CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 66/2019 del 6 agosto 2019 – Giuseppe Utili/Federazione Italiana Sport Equestri
Decisione n. 66
Anno 2019
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Laura Santoro - Relatrice
Giovanni Iannini
Mario Stella Richter
Alfredo Storto - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 40/2019, presentato, in data 3 maggio 2019, dal sig. Giuseppe Utili, rappresentato e difeso dall’avv. Cesare Di Cintio,
nei confronti
della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE),
e
della Procura Federale FISE, in persona del Procuratore Federale, avv. Anselmo Carlevaro e del Sostituto Procuratore, avv. Angelo Martucci,
per l’annullamento
della decisione della Corte Federale d’Appello della FISE R.G. 28/17, notificata in data 4 aprile 2019, con la quale, in parziale accoglimento del reclamo presentato dall’odierno ricorrente avverso la decisione di primo grado endofederale, è stata ridotta la sanzione, a suo carico, della sospensione dall’attività agonistica da anni due ad anni uno e l’ammenda da € 10.000,00 a € 5.000,00, per violazione dell’art. 1 del Regolamento di Giustizia FISE e dell’art. 2.5 del Regolamento EAD.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 25 giugno 2019, il difensore della parte ricorrente - sig. Giuseppe Utili - avv. Flavia Tortorella, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Cesare Di Cintio, nonché il Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Giontella, per la Procura Federale FISE e la Procura Generale dello Sport;
udita, nella successiva Camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, prof. Laura Santoro.
Ritenuto in fatto
Con atto di incolpazione del 25 ottobre 2017, il sig. Giuseppe Utili veniva deferito innanzi al Tribunale Federale per rispondere dell’illecito disciplinare di cui all’art. 1 del Regolamento di Giustizia della FISE, in relazione al fatto, che aveva portato al suo arresto, della detenzione di piante di cannabis nel maneggio di sua proprietà.
In data 29 novembre 2017, si svolgeva l’udienza innanzi al Tribunale Federale, il quale si riservava e, con provvedimento del 7 dicembre 2017, a scioglimento della riserva, decideva di estendere l’incolpazione anche all’illecito di cui all’art. 2.5 del Regolamento Anti-Doping Equini (EAD), onerando la Procura Federale di acquisire la consulenza tossicologica da parte dell’Autorità Giudiziaria nel processo penale pendente e sospendendo al contempo il procedimento sino al completamento di tale incombente istruttorio.
La Procura Federale, in data 10 aprile 2018, formulava richiesta in tal senso, che veniva rigettata in pari data dalla Procura della Repubblica di Lodi in quanto non proveniente dalla parte processuale.
Il sig. Utili, in data 17 gennaio 2019, provvedeva al deposito dell’accertamento tecnico eseguito dalla Legione Carabinieri Lombardia presso il Tribunale Federale, il quale dava poi incarico alla Commissione Scientifica Antidoping Cavalli FISE di verificare se le piante avessero raggiunto la capacità minima drogante per un cavallo.
La predetta Commissione, dopo aver precisato di non aver avuto modo di riunirsi, né di avviare uno studio necessario per approfondire la delicata tematica, concludeva tuttavia nel senso che i campioni analizzati “in base ai contenuti di TCH riscontrati (…) ben al di sopra di quelli massimi ammessi in Europa per la produzione di canapa destinata all’alimentazione animale (0,2%)” erano da ritenersi “non conformi alle normative emanate per tutelare la salute di un animale”. All’udienza del 28 gennaio 2019 il Tribunale Federale concedeva termini per deduzioni, rinviando l’udienza di discussione al 20 febbraio 2019.
La Procura Federale, con note autorizzate del 5 febbraio 2019, concludeva nel senso di ritenere che il sig. Utili avesse violato oltre che l’art. 1 R.G. FISE “anche l’art. 2 del medesimo Regolamento e l’art. 2.5 del Regolamento EAD”.
All’udienza del 20 febbraio 2019, assenti il deferito e il suo difensore per impossibilità comunicata con PEC del 18 febbraio 2019, la Procura Federale chiedeva l’applicazione della sanzione minima edittale di 2 anni di sospensione e l’ammenda non inferiore ad euro 10.000,00 ridotta della metà per la collaborazione prestata dal deferito.
Con sentenza pubblicata il 27 febbraio 2019, il sig. Utili veniva condannato dal Tribunale Federale alla sanzione di 2 anni di sospensione dall’attività agonistica ed all’ammenda di euro 10.000,00, per violazione dell’art. 1 del Regolamento di Giustizia FISE e dell’art. 2.5 del Regolamento EAD. Proposto reclamo innanzi alla Corte Federale d’Appello, questa, con sentenza del 4 aprile 2019, lo accoglieva parzialmente, riducendo la sanzione della squalifica da 2 anni ad 1 anno e l’ammenda da euro 10.000,00 ad euro 5.000,00, in applicazione dell’art. 10 del Regolamento EAD, per “l’ammissione di responsabilità e la collaborazione fattiva” dell’incolpato.
Con ricorso del 3 maggio 2019, il sig. Utili ha adito questo Collegio articolando i seguenti motivi:
- Violazione e/o falsa applicazione dell ’art . 2. 5 del Regolamento EAD - eccesso di potere del Tribunale Federale e carenza di motivazione.
Il ricorrente rileva che la Procura Federale, all’udienza del 29 novembre 2017, aveva chiesto l’irrogazione della sanzione di “2 mesi di sospensione e 2.000,00 Euro di ammenda” e che, “ritenendo comunque illegittima tale misura (…) ha preferito non procedere con il patteggiamento”. Il ricorrente contesta, quindi, che il Tribunale Federale, operando la riqualificazione giuridica della fattispecie, abbia “ecceduto nel proprio potere modificando - di fatto - il petitum della causa” e così pervenendo “a contestare violazioni diverse da quelle originariamente elevate in giudizio” e precludendogli “la possibilità di poter valutare con maggior attenzione la possibilità di accettare una misura patteggiata della sanzione come proposta dalla Procura Federale”.
- Violazione e/o falsa applicazione dell’art . 2.5 del Regolamento EAD - erroneo inquadramento giuridico dei fatti.
Il ricorrente contesta l’errata interpretazione del Regolamento EAD in quanto applicato al di fuori del contesto di “un evento sportivo”. Il ricorrente rileva, in proposito, che “In tutti i casi trattati dalla FISE negli ultimi anni, le violazioni del regolamento EAD si sono svolte in competizione e in tutte è stato prelevat o il campione sull ’anim ale con possibilità di eseguire le relative controanalisi”. Sul punto, il ricorrente rileva che lo stesso Regolamento EAD, là dove individua il “soggetto responsabile” e i “momenti” cui è correlata la sua responsabilità, avvalorerebbe il necessario collegamento logico - temporale con l’evento sportivo, come risulterebbe, altresì, confermato dalla normativa FEI, mentre egli, come espressamente riconosce, “fa un uso personale della droga rinvenuta del tutto distinto dal proprio lavoro di allenatore”.
Il ricorrente contesta, quindi, che nel caso de quo “il solo fatto di possedere la sostanza (anche solo per uso personale …) venga sanzionato al pari di chi somministra sostanze dopanti per migliorare le prestazioni atletiche dei cavalli” ed evidenzia che in nessuno dei precedenti giurisprudenziali della FISE, sia del Tribunale che della Corte Federale, dal 2015 ad oggi è “stata applicata una sanzione per il semplice possesso della sostanza banned”.
- Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - assenza del nesso causale.
Il ricorrente contesta che “l’intera struttura dell’attività istruttoria (…) è stata costituita da un articolo di giornale, da 4 audizioni e dall’esame delle piantine ritrovate nei pressi dell’abitazione del signor Utili. (…) Il caso in esame non ha preso avvio da un controllo antidoping effettuato su un animale e neppure su un atleta, non ha riguardato alcuna competizione e nemmeno direttamente un atleta specifico, (…) è stato applicato un regolamento Antidoping per Equini senza però che vi sia alcun equino coinvolto, nessuna analisi e nessuna effettiva prova dell’esistenza di un nesso causale tra l’evento e l’effetto previsto dalle norme antidoping”.
Il ricorrente, in conclusione, chiede la riforma della sentenza impugnata e, in subordine, la riduzione ed attenuazione delle sanzioni nella misura ritenuta di giustizia.
Con memoria del 12 giugno 2019, si costituivano la Procura Generale dello Sport e la Procura Federale FISE, contestando l’infondatezza di tutti e tre i motivi del ricorso per le seguenti ragioni. Le resistenti, nello specifico, eccepiscono che “nessun nuovo elemento di fatto è stato introdotto” in giudizio, giacché “i fatti posti alla base dell’incolpazione sono il rinvenimento da parte dei Carabinieri delle piante di cannabis nel terreno adiacente al maneggio, di cui il Sig. Utili aveva, per sua stessa ammissione, la disponibilità”. Pertanto, l’operato del Tribunale si sarebbe limitato ad “una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti” senza introduzione di “nuovi elementi di fatto”. Le resistenti rilevano, sul punto, inoltre, che comunque il ricorrente “dopo la contestazione dell’art. 2.5 del Regolamento EAD è stato messo nelle condizioni di predisporre un’adeguata e completa difesa”, così rispettando i principi del giusto processo e del contradditorio. Le resistenti eccepiscono, inoltre, che “l’articolo 2.5 Regolamento EAD è titolato «Possesso di una Sostanza Bandita o impiego di una Procedura Vietata dal Regolamento EAD» e testualmente prevede «E’ fatto divieto a tutti i tesserati di detenere Sostanze Bandite …», quindi il semplice possesso o detenzione comporta la commissione dell’illecito”. Le resistenti rilevano, in proposito, che correttamente la CFA ha ritenuto l’interpretazione del Regolamento EAD offerta dal reclamante contraria ai “valori dello sport e dello Spirito Olimpico” nonché ai “doveri di correttezza, lealtà e probità comunque riferibili all’attività sportiva”.
Le resistenti eccepiscono poi l’infondatezza di “quanto dedotto in merito alla circostanza che i fatti di causa non si sarebbero svolti durante una competizione”; sul punto le resistenti richiamano il disposto dell’art. 5.1, comma 3, del Regolamento EAD, là dove si prevede che “La FISE potrà provvedere ad effettuare, in ogni momento, Prelievi mirati Fuori Gara a tutti i Cavalli iscritti ai ruoli Federali”, ricavando da ciò “che anche il possesso o l’uso riscontrato al di fuori della competizione è sanzionato dal Regolamento”.
Le resistenti chiedono, in conclusione, l’integrale rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 60, comma 4, CGS, con la quale ha contestato in primis “l’inutilizzabilità/irricevibilità/inammissibiiltà” della memoria di costituzione di controparte per violazione - quanto alla posizione della Procura Federale - del termine perentorio di cui all’art. 60, comma 1, CGS.
Rileva in proposito il ricorrente di aver “depositato il proprio ricorso in data 3 maggio 2019 con la conseguenza che il termine dei 10 giorni per le controparti per costituirsi è spirato il giorno 13 maggio 2019”.
Il ricorrente eccepisce, inoltre, la non accoglibilità della richiesta istruttoria di acquisizione del fascicolo del giudizio innanzi alla CFA, in quanto formulata anche da parte della Procura Federale, la quale avrebbe dovuto semmai avanzarla all’atto della costituzione che, come sopra detto, si sarebbe dovuta formalizzare nel rispetto di quanto statuito dall’art. 60, comma 1, CGS.
Il ricorrente chiede, quindi, che la costituzione della Procura Federale venga dichiarata inammissibile/illegittima, insistendo per le domande già formulate nell’atto introduttivo del giudizio.
Considerato in diritto
1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’eccezione relativa alla costituzione tardiva della Procura Federale (e della correlata non accoglibilità della richiesta istruttoria di acquisizione del fascicolo del giudizio di secondo grado), fondata sul mancato rispetto del termine di dieci giorni previsto dall’art. 60, comma 1, CGS, il quale dispone, com’è noto, che “la parte intimata e le altre destinatarie della comunicazione di cui al comma 1 dell’art. 59, fermo quanto previsto per l’eventuale impugnazione incidentale, hanno facoltà di presentare memorie nel termine di dieci giorni dal ricevimento del ricorso, mediante deposito al Collegio di Garanzia dello Sport e contestuale trasmissione al ricorrente”. Detto termine, infatti, ha natura meramente ordinatoria, così come unanimemente riconosciuto dal Collegio di Garanzia, anche a Sezioni Unite (SS.UU., n. 46/2018, sul solco di SS.UU., n. 11/2015; IV sez., n. 12/2017).
2. In ordine ai primi due motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente, si osserva quanto segue.
2.1. La Procura Federale, in seno all’atto di deferimento, ha individuato la condotta oggetto di incolpazione per relationem tramite riferimento agli atti di indagine (articolo della rivista Cavallo Magazine, interrogatori dei sigg.ri Luana Ciappini e Giovanni Utili e dichiarazione del sig. Giuseppe Utili).
Tale condotta è stata contestata, così come precisato dalle resistenti nella memoria di costituzione, in relazione al “rinvenimento da parte dei Carabinieri delle piante di cannabis nel terreno adiacente al maneggio, di cui il Sig. Utili aveva, per Sua stessa ammissione, la disponibilità”.
2.2. Per tale condotta la Procura Federale ha contestato la violazione dell’art. 1 R.G. FISE.
Detto articolo sanziona, al comma 1, “ogni comportamento, anche omissivo, sia in ambito federale sia in ambito associativo, che violi le norme di cui ai principi sanciti dai Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali del CONI, delle Discipline Sportive Associate, dal Codice del Comportamento Sportivo emanato dal CONI, dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, dallo Statuto Federale, dalle relative Norme di attuazione, dai Regolamenti di settore, dal Regolamento Sanitario, dal Regolamento Veterinario e da tutte le disposizioni federali”, nonché “le morosità per tesseramento, iscrizione a gare, scuderizzazione, quote a fida, diritti federali, o somme comunque dovute alla FISE” e “i comportamenti in contrasto con i doveri di correttezza, lealtà e probità comunque riferibili all’attività sportiva e/o federale, cui sono tenuti, nei confronti di chiunque, tutti i Tesserati”.
Al comma 2 vengono, altresì, sanzionati come illeciti disciplinari: “a) ogni atto irriguardoso, offensivo, minaccioso o di violenza in genere o anche solo potenzialmente lesivo; b) ogni dichiarazione lesiva della reputazione, onorabilità e del prestigio di Ufficiali di Gara, Organi Federali Centrali e Periferici, Associazioni, Enti Affiliati o Aggregati, Tesserati, particolarmente se è stata resa a mezzo stampa, radio, televisione, a mezzo internet, e non tempestivamente rettificata a mezzo degli stessi; c) ogni comportamento, anche omissivo, compiuto sul cavallo, che esplichi mero sfogo, violenza o brutalità e che possa causare al cavallo dolore o anche solo disagio (psicologico e non) non necessario all’animale; d) utilizzo di metodi o sistemi di allenamento violenti”.
3. Il generico richiamo operato dalla Procura Federale all’art. 1 R.G. assegna all’interprete il compito di individuare esattamente la fattispecie di illecito disciplinare imputata al sig. Giuseppe Utili. Tale fattispecie è stata identificata nell’illecito atipico consistente nella (avvenuta) violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza.
3.1. Va sul punto ricordato che in tutti gli ordinamenti federali la lealtà sportiva assume la portata di un canone generale di comportamento la cui violazione è contestata in due modi: in via indiretta, allorché si sia in presenza di una fattispecie riferibile ad un illecito disciplinare tipico, e in via diretta, nell’ipotesi contraria in cui manchi un illecito disciplinare tipico in relazione ad un comportamento ritenuto sanzionabile.
Nella prima ipotesi, in cui viene addebitato uno specifico illecito disciplinare previsto da una data norma federale, viene sovente, altresì, imputata la violazione della lealtà per il fatto stesso di aver violato la normativa federale. Nella seconda ipotesi, in cui il fatto non è ascrivibile ad un illecito disciplinare tipico, viene direttamente imputata la sola violazione della lealtà, quale contenitore idoneo a comprendere un’indeterminata serie di condotte.
3.2. Nella fattispecie, dopo l’atto di deferimento, nel quale, come si è ricordato, era stata contestata la violazione dell’art. 1 R.G. FISE, il Tribunale Federale ha operato la riqualificazione giuridica del fatto addebitato all’odierno ricorrente “specificandolo quale violazione anche dell’art. 2.5 del Regolamento Anti-Doping Equini EAD” ed ha riconosciuto, al contempo, come “tardiva la contestazione della violazione dell’art. 2 del Regolamento Giustizia FISE” (che punisce la somministrazione di sostanze dopanti).
Il Tribunale Federale ha così sostituito all’imputazione in via diretta della violazione della lealtà, riferita alla condotta della detenzione delle piante di cannabis (per uso umano), l’imputazione (ulteriore e diversa) della violazione della normativa anti-doping equini, riferita alla condotta del possesso di sostanze bandite ad uso animale. Mentre l’imputazione riguardante la violazione della lealtà sportiva, apparentemente mantenuta nella sua originaria identità sostanziale, è stata invece sostanzialmente trasformata nella fattispecie indiretta.
3.3. Il Regolamento EAD, secondo la definizione nello stesso contenuta, è il “Regolamento FISE per il controllo delle Procedure e delle Sostanze Bandite sul Cavallo”. L’art. 2.5, com’è noto, sanziona il “Possesso di una Sostanza Bandita”, e tale è ogni sostanza proibita dallo stesso Regolamento, com’è specificato nella sua “INTRODUZIONE” tra i “Concetti di base”.
Nella Introduzione viene anche specificato il “CAMPO DI APPLICAZIONE” del Regolamento in parola, unitamente al Regolamento sul Controllo delle Medicazioni degli Equini (Regolamento ECM), là dove è detto che “Questi Regolamenti si applicano a tutti gli eventi FISE quindi a tutti i Controlli Antidoping sui quali la FISE ha diretta giurisdizione”. In seno alle “Definizioni”, è contenuta quella di “Evento”, quale “Manifestazione sportiva che ai fini dei presenti regolamenti si intende avere inizio ad un’ora dalla prima gara o dall’eventuale ispezione veterinaria e terminare mezz’ora dopo l’ultima premiazione”. Immediatamente dopo viene data la definizione di “Fuori gara”, intendendosi come tale “ogni controllo antidoping che non venga effettuato In-Gara”.
Il Regolamento EAD, secondo i canoni di interpretazione letterale, logica e sistematica, lascia intendere che le fattispecie ivi disciplinate siano da riferire al contesto di eventi sportivi equestri. All’interno di tali manifestazioni le condotte disciplinarmente rilevanti possono essere logicamente e temporalmente collocate nel contesto della gara, ovvero fuori gara (ma pur sempre all’interno dell’evento sportivo).
- Da quanto sopra detto si ricava che il Tribunale Federale ha esteso l’imputazione dell’odierno ricorrente ad una fattispecie che non era ricompresa nell’atto di incolpazione e che non può, comunque, ritenersi normata dall’art. 1 R.G., che, come sopra visto, delimita gli atti disciplinarmente rilevanti concernenti i cavalli in quelli esplicanti “mero sfogo, violenza o brutalità”, tali da causare dolore o anche solo disagio non necessario al cavallo, ovvero ai “metodi o sistemi di allenamento violenti”.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale Federale ha “ecceduto nel proprio potere modificando - di fatto - il petitum della causa”. Le resistenti eccepiscono che “nessun nuovo elemento di fatto è stato introdotto” rispetto ai “fatti posti alla base dell’incolpazione”, come sopra specificati. In questo senso viene affermata l’identità tra la fattispecie del “rinvenimento delle piante di cannabis” e il “detenere Sostanze Bandite”.
4.1. Come pacificamente riconosciuto in dottrina e giurisprudenza, la diversa qualificazione giuridica deve sempre muovere dal fatto enunciato nella contestazione ed è possibile quando l’azione, l’elemento psicologico, l’evento, senza dismettere la loro ontologica identità, perdano, nell'apprezzamento del giudice, qualcosa di quella loro importanza strutturale che è necessaria per aversi un fatto inquadrabile nel nomen juris adottato dall’accusa e prescelto nella contestazione.
Il fatto non va però identificato, in prospettiva statica, nella mera fenomenicità esteriore, bensì, in prospettiva dinamica, in un corridoio di concatenazione di condotte funzionalizzate ad un dato scopo.
Il profilo funzionale assume chiara evidenza proprio nella qualificazione giuridica del fatto, la quale deve compiersi mediante l’esatta individuazione della ratio della norma che si intende applicare. Il rilievo del profilo funzionale spiega perché, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v., ex multis, Cass., 12 dicembre 2012, n. 1625), non sia valida la riqualificazione dell’originaria imputazione in altra che non risulti in concreto prevedibile per l’incolpato. La prevedibilità si misura, infatti, sulla base del fine cui l’azione tende, quale risulta dalla delineazione della fattispecie disciplinata dalla norma incriminatrice secondo la sua propria ratio.
Si avrà, pertanto, un fatto diverso e non una diversa qualificazione giuridica allorché il contesto, che spiega il fine dell’azione incriminata, risulti sostanzialmente modificato.
4.2. Ciò è quel che è avvenuto nel caso in specie. Infatti, all’originaria imputazione della condotta consistente nella detenzione di droga riferita al contesto circoscritto al soggetto imputato, si è aggiunta e sostituita l’ulteriore imputazione per il fatto della detenzione di droga riferita al diverso contesto dello svolgimento dell’attività sportiva equestre e, dunque, necessariamente coinvolgente anche il cavallo.
Vi è una radicale differenza ontologica tra il detenere cannabis per farne sigarette da fumare e detenere, pur sempre, cannabis, ma per farne sostanze dopanti per i cavalli.
4.3. Non può condividersi, peraltro, la motivazione addotta dalla Corte Federale d’Appello per affermare la corretta applicazione dell’art. 2.5 del Regolamento EAD, là dove si afferma che detto articolo “esclude che l’utilizzo costituisca un elemento necessario e imprescindibile affinché si possa accertare che la condotta posta in essere violi la normativa antidoping”, posto che “il semplice possesso o detenzione comporta la commissione del grave illecito”. Detta affermazione, certamente in sé astrattamente corretta, non rappresenta, tuttavia, nel concreto, una motivazione che può consentire la riqualificazione giuridica del fatto della detenzione della cannabis imputata dalla Procura Federale. Essa omette, infatti, di considerare che, alla luce della ratio complessiva del Regolamento EAD, come sopra specificata, il possesso di sostanze dopanti comunque è punito ove riferito al contesto dello svolgimento dell’attività sportiva equestre e, pertanto, nella sua destinazione funzionale ai cavalli.
4.4. La Corte Federale d’Appello, così come prima il Tribunale Federale, ha fermato la valutazione della condotta sul piano astratto fenomenologico, disancorandolo dal contesto in cui l’azione si inserisce e, così, è pervenuta alla riqualificazione giuridica del fatto; sol che, come sopra detto, risulta viziata all’origine la ricostruzione del fatto nella sua reale componente ontologica, implicante necessariamente l’elemento finalistico, con la conseguente ricaduta nei termini di una sostanziale diversità dei fatti oggetto di incolpazione.
4.5. Tale sostanziale diversità è attestata, peraltro, dalla significativa discrepanza tra la sanzione riferita al fatto oggetto di incolpazione in seno all’atto di deferimento (2 mesi di sospensione e 2.000,00 euro di ammenda) e la sanzione comminata all’esito del giudizio di primo grado (2 anni di sospensione e 10.000,00 euro di ammenda).
Questo dato va posto in evidenza con riferimento non soltanto, nella fase processuale, alla pronuncia di condanna, bensì anche, nella fase preprocessuale, all’applicazione consensuale di sanzioni a seguito di atto di deferimento. Sotto quest’ultimo profilo può risultare fortemente limitato, se non addirittura compromesso, il pieno diritto di difesa ove l’incolpato, a seguito della diversa nuova imputazione, comportante un significativo aggravio sanzionatorio, non si trovi più nella condizione di poter accedere al procedimento alternativo sopradetto.
- Per le ragioni sopra spiegate risulta viziato l’intero procedimento svoltosi innanzi agli organi di giustizia endofederale.
D’altra parte, non può riconoscersi efficacia, ai fini del giudizio di condanna, all’incolpazione per la violazione della (sola) lealtà sportiva, a seguito della riqualificazione giuridica, così da giustificare il rinvio alla Corte Federale d’Appello per l’esatta commisurazione della sanzione da applicare per tale violazione; ciò perché la violazione della lealtà sportiva, nei giudizi endofederali, come sopra visto, non è stata sanzionata in via diretta nella sua autonoma configurazione, così come era nella originaria incolpazione, ma è stata, invece, sanzionata in via indiretta in stretta connessione con l’ulteriore addebito della violazione dell’art. 2.5 del Regolamento EAD.
- Il ricorso deve essere quindi accolto con l’assorbimento degli ulteriori motivi proposti.
La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione fra le parti delle spese.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Accoglie il ricorso. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 25 giugno 2019.
Il Presidente La Relatrice
F.to Dante D’Alessio F.to Laura Santoro
Depositato in Roma, in data 6 agosto 2019.
Il Segretario
- to Alvio La Face