede della società ove si è tesserato o altri riferimenti indicati al momento del tesseramento), con un evidente richiamo soprattutto a forme tradizionali di comunicazione, quale l’invio di raccomandata con ricevuta di ritorno che, tuttavia, non elidono l’obbligo di comunicazione alla PEC della società o associazione di riferimento.
Il comma 3, rispetto al quale il precedente alinea pone una riserva di specialità, ribadisce infatti che i medesimi atti di avvio dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la sede della società o associazione cui appartiene il tesserato la quale, in caso di mancata consegna a questi, è soggetta a sanzioni che possono spingersi fino alla revoca dell’affiliazione.
Solo in chiusura del comma viene prevista un’ulteriore norma formale che consente la notifica, ancorché della prima comunicazione, in qualunque modo idoneo al raggiungimento dello scopo, lasciando in definitiva aperto il duplice interrogativo (quantomeno per tutti i successivi atti del procedimento disciplinare che, nella specie, sono stati comunque comunicati per p.e. ordinaria soltanto al tesserato, con potenziale equivalente effetto di invalidamento degli esiti procedimentali) in ordine alla correttezza della forma, del destinatario e del luogo di comunicazione, nonché al concetto funzionale di idoneità.
- L’ermeneutica complessiva di queste disposizioni non può tuttavia che derivare dal raffronto con le equivalenti previsioni contenute nel Codice della giustizia sportiva del CONI (CGS-CONI), il quale, secondo quanto previsto dall’art. 64, commi 2 e 4, pone un obbligo di adeguamento ad esso degli Statuti e dei Regolamenti di giustizia federali, presidiato dalla sanzione, in caso di mancato adeguamento, della revocabilità delle pronunce endofederali rese in violazione dei principi inderogabili sull’ordinamento o sullo svolgimento del giudizio posti nelle fonti CONI. Tale principio si traduce dunque, in fase di impugnativa innanzi al Collegio di garanzia, nell’obbligo di uno scrutinio anticipato di conformità al CGS-CONI delle singole previsioni dei Regolamenti di giustizia endofederali di volta in volta in rilievo, dovendo in ultima analisi spiegarsi l’effetto conformativo del Codice nei termini di una precisa rima interpretativa, idonea a garantire a monte l’unità dell’intero sistema di Giustizia sportiva.
- Ai fini dell’odierno giudizio vengono allora in rilievo le previsioni di cui all’art. 11, commi 1 e 2, del CGS-CONI (pure recante la rubrica “Comunicazioni”), i quali prevedono che «1. Tutti gli atti del procedimento e dei quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata. Il Giudice può invitare le parti a concordare forme semplificate di comunicazione tra le stesse, anche mediante rinuncia ad avvalersi in ogni modo dei difetti di trasmissione, riproduzione o scambio. 2. Gli atti di avvio dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la sede della Società, Associazione o Ente di appartenenza dei soggetti che vi sono sottoposti; in caso di mancata consegna della comunicazione al tesserato, la Società, Associazione o Ente è sanzionabile fino alla revoca dell’affiliazione. In ogni caso, la prima comunicazione può essere fatta in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo». Queste ultime norme pongono dunque il principio generale per cui le comunicazioni degli atti del procedimento sportivo avvengono via PEC, forma idonea a fornire la certezza dell’acquisizione del documento alla sfera di conoscenza del destinatario, stabilendo poi che gli atti dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la società ovvero l’associazione di appartenenza del tesserato al quale esse devono consegnare la comunicazione.
La struttura della norma riflette in modo evidente il fatto che il rapporto del tesserato con la Federazione di appartenenza, fin dall’incombente del tesseramento, è mediato dal soggetto societario o associativo cui esso aderisce e che cura i rapporti con gli organi endofederali, compresi quelli di giustizia, secondo un principio di prossimità che, per quanto qui interessa, opera innanzitutto in funzione di garanzia della posizione del tesserato.
Tanto è nella specie attestato dalla scheda con la quale l’odierno ricorrente ha formulato istanza di rinnovamento del tesseramento per l’anno in questione tramite la “ASD Pugilistica Eagles” di Catanzaro la quale ultima, nella persona del proprio Presidente, ha altresì autorizzato l’invio della posta a mezzo e-mail o PEC, «ai fini dell’efficacia della notifica», delle comunicazioni di giustizia sportiva che coinvolgono i propri tesserati i quali, all’atto del tesseramento, eleggono a tal fine il proprio domicilio presso la PEC delle ASD/SSD di appartenenza.
In questo contesto, dunque, resta irrilevante il fatto che il tesserato abbia indicato nel modulo anche un proprio indirizzo di p.e. ordinaria, tenuto conto che le forme declinate ai fini dell’efficacia delle notifiche fanno riferimento, in conformità alle norme fin qui esaminate, alla necessaria mediazione dell’Associazione di riferimento investita delle comunicazioni presso la propria PEC.
- Da tanto si ricava, in termini di principio, che le comunicazioni di avvio dei procedimenti disciplinari vanno senz’altro effettuate presso la PEC delle ASD/SSD di appartenenza, incombente che nella specie non risulta essere stato assolto e che non può essere ritenuto pretermissibile alla stregua di quanto disposto dall’art. 11, comma 2, del RGS-FPI il quale, per quanto fin qui detto, non può avere valore abrogativo della regola generale posta dal CGS-CONI. Il valore specifico e prevalente di questa, infatti, attinge le ragioni fondative dal carattere afflittivo e particolarmente pervasivo che connota l’iter disciplinare il quale, proprio per le conseguenze vulnerative e potenzialmente esiziali della sfera sportiva del tesserato, eleva il rango delle garanzie, a partire da quella del contraddittorio procedimentale e della parità delle armi in generale, dal terreno della probabilità-sufficienza a quello della certezza dei rapporti e delle comunicazioni.
Pertanto, anche la clausola di chiusura che, vuoi nel sistema endofederale vuoi in quello CONI, prevede la regola per cui «in ogni caso, la prima comunicazione può essere fatta in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo», non va tenuta su un piano di minorità in punto di garanzia della certezza delle comunicazioni procedimentali, cosicché il raggiungimento dello scopo non può essere affidato alla mera comunicazione via p.e. ordinaria e al conseguente report informatico del raggiungimento della casella del destinatario, in assenza di una chiara verifica dell’acquisizione alla sfera di conoscenza di questi, ad esempio attraverso un’esplicita risposta per avvenuta lettura.
Di questa esigenza sembra peraltro essere avvertito lo stesso organo di giustizia endofederale laddove, ad esempio trasmettendo il deferimento della Procura federale per p.e. ordinaria al solo Cutruzzulà (cfr. mail dell’11 ottobre 2018), ha chiesto a questi, senza ricevere risposta, «conferma dell’avvenuta lettura della presente».
- Questi principi, per come rilevato anche dal ricorrente, avrebbero potuto in ogni caso essere ricavati già dalla decisione di questa Sezione 17 gennaio 2019, n. 2, la quale, ancorché in un caso di mancata notifica per p.e. ordinaria, invece che per PEC (in quel caso non acquisita dalla Federazione all’atto dell’affiliazione), all’associazione di appartenenza di atti preliminari del procedimento disciplinare a carico di un tesserato, ha scolpito analogo principio generale in punto certezza delle comunicazioni nel senso che, anche «in assenza di una PEC del destinatario la Federazione avrebbe quindi dovuto procedere con una modalità alternativa di notifica», quale, ad esempio, la consegna da parte dell’ufficiale giudiziario di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, secondo una regola cui, come abbiamo visto, allude anche l’art. 11, comma 2, del RGS-FPI allorché fa riferimento ai tradizionali concetti di residenza, domicilio e sede.
- La violazione delle norme evocate conduce dunque a ritenere sussistente la violazione dei principi del contraddittorio e di difesa che connotano in modo particolarmente intenso il procedimento disciplinare il quale, nella specie, non può che rimanerne affetto in termini di nullità degli atti e di conseguente travolgimento dell’intera azione disciplinare. Del resto non vi è alcuna certezza che il ricorrente abbia effettivamente avuto tempestiva conoscenza del procedimento disciplinare che lo riguardava.
- Accogliendo l’assorbente motivo in rito fin qui esaminato, va dunque pronunciato l’annullamento della decisione impugnata che, avendo interamente sostituito quella di primo grado, costituisce oggi l’unico titolo di condanna sportiva del ricorrente.
Va altresì ricordato che ogni ulteriore determinazione della Procura federale dovrà tener conto dei termini di prescrizione dell’azione disciplinare eventualmente fin qui maturati.
- Quanto alle spese di lite, alla luce della soccombenza esse vanno liquidate a carico della FPI e in favore del ricorrente nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Accoglie il ricorso e annulla la decisione impugnata.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 1.000,00, oltre accessori di legge, a carico della resistente Federazione Pugilistica Italiana.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 14 maggio 2019.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Alfredo Storto
Depositato in Roma, in data 24 giugno 2019.
Il Segretario
F.to Alvio La Face