CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 1/2020 del 7 gennaio 2020 – Juventus Football Club s.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/F.C. Internazionale Milano S.p.A./Comitato Olimpico Nazionale Italiano
Decisione n. 1
Anno 2020
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE
composta da
Franco Frattini - Presidente
Laura Santoro - Relatrice
Mario Sanino
Massimo Zaccheo
Attilio Zimatore - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio, iscritto al R.G. ricorsi n. 85/2019, presentato, in data 27 settembre 2019, dalla società Juventus Football Club S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Chiappero e Alfredo Di Mauro, con la consulenza legale del prof. Pasquale Landi,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli e Giancarlo Viglione,
nonché contro
la società Football Club Internazionale Milano S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Luisa Torchia, Adriano Raffaelli, Angelo Capellini e Ferdinando Emanuele,
e
il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti,
per l’annullamento
della decisione della Corte Federale di Appello della FIGC, emessa a Sezioni Unite, in data 30 agosto 2019, prot. n. 2826/AM/ri, comunicata a mezzo PEC in data 30 agosto 2019, oltre che della decisione della medesima Corte, emessa a Sezioni Unite, il 3 settembre 2019, con errata corrige, comunicata a mezzo PEC il 3 settembre 2019, nonché per l’annullamento della delibera del Consiglio Federale della FIGC n. 219/CF del 18 luglio 2011, pubblicata il 19 luglio 2011, di reiezione di un’istanza di revoca in autotutela, presentata dalla Juventus Football Club S.p.A., in data 10 maggio 2010, del provvedimento del Commissario Straordinario della FIGC, avv. Guido Rossi, in data 26 luglio 2006, di assegnazione del titolo di Campione d’Italia per il Campionato Italiano di Calcio di Serie A, anni 2005 - 2006, alla società F.C. Internazionale Milano S.p.A, nonché di tutti gli atti e provvedimenti amministrativi e sportivi, connessi, collegati, istruttori, endoprocedimentali e interni, conosciuti e non conoscibili.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 6 novembre 2019, i difensori della parte ricorrente - Juventus Football Club S.p.A. - avv. Alfredo Di Mauro e prof. Pasquale Landi; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, con l’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC; l’avv. prof. Luisa Torchia e gli avv.ti Angelo Capellini e Roberto Argeri, quest’ultimo giusta delega all’uopo conferita dall’avv. Ferdinando Emanuele, per la resistente F.C. Internazionale Milano S.p.A.; l’avv. Alberto Angeletti, per il resistente CONI, nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Federico Vecchio, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, prof.ssa Laura Santoro.
Ritenuto in fatto
A seguito delle risultanze dell’indagine della Procura di Napoli, svolta negli anni 2004 – 2006 in merito al campionato di calcio di Serie A della stagione sportiva 2004/2005, la Procura Federale della FIGC, nell’anno 2006, dava avvio al procedimento disciplinare nei confronti, tra le altre società, della Juventus Football Club S.p.A. (d’ora innanzi, per brevità, denominata Juventus). Detto procedimento disciplinare si concludeva con la decisione della Commissione d’Appello Federale, in data 14 luglio 2006, con la quale venivano irrogate, a carico della Juventus, le sanzioni della retrocessione all’ultimo posto in classifica relativamente al campionato della stagione 2005/2006, la penalizzazione di 30 punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2006/2007, la revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia relativamente al campionato 2004/2005, la non assegnazione del titolo di campione d’Italia relativamente al campionato 2005/2006 e, infine, l’ammenda di euro ottantamila.
La FIGC, in data 19 luglio 2006, procedeva ad assegnare ad una commissione formata da tre esperti l’incarico di esprimere un parere consultivo in ordine alla “eventuale assegnazione dello scudetto in caso di modifica della classifica finale di campionato, a seguito di illecito disciplinare”. La Commissione di esperti, in data 24 luglio 2006, emetteva il parere secondo cui «Nell’ipotesi di irrogazione, da parte degli organi di giustizia sportiva, della sanzione della “revoca” del titolo di campione d’Italia (…) senza altra specifica penalizzazione di classifica (…), la classifica (…) rimane inalterata. Ne consegue che (…) il titolo di campione d’Italia rimane automaticamente vacante, senza alcun bisogno di atti formali della FIGC che proclamino la non assegnazione del titolo, essendo sufficiente al riguardo la relativa decisione sanzionatoria dell’organo di giustizia sportiva. Nella diversa ipotesi di irrogazione (…) di sanzioni di penalizzazione di classifica (…), la classifica (…) viene necessariamente ed automaticamente riformulata sulla base delle sanzioni (…). Pertanto (…) il titolo di campione d’Italia viene automaticamente acquisito dalla squadra risultante prima classificata in base alla nuova classifica della Serie A. Tuttavia, nell’ipotesi da ultimo indicata, la FIGC ha certamente il potere discrezionale di deliberare la non assegnazione del titolo (…) se, alla luce di criteri di ragionevolezza e di etica sportiva (…), le circostanze relative al caso di specie rendono opportuna tale non assegnazione».
A seguito del reclamo della società Juventus avverso la decisione della Commissione d’Appello Federale, la Corte Federale d’Appello, con dispositivo del 25 luglio 2006 (C.U. n. 2 del 4 agosto 2006), confermava le sanzioni precedentemente irrogate in riferimento alle stagioni sportive 2004/2005 e 2005/2006, riduceva la sanzione della penalizzazione dei punti in classifica per la stagione sportiva 2006/2007 a diciassette, e irrogava la sanzione della squalifica del campo di gara per tre giornate, con aumento della misura dell’ammenda ad euro centoventimila.
Con Comunicato stampa del 26 luglio 2006, la FIGC dava atto che il Commissario Straordinario della FIGC aveva «ritenuto di attenersi alle conclusioni del parere» e che non ricorrevano «motivi per l’adozione di provvedimenti di non assegnazione del titolo di Campione d’Italia per il Campionato 2005/2006 alla squadra prima classificata all’esito dei giudizi disciplinari». A seguito dello scorrimento della classifica, il titolo di campione d’Italia per il Campionato 2005/2006 veniva, quindi, acquisito dalla società F.C. Internazionale Milano S.p.A. (qui di seguito, per brevità, denominata Inter).
La società Juventus, in data 25 agosto 2006, promuoveva ricorso al TAR Lazio, facendo valere l’interesse al conseguimento del titolo di campione d’Italia già assegnato all’Inter, mediante l’annullamento delle decisioni della Corte Federale d’Appello e della Commissione d’Appello Federale, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, oltre al risarcimento dei danni. Raggiunta un’intesa con la FIGC in ordine alla devoluzione della controversia al giudizio arbitrale presso il CONI, la Juventus formalizzava rinuncia al predetto ricorso, cosicché il TAR Lazio, con decisione in data 1 settembre 2006, n. 7910, ne dichiarava l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.
Veniva proposto, quindi, ricorso in data 6 settembre 2006 alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, la quale, con lodo del 27 ottobre 2006, confermava le sanzioni irrogate in sede endofederale relativamente alle stagioni sportive 2004/2005 e 2005/2006, riduceva la sanzione della penalizzazione dei punti in classifica a nove, confermava l’ammenda di euro centoventimila, convertiva la sanzione della squalifica del campo nell’obbligo di devolvere alla FIGC, entro 90 giorni dalla pubblicazione del lodo, un importo corrispondente all’incasso derivante dalla vendita dei biglietti delle prime tre partite casalinghe nel campionato 2006/2007. Il predetto lodo non veniva impugnato cosicché passava in giudicato.
In data 10 maggio 2010, a seguito della pubblicazione di notizie di stampa in ordine a presunte irregolarità emerse nella fase dibattimentale del processo penale a carico dell’Inter, la Juventus presentava un esposto alla Procura Federale, al CONI e alla FIGC con la richiesta di revoca in autotutela del provvedimento assunto dal Commissario Straordinario nel luglio 2006.
Il procedimento disciplinare, avviato dalla Procura Federale della FIGC in data 1 aprile 2010 a carico dei Presidenti Moratti e Facchetti, e dell’Inter per responsabilità oggettiva, si concludeva con l’archiviazione, in data 1 luglio 2011, per intervenuta prescrizione.
Con provvedimento del 18 luglio 2011, n. 219/CF, comunicato il 27 luglio 2011, il Consiglio Federale della FIGC deliberava di respingere la richiesta di revoca del titolo di campione d’Italia per la s.s. 2005/2006, sulle premesse che l’assegnazione del titolo di campione d’Italia all’Inter non era intervenuta in via amministrativa, bensì quale conseguenza automatica delle sanzioni rrogate a carico delle società che la precedevano in classifica e, quindi, per effetto dello scorrimento della classifica; che, dunque, si era in assenza di un provvedimento da revocare, cosicché ciò che si chiedeva era piuttosto un «procedimento di secondo grado destinato a sfociare nella emanazione di un contrarius actus»; che siffatta revoca risultava contrastante con il principio di tipicità dei poteri amministrativi, nonché trasgressiva della regola di separazione dei poteri ex art. 3 dei Principi fondamentali CONI; che, inoltre, la richiesta proveniva da soggetto privo di una posizione individuale qualificata per cui non sussisteva alcun obbligo di provvedere passibile di coercizione.
La Juventus, in data 11 agosto 2011, presentava istanza di arbitrato al TNAS, chiedendo la revoca della delibera del Consiglio Federale del 2011, del provvedimento del Commissario Straordinario del 2006 e del titolo assegnato all’Inter, oltre al risarcimento dei danni.
Il Presidente del TNAS, con provvedimento del 9 settembre 2011, dichiarava la competenza dello stesso TNAS relativamente alle domande arbitrali, ad eccezione della richiesta di risarcimento dei danni, lasciando salva e impregiudicata la possibilità per il costituendo Collegio arbitrale di adottare determinazioni diverse. Il Collegio arbitrale, con lodo del 15 novembre 2011, dichiarava l’estraneità di tutte le domande arbitrali dall’ambito di competenza del TNAS, in quanto concernenti diritti indisponibili sia sotto il profilo formale che sostanziale.
In data 7 novembre 2011, la Juventus proponeva ricorso al Tar Lazio, sez. I ter, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dal mancato esercizio dell’azione amministrativa e, in particolare, quale risarcimento in forma specifica, la “non assegnazione ora per allora” del titolo di campione d’Italia e, quale risarcimento per equivalente, la somma di euro 443.725.200,00 oltre l’annullamento della delibera del 2011 e del provvedimento del 2006.
La stessa Juventus, con atto di citazione in data 8 febbraio 2012, impugnava il lodo del TNAS innanzi alla Corte d’Appello di Roma che, con sentenza del 22 novembre 2016, n. 7023, dichiarava il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario. Seguiva ricorso in Cassazione che, con sentenza del 13 dicembre 2018, n. 32358, lo rigettava sul presupposto che «la giustiziabilità della pretesa dinanzi alla giustizia statale costituisce una questione non di giurisdizione ma di merito». Con sentenza del 6 settembre 2016, n. 9563, il Tar Lazio, sez. I ter, dichiarava l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso presentato dalla Juventus, in ragione dell’avvenuto passaggio in giudicato della pronuncia della Camera di Conciliazione e Arbitrato, della carenza di interesse della Juventus alla revoca in autotutela, e, d’altra parte, dell’inesistenza di alcun obbligo a carico della FIGC di pronunciarsi in merito alla predetta richiesta. Seguiva impugnazione innanzi al Consiglio di Stato con l’instaurazione del giudizio di cui al R.G. n. 8258/2016, tutt’ora pendente.
Con ricorso in data 11 gennaio 2019, la Juventus adiva il Collegio di Garanzia dello Sport, chiedendo l’accertamento della nullità del lodo del TNAS, nonché l’annullamento della delibera del Consiglio federale del 2011 e del provvedimento del Commissario Straordinario del 2006. Contestualmente, la stessa presentava ricorso innanzi al TFN, chiedendo l’annullamento dei predetti atti.
Il TFN - Sez. Disciplinare, con provvedimento di cui al C.U. n. 54 del 1 aprile 2019, disponeva il rinvio della trattazione della causa in attesa della definizione del procedimento innanzi al Collegio di Garanzia.
Con decisione del 27 maggio 2019, n. 39, il Collegio di Garanzia, Sez. Unite, dichiarava la carenza di legittimazione passiva del CONI, l’Incompetenza del Collegio di Garanzia a decidere sull’impugnazione del lodo del TNAS, ex art. 54 CGS e 12-bis Stat. CONI, la tardività dell’impugnazione della Juventus, l’assenza di una posizione giuridica qualificata in capo alla ricorrente, concludendo nel senso che le doglianze della Juventus non potevano “più essere oggetto di delibazione alcuna da parte del Sistema di Giustizia Sportiva”.
La predetta decisione veniva impugnata dalla Juventus innanzi al Tar Lazio con giudizio iscritto al R.G. 8897/2019, tutt’ora pendente.
A seguito della riassunzione del giudizio innanzi al TFN, questo, con decisione del 16 luglio 2019, n. 5, dichiarava l’inammissibilità del ricorso per le medesime ragioni rassegnate dal Collegio di Garanzia.
La Juventus proponeva, quindi, reclamo alla Corte Federale d’Appello che, con decisioni 30 agosto 2019 n. 2826, errata corrige 3 settembre 2019 n. 3023, preliminarmente rigettava l’eccezione di difetto di legittimazione del collegio giudicante presentata dalla Juventus e, nel merito, dichiarava “non fondato” il reclamo, in base alla motivazione che la richiesta di intervento in autotutela non mirava a «vedersi riassegnare il titolo di campione d’Italia relativo al campionato 2005/2006, bensì che venisse tolto alla società assegnataria del titolo, subentrata per effetto del semplice scorrimento della classifica». La CFA rilevava, altresì, l’incongruità di una richiesta di annullamento di un atto in autotutela a distanza di ben otto anni della sua adozione, rilevando in proposito che «è onere della parte individuare il giusto giudice» e che la «mancata indicazione nelle decisioni del giudice competente non costituisce ragione sufficiente per una remissione in termini», giacché «spetta alla parte individuare il giudice competente in base all’ordinamento sportivo». La CFA dichiarava, quindi, di condividere, con il Collegio di Garanzia, il giudizio di tardività della pretesa azionata dalla Juventus, concludendo nel senso del rigetto del reclamo con integrazione della motivazione resa dal TFN.
La Juventus ha impugnato la decisione della CFA innanzi a questo Collegio con ricorso depositato il 27 settembre 2019, articolato in dieci motivi.
- Erroneità in diritto della decisione della CFA di rigetto dell’eccezione «d’illegittima composizione e costituzione del Collegio giudicante, Sezioni Unite, nella Riunione in data 6 agosto 2019».
La ricorrente osserva in proposito che, alla data della predetta riunione, «si erano pienamente realizzate le condizioni giuridiche per l’automatica decadenza dall’Ufficio di Presidente e di Consigliere della Corte Federale di Appello», ai sensi dell’art. 142, commi 4 e 5, del Nuovo Codice di Giustizia Sportiva della FIGC.
La Juventus lamenta l’illegittimità del provvedimento del Consiglio Federale della FIGC, che ha disposto le nomine dei nuovi Presidenti, Vice Presidenti e Componenti della CFA, con effetto dal 1° settembre 2019, per eccesso di potere, violazione degli artt. 7, comma 5, lett. l), Stat. CONI e 142, comma 5, CGS FIGC, a motivo del fatto che la «proroga doveva essere disposta con una modifica ad hoc del nuovo CGS, espressamente approvata dalla Giunta Nazionale del CONI». La ricorrente contesta, altresì, l’erroneità in diritto dell’argomentazione secondo cui sarebbe stata necessaria l’impugnazione del provvedimento suddetto, eccependo, in proposito, che l’illegittimità della nomina dei componenti di un collegio giudicante «è un profilo giuridico rilevabile d’ufficio e deducibile in qualsiasi stato e grado del giudizio», che «genera l’inesistenza e/o la nullità della sentenza e della decisione amministrativa».
- Erroneità in diritto della decisione di rigetto del ricorso per tardività.
La ricorrente rileva in proposito che il lodo del TNAS e le sentenze della Corte di Appello di Roma e della Corte di Cassazione «non hanno deciso nel merito la fattispecie dedotta in giudizio». Pertanto, «La res iudicata di legittimità, affermativa dell’esclusiva competenza della Giustizia Sportiva, determina una remissione in termini per la Juventus» e il «dies a quo (…) è la data di pubblicazione della decisione di legittimità».
- Erroneità in diritto e difetto assoluto di motivazione della decisione in ordine alla carenza di interesse giuridico.
La ricorrente rileva nel merito di essere «titolare di una situazione giuridica soggettiva rilevante, ingiustamente lesa dai provvedimenti amministrativi della F.I.G.C. di revoca e di assegnazione del titolo sportivo»; afferma, in proposito, che il suo interesse «di natura giuridica sostanziale e di natura morale (…) è rappresentato dalla revoca in autotutela, per oggettivi e riscontrati illeciti disciplinari, dell’assegnazione del titolo sportivo».
- Erroneità in diritto della decisione in ordine all’incompetenza del Consiglio Federale all’adozione di un provvedimento di revoca in autotutela.
La ricorrente osserva, in proposito, che il Consiglio Federale ha negato l’esistenza e la vigenza di un atto amministrativo da revocare perché l’assegnazione è stata un effetto automatico dello scorrimento della classifica e, così argomentando, «ha ignorato, in forma assoluta, la dottrina e la giurisprudenza amministrativa in tema di provvedimenti impliciti”, confondendo, al contempo, “la categoria dell’effetto giuridico e del risultato giuridicamente rilevante».
- Omessa statuizione sull’affermata vigenza di un «atto amministrativo implicito».
La ricorrente lamenta che le «Decisioni impugnate hanno omesso di statuire sul formale motivo d’impugnazione dedotto nel Reclamo alla Corte Federale di Appello e nel Ricorso al Tribunale Federale a livello nazionale della vigenza di un “atto amministrativo implicito” nell’assegnazione del Titolo Sportivo per scorrimento della Classifica, suscettibile di un provvedimento di revoca in autotutela».
- Erroneità della decisione in ordine all’inammissibilità della revoca in autotutela per archiviazione del procedimento disciplinare.
Sul punto la ricorrente osserva che i giudici endofederali hanno omesso di valutare che l’archiviazione del procedimento disciplinare a carico dell’Inter è stata disposta per intervenuta prescrizione la quale «presuppone la verifica dell’illecito disciplinare». La ricorrente osserva, inoltre, che la «delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. in data 18 luglio 2011, n. 219/CF è illegittima per violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, error iuris ed eccesso di potere per travisamento», posto che «l’Istanza di autotutela (…) non chiedeva l’adozione di un provvedimento di revoca, per motivi disciplinari, dell’assegnazione del titolo di Campione d’Italia per il 2004 - 2005 (n.d.r.: leggasi 2005 - 2006) al Football Club Internazionale Milano s.p.a.», bensì del «provvedimento del Commissario Straordinario (…) per mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, non per motivi disciplinari».
- Omessa statuizione dell’error iuris della motivazione per relationem della Decisione del TFN. La ricorrente lamenta che la CFA ha omesso integralmente di statuire sul motivo dedotto nel reclamo concernente il fatto che il TFN «aveva adottato una motivazione per relationem, rinviando, sic et simpliciter, alla Decisione del Collegio di Garanzia dello Sport», la quale però era stata
«emessa su un petitum processuale giuridicamente distinto e non assimilabile».
- Error iuris del difetto assoluto di competenza della Giustizia Sportiva per violazione ed errata applicazione dell’art. 24, comma 1, Cost. La ricorrente lamenta che la CFA, condividendo «la tesi del difetto assoluto di competenza della Giustizia Sportiva, affermata dal Collegio di Garanzia dello Sport (…)» ha realizzato «una violazione del fondamentale principio della tutela costituzionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi» stante che «La posizione soggettiva dedotta in giudizio non è un interesse di fatto e/o semplice, priva di tutela giurisdizionale», bensì «una posizione sostanziale soggettiva, rilevante, rientrante nella competenza non esclusiva della Giustizia Sportiva e oggetto, pleno iure, della giurisdizione ordinaria».
- Omessa statuizione sui motivi del “Iudicium rescissorium”.
La ricorrente rileva in proposito che «Le decisioni impugnate hanno respinto e non dichiarato inammissibile il Reclamo»; quindi, «per il principio dell’effetto devolutivo, dovevano statuire il merito del giudizio», delibando i motivi del giudizio rescissorio.
- Allegazione documentale per relationem.
Con quest’ultimo motivo di ricorso la Difesa della ricorrente «precisa che la completa documentazione processuale è allegata agli Allegati nn. 6, 8 e 11 del Ricorso, cui si rinvia per relationem».
La ricorrente chiede, in conclusione, in via principale, di «dichiarare inesistenti, nulle e/o annullare le Decisioni della Corte Federale di Appello» oggetto di impugnazione, nonché l’annullamento della Delibera del Consiglio Federale della FIGC del 18 luglio 2011, n. 219/CF, e dell’atto del Commissario Straordinario della FIGC del 26 luglio 2006 e, per l’effetto, di «dichiarare non assegnato il titolo di Campione d’Italia per gli anni 2005-2006»; in subordine, l’annullamento con rinvio.
Con memoria di costituzione del 7 ottobre 2019, la FIGC ha eccepito, sul primo motivo, che, seguendo l’interpretazione della ricorrente, la CFA avrebbe subito un «vuoto della attività giustiziale», contrastante con la ratio della norma e con il principio di continuità dell’azione amministrativa.
La resistente eccepisce, inoltre, la tardività del ricorso al TFN per intervenuto decorso del termine di decadenza. Rileva che l’adesione alla tesi della ricorrente, secondo cui l’impugnazione al TFN sarebbe stata resa possibile all’esito del giudizio innanzi alla giurisdizione statale ordinaria, sovverte il percorso impugnatorio tracciato dalla legge n. 280/2003.
La resistente FIGC eccepisce poi il difetto di legittimazione della ricorrente, evidenziando come ciò che rileva in proposito non è la «proponibilità della richiesta, ma la sindacabilità della risposta».
«Il potere di autotutela si esercita, infatti, d’ufficio e non su istanza di parte: sicché, ove venga avanzata dal privato una richiesta in tal senso, a quest’ultima non può essere attributo altro valore se non quello di una mera sollecitazione, inidonea a determinare l’insorgenza, a carico della P.A., di un obbligo di provvedere (la cui inosservanza sia sindacabile in sede giurisdizionale) ed in capo all’autore della istanza di una corrispondente posizione meritevole di protezione giuridica». La resistente afferma, inoltre, che la ricorrente «ha perduto qualsiasi legittimazione a sindacare gli esiti di quel torneo» (campionato 2005/2006) per intervenuto giudicato sportivo all’esito della decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato, rimasta inoppugnata. La stessa sottolinea, inoltre, che la tesi della controparte «muove da un vistoso abbaglio cronologico: e, cioè, dall’erronea premessa che gli illeciti asseritamente ostativi all’assegnazione dello scudetto all’Inter riguarderebbero la stagione agonistica 2005/2006», mentre invece gli stessi si riferiscono alla stagione 2004/2005. «Ne consegue che il campionato 2005/2006 è rimasto estraneo ai fenomeni distorsivi adombrati dalla controparte».
La resistente FIGC chiede, in conclusione, che il ricorso «sia dichiarato in parte inammissibile e, nel resto, respinto».
Con memoria del 7 ottobre 2019, si costituiva l’Inter eccependo, in ordine al primo motivo del ricorso, l’inammissibilità dello stesso, a motivo del fatto che la ricorrente non ha impugnato il Comunicato recante la nomina dei componenti ed il Collegio di Garanzia non è competente a dichiarare l’illegittimità di detto Comunicato, nonché la sua infondatezza in ragione del fatto che il Comunicato non introduce alcuna prorogatio, che è invece quella stabilita dal CGS là dove è detto che i componenti della Corte Federale «permangono nelle funzioni sino alle nuove nomine».
Sui motivi di ricorso rubricati ai nn. 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9, ne eccepisce l’inammissibilità per contrasto con il principio del ne bis in idem rispetto alla pronuncia del Collegio di Garanzia n. 39/2019 e comunque per le ragioni ivi esposte.
Sul motivo n. 7, relativo alla motivazione per relationem adottata dal TFN, eccepisce la piena legittimità della stessa, mentre, relativamente all’ultimo motivo di ricorso, ne eccepisce l’inammissibilità per genericità e indeterminatezza.
In conclusione, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile e infondato e, per gli effetti, che sia integralmente respinto, con condanna della ricorrente per lite temeraria e segnalazione alla Procura Federale ex art. 10, commi 1 e 2, CGS. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria del 4 ottobre 2019, si è costituito, inoltre, il CONI, il quale ha eccepito preliminarmente il difetto di legittimazione passiva, evidenziando sul punto la totale estraneità dello stesso rispetto ai provvedimenti oggetto del giudizio, nonché l’intervenuto passaggio in giudicato della statuizione affermativa del difetto di legittimazione contenuta nella decisione del Collegio di Garanzia n. 39/2019, in quanto la stessa non è stata oggetto di specifico motivo di ricorso in sede di impugnazione della decisione predetta innanzi al Tar del Lazio.
Il resistente eccepisce, nel merito, l’inammissibilità del ricorso, contestandone tutti i motivi e chiedendo, in conclusione, che sia dichiarato il difetto di legittimazione passiva con la sua estromissione dal giudizio e che il ricorso sia dichiarato inammissibile e/o improponibile e comunque che sia respinto perché infondato in fatto e in diritto. Con vittoria di spese ed onorari.
Considerato in diritto
Preliminarmente deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del CONI, peraltro già pronunciato da questo Collegio, a Sezioni Unite, nella decisione n. 39/2019, con accertamento sul quale si è formato il giudicato in assenza di impugnazione della decisione in parte de qua ad opera della ricorrente.
Nel merito dei motivi di ricorso, va osservato che questo Collegio, nella decisione sopra citata, a fronte di atto di impugnazione della Juventus vertente sulla medesima vicenda che ha originato il presente giudizio, l’ha dichiarato inammissibile spiegandone estesamente le ragioni.
In particolare, questo Collegio ha osservato che: a) il ricorso della Juventus risultava fondato su una via processuale inesistente ai sensi degli artt. 54 CGS e 12-bis Stat. CONI; b) il lodo del TNAS non poteva comunque più essere impugnato in quanto con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 32358/2018 si erano esauriti i mezzi di impugnazione esperibili avverso il lodo stesso e, quindi, si era formato su di esso il giudicato; c) anche ad ammettere, secondo la tesi della ricorrente, che non si fosse formato il giudicato sul verdetto arbitrale, interpretando la pronuncia della Corte di Cassazione come meramente dichiarativa del difetto assoluto di giurisdizione, la ricorrente non aveva comunque operato nei termini la traslatio iudicii mediante ricorso all’Alta Corte di Giustizia; d) il ricorso appariva comunque incontrovertibilmente tardivo, stante l’intervenuto decorso di otto anni dalla pronuncia del lodo del TNAS; e) difettava in capo alla ricorrente una posizione giuridica qualificata, giacché la pretesa declaratoria di nullità del lodo non era idonea a procurare alla stessa alcun vantaggio; f) neppure un interesse giuridicamente tutelabile avrebbe potuto essere configurato mediante la rivalutazione, sotto il profilo etico, di fatti che sarebbero sfuggiti ai vari giudici che si sono pronunciati sulla vicenda, posto che «la questione sulle nuove emergenze documentali riguardanti la F.C. Internazionale Milano involve aspetti prettamente disciplinari», che, val la pena qui di precisare, concernono il campionato 2004/2005 e non già il campionato 2005/2006 rispetto al quale verte, invece, il giudizio.
Il Collegio di Garanzia, Sez. Un., ha quindi statuito nel senso dell’inammissibilità delle doglianze contenute nel ricorso, precisando inoltre, al riguardo, che le stesse non avrebbero potuto «più essere oggetto di delibazione alcuna da parte del Sistema di Giustizia Sportiva».
Non tace questo Collegio il rilievo che nella decisione sopra richiamata, in premessa delle motivazioni, si è dato atto del difetto di “competenza” del Collegio di Garanzia; il che, sulla base del solo dato letterale, sembrerebbe a prima vista precludere lo svolgimento delle ragioni ampiamente spiegate a sostegno dell’inammissibilità del ricorso, sopra sinteticamente riportate. La lettura della decisione, nel suo complessivo iter logico-argomentativo, non lascia, tuttavia, dubbio alcuno in ordine al fatto che si è affermata l’inammissibilità del ricorso non perché proposto ad un organo della giustizia sportiva incompetente, ma perché in assoluto non più proponibile ad alcun organo della giustizia sportiva, come, infatti, il Collegio ha avuto cura di precisare testualmente nelle conclusioni delle motivazioni.
Ciò detto, la decisione del Collegio di Garanzia, organo di chiusura del sistema della giustizia sportiva, comporta che nessun’altra decisione sulle medesime doglianze avrebbe dovuto più essere emanata da alcun organo della giustizia sportiva, quindi anche della giustizia endofederale, né in questa sede è consentita una pronuncia, né nel merito del iudicium rescindens né del iudicium rescissorium, attraverso la via dell’impugnazione delle decisioni emesse in sede endofedeferale.
Incidenter tantum, il Collegio, in ossequio alla funzione nomofilattica che gli è propria, intende soffermarsi sul primo motivo di ricorso, che è l’unico che presenta carattere di novità rispetto al precedente giudizio innanzi a questo Collegio. Detto motivo involge l’interpretazione dell’art. 142, commi 4 e 5, del Nuovo Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, nella parte in cui si prevede la decadenza di tutti i membri della Corte Federale d’Appello (Presidente, Presidenti di sezione, componenti delle sezioni giudicanti e della sezione consultiva) «all’atto dell’approvazione del Codice» e la permanenza «nelle funzioni sino alle nuove nomine adottate dal Consiglio Federale». Com’è noto, il Nuovo Codice di Giustizia Sportiva della FIGC è stato approvato con deliberazione della Giunta Nazionale del CONI in data 11 giugno 2019, n. 258; il Consiglio Federale della FIGC ha proceduto alla nomina dei nuovi membri della CFA con il C.U. 30 luglio 2019, n. 42/A, postergando il termine iniziale di efficacia al giorno 1 settembre 2019.
Non v’è alcun contrasto tra il provvedimento adottato dal Consiglio Federale e la disposizione regolamentare, come invece sostenuto dalla ricorrente, giacché la norma federale riconosce al Consiglio Federale la funzione di provvedere alla nomina dei nuovi componenti della CFA, condizionando a tale nomina la permanenza nelle funzioni dei componenti decaduti, senza al contempo stabilire alcun termine di operatività per tale condizione.
Pertanto, la modalità prescelta dal Consiglio Federale per l’insediamento dei nuovi componenti, a far data dal 1° settembre 2019, mediante l’adozione del relativo provvedimento di nomina il 30 luglio 2019, con termine iniziale al 1 settembre 2019, invece che lo stesso giorno 1 settembre 2019, con efficacia immediata, risulta pienamente rispettosa della normativa federale.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone l’estromissione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) dal presente giudizio. Condanna la società Juventus Football Club S.p.A. al pagamento delle spese, liquidate nella
misura di € 10.000,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna delle parti resistenti.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 6 novembre 2019.
Il Presidente La Relatrice
F.to Franco Frattini F.to Laura Santoro
Depositato in Roma, in data 7 gennaio 2020.
Il Segretario
F.to Alvio La Face